Elisabetta Capurso_Analisi2013

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Elisabetta Capurso_Analisi2013
Elisabetta Capurso Per un’analisi di Improvviso statico di Carmine Emanuele Cella 1.1 Carmine Emanuele Cella: brevi riflessioni su di una modalità compositiva In un mondo in cui si chiede sempre più specializzazione e settorialità, il mio modo di essere è sempre stato trasversale. La mia base di conoscenza è tesa all’unione tra discipline apparentemente diverse come la musica, la matematica e la teoria dei segnali… Con queste parole che gli appartengono, Carmine Emanuele Cella definisce la propria personalità di compositore e nello stesso tempo di ricercatore in ambito scientifico. Una doppia formazione culturale la sua quindi, scientifica e musicale, che apre alla creazione ‘del suono con il suono’, dei suoni prodotti dal computer e dagli strumenti acustici, anche dalla loro combinazione. Il processo della combinazione si rivelerà, infatti, nel corso degli anni come un tratto tipico della sua personalità artistica. Carmine Cella espone diffusamente la personale teoria di una certa modalità di scrittura nelle numerose pubblicazioni a carattere didattico che egli stesso ha dedicato ai diversi ambiti musicali e matematici; mettendo in rilievo, attraverso la tensione unitaria dei processi teorici, anche l’unità del processo compositivo. In buona parte esse sono riunite in una raccolta dal titolo significativo, ‘’Teaching Resources’’. 2.1 L’elaborazione elettronica e Improvviso statico per sassofono contralto e live electronics Una composizione recente nel tempo, Improvviso statico per sassofono contralto e live electronics, risponde in modo particolare a tali linee guida , alle riflessioni fondamentali che sottendono al pensiero compositivo. Improvviso statico è infatti una commissione di Emufest 2012 , il Festival di musica elettronica del Conservatorio S. Cecilia di Roma,di cui Giorgio Nottoli è il curatore artistico. Il lavoro, eseguito in prima assoluta il 13 ottobre 2012 , è dedicato al sassofonista Enzo Filippetti e a Giorgio Nottoli. La parte del live electronics è stata realizzata sul processore personale Mac OSX 10.8.2 , corredato della versione 6 di MaxMsp. La data che chiude la partitura risale al settembre-­‐ ottobre 2012, Strasburgo e Pesaro, indicata in calce all’ultima pagina; ad ogni modo l’analisi personale è fatta sulla partitura che porta nella copertina il copyright del 2012, non pubblicata a stampa. Ascoltando e analizzando Improvviso statico si ha la chiara percezione che i due aspetti del comporre, quello razionalista , evidente già nelle opere della prima maniera e quello collegato alla ricerca sul timbro, si completino e trovino la loro fusione in questo lavoro. La modalità della gestione intervallare delle altezze, rimane ancora oggi l’elemento di base della scrittura compositiva,una modalità non statica, bensì estremamente musicale,a tratti anche ‘melodica’.In Improvviso statico, infatti, sono ancora le altezze gli elementi fondamentali del processo musicale, però con una differenza sostanziale. L’aspetto intervallare infatti viene esaltato, talvolta messo in contrapposizione con i numerosi elementi di ricerca timbrica: le piccole note in ‘acciaccature’, i segni di dinamica ravvicinati, la presenza fondamentale del live electronics , le cui ‘patches’ sono state elaborate con il programma MaxMsp dell’Ircam. La compresenza di tutti gli elementi fa sì che il parametro intervallare sembri congelare la sua connotazione fondamentale di frequenza, a favore di una rappresentazione timbrica che vuole l’altezza del suono diventare timbro, un’altezza –timbro. Tale sembra essere l’intento del compositore. Per arrivare a questa affermazione sono stati seguiti l’elaborazione e lo sviluppo del pensiero compositivo di Carmine Cella, secondo le linee guida di alcune opere e della sua produzione teorica. Tuttavia è stato sostanziale il lavoro di elaborazione analitica, testuale, svolto sulla partitura di Improvviso statico. 