La sapientia cordis di Giovanni XXIII

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La sapientia cordis di Giovanni XXIII
luglio - ottobre 2013 • N. 3-4
Centro Papa Luciani • 32035 Santa Giustina (BL) • Anno XXIX • Poste Italiane s.p.a. • sped. in Abb. Post - D.I. - 353/2033 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 com. 2 - DCB BL
La sapientia cordis
di Giovanni XXIII
DI
TAFFAREL DON FRANCESCO
Ricorre questo anno il 50° anniversario
dalla morte di Papa Giovanni XXIII, a cui
Luciani fu molto legato. Ecco come ne ha
parlato.
Incontro con Papa Giovanni
Luciani ricordava sempre: «egli (Papa
Giovanni XXIII) mi accolse prima della
mia consacrazione episcopale. Seduto
di fronte al Suo scrittoio, in una udienza
privata, per me indimenticabile, cinque giorni prima che mi consacrasse
vescovo. Mi confidava che gli era stato
provvidenziale e orientativa per tutto il
corso della vita una pagine dell’Imitazione di Cristo, che aveva meditato nel
1904 nei fervori del primo sacerdozio.
“Vada a vedersela, mi disse, è al libro
terzo cap. 23”. Ma intanto me la recitò a memoria. Quattro cose arrecano
grande pace. Prima: studiati di fare la
volontà altrui piuttosto che la tua. Seconda: preferisci sempre di possedere
meno piuttosto che molto. Terza: cerca
sempre l’ultimo posto. Quarta: desidera
sempre e prega che in te si faccia integralmente la volontà di Dio”. Mi sono
sempre sforzato di mettere in pratica
questi quattro punti – concludeva – e
mi sono trovato bene tanto nelle gioie
che nei dolori; il Signore mi ha aiutato e
benedetto”: faccia anche lei altrettanto».
E affermerà: «Io non posso dimenticare che sono stato consacrato vescovo
dalle sue auguste mani in san Pietro il
27 dicembre 1958».
Alla diocesi di Vittorio Veneto annunciò «oggi 3 giugno 1963, alle ore
Giovanni XXIII, papa dal 28 ottobre 1958 al 3
giugno 1963.
19.40 è piamente e serenamente spirato
Papa Giovanni XXIII, dopo 81 anni
e mezzo di vita e 4 anni, 7 mesi e 6
giorni, - Luciani sintetizzò - di “umile
servizio” pontificale».
E nella solenne liturgia funebre in
Cattedrale disse: «Questo “servizio” in
un arco assai breve di tempo, fu in
realtà densissimo di opere generose a
favore sia della Chiesa sia del mondo
intero. “Umile” fu invece l’atteggiamento del suo spirito. Collocato sull’alta
cattedra, si presentò al mondo, dicendo:
“Sono uno di voi, sono vostro fratello Giuseppe”. Operando, insegnando,
avvicinando gli uomini ripeté senza
mai stancarsi: “Cerchiamo quello che ci
unisce! Abbiamo fiducia in Dio e negli
uomini! Vogliamoci bene!”.
Semplice, abbandonato alla “Buona
provvidenza” di Dio, sorridente, ma
risoluto e instancabile, fin dall’alba del
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Due in uno
La rivista che avete in mano raccoglie due
numeri in un unico fascicolo: il terzo e il
quarto dell’anno. Esce con il doppio delle
pagine e raccoglie dei contributi di spessore.
Si apre col ricordo dei cinquant’anni
trascorsi dalla morte di papa Giovanni XXIII,
il quale rdinò vescovo Albino Luciani e fu
per il suo ministero pastorale un costante
punto di riferimento.
Nella parte centrale trovano spazio articoli
di ampio respiro. La dottoressa Stefania
Falasca presenta i risultati della sua tesi di
dottorato dedicata al modo originalissimo di
scrivere di Luciani. Egli unisce semplicità di
espressione con ampie e variegate referenze
letterarie. La sua è una parola umile che
ha alle spalle una straordinaria ricchezza di
letture.
Quattro facciate sono dedicate allo stile
pastorale di Luciani. Voleva essere “Vescovo
tra la gente”: lo mette in luce la bella penna
di Francesco Taffarel. Nelle visite pastorali
si intratteneva con ammalati, anziani,
bambini. Seguiva lo stile di Gesù.
Nell’esercizio del ministero pontificio Luciani
inaugurò uno stile nuovo. Tali tratti furono
messi in luce già nelle omelie dei novendiali,
come ben riconosce e testimonia Antonio
Bartoloni nel suo saggio, riportando anche
passi significativi delle stesse.
L’elezione alla Segreteria di Stato vaticana
di Mons. Pietro Parolin ha suggerito la
pubblicazione della bella omelia su Luciani
tenuta a Canale d’Agordo nel 2011 in
occasione memoria della sua elezione al
soglio pontificio.
Infine, a conclusione dell’anno della fede
indetto da Benedetto XVI, non poteva
mancare un riferimento al modo con cui,
da vescovo e da papa, Luciani ha parlato
di questa che è la porta di accesso alla
relazione con Dio e alla vita in Cristo e nella
Chiesa.
don Francesco De Luca
2
> CONTINUA DA PAG. 1
Pontificato lanciava l’idea ardita del
Concilio Ecumenico, che coraggiosamente iniziava, per il buon esito del
quale offriva reiteratamente la vita» (3
giugno 1963).
Ai veneziani ricordò: «È stato poi
per cinque anni nostro amatissimo e
veneratissimo Patriarca Metropolita».
E il 27 agosto 1978, al suo primo angelus domenicale in Piazza San Pietro,
ha confidato: «Papa Giovanni ha voluto
consacrarmi Lui con le sue mani qui
nella Basilica di San Pietro; poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono
succeduto sulla cattedra di San Marco,
in quella Venezia che ancora è tutta
piena di Papa Giovanni. Lo ricordano
i gondolieri, le suore, tutti…» e poi,
ricordando Paolo VI, Luciani disse: «Mi
chiamerò Giovanni Paolo. Io non ho né
la sapientia cordis di Papa Giovanni,
né la preparazione e la cultura di Papa
Paolo, però sono al loro posto, devo
cercare di servire la Chiesa».
Gettare dei ponti
«L’idea di papa Giovanni che più ha
colpito il mio spirito è questa: La Chiesa di Cristo luce delle genti! La Chiesa
deve far chiaro non solo ai cattolici, ma
a tutti, essa è di tutti, bisogna cercare
di avvicinarla a tutti. Quando Roncalli
arrivò nel 1935 in Turchia c’erano lì decine di sacerdoti e migliaia di fedeli, ma
quasi nessuno di essi si era premurato
di imparare la lingua nazionale turca;
i cattolici si erano un po’ chiusi in se
stessi, facevano isola. Egli cercò che gli
Atti ufficiali della “Delegazione” fossero
redatti in turco e in turco volle recitare
il “Dio sia benedetto”. Ci furono critiche
ed egli rispose: Sono per i cattolici e
sono per i turchi…
È il programma che da papa applicò in grande: gettare ponti verso
il mondo. Il concilio è uno di questi
ponti. In una udienza a noi vescovi
del Veneto ha raccontato come gli era
venuta l’idea. Una mattina viene qui
Tardini con il solito fascio di carte. Le
passiamo in rassegna, poi si esamina la
situazione del mondo. Tanti problemi,
tante difficoltà! Si dice: Cosa può fare
la Chiesa per aiutare? Non ci avevo
pensato prima, ma in quel momento
mi balena un nome e dico: Ci vorrebbe un Concilio Ecumenico! Detta la
libertà; si osserva: non si deve confondere l’errore con l’errante; l’errante è
sempre e anzitutto un essere umano e
conserva, in ogni caso, la sua dignità
di persona e va sempre trattato come
si conviene a tale dignità”. Non si cede
all’errore assolutamente nulla, ma si fa
un passo verso gli erranti».
Luciani da Gv XXIII.
parola, quasi mi meraviglio di averla
pronunciata e guardo Tardini. Ecco che
depone le carte sul tavolo, gli vedo brillare gli occhi da miope, sento che dice:
“Questa, Santità, è una grande idea! Sì,
ci vorrebbe un Concilio!”».
Mater et Magistra
«La Enciclica Mater et Magistra è
considerata ponte verso il mondo. I problemi in essa trattati interessano tutti;
vi si parla, tra l’altro, degli squilibri tra
paesi progrediti e paesi sottosviluppati,
vi si tratta della decolonizzazione, della
popolazione mondiale, che cresce, di
fronte ai mezzi di sussistenza scarsi. E vi
si conclude: noi siamo responsabili dei
paesi sottosviluppati, dobbiamo aiutare,
noi privati e noi nazioni! Restano fermi
i principi, le infauste ideologia sono
chiamate “effimere ed erronee”. Si parla della persecuzione che da decenni
infierisce in molti paesi, della raffinata barbarie dei persecutori, i cattolici
sono ammoniti di non venire mai a
compromessi riguardo alla religione e
alla morale, si raccomanda lo spirito
di comprensione, si invitano i cattolici
a collaborare lealmente nell’attuazione di oggetti che siano di loro natura
buoni o almeno riducibili al bene per
la prima volta, si fanno, in una Enciclica, esplicite lodi a istituzioni laiche
come l’Organizzazione Internazionale
del Lavoro e la Fao».
La Pacem in terris
«È la prima Enciclica in cui un papa
si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, al di qua e al di là delle frontiere
della Chiesa Cattolica… “La pace di cui
si parla è quella cristiana, fondata solo
sul timor di Dio, sull’amore agli uomini
e sulla libertà; si dice chiaro che ci sono
regimi politici che non assicurano alle
singole persone una sufficiente sfera di
Non ha cercato il successo
Luciani scrive che Roncalli si è «veramente lasciato guidare dalla volontà di
Dio, non ha cercato il successo. Nominato arcivescovo nel 1925, scrive agli amici:
“…non sento che rossore e confusione;
lo spirito però è tranquillo e il cuore
in pace. Faccio l’obbedienza vincendo
forte ripugnanza a lasciare certe cose e
ad avventurarmi a certe altre”.
Visitatore e poi Delegato Apostolico in Bulgaria per nove anni incontra
prove non piccole né brevi. Scriveva:
“Di ciò che il mondo può dire non mi
curo…a me basta il testimonio della
mia buona coscienza e il sapere che il
S. Padre è contento della modesta opera
mia”. Dalla Bulgaria viene trasferito alla
Turchia e alla Grecia e lui scrive: “Molta
gente delle due rive di Europa e Asia mi
compatisce e mi chiama sfortunato. Io
non so perché. Faccio l’obbedienza che
si vuole da me e non altro… Ma io non
cesso di guardare in alto e lontano”».
Guardare in alto e lontano
«Una frase, scrive Luciani, che diviene familiare a Papa Giovanni: “guardare
in alto e lontano!”. Imbevuto di questo
spirito di pazienza, di distacco dalle
cose del mondo, di fiducia in Dio solo,
affronta le difficoltà della nunziatura
di Francia, della Diocesi di Venezia e
dei grandi problemi del Pontificato. Da
Parigi scrive al Vicario capitolare di Venezia: “... in questa mia nomina non c’è
stato nulla di mio; perciò vengo ben
volentieri”».
E conclude Luciani: «Compiuta la
sua missione, egli è ora passato al Signore. Quaggiù resta il bene che ha
fatto, resta, incitatore e consolante, il
suo luminoso esempio. Resta anche
l’alto insegnamento, questo: Allargate
l’area della Chiesa! La verità da solo
non basta, occorre la carità! Guardate
in alto e lontano! Camminate sulle vie
dell’obbedienza per arrivare al regno
della pace… Traduciamo l’esempio in
salde convinzioni ed in sode virtù».
A voi lettori: Grazie! Scriveteci!
Nello scorso numero della rivista abbiamo rivolto al tutti
l’appello: “Salviamo Humilitas”. Veniamo ora a ringraziare
tutti coloro che già hanno contribuito con generosità e così
ci incoraggiano a continuare questo servizio alla memoria del
nostro amato don Albino – papa Luciani.
Per diffonderne ulteriormente la conoscenza ed aiutare così
anche la rivista chiediamo a voi lettori fedeli di diffonderne
la conoscenza tra le persone che, a vostro giudizio, possono
averne interesse ed ai quali l’incontro con la figura di Luciani
potrebbe fare bene allo spirito. Se a qualcuno volete donare
la rivista o una persona desidera riceverla scriveteci per
richiederla e saremo davvero lieti di inviarla.
Rivolgiamo anche un appello a chi da molto tempo non dà
segno di sé: scriveteci per confermare la ricezione del giornale.
Nel tempo variano molte cose: c’è chi cambia indirizzo, c’è chi
3
Il buon senso dei filosofi
DI
CESARE VAZZA
Il termine “Filosofia” vuol dire: amore del sapere, come “Teologia”
vuol dire: parola su Dio. E ambedue si aiutano a vicenda. Infatti la
filosofia è lo strumento che spiega la teologia e le dà una forma.
Socrate, Platone e Aristotele sono illustri filosofi della Grecia antica.
Il nostro Luciani li conosceva e li stimava, citandoli spesso nei suoi
A voi lettori: Grazie! Scriveteci!
Nello scorso numero della rivista abbiamo rivolto al tutti
l’appello: “Salviamo Humilitas”. Veniamo ora a ringraziare
tutti coloro che già hanno contribuito con generosità e così
ci incoraggiano a continuare questo servizio alla memoria del
nostro amato don Albino – papa Luciani.
Per diffonderne ulteriormente la conoscenza ed aiutare così
anche la rivista chiediamo a voi lettori fedeli di diffonderne
la conoscenza tra le persone che, a vostro giudizio, possono
averne interesse ed ai quali l’incontro con la figura di Luciani
potrebbe fare bene allo spirito. Se a qualcuno volete donare
la rivista o una persona desidera riceverla scriveteci per
richiederla e saremo davvero lieti di inviarla.
Rivolgiamo anche un appello a chi da molto tempo non dà
segno di sé: scriveteci per confermare la ricezione del giornale.
Nel tempo variano molte cose: c’è chi cambia indirizzo, c’è chi
Socrate
Era un uomo paziente,
dice Luciani, e racconta un
episodio della sua vita: «Ho
sposato Santippe apposta,
aspra com’è, perché, una
volta sopportata lei, son sicuro che saprò sopportare
chiunque altro». Ma un giorno, per non sentirla brontolare, uscì di casa e si sedette
sulla soglia. Irritata, la donna
gli versò addosso dalla finestra un secchio d’acqua.
«Dovevo immaginarlo - disse
placido Socrate - dopo tanto
tuonare è venuta la pioggia».
Cosa vuol dire vivere con
filosofia!... Un’altro episodio:
Socrate aveva un principio
per risolvere le difficoltà finanziarie e così rispose a chi
gli domandava dei denari:
«Fatteli prestare da te stesso,
risparmiando sulle tue spese». Quindi una vita sobria,
con minor spese, è la miglior
soluzione!
Parlando di educazione
dei figli, Luciani cita Socrate
che giocava con i suoi figli
e li amava fino a dire: «Dai
figli ho più ricevuto che
dato».
Platone
“Ringraziava la divinità
per due cose - scrive Luciani
- primo, di essere nato e cresciuto in un paese come la
Grecia; secondo, di essere
stato alla scuola di Socrate».
E aggiungeva: «Noi siamo
più fortunati di Platone, i
nostri maestri sono discepoli di Cristo, la cui dottri-
scritti e discorsi. Anzi egli aveva una idea originale della filosofia:
«Non è altro che buon senso – scrive – levigato, se volete ben
piallato e sistematizzato.... E il filosofo non ha affatto il compito
di mettere fuori idee strane; la sua bravura è dire cose vere con
parole facili, come Aristotele, Agostino ecc.».
è un autista che preme ora
il freno, ora l’acceleratore».
Il cardinale Luciani, patriarca di Venezia, visita i ragazzi bellunesi alla
colonia al Cavallino. Era vero maestro nel dialogo, nell’insegnamento,
nell’educazione.
na supera quella di Socrate
come lo splendore sovrano
del sole batte la timida luce
della candela».
Interessante, secondo
Luciani, sono i segni della decadenza democratica,
enumerati da Platone nel De
Republica: i governanti sono
sopportati dai sudditi, chi
obbedisce alle leggi è chiamato stupido, i padri hanno
paura di correggere i figli, i
figli oltraggiano i genitori, il
maestro ha paura dello scolaro e lo scolaro disprezza il
maestro, i giovani si credono
liberi a far di tutto ecc. Ma
oggi c’è ancora “democrazia”
che vuol dire buon senso e
rispetto?...
Parlando della prudenza, Platone la definiva:
“Cocchiere delle virtù”. E
Luciani commenta: «Ma il
cocchiere maneggia la frusta
e sacrifica anche il cavallo
pur di arrivare e arrivare in
tempo. Quindi la prudenza è
una virtù attiva, è un motore.
Non è pigrizia, inerzia, passività... Oggi, noi diremmo che
Aristotele
«C’è una virtù speciale
che Aristotele chiama eutrapelia, cioè la capacità di
convertire in ridere le cose
che vediamo o udiamo». Ce
ne sarebbe bisogno. Ma non
è facile, perchè siamo tutti
piuttosto ombrosi, paurosi,
pessimisti. Nel 1977, in una
omelia, Luciani ebbe a dire:
«Della virtù dell’eutrapelia
si sente poco parlare..... Un
santo eutrapelico per eccellenza era s. Filippo Neri che
sapeva convertire tutto in
solacium, in sollievo, con
buon umore... Goldoni con
le sue commedie, Chaplin
con le sue brillanti farse,
erano simpatici, divertivano la gente, insegnavano
ai cristiani come si può e si
deve ridere, senza le tante
sguaiatezze di oggi». E conclude: «Cristianesimo e sano
umanesimo, cristianesimo e
ottimismo sono vicini più di
quello che di solito si crede.... Tutte le sane gioie vanno raccomandate ai cristiani:
le cerchino, le coltivino e le
proteggano contro le insidie
della tristezza, dell’abbattimento, del lasciarsi andare.
Esse sono un valore in sé,
possono essere di grande
aiuto alla vita buona».
Anche il nuovo Papa
Francesco è sulla linea di
Papa Luciani, quando dice:
«Il cristiano deve essere sempre ottimista e mai triste».
4
Sermo humilis e referenze letterarie
negli scritti di papa Luciani
DI
N
ei canoni linguistici adottati da Giovanni Paolo
I, caratterizzanti il suo magistero episcopale e petrino,
si esprime la sua particolare
fisionomia di pastore. In questa relazione ci inoltreremo
nella filigrana dei testi per
entrare nell’universo architettonico della sua scrittura e
della sua parola.
Macbeth e il facchino
Nel 1965 il futuro
Giovanni Paolo I, allora vescovo di Vittorio Veneto1, trovandosi a dover spiegare la
grazia attuale ai suoi preti,
con rara efficacia descrittiva
paragonava il desiderio di
Dio con il desiderio di avere
una bella automobile procedendo con quella che in
STEFANIA FALASCA
Iniziamo a pubblicare da questo numero la relazione che la dott.sa
Stefania Falasca ha tenuto a Feltre, presso il Museo diocesano di
arte sacra, il 25 ottobre 2012. In essa l’autrice condensa i risultati
della sua tesi di dottorato in italianistica, dedicata all’argomento.
Un papa inedito
(PRIMA PARTE)
retorica si chiamerebbe «definizione per comparazione»,
ma che nel suo vocabolario
è disarmante quotidianità; la
stessa che in un passo più
avanti, nel ricordare la necessita del raccoglimento, gli
fa dire:
«Silenzio con gli uomini.
