La sapientia cordis di Giovanni XXIII
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La sapientia cordis di Giovanni XXIII
luglio - ottobre 2013 • N. 3-4 Centro Papa Luciani • 32035 Santa Giustina (BL) • Anno XXIX • Poste Italiane s.p.a. • sped. in Abb. Post - D.I. - 353/2033 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 com. 2 - DCB BL La sapientia cordis di Giovanni XXIII DI TAFFAREL DON FRANCESCO Ricorre questo anno il 50° anniversario dalla morte di Papa Giovanni XXIII, a cui Luciani fu molto legato. Ecco come ne ha parlato. Incontro con Papa Giovanni Luciani ricordava sempre: «egli (Papa Giovanni XXIII) mi accolse prima della mia consacrazione episcopale. Seduto di fronte al Suo scrittoio, in una udienza privata, per me indimenticabile, cinque giorni prima che mi consacrasse vescovo. Mi confidava che gli era stato provvidenziale e orientativa per tutto il corso della vita una pagine dell’Imitazione di Cristo, che aveva meditato nel 1904 nei fervori del primo sacerdozio. “Vada a vedersela, mi disse, è al libro terzo cap. 23”. Ma intanto me la recitò a memoria. Quattro cose arrecano grande pace. Prima: studiati di fare la volontà altrui piuttosto che la tua. Seconda: preferisci sempre di possedere meno piuttosto che molto. Terza: cerca sempre l’ultimo posto. Quarta: desidera sempre e prega che in te si faccia integralmente la volontà di Dio”. Mi sono sempre sforzato di mettere in pratica questi quattro punti – concludeva – e mi sono trovato bene tanto nelle gioie che nei dolori; il Signore mi ha aiutato e benedetto”: faccia anche lei altrettanto». E affermerà: «Io non posso dimenticare che sono stato consacrato vescovo dalle sue auguste mani in san Pietro il 27 dicembre 1958». Alla diocesi di Vittorio Veneto annunciò «oggi 3 giugno 1963, alle ore Giovanni XXIII, papa dal 28 ottobre 1958 al 3 giugno 1963. 19.40 è piamente e serenamente spirato Papa Giovanni XXIII, dopo 81 anni e mezzo di vita e 4 anni, 7 mesi e 6 giorni, - Luciani sintetizzò - di “umile servizio” pontificale». E nella solenne liturgia funebre in Cattedrale disse: «Questo “servizio” in un arco assai breve di tempo, fu in realtà densissimo di opere generose a favore sia della Chiesa sia del mondo intero. “Umile” fu invece l’atteggiamento del suo spirito. Collocato sull’alta cattedra, si presentò al mondo, dicendo: “Sono uno di voi, sono vostro fratello Giuseppe”. Operando, insegnando, avvicinando gli uomini ripeté senza mai stancarsi: “Cerchiamo quello che ci unisce! Abbiamo fiducia in Dio e negli uomini! Vogliamoci bene!”. Semplice, abbandonato alla “Buona provvidenza” di Dio, sorridente, ma risoluto e instancabile, fin dall’alba del > CONTINUA A PAG. 2 Due in uno La rivista che avete in mano raccoglie due numeri in un unico fascicolo: il terzo e il quarto dell’anno. Esce con il doppio delle pagine e raccoglie dei contributi di spessore. Si apre col ricordo dei cinquant’anni trascorsi dalla morte di papa Giovanni XXIII, il quale rdinò vescovo Albino Luciani e fu per il suo ministero pastorale un costante punto di riferimento. Nella parte centrale trovano spazio articoli di ampio respiro. La dottoressa Stefania Falasca presenta i risultati della sua tesi di dottorato dedicata al modo originalissimo di scrivere di Luciani. Egli unisce semplicità di espressione con ampie e variegate referenze letterarie. La sua è una parola umile che ha alle spalle una straordinaria ricchezza di letture. Quattro facciate sono dedicate allo stile pastorale di Luciani. Voleva essere “Vescovo tra la gente”: lo mette in luce la bella penna di Francesco Taffarel. Nelle visite pastorali si intratteneva con ammalati, anziani, bambini. Seguiva lo stile di Gesù. Nell’esercizio del ministero pontificio Luciani inaugurò uno stile nuovo. Tali tratti furono messi in luce già nelle omelie dei novendiali, come ben riconosce e testimonia Antonio Bartoloni nel suo saggio, riportando anche passi significativi delle stesse. L’elezione alla Segreteria di Stato vaticana di Mons. Pietro Parolin ha suggerito la pubblicazione della bella omelia su Luciani tenuta a Canale d’Agordo nel 2011 in occasione memoria della sua elezione al soglio pontificio. Infine, a conclusione dell’anno della fede indetto da Benedetto XVI, non poteva mancare un riferimento al modo con cui, da vescovo e da papa, Luciani ha parlato di questa che è la porta di accesso alla relazione con Dio e alla vita in Cristo e nella Chiesa. don Francesco De Luca 2 > CONTINUA DA PAG. 1 Pontificato lanciava l’idea ardita del Concilio Ecumenico, che coraggiosamente iniziava, per il buon esito del quale offriva reiteratamente la vita» (3 giugno 1963). Ai veneziani ricordò: «È stato poi per cinque anni nostro amatissimo e veneratissimo Patriarca Metropolita». E il 27 agosto 1978, al suo primo angelus domenicale in Piazza San Pietro, ha confidato: «Papa Giovanni ha voluto consacrarmi Lui con le sue mani qui nella Basilica di San Pietro; poi, benché indegnamente, a Venezia gli sono succeduto sulla cattedra di San Marco, in quella Venezia che ancora è tutta piena di Papa Giovanni. Lo ricordano i gondolieri, le suore, tutti…» e poi, ricordando Paolo VI, Luciani disse: «Mi chiamerò Giovanni Paolo. Io non ho né la sapientia cordis di Papa Giovanni, né la preparazione e la cultura di Papa Paolo, però sono al loro posto, devo cercare di servire la Chiesa». Gettare dei ponti «L’idea di papa Giovanni che più ha colpito il mio spirito è questa: La Chiesa di Cristo luce delle genti! La Chiesa deve far chiaro non solo ai cattolici, ma a tutti, essa è di tutti, bisogna cercare di avvicinarla a tutti. Quando Roncalli arrivò nel 1935 in Turchia c’erano lì decine di sacerdoti e migliaia di fedeli, ma quasi nessuno di essi si era premurato di imparare la lingua nazionale turca; i cattolici si erano un po’ chiusi in se stessi, facevano isola. Egli cercò che gli Atti ufficiali della “Delegazione” fossero redatti in turco e in turco volle recitare il “Dio sia benedetto”. Ci furono critiche ed egli rispose: Sono per i cattolici e sono per i turchi… È il programma che da papa applicò in grande: gettare ponti verso il mondo. Il concilio è uno di questi ponti. In una udienza a noi vescovi del Veneto ha raccontato come gli era venuta l’idea. Una mattina viene qui Tardini con il solito fascio di carte. Le passiamo in rassegna, poi si esamina la situazione del mondo. Tanti problemi, tante difficoltà! Si dice: Cosa può fare la Chiesa per aiutare? Non ci avevo pensato prima, ma in quel momento mi balena un nome e dico: Ci vorrebbe un Concilio Ecumenico! Detta la libertà; si osserva: non si deve confondere l’errore con l’errante; l’errante è sempre e anzitutto un essere umano e conserva, in ogni caso, la sua dignità di persona e va sempre trattato come si conviene a tale dignità”. Non si cede all’errore assolutamente nulla, ma si fa un passo verso gli erranti». Luciani da Gv XXIII. parola, quasi mi meraviglio di averla pronunciata e guardo Tardini. Ecco che depone le carte sul tavolo, gli vedo brillare gli occhi da miope, sento che dice: “Questa, Santità, è una grande idea! Sì, ci vorrebbe un Concilio!”». Mater et Magistra «La Enciclica Mater et Magistra è considerata ponte verso il mondo. I problemi in essa trattati interessano tutti; vi si parla, tra l’altro, degli squilibri tra paesi progrediti e paesi sottosviluppati, vi si tratta della decolonizzazione, della popolazione mondiale, che cresce, di fronte ai mezzi di sussistenza scarsi. E vi si conclude: noi siamo responsabili dei paesi sottosviluppati, dobbiamo aiutare, noi privati e noi nazioni! Restano fermi i principi, le infauste ideologia sono chiamate “effimere ed erronee”. Si parla della persecuzione che da decenni infierisce in molti paesi, della raffinata barbarie dei persecutori, i cattolici sono ammoniti di non venire mai a compromessi riguardo alla religione e alla morale, si raccomanda lo spirito di comprensione, si invitano i cattolici a collaborare lealmente nell’attuazione di oggetti che siano di loro natura buoni o almeno riducibili al bene per la prima volta, si fanno, in una Enciclica, esplicite lodi a istituzioni laiche come l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Fao». La Pacem in terris «È la prima Enciclica in cui un papa si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, al di qua e al di là delle frontiere della Chiesa Cattolica… “La pace di cui si parla è quella cristiana, fondata solo sul timor di Dio, sull’amore agli uomini e sulla libertà; si dice chiaro che ci sono regimi politici che non assicurano alle singole persone una sufficiente sfera di Non ha cercato il successo Luciani scrive che Roncalli si è «veramente lasciato guidare dalla volontà di Dio, non ha cercato il successo. Nominato arcivescovo nel 1925, scrive agli amici: “…non sento che rossore e confusione; lo spirito però è tranquillo e il cuore in pace. Faccio l’obbedienza vincendo forte ripugnanza a lasciare certe cose e ad avventurarmi a certe altre”. Visitatore e poi Delegato Apostolico in Bulgaria per nove anni incontra prove non piccole né brevi. Scriveva: “Di ciò che il mondo può dire non mi curo…a me basta il testimonio della mia buona coscienza e il sapere che il S. Padre è contento della modesta opera mia”. Dalla Bulgaria viene trasferito alla Turchia e alla Grecia e lui scrive: “Molta gente delle due rive di Europa e Asia mi compatisce e mi chiama sfortunato. Io non so perché. Faccio l’obbedienza che si vuole da me e non altro… Ma io non cesso di guardare in alto e lontano”». Guardare in alto e lontano «Una frase, scrive Luciani, che diviene familiare a Papa Giovanni: “guardare in alto e lontano!”