I MINISTERI LAICALI

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I MINISTERI LAICALI
I MINISTERI LAICALI ALLA LUCE DELLA NORMATIVA CANONICA
I. Precisazioni terminologiche
Con il termine “ministeri laicali” non si intende riferirsi primariamente ed esclusivamente ai
ministeri istituiti ai quali fa riferimento il “motu proprio Ministeria quaedam”di Paolo VI (15-081972), ovvero i ministeri del lettore e dell’accolito, di cui al can. 230§1. Questi sono sì ministeri
laicali ma non esauriscono i “ministeri riconosciuti” dalla comunità ecclesiale, propri dei fedeli
laici, ai quali la Chiesa riconosce le prerogative di stabilità, di connessione diretta alla vocazione
battesimale dei fedeli laici, di corrispondenza ai fini ecclesiali propri della comunità cristiana.
È necessario comprendere poi che con il termine “ministeri laicali” intendiamo non
solamente le attività esercitate all’interno di un vero e proprio ufficio ecclesiastico, ma ogni genere
di servizio volto al bene della comunità cristiana.
Ciò che legittima la ministerialità del fedele laico è il suo battesimo e in generale il suo
essere pienamente incorporato alla realtà ecclesiale mediante i sacramenti dell’iniziazione cristiana.
Nella comunità cristiana molti fedeli laici aspirano a cooperare alla costruzione mediante lo
svolgimento di servizi determinati che per la loro specificità, ampiezza, durata, connessione alle
finalità della Chiesa possono essere qualificati come “ministeri ecclesiali”, e che trovano
nell’ambito parrocchiale la loro specifica attuazione: catechisti, animatori della carità, lettori della
Parola nella liturgia, ministri della comunione eucaristica, animatori della liturgia, incaricati per la
preparazione degli ambienti dove si svolge il culto. L’elenco potrebbe essere più esteso e
continuamente in evoluzione.
Laddove il fedele laico svolge un ministero specifico riconosciuto nell’ambito della vita
ecclesiale, il “riconoscimento” che gli viene concesso non si fonda su una concessione delegata di
una potestà che è propria dei pastori, ma sulla consapevolezza che il suo sacerdozio battesimale si
esprime in una forma determinata, non generica, di apostolato (Cfr AA, 10).
Con il Vaticano II si è infatti sottolineata la pari dignità e nello stesso tempo la differenza di
grado e di essenza tra il sacerdozio comune e quello ministeriale.
Da ciò la collaborazione dei laici, a partire dal Vaticano II dunque, è cresciuta nella liturgia
(nella preparazione delle celebrazioni liturgiche e nel loro svolgimento), nelle catechesi
sacramentali (iniziazione cristiana, matrimonio), nell’assistenza ai malati e nella carità. Insomma
molteplici servizi e compiti vengono affidati ai laici.
E il documento stesso “Ministeria quaedam” che solitamente viene richiamato per i
ministeri di lettore e di accolito, fa riferimento in senso più largo alla partecipazione attiva del
cristiano laico alla vita, non solo liturgica, della Chiesa. Infatti dopo avere definito i due ministeri
rimasti in vigore nella Chiesa latina, Paolo VI aggiunge: “Oltre a questi uffici comuni della Chiesa
latina, nulla impedisce che le Conferenze Episcopali ne chiedano altri alla Sede Apostolica se ne
giudicheranno, per particolari motivi, l’istituzione necessaria o molto utile nella propria regione.
Di questo genere sono ad esempio gli uffici di ostiario, di esorcista e di catechista, come pure altri
uffici da affidare a coloro che sono addetti alle opere di carità, qualora tale ministero non sia stato
conferito ai diaconi” (n. 1755).
Al di là della portata giuridica del testo che richiede una serie di formalità necessarie per
procedere all’istituzione di nuove figure ministeriali, resta interessante notare come la “ratio” del
documento intenda la ministerialità laicale in diretto riferimento al contesto in cui si vive, così che
ogni forma ed espressione della vita della Chiesa possa verificare, ed eventualmente
istituzionalizzare, forme ministeriali laicali più consone ad essa.