Macbeth diceva: “Ho ucciso
il sonno”. Mi pare che abbiamo ucciso il sonno anche
Una scena dall’opera lirica “Macbeth” di Verdi, realizzata dall’omonima
opera di Shakespeare.
qui, con tutto questo fracasso, con tutti questi rumori.
Si stenta ad avere un po’ di
quiete. Andando a Lourdes
alla stazione di Milano ho
visto una cosa strana. Sapete
che fracasso lì, quanti fischi,
quanti treni. Sono trent’otto
binari m’han detto, alla stazione centrale. Ebbene c’era
un facchino che s’era messo
un sacco sotto la testa: era lì
disteso [...1. Come faceva a
dormire? Aveva fatto la sua
zona di silenzio»2.
Non è che un accenno di
quell’agio che Albino Luciani
aveva a correlare la fede al
mondo, a piegare tutto al
Sermo humilis. Macbeth ai
facchini. E non solo Macbeth
ai facchini.
Il brano appena citato
appartiene alla raccolta degli scritti, circa ottocento, che
costituiscono attualmente l’Opera omnia3: omelie, discorsi, lettere, udienze, articoli,
interventi, saggi, tra i quali
Catechetica in briciole, e la
fortunata silloge di quaranta
epistole immaginarie pubblicata nel 1976 dal titolo:
Illustrissimi 4.
Una miscela di umile e sublime
Ebbene, addentrandosi
in queste pagine che, da
quelle degli anni Quaranta
fino alle ultime relative alle
udienze pontificie mantengono pressoché invariato il
medesimo registro, si resta
davvero sorpresi di fronte
al disinvolto, ardito, quanto inusuale piegarsi del
profeta Isaia ad Anzoleto,
di Gregorio di Nissa al rustego Lunardo, di citazioni
scritturali e patristiche alle
voci vive e idiomatiche dei
personaggi delle commedie
goldoniane o di Moliere, o
quelle ancora dei dottori
della Chiesa ai personaggi di
Rabelais o di Cervantes. Così
la voce di san Tommaso d’Aquino si trova unita a quella di Pantagruel, quella di
sant’Agostino a Sancio Panza
o quella di san Francesco
di Sales a Figaro Barbiere,
accanto a un affollato caleidoscopio di personaggi storici, pittori, scultori,
registi, giornalisti, poeti e
autori di ogni epoca, della
letteratura classica Latina e
greca, di quella italiana —
da Dante a Manzoni, da
Trilussa a Pasolini e Buzzati
— di quella tedesca, castigliana, francese, russa, con
i grandi scrittori da Gogol a
Pasternak, di quella angloamericana con Scott, Twain,
Shaw, Dickens, Chesterton.
Un interattivo mescolarsi
di umile e sublime, sacro e
profano, tanto naturaliter
da far si che il lettore quasi
non s’accorga dell’innovativa quanto inaspettata teologia fatta a base di code e
di schiene di elefante tratte
dalle Favole di Tolstoj, come
nella lettera a Gioachino
5
Belli in Illustrissimi, o del
disinvolto incedere di san
Bernardino da Siena a braccetto con la scrittrice statunitense Willa Cather e il suo
romanzo Shadows on the
Rock, del quale Luciani, alla
ricerca del suo mot juste, occhieggiava l’incipit in un articolo sull’«Amico del Popolo»
già nel 19435. E il solo dato
che la Cather, scomparsa nel
1947, divenne nota oltre le
frontiere statunitensi solo più
tardi, non può che far riflettere sul suo guardare oltre
e lontano, sui suoi orizzonti
culturali, sulle sue letture,
sull’apertura verso il nuovo
e la sua attitudine alla ricerca, portando a riconsiderare inevitabilmente anche il
nucleo originario della sua
formazione, che non può essere ascritto solamente entro
gli organigrammi di un seminario post-tridentino6. La
formazione di Luciani merita
certamente una trattazione
ampia. Resto al solo esempio
della scrittrice statunitense
(della quale aveva pure letto, oltre al romanzo citato,
anche Death comes for the
Archibishop che fece poi conoscere ai suoi seminaristi
nel corso della sua attività di
docente presso il Seminario
gregoriano) per evidenziare
quanto l’interesse verso la
narrativa, in particolare angloamericana, si manifesti
precocemente in Luciani.
Egli raggiunse presto un grado di maturità culturale ben
oltre quella di un corso scolastico svelando una natura
da enfant prodige; e se il vasto repertorio di studi umanistici, letterari e artistici, uniti
alla competenza nelle discipline acquisite e insegnate
da Luciani nella tradizionale formazione ecclesiastica,
dimostrano da una parte la
forte capacità speculativa di
analisi e di sintesi e uno spiccato senso di acquisizione
e rielaborazione dei termi-
San Bernardino e Willa Cather, uno tra i tanti arditi accostamenti cui era
solito Albino Luciani.
ni incontrati nelle sue vaste
letture, dall’altra rivelano la
natura di autentico bibliofilo,
come attesta la ricca biblioteca personale oggi purtroppo
dispersa, che solo in parte, si
è potuto ricostruire7.
Familiarità letterarie
A fronte di queste osservazioni, due sono le note da
rilevare. La prima è che ci
troviamo davanti a un papa
inedito, per diversi aspetti: a)
non solo perché parte delle
sue carte sono inedite e la
sua opera non è pienamente
conosciuta e frequentata dalla critica, data ancora a oggi
la scarsità degli studi specialistici8; b) inedito anche nel
senso di originale perché
l’assoluta singolarità del suo
codice gestuale e linguistico
sgorgano da una cultura vastissima e versatile che unisce in felice e geniale sintesi
nova et vetera.
Seconda nota: la familiarità di Luciani con la letteratura, la dimensione letteraria,
o meglio, la letterarietà che si
esplicita nella sua opera, non
configurandosi come aspetto
marginale, ma canone connotativo caratterizzante l’intera
sua produzione orale e scritta, viene a porsi quale cardine interpretativo privilegiato.
Ciò è confortato anche
dalla non estraneità di Luciani
a certe istanze critiche umanistico-letterarie che, in particolare negli anni veneziani, lo
vedevano presiedere «assiduo
e attentissimo», come attesta
Vittore Branca, agli incontri
presso la Fondazione Cini9.
Ma è ancor più legittimato
dal fatto, che non costituzioni
o esortazioni apostoliche, né
encicliche sono state il lascito del suo pontificato ma un
testo squisitamente letterario, Illustrissimi, dallo stesso
pontefice riveduto e corretto
e ridato alle stampe proprio
nei trentatre giorni di pontificato. La quarta edizione di
Illustrissimi esce, infatti, con
l’imprimatur papale: «È un’edizione che assume un particolare significato perché egli
stesso ha voluto rivedere il
suo libro e apportarvi alcune
correzioni pochi giorni prima
di lasciarci [...1 sarebbe stato il suo testamento umano,
spirituale e pastorale» scrisse
nella presentazione Angelo
Beghetto, allora direttore del
Messaggero10.
Un parere autorevole
Il dato, non secondario
nella sua valenza, l’aveva già
Jean Guitton, il filosofo francese che
definì papa Luciani uno “scrittore
nato”.
intuito Jean Guitton, il filosofo caro a Paolo VI, che,
l’indomani della salita al soglio di Pietro di Luciani, su
Le Figaro, il 28 agosto 1978,
aveva scritto:
«Ascoltando poco fa in
piazza San Pietro il primo
Angelus di Giovanni Paolo I,
ho ritrovato l’arte dell’omelia, quella che i padri greci
definivano arte di conversare semplicemente con gli
uomini [...1. Mi sembra di
riconoscere nel nuovo papa
un po’ di quell’ardire, di
quella “acquisita innocenza”, direbbe Bergson [...1.
Ho preso visione del testo
della sua Catchetica in briciole e del suo Illustrissimi
dove ho ritrovato il sapore
di quello scrittore nato che
è Albino Luciani. Il termine
sapore riassume l’impressione di saggezza, di scienza e
di sapidità lasciatemi dagli
scritti e dalle parole di questo pastore incomparabile.
Vi si intuiscono quel misto
di humour e di amore che
lo affratellano a Dickens e
a Mark Twain, i suoi autori
preferiti»11.
Guitton, in sostanza, rilevando nel nuovo pontefice il
carattere dello scrittore aveva puntato l’attenzione sulla
centralità del linguaggio e
sulla scelta di un linguaggio
comprensibile e leggibile
come frutto di elaborazione
critica e di arte.
Seguendo questa rotta
ci si può inoltrare nella fitta
rete degli echi e dei richiami di quel peculiare milieu
culturale per scorgere quei
contrafforti, quelle impalcature portanti, quei modelli che
questo linguaggio determinano e costituiscono, e le valenze ultime che lo motivano.
In questa prospettiva
Illustrissimi può essere considerato quale parte del tutto
in sé compiuto, epilogo e sinthesis dell’ampiezza del suo
orizzonte.
6
Una selva di scrittori e personaggi
La rassegna apre con la
lettera a Dickens, cui segue
la missiva a Twain; la terza
e indirizzata a Chesterton. A
essi seguono altri due autori
anglofoni: Scott e Marlowe.
Alle lettere a Goethe e Peguy
si uniscono quelle ai grandi
della tradizione letteraria classica e italiana: Quintiliano,
Petrarca, Manuzio, Goldoni,
Manzoni, ai poeti dialettali
Belli e Trilussa, ai personaggi del mito classico come
Penelope. I personaggi fittizi di celebri romanzi come
Cicikov delle Anime morte
di Gogol, Figaro de Il barbiere di Siviglia, i Quattro del
Circolo Pickwick e Pinocchio,
si accompagnano, citandone
solo alcuni, a personaggi storici di ogni epoca e a dottori della Chiesa: Ippocrate,
Bernardino da Siena, Maria
Teresa d’Austria, Bernardo
di Chiaravalle, Guglielmo
Marconi, Teresa d’Avila,
Andreas Hofer, Francesco
di Sales, Felice Dupanloup,
Teresa di Lisieux. Una delle
lettere è destinata a un pittore
ignoto; una a un orso; quella
a Gesù chiude l’epistolario.
Ritroviamo qui, dunque,
quell’inusuale mescolarsi di
scrittori e personaggi con i
quali l’autore s’intrattiene in
colloquio sulle virtù e sulle
verità della fede, affrontando
questioni morali e problemi
attuali.
La genesi di Illustrissimi
Attraverso la scansione
diacronica dei testi, la disamina del materiale preparatorio, l’analisi intertestuale
degli scritti dell’Opera omnia e lo studio delle carte
inedite dell’archivio privato di Luciani è stato possibile ricostruire la genesi e
l’elaborazione delle lettere.
Il lavoro filologico ha consentito di individuare le fonti
dalle quali l’autore ha attinto,
anche grazie al reperimen-
Nel chiostro degli
antiquis illustrioribus
(SECONDA PARTE)
Del corpus di Illustrissimi, costituito dalle quaranta lettere
immaginarie pubblicate mensilmente dall’autore sulla rivista
«Messaggero di sant’Antonio», dal maggio 1971 al novembre 1974,
sono anzitutto i destinatari delle lettere ad attirare l’attenzione.
il progressivo affermarsi del
genere letterario dell’epistola
nella produzione lucianea.
to di una parte dei volumi
inerenti a Illustrissimi della
dispersa biblioteca personale di Luciani. Analizzando la
stesura di ciascun passaggio
delle lettere si può osservare
la complessa procedure di
collazione, interazione e produzione che le caratterizza.
Basti qui, a esempio, la lettera a Peguy sulla speranza.
La lettera si struttura interamente sui versi della terzina
contenente la definizioneprofessione di Dante dell’aspettazione certa della salvezza: «Spene» diss’io «è uno
attender certo/ de la gloria
futura, il qual produce/ grazia
divina e precedente merto» e
riprende il canto venticinquesimo del Paradiso sulla virtù
teologale della speranza dal
verso 67 al verso 75. Anche la
successiva epistola sulla fede,
indirizzata al poeta romanesco Trilussa, allude a Dante. Il
testo dal quale la lettera trae
origine, una conferenza tenuta dall’autore nel 1960, esplicita il debito dantesco nella
conclusione rimandando al
ventiquattresimo canto del
Paradiso. Per la prima volta
si è così entrati nell’officina
del testo di Illustrissimi, così
come si è potuto ripercorrere
Due anticipazioni
Già all’inizio degli anni
Quaranta, come documenta
la produzione pubblicistica del periodo bellunese,
Luciani mostra una predilezione verso questo genere
letterario e costituisce un
precedente il carteggio apparso nel giugno 1945 in tre
puntate sul settimanale diocesano «L’amico del Popolo»,
nel quale egli affronta il tema
dell’indissolubilità del matrimonio intrattenendo una corrispondenza fittizia con una
immaginaria lettrice1.
Tuttavia i prodromi di
Illustrissimi sono rintracciabili nelle tre Lettere a Penelope
(con risposta pagata) pubblicate dal vescovo Luciani
sul settimanale diocesano di
Vittorio Veneto «L’Azione»,
nel 1968. Con le Lettere a
Penelope l’autore dichiara
la predilezione verso l’espediente del carteggio «anacronistico» nell’orizzonte della
contemporaneità e fissa la
scelta di questo genere letterario definendo la tipologia
del suo epistolario: lettere o
carteggi verso autori e personaggi appartenenti a epoche
diverse o fittizi.
La forma epistolare
La scelta della forma epistolare offre inoltre alcuni
vantaggi: non è vincolante
dal punto di vista del conte-
nuto e consente di sfruttare
anche la risorsa del dialogo,
intendendo la lettera come
colloquio immaginario con
il destinatario2. Una scelta
caratterizzante evidenziata
già nella prima pubblicazione della serie di lettere sulla rivista padovana:
«Un’alta personalità della
Chiesa parla agli uomini del
nostro tempo attraverso un
epistolario ideale con alcuni
personaggi della cultura e
della storia».
Nell’elaborazione di questa tipologia giunge certamente l’eco della larga fioritura dell’epistolografia e dei
«dialogi» fittizi della tradizione greca, romana e cristiana,
nonché di quella umanistica
e moderna3. È tuttavia verosimile che suggestioni dirette
nella silloge di Illustrissimi,
evocate nel titolo stesso, provengano dal ventiquattresimo libro delle Familiares
di Petrarca, l’ultimo delle
Familiares, indirizzato «a certi
illustri antichi» «ad quosdam
ex antiquis illustribus», tra i
quali Cicerone, Quintiliano,
Omero, Orazio4.
La scelta del referente
petrarchesco è emblematica. La potente riflessione di
Petrarca sul valore positivo
del «sermo» nel chiostro degli
«antiquis illustribus» conduce
infatti nel vivo dei colloqui,
nei quali il lettore finisce per
avere un’impressione precisa
e fondamentale: che la raccolta delle Familiares voglia
essere, anzitutto, al di la dei
secoli e del tempo, l’ininterrotto colloquio che i grandi
intessono tra loco a beneficio
dell’umanità. Orizzonte nel
quale si può ascrivere anche
l’intento pedagogico proprio
della silloge lucianea con il
suo sermo inter absentes.
Il ventiquattresimo libro
delle Familiares, tuttavia, se
da un lato può costituire un
referente nell’usus scribendi,
non appare quale referente
7
per i canoni linguistici adottati dall’autore in Illustrissimi
perché la selezione degli autori dialettali, il consistente
numero di autori della narrativa angloamericana, dei
personaggi dei romanzi e di
Dante, sono indicativi di precise scelte linguistiche.
6.
NOTE
Gli antiquis illustribus.
1. Albino Luciani fu vescovo
della diocesi di Vittorio
Veneto dal dicembre 1958
al dicembre 1969.
2. A. LUCIANI - GIOVANNI PAOLO
I, Opera omnia, 9 voll.,
Padova, 1988-1989, pp.154155. Il brano tratto da un
corso di esercizi spirituali
predicati da Luciani dal 10
al 15 gennaio 1965. Il testo
trascritto delle conversazioni, ispirate alla parabola del
buon samaritano, fu rivisto
e corretto dall’autore e pubblicato postumo nel 1980.
3. Il complesso degli scritti, edito dalle edizioni
Messaggero nei nove volumi
dell’Opera omnia, necessita
di una riedizione e di un
ampliamento, considerati gli
scritti inediti, le carte dell’archivio privato rinvenute nel
corso del lavoro di ricerca
delle fonti documentali e
gli articoli dell’intera sua
attività pubblicistica in parte recentemente attribuiti e
di cui in parte è ancora in
fieri il lavoro filologico di
attribuzione.
4. La prima edizione dell’opera
è del gennaio 1976 a cura
delle edizioni Messaggero
(A. L UCIANI , Illustrissimi
— Lettere del Patriarca,
Padova, 1976). L’edizione,
con una introduzione di
Igino Giordani, ebbe una
vasta diffusione, cui seguirono una seconda (gennaio
1977), una terza (settembre
1978) e una quarta (ottobre
1978).
5. Opera omnia, IX, pp. 386391. L’articolo dal titolo La
venuta di san Bernardino a
Belluno apparve non firmato in due puntate sul settimanale diocesano «L’Amico
7.
8.
9.
del Popolo» il 5 e 19 giugno
1943.
Un sintetico excursus del
vasto repertorio di studi
umanistico-letterari e artistici, uniti alla competenza
nelle discipline acquisite e
insegnate da Luciani nella tradizionale formazione
ecclesiastica, si trova nella
tesi di laurea di C. FONTANIVE,
Preparazione scolastica e
culturale in Albino LucianiGiovanni Paolo I, Università
di Padova, a.a. 1996-1997,
ripreso in P. LUCIANI, Un
prete di montagna. Gli anni
bellunesi di Albino Luciani
(1912-1958), Padova, 2003.
Per le competenze letterarie
e il rinvenimento dei volumi
provenienti dalla biblioteca
personale di Luciani inerenti
a Illustrissimi cfr. la tesi di
dottorato in italianistica di S.
FALASCA, Senno bumilis e referenze letterarie negli scritti
di Papa Luciani: il caso di
Illustrissimi, Università degli
studi di Roma - Tor Vergata,
a.a. 2010-2011.
La scarsa produzione scientifica sulla figura e l’opera
di Giovanni Paolo I è stata
anche recentemente sottolineata: «Luciani [...] sul piano
dell’interesse storiografico,
riscuote solo un’attenzione
pallida, se non evanescente,
da personaggio tutt’altro che
epocale [...] sembra che nessuno voglia parlare davvero
(e con questo “davvero” intendo in termini rigorosamente scientifici, ossia solo
sulla base di documenti)»; G.
CRACCO, Dal veneto al mondo: davvero, in G. VIAN (a
cura di), Albino Luciani Dal
Veneto al mondo - Atti del
convegno di studi nel XXX
della morte di Giovanni
Paolo I (Canale d’Agordo
— Vicenza — Venezia, 2426 settembre 2008) Roma,
2010, pp. 11-12.
Cfr. V. BRANCA, Protagonisti
del Novecento, Torino 2004,
pp. 103-114; cfr. anche G. DE
ROSA, Erudizione e pietà dei
papi del Concilio: Giovanni
XXXII — Paolo VI —
Giovanni Paolo I, Cassino,
1985. Riguardo alla presenza
del patriarca Luciani nella
vita culturale veneziana
sulla base della documentazione archivistica cfr. S.
FALASCA, Papa Luciani e la
Fondazione Giorgio Cini, in
«Lettera da San Giorgio», XI,
21, settembre 2009-febbraio
2010, pp. 19-21.
10. Presentazione alla quarta
edizione di Illustrissimi (ottobre 1978), p. 5.
11. Le osservazioni sono riprese da Jean Guitton nella
sua prefazione al testo di
Luciani Catechetica in briciole (cfr. A. LUCIANI-GIOVANNI
PAOLO I, Catechetica in briciole, Cinisello Balsamo,
1987, pp. 8-9).
