gluteo donna grassa

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gluteo donna grassa
PRIMO PIANO
A cura di Gianluigi Bertuzzi*
La cosiddetta
Cellulite
Nuovi orientamenti diagnostici e terapeutici
nche se con gli anni ha esteso i suoi orien­
tamenti a “tutto campo” diventando una
medicina preventiva per eccellenza volta a
migliorare la qualità della vita di ognuno di
noi, la Medicina Estetica forse nasce proprio per com­
battere il più noto tra gli inestetismi: la cosiddetta
“cellulite”.
La stessa mesoterapia, una metodica della Medicina
Estetica, è diventata famosa proprio in quanto impiegata
nella “lotta” contro la “cellulite”, nonostante nasca per
tutt’altre indicazioni.
a “buccia d’arancia”, cute a “trapunta”). In realtà
dobbiamo distinguere ben quattro differenti quadri
clinici che possono essere responsabili di questo aspetto,
ma che devono essere debitamente divisi:
• Accentuazione del preesistente Habitus Ginoide;
• Ipotonia muscolare ed in particolare dei muscoli
glutei;
• Pannicolopatia Edemato Fibro Sclerotica
(P.E.F.S.);
• Eccesso di Adiposità Localizzata (A.L.).
Quindi nella visita di Medicina Estetica, quando
alla nostra osservazione arrivano pazienti che lamentano
gli antiestetici “cuscinetti”, dobbiamo giungere ad una
corretta diagnosi differenziale che, avendo distinto i
suddetti quadri clinici, dia poi le giuste indicazioni
terapeutiche.
Ma che cos’è la “cellulite”?
Ebbene, nonostante il termine “cellulite” coniato
in Francia agli inizi del ‘900 sia del tutto improprio da
un punto di vista istopatologico per
definire la condizione in oggetto,
Si possono distinguere
è stato definitivamente accettato
1. Accentuazione del pree­
dalla gente ed anche da diversi
sistente Habitus Ginoide
quattro quadri clinici
medici, vista la sua diffusione
L’Habitus, ossia la confor­
universale, tanto da comparire
mazione, la costituzione morfo­
anche in testi scientifici in lingua inglese come “cellu­
logica umana, può essere classificato in androide, tipico
litis”.
dell’uomo e che vede una distribuzione del tessuto
In genere col termine “cellulite” viene identificata
adiposo prevalentemente a carico della metà superiore
una particolare condizione morfologica, spesso ritenuta
del corpo, ed in ginoide, tipico della donna e che vede
antiestetica che costituisce il cruccio di numerose donne,
una distribuzione del tessuto adiposo prevalentemente
le quali presentano accumuli volumetrici della regione
a carico della metà inferiore del corpo accanto ad una
trocanterica e sottotrocanterica con particolari cosce a
accentuazione della struttura ossea del bacino rispetto
“cavallerizza” e pelle con numerosi avvallamenti (cute
alle spalle.
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giugno 2008
Le radici culturali della cellulite
Queste differenze possono essere influenzate oltre che
da fattori genetici ed ormonali -il tessuto adiposo della
regione trocanterica è specificatamente regolato dagli
ormoni sessuali femminilianche da condizioni clima­
tiche, etniche e geografiche
(silhouette anglosasso­
ne/silhouette mediterranea).
Anche la cultura, il grado di
civilizzazione e di benessere
hanno potuto influenzare nel tempo
certi paradigmi. Infatti, nella attuale
società occidentale (in particolare in Europa
ed in Nord America), la grassezza è rifiutata,
mentre in numerose altre società il sovrappeso e
l’abbondanza di certe forme sono requisiti essenziali
di bellezza.
Non è escluso, però, che questi ideali di bellezza, che
si traducono in scelte sessuali, abbiano un remoto riferi­
mento alla fecondità. D’altro canto l’eccesso di adiposità
glutea e crurale non è altro che l’accentuazione del
dimorfismo sessuale tipico della razza umana.
Anche fattori razziali e genetici sono implicati nella
spiegazione di tale dimorfismo.
I fattori razziali sono particolarmente evidenti in alcune
etnie africane dove le donne (Boscimane e Ottentotte)
hanno accumuli di adipe alle natiche e alla radice delle
cosce che simulano masse lipomatose. I fattori genetici
sono evidenziati dalla occorrenza familiare in più membri
di diverse generazioni di “silhouette” determinate anche
dalla localizzazione dei depositi di grasso.
Tuttavia è importante non dimenticare differenze
interindividuali e individuali considerevoli di
sensibilità allo stile di vita e all’ambiente che
possono spiegarci come in ambito europeo possano
esistere figure strutturalmente opposte.
A questo proposito è interessante considerare
i dati scaturiti da uno studio prezioso quanto
unico nel suo genere, fatto nel 1988 su un gruppo
di circa 450 donne selezionate dal nord a sud
dell’Europa per valutare la possibile correlazione
tra distribuzione del tessuto adiposo e fattori di
rischio cardiovascolare.