. Imbevuto di questo spirito di pazienza, di distacco dalle cose del mondo, di fiducia in Dio solo, affronta le difficoltà della nunziatura di Francia, della Diocesi di Venezia e dei grandi problemi del Pontificato. Da Parigi scrive al Vicario capitolare di Venezia: “... in questa mia nomina non c’è stato nulla di mio; perciò vengo ben volentieri”». E conclude Luciani: «Compiuta la sua missione, egli è ora passato al Signore. Quaggiù resta il bene che ha fatto, resta, incitatore e consolante, il suo luminoso esempio. Resta anche l’alto insegnamento, questo: Allargate l’area della Chiesa! La verità da solo non basta, occorre la carità! Guardate in alto e lontano! Camminate sulle vie dell’obbedienza per arrivare al regno della pace… Traduciamo l’esempio in salde convinzioni ed in sode virtù». A voi lettori: Grazie! Scriveteci! Nello scorso numero della rivista abbiamo rivolto al tutti l’appello: “Salviamo Humilitas”. Veniamo ora a ringraziare tutti coloro che già hanno contribuito con generosità e così ci incoraggiano a continuare questo servizio alla memoria del nostro amato don Albino – papa Luciani. Per diffonderne ulteriormente la conoscenza ed aiutare così anche la rivista chiediamo a voi lettori fedeli di diffonderne la conoscenza tra le persone che, a vostro giudizio, possono averne interesse ed ai quali l’incontro con la figura di Luciani potrebbe fare bene allo spirito. Se a qualcuno volete donare la rivista o una persona desidera riceverla scriveteci per richiederla e saremo davvero lieti di inviarla. Rivolgiamo anche un appello a chi da molto tempo non dà segno di sé: scriveteci per confermare la ricezione del giornale. Nel tempo variano molte cose: c’è chi cambia indirizzo, c’è chi 3 Il buon senso dei filosofi DI CESARE VAZZA Il termine “Filosofia” vuol dire: amore del sapere, come “Teologia” vuol dire: parola su Dio. E ambedue si aiutano a vicenda. Infatti la filosofia è lo strumento che spiega la teologia e le dà una forma. Socrate, Platone e Aristotele sono illustri filosofi della Grecia antica. Il nostro Luciani li conosceva e li stimava, citandoli spesso nei suoi A voi lettori: Grazie! Scriveteci! Nello scorso numero della rivista abbiamo rivolto al tutti l’appello: “Salviamo Humilitas”. Veniamo ora a ringraziare tutti coloro che già hanno contribuito con generosità e così ci incoraggiano a continuare questo servizio alla memoria del nostro amato don Albino – papa Luciani. Per diffonderne ulteriormente la conoscenza ed aiutare così anche la rivista chiediamo a voi lettori fedeli di diffonderne la conoscenza tra le persone che, a vostro giudizio, possono averne interesse ed ai quali l’incontro con la figura di Luciani potrebbe fare bene allo spirito. Se a qualcuno volete donare la rivista o una persona desidera riceverla scriveteci per richiederla e saremo davvero lieti di inviarla. Rivolgiamo anche un appello a chi da molto tempo non dà segno di sé: scriveteci per confermare la ricezione del giornale. Nel tempo variano molte cose: c’è chi cambia indirizzo, c’è chi Socrate Era un uomo paziente, dice Luciani, e racconta un episodio della sua vita: «Ho sposato Santippe apposta, aspra com’è, perché, una volta sopportata lei, son sicuro che saprò sopportare chiunque altro». Ma un giorno, per non sentirla brontolare, uscì di casa e si sedette sulla soglia. Irritata, la donna gli versò addosso dalla finestra un secchio d’acqua. «Dovevo immaginarlo - disse placido Socrate - dopo tanto tuonare è venuta la pioggia». Cosa vuol dire vivere con filosofia!... Un’altro episodio: Socrate aveva un principio per risolvere le difficoltà finanziarie e così rispose a chi gli domandava dei denari: «Fatteli prestare da te stesso, risparmiando sulle tue spese». Quindi una vita sobria, con minor spese, è la miglior soluzione! Parlando di educazione dei figli, Luciani cita Socrate che giocava con i suoi figli e li amava fino a dire: «Dai figli ho più ricevuto che dato». Platone “Ringraziava la divinità per due cose - scrive Luciani - primo, di essere nato e cresciuto in un paese come la Grecia; secondo, di essere stato alla scuola di Socrate». E aggiungeva: «Noi siamo più fortunati di Platone, i nostri maestri sono discepoli di Cristo, la cui dottri- scritti e discorsi. Anzi egli aveva una idea originale della filosofia: «Non è altro che buon senso – scrive – levigato, se volete ben piallato e sistematizzato.... E il filosofo non ha affatto il compito di mettere fuori idee strane; la sua bravura è dire cose vere con parole facili, come Aristotele, Agostino ecc.». è un autista che preme ora il freno, ora l’acceleratore». Il cardinale Luciani, patriarca di Venezia, visita i ragazzi bellunesi alla colonia al Cavallino. Era vero maestro nel dialogo, nell’insegnamento, nell’educazione. na supera quella di Socrate come lo splendore sovrano del sole batte la timida luce della candela». Interessante, secondo Luciani, sono i segni della decadenza democratica, enumerati da Platone nel De Republica: i governanti sono sopportati dai sudditi, chi obbedisce alle leggi è chiamato stupido, i padri hanno paura di correggere i figli, i figli oltraggiano i genitori, il maestro ha paura dello scolaro e lo scolaro disprezza il maestro, i giovani si credono liberi a far di tutto ecc. Ma oggi c’è ancora “democrazia” che vuol dire buon senso e rispetto?... Parlando della prudenza, Platone la definiva: “Cocchiere delle virtù”. E Luciani commenta: «Ma il cocchiere maneggia la frusta e sacrifica anche il cavallo pur di arrivare e arrivare in tempo. Quindi la prudenza è una virtù attiva, è un motore. Non è pigrizia, inerzia, passività... Oggi, noi diremmo che Aristotele «C’è una virtù speciale che Aristotele chiama eutrapelia, cioè la capacità di convertire in ridere le cose che vediamo o udiamo». Ce ne sarebbe bisogno. Ma non è facile, perchè siamo tutti piuttosto ombrosi, paurosi, pessimisti. Nel 1977, in una omelia, Luciani ebbe a dire: «Della virtù dell’eutrapelia si sente poco parlare..... Un santo eutrapelico per eccellenza era s. Filippo Neri che sapeva convertire tutto in solacium, in sollievo, con buon umore... Goldoni con le sue commedie, Chaplin con le sue brillanti farse, erano simpatici, divertivano la gente, insegnavano ai cristiani come si può e si deve ridere, senza le tante sguaiatezze di oggi». E conclude: «Cristianesimo e sano umanesimo, cristianesimo e ottimismo sono vicini più di quello che di solito si crede.... Tutte le sane gioie vanno raccomandate ai cristiani: le cerchino, le coltivino e le proteggano contro le insidie della tristezza, dell’abbattimento, del lasciarsi andare. Esse sono un valore in sé, possono essere di grande aiuto alla vita buona». Anche il nuovo Papa Francesco è sulla linea di Papa Luciani, quando dice: «Il cristiano deve essere sempre ottimista e mai triste». 4 Sermo humilis e referenze letterarie negli scritti di papa Luciani DI N ei canoni linguistici adottati da Giovanni Paolo I, caratterizzanti il suo magistero episcopale e petrino, si esprime la sua particolare fisionomia di pastore. In questa relazione ci inoltreremo nella filigrana dei testi per entrare nell’universo architettonico della sua scrittura e della sua parola. Macbeth e il facchino Nel 1965 il futuro Giovanni Paolo I, allora vescovo di Vittorio Veneto1, trovandosi a dover spiegare la grazia attuale ai suoi preti, con rara efficacia descrittiva paragonava il desiderio di Dio con il desiderio di avere una bella automobile procedendo con quella che in STEFANIA FALASCA Iniziamo a pubblicare da questo numero la relazione che la dott.sa Stefania Falasca ha tenuto a Feltre, presso il Museo diocesano di arte sacra, il 25 ottobre 2012. In essa l’autrice condensa i risultati della sua tesi di dottorato in italianistica, dedicata all’argomento. Un papa inedito (PRIMA PARTE) retorica si chiamerebbe «definizione per comparazione», ma che nel suo vocabolario è disarmante quotidianità; la stessa che in un passo più avanti, nel ricordare la necessita del raccoglimento, gli fa dire: «Silenzio con gli uomini. Macbeth diceva: “Ho ucciso il sonno”. Mi pare che abbiamo ucciso il sonno anche Una scena dall’opera lirica “Macbeth” di Verdi, realizzata dall’omonima opera di Shakespeare. qui, con tutto questo fracasso, con tutti questi rumori. Si stenta ad avere un po’ di quiete. Andando a Lourdes alla stazione di Milano ho visto una cosa strana. Sapete che fracasso lì, quanti fischi, quanti treni. Sono trent’otto binari m’han detto, alla stazione centrale. Ebbene c’era un facchino che s’era messo un sacco sotto la testa: era lì disteso [...1. Come faceva a dormire? Aveva fatto la sua zona di silenzio»2. Non è che un accenno di quell’agio che Albino Luciani aveva a correlare la fede al mondo, a piegare tutto al Sermo humilis. Macbeth ai facchini. E non solo Macbeth ai facchini. Il brano appena citato appartiene alla raccolta degli scritti, circa ottocento, che costituiscono attualmente l’Opera omnia3: omelie, discorsi, lettere, udienze, articoli, interventi, saggi, tra i quali Catechetica in briciole, e la fortunata silloge di quaranta epistole immaginarie pubblicata nel 1976 dal titolo: Illustrissimi 4. Una miscela di umile e sublime Ebbene, addentrandosi in queste pagine che, da quelle degli anni Quaranta fino alle ultime relative alle udienze pontificie mantengono pressoché invariato il medesimo registro, si resta davvero sorpresi di fronte al disinvolto, ardito, quanto inusuale piegarsi del profeta Isaia ad Anzoleto, di Gregorio di Nissa al rustego Lunardo, di citazioni scritturali e patristiche alle voci vive e idiomatiche dei personaggi delle commedie goldoniane o di Moliere, o quelle ancora dei dottori della Chiesa ai personaggi di Rabelais o di Cervantes. Così la voce di san Tommaso d’Aquino si trova unita a quella di Pantagruel, quella di sant’Agostino a Sancio Panza o quella di san Francesco di Sales a Figaro Barbiere, accanto a un affollato caleidoscopio di personaggi storici, pittori, scultori, registi, giornalisti, poeti e autori di ogni epoca, della letteratura classica Latina e greca, di quella italiana — da Dante a Manzoni, da Trilussa a Pasolini e Buzzati — di quella