Vanoni_Press_Speciale_Orientamento

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Vanoni_Press_Speciale_Orientamento
Numero Unico
Speciale orientamento
Vanoni Press
Fondo Sociale Europeo
Realizzato nell’ambito del progetto C-1-FSE-2011-1720
Generazione
“Scialla”
Di Ilaria Falconieri
Non avrei mai compreso il significato
del
neo lo gis mo
“scialla” se non fossi
andata a guardare,
incuriosita, a novembre, l’omonimo film
di Francesco Bruni.
Di “Scialla” non avevo visto il trailer, se
non di sfuggita, non
avevo letto un rigo di
critica o commento.
Segue a pag. 5
“Pensieri e Parole”
Viaggio alla ricerca dell’essenza del teatro grazie ai Koreja
Siete convinti che un normale giorno di scuola non
possa mai trasformarsi in
un’esperienza fantastica?
Non vi è capitato di visitare, come è successo agli
alunni del progetto Pon
“Pensieri e Parole”, i Quartieri Teatrali Koreja. Partiti
da Nardò con una curiosità
malcelata ed un po’ di domande ma soprattutto con
la voglia di scoprire questo
luogo di cui tanto
avevano sentito
parlare,
hanno
t r o v a t o
u n ’ a cc o gl i en za
calorosa ed un
posto quasi magico in cui la vita si
trasforma e si racconta. In una parola si fa teatro.
Segue a pag. 2
Un’immagine relativa alla visita presso i Quartieri Teatrali Koreja
Il Vanoni intervista il Sindaco
I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” a palazzo di città
Sommario:
A tu per tu con la
“nostra” preside
La vita, il teatro, la scuola
7
Facebook, apocalitti- 8
ci o integrati?
Maturità: t’avessi
presa prima!
9
Quanto sei bella...Londra!
12
Il Vanoni vince il
trofeo dell’Infiorata
14
Alla conquista della
coppa
14
Pensieri di una
diciassettenne
15
Sono arrivati a Palazzo Personé
(nella
foto
un’immagine dell’incontro)
armati di penna, e taccuino, registratore e fotocamera ma soprattutto di domande e curiosità che hanno
Studenti a
lavoro e la Rai
viene a scuola
VANONI
rivolto, senza peli sulla lingua, al primo cittadino
Marcello Risi. I temi, sono
stati quelli caldi cronaca,
dalla sopravvivenza
dell’ospedale al dissesto
delle strade, passando per
quelli che più stanno a cuore alla (loro) generazione
giovanile. Spazi di aggregazione, wi-fi zone, collegamento tra scuola e mondo del lavoro.
Segue a pag. 4
A pag 6
Après
la classe,
Valerio Bruno
si racconta
A pag 10
PRESS
Vanoni Press
La vita, il teatro, la scuola
Di Giulia Ferilli
della ‘grecia salentina’ ed è una
parola trasformata, deriva da ‘coro’
ma ha a che fare con lo stato di purezza, con lo stato infantile e adole-
Siamo arrivati ai “Quartieri”,
a Lecce, mentre un gruppo di
giovani attori, lavorava ad uno
spettacolo. Abbiamo assistito
per qualche minuto alle loro
prove, poi ci siamo spostati nel
foyer, dove Antonio Giannuzzi,
membro e braccio operativo
della cooperativa, ci ha raccontato la storia di quel luogo prima che diventasse un vero e
proprio teatro.
Era una fabbrica di mattoni, in
condizioni pessime, tutto da
Un momento della visita ai Koreja.
rifare, e loro, carichi di positiNell’immagine si vede una delle vecchie
vità e voglia di continuare a realizmacchine per la lavorazione dei mattoni.
zare i propri sogni, si sono rimboccati le maniche e lo hanno ricostruiscenziale. Poi ,per caso, abbiamo
to.
scoperto che “koreja” è anche una
Ora ai “Cantieri” non manca nulparola composila: la sala prove (nella foto sotto),
ta, oltre ad essere
dove gli attori si riscaldano prima
greca ha radici
di entrare in scena, il laboratorio “Koreja è una parola
che vengono dai
dove realizzano le scenografie, grica ed ha a che
paesi slavi e
pieno di scatoloni e roba ormai fare con lo stato di
c’era un grande
vecchissima, ma che potrebbe
purezza, con lo stato regista polacco,
servire, tra qualche anno, come
che usava questa
infantile ed
oggetto di scena.
parola,
adolescenziale”.
Ma come nasce, prima ancora che
‘koreja’,
diventare luogo fisico, il progetto
col signiKoreja? lo abbiamo chiesto a
ficato di
al direttore artistico, Salvatore Tratre in uno, che voleva dire
macere.
danza, musica, canto.
Come nasce il progetto Koreja?
Che cos’è per voi
Il progetto Koreja nasce nel 1996
l’innovazione a teatro?
ad Aradeo, un piccolo paesino in
È una parola per noi imporprovincia di Lecce.
tante. Importante come lo
Nasce dalla profonda sensazione di
può essere la semplicità.
sfogarsi. Avevamo un piccolo locaPer arrivare alla semplicità
le in cui ci eravamo organizzati alla
bisogna attraversare la comperfezione. Poi il Comune non volplessità, bisogna entrare nel buio, e
le appoggiarci e lo diede in gestiopoi comincerai a tirare fuori qualne ad altri che ne fecero un night
che cosa che solo alla fine diventeclub. Durò sì e no due giorni e poi
rà semplice. Però se non entri nel
stop, chiuso per sempre (per fortubuio, non puoi vedere la luce.
na n.d.r).
L’innovazione per me è la stessa
Cosa significa Koreja?
cosa, è capire qualcosa che appaÈ un’antica parola ‘grica’, perché,
rentemente è data da una complescome forse sapete, Aradeo fa parte
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sità, è cercare di far venire fuori un
qualcosa che ti appartiene, che ha
senso per te o per quel gruppo di
persone con cui lavori o con cui stai
costruendo un progetto.
Qual è invece il vostro rapporto
con la tradizione?
È fondamentale perché se non conosci il passato non puoi scrivere il
futuro. Tradizione vuol dire “tradire”, passare oltre. Però devi prima conoscere esattamente cos’è il
passato, cosa erano le tue radici, e
non è detto che siano radici storiche. Noi, ad esempio, viaggiamo
moltissimo, e molto spesso mi sento più salentino se sono in Iran o in
Bolivia, che stando qua. Perché ci
sono delle tradizioni che sono molto simili alle nostre, anche in altre
parti del mondo, non necessariamente solo qui. Ci sono degli elementi e valori del Salento che puoi
trovare anche stando con gli indiani
d’America.
Cosa può dare il teatro alla scuola?
Io penso che il teatro è scuola e la
scuola è teatro. Penso siano due
cose molto simili o meglio hanno
una funzione molto vicina. Il nostro
teatro è educativo. Ed è per questo
che fondamentale è l’educazione
perché attraverso il teatro si può
crescere e la scuola deve avere la
stessa funzione, da una parte deve
mettere delle regole e dall’altra in-
Numero Unico
segnarvi a crescere.
Quali sono i vostri progetti per le
scolaresche?
Facciamo una rassegna di spettacoli
che ogni anno porta qui, circa 10
mila tra bambini di 3 anni e ragazzi
di 18. Gran parte delle opere in scena sono lavori che produciamo noi. Spesso, in
quanto pensati per le
scuole, si svolgono di
mattina ma a volte siamo
noi ad andare nelle scuole
dove teniamo laboratori
teatrali.
Il teatro e i giovani: cosa
avete fatto per colmare
questa distanza?
Dobbiamo fare ancora
tanto. Anche perché il
problema non lo possiamo
risolvere da soli, è una
cosa che va vista insieme
alle istituzioni, non basta solo la
nostra volontà di dire siamo vicini
ai giovani.
Qual è il futuro del teatro?
È da quando faccio teatro che sento
dire: “il teatro è finito”, “il teatro è
morto”, siamo nati che già eravamo
morti. Ci dicevano sempre che il
teatro non ha futuro, evidentemente
porta bene dire questa cosa, ma io
credo che il teatro non possa morire perché ha a che fare con
l’esperienza umana, mentre la televisione, il cinema, hanno a che fare
con la mediazione invece il teatro è
realtà. Il teatro ha a che fare con le
relazioni umane, brutte, buone,
cattive, di tutti i tipi ma immediate perché a teatro crei subito un
luogo dove bisogna “sentire”. È
qualcosa di ancestrale che ha a
che fare con la storia dell’uomo.
Il primo incontro tra due uomini
è dato da uno che parla e l’altro
che ascolta. In una parola sola,
un dialogo. Questo dialogo è il
teatro, quando riesci a parlare
con il pubblico, hai già fatto teatro.
I ragazzi del Vanoni guardano uno stralcio dello
spettacolo “Iancu”. Accanto, il professore Russo durante
la visita ai Koreja.
A scuola di teatro con il prof Russo
Di Federica Trotta
Professore Russo, qual è stato il
suo percorso di formazione? Cosa l’ha spinta ad avvicinarsi al
teatro?
Io non ho un percorso di formazione specifico, nel senso che non ho
mai frequentato scuole o corsi.