Da ciò ne deriva anche l’intima connessione tra ministerialità e vita ecclesiale e
specificamente il fatto che la ministerialità è in riferimento alla vita ecclesiale e dunque gode della
prerogativa dell’adattamento, e non viceversa.
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Se le figure di lettore e dell’accolito assumono un valore universale poiché in ogni forma di
Chiesa la proclamazione della Parola di Dio e la celebrazione dell’Eucarestia sono dati necessari,
tuttavia nulla vieta che in particolari circostanze vengano istituiti ulteriori ministeri.
Alla luce di ciò, non è corretto affermare che i ministeri laicali corrispondono ai ministeri
istituiti; né che i ministeri istituiti debbano intendersi esclusivamente nel significato del lettorato e
dell’accolitato. Rimane sempre aperta, cioè, la possibilità di nuove determinazioni di ministeri
laicali, sia nella direzione di una loro istituzione formale, sia nella direzione di un esercizio di fatto
per la crescita della Chiesa.
Un’ultima annotazione. Occorre riconoscere l’uso talvolta generico e indifferenziato del
concetto di “ministero” o di “ministerialità”soprattutto per l’approfondimento del tema della
specifica ministerialità laicale. Lo stesso Codice di Diritto Canonico non ha fatto chiarezza su
questo punto. Pur riconoscendo il ruolo e l’importanza dei laici nella vita della Chiesa, si limita a
riconsiderare i ministeri laicali nella linea di “Ministeria quadeam” ovvero nelle fattispecie del
lettorato e dell’accolitato (cfr. can. 230§1). Se è vero che non è compito del Codice definire la
realtà, bensì normarla, è anche vero della scelta codiciale non esaustiva. Occorre un maggiore
approfondimento sulla legittima autonomia di un’autentica ministerialità laicale rispetto a quella
ordinata.
E dalla nuova definizione della ministerialità potrà scaturire un maggiore approfondimento
della identità del fedele laico.
II. Lettore e accolito istituiti secondo il Codice di Diritto Canonico
Il can. 230 distingue tre specie di ministeri ecclesiali affidati ai laici in ordine alle azioni
liturgiche e ad altri compiti: ministeri stabili di lettore e di accolito, ministeri liturgici temporanei,
ministeri straordinari di supplenza, in mancanza di ministri ordinati, ossia di sacerdoti e di diaconi.
Can. 230:
§ 1. I laici di sesso maschile, che abbiano l’età e le doti determinate con decreto dalla Conferenza
Episcopale, possono essere assunti in maniera stabile, mediante il rito liturgico prescritto, ai
ministeri di lettore e accolito; tale riferimento, tuttavia, non dà loro il diritto al sostentamento o ad
una rimunerazione da parte della Chiesa.
§ 2. Nelle azioni liturgiche, i laici possono adempiere l’ufficio di lettore per incarico temporaneo;
similmente tutti i laici possono svolgere l’ufficio di commentatore, cantore o altri compiti, a norma
del diritto.
§ 3. Dove la necessità della Chiesa lo consigli, in mancanza di ministri anche i laici, pur senza
essere lettori o accoliti, possono prestare opera di supplenza in alcune delle loro funzioni,
esercitare cioè il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche, amministrare il
battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le prescrizioni del diritto.
a) Ministero istituito di lettore e di accolito (Can. 230 § 1)
Sono stati riorganizzati da Paolo VI con la Lettera Apostolica “Ministeria quadeam” di
Paolo VI.
La funzione del lettore è fra l’altro quella:
- di proclamare la Parola di Dio nell’assemblea liturgica;
- di educare nella fede i fanciulli e gli adulti, e di prepararli a ricevere convenientemente i
sacramenti;
- di annunziare il messaggio della salvezza a coloro che lo ignorano.
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La funzione dell’accolito è, invece, quella:
- di aiutare i Presbiteri e i Diaconi nello svolgimento del loro ufficio;
- di distribuire come ministro straordinario la santa Comunione;
- di effettuare l’esposizione e la riposizione del SS. Sacramento.
