La proiezione di “Sorelle Mai” diventa una riunione di famiglia
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La proiezione di “Sorelle Mai” diventa una riunione di famiglia
20 La Cronaca di Piacenza SPETTACOLI M ARTEDI 26 LUGLIO [email protected] 2011 La proiezione di “Sorelle Mai” diventa una riunione di famiglia Due generazioni di Bellocchio fuori e dentro lo schermo. Marco: «Non è un film sperimentale, ma casuale. Oggi non sento più la rabbia de “I pugni in tasca”» A d aprire il dibattito di fine serata organizzato domenica sera a conclusione della proiezione al Bobbio Film Festival di Sorelle Mai, il lungometraggio nato dalle riprese svolte fra il 1999 e il 2008 con gli allievi del laboratorio Farecinema, è il regista Marco Bellocchio: «Vedere il film in questa cornice è diverso, mi viene da pensare alla mia generazione, all’infanzia e alle mie estati a Bobbio». «Ieri la pioggia, oggi, il freddo, guardiamoci in faccia e cominciamo a dirci chi è di noi…» scherza invece Pier Giorgio Bellocchio, figlio del regista e supervisore della kermesse bobbiese, davanti al pubblico che gremisce i chiostri di San Colombano, nonostante la temperatura inclemente che funesta la serata. In molti, comunque, resistono e stringono i denti per assistere al dibattito coordinato dal critico Gianni Canova. «Fin dal primo episodio si nota un filo, come una continuità, era già in progetto la realizzazione di un lungometraggio?» chiede il fondatore della rivista cinematografica I Duellanti. «Il lavoro è stato svolto senza prevedere che sarebbe diventato un film. Ci siamo divertiti, non c’era quella sottile ansia del risultato». Risponde il regista, che aggiunge: «Sorelle Mai non è catalogabile come opera sperimentale, piuttosto è un’opera casuale, dove il vero protagonista è il tempo che scorre sopra diverse generazioni». Concepito a episodi, sviluppati nel corso di dieci anni, il film è sempre a metà strada fra autobiografia e finzione, con i familiari di Marco Bellocchio chiamati ad incarnare varie fasce d’età e diverse visioni del mondo: ci sono i figli Pier Giorgio ed Elena e c’è il fratello Alberto. Ci sono poi le sorelle Maria Luisa e Letizia, fotografate con una sensibilità densa di sfumature, tesa a rendere un affettuoso e intenso omaggio alle loro esistenze trascorse all’ombra delle mure domestiche: «Sono un fratello minore – spiega il cineasta – ho rispetto per le vite delle mie sorelle, fatte in parte di rinunce,ma mi piaceva riportarle alla luce, dare a loro l’im- Nelle foto, alcuni momenti della serata bobbiese dedicata all’ultimo film di Marco Bellocchio, “Sorelle Mai”, nato proprio nel corso degli anni di laboratorio “Farecinema” condotto dal regista bobbiese. Presenti alla proiezione, fra gli altri, le sorelle di Bellocchio, il fratello Alberto, i figli Elena e Piergiorgio, l’amico di sempre Gianni Schicchi fotoservizio Mauro Del Papa magine malinconica che corrisponde alle loro esistenze». Anche Pier Giorgio Bellocchio ricorda quanto di sè ci sia nel personaggio di Giorgio, giovane in cerca della propria identità sentimentale e professionale: «Questo è il mio film di formazione. Ora non mi riconosco più vedendo i primi episodi». «Nel corso delle estati a Bobbio prosegue - ho costruito il rapporto con Elena e la relazione con mio padre ha avuto un banco su cui evolversi. Quando l’opera è finita, ho capito che volevo diventare attore e occuparmi del Bobbio Film Festival». Difficile prescindere dall’impronta autobiografica in questa pellicola ambientata nei luoghi della memoria del regista, gli stessi del clamoroso film d’esordio, di cui, come in un lungo addio, sono proposti brevi frammenti: «In me lo spirito de I pugni in tasca è scomparso – spiega Bellocchio Con L’ora di religione ho raccontato la fine di una rabbia che porta alla follia. Quello spirito è definitivamente concluso». Talmente concluso e riposto in soffitta che Marco Bellocchio ne immagina un possibile, lapidario, epilogo: «Potrei trasformare la mia casa di Bobbio dove sono state effettuate le riprese, in un museo dedicato a I pugni in tasca. Gianni Schicchi andrebbe alla cassa, ma i visitatori sarebbero così pochi, che ben presto sarei costretto a chiudere». Per fortuna il progetto non sarà realizzato, quello che proseguirà in futuro è di certo il rapporto con il paese della Valtrebbia. Perchè? «Anche perchè con Bobbio c’è parità: quello che dò, ricevo». Carla Fellegara