tedesca, castigliana, francese, russa, con i grandi scrittori da Gogol a Pasternak, di quella angloamericana con Scott, Twain, Shaw, Dickens, Chesterton. Un interattivo mescolarsi di umile e sublime, sacro e profano, tanto naturaliter da far si che il lettore quasi non s’accorga dell’innovativa quanto inaspettata teologia fatta a base di code e di schiene di elefante tratte dalle Favole di Tolstoj, come nella lettera a Gioachino 5 Belli in Illustrissimi, o del disinvolto incedere di san Bernardino da Siena a braccetto con la scrittrice statunitense Willa Cather e il suo romanzo Shadows on the Rock, del quale Luciani, alla ricerca del suo mot juste, occhieggiava l’incipit in un articolo sull’«Amico del Popolo» già nel 19435. E il solo dato che la Cather, scomparsa nel 1947, divenne nota oltre le frontiere statunitensi solo più tardi, non può che far riflettere sul suo guardare oltre e lontano, sui suoi orizzonti culturali, sulle sue letture, sull’apertura verso il nuovo e la sua attitudine alla ricerca, portando a riconsiderare inevitabilmente anche il nucleo originario della sua formazione, che non può essere ascritto solamente entro gli organigrammi di un seminario post-tridentino6. La formazione di Luciani merita certamente una trattazione ampia. Resto al solo esempio della scrittrice statunitense (della quale aveva pure letto, oltre al romanzo citato, anche Death comes for the Archibishop che fece poi conoscere ai suoi seminaristi nel corso della sua attività di docente presso il Seminario gregoriano) per evidenziare quanto l’interesse verso la narrativa, in particolare angloamericana, si manifesti precocemente in Luciani. Egli raggiunse presto un grado di maturità culturale ben oltre quella di un corso scolastico svelando una natura da enfant prodige; e se il vasto repertorio di studi umanistici, letterari e artistici, uniti alla competenza nelle discipline acquisite e insegnate da Luciani nella tradizionale formazione ecclesiastica, dimostrano da una parte la forte capacità speculativa di analisi e di sintesi e uno spiccato senso di acquisizione e rielaborazione dei termi- San Bernardino e Willa Cather, uno tra i tanti arditi accostamenti cui era solito Albino Luciani. ni incontrati nelle sue vaste letture, dall’altra rivelano la natura di autentico bibliofilo, come attesta la ricca biblioteca personale oggi purtroppo dispersa, che solo in parte, si è potuto ricostruire7. Familiarità letterarie A fronte di queste osservazioni, due sono le note da rilevare. La prima è che ci troviamo davanti a un papa inedito, per diversi aspetti: a) non solo perché parte delle sue carte sono inedite e la sua opera non è pienamente conosciuta e frequentata dalla critica, data ancora a oggi la scarsità degli studi specialistici8; b) inedito anche nel senso di originale perché l’assoluta singolarità del suo codice gestuale e linguistico sgorgano da una cultura vastissima e versatile che unisce in felice e geniale sintesi nova et vetera. Seconda nota: la familiarità di Luciani con la letteratura, la dimensione letteraria, o meglio, la letterarietà che si esplicita nella sua opera, non configurandosi come aspetto marginale, ma canone connotativo caratterizzante l’intera sua produzione orale e scritta, viene a porsi quale cardine interpretativo privilegiato. Ciò è confortato anche dalla non estraneità di Luciani a certe istanze critiche umanistico-letterarie che, in particolare negli anni veneziani, lo vedevano presiedere «assiduo e attentissimo», come attesta Vittore Branca, agli incontri presso la Fondazione Cini9. Ma è ancor più legittimato dal fatto, che non costituzioni o esortazioni apostoliche, né encicliche sono state il lascito del suo pontificato ma un testo squisitamente letterario, Illustrissimi, dallo stesso pontefice riveduto e corretto e ridato alle stampe proprio nei trentatre giorni di pontificato. La quarta edizione di Illustrissimi esce, infatti, con l’imprimatur papale: «È un’edizione che assume un particolare significato perché egli stesso ha voluto rivedere il suo libro e apportarvi alcune correzioni pochi giorni prima di lasciarci [...1 sarebbe stato il suo testamento umano, spirituale e pastorale» scrisse nella presentazione Angelo Beghetto, allora direttore del Messaggero10. Un parere autorevole Il dato, non secondario nella sua valenza, l’aveva già Jean Guitton, il filosofo francese che definì papa Luciani uno “scrittore nato”. intuito Jean Guitton, il filosofo caro a Paolo VI, che, l’indomani della salita al soglio di Pietro di Luciani, su Le Figaro, il 28 agosto 1978, aveva scritto: «Ascoltando poco fa in piazza San Pietro il primo Angelus di Giovanni Paolo I, ho ritrovato l’arte dell’omelia, quella che i padri greci definivano arte di conversare semplicemente con gli uomini [...1. Mi sembra di riconoscere nel nuovo papa un po’ di quell’ardire, di quella “acquisita innocenza”, direbbe Bergson [...1. Ho preso visione del testo della sua Catchetica in briciole e del suo Illustrissimi dove ho ritrovato il sapore di quello scrittore nato che è Albino Luciani. Il termine sapore riassume l’impressione di saggezza, di scienza e di sapidità lasciatemi dagli scritti e dalle parole di questo pastore incomparabile. Vi si intuiscono quel misto di humour e di amore che lo affratellano a Dickens e a Mark Twain, i suoi autori preferiti»11. Guitton, in sostanza, rilevando nel nuovo pontefice il carattere dello scrittore aveva puntato l’attenzione sulla centralità del linguaggio e sulla scelta di un linguaggio comprensibile e leggibile come frutto di elaborazione critica e di arte. Seguendo questa rotta ci si può inoltrare nella fitta rete degli echi e dei richiami di quel peculiare milieu culturale per scorgere quei contrafforti, quelle impalcature portanti, quei modelli che questo linguaggio determinano e costituiscono, e le valenze ultime che lo motivano. In questa prospettiva Illustrissimi può essere considerato quale parte del tutto in sé compiuto, epilogo e sinthesis dell’ampiezza del suo orizzonte. 6 Una selva di scrittori e personaggi La rassegna apre con la lettera a Dickens, cui segue la missiva a Twain; la terza e indirizzata a Chesterton. A essi seguono altri due autori anglofoni: Scott e Marlowe. Alle lettere a Goethe e Peguy si uniscono quelle ai grandi della tradizione letteraria classica e italiana: Quintiliano, Petrarca, Manuzio, Goldoni, Manzoni, ai poeti dialettali Belli e Trilussa, ai personaggi del mito classico come Penelope. I personaggi fittizi di celebri romanzi come Cicikov delle Anime morte di Gogol, Figaro de Il barbiere di Siviglia, i Quattro del Circolo Pickwick e Pinocchio, si accompagnano, citandone solo alcuni, a personaggi storici di ogni epoca e a dottori della Chiesa: Ippocrate, Bernardino da Siena, Maria Teresa d’Austria, Bernardo di Chiaravalle, Guglielmo Marconi, Teresa d’Avila, Andreas Hofer, Francesco di Sales, Felice Dupanloup, Teresa di Lisieux. Una delle lettere è destinata a un pittore ignoto; una a un orso; quella a Gesù chiude l’epistolario. Ritroviamo qui, dunque, quell’inusuale mescolarsi di scrittori e personaggi con i quali l’autore s’intrattiene in colloquio sulle virtù e sulle verità della fede, affrontando questioni morali e problemi attuali. La genesi di Illustrissimi Attraverso la scansione diacronica dei testi, la disamina del materiale preparatorio, l’analisi intertestuale degli scritti dell’Opera omnia e lo studio delle carte inedite dell’archivio privato di Luciani è stato possibile ricostruire la genesi e l’elaborazione delle lettere. Il lavoro filologico ha consentito di individuare le fonti dalle quali l’autore ha attinto, anche grazie al reperimen- Nel chiostro degli antiquis illustrioribus (SECONDA PARTE) Del corpus di Illustrissimi, costituito dalle quaranta lettere immaginarie pubblicate mensilmente dall’autore sulla rivista «Messaggero di sant’Antonio», dal maggio 1971 al novembre 1974, sono anzitutto i destinatari delle lettere ad attirare l’attenzione. il progressivo affermarsi del genere letterario dell’epistola nella produzione lucianea. to di una parte dei volumi inerenti a Illustrissimi della dispersa biblioteca personale di Luciani. Analizzando la stesura di ciascun passaggio delle lettere si può osservare la complessa procedure di collazione, interazione e produzione che le caratterizza. Basti qui, a esempio, la lettera a Peguy sulla speranza. La lettera si struttura interamente sui versi della terzina contenente la definizioneprofessione di Dante dell’aspettazione certa della salvezza: «Spene» diss’io «è uno attender certo/ de la gloria futura, il qual produce/ grazia divina e precedente merto» e riprende il canto venticinquesimo del Paradiso sulla virtù teologale della speranza dal verso 67 al verso 75. Anche la successiva epistola sulla fede, indirizzata al poeta romanesco Trilussa, allude a Dante. Il testo dal quale la lettera trae origine, una conferenza tenuta dall’autore nel 1960, esplicita il debito dantesco nella conclusione rimandando al ventiquattresimo canto del Paradiso. Per la prima volta si è così entrati nell’officina del testo di Illustrissimi, così come si è potuto ripercorrere Due anticipazioni Già all’inizio degli anni Quaranta, come documenta la produzione pubblicistica del periodo bellunese, Luciani mostra una predilezione verso questo genere letterario e costituisce un precedente il carteggio apparso nel giugno 1945 in tre puntate sul settimanale diocesano «L’amico del Popolo», nel quale egli affronta il tema dell’indissolubilità del matrimonio intrattenendo una corrispondenza fittizia con una immaginaria lettrice1. Tuttavia i prodromi di Illustrissimi sono rintracciabili nelle tre Lettere a Penelope (con risposta pagata) pubblicate dal vescovo Luciani sul settimanale diocesano di Vittorio Veneto «L’Azione», nel 1968. Con le Lettere a Penelope l’autore dichiara la predilezione verso l’espediente