00 Notiziario n21

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00 Notiziario n21
Numero 21, Anno dodicesimo, Aprile 2007 - Tiratura 2.500 - Distribuzione gratuita
TUTELA DEL MALATO DI PSORIASI E VITILIGINE
ASNPV Sede Sociale:
Via Bergognone, 43 - 20144 Milano - Tel. 333 8202044 - Fax 02 700406203
Aderente:
Notiziario interno dell’ASNPV Onlus
per la tutela del malato di psoriasi e vitiligine
Numero 20, Anno undicesimo, aprile 2006
Informazioni e segreteria
Tel 333 8202044
Fax 02 700406203
Presidente
Grazia Soldan
Vice Presidente
Pierluigi Pennati
Segretaria
Paola Maria De Trizio
Consigliere coordinatore gruppo Vitiligine
Alessandro Toraldo
Tesoriere
Giovanna Negri
Consiglieri
Patrizia Belluschi
Paolo Giannasi
Progetto grafico ed impaginazione
Stefano Bonetti
Comitato scientifico
Prof. A. Finzi, Dott. I. Olivieri,
Dott. A. Galluccio, Dott. A. Lorenzi,
Prof. C. Crosti, Prof. S. Menni
Notiziario informativo a distribuzione gratuita.
Gli articoli vengono pubblicati a giudizio
dell’Associazione.
È permessa la riproduzione di articoli ed illustrazioni
purché ne sia citata la fonte. Le opinioni espresse
negli articoli non impegnano l’associazione se non
per il generico riconoscimento.
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C/C dell’ASNPV n. 1120/01/065
Popolare Commercio & Industria
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Atto costitutivo Notaio D’oro - Milano
Repertorio n. 47255 - Raccolta 2673/4.3.1988
riconosciuta con Decreto della Regione Lombardia
n. 67686-12/94
- Sito web Psoriasi e Vitiligine:
www.asnpv.it - e.mail: [email protected]
indice
Redazionale -
Grazia Soldan
p. 3
Esame TMA
p. 4
Le varie forme di fototerapia
p. 5
Artrite Psoriasica
p.11
Dott.ssa Rosa Cirasola
Dr. Stefano Tardio
Dr. Carlo Palazzi
Redazionale
REDAZIONALE
Carissimi,
eccoci giunti ad un nuovo appuntamento con
il nostro notiziario che come sempre contiene
solo notizie sulle nostre malattie e vuole essere
un servizio ai nostri associati.
Poiché da moltissimo tempo le novità su
psoriasi e vitiligine non sono in realtà così
significative, abbiamo pensato di ridurre gli
appuntamenti con il notiziario ad un solo
numero annuale e di inviarvi all’occasione
newsletter di ridotta dimensione e di più facile
pubblicazione e gestione.
Nell’ultimo anno le novità più apprezzabili
sulle nostre malattie sono arrivate dalla ricerca
genetica ed hanno riguardato l’individuazione
di una nuova localizzazione genetica sia per la
psoriasi che per la vitiligine.
La Dottoressa Judith Fischer, uno dei
ricercatori autore della scoperta per la psoriasi
e nostra collaboratrice, ci ha spiegato che si
tratta comunque di notizie importanti poiché è
l’ennesima volta che la scoperta avviene negli
stessi gruppi di geni in entrambi i casi e che
ormai il cerchio si stringe e quindi che, pur
non essendovi per entrambe le malattie un solo
gene implicato, e non si possa così parlare di
un gene della psoriasi o della vitiligine, queste
scoperte possono ridurre il campo di eventuale
sperimentazione di nuovi farmaci per produrre
medicamenti mirati ad ogni singolo problema
ma soprattutto per produrre medicinali che
non danneggino l’organismo più del beneficio
che producono sulla pelle.
Il passo successivo è trovare aziende
farmaceutiche od enti disposte ad investire per
sviluppare questi farmaci e non solo a lucrare
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sulla salute dei pazienti, in tal caso noi saremo
sempre disponibili alla collaborazione sia come
associazione sia in seno alla Federazione della
Psoriasi, nata anche per questo scopo.
Il consueto incontro annuale con l’associazione
quest’anno ci vedrà impegnati in una tavola
rotonda pubblica con il Prof. Finzi ed il Dott.
Cattaneo dell’Università di Milano per parlare
e dibattere sulle nostre malattie.
L’appuntamento è per il 26 maggio 2007
presso il Centro Congressi Palazzo delle
Stelline di Milano. Vi aspettiamo, come sempre,
numerosi.
Anche quest’anno l’ASNPV onlus è ammessa
alla devoluzione del 5 per mille dell’IRPEF,
potete quindi sostenerci anche in questo modo
devolvendo il vostro contributo al volontariato
e scrivendo 97062840158 nella casella del
codice fiscale, a voi non costerà nulla, ma per
noi sarà un prezioso aiuto. L’associazione è di
tutti e come sempre composta esclusivamente
da volontari. Contattateci liberamente e
partecipate con noi alla vita associativa.
Per ultimo annunciamo che il 14 ottobre 2007
celebreremo una Giornata Italiana della Psoriasi
con le associazioni federate, vi forniremo
ulteriori informazioni appena disponibili.
Cordialmente.
Grazia Soldan
Presidente ASNPV - onlus
Esame TMA
Esame TMA
(Analisi Tessutale Minerale)
Dott.ssa Rosa Cirasola
Specialista in Dermatologia e Venereologia
Ha frequentato Scuola di Omeopatia e Medicina Estetica
Prof.ssa a contratto del Corso di Laurea in Dietistica
e del Corso di Laurea in Ginecologia e Ostetricia della Facoltà
di Medicina e Chirurgia dell’Università di Ferrara
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I capelli sono spesso fonte di preziose informazioni
per il nostro benessere psicofisico.