In questo studio sono state prese in esame
tutte donne di 38 anni selezionate in cinque
diverse città europee ed in particolare: Ede
(Olanda), Varsavia (Polonia), Gotheborg (Svezia),
Verona (Nord Italia), Afragola (Sud Italia).
Sono state quindi diversificate cinque popo­
lazioni femminili campione per Nord Europa
(Svezia), Est Europa (Polonia), Centro Europa
(Olanda e Nord Italia) e Sud Europa (Afragola).
Questi soggetti sono stati oggetto di valutazioni
e di misurazioni antropometriche ed in particolare:
peso, altezza, BMI, plicometria (tricipitale, bicipitale,
sottoscapolare, sovrailiaca, mesogastrica o para­
ombelicale e ipogastrica), inoltre sono state misurate
circonferenze nel soggetto in stazione eretta (dopo
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aver completato la espirazione), del petto, della vita, dei
fianchi e delle cosce.
I dati scaturiti da questo studio, unico nel suo genere
(gli unici due studi di questo tipo sono stati fatti in USA
per mettere a confronto soggetti diabetici con non diabetici
in un piccolo gruppo di appena 33 donne senza procedere
a tutte le misurazioni) sono molto interessanti per affermare,
dati alla mano, come esistano notevoli differenze di struttura
anche tra le diverse popolazioni europee.
Infatti, è scaturito come le donne di Afragola, un paesino
vicino Napoli, presentino una statura più bassa, un BMI
più elevato e soprattutto una circonferenza dei fianchi
sensibilmente superiore a quella delle altre popolazioni
femminili europee.
È altresì interessante considerare come queste dif­
ferenze esistano anche a proposito dei fattori di rischio
cardiovascolare, in quanto lo studio mette in evidenza
che le donne sud europee o mediterranee, accanto
ad una silhouette meno longilinea e più marcatamente
ginoide rispetto alle altre popolazioni femminili,
presentino valori di colesterolo totale e di trigliceridi
più bassi nonché di HDL più elevati.
Tutto ciò è di per sé indicativo delle differenze
alimentari oltre che socio-economico culturali che
possono magari rendere più evidenti certe conformazioni.
Questo significa che è più facile trovare tra la po­
polazione femminile di Afragola donne in sovrappeso,
indipendentemente dall’Habitus, rispetto a quelle di
Varsavia, e ciò in diretta relazione con l’alimentazione
influenzata dalla qualità degli alimenti e soprattutto dal
fatto che le donne del sud, almeno fino ad alcuni anni fa,
conducevano una vita meno dinamica e più portata ad un
frequente contatto con il cibo.
Da ciò si evince che donne che presentano già struttu­
ralmente un Habitus ginoide e che sono brevilinee, all’au­
mentare del BMI modificano in maniera ancora più evidente
la loro silhouette.
FATTORI PREDISPONENTI
Razza occidentale
Ereditarietà
Scarsa componente muscolare
P.E.F.S. FATTORI SCATENANTI
Difetti posturali e difetti dell’appoggio plantare
Prolungata stazione eretta
Dieta ipoproteica, ipovitaminica, ipercalorica e povera
di fibre
Impiego di vasodilatatori periferici, calcioantagonisti,
anticoncezionali
Vita sedentaria
Gravidanza
Cattive abitudini:
gambe vicino a fonti di calore
gambe flesse per diverse ore
uso di calzature e di abbigliamento non idonei
bagni in vasca con acqua a più di 30°
prolungate esposizioni al sole a gambe coperte
pugliasalute
Non esiste un Habitus
migliore di un altro. Ogni struttura corporea,
infatti, ha di per sé caratteristiche potenzialmente favorevoli
o sfavorevoli, ciascun individuo dovrebbe cercare di man­
tenere un equilibrio psicofisico che tenda ad avvicinarsi
a ciò che di meglio può ottenere che è poi anche il compito
principale della Medicina Estetica.
Così, qualora il quadro clinico presenti una accentua­
zione eccessiva del’Habitus Ginoide dove un diametro
bitrocanterico risulta molto superiore al diametro biomerale,
non è necessaria alcuna terapia ma, accanto ad un corretto
inquadramento delle abitudini di vita, sarà importante un’
attività fisica specifica per i muscoli della parte superiore
del corpo ed in particolare per quelli delle spalle e delle
braccia che favorisca l’aumento di volume di queste zone
riarmonizzando così una disarmonia manifesta.
2. Ipotonia muscolare dei muscoli glutei
In questo caso possiamo avere un quadro che mette
in evidenza i cosiddetti “cuscinetti” senza che vi sia alcuna
alterazione a carico dei tessuti della zona trocanterica; sarà
causato da una “caduta” per gravità del tessuto adiposo
dovuta ad una mancanza di sostegno da parte dei muscoli
glutei.