del carteggio «anacronistico» nell’orizzonte della contemporaneità e fissa la scelta di questo genere letterario definendo la tipologia del suo epistolario: lettere o carteggi verso autori e personaggi appartenenti a epoche diverse o fittizi. La forma epistolare La scelta della forma epistolare offre inoltre alcuni vantaggi: non è vincolante dal punto di vista del conte- nuto e consente di sfruttare anche la risorsa del dialogo, intendendo la lettera come colloquio immaginario con il destinatario2. Una scelta caratterizzante evidenziata già nella prima pubblicazione della serie di lettere sulla rivista padovana: «Un’alta personalità della Chiesa parla agli uomini del nostro tempo attraverso un epistolario ideale con alcuni personaggi della cultura e della storia». Nell’elaborazione di questa tipologia giunge certamente l’eco della larga fioritura dell’epistolografia e dei «dialogi» fittizi della tradizione greca, romana e cristiana, nonché di quella umanistica e moderna3. È tuttavia verosimile che suggestioni dirette nella silloge di Illustrissimi, evocate nel titolo stesso, provengano dal ventiquattresimo libro delle Familiares di Petrarca, l’ultimo delle Familiares, indirizzato «a certi illustri antichi» «ad quosdam ex antiquis illustribus», tra i quali Cicerone, Quintiliano, Omero, Orazio4. La scelta del referente petrarchesco è emblematica. La potente riflessione di Petrarca sul valore positivo del «sermo» nel chiostro degli «antiquis illustribus» conduce infatti nel vivo dei colloqui, nei quali il lettore finisce per avere un’impressione precisa e fondamentale: che la raccolta delle Familiares voglia essere, anzitutto, al di la dei secoli e del tempo, l’ininterrotto colloquio che i grandi intessono tra loco a beneficio dell’umanità. Orizzonte nel quale si può ascrivere anche l’intento pedagogico proprio della silloge lucianea con il suo sermo inter absentes. Il ventiquattresimo libro delle Familiares, tuttavia, se da un lato può costituire un referente nell’usus scribendi, non appare quale referente 7 per i canoni linguistici adottati dall’autore in Illustrissimi perché la selezione degli autori dialettali, il consistente numero di autori della narrativa angloamericana, dei personaggi dei romanzi e di Dante, sono indicativi di precise scelte linguistiche. 6. NOTE Gli antiquis illustribus. 1. Albino Luciani fu vescovo della diocesi di Vittorio Veneto dal dicembre 1958 al dicembre 1969. 2. A. LUCIANI - GIOVANNI PAOLO I, Opera omnia, 9 voll., Padova, 1988-1989, pp.154155. Il brano tratto da un corso di esercizi spirituali predicati da Luciani dal 10 al 15 gennaio 1965. Il testo trascritto delle conversazioni, ispirate alla parabola del buon samaritano, fu rivisto e corretto dall’autore e pubblicato postumo nel 1980. 3. Il complesso degli scritti, edito dalle edizioni Messaggero nei nove volumi dell’Opera omnia, necessita di una riedizione e di un ampliamento, considerati gli scritti inediti, le carte dell’archivio privato rinvenute nel corso del lavoro di ricerca delle fonti documentali e gli articoli dell’intera sua attività pubblicistica in parte recentemente attribuiti e di cui in parte è ancora in fieri il lavoro filologico di attribuzione. 4. La prima edizione dell’opera è del gennaio 1976 a cura delle edizioni Messaggero (A. L UCIANI , Illustrissimi — Lettere del Patriarca, Padova, 1976). L’edizione, con una introduzione di Igino Giordani, ebbe una vasta diffusione, cui seguirono una seconda (gennaio 1977), una terza (settembre 1978) e una quarta (ottobre 1978). 5. Opera omnia, IX, pp. 386391. L’articolo dal titolo La venuta di san Bernardino a Belluno apparve non firmato in due puntate sul settimanale diocesano «L’Amico 7. 8. 9. del Popolo» il 5 e 19 giugno 1943. Un sintetico excursus del vasto repertorio di studi umanistico-letterari e artistici, uniti alla competenza nelle discipline acquisite e insegnate da Luciani nella tradizionale formazione ecclesiastica, si trova nella tesi di laurea di C. FONTANIVE, Preparazione scolastica e culturale in Albino LucianiGiovanni Paolo I, Università di Padova, a.a. 1996-1997, ripreso in P. LUCIANI, Un prete di montagna. Gli anni bellunesi di Albino Luciani (1912-1958), Padova, 2003. Per le competenze letterarie e il rinvenimento dei volumi provenienti dalla biblioteca personale di Luciani inerenti a Illustrissimi cfr. la tesi di dottorato in italianistica di S. FALASCA, Senno bumilis e referenze letterarie negli scritti di Papa Luciani: il caso di Illustrissimi, Università degli studi di Roma - Tor Vergata, a.a. 2010-2011. La scarsa produzione scientifica sulla figura e l’opera di Giovanni Paolo I è stata anche recentemente sottolineata: «Luciani [...] sul piano dell’interesse storiografico, riscuote solo un’attenzione pallida, se non evanescente, da personaggio tutt’altro che epocale [...] sembra che nessuno voglia parlare davvero (e con questo “davvero” intendo in termini rigorosamente scientifici, ossia solo sulla base di documenti)»; G. CRACCO, Dal veneto al mondo: davvero, in G. VIAN (a cura di), Albino Luciani Dal Veneto al mondo - Atti del convegno di studi nel XXX della morte di Giovanni Paolo I (Canale d’Agordo — Vicenza — Venezia, 2426 settembre 2008) Roma, 2010, pp. 11-12. Cfr. V. BRANCA, Protagonisti del Novecento, Torino 2004, pp. 103-114; cfr. anche G. DE ROSA, Erudizione e pietà dei papi del Concilio: Giovanni XXXII — Paolo VI — Giovanni Paolo I, Cassino, 1985. Riguardo alla presenza del patriarca Luciani nella vita culturale veneziana sulla base della documentazione archivistica cfr. S. FALASCA, Papa Luciani e la Fondazione Giorgio Cini, in «Lettera da San Giorgio», XI, 21, settembre 2009-febbraio 2010, pp. 19-21. 10. Presentazione alla quarta edizione di Illustrissimi (ottobre 1978), p. 5. 11. Le osservazioni sono riprese da Jean Guitton nella sua prefazione al testo di Luciani Catechetica in briciole (cfr. A. LUCIANI-GIOVANNI PAOLO I, Catechetica in briciole, Cinisello Balsamo, 1987, pp. 8-9). 12. Le tirannie della famiglia, pubblicato il 9, 16 e 23 giugno 1945 (Opera omnia, IV, pp. 315-346). 13. Della forma epistolare l’autore rispetta alcuni tratti caratterizzanti come la presenza della superscriptio o saluto iniziale in cui compare il nome del destinatario. La prima pubblicazione delle lettere a Twain, Chesterton, Péguy e Trilussa sulle colonne de «Il Gazzettino» e del «Messaggero di S. Antonio» conserva anche il saluto finale. 14. Fonti orali, nell’ambito della famiglia di Luciani, attribuiscono l’ispirazione dell’epistolario anche alla lettura del testo di F. GIANANI, Bel medioevo, Brescia, 1936, che l’autore prese in prestito dalla cognata Antonietta, moglie del fratello Edoardo, nel corso delle sue visite nella casa natale. 15. Le Familiares sono variamente citate negli scritti. A Petrarca l’autore dedica la lettera XXXVI di Illustrissimi. La referenza petrarchesca nella genesi della raccolta epistolare è confermata nei loro memoriali dal fratello Edoardo e dal segretario di Luciani negli anni veneziani, monsignor Mario Senigaglia (trascrizioni in Archivio della postulazione della causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I - Roma). 8 Vescovo per la gente Le tappe della visita pastorale DI Il Catechismo e la frequenza alla chiesa Le tappe ideali della Visita si ispiravano a quelle che furono le tappe del peregrinare di Cristo, venuto non per essere servito, ma per servire. Scriveva: «Questi voleva i pargoli vicini a sé: il vescovo avvicinerà i fanciulli negli asili, nelle classi della dottrina cristiana, a parecchi conferirà la Cresima… Aiuterà i catechisti…». Luciani stimolava una risposta facile per ogni ragazzo, metteva la propria firma su ciascun quaderno dei ragazzi… «All’infanzia, alla fanciullezza, all’adolescenza noi diamo tanto; ma quanto diamo ai giovani e agli adulti? Nel Medio Evo adulti universalmente religiosi facevano religioso l’ambiente e i fanciulli respiravano la religione grado grado, senza bisogno di speciali istruzioni, come i figli imparano la lingua della mamma senza bisogno di grammatiche e vocabolari». «Trovo nel Sinodo di uno dei miei antecessori che, durante il Vespro festivo, gli osti venivano obbligati a chiudere le osterie per non trattenere gli adulti dal catechismo. Vorrei che uno di loro mettesse fuori la testa dal cimitero adesso, in un pomeriggio di domenica, quando lo stadio zeppo fa salire le grida dei tifosi, quando file interminabili di auto e di motociclette transitano per le nostre vie. … Tanto il clima è diverso!»: «Ho capito che ci sono due qualità di prediche: TAFFAREL DON FRANCESCO (SECONDA PARTE) Luciani al capezzale di un ammalato in una delle sue visite pastorali. quelle che fanno restare il pubblico a bocca aperta e quelle che commuovono e, soprattutto, istruiscono, senza destare gloria e destare meraviglia in nessuno. S. Vincenzo de’ Paoli, saputo che uno dei suoi preti si era permesso in una missione al popolo di sostituire il semplice catechismo con altre prediche, gli scrisse, addoloratissimo, con buon inchiostro, di non permetterselo più, per il seguente motivo: “Il popolo ha bisogno di catechismo e ne cava più vantaggio”. Avrebbe potuto aggiungere che al catechismo il popolo prende più interesse e gusto, solo se ci si sappia fare. Così fece un quaresimalista, che tenne con successo di pubblico e con ottimo frutto spirituale la sua predicazione in un centrino non disprezzabile. Nel presentarsi, il nostro quaresimalista, fece il birichino, annunciando temi alti e titoli abbaglianti; nel predicare invece si limitò a spiegare con brio, ma tale a quale il piccolo catechismo di S. Pio X. “I misteri principali della fede” divennero, con lui, “il limitare dell’infinito”. La predica sul segno della croce fu annunciata come conferenza sul “labaro vittorioso”, “Forza, luce e calore” era il titolo della lezione su Dio uno e trino. “Come andrà a finire” trattava dei due giudizi, particolare e universale…Il predicatore si guardò bene dal dire: “Vi terrò un po’ di catechismo”.., …soltanto l’ultimo giorno svelò il segreto: “Tutto quello che vi ho detto lo troverete nel Catechismo di Pio X. Acquistatelo, leggetelo, mettetelo in pratica e voi farà bene”. Certo bisogna non imitare quel secentista che dopo aver annunciato la sera prima che avrebbe parlato sul “diaspro e sul diamante”, attaccò in questo modo davanti al numeroso pubblico accorso: “Cari Signori! Vi parlo stasera del Signore che è “Dio-aspro” con i peccatori induriti e “Dio-amante” coi peccatori pentiti!”