Nei disturbi psicosomatici (apprensione, lieve depressione, incapacità a concentrarsi, insonnia, desiderio
di dolci, mal di testa, vertigini, stanchezza…),
risulta molto utile l’esame TMA (analisi tessutale
minerale) mediante il quale si analizza il contenuto
di minerali presenti nei capelli della nuca,
perché i minerali condizionano diverse funzioni
dell’organismo: cerebrali, cardiache, respiratorie ecc.
Sottoporsi al TMA, significa eseguire un controllo
del funzionamento, a livello cellulare, dell’intero
corpo umano e studiare anche la predisposizione
ad ammalare di malattie specifiche così da poterle
prevenire. Con questo esame si verifica anche la
tolleranza allo stress cronico a livello cellulare ed è
possibile pervenire ad una adeguata terapia.
Questo test del capello, infatti, consente
l’accertamento del livello di stress che ogni individuo
vive (anche in pazienti psoriasici), a livello cellulare,
proprio perché alcuni minerali condizionano, a livello
cellulare, l’attività delle ghiandole surrenali, le quali
producono il cortisolo, un ormone. La secrezione di
questo ormone può essere inadeguata nello stress.
Al mattino è necessario un pò di tempo alle surrenali,
cronicamente affaticate, per riprendere l’attività e
ciò spiegherebbe l’andamento dell’affaticamento
durante la giornata.
I sintomi potrebbero peggiorare di nuovo verso sera,
momento in cui le ghiandole surrenali cominciano ad
accusare maggiore stanchezza.
Inoltre, poiché il cortisolo surrenalico è un ormone
antinfiammatorio, un’alterazione di questo può
esserci anche in coloro che hanno dolore articolare o
rigidità, spesso più forte al mattino.
Le ghiandole surrenali, però, intervengono non solo
nello stress, bensì, insieme alla ghiandola tiroidea,
condizionano anche, a livello cellulare, il metabolismo.
Infatti, l’organismo risponde, a livello cellulare, allo
stress, con un aumento del metabolismo (tendenza
a bruciare grassi) che diventa veloce, ma per un
breve periodo, costituendo la fase dello stress detta
di allarme. Se la fase di allarme persiste oltre un
determinato periodo, l’indice di ossidazione inizia
a diminuire, spostandosi verso la fase di resistenza
caratterizzata da ossidazione o metabolismo lento
(scarsa capacità di bruciare cibo). Infine si giunge
ad una fase di esaurimento con ossidazione o
metabolismo molto lento e di conseguenza, un facile
rapido aumento del peso corporeo.
La terapia che consegue al TMA, favorisce
l’incremento dell’attività delle ghiandole surrenali,
a livello cellulare e quindi, a livello biochimico,
consentirebbe un ausilio per una “protezione” nei
confronti di quello stress che può condizionare lo
scatenarsi o l’evoluzione di diverse malattie tra cui
la psoriasi.
Uno stress psichico o fisico (agenti infettivi,
malattie, fumo di sigarette, eccessiva esposizione al
sole) inoltre, agirebbe a livello del follicolo pilifero
creando qui, disordini metabolici ed interferenze nei
messaggi ormonali e quindi alterazioni nella naturale
crescita del capello.
Il TMA dunque, risulta anche utile nella cura della
fragilità, assottigliamento e caduta dei capelli.
Anche il fenomeno dell’invecchiamento precoce
della pelle a causa dell’azione ossidativa dei radicali
liberi, può essere tenuto sotto controllo attraverso
l’esame TMA, così come la predisposizione alle
allergie e l’asma bronchiale, poiché quest’ultima
è legata ad una iperattività parasimpatica, il cui
bilancio è condizionato da alcuni minerali rilevabili
solo attraverso questo esame del capello.
Infine, i pazienti psoriasici, possono beneficiare
anche dell’identificazione di alimenti intollerati,
in quanto le tossine che originano dalla presenza
delle intolleranze alimentari, colpiscono un
“organo bersaglio”, specifico di ogni persona, che è
determinato da una predisposizione genetica.
Nel caso della pelle, queste tossine possono creare
uno stato infiammatorio che può aggravare la
manifestazione delle chiazze psoriasiche.
Il test, definito cytotoxic test, consiste nel mettere
in contatto il siero e i leucociti del paziente con
estratti alimentari più frequentemente assunti
nell’alimentazione, dopo aver prelevato una
piccola quantità di sangue venoso. Identificate le
intolleranze alimentari, segue la terapia che consiste
nella sospensione dell’assunzione di questi alimenti
per un periodo variabile in rapporto alla reazione dei
leucociti e nella successiva graduale reintroduzione
degli alimenti, permanendo il beneficio così ottenuto
già durante l’astensione degli stessi.
Dott.ssa Rosa Cirasola
Fototerapia
L’esperienza dei centri EDERMA
Fototerapia: studio sulle
applicazioni in Psoriasi,
Vitiligine e alcune altre
patologie.
Dr. Stefano Tardio - Direttore Sanitario
Alberto GARRO - Direttore
LE VARIE FORME DI FOTOTERAPIA
L’impiego della radiazione elettromagnetica (REM) a
scopi medici risale ai primi anni del ‘900, ma solo da
alcuni decenni le frequenze delle radiazioni luminose,
dall’infrarosso (IR) all’ultravioletto (UV), sono diventate di
uso comune nel trattamento di diverse patologie, avendone
conosciuti gli aspetti fotobiologici che le caratterizzano. Sin
dagli anni ’70 vi è stato un forte impiego della radiazione
UVA (320-400 nanometri), utilizzata per attivare molecole
fotosensibilizzanti: la P-UVA terapia, in particolare, é
tutt’oggi impiegata specialmente nei trattamenti di Psoriasi
e Vitiligine. Con il tempo si è cercato di limitare gli effetti
collaterali relativi all’assunzione sistemica degli psoraleni (8MOP e TMP), gli agenti fotosensibilizzanti responsabili di
tossicità epatica e renale, oltre che dei rischi legati alla maggior
sensibilità degli occhi e della pelle alle radiazioni luminose.