L’intervento terapeutico dovrà essere impostato a
ripristinare il mancato “sostegno”, tonificando i muscoli
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lesioni) potrà essere ottenuta successivamente al primo
periodo di terapia modificando la durata del tempo di
contrazione (qui superiore agli otto secondi) e le pause
(qui dimezzate rispetto al tempo di contrazione).
A seconda delle condizioni preesistenti del muscolo, la
durata della terapia per l’ipertrofia andrà dalle 3 alle 6
settimane con la stessa frequenza settimanale e la stessa
durata.
Il mantenimento del tono muscolare sarà poi garantito
dal proseguimento della corretta attività fisica nonché da
un possibile programma di richiamo con elettrostimolazione,
magari periodicamente, ma sempre con gli stessi principi
terapeutici.
Naturalmente tutto ciò richiede un notevole impegno di
tempo, ma i risultati sono apprezzabili.
glutei, procedendo dapprima ad
ottenere un trofismo e succes­
sivamente una ipertrofia tale da
costituire un’impalcatura di
sostegno.
Questo è possibile mettendo
in atto un corretto programma di
attività fisica mirata, con un’alimen­
tazione adeguata (che apporti un giusto
quantitativo di proteine), affiancata, se ne­
cessario, da specifiche integrazioni, ma so­
prattutto attraverso l’elettrostimolazione
muscolare che preveda uno specifico protocollo
di lavoro per ottenere il trofismo prima e l’i­
pertrofia poi.
Vengono utilizzate apparecchiature di tipo pro­
fessionale che siano in grado di produrre un’adeguata
contrazione del muscolo interessato, utilizzando correnti
elettriche di tipo quadro o correnti di Coz (più dolci rispetto
alle precedenti).
Una volta posizionati gli elettrodi (ce ne sono di diversi
tipi: da quelli adesivi a quelli a gel
di contatto, a quelli più classici
imbevuti d’acqua) sui capi muscolari
dei muscoli interessati, si procede
alla stimolazione con contrazioni
muscolari di durata progressiva­
mente maggiore da 1 a 8 secondi,
e con pause di tempo doppio rispetto
al tempo di contrazione. Questo
programma prevede frequenze di
almeno due o tre applicazioni alla
settimana di circa un’ora ciascuna
per un periodo variabile dalle quattro
alle otto settimane a seconda delle
condizioni del muscolo e servirà a
dare trofismo, non ipertrofia.
L’ipertrofia muscolare, che
servirà a dare un sostegno definitivo
al muscolo, ma che comporterà
anche danni strutturali a livello delle
fibre muscolari (fibrosi da micro­
pugliasalute
3. P.E.F.S. Pannicolopatia Edemato Fibro Sclerotica
È questo il quadro caratteristico responsabile della
classica pelle a “buccia d’arancia”, quello che molti, impro­
priamente, definiscono “Cellulite” o “Cellulite vera”. La
definizione di P.E.F.S. è stata coniata da S.B. Curri dopo
un lungo e attento studio ultrastrutturale del tessuto
sottocutaneo (modificazioni del microcircolo e del
tessuto connettivo). Lo stesso Curri più volte ribadiva
come il termine di “Cellulite” fosse proprio da
cancellare perché sbagliato e fuorviante nel definire
questa isto-angio-patia dove il primum movens
è rappresentato da alterazioni del microcircolo
che finiscono per produrre danni a catena
anche a livello del tessuto adiposo. In realtà
recenti studi con risonanza magnetica,
mettono in evidenza come il tessuto
adiposo interessato da tale affezione su­
bisca delle profonde modificazioni forse
addirittura contemporaneamente al danno vascolare, il che
mi suggerisce di proporre un termine forse ancora più
indicato: Adipocitòsi.
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Oltre ad un attento esame
obiettivo è possibile distinguere i
quattro stadi dapprima con un’in­
dagine utile come screening di base,
ma alquanto imprecisa (termografia
da contatto) e poi con ecografia dei
tessuti molli attraverso la quale di­
stinguere i diversi aspetti del sotto­
cutaneo.
Utile e precisa invece risulta
un’analisi con videocapillaroscopia
per mettere in evidenza gli aspetti
del microcircolo.
Si potrà lavorare meglio quando
gli stadi non saranno troppo avanzati
(I e II stadio), utilizzando terapie che
tendano a migliorare gli scambi
microcircolatori e a ridurre l’edema
come ad esempio Mesoterapia
flebotonica, antiedemigena e so­
prattutto la Carbossiterapia.
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Sulla base degli studi di Curri è stato possibile distinguere
questi stadi evolutivi della P.E.F.S. ed in particolare:
1° stadio = edema;
2° stadio = sclerosi;
3° stadio = fibrosi e fibrosclerosi con micronoduli;
4° stadio = epatizzazione e sovvertimento strutturale
con macronoduli.