12. Le tirannie della famiglia,
pubblicato il 9, 16 e 23 giugno 1945 (Opera omnia, IV,
pp. 315-346).
13. Della forma epistolare l’autore rispetta alcuni tratti caratterizzanti come la presenza della superscriptio o saluto iniziale in cui compare
il nome del destinatario. La
prima pubblicazione delle
lettere a Twain, Chesterton,
Péguy e Trilussa sulle colonne de «Il Gazzettino» e del
«Messaggero di S. Antonio»
conserva anche il saluto finale.
14. Fonti orali, nell’ambito della
famiglia di Luciani, attribuiscono l’ispirazione dell’epistolario anche alla lettura
del testo di F. GIANANI, Bel
medioevo, Brescia, 1936, che
l’autore prese in prestito dalla cognata Antonietta, moglie del fratello Edoardo, nel
corso delle sue visite nella
casa natale.
15. Le Familiares sono variamente citate negli scritti.
A Petrarca l’autore dedica la lettera XXXVI di
Illustrissimi. La referenza
petrarchesca nella genesi
della raccolta epistolare è
confermata nei loro memoriali dal fratello Edoardo
e dal segretario di Luciani
negli anni veneziani, monsignor Mario Senigaglia (trascrizioni in Archivio della
postulazione della causa di
canonizzazione di Giovanni
Paolo I - Roma).
8
Vescovo per la gente
Le tappe della visita pastorale
DI
Il Catechismo e la frequenza alla chiesa
Le tappe ideali della Visita si ispiravano a quelle
che furono le tappe del peregrinare di Cristo, venuto
non per essere servito, ma
per servire. Scriveva: «Questi
voleva i pargoli vicini a sé: il
vescovo avvicinerà i fanciulli
negli asili, nelle classi della
dottrina cristiana, a parecchi
conferirà la Cresima… Aiuterà i catechisti…».
Luciani stimolava una
risposta facile per ogni ragazzo, metteva la propria
firma su ciascun quaderno
dei ragazzi…
«All’infanzia, alla fanciullezza, all’adolescenza
noi diamo tanto; ma quanto diamo ai giovani e agli
adulti? Nel Medio Evo adulti
universalmente religiosi facevano religioso l’ambiente
e i fanciulli respiravano la
religione grado grado, senza
bisogno di speciali istruzioni, come i figli imparano la
lingua della mamma senza
bisogno di grammatiche e
vocabolari».
«Trovo nel Sinodo di uno
dei miei antecessori che, durante il Vespro festivo, gli
osti venivano obbligati a
chiudere le osterie per non
trattenere gli adulti dal catechismo. Vorrei che uno di
loro mettesse fuori la testa
dal cimitero adesso, in un
pomeriggio di domenica,
quando lo stadio zeppo
fa salire le grida dei tifosi,
quando file interminabili di
auto e di motociclette transitano per le nostre vie. …
Tanto il clima è diverso!»:
«Ho capito che ci sono
due qualità di prediche:
TAFFAREL DON FRANCESCO (SECONDA PARTE)
Luciani al capezzale di un ammalato in una delle sue visite pastorali.
quelle che fanno restare il
pubblico a bocca aperta e
quelle che commuovono e,
soprattutto, istruiscono, senza destare gloria e destare
meraviglia in nessuno. S.
Vincenzo de’ Paoli, saputo
che uno dei suoi preti si era
permesso in una missione al
popolo di sostituire il semplice catechismo con altre
prediche, gli scrisse, addoloratissimo, con buon inchiostro, di non permetterselo
più, per il seguente motivo:
“Il popolo ha bisogno di
catechismo e ne cava più
vantaggio”. Avrebbe potuto
aggiungere che al catechismo il popolo prende più
interesse e gusto, solo se ci
si sappia fare. Così fece un
quaresimalista, che tenne
con successo di pubblico e
con ottimo frutto spirituale la
sua predicazione in un centrino non disprezzabile. Nel
presentarsi, il nostro quaresimalista, fece il birichino,
annunciando temi alti e titoli abbaglianti; nel predicare
invece si limitò a spiegare
con brio, ma tale a quale il
piccolo catechismo di S. Pio
X. “I misteri principali della
fede” divennero, con lui, “il
limitare dell’infinito”. La predica sul segno della croce
fu annunciata come conferenza sul “labaro vittorioso”,
“Forza, luce e calore” era il
titolo della lezione su Dio
uno e trino. “Come andrà a
finire” trattava dei due giudizi, particolare e universale…Il predicatore si guardò
bene dal dire: “Vi terrò un
po’ di catechismo”.., …soltanto l’ultimo giorno svelò
il segreto: “Tutto quello che
vi ho detto lo troverete nel
Catechismo di Pio X. Acquistatelo, leggetelo, mettetelo
in pratica e voi farà bene”.
Certo bisogna non imitare
quel secentista che dopo
aver annunciato la sera prima che avrebbe parlato sul
“diaspro e sul diamante”,
attaccò in questo modo davanti al numeroso pubblico
accorso: “Cari Signori! Vi
parlo stasera del Signore che
è “Dio-aspro” con i peccatori
induriti e “Dio-amante” coi
peccatori pentiti!”. Anche
nel catechismo dei piccoli
bisogna scegliere con cura la
semente più adatta, perché
il grano stenta a crescere se
si semina troppo fitto».
Scriveva ancora: «Cristo
zelò il decoro del tempio,
sottolineò che esso è soprattutto casa di preghiera,
volle allestita la grande sala
del cenacolo e difese Maria,
sorella di Lazzaro, contro le
critiche di Giuda».
«Il primo ornamento che
il Vescovo apprezza nelle chiese è la frequenza, il
raccoglimento, la partecipazione attiva».
Ritornando a casa dopo
l’incontro con uomini e donne e giovani, in una chiesa
piena di gente, mentre fuori
diluviava, il Vescovo commentò. «Questa è la gioia per
un vescovo!».
Gli ammalati
«Grande passione di Cristo sono stati gli ammalati…
Il vescovo passerà al letto
degli ammalati nelle parrocchie, si forzerà di imitare il
Signore almeno nell’amore
verso gli infermi e, confortando questi, non mancherà di ricordare alle persone
che li assistono, le parole del
buon samaritano: “Prenditi
cura di esso e quanto spenderai di più, te lo pagherò
al mio ritorno”».
E la “lista” preparata dal
Parroco era sempre tanto
9
lunga, vi impiegava non solo
il pomeriggio della domenica, ma anche altre giornate.
E il Vescovo voleva andare
da tutti, anche se pioveva,
e si doveva andare a piedi,
a volte con gli stivali, lungo
i filari delle viti o in case
sperdute; informato, lasciava tra le mani dei bisognosi
qualche offerta personale.
Dedicava a questo ministero
anche più giornate
Una signora ammalata,
residente in una valle lontana da tutto e da tutti, desiderò raccontare al vescovo
la sua vita. Ella partiva molto presto al mattino, anche
alle quattro, e per viottoli
o lungo il torrente, perché
non vi era la strada, andava
in parrocchia per la Messa.
Si confessava, faceva la Comunione e poi, si fermava
da una amica, per mangiare un fetta di polenta e far
ritorno a casa, per dare il
cambio agli altri. “Il Parroco,
come penitenza una volta
mi disse: Mezza penitenza
la hai fatta a venire e l’altra
mezza la farai ritornando, va
in pace”.
Al vescovo faceva piacere farsi raccontare, specie
nella zona pedemontana,
quanto avveniva nel periodo
estivo, quando gli abitanti
partivano per l’alpeggio sul
Cansiglio, sul Pizzoc, al Cadolten. La gente alla domenica partecipava alla Messa
del mattino alle ore 5.00 per
poi salire a piedi in montagna e dare il “cambio”, la
“possibilità” a quelli di lassù, di scendere e partecipare
alla Messa delle ore 11.00 in
Parrocchia, qualora non ci
fosse la possibilità di partecipare alla Messa celebrata
o al Consiglio, o al Cadolten
o al Pizzoc.,
In cimitero
«Cristo ha anche pianto
al sepolcro di Lazzaro e di
un altro Lazzaro ha mostrato
l’anima serena e felice nel
sen di Abramo… il vescovo
pregherà per i defunti della parrocchia, ammonendo
tacitamente: “dolore sì per i
nostri cari defunti, ma temperato dalla speranza cristiana e da soavi visioni di
cielo”».
E lo si vide inginocchiato
sulla tomba di una giovane
mamma, che aveva lasciato
orfani due piccoli bambini e
un marito con tante responsabilità.
E in cimitero spesso diceva: «La vita è un viaggio
con un punto di partenza e
uno di arrivo: il nostro 20°,
50°, 60° anno non è che un
punto intermedio tra questi
due estremi. Ma ecco: mentre conosciamo la distanza
precisa dal punto di partenza, ci è completamente
ignota la distanza dal punto
di arrivo. Noi conosciamo
molte brave persone; sanno
disegno e meccanica, inglese e trigonometria; ma questa piccola nozione, questo
dettaglio insignificante degli
anni che ci restano, nessuno lo sa. Gli anni possono
essere pochissimi, può trattarsi solo di mesi o di giorni.
C’è un problema ancora più
preoccupante. I porti di approdo sono due: Paradiso
e Inferno; il primo solo è
desiderabile, rappresenta la
fortuna delle fortune. Ci arriveremo? Ecco il problema.
Tutti gli altri, al confronto di
questo, sono niente. “Sono
stato ricco, sono stato famoso, ho fatto una magnifica
carriera. Tutto ciò non è che
un disastro, se non ci arrivo.
Intendo a quel primo, benedetto porto!”».
E di fronte a difficoltà
o tentazione, «bisogna fare
come quando si cammina
per la strada e ci sono da
lontano dei cani, che abbaiano e disturbano. Si lascino
abbaiare e si tira dritto lo
stesso!».
Luciani in famiglia, si intrattiene con un’anziana signora.
«Quante pietre sepolcrali
ci sono in questo cimitero!
La pietra del sepolcro di
Cristo è sipario e separa il
primo atto dal secondo. Il
primo atto era cominciato
33 anni prima ed era venuto scandendosi in tre periodi decrescenti: 30 anni
di silenziosa obbedienza, 3
anni di predicazione, 3 ore
di agonia. Avevano fatto da
scenario prima la stalla di
Betlemme, poi la bottega di
Nazareth, poi le strade, le
barche, i campi della Palestina, poi l’orto degli ulivi,
infine il Calvario.
Il secondo atto inizia dalla pietra, continua
nell’Ascensione al cielo; si
prolunga nell’eternità. Ma
quanto differente dal primo!
Il primo breve, il secondo
lunghissimo; il primo contrassegnato da pene e dolori,
il secondo fatto soltanto di
gioia, trionfo e gloria! Il primo rappresentato in terra, il
secondo nel cielo!
L’atto secondo, però, è
lo sviluppo, il premio del
primo.
Quando si alza il sipario? Qual è il momento nel
quale quel sipario entra in
funzione? Non si sa. Si sa
soltanto che il secondo atto
può venire all’improvviso, si
sa che bisogna tenersi pronti
e aspettarlo. “Tenete le lucerne accese – ha detto il
Signore – come uomini che
aspettano il padrone, per
aprirgli subito, appena arriva
e picchia”».
«Cristo non è risorto solitario. La sorte di Cristo risorto è legata strettamente
alla nostra. Cristo non è un
risorto solitario: è il primo di
una lunga schiera di risorti;
quello che si vede in Lui è
una primizia, un saggio di
ciò che si vedrà in noi. Noi
tutti - dice San Paolo - ci
troviamo in una intramontabile fila dietro al primo
Adamo, l’uomo della terra,
cretaceo, che ci ha comunicato una vita solo fisica e
facilmente esauribile. Ebbene, dacché Cristo è risorto,
noi siamo tutti in fila anche
dietro a Lui, l’Adamo secondo, l’uomo dal Cielo, che ci
comunica un vita spirituale. Egli ci trasfigura anche
nella nostra parte corporea
e caduca, vivificandoci con
una vita intramontabile. Una
volta risorti, “noi saremo con
il Signore sempre” (cfr I Cor
15, 44-49; I Tess. 4, 19)».
10
Vescovo per la gente
Umile collaborazione
DI
TAFFAREL DON FRANCESCO (TERZA PARTE)
Con i sacerdoti
«Cristo scelse gli apostoli e stabilì che stessero con
lui e li potesse mandare a
predicare… Collaboratori
del Vescovo sono i sacerdoti, specialmente i parroci
e nella vista pastorale viene
a vederli proprio sul campo
delle fatiche e osservare da
vicino il loro lavoro minuto
e preziosissimo e, come nel
quadro evangelico, gli apostoli tornati gli riferirono tutto quello che avevano fatto
e insegnato».
«Cosa può fare il vescovo
senza i sacerdoti? Attesto subito e con piacere che i miei
sacerdoti lavorano, di solito,
nel catechismo con passione
e dedizione. Ma ecco: molto impegnati personalmente,
essi non sempre riescono ad
impegnare e mobilitare altre
forze. Ci vorrebbe una mobilitazione generale in parrocchia, nel senso di interessare
tutti e continuamente».
Luciani scriveva che
«oggi l’azione pastorale non
può più essere individuale.
Non la pesca con l’amo, ma
la pesca con la rete. Un parroco, cioè, non può più dire:
Io penso alla mia parrocchia
e basta! I tuoi parrocchiani,
caro parroco, vivono ormai
la gran parte del loro tempo fuori della parrocchia: in
fabbrica, a scuola, al campo
sportivo, al cinema, nelle
gite turistiche. Da solo non
li puoi seguire tutti….Cose
che riescono solo se ci si
vuol bene, se si è abituati a
collaborare, a cedere qualche punto personale di vista,
a sostituire spesso l’urtante pronome “io” con il più
anonimo e meno glorioso,
Cos’è un vescovo senza i sacerdoti? Cos’è un papa senza i vescovi?
ma più cristiano e benefico
pronome “noi”!».
E ai sacerdoti, specie negli incontri personali, diceva:
«Non perdere il coraggio. Chi
esercita un ufficio lo compia con l’energia ricevuta da
Dio. Se hai qualche compito
difficile, non demoralizzarti,
non perdere il coraggio, mai!
Ma con l’energia ricevuta da
Dio, tieni duro. Non fidarti
delle tue sole forze, no, ma
pensa che c’è anche il Signore che ti aiuta, qualunque sia
il tuo posto».
«Il gaudio del Signore
costituisce la nostra felicità. Noi saremo contenti
veramente quando c’è il
gaudio spirituale. I santi, in
generale, sono stati gente
lieta, che diffondeva letizia.
Fornitori di letizia bisognerebbe essere, e non preti
dalla faccia scura. Anche le
vocazioni: non vanno preti
se il parroco è sempre mesto, di cattivo umore, se rimprovera sempre. La mamma
dice: “Il mio figliolo non lo
voglio così, non lo vorrei
così neanche per sogno”.
Invece se un sacerdote è
sempre lieto e diffonde letizia, fa sempre coraggio,
allora sono contenti e dico-
no: “Mi piacerebbe che ...” ».
«È abbastanza facile decidere, ma è difficile eseguire.
Si mettono tutti sulla nostra
strada. Questo è il momento
della prudenza sposata alla
fortezza. Diceva Filippo il
Macedone: “Io preferisco un
branco di cervi guidati da un
leone, che un branco di leoni guidati da un cervo”. Se
un capo, ad un certo punto,
ha il coraggio di assumere le
sue responsabilità, di prendere le sue decisioni e di
eseguirle nonostante tutto,
allora combiniamo qualcosa. Se abbiamo un gruppo
di bravi sacerdoti, che sono
come dei leoni, e alla testa
c’è uno che non ha mai il
coraggio di dire: adesso facciamo, non si riesce a niente.
È necessario avere il coraggio di eseguire».
«Nonostante il passato,
Padre Ravignan diceva: “Lo
vedi quel lago? Sì. Quell’acqua lì? Prova a gettarvi un
sasso. Adesso gettane un altro più grosso. Torneranno
su, a galla? No, non potranno mai tornare a galla. Sta
attento: se potessero tornare
a galla, quale dei due potrebbe tornare su con più facilità? Quello piccolo; quel-
lo grosso resterebbe giù. Il
lago è la misericordia di Dio;
i sassi sono i peccati. Più
grossi sono e più il Signore ha piacere che restino in
fondo, che non tornino più
su a disturbare” ».
E ai sacerdoti Luciani
raccomandava la cura delle
vocazioni e del seminario.
Diceva: «Prima la fonte ...
poi il fiume Il Seminario è
tutto in una Diocesi. Mettete avanti tutti i problemi
religiosi e morali che conoscete: bambini da istruire,
giovanetti da educare, parola di Dio da dispensare,
sacramenti da amministrare,
stampa e divertimenti sani,
Azione Cattolica, azione caritativa e sociale: come farete a risolverli? Ve lo dico
io: con sacerdoti veramente
buoni, numerosi e ben preparati. E i sacerdoti chi li
prepara? Il Seminario. Tutto
va a finire qui, tutto parte
da qui. Se è fiorente il Seminario, fioriranno le altre
opere; se langue il Seminario, tutto languirà. È l’opera
delle opere. Prima la fonte,
poi il fiume; prima le radici,
poi l’albero; prima le fondamenta, poi l’edificio…».
«Vedendo, accanto alle
singole associazioni dei
chierichetti, il sacerdote
che le aveva accompagnate,
pensavo: ecco, si ripete la
storia della banana; la banana non muore, se prima
non ha lasciato, cresciuto
di un anno, il virgulto che
la sostituirà. E mi dicevo:
questi chierichetti sono un
ponte gettato tra il popolo
e l’altare; sono i coadiutori
del celebrante ed insieme i
rappresentanti che l’assemblea, dalle navate, spedisce
nel presbiterio. Ben istruiti,
mi influenzeranno la vita
liturgica delle parrocchie,
dando decoro e vivacità al
servizio divino, esempio di
corretto comportamento liturgico ai fedeli e spinta alla
11
partecipazione attiva».
La gente gentilmente si
offriva per mettergli il cappotto, ma Luciani diceva:
“Grazie, posso fare da solo”.
A chi lo consigliava di
prendersi qualche giorno di
riposo, rispondeva: “Riposare? Ma in paradiso avrò una
eternità per riposare. Cosa si
direbbe se il vescovo va in
vacanza, a riposare: ci sono
molti papà e mamme di famiglia che non lo possono
fare? Non posso sottrarre
questo tempo, devo metterlo al servizio della Diocesi”.
Si convinse, a mala pena
e solo per ragioni di salute,
di passare qualche tempo
nel mese di luglio in montagna, nella Val Zoldana, anche se di sabato scendeva in
Diocesi e vi rimaneva per
tutta la domenica in varie
celebrazioni e presenze...
Studio e Preghiera
E Luciani pregava per
poter rispondere con il
bene e con amore, e con la
parola di Dio. «Sono nella
Chiesa maestro e pastore. Il
giorno della consacrazione
episcopale mi hanno messo
il Vangelo sulla testa. Io non
ho i calli sulle mani, ma li ho
nella testa per poter essere
annunciatore buono della
Parola del Vangelo, che è la
bella notizia da dire a tutti
gli uomini».
Portava con se nella
borsa delle “Agende” dove
aveva appuntato riflessioni, schemi di conferenze,
di libri, di esempi che gli
servivano anche durante il
viaggio a ricordare e preparare la predica… aveva
sempre preparato in modo
schematico le sue omelia,
mai si presentava e improvvisava... anche quando
scendeva a salutare gli ospiti
della casa di esercizi sempre
voleva conoscere prima il
tema… leggeva con la penna in mano… studiava, ri-
fletteva, prendeva appunti…
venne contestato una volta
perché lui aveva tanti libri e
riviste… e perché possedeva una macchina “grossa” e
perché abitava in un “Castello” con tante stanze.