I ministeri stabili di lettore e di accolito sono riservati ai laici di sesso maschile per il loro
più stretto legame con i ministeri ordinati. Sono conferiti mediante il rito liturgico prescritto, e i
requisiti circa l’età e le doti necessarie sono determinati con decreto della Conferenza Episcopale.
Lettori ed accoliti non hanno per sé alcun diritto ad una rimunerazione da parte della Chiesa.
In Italia la CEI ha stabilito l’età minima di 25 anni: “Prima di questa età pare difficile un
orientamento stabile della persona e un acquisito rapporto pastorale del candidato con la comunità”.
Nel ministero istituito del lettore e dell’accolito è presente non una “semplice funzione
rituale”, ma “una vera missione ecclesiale che dalla liturgia parte e alla liturgia ritorna,
inserendosi però in tutta la vita della Chiesa, e in tutti i suoi momenti”. Si tratta infatti di ministeri
che non si riducono al solo ambito liturgico anche se hanno una significativa relazione con
L’Eucarestia (cf MCh 38d).
Per esempio, dicono i Vescovi italiani, il ministero del lettore è “da attribuirsi soprattutto a
quanti vogliono impegnarsi, oltre che nelle celebrazioni liturgiche, nell’organizzazione dell’attività
evangelizzatrice e catechistica, rendendo così autentico e coerente il loro servizio liturgico” (EvM
64). Per questo, oltre alla proclamazione delle letture nell’assemblea liturgica, il lettore
“deve curare la preparazione dei fedeli alla comprensione della parola di Dio ed educare
nella fede i fanciulli e gli adulti. Si tratta perciò di un Ministero di annuncio, di catechesi, di
educazione alla vita sacramentale, di evangelizzazione a chi non conoscono o misconoscono
il Vangelo. Impegno del lettore, perché al ministero corrisponda un'effettiva idoneità e
consapevolezza, deve essere quello di accogliere, conoscere, meditare, testimoniare la parola
di Dio che egli deve trasmettere” (MCh 7).
Diventando, assieme al gruppo di lettori, responsabile e organizzatore “al di fuori della
liturgia, dell’attività catechistica e dell’attività apostolico-evangelizzatrice” (EvM88). Infatti “il
lettore che annuncia le Scritture non può non essere, nella comunità, catechista, evangelizzatore,
testimone” (MCh 3).
In questa prospettiva il ruolo del lettore lambisce il munus docendi in parrocchia. All’interno
della celebrazione eucaristica il lettore ha un compito suo proprio, che è quello di proclamare la
Sacra Scrittura, a eccezione del vangelo. Può inoltre proporre le intenzioni della preghiera
universale e, mancando il salmista, proclamare il salmo.
L’accolito è istituito per il servizio dell’altare e come aiuto al sacerdote e al diacono. Suo
compito specifico è quello di preparare i vasi sacri e, se necessario, distribuire la comunione ai
fedeli come ministro straordinario (IGMR 98). Infatti “accanto al diacono, è servitore dell’altare e
collaboratore del presbitero, ministro dell’Eucarestia e della carità, è chiamato specialmente ad
essere animatore di unione fraterna e promotore di culto a Dio in Spirito e verità” (MCh 3).
Il ministero dell’accolito “può essere proficuamente affidato a quanti amano occuparsi della
promozione della vita liturgica in una comunità, pur se l’ambito della sua azione abbraccia, con
l’esercizio della carità, un’area molto più vasta” (EvM 65). Infatti suo compito è quello di
“aiutare il presbitero e il diacono nelle azioni liturgiche; di distribuire o di esporre, come
ministro straordinario, l'Eucaristia. Di conseguenza, deve curare con impegno il servizio
all'altare e farsi educatore di chiunque nella comunità presta il suo servizio alle azioni
liturgiche. Il contatto che il suo ministero lo spinge ad avere con "i deboli e gli infermi" lo
stimola a farsi strumento dell'amore di Cristo e della Chiesa nei loro confronti. Suo impegno
sarà, quindi, quello di conoscere e penetrare lo spirito della liturgia e le norme che la
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regolano; di acquisire un profondo amore per il popolo di Dio e specialmente per i sofferenti”
(MCh 8).