Esame obiettivo della P.E.F.S.
1° STADIO
Aumento della pastosità cutanea
Riduzione dell’elasticità
Aumento della plicabilità
Ipotermia distrettuale
Pinch test negativo.
2° STADIO
Accentuazione di tutte le caratteristiche del 1° stadio
Pinch test negativo.
3° STADIO
Pelle a “buccia d’arancia”
Fine-granulia dei piani profondi alla palpazione.
Elasticità ridotta con aree di flaccidità cutanea
Pinch test talvolta positivo.
4° STADIO
Cute a “trapunta”
Pallore zonale
Flaccidità
Abnorme plicabilità
Pinch test positivo.
Anche qui con un’attenta ecografia dei tessuti molli si
può essere in grado di “vedere” se si tratta realmente di un
accumulo adiposo oppure di P.E.F.S. e di che entità sarà lo
spessore del grasso presente. A seconda delle dimensioni
di tale spessore si potrà decidere se ricorrere direttamente
a terapie chirurgiche (ad esempio Liposuzione) oppure
mediche.
La terapia medica potrà essere impostata a ridurre il
tessuto adiposo con metodiche di tipo lipolitico (riduzione
volumetrica dell’adipocita) come ad esempio la Emulsioli­
polisi ultrasonica, l’Elettrolipolisi o metodiche di tipo
lipoclasico (rottura dell’adipocita) come ad esempio l’Os­
sigenoterapia, l’ILCUS. Spesso metodiche lipolitiche e
lipoclasiche possono essere associate.
Va da sè che in ogni caso la valutazione iniziale fatta
durante la visita comporterà comunque una corretta indica­
zione alimentare indipendentemente dal fatto che ci si trovi
di fronte a soggetti in soprappeso o in normopeso.
Chiaramente soggetti in terapia dimagrante potranno
presentare una riduzione del tessuto adiposo localizzato più
marcata se sottoposti contemporaneamente ad alcune delle
precedenti metodiche (ad esempio Carbossiterapia, Ossige­
noterapia) che, aumentando la quota di ossigeno disponibile,
renderanno facilitati i processi di beta-ossidazione.
Troppo spesso, però, sia nella valutazione che nel per­
corso terapeutico, si tende a perdere di vista quello che
rappresenta il punto di partenza di ogni trattamento della
cosiddetta “cellulite”, e cioè del peso ideale (o desiderabile),
affinché vengano rispettati dei canoni di armonia fondamen­
tali ed imprescindibili.
Diversamente (III e IV stadio) l’intervento sarà impostato
a ridurre la fibrosi (Mesoterapia fibrinolitica ed eventual­
mente US 3MHz) e quindi a migliorare un quadro clinico
che è ormai in parte irreversibile. Al riguardo si è dimostrata
utile l’Endermologie TM; importantissimo supporto alle
terapie mediche risulta il Drenaggio Linfatico Manuale
(sec. Vodder o Ledùc) ed in particolare quello che veda
l’utilizzo di estratto di meliloto (ricco in cumarina) disciolto
in crema base o olio essenziale di cipresso (diluito 1/100
in olio di vinacciolo) per la sua notevole azione sul micro­
circolo, il P.R.A.L.D. nonché presidi termali. Senza alcun
senso, a mio avviso, la liposuzione o altre metodiche
lipoclasiche, indicate invece nelle adiposità localizzate.
4. Eccesso di Adiposità Localizzata
Iperplastica (prepubere)
Ipertrofica (iperinsulinemica)
Mista.
Alcune zone del corpo anatomicamente sono più facil­
mente prede di accumuli adiposi. Nell’Habitus Ginoide le
zone deputate ad ospitare maggiori quantità di grasso sono
quella addominale, quella trocanterica ed anche quella del
terzo inferiore mediale di coscia subito sopra il ginocchio.
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Opera di Botero
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Trattamenti nella cosiddetta “Cellulite”
Accentuazione dell’habitus ginoide
(Peso ideale e parametri nella norma)
• Riarmonizzazione della figura (spalle e torace)
1. body building
2. elettrostimolazione
3. integrazione con proteine ed L-Arginina
Ipotonia muscolare
(Muscoli glutei)
• Tonificazione dei muscoli Glutei
1. body building
2. elettrostimolazione
3. integrazione con proteine ed L-Arginina
P.E.F.S.
(Esame Doppler negativo)
• Farmaci vasculotropi ed antiedemigeni (I stadio)
• Farmaci fibrinolitici (II stadio)
• Drenaggio Linfatico Manuale
• Schema isoproteico sec. Blackburn e riequilibrio ali­
mentare
• T.I.B.R. (Terapia Idropinica a Basso Residuo)
• P.R.A.L.D.