Rispose che i libri erano
per lui gli strumenti di lavoro, necessari per far conoscere bene la parola di Dio e
non far dire a Dio quello che
Dio non voleva dire… e che
la macchina quel giorno gli
era servita per andare a dire
una preghiera per la sorella
morta a Torino, viaggiando
tutta la notte e che gli era
servita per far ritorno per
le ore 15 in Diocesi per un
appuntamento per la Visita
Pastorale e che allora gli era
servita per incontrare quel
gruppo e poi per tornare a
casa. E le stanze del Castello erano per gli ospiti della Casa di Esercizi; per lui
erano riservate la camera da
dormire, lo studio, la sala
per accogliere le persone,
la stanza per il Segretario e
la sala d’entrata. Una cucina
e tre camere per le suore
dell’appartamento e la cappella dove poter pregare.
Simpatia per il Salmo 130
Scriveva: «Ho simpatia
per il salmo 130. Quando
l’incontro, al vespero del
mercoledì, gli faccio festa,
perché è breve e mi porge
consigli ed affetti per una
vita umile». Al versetto “Signore, non si inorgoglisce
il mio cuore”, qui, di solito,
io non ho coraggio di fare
un’affermazione tonda…
manca mai che il Signore mi
dica: “Bugiardo”! Mi limito
a tradurre, nell’animo, così:
“Signore, desidero proprio
che il mio cuore non vada
dietro a pensieri di superbia! “È troppo poco per un
vescovo!”: direte. Lo so e
non è che non abbia tentato
anch’io di essere più umile,
ma ho dovuto constatare
che la superbia è una volpe
autentica: finge di dormire,
poi, che è e che non è, balza d’un lampo sulle galline.
Proprio così: io ho fatto i
funerali alla mia superbia
cento volte; nel fervore di
qualche ritiro, mi sono illuso
di averla messa due metri
sotterra con tanto di “requiescat”; alla prima occasione,
essa è tornata fuori più vispa
di prima, io ho sentito che le
critiche mi pungevano, che
le lodi mi piacevano e che
mi sentivo disperatamente
preoccupato di ciò che gli
altri pensassero di me. Come
ve la cavate voi in situazioni
del genere? Io cerco di tornare da capo, sforzandomi
di calcare di nuovo in testa
gli insegnamenti dei maestri.
La prima virtù? È l’umiltà,
dice S. Agostino. La seconda? Ancora l’umiltà. La terza?
Sempre l’umiltà. Un carro di
buone opere guidate dalla
superbia – ribadisce S. Gregorio Nisseno – conduce
all’inferno; un carro pieno di
mancanze condotto dall’umiltà porta in paradiso. S.
Francesco di Sales completa:
“le altre virtù, senza umiltà,
sono come un po’ di polvere nel cavo della mano;
il primo soffio di vento le
spazza via”».
L’umiltà
Saper lavorare in silenzio, agevolando tutti, capire
quale è la cosa più utile che
può essere fatta. Speranza e
fiducia; mitezza e non violenza, mettersi in maniera
semplice e essenziale, senza presunzione, cercando di
capire le ragioni degli altri e
reagire ai soprusi.
Nominato Vescovo di
Vittorio Veneto, alla delegazione vittoriese andata a Belluno per il saluto di omaggio, non si accorse che quel
pretino che passava davanti
per entrare in una stanza,
era il nuovo vescovo.
La preghiera era anima della sua
azione pastorale.
O quando a Venezia
andò personalmente a portare l’articolo per il giornale
e lo consegnò ad uno che
lavorava in redazione, che
solo il giorno dopo si accorse che quel prete era il
Patriarca. Responsabilità e
costanza, svolgeva il suo
servizio anche quando costava, perché diceva, “se
ho preso un impegno devo
portarlo fino in fondo, non
agire spinto solo dall’emozione, ma per forte senso di
servizio a Dio”. E cercava di
agire con verità. Diceva: “I
cristiani si accorgono se le
nostre sono solo belle parole e non sono autentiche, e
vengono efficaci se sono anche vissute con autenticità”.
Cercava di farsi tutto a tutti
nel dono totale di sé. Questo gli permetteva di vivere
con serenità ed armonia, e
di scegliere secondo l’amore
a Dio e al prossimo. «Penso
che il Signore usa con me un
suo vecchio metodo: scrivere non sul marmo ma sulla
sabbia le mie azioni, perché
sia chiaro fin d’ora che se
qualche cosa di buono ne
verrà fuori, il merito è solo
di Dio. Io sono solo uno
scricciolo che sull’ultima
rama della Chiesa tenta di
dire qualche cinguettio su
temi altissimi».
12
Come gia nel mese di agosto 1978 era
avvenuto per il defunto Papa Paolo VI
(Giovanni Battista Montini), anche per
Papa Luciani austeri e solenni ebbero a
susseguirsi i “Novendiali”, cioè i nove giorni
di lutto e di mestizia, sorretti e animati da
intrepida speranza cristiana, che per vetusta
tradizione la Chiesa Cattolica tributa al
Supremo Pastore defunto offrendo per la
sua eletta anima preghiere di suffragio,
soprattutto, celebrando il Divino Sacrificio
perché Dio conceda al “suo servo e Papa
Giovanni Paolo I di entrare con i tutti Santi
alla festosa liturgia del cielo”.
N
Discorsi essenziali per il nostro tempo
Durante la Cappella Papale del secondo novendiale, il 5 ottobre, presieduta dal Cardinale Giuseppe Siri,
Arcivescovo di Genova, Primo dell’Ordine dei Preti, nell’omelia ebbe ad evidenziare come Papa Luciani «iniziò col
mondo un discorso, semplice, spirituale
e profondo. Fu il richiamo non causale,
ma organico e coerente alla dottrina di
Dio e alla spiritualità. Discorso caratteristico, che ci appare come l’antifona
di un lungo salmo, il quale non va
interrotto. Il suo parlare era semplice,
perché il nostro tempo ha bisogno di
discorsi essenziali e, pertanto, semplici.
Pareva che parlasse ai bambini. È che il
Vangelo chiama gli uomini a questo livello per trovare la via al regno dei cieli.
Con questo stile, così vicino al
Vangelo, si direbbe che Giovanni Paolo
I ha aperto un’epoca. L’ha aperta e,
poi, modestamente, se ne andato. Con
semplicità ha ripreso il discorso necessario della fermezza sulla dottrina
cattolica, sulla disciplina ecclesiastica,
sulla spiritualità, la quale subordina lo
stesso degno e giusto vivere umano; ha
affermato una gerarchia fra queste cose,
frutto di grazia che viene da Dio e di
logica che gli uomini non dovrebbero
perdere, poi ha taciuto. Il popolo ha
capito e per questo lo ha amato».
melia, dopo il Vangelo, esordisce dicendo che il pontificato di Papa Luciani «ha
segnato uno stile, ha dato uno spirito,
da continuare per un autentico rinnovamento nello spirito del Vaticano II e che
il suo sorriso è quello di un amore sofferto. Chi ama veramente, sa soffrire e
soffre, come ha sofferto il Cristo offrendo se stesso vittima di amore al Padre
per la salvezza degli uomini. Accettando
la responsabilità delle somme chiavi,
Giovanni Paolo disse che la Via Crucis
era la via segnata per il Papa, ed egli
l’avrebbe percorsa con amore. Egli gradì
il dono della mia “Via Crucis” e incominciò l’arduo cammino del pontificato con
amore, usando verso tutti quella che io
chiamerei la carità del sorriso. Carità
del sorriso che non fa pesare l’intima
pena, ma solleva i fratelli dai disagi del
comune cammino verso il cielo.
Il sorriso di Papa Luciani fu sorriso
di fede e di speranza in un mondo travagliato da odi, violenze e rancori. Oggi
sentiamo la necessità e l’urgenza di una
fede viva e incrollabile nella verità che
non tramonta, di speranza nelle realtà
e nei valori che non periscono. Il sorriso di Papa Giovanni Paolo fu ancora
sorriso di umiltà e di modestia. Pur
avendolo il Signore arricchito di doni
e particolarmente del dono della grazia
del supremo sacerdozio nel governo
della Chiesa Universale, il suo programma di vita spirituale sembrava essere
quello della “Imitazione di Cristo”, perfettamente aderente al Vangelo: “Ama
di rimanere sconosciuto e di essere
stimato per nulla”.
L’apparente contrasto tra la munifica
condiscendenza divina e l’atteggiamento
quasi schivo del Papa trova talora espres-
Giuseppe Siri (Genova, 20 maggio 1906 – Genova, 2
maggio 1989) è stato per quarant’anni arcivescovo
di Genova e fu eletto cardinale nel 1953.
Il sorriso di un amore sofferto
Il terzo novendiale, il giorno 6 ottobre, sempre sotto forma di Cappella
Papale, è presieduto dal Cardinale
Pericle Felici, Primo dell’Ordine dei
Diaconi, colui che, ancora nel segreto
del conclave, al Papa appena eletto,
aveva fatto omaggio di una “Via Crucis”,
dalla loggia centrale della Basilica
Vaticana aveva dato l’annuncio della
elezione e la sera del 3 settembre, nella
solenne messa di inizio del pontificato,
aveva posto sulle spalle di Papa Luciani
il Sacro Pallio, e non più la vetusta e
anacronistica tiara pontificate.
Il Cardinale Proto-Diacono, nell’o-
Il Card. Pericle Felici, mentre sta ponendo il Pallio
sulle spalle di Papa Giovanni Paolo I alla messa di
inaugurazione del suo pontificato il 3 settembre 1978.
Il pontificato di Giovanni Paolo I nelle omelie dei novendiali
Ha aperto un’epoca
DI
ANTONIO BARTOLONI (SECONDA PARTE)
el corso di questi riti di cristiano suffragio, affidati dalla Chiesa
alla pietà dei vari organismi della Sede
Apostolica che sono preposti a coadiuvare il Vicario di Cristo nella guida della
Chiesa Universale e della comunità ecclesiale romana, che ha nel Papa il suo
Vescovo, da tutti, Cardinali e Vescovi
che ebbero a presiedere le celebrazioni eucaristiche, le quali si svolsero
nella Basilica Vaticana, all’Altare della
Cattedra, nelle omelie venne evocato
il messaggio di bontà e di dolcezza, di
mitezza e di mansuetudine che per 33
giorni ebbe a segnare il breve pontificato di Albino Luciani.
13
sione in un sorriso timido, in un gestire
modesto, quasi da sembrare impacciato.
Ma è stato proprio per questo atteggiamento, molto umano, che moltissimi se
lo son sentito fratello, quasi uno di loro,
con cui si potesse parlare come con uno
di famiglia. È stato detto, e mi pare giustamente, che alla morte di Papa Giovanni
Paolo ognuno ha creduto di aver perduto
qualcosa di se stesso. Quanta forza ha il
sentimento umano quando è potenziato
dalla carità di Cristo!
Con umiltà e con il sorriso, Papa
Luciani affrontò e sostenne un genere
di vita e di attività che egli stimava forse
a sé non congeniale, per questo volle
essere umile anche in quelle forme di
grandezza vana che il suo alto ufficio
sembrava richiedere».
Umiltà, semplicità, fermezza
Nel quarto novendiale del 7 ottobre,
presieduto a nome di tutti gli Officiali
della Curia Romana, dall’Arcivescovo
Mons. Giuseppe Caprio, Sostituto della
Segreteria di Stato, all’omelia, il Presule,
pose in evidenza come «Ciò che colpiva
subito in Papa Luciani, accostandolo,
era la virtù dell’umiltà, che di incanto
gli ha conquistato il cuore di tutto il
mondo. Sembrava che avesse paura di
disturbare, e ne chiedeva scusa; parlava
di sé con supremo distacco e con un
sottile velo di autoironia bonaria che
conquistava.
Per fare un esempio, disse ripetutamente di non conoscere le lingue
straniere, e fu esitante quasi fino all’ultimo ad usarle, se non cedendo alle
affettuose insistenze e sollecitazioni
giuntegli anche da pellegrini che scrivevano da lontano. Diceva di non co-
Il Card. Giuseppe Caprio, creato cardinale da
Giovanni Paolo II, era Sostituto della Segreteria
di Stato durante il pontificato di papa Luciani.
noscerle abbastanza: mentre, alla prova
dei fatti, dimostrò di padroneggiarle
alla perfezione, per la correttezza della
pronuncia, la grazia della espressione,
la forza dell’animo che vi poneva dentro. E fu questa umiltà, che era il programma della sua vita e il respiro della
sua anima, ad ispirargli quegli stupendi
colloqui delle sue udienze generali,
nelle quali una vasta cultura patristica,
storica e letteraria sapeva abbassarsi
fino a sminuzzare con sapientissima
semplicità le verità più alte della fede
e della vita cristiana,
La virtù della sua semplicità ha colpito tutti, particolarmente i più vicini
collaboratori. Non si nascondeva le
difficoltà quotidiane del suo altissimo
ministero apostolico, ma le affrontava
a una a una con profonda saggezza
montanara, congiunta ad una immensa
fiducia in Dio che lo aveva chiamato
al compito di governare la sua Chiesa».
Il Presule sottolineava anche la
fermezza di Papa Luciani, tanto che,
seppure con dolcezza e umiltà, «non
nascondeva a nessuno che egli aveva
un programma ben chiaro, da cui non
avrebbe deflettuto. Gli accenni alla discipline, nell’udienza al Clero di Roma,
e all’obbedienza, nell’omelia della presa
di possesso di San Giovanni in Laterano,
fecero comprendere molte cose. Ed
in alcune prime decisioni, da Lui prese
all’inizio del pontificato, volle che si
precedesse spediti e fino in fondo.
In questa momento chiniamo il
capo di frante alla misteriosa volontà
di Dio, che ce lo ha appena fatto intravedere per trasportarlo subito nel
regno dei cieli.
Al dolore per l’improvvisa scomparsa di Giovanni Paolo I deve accompagnarsi la, gioia, perché in quel sua
brevissimo mese di pontificato egli ha
fatto vedere al mondo che cosa è un
Papa, che cosa è la Chiesa, che cosa
vuole e cerca la Chiesa: la gloria di Dio,
l’irradiazione della sua Parola, l’amore
ai piccoli e ai semplici, trionfo della
bontà del cuore.
Papa Luciani ha attirato verso il
Papato Romano un’onda irrefrenabile di simpatia e di devozione; è stato
come una grande fiammata che in pochi istanti ha illuminato il mondo.
Sì, fratelli, il Signore ce lo ha dato,
ce lo ha mostrato come un segno particolare di predilezione: per dirci che
è Lui solo a guidare la Chiesa, mentre
noi siamo soltanto umili strumenti nelle
sue mani; per farci capire che sono
ancor sempre “le ragioni del cuore” a
convincere e a persuadere gli animi e
ad attirare a Cristo.
Per singolare coincidenza i1 pontificato di Giovanni Paolo I e coinciso con
l’Ostensione della Sindone a Torino,
quasi a voler stabilire un misterioso
paragone tra la figura del Papa e quella
del misterioso Uomo dei dolori».
Ha rinverdito i valori basilari
L’ 8 ottobre si svolge il quinto novendiale a cura del Capitolo che officia
la Basilica del Principe degli Apostoli.
Celebra il sacro rito il Vicario Capitolare:
l’Arcivescovo Mons. Aurelio Sabattani.
Nell’omelia, il Presule, dice tra l’altro
che: «Sarebbe bello e piacevole indulgere ancora e largamente ai ricordi di
questa amabilissimo Pontefice e proclamare le mirabili virtù, universalmente
riconosciute. Ma egli direbbe: “mi fate
diventare tutto rosso”.
Giovanni Paolo I ha rinverdito nel
suo breve passaggio i valori basilari della fede semplice e pura, della famiglia
cristiana, della mamma educatrice, della
carità di un sorriso, della tenerezza di
un sentimento paterno e fraterno; egli
non ha disdegnato, quali strumenti della sua catechesi, l’aneddoto, il racconto
fantasioso, l’umorismo».
Il Presule, durante l’omelia, essendo
domenica, illustra pure le letture della
Messa del giorno, incentrate sulla vigna del Signore, ed invita i presenti a
pregare per il Papa scomparso e per la
Chiesa «che fiduciosa attende un nuovo
Pastore».
Il Card. Aurelio Sabattani (Pieve Sant’Andrea, 18
ottobre 1912 – Città del Vaticano, 19 aprile 2003)
nel 1978 era vicario capitolare della Basilica di
San Pietro.
14
Ha ricevuto una precisa missione
Il giorno 9 ottobre si tiene il sesto
novendiale; la celebrazione del rito e
affidata al clero della Diocesi di Roma,
la quale ha per suo Vescovo propria il
Papa. Presiede il Sacrificio Eucaristico, il
Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale
dell’Urbe. Letto il Vangelo, all’omelia, il
Porporato esordisce ponendosi una precisa domanda: «Perché Papa Giovanni
Paolo I ci è stato rapito così presto?
Perché aveva ricevuto una precisa missione da svolgere. L’ha compiuta, tutta,
anche se molto in fretta, per questo
Dio l’ha chiamato a sé. Quale è stata la missione urgente e grande che il
Signora gli ha affidato ed egli ha eseguito? L’umanità di oggi è tutta avvolta dalla
paura, dall’incertezza per l’avvenire, dal
prevalere degli egoismi che generano
prepotenza, sopraffazione e violenza.
Da ogni popolo, lingua, nazione e
anche da ogni religione sale a Dio una
supplica, sovente non espressa a parole, bensì con un linguaggio universale
di persone in balia di un mare in tempesta: “Signore, salvaci, siamo perduti”. Il
buon Dio ci risponde con l’unica risposta che Gli è possibile: “Convertitevi a
me, ed io mi rivolgerò a voi ed ai vostri
bisogni”. Tuttavia la sua è sempre una
voce difficile da udire, perciò, di tanto
in tanto, Egli la rende sensibile per
mezzo di manifestazioni o di uomini
straordinari. In questi giorni ha mandato il Papa Giovanni Paolo I a portare
un messaggio di fiducia, di speranza, di
bontà, di fraternità umana. Papa Luciani
ha svolto con noi il ruolo di Gesù con
i discepoli di Emmaus: ci ha scaldato il
cuore; “non ci ardeva forse il cuore nel
petto mentre conversava con noi lungo
il cammino?” (Lc 14,32). Non solo i cristiani, dotti o poco dotti, ma il mondo
intero, anche non cristiano, ha capito
il linguaggio semplice e il messaggio
grande del Papa Giovanni Paolo e tutti
gliene sono grati con tanta commozione, mentre la Chiesa (specialmente la
sua, quella di Roma) diventa ogni ora
più luminosa e credibile».
Il cardinale Ugo Poletti (Omegna, 19 aprile 1914
– Roma , 25 febbraio 1997) al tempo Vicario
Generale della diocesi di Roma e arciprete della
Basilica Lateranense.
Mons. Placido Maria Cambiaghi (Monza, 18 settembre 1900 – Novara, 18 dicembre 1987) fu
vescovo di Novara fino al 1971. Nel 1978 era
Vicario del Capitolo della Basilica del Laterano.
Ha impresso una stile papale nuovo
Il settimo novendiale, affidato alla
pietà dei Capitoli delle Patriarcali basiliche Romane di San Giovanni in
Laterano, Santa Maria Maggiore e San
Paolo fuori le mura, è officiato nel pomeriggio del 10 ottobre dal Vescovo
emerito di Novara, Mons. Placido Maria
Cambiaghi, religioso barnabita, quale
Vicario del Capitolo Lateranense.
All’omelia della messa di suffragio,
anche questo Presule si pone una domanda: «Che cosa resterà di questo breve
pontificato di Papa Giovanni Paolo I?».