Tutto ciò che ho fatto l’ho fatto per
passione. Una passione nata sui
banchi di scuola, nei piccoli recital
e con le rappresentazioni nelle parrocchie. Cominciai nel lontano ’81
-’82, a livello parrocchiale rappresentavamo la “Passione di Cristo”,
ma quell’esperienza si estese anche
i n c i t t à e p r o vi n ci a . In
quell’occasione toccò a me svolgere il ruolo di Gesù.
Il teatro può avere una funzione
pedagogica?
Sicuramente può avere una funzione pedagogica perché ha un valore
di insegnamento che non si ferma
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solo ai contenuti culturali che ogni
opera rappresentata contiene e
quindi trasmette a chi la rappresenta, e ciò è valido specialmente per
gli studenti che a volte imparano
più da un testo teatrale, costretti a
recitare, che non dai testi scolastici.
Non solo i contenuti scolastici fanno però il valore pedagogico del
teatro ma anche i valori sociali che
trasmette, uno tra tutti l’incontro
con l’altro.
Com’è iniziata la sua esperienza
di teatro a scuola?
L’esperienza a scuola comincia fin
dai primi anni di insegnamento
all’Istituto tecnico di Gallipoli. Preparai i ragazzi a rappresentare “La
Giara” di Pirandello ed alcuni
recital su temi giovanili. E per altro, uno di questi giovani oggi fa
anche teatro di professione, si chiama Federico Della Ducata. Poi
l’esperienza positiva è proseguita
nell’Istituto “Vanoni” dove va a-
vanti da oltre nove anni una compagnia teatrale stabile,“Gli artigiani
dell’arte”. Da qui poi, alunni diplomati, hanno dato origine ad un’altra
compagnia, “Ardire”, che lavora
nel panorama cittadino.
Quali sono le opere più significative che ha rappresentato?
Sicuramente le opere più belle sono
state “Miseria e Nobiltà” sul testo
di Marcello Gaballo in vernacolo
neretino ed un musical ispirato al
canto di San Francesco. Si chiamava “L’infinitamente piccolo” ed era
accompagnato dalle note
dell’omonimo lavoro discografico
di Angelo Branduardi. Poi “Il berretto a sonagli” ed alcuni musical
sul tema dell’olocausto.
Vanoni Press
Il Vanoni intervista il Sindaco
Di Maria Chiara Rizzello, Federica
Trotta e Andrea Ratta
Sindaco, che impegno richiede gestire da Primo Cittadino un Comune
come Nardò?
L’impegno è notevole per
una città come Nardò, con
tanti quartieri e tanti abitanti.
E sebbene prevalentemente io
mi dedichi all’attività di sindaco, ho anche un altro lavoro
quindi inizio a lavorare la
mattina presto e finisco quando gli altri hanno già terminato di cenare.
Quali sono le decisioni più
importanti che ha preso finora?
La decisione più importante è
stata certamente quella di risanare il bilancio del Comune,
una situazione spiacevole
generata dei debiti fuori bilancio che ha comportato molti sacrifici.
È stata una decisione sofferta ma necessaria.
Quando è stato eletto sindaco quali
sono stati i suoi primi sentimenti?
È stata sicuramente una delle giornate
più belle della mia vita, sono stato
molto contento di essere scelto da una
così ampia maggioranza di cittadini.
Poi naturalmente ho sentito subito le
responsabilità del nuovo “lavoro” perche il sindaco di una città è anche la
persona che ha più responsabilità.
Da che cosa è nata la passione per la
politica e per l’ideologia di sinistra?
È una passione che ho avuto sin da
piccolo e dai 14 anni in poi mi sono
sempre dedicato alla politica. Oggi è
un momento particolarmente difficile
per fare politica perché davanti a situazioni complicate quali, ad esempio,
quella di risanare un bilancio, la politica ha il grave compito di fare delle
scelte che incidono anche sul futuro
delle famiglie. Riguardo l’ideologia di
sinistra credo che sia necessario distinguere l’ideologia dalla cultura di sinistra. L’ideologia è l’insieme di quelle
idee che ho iniziato ad apprezzare sin
dai miei primi anni in politica, ma le
ideologie vengono poi sempre superate dalla storia. Credo che oggi sul conPagina 4
cetto di ideologia prevalga quello di
cultura di sinistra che fa suo il principio d’uguaglianza come fondamentale, mentre sostanzialmente per la cultura di destra un margine di disuguaglianza è il prezzo che si deve pagare
I ragazzi del pon “Pensieri e Parole” nell’aula
consiliare con il Sindaco Marcello Risi. Nelle
altre immagini alcuni momenti dell’incontro.
per raggiungere il progresso generale.
Dopo tutte le manifestazioni che
abbiamo fatto per tutelare il nostro
ospedale, a che punto è la questione? Si sono fatti passi avanti oppure
la situazione è stazionaria?
Ci sono degli sviluppi che dobbiamo
seguire ma c’è da sottolineare che il
nostro ospedale non è chiuso. Quello
che è accaduto al “Sambiasi” di Nardò
è ciò che accade in tutti gli ambiti
dell’esistenza.
Il mondo è una realtà in continua trasformazione, quindi bisogna pensare
che ogni settore della nostra vita
l’anno prossimo sarà diverso
dall’oggi. Questo vale per la sanità,
per l’economia, la medicina, per lo
sport.
Gli ospedali e le strutture cambiano
perché cambiano le esigenze dei cittadini. Tra le novità più importanti registriate dal piano di riordino ospedaliero dunque c’è il fatto che i decorsi
post-operatori sono molto più rapidi di
una volta. Dopo un intervento chirurgico prima si rischiava di rimanere a
letto per 10,15 giorni ora invece i de-
corsi post-operatori sono molto più
rapidi anche perché abbiamo tecniche
mediche e terapeutiche molto più efficaci quindi si sta meno tempo in ospedale. Alcuni interventi in day-hospital,
addirittura non richiedono neppure
ricovero, grazie a tecniche molto
moderne e anche a forme di anestesia assai poco invasive che
consentono di essere dimessi
poche ore dopo. Abbiamo dunque una trasformazione delle
esigenze dei cittadini. Una delle
nuove esigenze sanitarie, per
esempio, è la fecondazione assistita perché una delle difficoltà
di quest’epoca è, purtroppo, legata alla procreazione. Per questo davanti al rischio paventato
dal piano di riordino di chiusura
completa del nostro ospedale si è
optato per l’apertura al suo interno di un centro di procreazione
medica assistita.
I cittadini, del resto, pretendono prestazioni sanitarie sempre più avanzate
e sempre più evolute. Non vanno più
all’ospedale più vicino ma a quello più
idoneo alla patologia.
Io credo che la chiusura sia stata evitata e questo lo dobbiamo anche a tutte
le battaglie intraprese della comunità
cittadina.
Per noi che ci muoviamo in motorino, le buche per strada costituiscono
un grande pericolo e le strade di
Nardò ne sono piene. Cosa avete
intenzione di fare per sistemare l'asfalto?
Lavoriamo praticamente di settimana
in settimana per cercare di coprire
qualche buca. Il rifacimento del manto
stradale è molto costoso e, avendo a
Nardò una rete stradale molto lunga e
molto ampia, non si riesce a mantenerla intatta. Noi comunque interveniamo
con somme vicine ai 10mila euro l'anno e ci stiamo attrezzando per chiudere le buche appena si formano. Inoltre
sono proprio degli ultimi giorni una
serie di interventi straordinari che hanno riguardato molte arterie cittadine.
L’amministrazione conta di riuscire a
rendere agevole entro tempi brevi almeno le strade del centro urbano mentre è un po’ più difficile pensare, per il
Numero Unico
momento, ad interventi anche nelle
periferie.
A Nardò i giovani sentono la mancanza di luoghi di aggregazione.
Che cosa la sua amministrazione ha
pensato in merito? Una wi-fi zone,
un parco, un centro ricreativo sarebbero per noi ottime soluzioni.
Che ne pensa?
I giovani sentono sempre la mancanza
di aggregazione, è fisiologico, è connaturato alla loro età, ed è giusto che
sia così, è giusto che chiedano più
spazi. Io però non credo che non ci
siano spazi di aggregazione a Nardò
perché le strutture, è vero che non
sono tante, ma ci sono, per chi vuole
fare sport ma non solo, ci sono anche
punti di ritrovo occasionali ma ugualmente importanti, penso ai tanti bar
che vedo sempre più frequentati da
gruppi di giovani. Stiamo tuttavia pensando a due progetti interessanti: la
realizzazione di una struttura sportiva
come la piscina e la creazione di un
luogo di aggregazione nel centro storico.
Parliamo del randagismo canino che è un
grande segno di inciviltà
per la nostra città. Cosa
ha intenzione di fare in
merito la sua amministrazione?
La maggior parte dei cani
randagi che riusciamo ad
accalappiare vengono portati nei canili vicini con
grandi costi per la collettività. In effetti è un problema molto serio, che biso-
gna affrontare, portando agli animali
il rispetto che meritano. Si sta pensando infatti di costruire un canile anche
se è un’iniziativa molto costosa mentre al momento cerchiamo di fronteggiare l'abbandono degli animali individuando, tramite i microchip, quelli che
sono stati abbandonati e sensibilizzando i proprietari alle sterilizzazioni.