• Carbossiterapia
• Termalismo
Eccesso di adipositá localizzata
Peso normale o aumentato della normalità dei rapporti
tra i diametri biomerale e bitrocanterico, esami strume
tali normali ed un eventuale effetto “bordo”
• Dietoterapia per l’eventuale riduzione ponderale
Trattamenti lipolitici (emulsiolipolisi ultrasonica –
elettrolipolisi), non producono danno tissutale, sono da
preferire nelle adiposità di tipo ipertrofico o come inizio
di trattamento nelle A.L. miste (tendenza dell’adipocita
a mantenere il volume costante).
nazione del giusto peso, più o meno complessi e più o meno
semplici.
Numerosi autori, hanno cercato di stabilire dei criteri
per identificare i diversi “tipi morfologici” che caratterizzano
l’essere umano. Il mio, dettato dallo studio e soprattutto
dalla esperienza, prevede come punto di partenza lo studio
della morfologia dell’individuo, prima ancora di parlare di
altezza.
Personalmente in maniera molto più schematica, iden­
tifico soltanto due tipi di struttura: Habitus ginoide, carat­
terizzato da un diametro bi-trocanterico superiore al diametro
bi-omerale, ed un Habitus androide, caratterizzato da un
diametro bi-omerale superiore al diametro bi-trocanterico.
Ancora più semplicemente l’habitus ginoide, tipico della
struttura femminile, con fianchi più larghi delle spalle e
quello androide, tipico della struttura maschile, con spalle
più larghe dei fianchi. Per ognuna delle due strutture ho
evidenziato tre gradi e cioè ginoide I, dove la differenza tra
i diametri è minima, ginoide II, dove la differenza è più
consistente e ginoide III, in cui la differenza è assai accen­
tuata; stessa cosa per la struttura androide. La distribuzione
del tessuto adiposo, nelle due strutture, è molto diversa in
quanto nell’habitus ginoide il grasso, poco o tanto che sia,
tende a localizzarsi a livello dell’addome e delle gambe,
mentre nell’habitus androide a livello dell’addome e del
tronco. Più accentuato sarà il grado di habitus, ad esempio
ginoide III, più netta sarà la distribuzione regionale del
grasso.
A questo punto entra in gioco l’indice di massa corporea
o Body Mass Index (BMI), cioè un numero che si calcola
dividendo il peso per il quadrato dell’altezza. Ad esempio
in una persona che pesa 50 chili e che è alta 150 centimetri
bisognerà calcolare 50:2,25 = 22,22, dove 50 è il peso, 2,25
il quadrato dell’altezza (150x150) e dove 22,22 è il BMI.
Comunemente il BMI rappresenta un indice di morbilità,
cioè esprime il potenziale fattore di rischio per la salute
legato al peso; tale numero, fisiologicamente, dovrebbe
Trattamenti lipoclasici (ILCUS, ossigenoterapia, lipo­
suzione) uniti a D.L.M. e Terapia Idropinica a Basso
Residuo per mobilizzare il materiale derivante dalla
clasi.
Il peso ideale
Nell’ambito della Medicina Estetica, identificare il peso
ideale, o meglio desiderabile, è il più importante riferimento
nell’intraprendere cure volte a migliorare inestetismi delle
gambe quali la cosiddetta “cellulite” e anche nella Medicina
Anti-Aging raggiungere e mantenere il peso “forma” risulta
tra le basi di ogni tipologia di cura.
Troppo spesso, in questi casi, si pensa che il successo
terapeutico possa essere affidato a farmaci, preparati e
metodiche diverse che, a mio avviso invece, sono in funzione
del corretto equilibrio del nostro peso ideale.
Esistono numerosissimi criteri e formule per la determi­
pugliasalute
- diciassette -
giugno 2008
essere compreso all’incirca tra 19 e 24 per le donne e tra
Prendiamo ad esempio due giovani donne della stessa
23 e 27 per gli uomini.
età e della stessa altezza, 170 cm (il quadrato di 170 è
Spesso, però, la fisiologia non considera l’armonia
pari a 2,89): una con spalle molto più larghe rispetto ai
che, nella valutazione di un corpo,
fianchi (androide III) ed un’altra con
ha una grande importanza.
fianchi molto più larghi rispetto alle
Un peso desiderabile sia da un
spalle (ginoide III). La prima do­
Armonia corporea ed
punto di vista fisiologico che ar­
vrebbe avere un BMI vicino a 22,
equilibrio fisiologico
monico, quindi, dovrà tener conto
mentre la seconda vicino a 19. Questo
di un indice di massa corporea nella
vuol dire che la prima delle due donne
"decidono"
norma che, a seconda della struttura
di 170 centimetri di altezza dovrebbe
la distribuzione dei grassi p e s a r e i n t o r n o a i 6 4 c h i l i
della persona, potrà tendere verso
il basso o verso l’alto della scala dei
(64:2,89=22,1), mentre la seconda
valori consentiti.
intorno ai 55 (55:2,89=19).