b) Qualche annotazione sullo stato di fatto di questi ministeri
Va posta in evidenza la scarsa diffusione di questi ministeri istituiti. Questo è accaduto
nonostante Christifideles laici accenni all’istituzione di un’apposita commissione per rispondere al
desiderio espresso da Padri sinodali che il motu proprio Ministeria quadeam fosse rivisto, tenendo
conto dell’uso delle Chiesa locali e indicando soprattutto i criteri secondo i quali devono essere
scelti i destinatari di ciascun ministero.
Ancora prima, i Vescovi italiani avevano raccomandato l’istituzione di lettori e accoliti non
candidati al diaconato e presbiterato (MCh 38b).
Quali sono le cause di questo fenomeno? Possono essere molteplici: la riserva di questi due
ministeri istituiti ai soli uomini; la realtà parrocchiale in cui le loro funzioni sono assunte
generalmente da laici, sulla base dei sacramenti dell’iniziazione cristiana; il fatto che queste
funzioni siano svolte in prevalenza da donne; la constatazione che, nell’attuale realtà ecclesiale,
questi ministeri sono principalmente attribuiti a dei chierici futuri.
Oltre a queste cause, però, bisognerebbe interrogarsi se, oltre a essere considerati tappe
intermedie alla recezione del diaconato, questi ministeri istituiti non siano vissuti nella loro
completezza, riducendosi a un ambito limitato alla celebrazione dell’Eucarestia. Questa perdita di
spessore di contenuto del ministero istituito porta a una sua svalutazione e a una mancanza di
comprensione della sua effettiva utilità all’interno della comunità cristiana. Infatti si può constatare
che quanto concretamente, all’interno di questa riduzione, viene svolto dal lettore e dall’accolito
istituito è fatto da altri, come per esempio i lettori non istituiti, i ministri straordinari della
comunione, i ministranti.
c) Altre “ funzioni” (Can. 230 § 2 e 3)
Ministeri liturgici temporanei
Sono in particolare quelli accennati nel secondo paragrafo del canone: l’ufficio di lettore, di
commentatore, di cantore, ecc. possono essere affidati indistintamente a uomini e donne, come i
ministeri di supplenza. Atteso il loro carattere temporaneo, il conferimento non richiede l’istituzione
liturgica.
Ministeri di supplenza
Sono esemplificati nel terzo paragrafo del can. 230: il ministero della parola (esclusa
l’omelia, riservata al sacerdote e al diacono: can. 767§1), la presidenza delle preghiere liturgiche,
l’amministrazione del battesimo, la distribuzione della santa Comunione. A termini di ulteriori
canoni: l’esposizione e la riposizione del SS. Sacramento, non però la benedizione eucaristica (ca.
943), l’assistenza canonica ai matrimoni (can. 1112), la cura di parrocchie sprovviste di sacerdoti, ai
sensi del can. 517§2 ecc. Il “Rito delle esequie” prevede anche la relativa celebrazione per
designazione della Conferenza Episcopale e con il consenso della Santa Sede (n. 19,1).
Il legislatore riconosce, dunque, che all’interno della celebrazione eucaristica trovano la loro
primaria collocazione alcune funzioni che si configurano o come deputazioni temporanee, tramite
un incarico temporaneo (can 230 § 2), oppure come supplenza ad alcuni degli uffici dei lettori e
degli accoliti (can 230 § 3). Preferiamo utilizzare in questa presentazione il termine “funzione”,
indicando così il termine concreto con cui viene determinato l’incarico svolto. Questo tuttavia non
esclude che chi assume queste funzioni possa essere denominato, in modo generico, “ministro
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straordinario”, quando si tratta di laici idonei scelti dal parroco o rettore della chiesa, tramite una
benedizione o temporanea deputazione. Questo significa riconoscere il ruolo loro specifico non solo
all’interno della celebrazione medesima, ma anche entro la comunità cristiana. La scelta del termine
generico “funzione” ha inoltre il vantaggio di comprendere in se stessa la realtà concreta di molte
parrocchie, all’interno delle quali abbiamo la scelta di fatto di persone che si dedicano a queste
funzioni, senza nessuna benedizione o temporanea deputazione.