. Anche nel catechismo dei piccoli bisogna scegliere con cura la semente più adatta, perché il grano stenta a crescere se si semina troppo fitto». Scriveva ancora: «Cristo zelò il decoro del tempio, sottolineò che esso è soprattutto casa di preghiera, volle allestita la grande sala del cenacolo e difese Maria, sorella di Lazzaro, contro le critiche di Giuda». «Il primo ornamento che il Vescovo apprezza nelle chiese è la frequenza, il raccoglimento, la partecipazione attiva». Ritornando a casa dopo l’incontro con uomini e donne e giovani, in una chiesa piena di gente, mentre fuori diluviava, il Vescovo commentò. «Questa è la gioia per un vescovo!». Gli ammalati «Grande passione di Cristo sono stati gli ammalati… Il vescovo passerà al letto degli ammalati nelle parrocchie, si forzerà di imitare il Signore almeno nell’amore verso gli infermi e, confortando questi, non mancherà di ricordare alle persone che li assistono, le parole del buon samaritano: “Prenditi cura di esso e quanto spenderai di più, te lo pagherò al mio ritorno”». E la “lista” preparata dal Parroco era sempre tanto 9 lunga, vi impiegava non solo il pomeriggio della domenica, ma anche altre giornate. E il Vescovo voleva andare da tutti, anche se pioveva, e si doveva andare a piedi, a volte con gli stivali, lungo i filari delle viti o in case sperdute; informato, lasciava tra le mani dei bisognosi qualche offerta personale. Dedicava a questo ministero anche più giornate Una signora ammalata, residente in una valle lontana da tutto e da tutti, desiderò raccontare al vescovo la sua vita. Ella partiva molto presto al mattino, anche alle quattro, e per viottoli o lungo il torrente, perché non vi era la strada, andava in parrocchia per la Messa. Si confessava, faceva la Comunione e poi, si fermava da una amica, per mangiare un fetta di polenta e far ritorno a casa, per dare il cambio agli altri. “Il Parroco, come penitenza una volta mi disse: Mezza penitenza la hai fatta a venire e l’altra mezza la farai ritornando, va in pace”. Al vescovo faceva piacere farsi raccontare, specie nella zona pedemontana, quanto avveniva nel periodo estivo, quando gli abitanti partivano per l’alpeggio sul Cansiglio, sul Pizzoc, al Cadolten. La gente alla domenica partecipava alla Messa del mattino alle ore 5.00 per poi salire a piedi in montagna e dare il “cambio”, la “possibilità” a quelli di lassù, di scendere e partecipare alla Messa delle ore 11.00 in Parrocchia, qualora non ci fosse la possibilità di partecipare alla Messa celebrata o al Consiglio, o al Cadolten o al Pizzoc., In cimitero «Cristo ha anche pianto al sepolcro di Lazzaro e di un altro Lazzaro ha mostrato l’anima serena e felice nel sen di Abramo… il vescovo pregherà per i defunti della parrocchia, ammonendo tacitamente: “dolore sì per i nostri cari defunti, ma temperato dalla speranza cristiana e da soavi visioni di cielo”». E lo si vide inginocchiato sulla tomba di una giovane mamma, che aveva lasciato orfani due piccoli bambini e un marito con tante responsabilità. E in cimitero spesso diceva: «La vita è un viaggio con un punto di partenza e uno di arrivo: il nostro 20°, 50°, 60° anno non è che un punto intermedio tra questi due estremi. Ma ecco: mentre conosciamo la distanza precisa dal punto di partenza, ci è completamente ignota la distanza dal punto di arrivo. Noi conosciamo molte brave persone; sanno disegno e meccanica, inglese e trigonometria; ma questa piccola nozione, questo dettaglio insignificante degli anni che ci restano, nessuno lo sa. Gli anni possono essere pochissimi, può trattarsi solo di mesi o di giorni. C’è un problema ancora più preoccupante. I porti di approdo sono due: Paradiso e Inferno; il primo solo è desiderabile, rappresenta la fortuna delle fortune. Ci arriveremo? Ecco il problema. Tutti gli altri, al confronto di questo, sono niente. “Sono stato ricco, sono stato famoso, ho fatto una magnifica carriera. Tutto ciò non è che un disastro, se non ci arrivo. Intendo a quel primo, benedetto porto!”». E di fronte a difficoltà o tentazione, «bisogna fare come quando si cammina per la strada e ci sono da lontano dei cani, che abbaiano e disturbano. Si lascino abbaiare e si tira dritto lo stesso!». Luciani in famiglia, si intrattiene con un’anziana signora. «Quante pietre sepolcrali ci sono in questo cimitero! La pietra del sepolcro di Cristo è sipario e separa il primo atto dal secondo. Il primo atto era cominciato 33 anni prima ed era venuto scandendosi in tre periodi decrescenti: 30 anni di silenziosa obbedienza, 3 anni di predicazione, 3 ore di agonia. Avevano fatto da scenario prima la stalla di Betlemme, poi la bottega di Nazareth, poi le strade, le barche, i campi della Palestina, poi l’orto degli ulivi, infine il Calvario. Il secondo atto inizia dalla pietra, continua nell’Ascensione al cielo; si prolunga nell’eternità. Ma quanto differente dal primo! Il primo breve, il secondo lunghissimo; il primo contrassegnato da pene e dolori, il secondo fatto soltanto di gioia, trionfo e gloria! Il primo rappresentato in terra, il secondo nel cielo! L’atto secondo, però, è lo sviluppo, il premio del primo. Quando si alza il sipario? Qual è il momento nel quale quel sipario entra in funzione? Non si sa. Si sa soltanto che il secondo atto può venire all’improvviso, si sa che bisogna tenersi pronti e aspettarlo. “Tenete le lucerne accese – ha detto il Signore – come uomini che aspettano il padrone, per aprirgli subito, appena arriva e picchia”». «Cristo non è risorto solitario. La sorte di Cristo risorto è legata strettamente alla nostra. Cristo non è un risorto solitario: è il primo di una lunga schiera di risorti; quello che si vede in Lui è una primizia, un saggio di ciò che si vedrà in noi. Noi tutti - dice San Paolo - ci troviamo in una intramontabile fila dietro al primo Adamo, l’uomo della terra, cretaceo, che ci ha comunicato una vita solo fisica e facilmente esauribile. Ebbene, dacché Cristo è risorto, noi siamo tutti in fila anche dietro a Lui, l’Adamo secondo, l’uomo dal Cielo, che ci comunica un vita spirituale. Egli ci trasfigura anche nella nostra parte corporea e caduca, vivificandoci con una vita intramontabile. Una volta risorti, “noi saremo con il Signore sempre” (cfr I Cor 15, 44-49; I Tess. 4, 19)». 10 Vescovo per la gente Umile collaborazione DI TAFFAREL DON FRANCESCO (TERZA PARTE) Con i sacerdoti «Cristo scelse gli apostoli e stabilì che stessero con lui e li potesse mandare a predicare… Collaboratori del Vescovo sono i sacerdoti, specialmente i parroci e nella vista pastorale viene a vederli proprio sul campo delle fatiche e osservare da vicino il loro lavoro minuto e preziosissimo e, come nel quadro evangelico, gli apostoli tornati gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato». «Cosa può fare il vescovo senza i sacerdoti? Attesto subito e con piacere che i miei sacerdoti lavorano, di solito, nel catechismo con passione e dedizione. Ma ecco: molto impegnati personalmente, essi non sempre riescono ad impegnare e mobilitare altre forze. Ci vorrebbe una mobilitazione generale in parrocchia, nel senso di interessare tutti e continuamente». Luciani scriveva che «oggi l’azione pastorale non può più essere individuale. Non la pesca con l’amo, ma la pesca con la rete. Un parroco, cioè, non può più dire: Io penso alla mia parrocchia e basta! I tuoi parrocchiani, caro parroco, vivono ormai la gran parte del loro tempo fuori della parrocchia: in fabbrica, a scuola, al campo sportivo, al cinema, nelle gite turistiche. Da solo non li puoi seguire tutti….Cose che riescono solo se ci si vuol bene, se si è abituati a collaborare, a cedere qualche punto personale di vista, a sostituire spesso l’urtante pronome “io” con il più anonimo e meno glorioso, Cos’è un vescovo senza i sacerdoti? Cos’è un papa senza i vescovi? ma più cristiano e benefico pronome “noi”!». E ai sacerdoti, specie negli incontri personali, diceva: «Non perdere il coraggio. Chi esercita un ufficio lo compia con l’energia ricevuta da Dio. Se hai qualche compito difficile, non demoralizzarti, non perdere il coraggio, mai! Ma con l’energia ricevuta da Dio, tieni duro. Non fidarti delle tue sole forze, no, ma pensa che c’è anche il Signore che ti aiuta, qualunque sia il tuo posto». «Il gaudio del Signore costituisce la nostra felicità. Noi saremo contenti veramente quando c’è il gaudio spirituale. I santi, in generale, sono stati gente lieta, che diffondeva letizia. Fornitori di letizia bisognerebbe essere, e non preti dalla faccia scura. Anche le vocazioni: non vanno preti se il parroco è sempre mesto, di cattivo umore, se rimprovera sempre. La mamma dice: “Il mio figliolo non lo voglio così, non lo vorrei così neanche per sogno”. Invece se un sacerdote è sempre lieto e diffonde letizia, fa sempre coraggio, allora sono contenti e dico- no: “Mi piacerebbe che ...” ». «È abbastanza facile decidere, ma è difficile eseguire. Si mettono tutti sulla nostra strada. Questo è il momento della prudenza sposata alla fortezza. Diceva Filippo il Macedone: “Io preferisco un branco di cervi guidati da un leone, che un branco di leoni guidati da un cervo”. Se un capo, ad un certo punto, ha il coraggio di assumere le sue responsabilità, di prendere le sue decisioni e di eseguirle nonostante