I giovani e il lavoro. Perché non
pensare a soluzioni che coinvolgano
i giovani al primo impiego? Pensiamo a cooperative di giovani che diano, per esempio, assistenza alle famiglie, servizio di baby-sitting, che
possano occuparsi di iniziative di
promozione del territorio.
I servizi di guida turistica in genere
vengono già svolti dalle cooperative di
giovani. Sono del resto spesso già
cooperative che si occupano anche
assistenza domiciliare o assistenza agli
anziani. Che voi pensiate a queste
forme di cooperazione è di certo giusto ed il modo migliore oggi, per voi
ragazzi, di avvicinarvi al mondo del
lavoro.
Dalla prima: Generazione “Scialla”
Come nella migliore tradizione del
cinema d’altri tempi la locandina ed
un’idea del tutto sommaria del tema
che la pellicola trattava, mi hanno
convinta. Scuola e nuove generazioni, rapporto dei giovani col mondo
degli adulti. Mi bastava.
“Mamma, scialla!”, ripete spesso il
giovanissimo protagonista del film,
per dire “mamma, stai tranquilla!”
spalancando così, agli adulti in sala,
l’universo sconosciuto di un mondo
giovanile che sfugge e vuole sfuggire
e per farlo si inventa anche parole
nuove che “appartengano solo a loro”, per tenerci fuori da un linguaggio e da uno stile di vita che tanto
non comprenderemmo. E allora
“scialla” diventa quasi una parola
manifesto del modo d’essere di una
generazione, una sorta di “don’t
worry, be happy” come quello che si
dicevano i capelloni degli anni ’60,
quando mai pensavano che avrebbero indossato, un giorno, una cravatta
e, prima di andare in ufficio avrebbero detto ai figli: “Fai attenzione!”.
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C’è però una prima differenza etimologica fondamentale e ancora una volta emblematica: se il “don’t worry” di
fricchettona memoria aveva una connotazione politica da fiori nei cannoni
tutta anni ’60 appunto, “scialla”, mutuato dal gergo delle borgate romane
(chissà se sarebbe piaciuto a Pasolini),
è assolutamente svuotato da ogni significato anche latamente politico.
Che alla generazione “scialla” della
politica cosa volete che gliene importi? “Scialla” è il modo di vedere la vita
degli adolescenti di oggi, senza pensieri, senza preoccupazioni, vivendo il
presente perché tanto di domani “chi
se ne frega”. Quando gli adulti stanno
loro troppo addosso con raccomandazioni o divieti dicono che gli si
“accollano” e pure questo è un neologismo tutto loro, perché gli adulti a
stare “scialla” proprio non ci riescono.
Le tracce linguistiche però sono sempre indizi della società, i neologismi,
lo sono di un’evoluzione e allora c’è
da chiedersi perché i ragazzi di oggi
hanno tanto desiderio di una tranquillità tutta loro al punto da inventarsi una
parola. Fisiologico di tutte le generazioni, certo, ma patologico, forse, di
una generazione che del domani ha
paura. E allora preferisce non pensarci. Perché anche se ci pensassero
quali pesci dovrebbero pigliare? Impegnarsi nello studio? ma per andare
dove? Quanti ne vedono, tra uno
scialla e l’altro, di fratelli maggiori
presi per i fondelli dal sistema scolastico italiano, espulsi dal mondo del
lavoro o, male che vada, accolti a
braccia aperte nell’antro infernale di
un call center? Allora forse farebbero
bene, le tante maestrine dalla penna
rossa di cui è piena la scuola italiana,
a non liquidare “scialla” come un
errore, anzi, a riflettere sul valore di
una parola che tanto inconsistente
poi non è. Inconsistente è, piuttosto,
il mondo che lasciamo in consegna ai
nostri figli. Talmente pieno di meccanismi perversi e marci che loro
non lo vogliono. Perché, davanti ad
un domani mostruoso meglio non
pensarci, meglio, adesso, stare
“scialla”.
Vanoni Press
Cara scuola...ti ritinteggio!
Il “Vanoni” aderisce al progetto “Scuole pulite” e tra i banchi arrivano le telecamere
Di Giulia Ferilli
Qual è il divertimento che accomuna
quasi tutti gli studenti di ogni ordine e
grado? Imbrattare banchi e mura, non
pensando alle conseguenze
sull’ambiente (scolastico e non) e al
fatto che noi stessi dobbiamo trascorrere gran parte della nostra giornata proprio tra quelle mura imbrattate.
Per questo “Legambiente” ha proposto
alle scuole un progetto chiamato,
“Nontiscordardime, operazione scuole
pulite”, con l’idea di sensibilizzare i
giovani studenti al rispetto per le strutture scolastiche.
Così all’istituto “Ezio Vanoni” di Nardò, durante il mese di marzo, i ragazzi
si sono messi all’opera, ritinteggiando
le aule che loro stessi avevano imbrattato. A “dirigere” i lavori c’erano la
preside Maria Rosa Rizzo e il professore Roberto Carmelo Russo.
Le aule rimbiancate hanno assunto un
aspetto più luminoso e brillante, tanto
da sembrare più ampie. Anche gli insegnanti hanno notato questo nuovo
aspetto e, oltre ad apprezzare il gesto
dei ragazzi, hanno trovato nuovo piacere a trascorrere la loro giornata lavorativa in aule più pulite.
Ma c’è di più. Nei giorni successivi
all’iniziativa, la notizia è stata ripresa
da “Nuovo Quotidiano di Puglia” e
appresa anche dalla Rai, che ha chiesto
di poter venire a riprendere il lavoro
dei ragazzi nel caso in cui fossero state
fatte iniziative simili per diffondere
così il messaggio del “Vanoni” anche
ad altri istituti. La scuola allora si è
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attrezzata, ha organizzato un’altra giornata ecologica e questa volta gli alunni
in tuta, intenti a ritinteggiare le nostre
aule sono stati ripresi dalle telecamere
della Rai.
Il giornalista Antonio Gnoni ha poi
ragazzi, pulendo le loro aule e occupandosi dei luoghi che li circondano, si
possano rendere conto di quanto sia
importante vivere in un ambiente pulito
anche nel rispetto della natura, nel rispetto dei ruoli e di quella che è la necessità del risparmio delle
risorse».
Un progetto da ripetere il
prossimo anno? «noi pensiamo di sì ̶ ha risposto la preside all’intervistatore ̶ ma
non è detto che, anche
quest’anno, magari sfruttando gli ultimi giorni di scuola
possiamo ripetere questa
assieme ad altre iniziative ».
A proposito di ambiente,
poi, la nostra scuola ha ideato anche un altro progetto, di
cui pure la preside ha voluto
riferire alle telecamere Rai:
«un gruppo di ragazzi iscritti
In alto, il cameramen Massimiliano Pellè riprende i
al progetto pon
ragazzi all’opera. Affianco, la dirigente intervistata dal
“Edu…cambientiamoci”, si
giornalista Rai Antonio Gnoni.
è occupato di un monitoraggio all’interno dell’istituto
voluto intervistare la preside che
per identificare i problemi sulla sicualla domanda su quale fosse
rezza e individuare le carenze della
l’importanza di questo progetto,
struttura in cui viviamo. In questo caso
ha risposto: «il progetto è imsi è puntato soprattutto al risparmio
portante perché offre agli alunni
energetico
e,
in
conclusione
l’opportunità di entrare nel vivo
dell’ispezione tra le mura della scuola,
di quella che è l’educazione amabbiamo pensato ̶ ha dichiarato orgobientale. Il progetto non ha solo
gliosa la preside ̶ di mettere in tutte le
l’obiettivo di educare al rispetto
aule un decalogo sul risparmio energedell’ ambiente ̶ ha continuato la
tico».
dirigente ̶ ma anche un obiettivo di
tipo civile e sociale, in quanto i nostri
Vanoni Press Colophon
Direttore responsabile: Ilaria Lucia Falconieri ([email protected])
Redattori: Maurizio Antico, Jonathan Casaluce, Veronica De Benedittis,
Giulia Ferilli, Alberto Fiore, Gabriele Guida, Arianna Marasco, Andrea Martano, Ilaria Miccoli, Manuel Olivieri, Marco Presta, Niccolò Quaranta, Andrea Ratta, Mariachiara Rizzello, Veronica Rizzo, Nicola Santo, Vincenzo
Scazzari, Giulio Siciliano, Nicolò Simonetto, Federica Trotta, Federico Vetrugno, Giulia Zecca. Per lo speciale orientamento: Chiara De Pace, Federica Musca, Federica Potenza, Ilaria Vergine, Ilaria Cleopazzo, Federica Papa,
Giorgio Toma.
Redazione: via Belisario Acquaviva , 8 73048 Nardò (Le) c/o I.I.S.S. “Ezio
Vanoni”
Hanno collaborato i docenti: Diana Rizzello e Roberto Carmelo Russo
Numero Unico
A tu per tu con la “nostra” preside
Tra progetti pon e normale didattica, la scuola è scuola di vita. Parola di dirigente
Di Andrea Ratta e Giulia Ferilli
Materna e aperta al dialogo, anche e
soprattutto con gli studenti con i quali
però se si arrabbia sono guai. È la nostra preside Maria Rosa Rizzo cui abbiamo fatto qualche domanda.