Come esemplificazione il lettore non è chi è istituito nel ministero di lettore, e neppure chi
ha ricevuto una benedizione o una temporanea deputazione per tale servizio, ma colui che,
spontaneamente o su richiesta, svolge di volta in volta tale compito. Queste persone svolgono “di
fatto” il servizio di lettore, per cui diventano nella comunità parrocchiale riferimento spontaneo per
tale funzione. Si tratta della realtà parrocchiale che nella prassi ha reso diffuso un certo modo vivere
queste funzioni, senza porsi il problema della loro configurazione “terminologica” e della loro
istituzione o temporanea deputazione.
Per quanto riguarda queste funzioni, in primo luogo, mancando ministri lettori e accoliti
istituiti, i fedeli laici possono svolgere i medesimi compiti. In questo caso, per i lettori si richiede
che siano anche preparati per proclamare la Parola di Dio. Questo dovrebbe valere per chiunque
proclami la Parola di Dio: la sua proclamazione in modo intelligibile richiede una preparazione
previa, sia come comprensione di quanto si legge, sia come capacità di rendere intelligibile e
pienamente comprensibile a tutta l’assemblea quanto viene proclamato.
Legata alla figura del lettore abbiamo quella del salmista, che proclama il salmo o altro
canto biblico. A lui si richiede la capacità di cantare, come richiesta dalla natura medesima del
salmo, e di saper proclamare correttamente quanto si legge (IGMR 102). Per questo si richiede la
conoscenza dei testi e delle celebrazioni (MCh 39b).
C’è poi il ministro straordinario della comunione, che può distribuire la santa comunione
(cf. can. 910 § 2) quando non sono presenti ministri ordinari, oppure, se presenti, sono veramente
impediti, oppure nel caso di “assemblee liturgiche nelle quali sono particolarmente numerosi i
fedeli che desiderano ricevere il sacramento dell’Eucarestia” (EdM 8; cf. pure IC 1) e in cui la
“celebrazione eucaristica si prolungherebbe eccessivamente per l’insufficienza di ministri ordinari”
(EdM 8).
Il ministero è affine all’accolito, pur avendone un campo maggiormente ristretto “e per le
circostanze eccezionali in cui può essere svolto. Infatti è un incarico straordinario, non
permanente, concesso in relazione a particolari e vere necessità di situazioni, di tempi e di
persone” (EvM 66).
Vista l’importanza del suo compito
“il fedele, ministro straordinario della s. Comunione, debitamente preparato, si deve
distinguere per la vita cristiana, la fede e la condotta. Dovrà cercare di non essere impari a
questo grande compito, coltivare la pietà verso la Ss. Ma Eucarestia ed essere di esempio
agli altri fedeli con la sua devozione ed il suo rispetto verso l’augustissimo Sacramento
dell’altare. Nessuno sia scelto a tale officio, se la sua designazione dia motivo di stupore ai
fedeli” (I C 1, VI).
Anche il ministro straordinario della comunione, come il lettore e l’accolito istituito, non si
limita al solo ambito liturgico. Può infatti essere “visitatore”, o “messaggero”, che tiene “i contatti
frequenti e cordiali tra la parrocchia e le famiglie”.
Emergono inoltre alcune funzioni o servizi particolari il cui scopo è aiutare una fruttuosa e
attiva partecipazione dei fedeli. In questa linea possiamo comprendere il servizio del commentatore,
il quale propone brevi monizioni ai fedeli che introducano nella celebrazione e dispongano alla
piena comprensione di quanto si celebra (IGMR 105). Un ruolo proprio è dato dalla scuola di canto
e dal coro, oltre che dall’organista, che curano i canti e aiutano, tramite questi ultimi, la fruttuosa
partecipazione dei fedeli (IGMR 103). Anche l’esercizio di queste funzioni esige una conoscenza
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dei testi e delle celebrazioni. Compare inoltre la figura del maestro del coro, che dirige e sostiene il
canto del popolo (IGMR 104).