Nella donna con una struttura ginoide tra 19 e 20, nel
In conclusione una donna con una struttura ossea dai
terzo grado (Ginoide III), tra 20 e 21, nel secondo grado
fianchi molto più larghi rispetto alle spalle, tipica della
(Ginoide II) e tra 21 e 22, nel primo grado (Ginoide I);
struttura mediterranea, per valutare allo specchio la sua
nella donna con struttura androide tra 21 e 22 nel primo
silhouette, dovrà osservare prima le gambe, quindi l’ad­
grado (Androide I), tra 22 e 23, nel secondo grado (An­
dome ed, infine, seno e viso, quindi dovrà avere un BMI
droide II) e tra 23 e 24 nel terzo grado (Androide III).
compreso tra 19 e 20 affinchè il suo peso sia fisiologica­
Struttura ginoide e struttura androide di primo grado sono
mente ed armonicamente davvero desiderabile!
equiparabili in quanto costituiscono una sorta di habitus
“misto”.
Protocollo alimentare
Nell’uomo vale lo stesso principio: BMI tra 26 e 27
per un corpo da invidiare
nella struttura androide di terzo grado, tra 25 e 26 in
quella di secondo grado, tra 24 e 25 in quella di primo
Prima fase alimentare
grado, tra 24 e 25 nel primo grado della struttura ginoide
(dalle due alle quattro settimane)
e tra 23 e 24 nel secondo grado della
Digiuno Proteico (sec. Blackburn) Modificato
struttura ginoide. Praticamente
Corpi chetonici
quasi inesistente, soprattutto nelle
1. Forniscono il 25% dell’energia richiesta
razze occidentali, un uomo con
2. Facilitano l’utilizzazione degli acidi grassi liberi
struttura ginoide di
da parte del cervello che trasforma la sua fonte energetica
terzo grado.
utilizzandoli per l’80% del suo metabolismo.
3. Circolano liberamente nell’organismo penetrando
nelle membrane cellulari in quanto non necessitano di
proteine vettrici.
Quindi:
• Utilizzazione totale dell’energia fornita dal T.A. che
si riduce a Massa magra inalterata.
- Tale programma, a mio avviso troppo rigido e limi­
tante, è stato da me modificato.
- Per le prime due settimane, esclusione di carboidrati
pugliasalute
- diciotto -
giugno 2008
Composizione corporea: come valutarla
Una metodica estremamente precisa per valutare
la nostra composizione corporea è la DEXA, una
sorta di densitometria corporea computerizzata che
presenta, però, costi elevati e, quindi, di non facile
applicazione.
Nella valutazione dell’età corporea del programma
anti aging Arpa (AAAP), ad esempio, vengono uti­
lizzate l’impedenziometria computerizzata e la atropoplicometria computerizzata.
La prima consiste in una apparecchiatura che,
attraverso degli elettrodi posti sulla mano e sul piede
del paziente, consente di rilevare dei valori che
misurano la resistenza che una particolare corrente
elettrica incontra nell’attraversare il nostro corpo (il
paziente non avverte nulla!!).
I dati così ottenuti vengono analizzati da un com­
puter che misura la quantità di acqua presente nei
tessuti e che, come risultato finale, ci dà la percentuale
di acqua corporea totale, la quota intracellulare e la
quota extracellulare.
semplici e complessi e di grassi; tutti gli altri alimenti
(carni bianche, carni rosse, pesce, uova, frattaglie,
verdure) in quantità libere.
- Terza settimana, reintroduzione della prima cola­
zione (latte e biscotti) e dell’olio extra vergine di
oliva
- Quarta settimana, reintroduzione di yogurt
e frutta
Seconda fase alimentare
(dalle quattro alle sedici settimane a seconda dei
casi)
Dieta settimanale bilanciata (generalmente tra
le 1400 e le 1800 Kcal) dove i più importanti
carboidrati complessi (pasta, riso, pizza) vengono
prescritti a giorni alterni.
In condizioni fisiologiche la quota intracellulare
deve essere superiore, circa il 60%, mentre quella
extracellulare inferiore, circa il 40%.
Spesso accade di osservare che, invece, la quota
dell’acqua extracellulare aumenti vertiginosamente
determinando una composizione corporea alterata e
causando fenomeni di ritenzione idrica.
La seconda metodica utilizzata è la antropoplico­
metria computerizzata e consiste nel raccogliere una
serie di dati del corpo della persona quali il peso,
tutte le circonferenze, i diametri e le pliche cutanee
di grasso.
Il plicometro altro non è che una sorta di “pinza”
che misura lo spessore del pannicolo adiposo sotto­
cutaneo.
