adolescenza - 5 parole per sconfiggere lo scoraggiamento
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adolescenza - 5 parole per sconfiggere lo scoraggiamento
ADOLESCENZA - 5 PAROLE PER SCONFIGGERE LO SCORAGGIAMENTO Crisi. Recessione. Immoralità. Le parole sono il pericoloso strumento con cui sempre più spesso i media fanno da cassa di risonanza alla cultura della "morte". Che convince i giovani dell'assenza di ragioni valide per cui lottare o sognare. E li chiude alla vita nella quotidianità dell'impegno scolastico, familiare e sociale. Entusiasmarli ed essere testimoni di futuro significa cominciare a usare altri termini. Ecco quali. Scoraggiati. Depressi. E così, poco per volta, portati a pensare che non ci sia nulla per cui lottare, nulla per cui sperare, e forse addirittura nulla in cui credere. I giovani d’oggi vivono, prima che il dramma reale della “crisi” economica e valoriale, quello del suo fantasma. Messo in prima pagina, sbandierato in tv e quasi programmato dallo stillicidio quotidiano di allarmi e invettive. 1 Risultato, hanno paura. Arretrano. E finiscono per rifiutarla, la vita, in tutte le sue dimensioni: dall’impegno quotidiano per la scuola o per chi è in difficoltà, alla partecipazione in famiglia e in società fino alla costruzione di progetti per il futuro. «I giovani di oggi - si legge nel Messaggio per la Giornata per la vita - sono spesso in balia di strumenti (creati e manovrati da adulti) che tendono a soffocare l’impegno nella realtà e la dedizione all’esistenza. Eppure quegli stessi strumenti possono essere usati proficuamente per testimoniare una cultura della vita». Primo fra tutti, la parola. Quanto si parla, di “morte”. Morte dei sogni, morte delle relazioni, morte dei valori. Ma quali sono, invece, le parole della vita? Quali potrebbero essere gli input da dare, ai giovani, per ricominciare a credere nel domani e a lottare, ogni giorno, per costruirlo? Il pedagogista Ezio Aceti ne ha cinque. 1) VOLARE ALTO Gli adolescenti devono crederci: volare alto si può. «E non mi riferisco - spiega subito Aceti — a quei sogni irraggiungibili che sfociano nella megalomania e che spesso appartengono ai nostri ragazzi. Quando dico a un giovane che deve volare alto voglio assecondare il suo modo (naturale, per la sua età) di ragionare per assoluti, e in astratto, sulle cose reali. È necessario che io lo spinga a farlo, perché quello sguardo utopico alla realtà è anche il suo progetto per la realtà. Se vola alto, arriverà a realizzare quel progetto. E se non lo realizzerà del tutto, ne uscirà comunque migliorato, fiducioso nelle proprie capacità». Spingere i giovani a volare alto, in un mondo in cui tutto e tutti ripetono di navigare a vista: questa è la prima sfida e il primo dovere di ogni genitore, educatore, politico. 2) RICOMINCIARE SEMPRE «Vale di più chi sbaglia mille volte, e si rialza, di chi è perfetto e la prima volta che cade non è capace di rimettersi in piedi». Per Ezio Aceti il motto di ogni giovane dovrebbe essere questo. Perché la vita è anche errore, «anzi, lo è quasi continuamente. Si prendono male le misure, si casca in qualche tranello e imprevisto, e non sempre queste cose dipendono solo da noi. Ma bisogna sapersi rialzare. Bisogna saper metabolizzare i colpi e farne tesoro». Senza giovani consci delle proprie debolezze, segnati dal sacrifìcio e persino dalla sofferenza, eppure capaci di continuare a sperare e costruire, non c’è cultura deila vita. 3) COERENZA 2 È il grande pilastro dell’educazione e il “talento” senza cui i giovani non possono nulla: fare quello che si dice. «E fare, dire, quello che si pensa, quello che viene da dentro, quello che ci contraddistingue», spiega Aceti. I giovani “aperti” aliavita sono giovani veri. Non mentono, non si nascondono dietro giustificazioni, «non hanno un volto per la loro vita pubblica e uno per la privata, come troppo spesso viene loro insegnato e fatto passare dagli adulti». La vita non si sdoppia, non si finge. Mai. 4) AMORE L’amore si educa. È sempre possibile, l’amore. E l’amore è la molla che apre alla vita, che porta i giovani ad accoglierla, a difenderla. «Ma l’amore, di questi tempi, non passa, non si vede», rileva Aceti. Il ritratto di egoismo e individualismo della nostra società offerto dai media li porta a credere che sia estinto, superato. «E questo quando i nostri ragazzi sono un concentrato di energie e emozioni pronte a esplodere in amore, che poi significa amore verso se stessi (e quindi autostima, coraggio, quella capacità di volare alto di cui dicevamo) e amore verso gli altri». 