tutto, allora combiniamo qualcosa. Se abbiamo un gruppo di bravi sacerdoti, che sono come dei leoni, e alla testa c’è uno che non ha mai il coraggio di dire: adesso facciamo, non si riesce a niente. È necessario avere il coraggio di eseguire». «Nonostante il passato, Padre Ravignan diceva: “Lo vedi quel lago? Sì. Quell’acqua lì? Prova a gettarvi un sasso. Adesso gettane un altro più grosso. Torneranno su, a galla? No, non potranno mai tornare a galla. Sta attento: se potessero tornare a galla, quale dei due potrebbe tornare su con più facilità? Quello piccolo; quel- lo grosso resterebbe giù. Il lago è la misericordia di Dio; i sassi sono i peccati. Più grossi sono e più il Signore ha piacere che restino in fondo, che non tornino più su a disturbare” ». E ai sacerdoti Luciani raccomandava la cura delle vocazioni e del seminario. Diceva: «Prima la fonte ... poi il fiume Il Seminario è tutto in una Diocesi. Mettete avanti tutti i problemi religiosi e morali che conoscete: bambini da istruire, giovanetti da educare, parola di Dio da dispensare, sacramenti da amministrare, stampa e divertimenti sani, Azione Cattolica, azione caritativa e sociale: come farete a risolverli? Ve lo dico io: con sacerdoti veramente buoni, numerosi e ben preparati. E i sacerdoti chi li prepara? Il Seminario. Tutto va a finire qui, tutto parte da qui. Se è fiorente il Seminario, fioriranno le altre opere; se langue il Seminario, tutto languirà. È l’opera delle opere. Prima la fonte, poi il fiume; prima le radici, poi l’albero; prima le fondamenta, poi l’edificio…». «Vedendo, accanto alle singole associazioni dei chierichetti, il sacerdote che le aveva accompagnate, pensavo: ecco, si ripete la storia della banana; la banana non muore, se prima non ha lasciato, cresciuto di un anno, il virgulto che la sostituirà. E mi dicevo: questi chierichetti sono un ponte gettato tra il popolo e l’altare; sono i coadiutori del celebrante ed insieme i rappresentanti che l’assemblea, dalle navate, spedisce nel presbiterio. Ben istruiti, mi influenzeranno la vita liturgica delle parrocchie, dando decoro e vivacità al servizio divino, esempio di corretto comportamento liturgico ai fedeli e spinta alla 11 partecipazione attiva». La gente gentilmente si offriva per mettergli il cappotto, ma Luciani diceva: “Grazie, posso fare da solo”. A chi lo consigliava di prendersi qualche giorno di riposo, rispondeva: “Riposare? Ma in paradiso avrò una eternità per riposare. Cosa si direbbe se il vescovo va in vacanza, a riposare: ci sono molti papà e mamme di famiglia che non lo possono fare? Non posso sottrarre questo tempo, devo metterlo al servizio della Diocesi”. Si convinse, a mala pena e solo per ragioni di salute, di passare qualche tempo nel mese di luglio in montagna, nella Val Zoldana, anche se di sabato scendeva in Diocesi e vi rimaneva per tutta la domenica in varie celebrazioni e presenze... Studio e Preghiera E Luciani pregava per poter rispondere con il bene e con amore, e con la parola di Dio. «Sono nella Chiesa maestro e pastore. Il giorno della consacrazione episcopale mi hanno messo il Vangelo sulla testa. Io non ho i calli sulle mani, ma li ho nella testa per poter essere annunciatore buono della Parola del Vangelo, che è la bella notizia da dire a tutti gli uomini». Portava con se nella borsa delle “Agende” dove aveva appuntato riflessioni, schemi di conferenze, di libri, di esempi che gli servivano anche durante il viaggio a ricordare e preparare la predica… aveva sempre preparato in modo schematico le sue omelia, mai si presentava e improvvisava... anche quando scendeva a salutare gli ospiti della casa di esercizi sempre voleva conoscere prima il tema… leggeva con la penna in mano… studiava, ri- fletteva, prendeva appunti… venne contestato una volta perché lui aveva tanti libri e riviste… e perché possedeva una macchina “grossa” e perché abitava in un “Castello” con tante stanze. Rispose che i libri erano per lui gli strumenti di lavoro, necessari per far conoscere bene la parola di Dio e non far dire a Dio quello che Dio non voleva dire… e che la macchina quel giorno gli era servita per andare a dire una preghiera per la sorella morta a Torino, viaggiando tutta la notte e che gli era servita per far ritorno per le ore 15 in Diocesi per un appuntamento per la Visita Pastorale e che allora gli era servita per incontrare quel gruppo e poi per tornare a casa. E le stanze del Castello erano per gli ospiti della Casa di Esercizi; per lui erano riservate la camera da dormire, lo studio, la sala per accogliere le persone, la stanza per il Segretario e la sala d’entrata. Una cucina e tre camere per le suore dell’appartamento e la cappella dove poter pregare. Simpatia per il Salmo 130 Scriveva: «Ho simpatia per il salmo 130. Quando l’incontro, al vespero del mercoledì, gli faccio festa, perché è breve e mi porge consigli ed affetti per una vita umile». Al versetto “Signore, non si inorgoglisce il mio cuore”, qui, di solito, io non ho coraggio di fare un’affermazione tonda… manca mai che il Signore mi dica: “Bugiardo”! Mi limito a tradurre, nell’animo, così: “Signore, desidero proprio che il mio cuore non vada dietro a pensieri di superbia! “È troppo poco per un vescovo!”: direte. Lo so e non è che non abbia tentato anch’io di essere più umile, ma ho dovuto constatare che la superbia è una volpe autentica: finge di dormire, poi, che è e che non è, balza d’un lampo sulle galline. Proprio così: io ho fatto i funerali alla mia superbia cento volte; nel fervore di qualche ritiro, mi sono illuso di averla messa due metri sotterra con tanto di “requiescat”; alla prima occasione, essa è tornata fuori più vispa di prima, io ho sentito che le critiche mi pungevano, che le lodi mi piacevano e che mi sentivo disperatamente preoccupato di ciò che gli altri pensassero di me. Come ve la cavate voi in situazioni del genere? Io cerco di tornare da capo, sforzandomi di calcare di nuovo in testa gli insegnamenti dei maestri. La prima virtù? È l’umiltà, dice S. Agostino. La seconda? Ancora l’umiltà. La terza? Sempre l’umiltà. Un carro di buone opere guidate dalla superbia – ribadisce S. Gregorio Nisseno – conduce all’inferno; un carro pieno di mancanze condotto dall’umiltà porta in paradiso. S. Francesco di Sales completa: “le altre virtù, senza umiltà, sono come un po’ di polvere nel cavo della mano; il primo soffio di vento le spazza via”». L’umiltà Saper lavorare in silenzio, agevolando tutti, capire quale è la cosa più utile che può essere fatta. Speranza e fiducia; mitezza e non violenza, mettersi in maniera semplice e essenziale, senza presunzione, cercando di capire le ragioni degli altri e reagire ai soprusi. Nominato Vescovo di Vittorio Veneto, alla delegazione vittoriese andata a Belluno per il saluto di omaggio, non si accorse che quel pretino che passava davanti per entrare in una stanza, era il nuovo vescovo. La preghiera era anima della sua azione pastorale. O quando a Venezia andò personalmente a portare l’articolo per il giornale e lo consegnò ad uno che lavorava in redazione, che solo il giorno dopo si accorse che quel prete era il Patriarca. Responsabilità e costanza, svolgeva il suo servizio anche quando costava, perché diceva, “se ho preso un impegno devo portarlo fino in fondo, non agire spinto solo dall’emozione, ma per forte senso di servizio a Dio”. E cercava di agire con verità. Diceva: “I cristiani si accorgono se le nostre sono solo belle parole e non sono autentiche, e vengono efficaci se sono anche vissute con autenticità”. Cercava di farsi tutto a tutti nel dono totale di sé. Questo gli permetteva di vivere con serenità ed armonia, e di scegliere secondo l’amore a Dio e al prossimo. «Penso che il Signore usa con me un suo vecchio metodo: scrivere non sul marmo ma sulla sabbia le mie azioni, perché sia chiaro fin d’ora che se qualche cosa di buono ne verrà fuori, il merito è solo di Dio. Io sono solo uno scricciolo che sull’ultima rama della Chiesa tenta di dire qualche cinguettio su temi altissimi». 12 Come gia nel mese di agosto 1978 era avvenuto per il defunto Papa Paolo VI (Giovanni Battista Montini), anche per Papa Luciani austeri e solenni ebbero a susseguirsi i “Novendiali”, cioè i nove giorni di lutto e di mestizia, sorretti e animati da intrepida speranza cristiana, che per vetusta tradizione la Chiesa Cattolica tributa al Supremo Pastore defunto offrendo per la sua eletta anima preghiere di suffragio, soprattutto, celebrando il Divino Sacrificio perché Dio conceda al “suo servo e Papa Giovanni Paolo I di entrare con i tutti Santi alla festosa liturgia del cielo”. N Discorsi essenziali per il nostro tempo Durante la Cappella Papale del secondo novendiale, il 5 ottobre, presieduta dal Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, Primo dell’Ordine dei Preti, nell’omelia ebbe ad evidenziare come Papa Luciani «iniziò col mondo un discorso, semplice, spirituale e profondo. Fu il richiamo non causale, ma organico e coerente alla dottrina di Dio e alla spiritualità. Discorso caratteristico, che ci appare come l’antifona di un lungo salmo, il quale non va interrotto. Il suo parlare era semplice, perché il nostro tempo ha bisogno di discorsi essenziali e, pertanto, semplici. Pareva che parlasse ai bambini. È che il Vangelo chiama gli uomini a questo livello per trovare la via al regno dei cieli. Con questo stile, così vicino al Vangelo, si direbbe che Giovanni Paolo I ha aperto un’epoca. L’ha aperta e, poi, modestamente, se ne andato. Con semplicità ha ripreso il discorso necessario della fermezza sulla dottrina cattolica, sulla disciplina ecclesiastica, sulla spiritualità, la quale subordina lo stesso degno e giusto vivere umano; ha affermato una gerarchia fra queste cose, frutto di grazia che viene da Dio e di logica che gli uomini non dovrebbero perdere, poi ha taciuto. Il popolo ha capito e per questo lo