Preside, che cosa pensa del progetto
pon “ Pensieri e parole”?
Penso che il progetto si stia sviluppando in modo ottimale, devo dire che
noto una grande partecipazione degli
alunni e anche un particolare interesse.
Tra le attività che avete realizzato, per
esempio, mi è molto piaciuta
l’intervista al sindaco di Nardò che ho
visto sul suo blog.
In generale, che cosa ne pensa degli
altri progetti messi in piedi dalla
nostra scuola?
Io penso che tutti i progetti pon hanno
una grossa funzionalità, soprattutto i
progetti di italiano e matematica che si
stanno svolgendo in questo periodo con
gran efficienza. E poi il progetto per
l’ECDL, quelli in lingue che sono ben
due di inglese ed uno di francese.
In che modo il pon “ Pensieri e parole” può incrementare le capacità e
le competenze dei ragazzi?
Una delle competenze di base che ogni
alunno deve possedere è la lingua italiana e l’utilizzo dei mezzi di comuni-
cazione oggi poi è importantissimo, per questo
diventa ancora più importante saper comunicare sia
con le parole che con lo
scritto.
In che modo invece gli
altri progetti possono
aiutare i ragazzi?
La comunicazione è trasversale; scrivere o parlare
non è solo tipico
dell’italiano ma delle
scienze e della matematica. Quindi tutte le attività
della scuola hanno il com- Un momento dell’intervista alla preside (foto di Nicolò Simonetto).
pito di aiutare i ragazzi
nelle rispettive discipline.
le buone norme comportamentali. La
Che cosa si aspetta dai ragazzi del
scuola deve insegnare regole e comporprogetto pon “ Pensieri e parole”?
tamenti perché le regole sono alla base
Mi aspetto che i ragazzi lavorino e che
del vivere sociale. Se io dico “a scuola
il loro impegno abbia una ricaduta annon si viene con i pantaloncini!” è
che nell’ambito scolastico. Mi aspetto
che questi ragazzi, alla fine dell’anno,
perché dovete imparare che domani
possano essere promossi senza debiti
non potrete andare in ufficio con i paned acquisiscano competenze importantaloncini. Bisogna imparare a scuola
ti anche nella vita sociale.
regole valide nella vita e nella società e
Che rapporto ha con gli studenti?
per farvi entrare in testa queste cose ci
Lo vedete tutti i giorni, io sono più che
vuole rigore. Credo, in definitiva, che
disposta ad ascoltare e sostenere tutti;
per chi dirige una scuola sia bellissimo
mi piace dialogare con gli studenti, ma
avere un buon rapporto con i ragazzi
esigo che i ragazzi rispettino le regole e
ma sempre nel rispetto delle regole.
Fare scuola divertendosi? Succede, con i pon
Di Andrea Ratta
I progetti pon (che sta per programma
operativo nazionale) messi in campo
dall’I.I.S.S “Ezio Vanoni” grazie ai
fondi dell’Unione Europea, hanno veramente entusiasmato gli studenti che,
pur di frequentarli, hanno aggiunto ore
di lezione pomeridiane al loro percorso, rinunciando spesso a tornare a casa
e restando a scuola con panino, acqua e
voglia di fare qualcosa di diverso.
Anche gli stessi professori stanno riconoscendo la buona volontà e l’impegno
dimostrato dagli alunni nei corsi del
pomeriggio, che dimostrano essere
ormai una consuetudine anche per i
genitori i quali non si lamentano più
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per i prolungati orari dettati dalla scuola. La marcia in più dei corsi pomeridiani consiste nella compresenza di due
docenti: il professore interno e un altro
esterno (esperto) che viene esclusivamente per fare attività specifica, quali
teatro, giornalismo, ecc. Il docente
interno ha il compito di tutoraggio,
garantendo la verifica del percorso ed
il sostegno didattico nel seguire gli
alunni, che, conoscendolo meglio, si
tengono ben alla larga dal fare stupidaggini o dal perdere tempo. Si crea
così un clima di attenzione e
d’interesse davvero straordinario; i
partecipanti stanno attenti alla lezione
dell’esperto che, invece di spiegare in
modo didattico, tradizionale che cos’è
il teatro o il giornalismo, fa partecipa-
re attivamente ed in modo propositivo
e globale tutti gli alunni. Si crea, così,
un positivo legame di amicizia, di professionalità e di collaborazione con
l’insegnante che, alla fine, li premia
facendoli andare a vedere un film, un’
opera teatrale o semplicemente facendoli fare interviste o attività teatrali. In
questo modo si apprende e non ci si
stanca; ci si sente co-partecipi e non
semplici “ricettori di nozioni”.
Gli studenti del progetto Pon “Pensieri
e parole” hanno per esempio avuto
esperienze ben diverse rispetto alla
normale didattica scolastica: le intervista al sindaco di Nardò, alla preside, a
Valerio Bruno sono state occasioni
preziose e persino (cosa strana quando
si parla di scuola) divertenti.
Vanoni Press
Facebook, apocalittici o integrati?
Da un sondaggio svolto a scuola emerge il rapporto dei giovanissimi con il network
Di Mariachiara Rizzello
Da un sondaggio effettuato nella nostra
scuola* su un campione di cento ragazzi frequentanti le prime classi, sono
emersi dati interessanti su un argomento di grande attualità: cosa pensa la
generazione di oggi di Facebook.
È significativo che il 96% dei
ragazzi abbia un profilo Facebook e tutti dichiarino, almeno su carta,
che i loro genitori ne sono a conoscenza. Capiamo che ormai il network é
entrato a far parte della vita di ogni
adolescente. Il 40% degli studenti dichiara poi di trascorrere più di un'ora
su Facebook mentre il 10% dice di
trascorrere più di due ore connesso al
network. Il 37% dichiara infine di trascorrere su Facebook meno di un'ora.
II 63% dei ragazzi intervistati reputa
Facebook utile se usato con intelligenza ed il 18 % lo reputa comunque utile.
Sono il 65% dei ragazzi intervistati a
ritenere Facebook pericoloso per i mi-
nori mentre il 36% decide di accettare
l'amicizia anche dagli sconosciuti contro un 64% per cento che dichiara
di accettare l'amicizia solo da persone
che conosce.
II segreto di tanto successo? Il 62% dei
ragazzi è convinto che sia dovuto al
fatto che Facebook ci tiene in contatto
con gli altri, il 26% pensa che sia una
moda mentre un interessante 11% intuisce che Facebook ha tanto successo
perché permette di costruire la nostra
immagine inserendo foto, video, link e
quanto serve a rendere migliore il nostro aspetto e la nostra personalità davanti al mondo virtuale.
I risultati ottenuti al “Vanoni” di Nardò
insomma non sono dissimili dai dati di
una ricerca sociologica effettuata dalla
rivista “Internet Magazine” che ha individuato i tre principali motivi di tanto
successo. Secondo la rivista infatti Facebook in quanto sito perla connessione sociale, rappresenta un ottimo strumento non solo per mantenere costan-
temente i contatti con le persone che si
frequentano, ma consente anche di
ricostruire vecchie amicizie (vecchi
compagni di classe ecc.). In pratica
Facebook consente la manutenzione e
la gestione delle proprie relazioni sociali.
Ancora secondo “Internet Magazine”
poi Facebook sarebbe un enorme palcoscenico (digitale) dove noi costruiamo il nostro ruolo sociale in maniera
assolutamente minuziosa: scelta della
foto del profilo, scelta degli interessi da
inserire, delle applicazioni da usare,
scelta del criterio con cui accettare
inviti da amici o estranei, del linguaggio da adottare e così via.
Da ultimo la ricerca evidenzia come
Facebook si sarebbe così diffuso perché si tratta di un’innovazione sia tecnologica che sociale quindi, si diffonde
come una sorta di passaparola tra le
persone che man mano iniziano ad
utilizzarlo.
*dati elaborati da Veronica Rizzo
The social network, la recensione
Di Giulia Ferilli
“The Social Network” è un film di
David Fincher ispirato alla vera storia
di Mark Zuckerberg, il giovane miliardario conosciuto in tutto il mondo per
essere l’inventore di Facebook.
In “The Social Network” – appunto –
“conosciamo” il giovane Zuckerberg
quando, nel 2004, è un brillante studente di Harvard. Mark è però anche
quello che si definisce un “nerd”: ossia
è un genio del computer ma ha poco
successo con le ragazze, è un tipo solitario e ha una vita sociale abbastanza
scarsa. Forse, come una sorta di riscatto verso questa situazione, Zuckerberg,
prendendo spunto da un’idea di altri
due studenti come lui, “costruisce” una
sorta di database di tutte le ragazze
dell’università e cioè, ancora inconsapevolmente, la bozza di quello che poi
diventerà Facebook, il social network
più conosciuto, amato e utilizzato del
pianeta.
“The Social Network” poteva essere un
Pagina 8
film rischioso eppure Fincher è riuscito
a farne una pellicola intelligente e soprattutto ben fatta, capace di raccontare
con cognizione di causa la storia di
questo ragazzo geniale che nel bene e
nel male ha letteralmente cambiato la
storia (compresa la sua ovviamente!).