Valori ematici scostanti, nausea, vertigine e vomito, eritemi e
ustioni, quando non cataratte e reazioni fotoallergiche, sono
in parte ridotti quando le somministrazioni non avvengano
per via sistemica ma attraverso l’uso di creme da applicare
soltanto sulle lesioni da trattare (cream-PUVA), oppure
mediante bagni in soluzione idroalcolica (bath-PUVA). Pur
nella constatazione della sua efficacia, la PUVA terapia deve
purtroppo tener conto delle dosi massime accumulabili,
stimate in 1500J/cmq, per l’aumento di rischio di contrarre
cheratosi attiniche, epiteliomi spinocellulari e probabilmente
anche basocellulari: anche precedenti trattamenti a base di
arsenico, UVB o methotrexate ne sconsigliano l’impiego,
per l’accertata azione carginogenetica. Tutto ciò si scontra
con la necessità di trattamenti a lungo termine, come nel
caso della Vitiligine, oppure di patologie recidivanti, come
la Psoriasi, rendendo di fatto limitativo l’uso della PUVA
terapia, sia per numero di soggetti eleggibili al primo ciclo
che per coloro che nel tempo si ritrovassero a superare
le dosi cumulative massime consigliate dal protocollo. A
partire dagli anni ’80 si è poi cercato di studiare gli effetti
fotobiologici delle altre frequenze, e specialmente quelle
comprese nei campi dell’ultravioletto B: nuove sorgenti con
emissioni di banda comprese tra i 300 e i 330 nm sono state
testate, sino diventare un nuovo standard in alcune aree del
mondo (USA e Nord Europa). La forte azione eritemigena
degli UVB consente però soltanto esposizioni moderate, con
dosaggi appena sufficienti per risultare efficaci a fronte di
un rischio carcinogenetico importante.
E’ dagli anni ’90 che PHILIPS produce dei tubi ad emissione
particolarmente selettiva, che forniscono il 97% dell’energia
fotonica compresa tra i 311 e i 313 nm: tale banda di
emissione, essendo così ristretta, viene appunto denominata
“UVB a banda stretta”. L’immagine che segue riproduce lo
spettro di emissione di alcuni tubi che emettono lo spettro
nel campo degli UV, contrassegnati da un codice colore che
le contraddistingue. Il codice 10 ha emissioni comprese
nel campo degli UVA, tra i 350 e i 400 nm, ma non viene
solitamente usato in fototerapia in cui si preferisce il codice
colore 52, per il trattamento dell’ittero neonatale, oppure
altri codici colore che meglio rappresentano i picchi nel
campo dell’UV-A che più interessano a scopo terapeutico.
Più interessanti sono i grafici che rappresentano i 2 tipi di
tubi ad emissione principale di UV-B, e cioè il codice colore
12 (Broad Band) e 01 (Narrow Band, altrimenti detto
“banda stretta”).
Si può notare come la selettività dell’emissione sia
spinta nel codice 01, per fornire l’energia fotonica quasi
esclusivamente su quelle frequenze comprese tra i 311
e i 313 nanometri, che hanno dimostrato la maggior
efficacia terapeutica a fronte dei minimi effetti collaterali.
I TL (Tubi lineari) 01 sono disponibili esclusivamente nel
formato da 20 Watt, con lunghezza di circa 60 cm, e da
100 Watt, lunghi 180 cm: i primi permettono la dotazione
di attrezzature ad esposizione parziale, mentre i secondi
permettono esposizioni a tutta altezza, sempre fornendo
le stesse emissioni selettive utili a chi deve sottoporsi
a trattamento di fototerapia UVB a banda stretta.
Questa forma di fototerapia è diventata nel tempo il nuovo
standard, soppiantando totalmente gli UVB a banda larga
(Broad Band), per la minore azione eritemigena e per la
minore fototossicità. Anche la P-UVA terapia è stata quasi
del tutto sostituita dall’UVB a banda stretta, che presenta
diversi aspetti vincenti nel confronto:
UVB a banda stretta agisce senza assumere farmaci
gli effetti collaterali sono minimi
i raggi UVB si fermano allo strato basale i dosaggi sono ridotti
permette trattamenti di lungo termine
P-UVA terapia
necessità l’assunzione
di psoraleni
effetti collaterali
importanti
i raggi UVA penetrano a
fondo fino al derma
l’energia richiesta è alta
pone limiti di dose
cumulativa massima
In buona sostanza, gli effetti collaterali degli UVB a
banda stretta sono tutti presenti nella PUVA terapia, cui
però si aggiungono quelli degli psoraleni, decisamente
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Fototerapia
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antipatici: se si tiene conto che i risultati sono praticamente
sovrapponibili, e comunque a favore degli UVB a banda
stretta, pare evidente come questi godano di una maggior
popolarità, anche se alcune strutture, più che altro per
scarso aggiornamento tecnologico, continuino a proporre
la P-UVA terapia senza alternativa. E’ il caso riscontrato
analizzando i risultati del report 2006 del progetto
PSOCARE, in cui ai trattamenti mediante farmaci derivati
dalla biologia molecolare, i cosiddetti farmaci biologici (il cui
appellativo falsamente induce a pensare a prodotti naturali),
si contrappone sovente la fotochemioterapia (P-UVA) e solo
raramente la fototerapia UVB a banda stretta. Il risultato è
una scarsa compliance del paziente e una alta percentuale di
abbandono per l’intolleranza degli effetti collaterali, mentre
se si fossero più ampiamente usati gli UVB a banda stretta
si sarebbero notati risultati sensibilmente più positivi, anche
a fronte di costi decisamente inferiori.