ha amato». melia, dopo il Vangelo, esordisce dicendo che il pontificato di Papa Luciani «ha segnato uno stile, ha dato uno spirito, da continuare per un autentico rinnovamento nello spirito del Vaticano II e che il suo sorriso è quello di un amore sofferto. Chi ama veramente, sa soffrire e soffre, come ha sofferto il Cristo offrendo se stesso vittima di amore al Padre per la salvezza degli uomini. Accettando la responsabilità delle somme chiavi, Giovanni Paolo disse che la Via Crucis era la via segnata per il Papa, ed egli l’avrebbe percorsa con amore. Egli gradì il dono della mia “Via Crucis” e incominciò l’arduo cammino del pontificato con amore, usando verso tutti quella che io chiamerei la carità del sorriso. Carità del sorriso che non fa pesare l’intima pena, ma solleva i fratelli dai disagi del comune cammino verso il cielo. Il sorriso di Papa Luciani fu sorriso di fede e di speranza in un mondo travagliato da odi, violenze e rancori. Oggi sentiamo la necessità e l’urgenza di una fede viva e incrollabile nella verità che non tramonta, di speranza nelle realtà e nei valori che non periscono. Il sorriso di Papa Giovanni Paolo fu ancora sorriso di umiltà e di modestia. Pur avendolo il Signore arricchito di doni e particolarmente del dono della grazia del supremo sacerdozio nel governo della Chiesa Universale, il suo programma di vita spirituale sembrava essere quello della “Imitazione di Cristo”, perfettamente aderente al Vangelo: “Ama di rimanere sconosciuto e di essere stimato per nulla”. L’apparente contrasto tra la munifica condiscendenza divina e l’atteggiamento quasi schivo del Papa trova talora espres- Giuseppe Siri (Genova, 20 maggio 1906 – Genova, 2 maggio 1989) è stato per quarant’anni arcivescovo di Genova e fu eletto cardinale nel 1953. Il sorriso di un amore sofferto Il terzo novendiale, il giorno 6 ottobre, sempre sotto forma di Cappella Papale, è presieduto dal Cardinale Pericle Felici, Primo dell’Ordine dei Diaconi, colui che, ancora nel segreto del conclave, al Papa appena eletto, aveva fatto omaggio di una “Via Crucis”, dalla loggia centrale della Basilica Vaticana aveva dato l’annuncio della elezione e la sera del 3 settembre, nella solenne messa di inizio del pontificato, aveva posto sulle spalle di Papa Luciani il Sacro Pallio, e non più la vetusta e anacronistica tiara pontificate. Il Cardinale Proto-Diacono, nell’o- Il Card. Pericle Felici, mentre sta ponendo il Pallio sulle spalle di Papa Giovanni Paolo I alla messa di inaugurazione del suo pontificato il 3 settembre 1978. Il pontificato di Giovanni Paolo I nelle omelie dei novendiali Ha aperto un’epoca DI ANTONIO BARTOLONI (SECONDA PARTE) el corso di questi riti di cristiano suffragio, affidati dalla Chiesa alla pietà dei vari organismi della Sede Apostolica che sono preposti a coadiuvare il Vicario di Cristo nella guida della Chiesa Universale e della comunità ecclesiale romana, che ha nel Papa il suo Vescovo, da tutti, Cardinali e Vescovi che ebbero a presiedere le celebrazioni eucaristiche, le quali si svolsero nella Basilica Vaticana, all’Altare della Cattedra, nelle omelie venne evocato il messaggio di bontà e di dolcezza, di mitezza e di mansuetudine che per 33 giorni ebbe a segnare il breve pontificato di Albino Luciani. 13 sione in un sorriso timido, in un gestire modesto, quasi da sembrare impacciato. Ma è stato proprio per questo atteggiamento, molto umano, che moltissimi se lo son sentito fratello, quasi uno di loro, con cui si potesse parlare come con uno di famiglia. È stato detto, e mi pare giustamente, che alla morte di Papa Giovanni Paolo ognuno ha creduto di aver perduto qualcosa di se stesso. Quanta forza ha il sentimento umano quando è potenziato dalla carità di Cristo! Con umiltà e con il sorriso, Papa Luciani affrontò e sostenne un genere di vita e di attività che egli stimava forse a sé non congeniale, per questo volle essere umile anche in quelle forme di grandezza vana che il suo alto ufficio sembrava richiedere». Umiltà, semplicità, fermezza Nel quarto novendiale del 7 ottobre, presieduto a nome di tutti gli Officiali della Curia Romana, dall’Arcivescovo Mons. Giuseppe Caprio, Sostituto della Segreteria di Stato, all’omelia, il Presule, pose in evidenza come «Ciò che colpiva subito in Papa Luciani, accostandolo, era la virtù dell’umiltà, che di incanto gli ha conquistato il cuore di tutto il mondo. Sembrava che avesse paura di disturbare, e ne chiedeva scusa; parlava di sé con supremo distacco e con un sottile velo di autoironia bonaria che conquistava. Per fare un esempio, disse ripetutamente di non conoscere le lingue straniere, e fu esitante quasi fino all’ultimo ad usarle, se non cedendo alle affettuose insistenze e sollecitazioni giuntegli anche da pellegrini che scrivevano da lontano. Diceva di non co- Il Card. Giuseppe Caprio, creato cardinale da Giovanni Paolo II, era Sostituto della Segreteria di Stato durante il pontificato di papa Luciani. noscerle abbastanza: mentre, alla prova dei fatti, dimostrò di padroneggiarle alla perfezione, per la correttezza della pronuncia, la grazia della espressione, la forza dell’animo che vi poneva dentro. E fu questa umiltà, che era il programma della sua vita e il respiro della sua anima, ad ispirargli quegli stupendi colloqui delle sue udienze generali, nelle quali una vasta cultura patristica, storica e letteraria sapeva abbassarsi fino a sminuzzare con sapientissima semplicità le verità più alte della fede e della vita cristiana, La virtù della sua semplicità ha colpito tutti, particolarmente i più vicini collaboratori. Non si nascondeva le difficoltà quotidiane del suo altissimo ministero apostolico, ma le affrontava a una a una con profonda saggezza montanara, congiunta ad una immensa fiducia in Dio che lo aveva chiamato al compito di governare la sua Chiesa». Il Presule sottolineava anche la fermezza di Papa Luciani, tanto che, seppure con dolcezza e umiltà, «non nascondeva a nessuno che egli aveva un programma ben chiaro, da cui non avrebbe deflettuto. Gli accenni alla discipline, nell’udienza al Clero di Roma, e all’obbedienza, nell’omelia della presa di possesso di San Giovanni in Laterano, fecero comprendere molte cose. Ed in alcune prime decisioni, da Lui prese all’inizio del pontificato, volle che si precedesse spediti e fino in fondo. In questa momento chiniamo il capo di frante alla misteriosa volontà di Dio, che ce lo ha appena fatto intravedere per trasportarlo subito nel regno dei cieli. Al dolore per l’improvvisa scomparsa di Giovanni Paolo I deve accompagnarsi la, gioia, perché in quel sua brevissimo mese di pontificato egli ha fatto vedere al mondo che cosa è un Papa, che cosa è la Chiesa, che cosa vuole e cerca la Chiesa: la gloria di Dio, l’irradiazione della sua Parola, l’amore ai piccoli e ai semplici, trionfo della bontà del cuore. Papa Luciani ha attirato verso il Papato Romano un’onda irrefrenabile di simpatia e di devozione; è stato come una grande fiammata che in pochi istanti ha illuminato il mondo. Sì, fratelli, il Signore ce lo ha dato, ce lo ha mostrato come un segno particolare di predilezione: per dirci che è Lui solo a guidare la Chiesa, mentre noi siamo soltanto umili strumenti nelle sue mani; per farci capire che sono ancor sempre “le ragioni del cuore” a convincere e a persuadere gli animi e ad attirare a Cristo. Per singolare coincidenza i1 pontificato di Giovanni Paolo I e coinciso con l’Ostensione della Sindone a Torino, quasi a voler stabilire un misterioso paragone tra la figura del Papa e quella del misterioso Uomo dei dolori». Ha rinverdito i valori basilari L’ 8 ottobre si svolge il quinto novendiale a cura del Capitolo che officia la Basilica del Principe degli Apostoli. Celebra il sacro rito il Vicario Capitolare: l’Arcivescovo Mons. Aurelio Sabattani. Nell’omelia, il Presule, dice tra l’altro che: «Sarebbe bello e piacevole indulgere ancora e largamente ai ricordi di questa amabilissimo Pontefice e proclamare le mirabili virtù, universalmente riconosciute. Ma egli direbbe: “mi fate diventare tutto rosso”. Giovanni Paolo I ha rinverdito nel suo breve passaggio i valori basilari della fede semplice e pura, della famiglia cristiana, della mamma educatrice, della carità di un sorriso, della tenerezza di un sentimento paterno e fraterno; egli non ha disdegnato, quali strumenti della sua catechesi, l’aneddoto, il racconto fantasioso, l’umorismo». Il Presule, durante l’omelia, essendo domenica, illustra pure le letture della Messa del giorno, incentrate sulla vigna del Signore, ed invita i presenti a pregare per il Papa scomparso e per la Chiesa «che fiduciosa attende un nuovo Pastore». Il Card. Aurelio Sabattani (Pieve Sant’Andrea, 18 ottobre 1912 – Città del Vaticano, 19 aprile 2003) nel 1978 era vicario capitolare della Basilica di San Pietro. 