Certo nessuno può garantirci che il
ritratto che ne viene fuori del giovane
Zuckerberg sia totalmente autentico
ma, in fo ndo, no n è questo
l’importante. Ciò che infatti conta è
che questo film ci racconta e ci fa conoscere cosa c’è dietro quel qualcosa
(Facebook appunto) che oggi fa così
parte integrante della vita e soprattutto
della mentalità di milioni di persone in
tutto il mondo. E alla fine “The Social
Network” ce lo dice chiaro e tondo che
Facebook – così come è nato – altro
non è che un gigantesco “social dating”
camuffato e incivilito dalla parola
“amicizia”. Chissà se tutti coloro che
utilizzano Facebook saranno interessati
a conoscerne la storia e vedranno questo film. E se così non fosse sarebbe
strano o piuttosto perfettamente con-
La locandina del film “The social network”
forme al “profilo” di tanti che utilizzano questo social network?
In ogni caso, che ci siate o no su Facebook, noi vi consigliamo caldamente di
vedere “The social network”. Non fosse altro che per poterlo poi commentare. Ovviamente, in rete.
Numero Unico
Maturità: t’avessi presa prima!
Piccola inchiesta tra le paure e le speranze dei maturandi del 2013
Di Chiara De Pace, Federica Musca,
Federica Potenza
A seguito della riforma varata nel 1997
l'esame di maturità è denominato ufficialmente “esame di Stato conclusivo
del corso di studio di istruzione secondaria superiore” o, in breve,
Esame di stato.
Come tutti gli
anni la maturità
si
avvicina
sempre di più
ed incute timore tra gli animi
degli studenti.
Ma l'esame di
maturità non è
soltanto questo,
rappresenta
gioie ed emozioni che si
vivono
solo
una volta nella
vita. Il momento più romantico che si possa
vivere in questo
contesto è la
notte prima degli esami. Difficile, piena di pensieri, indimenticabile. Chiunque abbia vissuto quest’esperienza
avrebbe aneddoti circa le paure, le ansie e le speranze di questa notte unica.
Ed alcuni infatti hanno provato a raccontarla: «notte di lacrime e preghiere», ha scritto Venditti. Si sono avvicendati poeti e cantautori per descrivere le tante sensazioni che si provano
nelle ore che precedono la maturità.
Quante storie, favole e leggende si
sono ascoltate sugli esami di maturità
prima di vivere ognuno la propria personale esperienza. In tantissimi passeranno la notte insonne, in preda all'ansia. Sbarreranno gli occhi, in attesa che
Pagina 9
faccia giorno. Alcuni trascorreranno le
ultime ore che li dividono dalla prima
prova, ripassando e navigando su blog
e web alla disperata ricerca di soffiate e
indiscrezioni sulle tracce o di temi già
svolti da cui prendere spunto. Altri più
nostalgicamente si troveranno con i
cupati o fare un lavoro che non soddisfi
pienamente. Oppure, conseguita la
laurea, c'è il timore di non poterla
sfruttare per fare ciò per cui si è speso
sacrificio e impegno. Purtroppo l'Europa di oggi vive un periodo di crisi, che
non offre certezze e non rassicura. Non
per questo però
la nuova generazione viene
demoralizzata.
Nonostante ciò
è molto ambiziosa, spera in
un futuro migliore e nella
realiz zaz io ne
dei propri sogni. Molti giovani sicuramente si sposteranno al nord o
all’estero per
studio o per
lavoro, dove,
forse, ci sono
maggiori
opportunità.
I
maturandi 2013
stanno per cataUn gruppo di maturandi del 2013
compagni di classe per condividepultarsi in una
re le paure e per ridere e ricordanuova
realtà,
re, già con nostalgia, il quinquennio
che avrà i suoi pro e i suoi contro, ma
appena trascorso. Ma quali sono i dubse c'è l'impegno e la buona volontà tutti
bi, le paure e le speranze dei nuovi
potranno ottenere ciò per cui hanno
maturandi del 2013? Molti di loro inlottato. «Ora forse siete un po' agitati traprenderanno gli studi universitari,
ha detto il ministro dell'istruzione Proaltri cercheranno di immettersi nel
fumo agli studenti - e non vedete l'ora
mondo del lavoro tramite il loro diploche arrivino le meritate vacanze. Ma vi
ma: ad esempio conclusi gli studi nel
assicuro che i giorni che vi apprestate a
nostro istituto tecnico il diploma povivere sono unici. Sono giorni che non
trebbe permetterci di lavorare come
dimenticherete nel corso della vita.
geometri, ragionieri, tecnici informatiSembrano un traguardo, ma sono una
ci. Su tutto questo però incombono le
partenza. Credete nei vostri sogni e da
preoccupazioni della nuova generaziooggi meritatevi il futuro».
ne. Soprattutto si teme che, dopo tanti
anni di studio, si possa rimanere disoc-
Vanoni Press
Après la classe? La musique!
Valerio Bruno, bassista degli “Après la classe”, si racconta tra i banchi del Vanoni
Di Ilaria Miccoli
“A spasso col basso” è il
titolo del suo primo lavoro
da solista e (anche se non
aveva con sé il basso) Valerio “Combass” Bruno, poliedrico bassista degli Aprés la
Classe, a spasso, anzi a lezione ci è stato lo stesso,
all’IISS “Ezio Vanoni” dove, i ragazzi del pon
“Pensieri e parole”, lo hanno
intervistato.
Gli Après la classe nascono
nel ’96, come vi siete affermati nel mondo della musica e tra il pubblico?
Innanzitutto non ci siamo ancora affermati, perché nella musica non c’è un
traguardo, non c’è punto d’arrivo. Ogni
anno il numero di persone che si aggiungono al seguito degli Après sono
uno step, un passo importante. Ogni
volta che si fa un concerto e vengono
cento persone in più, è un traguardo.
Dieci anni fa facevamo concerti con
trecento persone, oggi li facciamo con
15 o 20mila persone.
Nel 2010 avete spopolato con il primo singolo tratto dall’album
“Mammalitaliani”. Quale il senso di
quel pezzo? Avete cercato di contrastare il classico prototipo dell’ italiano o era solo un modo per dar da
pensare sulla criminalità in Italia?
In realtà è la stessa cosa. Facendo date
in Europa e in America abbiamo constatato che effettivamente c’è un modello diffuso di italiano, che non è
nemmeno tanto distorto. Purtroppo noi,
e non solo noi, abbiamo esportato
l’illegalità. Quando ho comprato una
maglietta a Miami ed ho pagato con la
carta di credito, il negoziante mi ha
chiesto se la carta fosse valida e, scherzando, ha detto di avermelo chiesto
perché ero italiano. Credo quindi che
con “Mammalitaliani” abbiamo descritto un aspetto reale, e tutte le persone che amano il loro paese dovrebbero
mettere in risalto anche gli aspetti negativi, anche se a malincuore. Questo è
ciò che abbiamo fatto noi ed ha funzionato perché si sono ritrovate tante perPagina 10
Sopra Valerio Bruno, in arte Combass, durante l’incontro
al Vanoni. Nella pagina accanto una studentessa gli
consegna un libro su Fabrizio De Andrè.
sone in quella canzone.
Com’e stato collaborare con Caparezza, i Sud Sound System e i Negramaro?
Con i Negramaro abbiamo fatto solo
esperienze live. Ci conosciamo da tanti
anni, quando loro suonavano nei pub
con venti persone, quindi non riesco a
vedere una distanza, rispetto alla percezione che ha la gente. Li vedo come
amici e quando ci incontriamo ai concerti ed uno di loro sta salendo sul palco siamo contentissimi. Anche con
Caparezza ci conosciamo da anni e lo
stesso rapporto lo abbiamo con lui come con i Sud, che però hanno fatto un
po’ da “padri” musicali a tutti noi. Con
loro abbiamo un rapporto di amicizia e
stima, perché sono nomi che hanno
creato veri e propri movimenti musicali
e culturali, quindi c’è grande rispetto.
Com’è mai hai deciso di intraprendere un discorso da solista, al di là
degli Après?
A volte si ha l’idea che un progetto
solista possa essere d’intralcio alla
band di cui si fa parte ma non è così
perché questa è una cosa che non fa
altro che portare degli stimoli al gruppo. Ecco perché nel 2009 e nato Combass con il primo cd “A spasso col basso”.
È da poco uscito il tuo ultimo singolo
“Balla la tribù”, qual è il tema prin-
cipale del brano?
La tribù è intesa come l’Italia,
la nazione che si prende 3 minuti e 10 di evasione totale,
mentale e fisica. Secondo me la
musica deve rimarcare le emozioni sia negative che positive.
Questo brano emana delle vibrazioni, dei colori positivi.
Non bisogna parlare sempre di
qualcosa di pesante, di impegnato. “Balla la tribù” parla di
quello che si fa d’estate, in Salento, dal mattino alla sera nelle
varie situazioni che si possono
incontrare, dalla spiaggia alla
discoteca. È il brano più spensierato dell’album che uscirà a
settembre.
Hai lavorato anche per il sociale,
l’anno scorso hai venduto il tuo basso all’asta alla fine di un concerto e il
ricavato l’hai donato ad Emergency.
Hai in mente altre iniziative di questo tipo?