I dati rilevati vengono inseriti in un software che
calcola la massa grassa, la massa magra, la massa
metabolica, l’indice di massa corporea (BMI) nonché
i valori di peso e di composizione corporea desidera­
bili.
la velocità di assorbimento di glicidi e lipidi.
Il secondo integratore è a base di L-Arginina come
precursore del GH.
Terza fase alimentare (mantenimento)
(dai tre ai sei mesi)
Controllo periodico del peso raggiunto e delle
abitudini alimentari in assenza di regime alimentare
quotidiano.
Infine, accanto alle tre fasi alimentari previste
dal protocollo, utilizzo di due tipi di tisane medi­
cinali con erbe selezionate in purezza (il principio
attivo della pianta può variare fino a 50 volte a
seconda della selezione e della coltivazione!), due
integratori naturali e una terapia idroponica a basso
residuo. La prima tisana è formulata con erbe ad
azione diuretica (ciliegio, fucus), tannino-simile
(zea mais) e rilassante (lavanda).
La seconda è formulata con erbe ad azione
depurativa (tarassaco, carciofo) e lassativa (cassia).
Il primo integratore è a base di fibre solubili
in acqua per ridurre il senso di fame e per rallentare
pugliasalute
- diciannove -
giugno 2008
Non è tutta ciccia quella che pesa
È visibile a tutti che anche la morfologia del nostro
corpo subisce dei cambiamenti con lo scorrere del
tempo.
Ci sono infatti numerosi individui che, ad esempio,
anche in tarda età mantengono inalterato e costante il
loro peso, ma che ci appaiono esteticamente differenti,
come fossero meno tonici e più grassi.
Il motivo di questo è da ritrovarsi nella diversa
distribuzione delle tre fondamentali componenti del
nostro corpo: acqua, massa grassa e massa magra.
Semplificando si potrebbe immaginare come il
nostro corpo sia composto da grasso o FAT e da tutto
quanto non è grasso o FFM (Fat Free Mass), cioè
muscoli, ossa e liquidi.
In condizioni ideali la percentuale di FAT dovrebbe
aggirarsi intorno al 15%, mentre la FFM intorno al
85%.
È facilmente intuibile come, pur mantenendo il
peso costante, tali percentuali possano variare deter­
minando visibili cambiamenti: ad esempio due individui
dello stesso sesso, della stessa altezza e della stessa
età anagrafica possono pesare gli stessi chilogrammi,
ma uno dei due avere FAT 15% e FFM 85% e l’altro
FAT 30% e FFM 70% con la conseguenza che mentre
il primo risulterà avere un fisico in perfetta forma,
l’altro un fisico flaccido e cadente proprio per un
eccesso di grasso e per una scarsa componente musco­
lare.
C’è un ormone, molto famoso in medicina anti
aging definito da molti medici americani l’ormone
dell’eterna giovinezza, che è l’ormone somatotropo o
GH (Growth Hormon) o or­
mone della crescita, che gioca
un ruolo fondamentale nella
composizione corporea. Tale
ormone, entra da protagonista
in numerosissime funzioni
dell’organismo: infatti, tra le
tante, regola il buon funziona­
mento del sistema immunitario,
ripara di notte i danni che la
pelle subisce durante il giorno
e, soprattutto, regola la distri­
buzione di massa magra e massa
grassa, favorendo lo sviluppo
della prima e la riduzione della
seconda. Con l’età e già dopo
i 18-20 anni, i livelli ematici di
tale ormone tendono a ridursi
drasticamente fino a scomparire
quasi del tutto nei soggetti an­
ziani con la conseguenza di una
riduzione della massa musco­
lare, della forza e un aumento
della componente adiposa, pur
mantenendo lo stesso peso.
pugliasalute
L’acqua in medicina estetica
In Medicina Estetica spesso molte affezioni e numerosi
inestetismi vedono l’acqua come protagonista nell’ambito
di molte terapie.
L’acqua riveste un ruolo primario nei processi di depu­
razione del nostro organismo.
Infatti, essa partecipa direttamente alla rapida elimina­
zione delle cosiddette tossine da parte degli organi deputati
a questo lavoro.
In particolare noi sappiamo che il nostro organismo
elimina le sostanze di rifiuto attraverso l’intestino (con le
feci), l’apparato urinario (con le urine), l’apparato respiratorio
(con la respirazione) e la pelle (con la sudorazione).
L’acqua quindi interferisce direttamente e contempora­
neamente attraverso questi quattro organi favorendo l’eli­
minazione delle sostanze di degrado. Da ciò si evince che
in ogni processo di depurazione del nostro organismo bere
acqua è fondamentale.
È altresì molto importante conoscere che le acque da
bere non sono tutte uguali e che a seconda dell’effetto che
vogliamo ottenere da esse dobbiamo saperle riconoscere e
quindi sceglierle correttamente.