Tale situazione fornisce dunque delle conclusioni falsate,
che induce Pazienti e Medici a scegliere principalmente le
terapie cosiddette “biologiche”, a scapito della fototerapia
UVB a banda stretta, o comunque a non rappresentarne
equamente le potenzialità reali.
La reazione della pelle all’esposizione si evidenzia con un
arrossamento, da leggero a evidente, che compare circa
4/6 ore dopo l’esposizione e scompare entro le 24 ore
successive: se l’arrossamento è troppo importante significa
che si è somministrato un dosaggio troppo alto in relazione
al fototipo oppure che l’incremento è stato troppo rapido.
E’ meglio progredire più lentamente ma non arrivare mai
all’eritema: questo assunto, tipico del protocollo americano,
viene invece ignorato sovente in molti centri italiani,
creando delle condizioni di disagio al Paziente, quando non
di aumento del rischio di fotocarcinogenesi, legato sia alla
dose assunta che alle possibili reazioni fotoindotte da un
trattamento inappropriato. In genere, la fototerapia produce
i propri risultati partendo dall’alto del corpo e andando
verso il basso, e dal centro verso l’esterno. Si è notato
come vi siano dei fattori che incidono sui risultati ottenibili
con la fototerapia, che agiscono sia sui tempi di risposta al
trattamento che sulla percentuale di remissione ottenibile:
-pregressi trattamenti a base di steroidi topici -obesità o
al contrario peso scarso -etilismo o dipendenze psicofisiche
-localizzazione delle lesioni in zone non fotoesponibili assunzione di farmaci scatenanti
Tali situazioni possono indurre a trattamenti che si
protraggono nel tempo anche per oltre 30/60 gg oltre
la media. Nel caso di assunzione di farmaci scatenanti
(betabloccanti, calcioantagonisti, interferone, etc.) così
come in caso di infezione da streptococco può esservi una
percentuale di recidiva superiore, e anche dei tempi di
latenza positiva nettamente ridotti.
Di norma i trattamenti di fototerapia UVB a banda stretta
sono ben tollerati, ma è bene ricordare che vi sono soggetti
che faticano più di altri ad arrivare alla MED, con reazioni
di fotosensibilizzazione più marcata: ciò accade sovente
con il fototipo II, ma anche con fototipi meno fotosensibili
se per lungo tempo non hanno sottoposto la cute al sole.
Esistono poi degli effetti collaterali, tutti legati agli effetti
di immunosoppressione creata dagli UV: la comparsa di
Herpes Symplex (H. labiale) non è insolita, e comunque è
bene tener presente che durante i trattamenti il Paziente è
maggiormente esposto all’attacco di agenti patogeni esterni.
Una integrazione vitaminica è suggerita, in particolare nel
trattamento della Vitiligine. Se durante il trattamento
compare febbre o altra condizione che necessiti l’assunzione
temporanea di farmaci è bene sospendere la fototerapia
per il tempo di risposta ai farmaci, in modo da evitare
che l’organismo di trovi in condizioni di scarsa risposta
immunitaria quando invece le fosse necessaria.
Resta contrastato il parere dei Dermatologi riguardo alla
fotoprotezione di occhi e genitali durante le esposizioni: la
scuola americana parte dall’assunto che a dosaggi inferiori
alla soglia di eritema non sia necessario indossare dispositivi
di protezione, naturalmente tenendo gli occhi chiusi, mentre
in Italia si usa una maggior cautela al riguardo: in linea di
massima i dispositivi di protezione non disturbano più di
tanto la terapia, per cui il suggerimento è sempre di usarli,
evidentemente qualora non impediscano l’irradiazione di
zone colpite.
In conclusione, la fototerapia UVB a banda stretta è una
tecnica di trattamento efficace e risolutiva nella maggior
parte dei casi, e contribuisce ad un notevole miglioramento
del livello di qualità della vita del paziente psoriasico: è
importante sapere che ogni centro di fototerapia ha le
proprie caratteristiche, per cui i trattamenti ottenibili
non sono tutti uguali. Capita a volte che alcuni centri
propongano delle sospensioni nel periodo estivo, molte
volte giustificate dalla situazione clinica e altre solo da
esigenze di organizzazione interna del centro. Anche gli
orari di fruibilità del servizio inducono a volte i Pazienti ad
altre opzioni terapeutiche, quando la disponibilità o i tempi
di attesa non siano compatibili con la propria vita privata
e professionale: in questi casi la scelta di una attrezzatura
per fototerapia domiciliare può essere una soluzione anche
economicamente vantaggiosa. Orami esistono in commercio
attrezzature che offrono prestazioni interessanti a prezzi
accessibili sia per esposizioni parziali che a corpo intero.
GLI UVB A BANDA STRETTA NEI
TRATTAMENTI DI PSORIASI
La Psoriasi è senz’altro la patologia più presente nei centri di
fototerapia, sia per la sua diffusione sul territorio (circa 2%)
che per i benefici che se ne traggono. Il trattamento della
Psoriasi è relativamente rapido, e a seconda del protocollo
usato, che sovente differisce tra un centro e l’altro, si
ottengono risultati più o meno soddisfacenti, ma comunque
tutti tendenti a portare a remissione le lesioni psoriasiche
in tempi variabili tra i 45 e i 120 giorni. Il protocollo più
utilizzato in Italia prevede tre esposizioni settimanali: le
strutture pubbliche si rifanno ad un protocollo che prevede
una dose iniziale compresa tra il 50 e il 70% della MED
(Minimal Erythematogenic Dose), di norma tra i 180 e i
400 milliJoules, mentre il protocollo americano, prevede
una maggior differenziazione tra i vari Fototipi e una
progressione più lenta. Lo studio condotto su circa 1.200
casi, trattati negli ultimi due anni nei Centri EDERMA,
presentano i seguenti riscontri.