Il Vescovo così rispondeva alla sua
stessa domanda: «Non ci sono stati documenti importanti, non furono emanate disposizioni ecclesiali di grande
rilievo, non sono accaduti fatti straordinari nella Chiesa. Eppure oso dire che
molte cose resteranno di Lui nella vite
delle Chiesa. E, innanzitutto, un nuovo
senso di viva profondità pastorale.
Abbiamo imparato quasi inconsapevolmente che c’è un modo nuovo di
fare il Papa e di vederlo, che ce lo fa
sentire più vicino alla vita di tutti, non
solo come il pastore universale, non
solo come il Vescovo di Roma, ma quasi
come il Parroco di ciascuna anima, il
padre, il fratello di ciascuno di noi nel
suo vivere quotidiano. Egli ha impresso
nella Chiesa uno stile papale nuovo,
una svolta irreversibile, una Chiesa che
ci riporta nei suoi vertici alla semplicità
e all’umiltà evangelica.
Nei pochi giorni della. sua permanenza fra noi abbiamo visto una Chiesa
ringiovanita e promettente specialmente
nelle masse giovanili, una Chiesa ancora più presente nella coscienza degli
uomini credenti e non credenti; una
coscienza vindice coraggiosa della giustizia, libera voce dell’uomo offeso nei
suoi diritti, una voce vera amica della
pace giusta per tutti, con un forte richiamo alla dignità del lavoro, al rispetto e
all’amore per i fratelli e alla solidarietà a
tutti i costi verso i più deboli e sofferenti. Giovanni Paolo I ci ha fatto apparire
con chiarezza la sempre nuova e fresca
creatività dello Spirito Santo».
Il Pontefice delle tre sorprese
L’ottavo novendiale è celebrato
a cura degli Ordini e Congregazioni
Religiose e dagli Istituti Secolari, nel
pomeriggio dell’11 ottobre. Presiede
il rito eucaristico l’Arcivescovo Mons.
Agostino Mayer O.S.B., segretario della Congregazione per i Religiosi e gli
Istituti Secolari. Il Presule, membro
dell’Ordine di san Benedetto, nella
omelia, esordisce rilevando come «un
giornale di oltralpe definisce Giovanni
Paolo I il Pontefice delle tre sorprese:
sorpresa dell’elezione dopo un conclave brevissimo; sorpresa del pontificato
che in pochi giorni ha dato l’immagine
luminosa di un pastore; sorpresa per la
morte quanto mai inattesa».
L’Arcivescovo benedettino Mons. Agostino Mayer,
era segretario della Congregazione per i Religiosi
e gli Istituti Secolari.
15
Per il Presule «occorre adorare il mistero di Dio», e ricorda in proposito le
parole che Dio mette in bocci, al Profeta
Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri
pensieri, le vostre vie non sono le mie
vie», ma continua il Vescovo celebrante,
occorre tratteggiare «la copiosa eredità
lasciata, non soltanto alla Chiesa, alla
comunità dei credenti, ma al mondo
intero, nel suo brevissimo pontificato,
e come prima cosa il dono del suo sorriso, espressione spontanea di intima
bontà. Sorriso che .era dono di natura,
ma soprattutto frutto di grazia, segno di
letizia, di benevolenza, di gioia interiore,
quale dovrebbe essere propria a tutti i
credenti. Da questo dono desumiamo
questa applicazione: cercare soprattutto
la pace con Dio e ne scaturirà la gioia,
l’apostolato della gioia.
Giovanni Paolo I indica le sorgenti
della fiducia e del coraggio cristiano:
nel momento di accettare una chiamata
di Dio, grande, impegnativa; nel momento di accettare una vocazione alla
sequela di Cristo, in maniera totale; nel
momento di accettare una particolare
obbedienza... Questa componente: la
fiducia, umile, costante in Dio; la fiducia
che muove il cuore di Dio, sia presente
nella nostra vita. Giovanni Paolo I ci ha
parlato con coraggiosa franchezza e allo
stesso tempo con soavità dell’autorità e
dell’obbedienza. Per questo, certamente,
ha toccato l’animo dei religiosi, e forse
ha invitato ad un esame di coscienza,
quando parlò della propria obbedienza sacerdotale. Ha, dunque, lasciato di
superiori di ogni livello, l’esempio di
un’autorità esercitata con umiltà e con
amore, ma anche con franchezza non
timida. Questo ultimo Papa ci lascia
l’esempio dell’amore dei poveri e della
stessa povertà personale, accettata a
favore dei fratelli bisognosi; ci lascia
altresì un esempio di luminosa umiltà;
ci lascia infine l’appello al “colloquio intimo”. Fu osservato che Giovanni Paolo
I quando parlava non solo comunicava,
ma generava comunione. Un pontificato
breve questo di Papa Luciani: ha avuto
solo il tempo di farsi amare da tutti:
una eredità sufficiente per lasciare alle
nostre anime, alla storia della Chiesa,
un’impronta indelebile».
Vi abbiamo amato e vi ameremo
sempre
Il nono ed ultimo dei novendiali in
suffragio di Giovanni Paolo I è celebrato il 12 ottobre dalle Chiese Orientali
Cattoliche. Presiede la Divina Liturgia,
in rito bizantino, il Vescovo Mons.
Miroslav Marusyn.
Il Presule, nell’omelia, inizia dicendo come in un mese di pontificato
«Giovanni Paolo I aveva suscitato tante speranze per l’umanità intera ed in
modo particolare per i popoli dell’Oriente Cristiano. Le Chiese Orientali cattoliche, che nei tempi presenti, come
già tante volte nei secoli passati, sono
così duramente provate da tante avversità, sentivano di avere nel cuore di
Giovanni Paolo I una predilezione e un
posto speciale.
A queste Chiese Orientali rivolgeva già il suo sguardo affettuoso Papa
Giovanni Paolo nella sua prima allocuzione, pronunciata nella Cappella
Sistina, in occasione della sua felice
elezione. Il Papa esprimeva il suo proposito di portare avanti la revisione del
Codice di Diritto Canonico, sia della
tradizione orientale, sia di quella latina,
per assicurare alla linfa interiore della
santa libertà dei figli di Dio la solidità e
la saldezza delle strutture giuridiche. Il
Papa Giovanni Paolo I non ha avuto i1
tempo necessario per consegnare la sua
sollecitudine a un documento solenne
riguardante le Chiese Orientali, come
gia fecero suoi grandi Predecessori.
Egli, tuttavia, accogliendo le delegazioni di quelle Chiese Orientali che
non sono ancora in piena comunione
con la Chiesa di Roma, ebbe modo di
manifestare loro il proprio amore e la
Propria benevolenza. Con un tratto di
particolare attenzione volle salutare i
Patriarchi delle Chiese Orientali venuti
a Roma in visita di omaggio, e impegnò
la sua persona per la pace nel Libano.
Se la componente affettiva è una caratteristica degli Orientali, oggi, mentre
le labbra del Sommo Pontefice rimangono chiuse e solo parlano l’esempio
e il ricordo, noi Orientali tutti di gran
cuore gli gridiamo al di là della morte:
Padre Santo, voi sapete quanto vi abbiamo amato e ancora vi amiamo e vi
ameremo sempre».
Si dilata in tutto il mondo
Alla luce di quanto posto in risalto nelle omelie pronunciate nel corso
delle Liturgie Eucaristiche (omelie, seppure riportate nella sua forma sintetica) durante le quali per nove giorni
la Chiesa Cattolica ebbe ad implorare,
per il Suo Pastore Supremo di appena
33 giorni, perché “raccolga il frutto del
suo servizio apostolico nella gioia dei
Santi”, è doveroso mettere in evidenza
che il pontificato di questo Successore
di Pietro, anche se nella sua intensa
e feconda brevità, svoltosi all’insegna
del sorriso e dell’umiltà, della servizio
e della modestia, a distanza di trentacinque anni conserva una grande attualità e validità, perché manifesta la.
bontà, la mansuetudine, la mitezza, la
dolcezza e. la misericordia che è propria del cuore di Cristo Signore, Buon
Pastore, e che da questo sacratissimo
Cuore si dilata e si riversa nel’ intimo
della Chiesa, e da questa si dilata e si
riversa in tutto il mondo -per riscaldare
d’amore l’animo di ogni uomo - perché
diventi artefice di fratellanza e di solidarietà, di giustizia e di pace.
L’Arcivescovo ucraino della Chiesa greco-cattolica Mons. Miroslav Marusyn (Kniazhe – Russia, 26
giugno 1924 – Roma, 21 settembre 2009) fu Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali.
Nella foto un momento di una liturgia in rito orientale.
16
«Luciani, il Pastore bello»
DI
MONS. PIETRO PAROLIN
Dal 15 ottobre 2013 Mons. Pietro Parolin, veneto di origine, è il nuovo Segretario di Sato della
Santa Sede, nominato da Papa Francesco. Nell’agosto del 2011 ha presieduto a Canale d’Agordo
la celebrazione eucaristica nell’anniversario nell’elezione al soglio pontificio di Albino Luciani.
Riportiamo ampi stralci dell’omelia tenuta in quell’occasione.
C
ari fratelli e sorelle,
trentatré anni ci separano dall’improvvisa morte
di papa Giovanni Paolo I,
che tanto profondamente ci
sorprese e ci addolorò - io
cominciavo il quinto anno
di Teologia nel Seminario di
Vicenza e la notizia ci raggiunse, come un fulmine a
ciel sereno, al termine della
Messa mattutina - come ci
aveva sorpreso, almeno il
sottoscritto che poco conosceva il patriarca di Venezia,
ma rallegrato, la sua rapida elezione al soglio di San
Pietro, dopo un solo giorno
di Conclave, un mese prima.
Trentatré giorni è durato il
suo pontificato.
Suggestioni del numero 33
Questa combinazione dei
due trentatré - i giorni e gli
anni - ci porta ovviamente a
tornare a sottolineare quello
che altri hanno già notato,
e cioè la coincidenza con il
tempo dell’esistenza terrena
di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale «passò beneficando e risanando tutti coloro
che stavano sotto il potere
del diavolo» (Atti 10, 38) e, a
partire da questa coincidenza, il fatto che papa Luciani
fu davvero, per la Chiesa e
per il mondo, un’immagine
viva di Gesù, il Buon Pastore,
il Pastore «bello» come dice il
Vangelo […]. Per questo papa
Luciani è entrato ed è rimasto
nel cuore della gente. Perché
conoscere Gesù, incontrare
Gesù, amare Gesù e lasciarsi
amare da lui è l’aspirazione
segreta di ogni cuore, anche
dei cuori indifferenti o tormentati o perfino ribelli; [...]
Solo chi può confessare in
tutta verità: «Non sono più
io che vivo, ma Cristo vive
in me» (cfr. Gal. 2,20), può
trovare le vie del cuore della
gente, toccare questo cuore,
consolarlo, trasformarlo, convertirlo, accendendo in esso
un raggio di luce e lasciando
una traccia indelebile.
Umiltà e misericordia
Così ha fatto papa Giovanni Paolo I, col suo insegnamento, col suo esempio,
col suo sorriso, con la sua
umiltà, quell’umiltà che «può
essere considerata il suo testamento spirituale» e che
«lo rese capace di parlare a
tutti, specialmente ai piccoli
e ai cosiddetti lontani», come
ha detto Benedetto XVI il
28 settembre di tre anni fa,
aggiungendo che questa
parola, humilitas, da sola
sintetizza «l’essenziale della
vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella
Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità». Così ha
fatto Giovanni Paolo I, fermo
nelle decisioni che il ministero episcopale gli imponeva
di assumere, ma accentuando sempre nel suo magistero
l’aspetto della misericordia.
Come i pini, radicato nella
fede
In questo anniversario
così significativo, sono vivamente lieto di essere qui a
Canale d’Agordo, al seguito
di una vera folla di pellegrini che quest’estate hanno
visitato i luoghi natali dell’amatissimo e indimenticabile
Papa e ringrazio il Signore
per questo che considero un
suo regalo; ringrazio anche
il vostro pastore per avermi
dato la possibilità di realizzare un desiderio che coltivavo da tempo. […]. A voi
qui presenti vorrei dire una
parola di congratulazione,
pensando che la grandezza
di papa Luciani è radicata
fortemente, come i pini e gli
abeti delle vostre stupende
montagne, sul terreno della
fede della comunità cristiana
di queste terre in generale
ma, in particolare, sul terreno della fedeltà, della generosità, dello zelo pastorale,
solido e sempre discreto, di
un intero presbiterio diocesano, del quale egli è, in certo senso espressione; e una
parola di incoraggiamento di
fronte alle difficoltà che oggi
sperimentiamo: Dio - come
ci ricordava lui - ha sempre
gli occhi aperti e sa dove
ci guida, anche se l’oscurità della notte impedisce a
noi di vedere chiaramente
davanti e ci costringe a procedere a tentoni.
Ai catechisti
[….] Sono molto contento, cari fratelli e sorelle che
vi dedicate al ministero della
catechesi, di incontrarvi e di
pregare con voi e per voi.
Tanto più che, nel mio servizio alla Chiesa universale e
al Papa, ho conosciuto realtà
Mons. Pietro Parolin: un sorriso che
ricorda Luciani.
dove, senza l’opera dei catechisti, il Vangelo non avrebbe
potuto essere annunciato né
la fede mantenuta e alimentata. Penso all’Africa, ad esempio, ma anche al Venezuela,
dove attualmente mi trovo.
Nelle enormi parrocchie
cittadine, come a Caracas o
Maracaibo, che raggiungono
anche i 100mila abitanti e
includono popolosi quartieri popolari, denominati barrios, segnati normalmente
da povertà e violenza, sono
i catechisti che assumono
la responsabilità delle piccole cappelle e assicurano
la presenza della Chiesa,
insegnano il catechismo in
preparazione ai Sacramenti,
presiedono la celebrazione
della Parola quando non c’è
il sacerdote per la Messa e
svolgono altri compiti pastorali. E così fanno nelle parrocchie rurali, territorialmente molte estese, nelle pianure
e nelle Ande venezuelane.
Sensibili ai poveri
Sono realtà, ripeto, molto povere e spesso afflitte
dalla violenza; al riguardo,
non vorrei tralasciare di
menzionare la sensibilità
che papa Luciani aveva per
il tema della povertà del Sud
del mondo. Non so, se come
ho trovato riportato da qualche parte, egli avesse davvero l’intenzione di scrivere
un’enciclica su «I poveri e la
povertà nel mondo», che la
morte gli avrebbe poi impedito di fare, ma, prendendo
possesso della sua Cattedrale
17
di San Giovanni in Laterano
non mancò di accennare alla
questione: «Roma sarà una
vera comunità cristiana se
Dio vi sarà onorato non solo
con l’affluenza dei fedeli alle
chiese, non solo con la vita
privata vissuta morigeratamente, ma anche con l’amore ai poveri. Questi - diceva
il diacono romano Lorenzo sono i veri tesori della Chiesa. Vanno pertanto aiutati, da
chi può, ad avere e ad essere
di più, senza venire umiliati
e offesi con ricchezze ostentate, con denaro sperperato
in cose futili e non investito
- quando possibile - in imprese di comune vantaggio».
Nell’ultima udienza del 27
settembre, dedicata alla carità, ricordava che i popoli
della fame interpellano quelli dell’opulenza, invitando a
chiederci, e per primi noi uomini di Chiesa, se abbiamo
veramente adempiuto al comandamento: «Ama il prossimo tuo come te stesso».
Parole essenziali, semplici,
penetranti
[…] Benedetto XVI ha
chiamato il suo predecessore «un impareggiabile catechista». Egli ci ha insegnato
a fare catechesi - che è l’esposizione sistematica delle
verità di fede, l’approfondimento ordinato del mistero
cristiano ed è proprio ciò
che la distingue da tutte le
altre forme di presentazione
della Parola di Dio, come diceva Paolo VI al termine del
Sinodo dei vescovi del 1977
- in modo semplice, diretto,
comprensibile a tutti, con
lo stesso affetto di una madre che si china a spezzare
il pane per i suoi numerosi
figli. A sua volta, papa Giovanni Paolo II ha scritto nella Catechesi tradendae che
Giovanni Paolo I - «ha dato
l’esempio di una catechesi
centrata sull’essenziale e, al
tempo stesso, popolare, fatta
di gesti e di parole semplici,
capace di toccare i cuori».
Stare con Gesù
I testi della Sacra Scrittura
che abbiamo appena ascoltato ci danno indicazioni
preziose al riguardo a questo servizio ecclesiale. Nel
brano di Luca sono raccolte
le «esigenze della vocazione apostolica», le condizioni
per stare con Gesù ed essere suoi discepoli. Il Vangelo
inizia dicendo che: «mentre
andavano per la strada…»,
indicazione di grande rilevanza, perché non si tratta
qui di una passeggiata o di
un semplice spostamento da
un luogo a un altro, ma del
viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Gesù sa che a Gerusalemme lo aspettano sofferenza e morte. Ma non si
tira indietro. Anzi, vi si dirige
«decisamente», letteralmente
«rende duro il suo volto per
andare a Gerusalemme». L’espressione esprime la consapevolezza, la risolutezza
e la determinazione con cui
Gesù prende la decisione di
affrontare la sua missione di
Servo sofferente.
In questo contesto vanno collocate le risposte che
Gesù dà a questi tre anonimi
che incontra. Il primo è un
generoso che, sicuramente
affascinato dalla sua figura,
si propone di seguirlo. Gli
altri due sono chiamati da
Gesù stesso ma il loro «sì»
non è totale e pieno, bensì
condizionato, legato a compromessi. Gesù intende far
comprendere loro che la sua
scelta radicale non può non
avere ripercussioni sulla loro
vita. È una scelta che implica
privazioni, rischi, mancanza
di sicurezze terrene: «Le volpi hanno le loro tane e gli
uccelli del cielo i loro nidi,
ma il Figlio dell’uomo non
ha dove posare il capo». Una
vita comoda e tranquilla non
si addice a chi intende met-
tersi al suo seguito. […]. È
una scelta che non ammette
lentezze e ripensamenti, ma
esige una cammino deciso e
rettilineo: «Nessuno che ha
messo meno all’aratro e poi
si volge indietro è adatto per
il regno di Dio».
Totalitari nella santità
In sintesi, queste risposte
indicano la «radicalità» con
cui Gesù va seguito. Luciani
parlava di «totalitarismo». Fin
da quando il giovane don
Albino faceva il catechista
ai ragazzi della parrocchia o
della scuola gli piaceva usare
l’immagine del viaggio per
descrivere l’avventura della
vita cristiana, che è l’avventura dell’amore, come confiderà lui stesso da Papa, e diceva: «Quando si dice “Ama
il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con
tutte le forze” (cfr. Dt. 6,49)
si dice: devi assolutamente
sforzarti di essere santo. Qui
c’è un totalitarismo: lo dice
tante volte quell’ex toto, ex
tota, che evidentemente il Signore ci vuole totalitari nella
via della santità».
«Radicali», «totalitari»
nell’amore di Dio, nella sequela di Gesù, nella via della
santità: ecco, a mio sommesso parere, la prima condizione, imprescindibile, per
essere catechisti. Di qui deriverà quell’entusiasmo, quella convinzione che devono
caratterizzare il catechista:
«Convinto che la sua missione è una cosa grande, che le
cose che insegna sono vere,
che i fanciulli miglioreranno.
Queste convinzioni daranno
anima, ali al suo apostolato
… non basta che dica, ma,
vivendo, deve invogliare, appassionare e trascinare» (Catechesi in briciole, San Paolo,
2009, p. 33).