Nelle acque minerali in commercio deve, per legge,
essere sempre presente l’analisi chimica e chimico-fisica
dell’acqua in oggetto e attraverso questa chiunque può
essere in grado di orientarsi verso quella più idonea al suo
scopo.
Fino a pochi anni fa le acque minerali venivano suddivise
in tre grandi gruppi: quelle minerali propriamente dette
(con residuo fisso superiore a 500mg/l), quelle medio
minerali (con residuo fisso superiore a 250mg/l) e le oligo­
minerali (con residuo fisso inferiore a 250mg/l).
- venti -
giugno 2008
La terapia idropinica a basso residuo
La terapia idropinica rappresenta un particolare tipo di
cura che si avvale dell’introduzione nel nostro corpo di un
certo tipo e di una certa quantità di acqua, attraverso il bere,
in grado di produrre significativi effetti terapeutici sull’or­
ganismo. La principale funzione di tale cura, a basso residuo,
si traduce in un notevole aumento della velocità con la quale
il nostro organismo si depura eliminando le sostanze di
degradazione, di rifiuto; in altre parole attraverso la terapia
idropinica a basso residuo il nostro organismo si disintossica
più velocemente.
Il processo di disintossicazione dell’organismo, che non
può prescindere da un’adeguata igiene alimentare, fisica
ed ambientale, avviene, essenzialmente, mediante l’azione
di quattro importanti organi che eliminano le scorie dal
nostro corpo:
• L’intestino, attraverso le feci;
• I reni, attraverso l’urina;
• La pelle, attraverso il sudore;
• I polmoni, attraverso la respirazione (espirazione):
L’acqua agisce contemporaneamente su tutti e quattro
gli organi suddetti, rendendo più rapido ed efficiente il
processo di eliminazione delle scorie.
Le linee guida dei consumi alimentari degli italiani
proposte dal Ministero della Salute (LARN), suggeriscono
di assumere un millimetro d’acqua al giorno per chilo di
caloria consumata; quindi un uomo di media corporatura
che non fa molta attività fisica dovrebbe ingerirne circa 2
litri – 2 litri e mezzo, ed una donna con le stesse caratteristiche
1,7 – 2 litri. Nelle terapie idropiniche a basso residuo tali
quantità possono persino triplicarsi!!!
Non tutte le terapie idropiniche sono uguali e non tutte
possono avere gli stessi effetti: la differenza la fa il tipo di
acqua utilizzata. Molti studi dimostrano come l’acqua
minerale non sia una semplice bevanda, ma presenti carat­
teristiche biologiche presenti negli elementi in essa disciolti
che le conferiscono importanza e proprietà diverse.
Di fondamentale importanza è la conoscenza dei diversi
tipi di acque minerali da bere che sono classificate in base
pugliasalute
al loro RESIDUO FISSO a 180°.
Tale valore che, per legge deve comparire
su ogni etichetta di un’acqua minerale in com­
mercio, esprime la quantità complessiva dei sali
disciolti nell’acqua: quindi un basso residuo
fisso identificherà un’acqua con pochi sali,
cosiddetta “leggera”, e viceversa.
minerali vengono così classificate:
• Acque minimamente mineralizzate: sono
acque minerali con un residuo fisso inferiore o
uguale a 50 mg/litro;
• Acque oligominerali: sono acque minerali
con residuo fisso compreso tra 51 e 500 mg/litro;
• Acque medio minerali: sono acque mi­
nerali con residuo fisso compreso tra 501 e 1500
mg/litro;
• Acque ricche di sali minerali: sono acque
minerali con residuo fisso superiore a 1500
mg/litro. La terapia idropinica a basso residuo,
prevede l’assunzione di grandi quantità (3, 4,
5 litri al giorno) di acqua minimamente mineralizzata; tale
tipo di acqua presenta, come già detto, minime quantità di
sali in essa disciolti, quindi il suo assorbimento intestinale
è rapidissimo. Tutto questo rende estremamente veloce il
processo di depurazione a cui si è accennato in precedenza
e facilita un aumento della diuresi senza affaticare la funzione
dei reni. Tuttavia va ricordato che, per reintegrare l’organismo
di sali minerali, ad esempio dopo un’abbondante sudata,
l’acqua minimamente mineralizzata non è indicata in quanto
“povera” di sali. Durante la terapia idropinica a basso
residuo, l’acqua in oggetto può essere assunta in qualsiasi
momento della giornata anche se è preferibile berla a
stomaco vuoto, non fredda e non gassata, proprio per
facilitarne la velocità di assorbimento.
* Docente di Medicina Estetica nel Master di Medicina Estetica del'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" - Presidente AIME (Associazione Italiana di Medicina Estetica)
Centro Bio-Medico
di Analisi Cliniche
Direttore Sanitario: Dott. Marco Papagni
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giugno 2008