Fototerapia
Pazienti trattati
di cui Maschi
di cui Femmine
% di remissione dopo 12 esp
% di remissione dopo 24 esp. % di remissione a fine trattamento durata media del trattamento tempo di latenza positiva medio Dosi medie erogate per fototipo 1.214 732
482
(stima)
=
=
90 gg 120 gg 150 gg da 4 mesi a 9 mesi a 12 mesi da 800 a 1.800 60.3%
39.7%
40%
75%
98%
40%
50%
10%
20%
50%
30%
FT. II
FT. VI
Le forme di Psoriasi volgare (a chiazze) e nummulare si
sono confermate le più facilmente rispondenti alla terapia,
mente la forma guttata è risultata più ostica insieme alla
psoriasi palmoplantare. In alcuni casi i Pazienti hanno dovuto
sottoporsi ad una preventivo trattamento sistemico con
corticosteroidi a causa della eritrodermia creatasi, sovente
per ragioni riconducibili a precedenti trattamenti impropri.
Le lesioni al cuoio capelluto hanno risposto solo per effetto
indiretto, non potendo nella maggior parte dei casi irradiare
direttamente l’area interessata poiché coperta dai capelli:
una capigliatura corta è in questi casi consigliabile, come
anche la riduzione del pelo pubico o ascellare, qualora vi si
annidino lesioni psoriasiche.
La psoriasi ungueale è sovente accompagnata da artrite
psoriasica, anche allo stadio iniziale: la fototerapia induce
beneficio solo con trattamenti di più lungo termine rispetto
alle forme che interessano solo la cute, così come nelle
forme che colpiscono il palmo delle mani e la pianta dei piedi
(p. palmoplantare). E’ però interessante notare come gli
effetti della fototerapia siano benèfici anche in questi casi,
che a volte necessitano di trattamenti localizzati, mediante
attrezzature adatte ad esposizione parziale: la cute di mani e
piedi richiede però dosaggi all’incirca doppi rispetto al resto
del corpo.
Vi è la possibilità di accelerare il processo di remissione,
trattando preventivamente con il calcipotriolo (2 x die) le
lesioni: questa tecnica è conveniente in particolare in caso di
forte infiltrato, o comunque con una ipercheratosi evidente.
E’ bene ricordare che la radiazione ultravioletta inattiva il
calcipotriolo, per cui le applicazioni andranno fatte mattina e
sera, ma non a meno di 2 ore dall’esposizione ai raggi UVB.
Già a dosi di 50-100 mJ vengono attivati i meccanismi di
apoptosi dei linfociti T, che sono i principali mediatori del
processo infiammatorio della psoriasi, per cui gli effetti
iniziano sin dalle prime esposizioni.
I benefici della fototerapia non si fermano alla remissione
delle chiazze psoriasiche, risultato che comunque è il primum
movens di ogni trattamento: esiste infatti un fenomeno di
“memoria” per cui le future recidive, comunque inevitabili,
si presenteranno in forma sempre più leggera, fino a offrire
tempi di latenza positiva via via superiori, anche di lungo
periodo, e ad offrire di fatto una sorta di affrancamento
dalle lesioni più fastidiose.
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A.O., 52 anni, psoriasi volgare da 35 anni, prima e dopo 24
esposizioni (60 gg).
C.S., 27 anni, psoriasi palmoplantare da 4 anni, prima e
dopo 36 esposizioni (90 gg).
Anche se con tempi più lunghi e con risultati percentualmente
meno soddisfacenti, la fototerapia UVB a banda stretta
risolve nella gran parte dei casi anche i problemi legati a
cuoio capelluto, mani e piedi, le regioni più ostiche da
trattare, dando relativo sollievo anche ai dolori provenienti
dall’interessamento articolare delle forme artritiche.
GLI UVB A BANDA STRETTA NEI
TRATTAMENTI DI VITILIGINE
La Vitiligine è da sempre una condizione che ha creato nella
professione del Dermatologo sentimenti di impotenza.
La scuola dermatologica di un tempo invitava infatti a
consigliare al paziente di non esporsi al sole, o di farlo
con filtri che proteggessero le zone leucodermiche: non
a torto, per le reazioni di fotosensibilizzazione delle zone
non protette da melanina, ma così facendo si induceva la
Vitiligine a progredire, invadendo aree sempre più estese
e colpendo anche distretti cutanei diversi. Ormai da oltre
20 anni, questo consiglio è fuori luogo, poiché è proprio
l’esposizione agli UV che crea lo stimolo a riattivare la
funzione melanocitaria laddove la vitiligine l’ha interrotta:
l’azione di immunomodulazione degli UV serve inoltre a
ridurre quegli eccessi di risposta immunitaria che pare
siano i responsabili dell’insorgenza della Vitiligine. Esiste
infatti una stretta correlazione tra la Vitiligine è la funzione
immunitaria, riscontrabile con uno screening anticorpale
che la evidenzi: dunque, contrariamente a quanto in molti
Fototerapia
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pensino, la Vitiligine compare per un eccesso di risposta
immunitaria, così come molte altre patologie autoimmuni, e
non per una sua scarsa attività. La predisposizione genetica
pare accertata nella maggioranza dei casi, ma l’insorgenza
sarebbe legata alla presenza di concause scatenanti, sovente
di origine psicogena, giustificando l’assenza di Vitiligine nei
discendenti. Anche la presenza di disfunzionalità tiroidea,
presente nel 70% dei casi, pare accompagnare la Vitiligine,
ma non esserne la causa o l’effetto: dunque, il più delle
volte curare la funzione tiroidea è un aspetto a sé stante,
sovente necessario, ma non per questo utile a far ritornare
la pigmentazione delle aree colpite.