Verso la comunione con Dio
Un brevissimo accenno
alla prima lettura: al catechi-
Papa Luciani portava nel cuore l’annuncio del Vangelo ai poveri.
sta è affidato il compito, non
facile in questi tempi appiattiti quasi esclusivamente sulle realtà terrene e materiali,
di tenere aperto l’orizzonte
ultimo verso il quale siamo
in cammino, senza il quale
perde consistenza la stessa vita cristiana: l’orizzonte
della comunione definitiva
con Dio, l’orizzonte della
vita eterna. Neemia, l’esiliato
ebreo che aveva una buona
posizione alla corte del re
Artaserse, avrebbe potuto
benissimo chiudersi nell’egoismo di ciò che possedeva
e dimenticare la patria. Aiutate anche voi, cari catechisti,
i fanciulli, i ragazzi e i giovani che vi sono affidati a «non
dimenticare la patria»!
Giovanni Paolo I, che
questa patria ha già raggiunto, dal cielo preghi per
voi, preghi per noi, sacerdoti, preghi per tutti i presenti
e per l’intera Santa Chiesa,
che egli amò di un grande,
fermissimo amore.
Da parte nostra, benediciamo il Signore e preghiamo
affinché un giorno possiamo
invocare come beato questo
grande uomo di Chiesa, che
da Canale d’Agordo è arrivato alla Cattedra di Pietro,
dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come
vescovo di Roma. Così sia.
18
N
ella preghiera da lui
scritta: “Stammi ancor
vicino, Signore. Tieni la tua
mano sul mio capo, ma fa
che anch’io tenga il capo
sotto la tua mano. Prendimi
come sono, con i miei difetti,
con i miei peccati, ma fammi
diventare come tu desideri e
come anch’io desidero”.
“Noi siamo oggetto, scriveva, da parte di Dio di un
amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi
aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È
papà: più ancora, è madre”.
Un SI filiale
Scriveva Luciani: “La fede
in Dio è un ”sì” filiale, detto
a Dio, che racconta a noi
qualcosa della propria vita
intima. Sì alle cose narrate e
insieme a Colui che le narra.
Chi lo pronuncia deve non
solo avere fiducia, ma anche
tenerezza e amore e sentirsi
piccolo figlio, ammettendo:
io non sono il tipo che sa
tutto, che dice l’ultima parola
su tutto, che verifica tutto.
Nelle “Confessioni” Agostino
è ben concitato nel descrivere il suo viaggio alla fede.
Prima di dire il suo sì pieno
a Dio, la sua anima rabbrividisce e si torce in conflitti
penosi. Di qua c’è Dio che lo
invita, di là le antiche abitudini, “le vecchie amiche”, che
lo “tirano dolcemente per il
suo vestito di carne” e gli
sussurrano: “Tu ci congedi?
pensa che dal momento in
cui ti avremo lasciato, quella
cosa non ti sarà più permessa e quell’altra neppure, e
per sempre!”.
Dio lo spinge a fare presto e Agostino implorò “Non
subito, ancora un momento!”.
E continua settimane intere
nell’indecisione, nel contorcimento interno, finché, aiutato da una spinta potente
di Dio, prende il coraggio a
due mani e si decide” (Un
pensiero al giorno, p. 30).
Il bello della Fede
DI
TAFFAREL DON FRANCESCO
Ripensando al viaggio della vita di Luciani, emerge costante il “SI”
da lui detto al Signore, nella volontà di mettersi nelle sue mani,
di piacere e di lasciarsi condurre da Lui.
La fede nella Parola di Dio illumina il cammino della vita.
La lampada della fede
Luciani ha percorso la
“via dei carri”, come diceva; ha camminato su strade
non sempre ben illuminate, ma si è lasciato guidare
dalla fede. Nella “Lettera a
Trilussa”, egli scrive: “Caro
Trilussa, ho riletto la poesia
melanconicamente autobiografica, in cui racconti di
esserti sperso, in mezzo al
bosco e lì incontri una vecchietta cieca, che ti dice:
- Se la strada nun la sai,
te ci accompagno io, che la
conosco!
Sorpresa tua:
- Trovo strano che me
possa guidà chi nun ce vede.
Ma la vecchietta taglia
corto, ti piglia la mano e ti
intima:
- Cammina.
È la fede. Sono d’accordo
in parte con te: la fede è davvero una buona guida, una
cara e saggia vecchietta che
dice: metti qui il tuo piede,
prendi questo sentiero che
sale. Ma ciò succede in un
secondo momento, quando
la fede ha ormai messo radici come convinzione nella
mente e di là pilota e dirige
le azioni della vita. Prima,
però, la convinzione deve
formarsi e piantarsi nella
mente. E qui sta la difficoltà, qui il viaggio della fede
si rivela non la patetica passeggiata sulla strada del bosco, ma un viaggio a volte
difficile, talora drammatico
e sempre misterioso”.
Contro il vetro... della finestra
“Nell’atto di fede c’è una
complicazione, avvertiva Luciani, che è anche mistero:
la necessità dell’intervento
divino.
Quand’ero nel seminario
di Belluno, succedeva spesso
che un uccello, entrando ad
ali spiegate dai grandi finestroni, restasse imprigionato
negli ampi corridoi. La povera bestiola si dirigeva verso
una finestra qualunque, senza accorgersi che c’era il vetro; la si sentiva sbattere con
violenza contro l’ostacolo
invisibile, la si vedeva tornare indietro tutta spaurita per
poi volare di nuovo contro
il vetro con l’esito di prima.
Bisognava spalancare le finestre, perchè potesse uscire.
Chi non crede, tante volte, è così: sente l’invito alla
luce, alla fede, anela col desiderio in quella direzione,
ma si trova a cozzare contro
un ostacolo invisibile. Se Dio
non toglie l’ostacolo e non
spalanca le finestre, il non
credente non può uscire dalla sua incredulità. Arrivare
alla fede non è opera “né
di chi vuole né di chi corre,
ma di Dio che fa misericordia” (Rm 9, 16). E fin qui la
difficoltà è piccola.
Si fa invece grande quando si sa che Dio la sua misericordia non la nega a nessuno e, ciononostante, si vede
che per qualcuno la finestra
non s’apre, il vetro non cade
mai. Perché non crede l’incredulo, che pure apprezza
la fede, è a contatto con la
verità ed aiutato dalla grazia?
Ecco un problema difficile di
teologia e di psicologia” (Un
pensiero al giorno, p. 35).
Credere è un po’ complicato
Luciani riconosceva anche che “Credere è un po’
complicato; è già difficile
aver fede negli altri, sulla
parola, le loro asserzioni.
Credere è accettare su parola
le asserzioni altrui.
Ma io conosco tre maniere diverse di accettare le
asserzioni degli altri.
La maniera del giudice,
che, sentendo il ladro con-
19
fessare: “Sono stato io!”, conclude: “È stato proprio lui,
perché mai più andrebbe
a danneggiare sé stesso, se
fosse innocente”. Il giudice
accetta, mosso dall’evidenza che ha del caso, non ha
fiducia nel ladro.
La maniera dello scolaro;
sente il maestro affermare,
dalla cattedra, che il sole dista dalla terra 148 milioni di
chilometri e dice a se stesso:
“Non sono in grado di controllare questa distanza, ma
il maestro è tanto bravo che
è così senz’altro!”. Lo scolaro
accetta, mosso da fiducia nel
maestro.
La maniera del figlio: la
madre gli narra di anni suoi
lontani, di sacrifici sostenuti
per proteggerlo e salvarlo
e conclude: “Mi credi? E ricorderai quanto ho fatto per
amore tuo?”.
- Oh mamma! risponde
il figlio, io venero le tue
parole e mi impegno a fare
qualunque sacrificio per non
essere indegno dell’amore
che mi hai portato”! Il figlio
non solo accetta, non solo
ha fiducia, ma ha per sua
madre tenerezza e amore,
che provocano, col credere,
slancio di dedizione e impegno di vita.
La fede in Dio appartiene
a questa terza maniera.
Se la mamma merita la
fiducia del bambino, non dovremmo accordare fiducia al
Signore che ci parla di sé?
Mia madre mi diceva quando ero grandetto: da piccolo
sei stato molto ammalato. Ho
dovuto portarti da un medico all’altro e vegliare notti
intere, mi credi? Come avrei
potuto dire: mamma non ti
credo? Ma sì che credo, credo a quello che mi dici, ma
credo specialmente a te” (Un
pensiero al giorno, p. 31-32).
E così è la fede.
Ma allora, la mia intelligenza, ragione dove va a
finire?
“La parabola dei ciechi” (1561) di Pieter Van der Heyden, incisore fiammingo del ‘500.
“Di fronte a Dio, riconosceva Luciani, di fronte alla
sua Parola, non è che si debba rinunciare alla ragione,
ma è solo togliersi il cappello di fronte a Lui”.
Il metro... vecchio
“La fede, il timor di Dio,
sono sempre riflessioni di
Luciani, sono una specie di
metro per misurare se un popolo è fortunato o no, per
sapere se avrà o non avrà
prosperità e pace. Per giudicare, però, pare che oggi si
usi un metro nuovo. Si dice:
le cose van bene, perché le
strade sono asfaltate, il reddito aumenta, molti apparecchi
televisivi si accendono, tante
macchine corrono. Il Vescovo, invece, dice: tutte queste
cose hanno un’importanza
relativa. Per misurare bene
e giusto, occorre tornare al
metro vecchio, quello che
ci indica Dio nella Bibbia.
Sentite quello che è scritto:
“Tu, o Signore, salvi il popolo umile, soggetto a Dio” (Sal
18); “Felice il popolo che
ha il Signore per suo Dio!”
(Sal 144); “quando viene a
mancare l’insegnamento religioso, il popolo è sfrenato!”
(Prov 29).
In una parola: la gente
avrà la prosperità vera solo
se conserva il timor santo di
Dio in tutte le stagioni della
vita, in tutti i gradini delle
posizioni sociali” (Un pensiero al giorno, p. 39-40).
Togliere ... l’ancora
“Desiderare non basta. Il
buon desiderio è niente, se
da esso, a un certo punto,
non sprizza la scintilla della
decisione. La nave è carica di
ogni ben di Dio. Cosa serve,
se, ad un certo punto, non
si toglie l’ancora e non la
si fa partire? Il paracadutista
è attrezzato fino all’ultimo;
cosa giova, se, ad un certo
punto, non apre la porticina
dell’aereo e non si lancia nel
vuoto? È sul gradino della
volontà che si decide il destino dei santi.
Il Paradiso è pieno di uomini che hanno voluto, deciso ed eseguito; l’Inferno,
invece, è pieno di uomini,
che hanno bensì desiderato,
ma non si sono decisi per il
bene. Volere, decidersi, ecco
la gran cosa” (Un pensiero al
giorno, p. 41).
Fiducia e forza di Dio
“Penso a San Paolo:
disprezzi, flagelli, pressioni non deprimono questo
magnanimo; estasi, rivelazioni, applausi non esaltano
questo umile. Umile quando scrive: “Sono il minimo
fra tutti gli Apostoli”. Magnanimo e lanciato ad ogni
rischio, quando afferma:
“Tutto posso in Colui che
mi dà forza”. Umile, ma, a
tempo e luogo, sa essere fiero: “Sono ebrei? Anch’io ...
Sono ministri di Cristo? Parlo da folle, io più di loro”.
Si mette al di sotto di tutti,
ma, nel dovere, non si lascia piegare da niente e da
nessuno. Le onde scagliano
contro le scogliere la nave
che lo porta; le vipere lo
mordono; pagani, giudei,
falsi cristiani lo cacciano e
perseguitano; viene battuto
con le verghe e messo in
carcere, lo si fa morire ogni
giorno, si crede di averlo
spaventato, annientato ed
egli salta fuori fresco e rugiadoso ad assicurarvi: non
sono disperato e poi si alza
in piedi e lancia la sfida della certezza cristiana: “Sono
sicuro che né la morte, né
la vita ... né il presente, né
l’avvenire, né altezza, né
profondità, né qualsiasi altra
creatura mi potranno separare dall’amore d’Iddio che
è in Cristo Gesù”.
È lo sbocco dell’umiltà
cristiana. Essa non sfocia
nella pusillanimità, ma nel
coraggio, nel lavoro intraprendente e nell’abbandono in Dio!” (Un pensiero al
giorno, p. 36).
“Il Manzoni definisce
“giocondo prodigio e convito di grazia” il ritorno dell’Innominato alla fede. Se ne intendeva, era “ritornato anche
lui”. Si tratta di un convito
sempre imbandito e aperto
a tutti.
Per quanto mi riguarda,
io cerco di approfittarne tutti
i giorni, rimettendo in piedi
oggi la vita di fede buttata
giù coi peccati di ieri. Chissà se i cristiani che, come
me, si sentono ora buoni,
ora peccatori, con me accetteranno di fare i bravi
convitati?”.
Caro don Albino
Il lavoro che non c’è
N
ell’autunno del 1977, a
meno di un anno dal
duplice e misterioso evento
che ti avrebbe strappato dal
Veneto per ben altri lidi, appena tornato da Roma dove
avevi partecipato al sinodo
su “La catechesi in questo
nostro tempo”, hai sentito
l’urgenza di rivolgerti subito
ai fedeli di Venezia con una
lettera particolarmente accorata. Volevi condividere con
tante famiglie la preoccupazione per i posti di lavoro
che venivano a mancare, in
una congiuntura economica
e sociale che colpiva specialmente i giovani e le donne. A
distanza di tanti anni stiamo
attraversando una situazione
molto simile e, rileggendo
quel tuo scritto, lo trovo efficace e attuale, come pensato
e pregato la notte scorsa‘per
questo nostro tempo’.
C’è la volontà di incarnare il catechismo che imparavi
sulle ginocchia della nonna e
della mamma alla situazione
dell’industria e dell’artigianato in crisi a Mestre, Marghera, Mira e Murano. Nella
ricerca delle soluzioni ricordi
il primato della persona e la
centralità della famiglia. Fra i
peccati che gridano vendetta
al cospetto di Dio, citi con
il vecchio catechismo ai nu-
meri 25 e 154 “l’oppressione
dei poveri e il defraudare la
mercede agli operai come
atti contrari al bene dell’umanità”. Con un delicato
equilibrio ne hai per gli imprenditori e per i lavoratori:
che ognuno faccia bene la
sua parte in fraternità, così
da poter dire onestamente
‘Padre nostro’.
Non ti accontenti di suggerimenti scontati in materia di giustizia, profitto,
solidarietà, diritti, doveri ed
economia; punti sulla fede
che dobbiamo mettere in
opera non solo andando
in chiesa e alla domenica,
ma dovunque e ogni giorno
nella ferialità che è fatta in
gran parte di casa e lavoro.
Mi fai ricordare un parroco
che si divertiva a provocare i bambini al catechismo,
domandando qual è la cosa
più importante della chiesa:
l’altare, la croce, il battistero, il tabernacolo, i banchi?
Alla fine, quando i bambini
si arrendevano, diceva soddisfatto: la porta! Spiegando
che se è indispensabile per
entrare lo è anche per uscire.
E concludeva dicendo che si
entra per amare il Dio e si
esce per amare il prossimo.
Prossimi dobbiamo farci noi anzitutto ai familiari,
ma senza trascurare l’operaio che perde il lavoro, il
giovane che non lo trova e
l’imprenditore che non regge all’umiliazione di dover
chiudere la fabbrica. Forse
qualche volta esagero, ma
qualche volta, con i giovani che non sanno più dove
portare il loro curriculum regolarmente ignorato, mi permetto di dire in confidenza:
“Guardate che ci sono tanti
posti di lavoro a disposizione
se ve la sentite di diventare
preti. Perché occorre sfatare
l’idea del calo di vocazioni:
la percentuale dei ‘chiamati’è
Blas Sierra de la Calle
Recuerdos del papa
Luciani
El Cardinal Albino Luciani,
futuro Juan Pablo I, con los
Augustinos del Colegio sta.
Monica de Roma
Ed. Monte Casino
Valladolid (SP) 2013
Pagine: VIII + 32
sempre la stessa di 50 anni fa
e il calo è delle nascite”. Mi
chiedo sempre più spesso:
non sarà che noi preti diamo
l’immagine di persone chiuse, affannate e scontente?
Se la felicità non viene
dalle cose, ma dalle buone
relazioni, credo proprio che
dobbiamo tutti – e noi preti
per primi – offrire l’esempio
di uno splendido rapporto
con il Signore ed una sincera
e profonda solidarietà con i
vecchi e i nuovi poveri che
questo nostro tempo ci mette
accanto. Con affetto.
Tuo aff.mo Don Licio
Il Card. Albino Luciani,
nel 1977, sceso a Roma per
il sinodo dei vescovi dedicato
alla catechesi, soggiornò in
quei giorni presso il collegio
agostiniano di santa Monica. La cosa si ripeté l’anno
successivo in occasione del
conclave che lo vide eletto
nuovo pontefice con il nome
di Giovanni Paolo I. L’autore
viveva allora presso quel collegio come professore di teologia e incaricato dei giovani
agostiniani che avevano fatto
la prima professione. In questo libretto, scritto in spagnolo
Blas Sierra raccoglie e ordina i
suoi ricordi, messi per iscritto
a suo tempo ed in parte pubblicati nel 1978 su Famiglia
Cristiana e su L’Osservatore
Romano. Così si esprime su
papa Luciani: «La memoria di
quegli intensi giorni, vissuti a
fianco di colui che ho sempre
considerato un santo, mi ha
accompagnato per tutta la
mia vita ed è stata per me una
costante fonte di ispirazione».
Angolo del pellegrino
Le preghiere più belle scritte dai
pellegrini in visita alla chiesa di
papa Luciani di Canale d’Agordo
dal 21 maggio 2013 al 31 agosto
2013 (reg. dal 83 al n. 86)
(a cura di Laura Busin)
Continuiamo a pubblicare le preghiere più
significative che i pellegrini rivolgono a
papa Luciani scrivendole nel registro posto
di fronte alla sua statua, nella chiesa di
Canale d’Agordo.
Sembrano sempre più numerose le parole
di affetto che le persone rivolgono al
Pontefice, segno di una devozione sincera
e profonda; sfogliando i registri dell’estate
si nota tantissima gente che torna a Canale
dopo esserci già stata varie volte, alcuni tutti
gli anni, apposta per sostare in preghiera nei
luoghi di Giovanni Paolo I. Sono moltissimi
infatti coloro che scrivono “eccoci qui, come
ogni anno” oppure “siamo tornati anche
quest’anno a salutarti” e non mancano i
ringraziamenti per aver avuto nuovamente
questa possibilità.
I pensieri di tutti i pellegrini sono rivolti ai
membri delle loro famiglie, principalmente
ai figli, ai nipoti o ai genitori; sono
richieste di salute e serenità per tutti ma
anche ringraziamenti per le piccole cose
quotidiane. Stavolta identifichiamo con
facilità lo scritto più toccante di tutti: si
trova nel registro numero 83, vicino alla
foto di una bambina e dice: “A lei qui in
terra ci pensavo io, lassù in cielo pensaci
tu. Grazie”. Il “Grazie” detto in riferimento
a una perdita così grande come quella di
questo papà è una dimostrazione di fede
che colpisce veramente nel profondo, ma
leggendo le parole di tutta la gente che
passa per Canale è davvero impossibile
rimanere indifferenti.
I fedeli giungono in gran numero dal
Veneto e dalle regioni a noi vicine, ma molti
arrivano anche da più lontano: Livorno,
Pistoia, Ancona, Genova, Tarquinia, Imola,
Pesaro, Lecce, Bergamo, Arezzo, Benevento,
Trieste, Messina, Rimini, Pescara, La Spezia,
Bari, Mantova, Civitanova Marche, Siena
e molti altri luoghi italiani. Gli stranieri ci
hanno raggiunto da Madagascar, Tanzania,
Brasile, Argentina, Venezuela, Nuova
Zelanda, Svizzera, Germania, Spagna,
Inghilterra e dall’est Europa.