2.1.a Le frequenze Il lavoro di analisi parte dalle prime due sezioni A e B che compongono, assieme alle sezioni C, D, E, la struttura totale del pezzo. Quindi sarà analizzato il processo di elaborazione elettronica , ossia la cosiddetta ‘concert-­‐patch’; infine si 2) prenderà in esame il rapporto di interazione del sassofono con il live electronics. Si evidenzia dall’analisi che sia il carattere delle frequenze, indicato da una persistenza di intervalli morbidi per scelta sonora , la terza maggiore e minore, il loro rivolto in una sesta; e sia quello delle durate, del tempo denotato da una coesistenza di suoni lunghi, di suoni computati in secondi oppure in unità di misura definita dal metronomo , non sviluppano una logica di causa –effetto nel passaggio da una sezione all’altra. Così è nel ‘Grave’ iniziale della parte introduttiva A, una sezione che sotto l’aspetto strutturale mostra la sua fondamentale realtà di forma –timbro, dovuta certamente al suono elaborato del sassofono, ma anche al processo di mutazione sonora del live, cui sono sottoposte le nove micro-­‐ strutture della sezione stessa . Così si rinviene nella sezione B, dedicata allo strumento solista, ove è ancora più evidente la persistenza sul singolo suono, che muta il timbro in maniera prismatica ad opera di tutta una serie di micro-­‐variazioni di frequenze, di dinamiche differenziate, di attacchi in ribattuto o in tremolo; il singolo suono che, dopo alcune escursioni iniziali di acciaccature anche a toni interi, nonché alcuni effetti ripetuti tipici del sassofono come lo slap, va a formare con l’ altro suono, per esempio, in un secondo ambito fraseologico, ancora una terza minore, resa lunga nella sua durata da due significative corone (sola variazione é quella di un intervallo di quarta eccedente). Assistiamo quindi ad una uniformità del parametro della frequenza e della micro-­‐
forma, a fronte di un intenso processo di variazione dei parametri del timbro e dell’intensità. E ancora. Al primo elemento fraseologico si oppone l’elemento fraseologico successivo, densivo e materico: vi sono infatti la densità del ritmo, le acciaccature diverse ai singoli gruppi, i percorsi intervallari a toni interi dal sapore vagamente debussyano, i numerosi effetti strumentali del sassofono. La frase, divisa dal punto di vista formale in due semi-­‐parti del processo musicale, oppone sorprendentemente nella seconda parte un lunga ‘linea’melodica, convulsa dal punto di vista emozionale,e condotta , attraverso un accelerato graduale, fino al segno dinamico di ‘marcatissimo’su di un suono unico, che conclude la sezione B. In tale sezione si ritrova una scrittura compositiva per un verso di tradizione, per un altro verso di ricerca innovativa nell’ambito di una semantica musicale essenzialmente timbrica; indubbio è il ruolo di protagonista che, sotto questo aspetto, il sassofono è chiamato a svolgere. Come la sezione B, affidata al sassofono solista, si collega alla sezione A attraverso un elemento di carattere strumentale, allo stesso modo la sezione successiva C si ricollega alla precedente attraverso un elemento di scrittura che è tipico di molti strumenti musicali, in particolare degli strumenti a fiato: il ribattuto. Sempre in fff, prima con un flatterzunge, quindi con alcuni trilli sulla medesima nota. Il suono ‘unico’ presenta poi l’emissione in subtone ( l’opposizione dinamica è rilevante rispetto alla situazione dinamica precedente), quindi la variazione di timbro dovuta ad un doppio trillo, un elemento strutturale concluso, come di una scatola chiusa. Ogni cambiamento -­‐ che è poi un cambiamento di timbro e se vogliamo di ritmo , un ritmo libero-­‐ si accompagna alle durate del tempo estremamente variate in momenti ravvicinati, alle intensità diverse, alle tecniche strumentali ‘timbriche’ del tremolo o del vibrato esteso. Nella sezione D è ancora più chiara l’elaborazione timbrica sul singolo suono, il drone , nel caso specifico il bicordo mi naturale – la, caratterizzato da attacchi diversi, da diverse dinamiche, posizionato di volta in volta in un magma di acciaccature di frequenze a toni interi fino ad assumere delle collocazioni spaziali particolari, arricchito da una elaborazione del live electronics di scrittura polifonica. Il processo di elaborazione procede fino alla sezione E , che re-­‐introduce il movimento agogico del Grave dell’inizio della partitura. La forma riconquista in questa maniera la sua valenza storica, e si risolve nell’unità formale della forma musicale circolare. In sostanza il processo di scrittura è quello della variazione continua: la variazione delle frequenze, delle dinamiche, del colore timbrico. Sarà utile osservare come il parametro dell’agogica sia forse quello meno dinamico fra tutti; infatti la brevità complessiva