Nel tempo il trattamento della Vitiligine ha usato poche
alternative terapeutiche, e tutte con scarsi risultati: steroidi
topici, utili però solo in fase iniziale e per tempi inferiori
ai 2 mesi, assunzione di sostanze fotosensibilizzanti, o
che comunque inducessero ad una maggior risposta allo
stimolo dei raggi solari, come betacarotene e altri composti
vitaminici. Il più delle volte, il soggetto con Vitiligine ha
preferito eliminare, o ridurre, la discromia che si evidenzia
durante il periodo di maggiore insolazione, arrivando a
provare anche forte stress e repulsione alla stagione estiva
e d evitando l’esposizione solare. Risulta infatti da un’analisi
di circa 1.600 pazienti trattati nei Centri EDERMA negli
ultimi 5 anni che una buona parte di essi (37%) si asteneva
dall’esporsi al sole, sovente dietro raccomandazione del
Medico, o usava filtri totali: proprio l’uso di creme ad alto
fattore di protezione ha creato fenomeni di intolleranza, dati
dalla concreta probabilità di non distribuirle uniformemente
sulla superficie della pelle, con isole maggiormente o per nulla
protette e conseguenti reazioni fototossiche. Al contrario, la
consapevolezza di stimolare l’azione melanocitaria, ha portato
a volte ad eccessi di esposizione al sole, a volte anche con
uso di fotosensibilizzanti, riportando sovente forti eritemi.
il suggerimento sconsiderato di molti Dermatologi circa
l’assunzione di sostanze fotosensibilizzanti (come psoraleni,
kellyna, melagenina, etc) e la successiva esposizione al sole,
incontrollabile, ha portato a vere e proprie ustioni, con
conseguente aggravamento della Vitiligine per l’effetto di
Koebner, cui la patologia è positiva. Se tali sostanze possono
costituire una seria opzione terapeutica, non va dimenticato
che solo l’ambiente medico, e a volte ospedaliero, e in
grado di stabilire le dosi di farmaco da assumere, i tempi
di risposta e le condizioni di irradiamento necessarie (Dosi
degli UVA, misurabili e stabilite dal protocollo), oltre che le
condizioni di protezione necessarie ad evitare i pericoli di
epatotossicità, carico renale, fotosensibilità oculare e rischio
di sunburn cellulare.
Utile la tabella riepilogativa che segue per tracciare il profilo
del soggetto colpito da Vitiligine.
Pazienti trattati
di cui Maschi (35%) di cui Femmine (65%) Disfunzione tiroidea Eventi traumatici scatenanti rilevabili Astensione dall’esposizione solare Uso di filtri solari ad alto fatto di protezione Uso di prodotti di camouflage 1.587
545
1.042
68%
73%
37%
81%
18%
Interessante anche notare come la variabilità di consulti
dermatologici, in media 1,3 visite da 5 Dermatologi
diversi nella vita del soggetto, abbia portato alla scelta
di tutte le opzioni terapeutiche disponibili, incontrando
solo negli ultimi 5 anni specialisti che abbiano consigliato
la fototerapia UVB a banda stretta. Va detto che oggi vi è
una selezione maggiore anche tra i Dermatologi, poiché il
Paziente tende a scegliere gli altamente specializzati che
possano accampare esperienza di trattamento della Vitiligine
con la fototerapia, complice una maggior consapevolezza
delle alternative terapeutiche e della loro efficacia, anche
grazie al ruolo delle associazioni, della comunicazione
televisiva e della stampa, dei Forum, di Internet.
Vita clinica del soggetto con Vitiligine Consulti x dermatologi Uso di corticosteroidi topici Consigliata astensione dall’esposizione solare Consigliato uso di creme protettive Proposto integrazione vitaminica P-UVA terapia Psoraleni + sole Kellyna + sole Melagenina Calcipotriolo Esposizione al sole Fototerapia UVB a banda stretta Nessuna terapia 1,3 x 5
50%
60%
96%
90%
21%
29%
9%
2%
3%
16%
43%
4%
E’ sconcertante notare la disinvoltura con cui molti
Dermatologi abbiano consigliato una sorta di P-UVA terapia
casalinga, istruendo anche al reperimento degli psoraleni
oltr’Alpe dove sono disponibili, dimenticando che se questi
sono riservati all’uso ospedaliero è perché si è riscontrato
un reale pericolo di sottovalutazione dei rischi connessi.
Vi è poi molta confusione sulle reali capacità terapeutiche
dell’impiego di molti integratori vitaminici, come l’acido
paraminobenzoico, il betacarotene e varie vitamine e
antiossidanti, dimenticando che in assenza di stimolo UV i
melanociti inattivi non hanno alcuna possibilità di riprendere
un’attività, in tal modo non richiesta. L’uso della fototerapia
UVB a banda stretta nella Vitiligine richiede il rispetto di
protocolli da osservare strettamente, sia per dosi che per
frequenza: anche il protocollo italiano si è ormai attestato
sui 3 trattamenti settimanali, mentre fino a qualche anno fa
ancora si fermava a 2. Evidentemente la maggior efficacia
ne ha provocato l’aggiornamento. Le dosi sono riferibili a
ciascun Fototipo, così come i progressivi incrementi volti a
raggiungere la MED, in modo da avere la massima efficacia
terapeutica con i minimi effetti collaterali. Normalmente il
trattamento della Vitiligine richiede 3 fasi: -nella prima fase
si parte da una dose iniziale e si incrementa fino alla MED,
a 3 esposizioni settimanali: dopo un periodo variabile tra
i 2 e i 3 mesi ci si aspetta la comparsa dei primi gettoni
di ripigmentazione, oltre alla stabilizzazione della fase
evolutiva della Vitiligine; -appurato che vi sia risposta, si
prosegue nella seconda fase irradiando sempre a dosaggio
MED e mantenendo le 3 esposizioni settimanali, per un
periodo variabile tra i 4 e i 12 mesi, ma vi sono casi che
Fototerapia
richiedono anche tempi ancora maggiori, sino a raggiungere
la massima ripigmentazione delle aree leucodermiche; -nella
terza fase si scende a 2 esposizioni la settimana, e poi a una
soltanto, per consolidare i risultati ottenuti, in un periodo di
circa 2 mesi.