Sì, assolutamente. Un mese fa è uscita
una compilation che si chiama “Suoni
meticci” in favore di un centro oncologico pediatrico a Cuba. Abbiamo raccolto dei fondi per l’acquisto di alcuni
farmaci importanti e molto costosi.
Con gli Après abbiamo aderito
all’iniziativa con il brano “Infiniti lamenti.” A Nardò poi per diversi anni
ho organizzato delle partite di calcio
tra artisti per Emergency.
Quali sono i nuovi progetti con gli
Après e quali quelli di Combass?
Con gli Après stiamo lavorando al nuovo cd che uscirà l’anno prossimo e alla
colonna sonora di un film molto importante che uscirà verso febbraio. Il film
è ambientato in Puglia. Io, invece, sono
ancora agli inizi, ho da poco girato il
videoclip del mio singolo, a giugno
partirà il live e a settembre uscirà il cd.
Ormai avete una popolarità nazionale ed internazionale. Quale resta il
vostro rapporto col Salento?
Il nostro rapporto col Salento è fondamentale per noi e per la nostra musica.
Del resto abbiamo scelto di rimanere
qui perché l’essenza principale degli
Numero Unico
Après è salentina.
Qual’era il tuo rapporto con la scuola?
Io purtroppo non ho portato a termine
gli studi superiori, perché in quel periodo suonavo già con tre band, ero in
tour con gli Après e a 15 anni avevo
già iniziato a studiare all’Università
della musica di Roma. Però i sei anni
nella capitale gli ho conclusi con il
massimo dei voti e sono diventato insegnante di basso in diverse scuole.
L’importante è dare un senso alla propria vita in qualche modo.
A proposito di scuola…cosa significa
esattamente “Après la classe”?
È inteso come doposcuola, oltre la
classe, come un gruppo di ragazzini
che, dopo aver fatto le ore di scuola,
nel pomeriggio, si divertono in musica.
In francese, in un senso più narcisistico
vuol dire “il numero uno”, ma non è il
nostro caso.
Quale
consiglio
senti di dare ai
giovani che vogliono provare a
intraprendere la
vostra strada?
In tutti i campi vale
la stessa regola:
professionalità,
studio e umiltà.
Non c’e un consiglio chiave, specialmente in questi
anni in cui è difficile fare qualsiasi
mestiere. È difficile ma le idee e
l’originalità possono rompere gli schemi.
Vanoni chiama Europa
Di Giulia Ferilli
le per i progetti Pon. Così, tra settembre ed ottobre, alcuni alunni del terzo e
del quarto anno, accompagnati dai loro
docenti tutor, hanno potuto frequentare
una scuola di lingua all’estero, un
gruppo a Parigi e due a Londra,
Un ultimo giorno di scuola, prima della
pausa natalizia, molto particolare per
gli studenti dell’I.I.S.S “Ezio Vanoni”
di Nardò protagonisti, nel giorno 22
dicembre, presso il
chiostro dei Carmelitani, di un incontro
per parlare delle
loro
“esperienze
fo r mative”.
Ed
“esperienze” è davvero il termine adatto visto che, una
volta tanto, non si è
trattato di lezioni
cattedratiche ma di
soggiorni all’estero
per studiare e lavorare, grazie ai fondi
della Comunità Europea. Sono più di
75 infatti gli alunni
del “Vanoni che,
con i progetti Pon, Due diversi momenti della manifestazione del
sono andati “Alla 22 dicembre 2012 in cui ai ragazzi più meritevos c o p e r t a li è stata consegnata una borsa di studio.
dell’Europa” come
significativamente
hanno scelto di intitolare l’incontro in
«vivendo una full
cui hanno presentato al Sindaco Marimmersion di venti
cello Risi e all’assessore alla cultura
giorni
nella
Carlo Falangone i loro percorsi. Pre“materia” di stusente all’incontro anche la professoresdio», come ha vosa Roberta Manco, referente provincialuto sottolineare la
Pagina 11
dirigente Maria Rosa Rizzo. Interessante anche l’opportunità data ad un
gruppo di neodiplomati che, con i progetti “Pratica…mente” e il “Lavoro in
Europa”, ha svolto per quattro settimane stage lavorativi in Italia e Spagna. Il
tutto è stato raccontato con videopercorsi realizzati dagli stessi ragazzi,
mentre alla fine della manifestazione la
dirigente scolastica ha consegnato le
meritate “certificazioni” linguistiche e
lavorative ottenute assieme ad alcuni
riconoscimenti agli studenti più meritevoli: Federica Papa, miglior studente
della scuola, Fiore Francesco, miglior
studente del settore tecnologico e Rita
Romeo , miglior studente dell’indirizzo
economico.
Vanoni Press
“Merci Vanonì!”
Cronaca di una vacanza-studio tra le meraviglie della capitale francese
Di Federica Papa
Per quindici studenti dell’Istituto Tecnico commerciale e per Geometri
“Ezio Vanoni” di Nardò il nuovo anno
scolastico, è iniziato in anticipo rispetto agli altri, grazie al al progetto
“Parlez vous francais”. Il 9 settembre
2012 ha avuto così inizio una grande
avventura: Parigi!
Sin dalla partenza si è capito subito che
il viaggio sarebbe stato entusiasmante,
non sono mancate però, le preoccupazioni, un po’ per l’uso della lingua straniera, per la mancanza della famiglia
nonché per le abitudini differenti rispetto alle nostre. Nonostante tutto,
non ci siamo abbattuti e abbiamo affrontato le difficoltà.
9 settembre, ore dieci circa, aeroporto
“Paris Beauvais”, arrivo nella fantastica Francia. Avevamo lasciato l’estate
pugliese per trovarci catapultati in un
autunno gelido inaspettato ma tutto ciò
non poteva certo fermare la nostra visita alla città. Prima meta una lunga passeggiata sulle rive della Seine, uno dei
principali fiumi della Francia che attraversa Parigi e la suddivide in due parti:
la Rive Gauche e la Rive Droite.
Dal giorno seguente, invece, è iniziata
l’avventura più impegnativa ed importante, quella delle lezioni presso l’
“Iesa” (Institut d’Etudes Superieures
de l’art). In questo istituto abbiamo
svolto il percorso formativo previsto
nella vacanza studio, dal primo giorno,
quello dei test, fino alla prova
finale che ci ha permesso di
conseguire il certificato delle
competenze degli studi. Nel
corso del lezioni abbiamo conosciuto tre professori, molto simpatici e professionali. Peccato
però che non conoscessero affatto l’italiano! La nostra grande
soddisfazione è stata allora quella di aver insegnato a Victor,
uno di loro, una frase in dialetto
salentino: «Salento, lu sule, lu
mare, le ientu!»
La vacanza però non è stata solo
studio… c’è stato anche tanto,
tanto divertimento.
Abbiamo visitato numerosi moPagina 12
numenti: la Cattedrale di Notre Dame,
emozionante sia per la sua imponenza,
sia per le caratteristiche artistico-
armate francesi della Rivoluzione e del
primo Impero. Bellissimi sono stati
anche la Basilique du Sacré-Coeur,
caratterizzata da tre cupole candide, visibili anche da lontano, la
Place des Vosges, l’Hotel des
Invalides e la bellissima reggia di
Versailles, residenza del Re Luigi
XIV.
Ma non potevamo certo andar via
da Parigi senza visitare i suoi
numerosi musei: il Louvre, uno
dei più celebri al mondo che conserva tra le numerose opere
d’arte, la Gioconda di Leonardo
Da Vinci. E poi il Musée d'Orsay
un museo di arte moderna dove
sono presenti le opere di grandi
maestri come Manet, Monet, Sisley, Renoir, Degas; e i postimpressionisti quali Van Gogh,
Gauguin, Cézanne. Una giornata
divertente l’abbiamo infine trascorsa nella “Citè des science et
de l’industrie”.
Ma la vera meraviglia è stata la
straordinaria Tour Eiffel, il monumento più famoso di Parigi,
conosciuta in tutto il mondo come simbolo della città stessa e
Nelle immagini alcuni dei momenti
architettoniche: i
della Francia. Il nostro desiderio
vissuti a Parigi dai ragazzi
vetri multicolori,
più grande, è stato quello di amgli altari in legno
mirarla, prima dal basso, e poi
prezioso, i suoi maestosi archi. In fondall’alto, su fino all’ultimo piano. Una
do agli Champs Elysées abbiamo amsensazione indescrivibile, che non tutti
mirato l’Arc de Triomphe, costruzione
hanno l’opportunità di provare.
dedicata alla gloria delle vittoriose
Nonostante tutto, abbiamo avuto il
tempo per divertirci: cinque giorni, li abbiamo trascorsi al favoloso parco
divertimenti più famoso in
Europa “Disneyland Paris”.
Qui tutto sembrava incantato, come nelle favole: i
castelli, Topolino, Minnie,
Pluto, Pinocchio e Biancaneve.
Un’esperienza a dir poco
straordinaria, che ci ha fatti
crescere rendendoci responsabili di noi stessi.
Merci Vanonì!
Numero Unico
Quanto sei bella...Londra!