Dai Paesi di tutto il mondo
o:
22.05.2013. “Papa Albino Luciani, peço
sua bençao por uma vida abençoada, cheic
de aprendizado e feliz. Com carinho.”. J.E.
09.06.2013. “Im Gedenken an Papst Giovanni Paolo I”. B. + E., Svizzera
27.06.2013. “Please pray for the ones
who most need help and healing”.
27.06.2013. “Papa Luciani protegeme y
envuelveme en amor”.
14.07.2013. “Papa Luciani, nos cremos
na força do Espirito Santo, nos ajude a superare todos os sofrimentos”. Regina, Brasil
04.08.2013. “Querido Papa Luciani, te
pedimos la salud y la fuerza de seguir adelante con nuestro trabajo”. T. Q. M. F. Y. R.
10.08.2013. “Una sorpresa llegar al pueblo natal de Juan Pablo I. Su sonrisa serà siempre ejemplo para todos”. Francisco, Spagna
11.08.2013. “It’s a special joy for me to
visit such a lovely place. The beauty of the
mountains is a perfect place for the birthplace
of Pope John Paul I. A. K., New Zealand
28.08.2013. “Dear Papa Luciani, my
grateful tank for a deeply enjoyable and successful visit to your beloved Canale, please
continue to shower your blessing on this Comune”. Paul, England
DALL’ITALIA
Le frasi più belle
21.05.2013. “Desidero dirti tante cose,
ma tu le sai già! Con affetto semplice, ma
tanto, dolce papa Albino Luciani!”.
26.05.2013. “Come sempre sostienici!
Adesso siamo in tre!”. Silvia
04.06.2013. “Da 69 anni sacerdote, proprio come oggi, era il 4 giugno 1944. Forse
per l’ultima volta qui in terra vengo a trovarti
a Canale d’Agordo, ma sono pronto se devo
prepararmi ad incontrarti in Cielo. Confido nel
tuo aiuto e nella tua Benedizione per me e per
quanti mi daranno l’occasione di condividere
ancora un po’ di bene e amore quaggiù. Arrivederci... lassù!!!”. don Romualdo
05.06.2013. “Sul comodino ho messo un
tuo santino accanto alla foto del mio adorato
marito che ora sarà in cielo con te. Proteggici
quaggiù”. T. F.
13.06.2013. “E’ il secondo anno che festeggio il mio compleanno a casa tua (51),
non credi come sono felice! Tu fai parte della
mia famiglia. Grazie!”.
17.06.2013. “Ci hai accompagnato ed esaudito, noi ti preghiamo non lasciarci. Grazie”.
Davanti alla statua di papa Luciani nella chiesa di
Canale d’Agordo i pellegrini accendono un cero
e chiedono la sua intercessione per le grazie di
cui hanno bisogno.
22.06.2013. “Caro Papa siamo contenti
di essere accanto a te”. R. e O.
23.06.2013. “Lo so che ci sei! Aiutaci e
guidaci, abbiamo bisogno della tua carezza
e della tua presenza”.
23.06.2013. “Ti ringrazio o mio Signore
per Papa Luciani. Ti chiedo per sua intercessione l’umiltà del cuore”. Angelina
23.06.2013. “Ciao Albino, 35 anni dopo
sono qui a Canale, ma sono diverso da allora.
Grazie!”.
24.06.2013. “Oggi come sempre ti lascio
nella speranza di ritrovarti.”
27.06.2013. “Grazie per questa grande
testimonianza”.
07.07.2013. “Come la luna illumina la
notte, così padre amatissimo fai splendere la
gioia e la serenità su chi ti invoca con devozione e umiltà”. Remo
11.07.2013. “Caro Papa aiutaci a migliorare il mondo”. Cristina
12.07.2013. “Sono entrata povera, ora
esco ricca”. Claudia
18.07.2013. “La semplicità dei tuoi gesti
e la dolcezza dei tuoi occhi mi commuovono sempre e mi riempiono il cuore di gioia”.
Luciano
28.07.2013. “Forse ho trovato l’amore
della mia vita, fa che non lo perda”. Un anonimo che ti stimerà per sempre.
Angolo del pellegrino
28.07.2013. “Carissimo papa
Luciani, hai precorso i tempi col
tuo pontificato ma ora dopo 35
anni un altro Papa sta seguendo
quello che tu hai lasciato.
Richiesta di gra
azie
26.05.2013. “Giovanni Paolo
I aiutaci e sostienici. Donami la
grazia di un figlio”. Luca
04.06.2013. “Chiedi tu al Signore che mandi un bimbo alla
mia Michela grazie!”. nonna Nini
16.06.2013. “Caro Papa Luciani, ti chiediamo di benedire la
nostra unione di sposi e i nostri
figli, perché crescano nella Fede,
e una grazia speciale che tu e il
Signore conoscete. Con gratitudine”. Roberto e Francesca
16.06.2013. “Caro don Al-
Grazie ricevute
L’11 giugno abbiamo ricevuto questa testimonianza di una
grazia ricevuta tramite l’intercessione di Papa Luciani.
Ringrazio Papa Luciani perché dal cielo mi ha ottenuto la
grazia per il ricovero immediato di mio marito al Centro di
Riabilitazione.
Caro Papa, grazie di cuore io lo so che continuerai a
proteggerlo e ad accelerare il suo cammino di guarigione.
Isabella Boranga
bino ti prego affinché tutto vada
per il meglio, tu lo sai. Grazie. di
te mi posso fidare”.
23.06.2013. “Ti preghiamo
Papa Luciani perché possiamo
avere la grazia che tanto desideriamo: un bambino o più,
come il Signore vorrà. Grazie”.
Ale e Fede
23.06.2013. “Aiutaci ad avere un figlio papa Luciani e aiutaci
a crescerlo bene e in salute”.
28.06.2013. “Papa Luciani
ho bisogno del tuo aiuto”. N. A.
Grazie ricevute
23.06.2013. “Grazie per
averci dato un dono così prezioso, la nostra piccola, la affidiamo a te perché sia sempre in
salute e felice, Amen”. Federica
e Ivan
12.08.2013. “Grazie per la
mia bimba! veglia su di lei e sulla
mia famiglia.” Laura
13.08.2013. “Papa Luciani,
grazie perché per tua intercessione mia figlia è guarita” A.
19.08.2013. “Grazie per aver
ascoltato la mia domanda di grazia”. Renato
23.08.2013. “Ti ringraziamo per la grazia e umilmente
ti chiediamo di proteggere la
nostra famiglia”. Silvia e Girolamo
Giovanni Paolo I: una chiesa a servizio dell’uomo
DI
In Italia c’è un dibattito che non
invecchia mai, che ritorna in ogni
stagione seppure con accenti sempre
nuovi: esistono dei limiti oltre i quali
la Chiesa nei suoi interventi non può
andare, pena un’invasione nella sfera
di competenza del potere temporale?
È un interrogativo che si presta a
ricevere le risposte più diverse a seconda
del pensiero, della visione politica e
della fede di ciascuno. Una soluzione
equilibrata, scevra da ideologismi, è
possibile rinvenirla nel messaggio e nella
testimonianza di vita di Papa Luciani, di
cui quest’anno ricorre il trentacinquesimo
anniversario dell’elezione e
dell’improvvisa morte dopo soli trentatre
giorni di pontificato (1978-2013).
Nell’incontro con il Corpo Diplomatico
accreditato presso la Santa Sede il
31 agosto 1978, il Papa del sorriso
chiarisce con estrema lucidità l’essere
e il dover essere dei confini d’azione
della Chiesa, di una Chiesa che non è
mai potere ma sempre e solo servizio.
Una volta premesso che “non ha alcun
bene temporale da scambiare, alcun
DANIELE TRABUCCO
interesse economico da discutere, come
ne hanno gli Stati”, essa non si pone
in una posizione di disinteresse nei
confronti dei problemi delle comunità
statali, ma viceversa collabora, partecipa,
“se coinvolta e senza confusione di
competenze”, per “la ricerca delle
migliori soluzioni” dei grandi problemi
che mettono in pericolo la centralità
e la dignità dell’uomo. Una forma di
“soccorso e aiuto” la definisce Luciani
sulla quale gli Stati possono contare
senza esitazioni, laddove sono in gioco
e a rischio i destini dell’essere umano.
La Chiesa, quindi, deve svolgere
una funzione di ausilio, di consiglio
verso il potere temporale in vista del
perseguimento dell’interesse comune,
senza mai avere la pretesa di sostituirsi
a esso in quanto, lo evidenzia bene
Giovanni Paolo I nella parte conclusiva
del suo intervento, l’azione a servizio
della comunità internazionale si colloca
su un piano “specificatamente pastorale”.
Un piano che, formando le coscienze
dei cristiani, arricchisce anche il dibattito
all’interno dell’opinione pubblica “circa i
principi fondamentali che garantiscono
una vera civiltà e una reale fraternità tra
i popoli”. Deve trattarsi, però, di modo
di discutere funzionale a “trasformare
i rapporti umani, il tessuto sociale e
le istituzioni” nella logica dell’amore
evangelico, che è poi quella del dono
e del servizio. Solo in questo modo,
pare lasci intendere Luciani tra le
righe, si può davvero superare l’errata
contrapposizione tra laici e credenti per
formare uomini liberi intellettualmente,
capaci di farsi provocare dal volto del
prossimo.
La vita del Centro
Papa Luciani
Il calendario testimonia la
ricchezza e la varietà degli
incontri di formazione e
di preghiera che si sono
tenuti nei mesi scorsi.
Ne riportiamo la cronaca
essenziale.
APRILE
Martedì 2: ritiro per la prima
confessione dei bambini di San
Gregorio nelle Alpi e per la cresima dei ragazzi di Borca e San
Vito di Cadore.
Venerdì 5: ritiro per la prima
confessione dei bambini di Cesio, Pez e Soranzen e per la prima
comunione di Visome, accompagnati dai loro genitori.
Domenica 7: All’Oasi: incontro delle Coccinelle degli Scout
d’Europa (distretto di BellunoTrento-Bolzano). Al Centro: ritiro
dei cresimandi di Caerano San
Marco e di Belluno-Borgo Piave e
dei bambini di prima comunione
di Selva di Cadore
Lunedì 8: Ritiro per la prima
comunione di Calalzo.
Giovedì 11: Consiglio presbiterale di Belluno-Feltre
Venerdì 12: Cammino vocazionale per giovani organizzato dal
Centro.
Sabato 13: ritiro dei cresimandi di Canale d’Agordo e Mugnai,
con i genitori. Incontro sulla spiritualità di Papa Luciani. All’Oasi:
weekend di formazione dell’Associazione Dottor Clown di Belluno.
Domenica 14: Ritiro cresi-
mandi e genitori di San Zeno di
Cassola e Arcade. Ritiro per la
prima comunione dei bambini
e dei genitori di Carve, Levigo,
Meano e Mel. Incontro mensile
di “Incontro Matrimoniale”.
Martedì 16: Incontro dell’Associazione Anteas.
Giovedì 18: Incontro in preparazione agli EVO.
Venerdì 19: Due giorni cresimandi di Domegge di Cadore
Sabato 20: All’Oasi: Due giorni cresimandi di Casella e Villa
d’Asolo. Al Centro: Incontro animatori delle parrocchie di Cavaso e Possano. Ritiro per la prima
comunione dei bambini e genitori
di Bolzano bellunese. Incontro di
catechesi degli adulti.
Domenica 21: Ritiro di prima
comunione per i bambini e genitori di Belluno-don Bosco, San
Gregorio nelle Alpi e Sovramonte.
Ritiro cresimandi e genitori di Castion e Sovramonte.
Lunedì 22: Ritiro per la prima
comunione e per la cresima di
Rocca Pietore.
Mercoledì 24: Ritiro di prima
comunione per i bambini di Villabruna.
Giovedì 25: All’Oasi: Convegno diocesano dei chierichetti. Al
Centro: ritiro di prima comunione
di Bribano e Roe; ritiro dei cresimandi di Vigo di Cadore.
Venerdì 26: All’Oasi: weekend
della parrocchia di Salvatronda
(Castelfranco Veneto). Al Centro: ritiro cresimandi di BellunoDuomo-Loreto e Salce fino a
7 aprile 2013. Le Coccinelle (Scout FSE) del Distretto di Belluno – Pergine –
Merano– Follina hanno vissuto sui prati il “Volo di primavera” concludendo
con la s. Messa nella Chiesa del Centro.
domenica.
Sabato 27: Ritiro di prima comunione per i bambini di Cesio,
Pez, Soranzen e Mugnai. Incontro
per i genitori di Mugnai. Cammino di preghiera per i giovani.
Domenica 28: Ritiro di prima comunione per i bambini di Agordo e
Salce. Ritiro dei cresimandi di Feltre.
Incontro per i genitori di BellunoDuomo-Loreto, Salce e Feltre.
MAGGIO
Mercoledì 1: Ritiro di prima comunione per i bambini di Revine
Lago. Convegno degli animatori
di pastorale famigliare di BellunoFeltre.
Giovedì 2: Ritiro di prima comunione per i bambini di Feltre.
Incontro di formazione per il clero
di Belluno-Feltre.
Sabato 4: Due giorni dei giovanissimi di Mogliano Veneto. Due
giorni in vista della comunione
di maturità dei giovanissimi della
parrocchia di Cusignana. Ritiro di
prima comunione per i bambini di
Paterno e Pedavena. Ritiro dei cresimandi con i genitori di Pedavena.
Incontro delle equipe dell’Azione
Cattolica diocesana.
Domenica 5: Ritiro dei cresimandi di Antole-Sois (con i genitori) e
Anzù.
Mercoledì 8: Incontro dei preti
focolarini.
Venerdì 10 – domenica 12:
Week-end fidanzati organizzato
da Incontro Matrimoniale. Ritiro
cresimandi di Limana.
Sabato 11: Ritiro di prima co-
sr. Manuela Accamilesi
Incontri
Spirituali
9 aprile 2013. Il Direttore don Francesco De Luca festeggia al Centro i
30 anni di ordinazione presbiterale.
munione per i bambini di Falzè
di Piave (con i genitori) e Rasai.
Incontro di catechesi degli adulti.
Domenica 12: Ritiro di prima
comunione dei bambini e genitori
di Foen, Libano e Belluno-Borgo
Piave.
Giovedì 16: Incontro in preparazione agli EVO.
Venerdì 24 – Domenica 26:
all’OASI, weekend di formazione
dell’Assoiazione Dottor Clown.
Sabato 25 – domenica 26:
due giorni per i giovanissimi di
Padernello.
3 agosto 2013. Il gruppo dei diaconi permanenti di Vittorio Veneto al termine
degli Esercizi Spirituali, insieme ad alcune mogli.
La vita del Centro
Papa Luciani
sr. Manuela Accamilesi
Incontri
Spirituali
Giovedì 30: Consiglio presbiterale di Belluno-Feltre.
GIUGNO
Sabato 1 – domenica 2: All’Oasi: Piccolo Coro “La Goccia” di
Vimercate. Al Centro: Piccolo
Coro di Pizzighettone. Entrambi
hanno partecipato a “Corinfesta”
a Longarone nel 50° della tragedia del Vajont.
Domenica 2: Incontro del gruppo famiglie di Asolo. Incontro del
Movimento Confortano. Ritiro per
cresimandi e genitori di Trichina.
Lunedì 3 – giovedì 6: Corso
residenziale per i sacerdoti di Vittorio Veneto.
Domenica 9: Ritiro per i volontari del Movimento dei Focolari.
Ritiro per la preghiera di effusione dei gruppi del Rinnovamento
25 aprile 2013. I chierichetti muovono in processione dall’Oasi
Bethlehem verso l’anfiteatro.
nello Spirito. Incontro mensile di
“Incontro matrimoniale”.
Martedì 11: Giornata per malati di Altzheimer organizzata
dall’Associazione “Amici di Ottorino”.
Giovedì 13 – domenica 16:
Soggiorno dei gruppi partecipanti
alle manifestazioni di “Natura a
cavallo”.
Lunedì 17 - sabato 22: All’Oasi, campo estivo delle parrocchie
di Spercenigo e Rovarè (TV).
Martedì 18 – giovedì 20:
Convegno del clero di BellunoFeltre.
Venerdì 21 – lunedì 24: Soggiorno del Coro “Iriri” di Barcellona (SP).
Martedì 25 - sabato 29: Esercizi spirituali dei diaconi permanenti di Venezia.
Mercoledì 26: Uscita della parrocchia di Quarto d’Altino.
Domenica 30 – mercoledì 3
luglio: Campo musicale dell’Associazione “Suono in orchestra”
di Sanfior (TV).
LUGLIO
Lunedì 1 – sabato 6: All’Oasi:
Campo formativo della seconda
media musicale di Volpago del
Montello.
Giovedì 4 - domenica 7:
Campo itinerante sul “Cammino
delle Dolomiti” dell’Azione Cattolica adulti della parrocchia S.
Cuore di Mandello dell’Ario (LC).
Giovedì 4 – martedì 9: Primo campo musicale organizzato
dall’Orchestra Suzuki di Oderzo.
Martedì 9 – domenica 14: Secondo campo musicale organizzato dall’Orchestra Suzuki di Oderzo.
Domenica 14 – mercoledì
31: soggiorno del Cardinale di
Bologna Carlo Caffarra.
Domenica 14 – domenica
21: All’Oasi: campo estivo della
Parrocchia di Cassola (VI).
Giovedì 18 – domenica 21:
soggiorno della Fisorchestra
“Bela pl. Panthy” protagonista
del 18° Festival Internazionale
della Fisarmonica.
AGOSTO
Sabato 3 – lunedì 5: Giornate di
ritiro dell’Unione eucaristica
Lunedì 5 – venerdì 9: Esperienza spirituale per giovani promossa dal Centro.
Domenica 4 – domenica 11:
All’Oasi: Vacanze di Branco degli
Scout AGESCI di Salzano.
Giovedì 8 - sabato 10: Terzo campo musicale organizzato
dall’Orchestra Suzuki di Oderzo.
Domenica 11 – mercoledì
14: campo musicale organizzato
dall’Accademia ArteViva di Rossano Veneto.
Domenica 11 – domenica 18: All’Oasi: Campo estivo
dell’ACR del Vicariato di Noale.
Domenica 18 – domenica
25: All’Oasi: Campo estivo della
parrocchia di Pove del Grappa
(VI).
Lunedì 19 – sabato 24: Campo di formazione della Pastorale
familiare di Vittorio Veneto.
Martedì 20 – domenica 25:
Esercizi Spirituali dell’Associazione “La Missione”.
Sabato 24 – domenica 25:
Ritiro del gruppo di Rinnovamento nello Spirito di Bassano.
Domenica 25 - sabato 31:
Vacanze in musica per gli allievi
delle scuole musicali del Veneto.
Venerdì 30 – domenica 1
settembre: All’Oasi, ritiro dei
cresimandi della parrocchia di
s.ta Maria Maggiore in Treviso.
ro cresimandi delle parrocchie di
Cavaso e Possano.
Lunedì 9 – giovedì 12: Esercizi Spirituali delle donne della parrocchia di san Giobbe in Venezia.
Lunedì 9: Ritiro cresimandi di
Sospirolo.
Venerdì 13 - domenica 15:
Weekend sposi, organizzato da
Incontro Matrimoniale.
Domenica 15: Ritiro per i cresimandi e genitori della parrocchia
di s. Matteo in Camalò (TV).
Mercoledì 18 – venerdì 20:
All’Oasi: Giornate pedagogiche
per la prima media del Collegio
Balbi di Pieve di Soligo (TV).
Mercoledì 18 - giovedì 19:
Giornate di programmazione per
i sacerdoti della forania di Mel
(BL).
Giovedì 19 – domenica 22:
Esercizi Spirituali delle Suore Pastorelle di Feltre.