Va precisato che i risultati sono estremamente variabili da
soggetto a soggetto, ed è importante che il Paziente sia
perfettamente a conoscenza di ciò come dei tempi necessari,
in modo da non creare false aspettative con successiva
perdita della compliance. La seguente tabella può essere
utile a rappresentare la realtà di quanto registrato nel
trattamento di un gran numero di Utenti dei Centri EDERMA,
che osservano il protocollo oggi ritenuto il più efficace
e prudente. A seconda dei risultati ottenuti in ciascuna
fase i soggetti vengono catalogati come Non-Responder
(NR), Low-Responder (LR), Standard–Responder (SR) o
High.Responder (HR) con percentuali di ripigmentazione
variabile.
Pazienti trattati 1.587 entro i 3 mesi NR LR SR HR entro i 6 mesi LR SR HR entro i 12 mesi LR SR HR oltre i 12 mesi LR SR % di
presenza
3.8% 31% 41.2% 22% 33% 49% 18% 35% 54% 11% 80% 20% % di
Ripigmentazione
0
5%
10%
20%
20%
35%
50%
35%
75%
95%
50%
80%
Oltre ai dati relativi alle percentuali di successo rapportate
al tempo e alla risposta personale, bisogna ricordare che vi
sono aree depigmentate che reagiscono mediamente meglio
di altre: viso e petto, addome e braccia rispondono meglio,
mani e piedi sono decisamente più ostici. Ciò è in parte
dovuto anche all’effetto di Koebner (isomorfismo reattivo)
che induce la patologia a seguito di ferite, tagli, abrasioni, ma
anche semplice sfregamento: le zone estensorie e flessorie
sono molto più soggette a stress meccanico.
Con ciò, esistono comunque casi di ripigmentazione anche
dei distretti cutanei più ostici, ma le percentuali scendono
drasticamente: come dimostrato nello schema che segue.
Distretti cutanei % di ripigmentazione media
Viso 96.2%
di cui regione periorale 92.1%
di cui regione perioculare 64%
Collo 78%
Petto 94%
Addome 91%
Spalle 85%
Schiena 77%
Glutei 93%
Regione genitale 68%
Braccia 72%
Gomiti 63%
Avambracci 69%
Polsi Mani Cosce Ginocchi Gambe Caviglie Piedi 19%
9.2%
70%
53%
47%
23%
7.7%
Va detto che la ripigmentazione a volte non è regolare,
ma consente comunque un effetto piacevole e riduce
sensibilmente il danno estetico presente. La ripigmentazione
parte di norma dai follicoli piliferi, veri e propri serbatoi
di melanina, oppure dalle aree di confine, che tendono
a marcare con colorazioni più evidenziate, sin dal primo
mese: sovente i gettoni di ripigmentazione si presentano più
scuri della pelle non colpita, ma questo fenomeno tende e
normalizzarsi con le successive esposizioni al sole. Di seguito
alcuni esempi.
B.D., 36 anni, Vitligine da 19 anni, prima e dopo 4 mesi.
Al paziente è stato consigliato di radersi completamente
per esporre agli UVB la massima superficie possibile, anche
quella che la barba e i baffi coprivano.
R.L., 54 anni, Vitiligine da 30 anni, prima e dopo 3 mesi.
Da questo esempio si nota come cute caratterizzata da
substrato adiposo risponda più facilmente di un soggetto
magro, probabilmente per un minor effetto di Koebner.
M.C. 40 anni, Vitiligine da 26 anni, prima e dopo 5 mesi.
9
Fototerapia
10
Mentre la terapia della Psoriasi richiede sovente un
trattamento delle recidive, pur diradate e di più lieve entità,
la Vitiligine ottiene solitamente dei risultati stabili, a patto che
si sia terminata anche la terza fase, in cui i risultati vengono
consolidati. Solo una nuova fase evolutiva della Vitiligine
potrà portare a nuove chiazze, ma nell’esperienza dei Centri
EDERMA tale situazione si è verificata solo quando non si
fosse completata la fase di consolidamento. Il trattamento
può essere proseguito anche durante la gravidanza, essendo
scevro di effetti sul nascituro e sulle condizioni generali della
mamma, ma di solito si pone l’accento sulle implicazioni
psicologiche di tale scelta, che deve essere fatta solo se
totalmente priva di sensi di colpa e con l’assoluta certezza che
non siano attribuibili alla fototerapia eventuali complicanze.
Viene invece sconsigliato di proseguire la fototerapia in caso
di allattamento, per il periodo strettamente necessario.
Anche condizioni pur temporanee di febbre
o di attacchi virali o infettivi indurranno la sospensione
della fototerapia, e comunque ogni volta che la funzione
immunitaria debba essere impegnata a combattere attacchi
di agenti patogeni esterni.