I ragazzi del Vanoni alla scoperta della metropoli londinese
Di Ilaria Vergine, Federica Musca e
De Pace Chiara
Come negli ultimi sei anni, gli studenti
dell'istituto Tecnico Commerciale e
Geometri "Ezio Vanoni" di Nardò han-
Tre diverse vedute della capitale
britannica catturate dai ragazzi del
Vanoni.
n o
preso
parte
alla vacanza studio, grazie ai fondi
Europei per i PON C1 e C5: un'opportunità presa al volo dai trenta ragazzi
più meritevoli della scuola.
Si parte l’11 settembre, destinazione
Bournemouth (Inghilterra) non prima
però di aver trascorso otto lunghe ore
in pullman, accompagnati dai docenti
Sergio Angeletta e Anna Tonina Greco, per raggiungere l'aeroporto di Pisa
dove ci attendeva il volo che avrebbe
dato inizio alla fantastica avventura.
Ventuno giorni trascorsi velocemente
all'insegna del divertimento e dello
studio. Tutto un altro mondo, catapultati in una dimensione totalmente diPagina 13
versa: autisti un po’ folli sfrecciavano
per le vie della città (apparentemente
controsenso) per accompagnare gli
allievi a scuola, i quali venivano accolti
da mitici "teachers" nella famosissima
"Anglo-Continental". Una struttura
moderna, munita di mensa,
dove abbiamo
potuto usufruire
di un pranzo
completo, sale
multimediali e
living per gli
attimi di relax
dopo le lezioni
tenute da giovani inglesi che ci
hanno fatto conoscere le tradizioni, i canti e
la cultura della loro patria.
Il viaggio è stato caratterizzato non solo dallo
studio ma anche dal
meraviglioso weekend
trascorso a Londra girovagando tra: Buckingham Palace, sede reale
della Regina Elisabetta
II e luogo in cui si svolgono numerose cerimonie pubbliche, il Tower
Bridge, il ponte levatoio
di Londra situato sul
fiume Tamigi, Trafalgar
Square, piazza dedicata
al ricordo della Battaglia
di Trafalgar, il Big Ben,
il grande Orologio di
Westminster, posizionato all'angolo nord-est del
Palazzo.
E tra i musei: Il British
Museum uno dei più
grandi ed importanti del
mondo, fondato nel
1753 da sir Hans Sloane,
un medico e scienziato
che ha collezionato un
patrimonio letterario ed artistico conservato nel suo nucleo originario: la
biblioteca di Montague Huose a Londra.
Dopo le entusiasmanti ma faticose visite ai vari monumenti, finalmente si
ritornava allo Sheraton, lussuosissimo
hotel intercontinentale, a due passi
dall'aeroporto di Londra, dove si poteva godere della splendida visuale di
aerei in decollo o in atterraggio.
Ecco come sono stati trascorsi questi
ventuno giorni, tra studio e divertimento, crescendo e migliorando le proprie
capacità personali e scolastiche, e rafforzando i rapporti interpersonali tra
alunni e docenti. Nonostante le numerose difficoltà, la mancanza degli affetti familiari, delle proprie abitudini, del
profumo della propria casa, gli allievi
sono riusciti a resistere, portando nel
bagaglio di ritorno, tantissima esperienza. Thank you school!
Il Vanoni Press
ringrazia:
I Quartieri Teatrali Koreja per la
gentile ospitalità, il Sindaco di Nardò
Marcello Risi per l’intervista concessa, Valerio Bruno per la disponibilità,
la preside Maria Rosa Rizzo per aver
creduto nel progetto e nei ragazzi, la
scuola per il clima di serena familiarità che ha offerto alla redazione.
Vanoni Press
Alla conquista della coppa
Triangolare della Solidarietà al Giovanni Paolo II. Trofeo al Settore Geometri
Di Giorgio Toma
Come ogni anno, l’Istituto Tecnico
Commerciale e per Geometri “Ezio
Vanoni” di Nardò, ha organizzato,
nei giorni scorsi, “la partita della
solidarietà”, per ricavare fondi da
destinare all’associazione “Alla
Conquista della Vita” che, presieduta da Walter Gabellone, si occupa principalmente di sicurezza stradale. Quest’anno luogo prescelto
per la manifestazione è stato lo
stadio “Giovanni Paolo II” di Nardò, dove si è svolto un triangolare
di calcio tra il Settore Commerciale, il Settore Geometri ed il Liceo
Artistico, da poco accorpato al
“Vanoni”. Le squadre, composte principalmente da alunni delle quarte e
quinte classi, hanno lottato e si sono
date da fare per poter portare a casa un
trofeo molto importante a livello scolastico. Presenti sulle tribune circa cinquecento supporters che hanno incitato
i propri compagni. Tra gli spalti poi
anche gli alunni delle medie del primo
e secondo polo della città che hanno
cominciato a farsi un’idea dell’aria che
I giocatori esultano alla fine della partita
tira al “Vanoni”.
Le partite sono state arbitrate da Ciurlia, Capoccia e Fattizzo, facenti parte
dell’ “Aia” (associazione italiana arbitri) sezione di Lecce, quarto uomo
Dell’Anna.
Nella prima gara si sono affrontati il
“Settore Commerciale” ed il Liceo
Artistico, partita terminata 4 a 2
a favore del Commerciale, reti
siglate da Iaia, Trifoglio, Vetrugno e Bottazzo. Una doppietta di
T empesta, risponde per
l’Artistico.
Successivamente si sono sfidate
la perdente, vale a dire il “Liceo
Artistico” contro il “Settore Geometri” che ha mandato a casa i
propri avversari, liquidandoli con
un secco 4 a 0. Le reti messe a
segno da Casaluce, Causio e
doppietta di Basso.
Nella terza ed ultima partita, per
decidere a chi andrà il trofeo
offerto dall’associazione “Alla Conquista della Vita”, si sono sfidati il
“Settore Geometri” ed il “Settore Commerciale” e la partita è terminata 1 a 0
a favore dei Geometri, ma con qualche
lite nel finale.
A portare a casa la coppa è stato Il
“Settore Geometri”.
Il Vanoni vince il trofeo dell’Infiorata
Il lavoro è stato infatti premiato per
l’originalità, la creatività e
l’inusualità. Il bambino, secondo la
nostra interpretazione del tema,
rappresenta infatti l’innocenza della
vita e l’occhio lo specchio in cui
ognuno di noi riflette se stesso e
può ammirare, così, il dono del creato.
Di Federica Trotta
Anche quest'anno è arrivato
puntuale l'evento più colorato della primavera di Santa
Caterina: l'infiorata.
Il giorno 5 maggio, via Pietro Micca, si è popolata per
un giorno di fiori variopinti e
ragazzi che hanno voglia di
dimostrare la loro fantasia.
L'evento, organizzato, come
ogni edizione, dalla parrocchia di Santa Caterina, ha
chiamato a raccolta i ragazzi
di tutte le scuole di Nardò, che si sono
dati da fare tra fiori coloratissimi e
scarti di caffè per realizzare il tappeto
più bello. Armati di palette, scope e
occhiali da sole, i ragazzi hanno cercato di rappresentare al meglio il tema
scelto da don Piero Paolo Inguscio per
il 2012: "Chi vuol farsi padrone della
Vita, invecchia il Mondo" cioè "Il creato è un dono di Dio".
Pagina 14
In alto la coloratissima rappresentazione
floreale dell’IISS Vanoni per l’infiorata. A lato,
i ragazzi durante le fasi di realizzazione.
Il nostro istituto ha scelto di rappresentare un bambino che si rispecchia in un
occhio.
La commissione di giudici scelta per
l'occasione ha decretato per noi un meritato secondo posto.
Numero Unico
Pensieri di una diciassettenne
la macchina senza voltarsi indietro,
entra e accende il motore. Io ero in
È maggio, la scuola è quasi finita ma si
ansia, avevo capito che la discussione
cerca di strappare un voto in più ai prof
non era finita poi così bene, ma poi
che sembra si facciano pregare per le
spegne il motore, il mio cellulare squilultime interrogazioni, proprio come
la, un messaggio di mio padre: “Bella
quei vip che fanno i preziosi per non
di papà avrai capito che le cose con
essere intervistati. Riesco ad ottenere il
tua madre non vanno molto bene, vado
mio sei in storia e me ne torno soddia prendere un po’ d’aria, torno tra
sfatta al posto dove trovo sempre un
qualche giorno, non mi dimentico di te
compagno che sentenzia sul voto. Suotranquilla piccola, ciao amore di papà
na l’intervallo, io e il mio migliore
un bacio”. Rimette in moto la macchiamico usciamo a fumare e, se rimane
na e va via. Quelle due righe le ho lette
tempo, per fare la fila alla macchinetta,
e rilette, continuando a leggerle tutta la
anche a mangiare un pacchetto di patanotte, era da tempo che non mi chiamatine. Accendo la mia Camel e iniziamo
va “piccola”, “amore di papà”, forse da
a chiacchierare, alla fine rientriamo
quando avevo dieci anni. Ne son camsempre con qualche minuto di ritardo
biate di cose in sette anni.