In particolare importanza inoltre è il servizio dell’accoglienza, vissuto da quei fedeli che,
alle porte della chiesa, accolgono coloro che vi si recano e ne dispongono l’ordinata collocazione
(IGMR 105). Questo servizio dell’accoglienza può essere esemplificato come il porre dei gesti che
manifestano anche dal punto di vista umano la fraternità e l’unità in Cristo, promuovendo un
incontro non anonimo, ma familiare.
III) Considerazioni conclusive
L’azione dei laici in riferimento al munus sanctificandi si colloca nella linea del rinnovamento
liturgico promosso al concilio Vaticano II, grazie al quale
“gli stessi fedeli laici hanno acquisito più viva coscienza dei loro compiti nell’assemblea
liturgica e nella sua preparazione, e si sono resi ampiamente disponibili a svolgerli: la
celebrazione liturgica, infatti, è un’azione sacra non soltanto del clero, ma di tutta
l’assemblea. È naturale, pertanto, che i compiti non propri dei ministri ordinati siano svolti
dai fedeli laici” (ChL 23).
Oltre alla riscoperta del ruolo e delle conseguenze dell’iniziazione cristiana per la missione
della Chiesa, d’altra parte, va considerato come il ruolo dei laici in materia di liturgia dipende anche
dalla penuria di presbiteri e da una diversa organizzazione delle attività parrocchiali.
In parrocchia è centrale il ruolo e il dovere del parroco per quanto riguarda la celebrazione
dei sacramenti (can. 530). Tuttavia l’evoluzione attuale della parrocchia stimola a una ripresa
particolare del ruolo della ministerialità, istituita e di fatto, dei laici.
Per questo è importante che il parroco, pur essendo della sacra liturgia “il moderatore nella
sua parrocchia, sotto l’autorità del Vescovo diocesano”, vigilando “perché non si insinuino abusi”
(can. 528 § 2), si avvalga dell’aiuto dei laici, anzi, valorizzi le potenzialità di cui la loro attiva
presenza e collaborazione è portatrice.
In particolare questo vale per il ministero istituito di lettore e di accolito, per coloro che
svolgono la funzione di lettore, commentatore, cantore, sacrista, di accoglienza … (cf can. 230 §§
1-2). Si tratta della parte propria dei fedeli laici nel munus sanctificandi, per cui partecipano
”attivamente secondo modalità proprie alle celebrazioni liturgiche, soprattutto a quella
eucarestia”. È una partecipazione all’opera di salvezza della Chiesa che compete a ogni battezzato e
confermato, in maniera originale e autentica. Infatti per il battesimo e la confermazione, come pure
per i doni a ciascuno affidati dallo Spirito Santo, “tutti i laici, senza distinzioni, sono chiamati a
contribuire quali membra vive all’incremento della Chiesa e alla sua continua santificazione” (LG
33).
In conclusione, emerge come la normativa codiciale e postconciliare non abbia inciso e non
sia stata recepita nella sua pienezza. Nella realtà parrocchiale ci sono persone che svolgono dei
servizi di collaborazione con i presbiteri e di animazione della liturgia; è carente però l’aspetto della
deputazione, forse per la non ancora superata paura che questo comporti una visione clericalizzata
del laico e, come conseguenza, una carente distinzione tra sacerdozio ministeriale e sacerdozio
comune.
I fedeli laici, uomini e donne, sono quindi chiamati ad assumere generosamente la loro parte
di responsabilità per la vita delle comunità ecclesiali cui appartengono. Infatti, il volto delle
parrocchie, luogo di accoglienza e di missione, dipende anche da loro. Partecipi dell’ufficio
sacerdotale, profetico e regale di Cristo e arricchiti dai doni dello Spirito, essi possono dare il loro
contributo nell’ambito della liturgia e della catechesi, nella promozione di iniziative e caritative di
vario genere.
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