In conclusione, la fototerapia UVB a banda stretta è la terapia
di elezione nel trattamento della Vitiligine, con risultati di
assoluto vantaggio rispetto a qualsiasi altra terapia: anche
se si considera che alcune zone rispondono poco e male, e
che vi sono pazienti che forniscono una risposta terapeutica
limitata, non bisogna dimenticare che il primo grande
traguardo, raggiungibile nella quasi totalità dei casi in soli
3 mesi di trattamento, è il blocco della fase evolutiva. Tale
risultato costituisce la prima richiesta del Paziente, che mira
innanzi tutto a contenere l’espansione della Vitiligine prima
ancora di pensare a ripigmentare le aree già colpite.
ALTRE PATOLOGIE CHE TRAGGONO
BENEFICIO DAL TRATTAMENTO
MEDIANTE UVB A BANDA STRETTA
Se è vero che Psoriasi e Vitiligine rappresentano la grande
maggioranza dei trattamenti UVB NB, è altrettanto
importante segnalare la casistica in cui questa tecnica
terapeutica può essere vantaggiosamente impiegata.
La Dermatite Atopica risponde solitamente in tempi
relativamente brevi, con la quasi totale eliminazione del
prurito entro i primi due cicli (24 esposizioni, 60 gg):
il grado di soddisfazione rilevato è di circa il 61%, ma i
casi trattati sono ancora pochi per poter avere rilevanza
statistica. Anche la Dermatite Seborroica fornisce risposte
soddisfacenti, in tempi rapidi, già entro il primo ciclo di 12
esposizioni scompaiono le manifestazioni cutanee sul viso.
Pityriasis rubra pilare, Eritema polimorfo solare Micosi
fungoide e Prurigo nodularis, GVHD, Ittiosi e Lichen planus.
Viene invece controindicata per il Lupus e la Porphirya.
Altre applicazioni si riscontrano con l’Alopecia areata, in
cui si ottiene rapidamente il blocco della fase evolutiva e
lentamente, come nella Vitiligine, la ricrescita dei capelli e
dei peli perduti. Viene trattato con successo anche il prurito
uremico in IRC. Nuovi riscontri vi sono per la calcificazione
ossea delle fratture, specialmente quelle delle vertebre e
dell’apparato scheletrico principale.
Dati aggiornati al 27 dicembre 2006
a cura dei Centri EDERMA.
Artrite Psoriasica
ARTRITE PSORIASICA:
STATO DELL’ARTE IN
DIAGNOSI E TERAPIA.
Dr. Carlo Palazzi
Divisione di Reumatologia
Casa di Cura Polispecialistica “Villa Pini”- Chieti
TERAPIA
Sino a pochi anni or sono il trattamento della APs era
basato sull’uso dei FANS (anti-infiammatorii non steroidei),
dei cosiddetti farmaci “di fondo” (DMARDs) (sulfasalazina,
metotressato, ciclosporina e, più recentemente leflunomide)
e dei cortisonici, sia per via generale, che per via infiltrativa
locale. Tali sostanze, pur consentendo il controllo
sintomatologico di un buon numero di casi di APs a
localizzazione articolare periferica, non hanno dimostrato
sicuri effetti sulla progressione radiologica del danno
articolare. Inoltre, in molti soggetti con interessamento
assiale ed enteso-tendinitico i loro effetti apparivano
modesti, anche nei confronti dei soli sintomi. Un sostanziale
progresso nel trattamento della APs (e delle SpA in genere),
è stato rappresentato dalla commercializzazione dei farmaci
antagonisti del Tumor Necrosis Factor a (TNF), una potente
sostanza infiammatoria coinvolta, tra l’altro, nella patogenesi
di numerose reumopatie. Tre molecole ad azione anti-TNF
sono attualmente disponibili, l’infliximab, l’etanercept e
l’adalimumab. La prima è a somministrazione endovenosa,
le altre due vengono assunte per iniezione sottocutanea.
La loro azione sul sintomo dolore, sulla tumefazione articolare
e sugli indici di flogosi si è rivelata importante. Gli anti-TNF
hanno inoltre dimostrato effetti favorevoli oggettivi (talora
assai marcati), mediante indagine RMN, anche a livello della
colonna vertebrale, delle sacro-iliache e delle entesi.
Per le prime due molecole commercializzate (infliximab ed
etanercept) cominciano ad essere disponibili i primi dati sulla
inibizione della progressione del danno radiografico indotto
dalla APs. Altri studi hanno evidenziato come, in caso di
inefficacia di un anti-TNF si possa passare con successo ad
un altro anti-TNF. Le molecole in questione si sono rivelate
attive anche sulla psoriasi cutanea.
L’uso degli anti-TNF richiede particolari precauzioni ed è
riservato a centri specialistici specificamente autorizzati. La
loro somministrazione prevede la preventiva esclusione di
lesioni di natura tubercolare sulla radiografia del torace e la
negatività del test alla tubercolina. In caso di positività della
radiografia e/o del test non c’è uniformità di comportamento
tra i diversi centri reumatologici: alcuni rinunciano alla
somministrazione dei farmaci, altri li somministrano
associando trattamento farmacologico anti-tubercolare.
Considerando possibili eccessi nella prescrizione degli
anti-TNF e visti anche i loro elevatissimi costi, le Società
reumatologiche di vari Paesi stanno emanando delle linee
guida per l’uso degli stessi. Recentemente anche l’apposito
comitato di esperti della Società Italiana di Reumatologia
ha diffuso le sue indicazioni sull’impiego degli anti-TNF nei
diversi sottogruppi di APs.
Azienda per il Turismo Soc. Coop.
I - 38077 Ponte Arche - Trento
Via Cesare Battisti, 38/d
tel. +39 0465 702626
fax +39 0465 702281
[email protected] - www.comano.to
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