perché ci facciamo prendere dai discorQuella sera mi sono addormentata e a
si sui problemi di famiglia, sentimentamia madre non ho chiesto niente. È
li, di amicizia. Suona, tutti a casa, due
passata più di una settimana da quel
bacetti sulle guance agli amici più vicigiorno quando, al risveglio, sento
ni e mi metto ad aspettare papà. Arriva,
muori. Le cuffie iniziano a esseun’aria pesante, un
salgo in macchina, saluto e andiamo a
re inutili, sento le loro offese “Vorrei che anche la qualcosa che mi stringe
casa, noto un broncio sul suo viso che
reciproche, più forti della musialla bocca dello stomamia vita fosse
da qualche anno non mi sorprende più,
ca che ascolto. Ho sempre creco, mi torna in mente
racchiusa in uno di tutto ciò che è succesin quell’auto regna un silenzio che
duto che c’è un perché a tutto,
rompo accendendo la radio. Tornata da
forse c’è un perché anche al fatso, come ogni mattina
questi i-pod per
scuola mi lancio come un salame sul
to che da quel letto ho deciso di attivare le situazioni, da quel giorno e spero
letto, sento che i miei litigano ancora,
alzarmi, di farmi portare dalle
che sia stato solo un
mi passa la fame e me ne sto sdraiata
gambe in cucina e di gridare: dare il play solo a ciò incubo, poi mi rendo
con il mio i-pod alle orecchie. Mi in“Basta!”. Mamma e papà riman- che voglio, come si fa conto che sono le otto
ganno dicendo che ho voglia di sentire
gono in un silenzio imbarazzane un quarto, così mi
con le canzoni più
la musica, in realtà vote, solo per un paio di
faccio consapevole che
belle”.
glio solo evitare di sentisecondi, il tempo di
non c’è nessun incubo,
re loro, la voglia, tanto,
guardarsi negli occhi, nel
altrimenti mia madre
mi verrà dopo averlo “Mi inganno dicendo frattempo io mi verso un bicsarebbe stata puntuale e sull’attenti
acceso. Suona una canchiere di cola, come se quel
davanti alla porta già alle sette per farche ho voglia di
zone che al mio ragazzo
“basta” per me fosse stato normi svegliare. Sono in ritardo per la
piace molto. Vorrei che sentire la musica, in male. Subito dopo la voce di
scuola, scendo dal letto sfruttando la
anche lui fosse qui, vormia madre, rotta dalle lacrime
forza di gravità, mi trascino in bagno,
realtà voglio solo
rei che non ci fosse bisoche a stento tratteneva: «Gloria
mi prendo il tempo di fare una doccia,
evitare di sentire
gno di mettere l’i-pod
vai in camera tua, questi sono
almeno avrei schiarito un po’ le idee.
alle orecchie, vorrei che
discorsi
da
adulti
che
non
ti
Un filo di trucco, i capelli a posto,
loro”.
anche la mia vita fosse
riguardano».«Se non mi riguarprendo lo zaino e vado a scuola non
racchiusa in uno di quedano abbassate la voce, sto
prima di aver stampato un bacio sulla
sti i-pod per attivare le
cercando di studiare», rispondo.
guancia di mamma con un finto sorrisituazioni, dare il play solo a ciò che
Ogni volta che voglio stare da sola in
so, giusto per tirarla un po’ su. Entro
voglio, come si fa con le canzoni più
camera mia ai miei dico che sto stualla seconda ora, stamattina non ho
belle, e tenere i momenti più brutti da
diando, così non entrano a disturbare il
voglia di sentire il prof di francese che
parte, come quelle canzoni che sull’imio far niente, il mio pensare ed ascolurla quei suoni nasali che dopo un po’
pod le metti ma non le ascolti mai. Ma
tare musica. Avevano abbassato la vodiventano fastidiosi; non ho voglia di
la vita purtroppo non ha nessun pulsance finalmente, credevo fosse finito tutsentire neanche cosa è successo a Teo,
te per cambiare musica, c’è solo un
to, ma ad un certo punto dalla finestra
il mio compagno di banco con cui mi
play quando nasci e uno stop quando
vedo mio padre che con il suo borsone
confido. Oggi voglio solo che queste
esce dal portone di casa, si avvia verso
sei ore passino presto per poter tornare
Di Ilaria Miccoli
Pagina 15
Vanoni Press
a casa e vedere se papà è tornato. Oggi
torna Cristian, il mio fratellino, ha passato alcuni giorni con i nonni, alla casa
al mare, l’hanno portato a fare il primo
bagnetto di quest’anno, chissà cosa gli
racconterò quando mi chiederà “Ove
tta papà??” , cosa puoi rispondere ad
un bambino di quattro anni e mezzo?
Forse gli dirò che è fuori per lavoro.
Passo la giornata di scuola con un mezzo broncio, anche se cerco di sorridere
dopo un secondo mi viene l’idea di
dove possa essere mio padre; non riesco ad aspettare di tornare a casa, prendo il cell e lo chiamo, almeno per sapere dove sta, suona, suona, suona ancora, nessuna risposta. Inizio a credere
che forse è colpa mia, che è tutta colpa
del mio comportamento, quello che a
volte ho con i miei, li rendo nervosi,
forse è colpa mia se papà non dorme
più a casa.
Ecco che suona la campanella, ho appena trascorso sei ore che mi son sembrate un anno. Oggi son dovuta venire
a scuola con lo scooter, papà non c’era
ad accompagnarmi ed a augurarmi la
buona giornata. Arrivo a casa e lancio
lo zaino sul letto, vedo Cristian che mi
corre incontro: «Ciao Oiaaaa» , «ciao
piccola peste», rispondo; mi racconta
com’è andata dai nonni, dell’acqua del
mare che era fredda, la gente al mercato della domenica, mi racconta che dai
nonni è andato papà, con un grande
zaino rosso che ha lasciato nella stanzetta dove dormiva quando era piccolo.
Ecco dove era papà. Rasserenata dalla
notizia riesco a sedermi in tavola,
mamma sembrava non avere lo spirito
di ogni giorno da quando papà è andato
via, aveva comprato il pranzo già pronto dal macellaio sotto casa, era spettinata, stesa sul divano con gli occhi che
di tanto in tanto diventavano rossi.
«Mamma oggi vado da Giulia, tardo un
po’ perché abbiamo da ripetere storia,
quella domani vuole interrogare tutti»;
risponde con un cenno della testa. Non
andrò veramente da Giulia, andrò da
Alex, il mio ragazzo da quasi due anni.
Il nostro è tipo un amore clandestino, i
miei non vogliono che lo frequenti
perché ha qualche anno in più di me,
ma lui è la mia vita, in lui riesco a trovare un angolo dove non ho pensieri,
come una stanza desonorizzata dove
non sento tutto il caos dell’esterno,
dove resetto i pensieri e li rendo positivi, e dove trovo un po’ d’affetto. Gli
parlo di tutto ciò che è successo e lui
mi conforta, mi rassicura e mi consola
dicendo che tutto andrà per il verso
giusto. Avevo proprio bisogno di sentirmelo dire. Con lui passo la serata in
riva al mare ma quell’atmosfera mi
crea sensi di colpa e sento il bisogno di
tornare da mamma, anche se so che
sarà difficile trovare un momento per
stare ancora una volta con Alex. Torno
a casa. Mamma è in cucina che prepara
una cenetta che dall’odore sembra ottima, con i fiocchi. Non ne prepara così
da quando papà è andato via. Mi manca davvero tanto, mi sento triste ogni
volta che ci penso, ogni mattina spero
Nelle immagini alcuni dei momenti del Pon “Pensieri e
Parole”. In alto la professoressa Diana Rizzello durante
l’incontro col Sindaco, a lato, i ragazzi del Pon posano
assieme a Valerio Bruno, il professor Roberto Russo, la
giornalista Ilaria Falconieri.
Il “Vanoni” è sul web all’indirizzo www.istitutovanoninardo.it
che lui sia nel lettone con la mamma
abbracciati come erano sempre stati,
ogni volta che squilla il cellulare, suonano il campanello, spero sempre che
sia lui.
Mamma canticchia e a me sembra che
abbia dimenticato papà, sento un nodo
alla gola, voglio piangere, se da un lato
mi fa piacere vedere mamma felice,
dall’altro l’idea che abbia potuto dimenticare papà mi distrugge. È ben
pettinata, ha messo il vestito con i fiori
e profuma di fresco. La saluto fredda e
vado in camera mia a liberare quelle
lacrime che volevano uscire…
DRIIIN…suona il campanello. Mi asciugo gli occhi e vado a vedere chi è,
apro la porta e all’improvviso mi tornano i lucciconi, sbatto le palpebre e faccio straripare quel fiume in piena che
avevo negli occhi ed urlo:
”Papàààààààààà!!!” Lo abbraccio con il
cuore a mille e le gambe tremanti, anche Cristian corre da lui a prendere la
macchinina che gli ha portato; mi dice:
«Hai visto piccola? Non mi sono dimenticato di te». Papà entra in casa, da
dietro la schiena tira fuori un mazzo di
rose rosse e lo porge alla mamma chiedendole scusa, mamma prende le rose,
le posa sul tavolo e lo stringe forte.
Avevano fatto pace e la cenetta era per
lui.
Dopo cena vado a letto sapendo che
l’indomani avrei trovato mamma davanti alla porta della mia camera, papà
mi avrebbe accompagnata a scuola, io
avrei sorriso e la giornata sarebbe stata
diversa. Normale e bellissima.