della composizione non permetterebbe una sosta logica , lunga, su di un certo tempo. Benché l’ultima sezione presa in esame sia la più estesa per le dimensioni, tuttavia non vi si ritrovano degli aspetti linguistici che non siano stati già indagati, esperiti nelle precedenti sezioni formali. Anche se è possibile mettere in evidenza due elementi di un certo interesse per un’operazione di modalità analitica: una breve parte di scrittura libera 3) sorretta dal live electronics di carattere polifonico; e una lunga frase melodica affidata in sostanza al sassofono , in cui la ‘linea melodica’ è costruita da un disegno di intervalli di sole altezze, e dal ‘gesto’, musicale del glissando. E’una memoria della scrittura musicale segnata prevalentemente dalla gestione delle frequenze? 2.1.b E il tempo, il ritmo? Il tempo è collegato intimamente alla singola struttura, alla forma di ogni sezione; aderisce al criterio di una certa dinamicità e libertà del divenire dei diversi istanti. Il suo legame con la struttura particolare della sezione breve potrebbe indurre, in un momento di analisi, a segnalare una situazione di rigidità, che a volte pare coinvolgere anche l’espressione emotiva. A nostro avviso, però, anche l’aspetto di un parametro vincolato ad un altro parametro del suono, soprattutto se è quello della forma, rientra nell’idea musicale che è alla base della composizione: la rinuncia al criterio dello sviluppo, dell’estensione di un parametro sonoro, a favore di ‘variabili’ che, in quel certo istante, possono assumere un particolare e diverso valore. Anche il ritmo, o meglio certe soluzioni ritmiche ripetitive accentuano il carattere di uniformità , di staticità dell’idea compositiva, una staticità che non deve però essere considerata come espressione di povertà musicale, bensì positiva per i tanti fattori di evoluzione interiori. La staticità come elemento della personale semantica musicale, della propria poetica musicale. 2.1.c Il timbro. Il solo parametro sonoro dotato del carattere della variazione continua é il parametro del timbro. E’ sufficiente analizzare la prima pagina di Improvviso statico per ricevere la conferma di quanto abbiamo affermato. Il suono sol con cui il sassofono inizia la composizione è dapprima solo fiato, non vibrato; diventa quindi un accordo multifonico ripetuto, infine un multifonico con un ampio regolare vibrato, che corrisponde, in linea di polifonia, alla microstruttura A. 6 del live electronics. Il suono sol sale alla seconda maggiore: in pochi istanti si evidenziano un crescendo dal piano al forte e un decrescendo al piano, quindi una figurazione ritmica sempre più stretta di suoni armonici. L’effetto strumentale di slap, tipico del sassofono, chiude la sezione A L’articolazione timbrica strumentale si mette così in relazione con l’articolazione timbrica del live , e la dimensione generale del timbro, nonché quella dell’intensità minutamente segnata, ne viene ad essere allargata, ampliata. 3.1 Improvviso statico Concert -­‐ patch La ‘Concert-­‐Patch’ di Improvviso statico, realizzata con il programma MaxMsp dell’Ircam di Parigi, è divisa nella sua interfaccia in quattro colonne, dove si trovano disposti tutti gli elementi di esecuzione del live electronics. Nella prima colonna si trovano: la Checklist, BCF 2000 router, Init e Reset , l’Audio, la Score. Nella colonna successiva sono indicati i Processors ( gli effetti): Harmonizer, Players, XSynth, Combsyn, Multidelay, Reverb; nella colonna a seguire si trovano i comandi del Tempo e la Console; nella quarta la Matrix (la Matrice con i Presets), il Reset e altri comandi di cancellazione e di Reset della Matrix. La Checklist rappresenta il controllo della lista, è necessaria quindi per verificare quali sono gli elementi di esecuzione. Pertanto va seguita per usare correttamente la ‘Patch’. La Score: è certamente l’elemento centrale della elaborazione elettronica, sia per la ricchezza dei segnali elettronici messi in gioco, sia per la struttura compositiva che la sottende. Il compositore commenta espressamente che questa è la partitura elettronica della composizione. Della partitura elettronica, la Score, si esamina molto brevemente la Sezione A : una per tutte le altre, dotate di elaborazione elettronica , cioè la Sezione C, D, E; ritenendo infatti la Sezione A un modello di base per un interessante 4) processo di elaborazione dei modelli elettronici sotto l’aspetto compositivo. Entrando nella subpatch si vede l’indicazione delle 9 micro-­‐ patches; riportate peraltro anche nella partitura cartacea, seppure in formato minimo. Per esempio , se si apre la scena A e se ne aprono le sub patches si possono vedere le diverse modalità di reverbero. Inoltre è possibile vedervi le diverse modalità di harmonizer: questo significa che quel messaggio accende l’armonizzatore [chord 1]; quindi v’è un reverbero di 4 sec. In tale maniera procede la struttura di elaborazione elettronica delle singole brevi patches fino alla nona, ossia A. 9. Sezione B: è la scena dedicata al sassofono solista. 