5) CUORE La parola sembra indulgere al romanticismo. «In realtà quando parlo di “cuore” ai ragazzi mi riferisco a qualcosa di molto pragmatico e cioè alla centralità della loro persona. Il cuore è il luogo dove capitano le cose più importanti, la riserva da cui attingere forza, il libro su cui sono iscritti i cromosomi che ci rendono quello che siamo - continua Aceti -. Va detto, e ripetuto, ai giovani che devono avere cuore, che devono guardarsi dentro se vogliono diventare buoni adulti. Mi spingo oltre, a volte, e spiego loro che il cuore è anche il posto dove parla Dio. È lì che lo possono incontrare, forse ancor prima che nelle chiese. Perché anche Dio è una cosa concreta, che deve entrare a far parte della loro vita nei fatti, nelle cose». Viviana Daloiso su Noi Genitori e Figli DISAGIO ADOLESCENZIALE: QUALCHE CONCETTO CHIAVE IL DISAGIO ADOLESCENZIALE 3 Le cause del disagio adolescenziale non va semplicemente ricondotto alle esagerate problematiche esistenziali, ma deve fare i conti anche con una serie di fattori, spesso in relazione fra loro, che determinano comportamenti a rischio. 1. Fattori socio-ambientali Condizioni di marginalità sociale sono spesso determinate da variabili: • Economiche La precarietà economica, la disoccupazione, le condizioni abitative suburbane, spazi fatiscenti, luoghi di aggregazione spogli determinano un contesto socio-familiare carico d'ansia e di preoccupazione con frequenti dinamiche aggressive. • Culturali L'accentuazione della diversità culturale provoca emarginazione e produce frustrazione e reazioni violente. • Sociale In una società complessa i termini di riferimento si modificano velocemente: il fare sembra predominare sul pensare, l'avere sull'essere, la gratificazione personale sulla qualità delle relazioni. I processi di socializzazione e di identificazione diventano più difficili. 2. Fattori psicologici e relazionali Il passaggio dall'infanzia all'età adulta esprime sempre una sofferenza psichica come risultato di una lotta tra il desiderio di andare avanti e quello di restare bambino. 3. Fattori educativo-affettivi La solitudine degli adolescenti è anche innescata dall'allentamento dei rapporti educativi, sia per la difficoltà di relazionarsi con loro, sia per la frequente conflittualità generazionale. I nomi del disagio Il disagio evolutivo appare costitutivo dell'attraversamento adolescenziale. Più che in una patologia, si manifesta talvolta in disadattamenti, fughe, suicidi, turbe sessuali, tossicodipendenze, violenza, criminalità. IL DISADATTAMENTO ADOLESCENZIALE 4 Il disadattamento è un malessere diffuso e un'incapacità momentanea a superare i compiti di sviluppo propri dell'età. Quattro sono le cause ricorrenti: • una limitata attenzione in famiglia alla personalità del ragazzo; • una scarsa abitudine da parte dei genitori a condividere le scelte dei figli, piccole o grande che siano; • una mancata attribuzione ai ragazzi di compiti di responsabilità familiare; • la carenza di un dialogo motivante da parte degli adulti: Il disadattamento adolescenziale, trovando difficoltoso rispettare le norme sociali e assumere responsabilità, può avere gravi conseguenze. 1. Il teppismo Un 10% di adolescenti sono tentati di compiere atti di teppismo. Il desiderio di trasgressione aumenta in modo preoccupante quando tra genitori e figli non c'è un rapporto soddisfacente. Iperprotezione e autoritarismo, scarsa partecipazione sono il terreno fertile per gesti trasgressivi e inconsulti. 2 .Il furto Comportamento non abituale, ma frequente, il furto assume significati diversi a seconda delle motivazioni che spingono i ragazzi a rubare. I ragazzi hanno una propensione marcata a sfidare il mondo adulto e le sue regole. Per il furto la sfida non è rivolta solo agli adulti, ma anche a se stessi, nel senso che l'atto delinquenziale è una sorta di verifica delle proprie capacità trasgressive. 