Giovedì 19 – venerdì 20: corso di formazione del Dipartimento Servizio Tossico-dipendenze di
Belluno.
Mercoledì 25 – venerdì 27:
All’Oasi: Giornate pedagogiche
per la seconda media del Collegio
Balbi di Pieve di Soligo (TV).
Venerdì 27: Incontro della Cooperativa sociale “Porta Aperta”
di Feltre.
Sabato 28 – domenica 29:
Ritiro dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito della diocesi
di Vicenza.
Sabato 28: Riunione dell’Associazione S. Vincenzo de Paoli
di Belluno-Feltre. Ritiro per le
catechiste di San Gregorio nelle Alpi.
Domenica 29: Ritiro dei cresimandi di Belluno-Borgo Piave.
SETTEMBRE
Domenica 1 - sabato 7:
Campo musicale organizzato
dall’ Associazione “I Polli(ci)ni”
di Padova..
Martedì 3 – venerdì 6: All’Oasi: campo cresimandi della parrocchia del Duomo di Feltre.
Sabato 7 – domenica 8: Riti-
La comunità del Centro
affida a Dio nella preghiera
le persone incontrate e
le esperienze vissute. Per
intercessione di Papa Luciani,
il Signore doni a ciascuno la
grazia di vivere il quotidiano
in comunione con Lui e con
gli altri.
Domenica 21 – domenica 4:
All’Oasi: campi estivi della Parrocchia di Alano di Piave (BL).
Martedì 30 - sabato 3 agosto: Esercizi spirituali dei diaconi
permanenti di Vittorio Veneto.
La vita del Centro
Papa Luciani
La rassegna culturale “Illustrissimi” nel secondo trimestre 2013
Michelangelo De Donà
Cinque incontri tra Chiesa, società, economia
e cinematografia, musica e pittura
❱❱❱ Venerdì 5 aprile l’incontro con mons. Domenico Mogavero, vescovo della
diocesi di Mazara del Vallo
e commissario della CEI per
l’immigrazione, che ha presentato il libro “La Chiesa
che non tace” (edizioni BUR).
Mons. Mogavero è il vescovo
che dalla Sicilia solleva un grido di protesta contro l’intollerabile situazione dei migranti,
abbandonati sulle coste italiane in condizioni di tragica
miseria. Ma questa è soltanto
l’ultima delle sue battaglie. Da
sempre infatti, fin dagli inizi
del suo magistero, monsignor
Mogavero si batte per i diritti
degli ultimi, contro gli errori
del Vaticano e la moralità di
chi ci governa. Dall’impegno
al fianco del cardinale Ruini
alla presidenza del consiglio
della Cei per gli affari giuridici, dall’attività presso il tribunale ecclesiastico alla nomina
di vescovo della diocesi di
Mazara del Vallo, territorio di
frontiera alle porte dell’Islam,
qualunque fosse il ruolo ricoperto, monsignor Mogavero
si è sempre rivolto al cuore
5 aprile 2013 S.E. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara
del Vallo, presenta il suo libro: “La
Chiesa che non tace”.
delle persone, alla sua parte più combattiva e assetata
di giustizia. Le sue parole si
stagliano sopra il coro degli
epigoni, per dare voce a una
Chiesa diversa, la Chiesa che
non tace.
❱❱❱ “Note cinematografiche” il titolo della splendida
serata offerta il 13 aprile dal
m.° Adriano Bassi: la storia della colonna sonora da
film raccontata e suonata al
pianoforte. Il m.° Bassi è direttore artistico dell’Associazione Pietro Mongini e ha
fondato l’Orchestra “Ludwig
van Beethoven” di Milano.
13 aprile 2013. Il Maestro Adriano
Bassi spega e suona la musica da film.
❱❱❱ Nuovo appuntamento
sabato 11 maggio con il critico d’arte Mario Dal Bello che
ha presentato il libro “Tintoretto. Le visioni” (Libreria
Editrice Vaticana) con la proiezione e la spiegazione dei
dipinti, mentre l’attore della
fiction “Un medico in famiglia” Giorgio Marchesi ha
proposto la lettura di alcuni
brani. Numerosi i dipinti in
questo raffinato libro di Mario
Dal Bello, che indaga l’epopea artistica del Tintoretto,
pittore veneziano del Cinquecento (1519-1594), animato
da “un accento già romantico
di sogni e visioni (…) che lo
fanno sentire moderno, contemporaneo in quella voracità
di immagini, nella tempesta
di emozioni che non lascia
nessuno indifferente”. I capolavori di Tintoretto sono stati
suddivisi in varie sezioni: le
storie sacre e profane, i temi
mitologici, la ritrattistica, la
pittura sacra. Segue una selezione di dipinti in ordine
cronologico, e ciascuna delle
opere scelte è accompagnata
da una scheda approfondita
che ne illustra significato, dettagli artistici e curiosità.
❱❱❱ Il Centro Papa Luciani, in collaborazione con
la scuola di giurisprudenza
dell’Università degli studi di Padova, il 16 maggio
ha promosso l’incontro dal
titolo “La libertà religiosa
tra Stato e Chiesa” con gli
interventi dell’arcivescovo
mons. Agostino Marchetto,
già nunzio apostolico e segretario del pontificio consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti che
ha approfondito il tema “La
libertà religiosa a partire
dal Concilio Vaticano II” e
del dott. Daniele Trabucco,
ricercatore universitario che
ha parlato su “Libertà religiosa e pluralismo nella
Costituzione italiana”. La
stessa iniziativa, con un’ulteriore relazione sull’Editto di
Milano tenuta del prof. Fabio
Marino, docente presso l’Università di Padova, è stata
Incontri
Culturali
proposta alla Fondazione
Laurentianum di Mestre.
❱❱❱ Il primo giugno la ripresa di uno dei filoni tematici che hanno caratterizzato
fin dall’inizio l’attenzione
della rassegna, quelli sui
rapporti tra economia, etica
e globalizzazione. Il prof. Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dell’Istituto Opere di
Religione dal 2009 al 2012,
ha tenuto una conferenza dal
titolo “Crisi economica nella
lettura della Caritas in Veritate”. Il suo obiettivo è stato
quello di “leggere” i fatti economici non in chiave morale,
bensì in un’ottica economica
coerente con il Magistero sociale. L’autore si è soffermato
sulla crisi finanziaria ed economica, sul riferimento alla
dottrina sociale della chiesa,
sull’attenzione ai temi della
famiglia quale fattore di sviluppo economico, sulla fiducia profonda nel mercato
quale sistema di regolazione
equa dell’economia.
Il prof. Ettore Gotti Tedeschi.
La vita del Centro
Papa Luciani
Michelangelo De Donà
Incontri
Culturali
Impegnativa ma con
soddisfazione per gli organizzatori e apprezzamento
per i partecipanti la seconda
edizione della cerimonia di
consegna del premio “Giovanni Paolo I” tenutasi il
14 giugno. I riconoscimenti
sono stati assegnati in base
a quattro sezioni:
Sezione:
personalità ecclesiastiche
S.E. CARD. JULIAN HERRANZ CASADO
Il Cardinale Julián Herranz, Presidente emerito del
Pontificio Consiglio per i
Testi Legislativi, Presidente
emerito della Commissione
Disciplinare della Curia Romana. Per ventidue anni ha
vissuto accanto al Fondatore
dell’Opus Dei, san Josemaría
La consegna del premio “Giovanni Paolo I” a giugno
Premiate 5 personalità tra Chiesa,
giornalismo, musica e sport
Escrivá de Balaguer, che ha
avuto una influenza decisiva
nella sua vita. Fu Presidente
del Pontificio Consiglio per
i Testi Legislativi fino al 15
febbraio 2007e della Commissione Disciplinare della
Curia Romana, fino all’ 11
maggio 2010. Benedetto XVI
lo ha nominato presidente
della Commissione d’inchiesta sul caso “Vatileaks”. Da
Giovanni Paolo II fu creato
Cardinale nel Concistoro del
21 ottobre 2003.
Sezione: giornalismo
E COMUNICAZIONE
JOAQUIN NAVARRO VALLS
Si è laureato in Medicina
e Chirurgia nel 1961 e ha
seguito i corsi per il Dottorato in Psichiatria col tema
“Trastornos psiquiátricos en
los traumas craneales”. È
stato aiutante nella Facoltà
di Medicina. Nel 1968 si è
laureato in Giornalismo e nel
1980 ha ottenuto la Laurea in
Scienze della Comunicazione. Corrispondente all’este-
ro di Nuestro Tempo (1972).
Dal 1977 al 1984 è stato corrispondente all’estero per
l’Italia ed il Mediterraneo
Orientale (Egitto, Grecia,
Israele, Algeria, Turchia) del
quotidiano di Madrid ABC.
Inviato speciale nei paesi
dell’Africa Equatoriale, in
Giappone e nelle Filippine.
Membro del Consiglio Direttivo della Stampa Estera in
Italia (1979) è stato poi eletto
Presidente dell’Associazione
della Stampa Estera in Italia
(1983 e 1984). Dal 1984 al
2006 è stato Direttore della Sala Stampa della Santa
Sede. È autore del libro “A
passo d’uomo: ricordi, incontri e riflessioni tra storia
e attualità” (Mondadori).
Sezione: musica
STEFANO MAINETTI
Compositore. Stefano
Mainetti è uno dei due compositori che ha realizzato il
CD “Abbà Pater” nel quale
la voce e il canto del Santo
Padre si miscelano con mu-
1 giugno 2013. Le personalità che hanno ricevuto il premio “Giovanni Paolo I”. Iniziando da sinistra vediamo:
Rossella Ruini, Julian Card. Herranz,, Joaquin Navarro Valls, Stefano Mainetti e Damiano Tomasi. (Foto Zuel)
siche originali. Dal 2007 al
2009 compone e dirige le
musiche per “The word of
promise” imponente audio
dramma della Bibbia in 79
cd, interpretato da 5 premi
Oscar e le voci di altri 600
attori americani. È uno dei
compositori del cd “Alma
Mater” progetto del Vaticano,
prodotto nel 2009 dalla Geffen Records e realizzato dalla
Royal Philarmonic Orchestra
insieme al coro del Vaticano.
Il cd ha avuto la Nomination
come “Album of the year” ai
Classic Brit awards. Nel 2011
è compositore e produttore
di “Tu es Christus”, cd della
Sony Music per la beatificazione di Papa Wojtyla, album
che vede la partecipazione
di vari artisti internazionali
tra cui Andrea Bocelli e Placido Domingo.
Sezione: musica
ROSSELLA RUINI
Soprano lirico, da sempre interessata alle multiformi sfaccettature della ricerca vocale, la sua esperienza
artistica spazia dal pop al
jazz alla musica polifonica
per approdare al repertorio
operistico, campo in cui sta
attualmente impegnando tutte le sue energie. Dal 2008
collabora in modo esclusivo,
in veste di cantante e consulente artistica, per l’ensemble
DIV4S, col quale ha la possibilità di proporre concerti
in tutto il mondo, e duettare
con grandi artisti, da Andrea
Bocelli, a Michael Bolton, a
Josè Carreras. Del 2011 è l’album “Opera”. Ha cantato in
mondovisione in occasione
La vita del Centro
Papa Luciani
Michelangelo De Donà
Incontri
Culturali
1 giugno 2013. Un momento della consegna del premio “Giovanni Paolo I”
del Giubileo Universale della
Chiesa Cattolica. È ideatrice
e fondatrice di ART OF VOICE Musica. Le qualità canore
di Rossella Ruini, con l’accompagnamento al pianoforte del m.° Carlo De Battista,
sono state particolarmente
apprezzate dal pubblico.
Sezione: sport
DAMIANO TOMASI
Damiano Tommasi,
nato a Negrar (Verona) nel
1974, è sposato con Chiara
dal 1996 e insieme hanno
5 bambini. Calciatore professionista dal 1994 al 2009.
Ha militato nell’Hellas Verona, nella Roma, nel Levante
(Spagna), nel Queens Park
Rangers (Inghilterra) e nel
Tianjin Teda (Cina). Ha giocato 25 partite con la Nazio-
nale italiana e da novembre
2009 gioca con la squadra
dilettante del suo paese natale, il S. Anna D’ Alfaedo
(Verona). Dal 9 Maggio 2011
ricopre il ruolo di Presidente dell’Associazione Italiana
Calciatori.
L’iniziativa è stata resa
possibile grazie al sostegno di
Regione Veneto - RetEventi
La rassegna culturale “Illustrissimi” durante l’estate 2013
Le testimonianze-concerto con frate
Alessandro e il tenore Voleri
Il 13 luglio è stato proposto al pubblico bellunese un incontro-concerto e
la presentazione del libro
“La mia vita, la mia musica” (Edizioni Porziuncola)
di Frate Alessandro, con la
partecipazione della Schola
Cantorum di Santa Giustina
e della Daphne Chamber
Orchestra, direttore il m.°
Fabrizio Da Ros. La manifestazione prevista nella splendida cornice dell’anfiteatro è
stata spostata, proprio pochi
minuti prima dell’inizio, in
sala “mons. Perotto” a causa
di un temporale.
13 luglio 2013. Frate Alessandro esegue alcuni canti durante il concerto
testimonianza.
Frate Alessandro Brustenghi è un giovane tenore lirico che vive alla Porziuncola.
Per una serie di coincidenze,
è stato messo sotto contratto
da Mike Hedges - produttore
degli U2 - per la realizzazione di un disco di arie sacre
che la Decca ha pubblicato
nello scorso autunno.
Questo libro raccoglie
una lunga intervista con frate
Alessandro in cui, dalla sua
viva voce, veniamo a conoscere le tappe fondamentali di un originale percorso
umano, spirituale e artistico.
Arricchito da mille aneddoti,
2013 - Provincia di Belluno,
Consorzio Bim Piave,
Comune di Santa Giustina. Si
ringraziano inoltre gli sponsor
LATTEBUSCHE, RENAULT DAL
PONT e per la collaborazione
FIORERIA FANTASIA e FOTO
ZUEL di Santa Giustina;
LOCANDA BAITA A L’ARTE di
San Gregorio Nelle Alpi, PARK
HOTEL VILLA CARPENADA e
AUDIOGRUPPO di Belluno.
ricordi ed episodi di vita, il
volume può essere considerato la prima biografia di un
personaggio che farà sicuramente parlare di sé.
Alessandro stava cantando in una piccola chiesa nel
2011, quando gli fu chiesto
di fare un’audizione discografica. L’impresario fu molto
colpito e portò la sua scoperta alla Decca Records, dove
furono ugualmente impressionati dal frate titubante con
la voce miracolosa. Scoprirono che era un tenore straordinario, dalla voce vellutata e
calda. Ed è diventato il primo
frate a firmare un contratto
con una grande etichetta discografica, la Universal Music Group. «Ero spaventato
dalla dimensione di questo
progetto, ma sentii anche
che tutto questo era accadu-
La vita del Centro
Papa Luciani
Michelangelo De Donà
Incontri
Culturali
to per un motivo, forse una
missione, forse attraverso
Dio. Non mi piacciono molto
la popolarità, le telecamere o
i giornalisti, e il denaro verrà ovviamente destinato alle
attività dell’Ordine dei Frati
Minori. Abbiamo deciso con
il produttore, Mike Hedges,
di incidere un album di canti
religiosi popolari con alcune
canzoni speciali di San Francesco. Ci sono poesie scritte e musicate da lui che sto
cercando di ricostruire». Mike
Hedges, produttore noto per
il suo lavoro con U2, Manic
Street, Preachers e The Cure,
ha percepito la forza dell’amore e della bellezza nella
voce di Alessandro. L’album
che hanno inciso, The Voice
from Assisi, registrato negli
storici studi di Abbey Road,
è pieno di passione, storia e
soul. L’iniziativa è stata resa
possibile grazie al sostegno
di Regione Veneto-RetEventi
2013 - Provincia di Belluno,
Consorzio Bim Piave, Comune di Santa Giustina, associazione pro-auditorium e
di sponsor privati (Renault
Dal Pont, La Briciola, Fioreria
Fantasia e Foto Zuel di Santa
Giustina; Audiogruppo e Colorpoints di Belluno).
❱❱❱ Il 5 agosto a Col Cumano è giunto invece Marco
Voleri, tenore, per parlare del
suo libro “Sintomi di felicità.
La mia passione per il canto
contro la malattia” (Sperling
& Kupfer). Marco Voleri (Pisa,
1975) si è diplomato al Conservatorio Giuseppe Verdi di
Milano, dove ha frequentato
in seguito l’Accademia del Teatro alla Scala e l’Accademia
Lirica del Rotary International. Nel 2011 ha conseguito la
laurea specialistica in Canto
lirico presso il Conservatorio
Giacomo Puccini di La Spezia. È stato interprete di oltre
quaranta ruoli operistici in
Italia e all’estero e numerosi
programmi concertistici con
vari repertori. Ha inciso per
Kicco Music, AFI, Realsound,
Naxos. Nel 2009, a quasi tre
anni di distanza dalla prima
manifestazione della malattia, gli è stata diagnosticata
definitivamente la sclerosi
multipla. Meno di due anni
più tardi è riuscito a riprendere a tempo pieno l’impegno
artistico. All’inizio è stato un
formicolio nella parte destra
del corpo: al viso, alla mano
e alla gamba, diventata così
pesante da costringerlo a trascinarla. Poi una strana stanchezza, qualche difficoltà nel
mantenere l’equilibrio. Sintomi non ben definiti, che solo
dopo molti mesi dalla loro
comparsa sono stati attribuiti con sicurezza alla sclerosi multipla. Quando scopre
di essere malato, Marco ha
trent’anni e una carriera da
tenore appena iniziata. Divide le sue giornate fra lo studio, le audizioni, i concerti,
le prove, i viaggi. Una vita
densa di impegni e promesse
che viene improvvisamente
e bruscamente fermata. Cosa
fare delle lezioni e delle serate programmate, dei progetti artistici che si stavano
definendo? Sarà ancora possibile cantare? E per quanto
tempo? I dubbi si intrecciano
allo sconforto, alla rabbia, alla
paura. Ma, anche se la crisi
è profonda, la passione per
il canto, la musica, il teatro
è più forte. Marco decide di
andare avanti e di tenere segreta quella nuova, scomoda
compagna destinata a restare
con lui per sempre. Le cure
hanno portato altri malesseri
da sopportare e controllare,
ma oggi, in mezzo a febbre,
debolezza ed emicrania, sono
comparsi nuovi segnali da interpretare: una consapevolezza diversa dei propri desideri;
una motivazione più solida a
realizzare i sogni; la capacità
di godersi il tempo e gli affetti. Sintomi, probabilmente,
di felicità. Con questo libro il
giovane tenore ha deciso di
rivelare la sua malattia. Pur
sapendo che questa scelta
potrebbe mettere a rischio
la sua carriera, non vuole rinunciare ad affermare che la
sclerosi multipla e una vita
vissuta pienamente non sono
incompatibili. Ai partecipanti Voleri, accompagnato al
pianoforte dal m.° Carlo De
Battista, ha voluto proporre
anche un breve momento
musicale.
Sede: Centro Papa Luciani,
Via col Cumano, 1
32035 Santa Giustina (BL)
Tel. 0437.858324 • Fax 0437.857105
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Adesione: offerta libera tramite
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Direttore responsabile: Mario Carlin
Segretario di redazione: Francesco
De Luca
13 luglio 2013. La Daphne Chamber Orchestra e la Schola Cantorum di S.ta Giustina dirette dal m° Fabrizio Da Ros.
Hanno collaborato:
Francesco Taffarel, Francesco De
Luca, Cesare Vazza, Stefania Falasco, Antonio Bartoloni, Pietro Parolin, Licio Boldrin, Laura Busin, Daniele
Trabucco, Manuela Accamilesi, Michelangelo De Donà.