4.1 L’ interazione del sassofono con il live electronics L’interazione della Concert-­‐ Patch con lo strumento che suona dal vivo è molto stretta, in effetti buona parte della Patch è una elaborazione del sassofono; senza l’esecutore infatti non si potrebbe ottenere un grande risultato. Anche se ci sono alcune scene -­‐e lo afferma il compositore stesso -­‐ in cui l’indicazione dei Players rende non indispensabile la presenza del sassofono. In ogni modo i due elementi fondamentali della struttura compositiva dialogano fra di loro: la Patch con il sassofono e il sassofono con il sistema interattivo fornito dal programma MaxMsp. Mentre nelle Sezioni A, C, D, E della partitura il live electronics e il sassofono interagiscono strettamente, la sezione B è data per intero allo strumento dal vivo. L’idea è quella che proviene dalla scrittura di tradizione, cioè della cadenza , del pezzo di bravura affidato al solista. L’originalità di Improvviso statico, in questo senso, consiste nel presentare una parte solistica, peraltro non breve, quasi ad inizio della composizione, dopo la Sezione A che strutturalmente ha tutta l’aria di essere una Introduzione al pezzo. Perché? Nella Sezione B infatti risiedono infatti gli elementi fondamentali della composizione: l’insistenza sui suoni singoli variati però nel timbro come in un prisma geometrico; gli intervalli delle frequenze a terze per lo più minori,a seconde, anche a microtoni. Nella sostanza è presente tutto un sistema intervallare che non sviluppa,e che pertanto non è l’elemento strutturale della forma della scrittura. La forma reale è definita invece, come tale, da una semantica il cui senso – inteso esattamente come significato-­‐ è espresso dal timbro. E’ l’idea di una scrittura compositiva originale. 4.2 Conclusioni: sintesi di pensiero oppure concertazione fra lo strumento acustico e la tecnologia elettronica? E’ convinzione personale che lo strumento preso dalla tecnologia elettronica difficilmente riesca a offrire una sintesi sul piano del suono e sul piano del pensiero compositivo con uno strumento acustico. A nostro avviso l’idea della creazione -­‐ il pensiero-­‐ è l’idea prima, che non ha delle regole precostituite. Soltanto a posteriori l’idea prima si trasforma in un codice, pertanto in un linguaggio reale, quale che sia. Il manufatto tecnologico, e lo si chiama di proposito manufatto, deriva invece da una programmazione precisa, da un progetto che ha delle regole stabilite, tanto è vero ad ogni errore di esecuzione del progetto stesso la cosa viene notificata. Per di più si codifica non in un solo linguaggio , ma in una pluralità di linguaggi( analogico, digitale e così via), pure sempre linguaggi della macchina. Carmine Cella fa ricorso, infatti, proprio per superare questa dualità di un’idea compositiva affidata allo strumento acustico e il linguaggio di uno strumento elettronico, al processo della ‘combinazione’; servendosi per raggiungere la combinazione del parametro più astratto del suono, cioè il timbro. Ossia del parametro meno tecnico, meno 5) rappresentabile, più evocativo che abbia il suono. La chiave di rappresentazione sta in questo termine: combinazione. Ma la combinazione non è sintesi né sul piano del suono né sul piano del pensiero. Esiste una soluzione a questo problema? Intanto non lo si consideri un dilemma, ma si considerino le due situazioni, della sintesi e della combinazione, come stati di pensiero diversi , il cui raffronto è sempre avvertibile nel momento in cui li si mette appunto a raffronto. Una soluzione forse c’è , e sta nel sollevare i due processi di pensiero in uno stato metafisico, metareale: in questa zona franca della nostra mente, nel mondo delle idee, avviene la soluzione della sintesi. Roma 29 Aprile 2013