3. La violenza L'incremento di manifestazioni aggressive può essere causato dalla massiccia influenza dei mass media. Nei soggetti più fragili la violenza diventa la modalità di riscatto della propria debolezza o situazione di disagio. La violenza è un servirsi del linguaggio del corpo per manifestare il proprio malessere sociale e scaricare sugli altri le proprie difficoltà esistenziali. 4. Il tentativo di suicidio Il gesto è finalizzato a chiedere aiuto in una situazione di difficoltà, a richiamare l'attenzione degli adulti su un problema, a domandare delle modifiche relazionali. 5 I destinatari sono spesso i genitori. Il gesto ha un forte significato relazionale, ma nel contempo carico di aggressività e colpevolizzazione. 5. La depressione Può condurre a stati mentali di solitudine e di disperazione che possono portar anche a gravi conseguenze. In uno stato di equilibrio precario, un evento oggettivamente irrilevante può far scatenare nel ragazzo/a una grave crisi di disperazione. Una solida fiducia di base può far superare all'adolescente gravi crisi esistenziali (lutti, delusioni, ecc.). 6. Il linguaggio scurrile E' un modo anaffettivo di vivere la sessualità, vissuto anche come motivo di ricerca della propria identità sessuata. Utilizzato con i coetanei è semplicemente un forma gergale, con i genitori o con gli adulti manifesta segnali di disagio e sofferenze. 7.Anoressia e bulimia Disturbi del comportamento alimentare manifestano il disagio soprattutto nel sesso femminile. Il rifiuto ostinato del cibo, il grave dimagrimento e la scomparsa delle mestruazioni caratterizzano l'anoressia. L'ingestione di grandi quantità di cibo, in modo impulsivo, vorace e disordinato caratterizza la bulimia. Alla base di tali comportamenti ci sono problematiche affettive ed esistenziali irrisolte, che creano solitudine e sofferenza, fino alla ricerca esagerata di attenzione, con comportamenti spesso antitetici rispetto a ciò che si vuole vorrebbe. QUALI STRATEGIE EDUCATIVE Ieri In passato l'atteggiamento educativo si fondava sul senso del dovere e spesso fin dall'inizio maturava nei ragazzi inadempienti il senso di colpa. Le punizioni diventano la risposta correttiva degli adulti per modificare comportamenti sbagliati. Oggi Il "super io" si forma non tanto sul senso del dovere, quanto piuttosto sulle "aspettative" da parte dei genitori nei confronti dei figli. Le punizioni non sono più un correttivo utile per coloro che non si sentono in colpa. Il deterrente efficace contro i comportamenti erronei potrebbe essere il fare sentire la"ver gogna" di fronte a se stessi e agli altri. Tale posizione risulta pericolosa in quanto innesca con estrema facilità la "vendetta" che prima o poi viene fuori. Più laborioso e produttivo è il puntare sulla "qualità delle relazioni". 6 Gianfranco Ravasi I vostri figli non sono vostri I vostri figli non sono i vostri figli. Essi non vengono da voi, ma attraverso voi, e non vi appartengono benché viviate insieme. Potete amarli, ma non costringerli ai vostri pensieri, poiché essi hanno i loro pensieri. Potete custodire i loro corpi, ma non le loro anime: essi abitano, infatti, in case future che voi neppure in sogno potrete visitare. La sua fama è certamente superiore al merito reale; tuttavia il poeta libanese (ma vissuto molti anni in America) Kahlil Gibran (1883-1931) sa spesso esprimere in modo lieve e vivido alcuni sentimenti radicali. E' il caso di queste righe tratte dalla sua opera più nota,Il profeta. La persona non può mai essere un possesso, neppure nel caso del figlio. Ogni creatura è sempre una sorpresa, frutto dell'infinita "fantasia" del Creatore, pur recando al suo interno il marchio fisiologico dei genitori. In questa luce l'educazione è, sì, importante, come lo è la famiglia. Tuttavia il destino di un figlio non sarà mai il frutto puro e semplice del contesto in cui è vissuto né tanto meno l'oggettivazione dei sogni e delle attese dei genitori. I genitori, perciò, s'impegnino con tutte le forze per far brillare valori e capacità dei loro figli, ma siano pronti - come Maria e Giuseppe, anche se il loro fu un caso assolutamente irripetibile ad accettare la via che essi imboccheranno, differente da quella sperata da loro. E, se avranno però fatto il loro dovere di guide ed educatori, non si colpevolizzino in modo angoscioso di fronte al fallimento umano e spirituale di un loro figlio, consapevoli della libertà e responsabilità ultima di ogni persona. 7