14 Ha ricevuto una precisa missione Il giorno 9 ottobre si tiene il sesto novendiale; la celebrazione del rito e affidata al clero della Diocesi di Roma, la quale ha per suo Vescovo propria il Papa. Presiede il Sacrificio Eucaristico, il Cardinale Ugo Poletti, Vicario Generale dell’Urbe. Letto il Vangelo, all’omelia, il Porporato esordisce ponendosi una precisa domanda: «Perché Papa Giovanni Paolo I ci è stato rapito così presto? Perché aveva ricevuto una precisa missione da svolgere. L’ha compiuta, tutta, anche se molto in fretta, per questo Dio l’ha chiamato a sé. Quale è stata la missione urgente e grande che il Signora gli ha affidato ed egli ha eseguito? L’umanità di oggi è tutta avvolta dalla paura, dall’incertezza per l’avvenire, dal prevalere degli egoismi che generano prepotenza, sopraffazione e violenza. Da ogni popolo, lingua, nazione e anche da ogni religione sale a Dio una supplica, sovente non espressa a parole, bensì con un linguaggio universale di persone in balia di un mare in tempesta: “Signore, salvaci, siamo perduti”. Il buon Dio ci risponde con l’unica risposta che Gli è possibile: “Convertitevi a me, ed io mi rivolgerò a voi ed ai vostri bisogni”. Tuttavia la sua è sempre una voce difficile da udire, perciò, di tanto in tanto, Egli la rende sensibile per mezzo di manifestazioni o di uomini straordinari. In questi giorni ha mandato il Papa Giovanni Paolo I a portare un messaggio di fiducia, di speranza, di bontà, di fraternità umana. Papa Luciani ha svolto con noi il ruolo di Gesù con i discepoli di Emmaus: ci ha scaldato il cuore; “non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino?” (Lc 14,32). Non solo i cristiani, dotti o poco dotti, ma il mondo intero, anche non cristiano, ha capito il linguaggio semplice e il messaggio grande del Papa Giovanni Paolo e tutti gliene sono grati con tanta commozione, mentre la Chiesa (specialmente la sua, quella di Roma) diventa ogni ora più luminosa e credibile». Il cardinale Ugo Poletti (Omegna, 19 aprile 1914 – Roma , 25 febbraio 1997) al tempo Vicario Generale della diocesi di Roma e arciprete della Basilica Lateranense. Mons. Placido Maria Cambiaghi (Monza, 18 settembre 1900 – Novara, 18 dicembre 1987) fu vescovo di Novara fino al 1971. Nel 1978 era Vicario del Capitolo della Basilica del Laterano. Ha impresso una stile papale nuovo Il settimo novendiale, affidato alla pietà dei Capitoli delle Patriarcali basiliche Romane di San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le mura, è officiato nel pomeriggio del 10 ottobre dal Vescovo emerito di Novara, Mons. Placido Maria Cambiaghi, religioso barnabita, quale Vicario del Capitolo Lateranense. All’omelia della messa di suffragio, anche questo Presule si pone una domanda: «Che cosa resterà di questo breve pontificato di Papa Giovanni Paolo I?». Il Vescovo così rispondeva alla sua stessa domanda: «Non ci sono stati documenti importanti, non furono emanate disposizioni ecclesiali di grande rilievo, non sono accaduti fatti straordinari nella Chiesa. Eppure oso dire che molte cose resteranno di Lui nella vite delle Chiesa. E, innanzitutto, un nuovo senso di viva profondità pastorale. Abbiamo imparato quasi inconsapevolmente che c’è un modo nuovo di fare il Papa e di vederlo, che ce lo fa sentire più vicino alla vita di tutti, non solo come il pastore universale, non solo come il Vescovo di Roma, ma quasi come il Parroco di ciascuna anima, il padre, il fratello di ciascuno di noi nel suo vivere quotidiano. Egli ha impresso nella Chiesa uno stile papale nuovo, una svolta irreversibile, una Chiesa che ci riporta nei suoi vertici alla semplicità e all’umiltà evangelica. Nei pochi giorni della. sua permanenza fra noi abbiamo visto una Chiesa ringiovanita e promettente specialmente nelle masse giovanili, una Chiesa ancora più presente nella coscienza degli uomini credenti e non credenti; una coscienza vindice coraggiosa della giustizia, libera voce dell’uomo offeso nei suoi diritti, una voce vera amica della pace giusta per tutti, con un forte richiamo alla dignità del lavoro, al rispetto e all’amore per i fratelli e alla solidarietà a tutti i costi verso i più deboli e sofferenti. Giovanni Paolo I ci ha fatto apparire con chiarezza la sempre nuova e fresca creatività dello Spirito Santo». Il Pontefice delle tre sorprese L’ottavo novendiale è celebrato a cura degli Ordini e Congregazioni Religiose e dagli Istituti Secolari, nel pomeriggio dell’11 ottobre. Presiede il rito eucaristico l’Arcivescovo Mons. Agostino Mayer O.S.B., segretario della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari. Il Presule, membro dell’Ordine di san Benedetto, nella omelia, esordisce rilevando come «un giornale di oltralpe definisce Giovanni Paolo I il Pontefice delle tre sorprese: sorpresa dell’elezione dopo un conclave brevissimo; sorpresa del pontificato che in pochi giorni ha dato l’immagine luminosa di un pastore; sorpresa per la morte quanto mai inattesa». L’Arcivescovo benedettino Mons. Agostino Mayer, era segretario della Congregazione per i Religiosi e gli Istituti Secolari. 15 Per il Presule «occorre adorare il mistero di Dio», e ricorda in proposito le parole che Dio mette in bocci, al Profeta Isaia: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie», ma continua il Vescovo celebrante, occorre tratteggiare «la copiosa eredità lasciata, non soltanto alla Chiesa, alla comunità dei credenti, ma al mondo intero, nel suo brevissimo pontificato, e come prima cosa il dono del suo sorriso, espressione spontanea di intima bontà. Sorriso che .era dono di natura, ma soprattutto frutto di grazia, segno di letizia, di benevolenza, di gioia interiore, quale dovrebbe essere propria a tutti i credenti. Da questo dono desumiamo questa applicazione: cercare soprattutto la pace con Dio e ne scaturirà la gioia, l’apostolato della gioia. Giovanni Paolo I indica le sorgenti della fiducia e del coraggio cristiano: nel momento di accettare una chiamata di Dio, grande, impegnativa; nel momento di accettare una vocazione alla sequela di Cristo, in maniera totale; nel momento di accettare una particolare obbedienza... Questa componente: la fiducia, umile, costante in Dio; la fiducia che muove il cuore di Dio, sia presente nella nostra vita. Giovanni Paolo I ci ha parlato con coraggiosa franchezza e allo stesso tempo con soavità dell’autorità e dell’obbedienza. Per questo, certamente, ha toccato l’animo dei religiosi, e forse ha invitato ad un esame di coscienza, quando parlò della propria obbedienza sacerdotale. Ha, dunque, lasciato di superiori di ogni livello, l’esempio di un’autorità esercitata con umiltà e con amore, ma anche con franchezza non timida. Questo ultimo Papa ci lascia l’esempio dell’amore dei poveri e della stessa povertà personale, accettata a favore dei fratelli bisognosi; ci lascia altresì un esempio di luminosa umiltà; ci lascia infine l’appello al “colloquio intimo”. Fu osservato che Giovanni Paolo I quando parlava non solo comunicava, ma generava comunione. Un pontificato breve questo di Papa Luciani: ha avuto solo il tempo di farsi amare da tutti: una eredità sufficiente per lasciare alle nostre anime, alla storia della Chiesa, un’impronta indelebile». Vi abbiamo amato e vi ameremo sempre Il nono ed ultimo dei novendiali in suffragio di Giovanni Paolo I è celebrato il 12 ottobre dalle Chiese Orientali Cattoliche. Presiede la Divina Liturgia, in rito bizantino, il Vescovo Mons. Miroslav Marusyn. Il Presule, nell’omelia, inizia dicendo come in un mese di pontificato «Giovanni Paolo I aveva suscitato tante speranze per l’umanità intera ed in modo particolare per i popoli dell’Oriente Cristiano. Le Chiese Orientali cattoliche, che nei tempi presenti, come già tante volte nei secoli passati, sono così duramente provate da tante avversità, sentivano di avere nel cuore di Giovanni Paolo I una predilezione e un posto speciale. A queste Chiese Orientali rivolgeva già il suo sguardo affettuoso Papa Giovanni Paolo nella sua prima allocuzione, pronunciata nella Cappella Sistina, in occasione della sua felice elezione. Il Papa esprimeva il suo proposito di portare avanti la revisione del Codice di Diritto Canonico, sia della tradizione orientale, sia di quella latina, per assicurare alla linfa interiore della santa libertà dei figli di Dio la solidità e la saldezza delle strutture giuridiche. Il Papa Giovanni Paolo I non ha avuto i1 tempo necessario per consegnare la sua sollecitudine a un documento solenne riguardante le Chiese Orientali, come gia fecero suoi grandi Predecessori. Egli, tuttavia, accogliendo le delegazioni di quelle Chiese Orientali che non sono ancora in piena comunione con la Chiesa di Roma, ebbe modo di manifestare loro il proprio amore e la Propria benevolenza. Con un tratto di particolare attenzione volle salutare i Patriarchi delle Chiese Orientali venuti a Roma in visita di omaggio, e impegnò la sua persona per la pace nel Libano. Se la componente affettiva è una caratteristica degli Orientali, oggi, mentre le labbra del Sommo Pontefice rimangono chiuse e solo parlano l’esempio e il ricordo, noi Orientali tutti di gran cuore gli gridiamo al di là della morte: Padre Santo, voi sapete quanto vi abbiamo amato e ancora vi amiamo e vi ameremo sempre». Si dilata in tutto il mondo Alla luce di quanto posto in risalto nelle omelie pronunciate nel corso delle Liturgie Eucaristiche (omelie, seppure riportate nella sua forma sintetica) durante le quali per nove giorni la Chiesa Cattolica ebbe ad implorare, per il Suo Pastore Supremo di appena 33 giorni, perché “raccolga il frutto del suo servizio apostolico nella gioia dei Santi”, è doveroso mettere in evidenza che il pontificato di questo Successore di Pietro, anche se nella sua intensa e feconda brevità, svoltosi all’insegna del sorriso e dell’umiltà, della servizio e della modestia, a distanza di trentacinque anni conserva una grande attualità e validità, perché manifesta la. bontà, la mansuetudine, la mitezza, la dolcezza e. la misericordia che è propria del cuore di Cristo Signore, Buon Pastore, e che da questo sacratissimo Cuore si dilata e si riversa nel’ intimo della Chiesa, e da questa si dilata e si riversa in tutto il mondo -per riscaldare d’amore l’animo di ogni uomo - perché diventi artefice di fratellanza e di solidarietà, di giustizia e di pace. L’Arcivescovo ucraino della Chiesa greco-cattolica Mons. Miroslav Marusyn (Kniazhe – Russia, 26 giugno 1924 – Roma, 21 settembre 2009) fu Segretario della Congregazione per le Chiese Orientali. Nella foto un momento di una liturgia in rito orientale. 16 «Luciani, il Pastore bello» DI MONS. PIETRO PAROLIN Dal 15 ottobre 2013 Mons. Pietro Parolin, veneto di origine, è il nuovo Segretario di Sato della Santa Sede, nominato da Papa Francesco. Nell’agosto del 2011 ha presieduto a Canale d’Agordo la celebrazione eucaristica nell’anniversario nell’elezione al soglio pontificio di Albino Luciani. Riportiamo ampi stralci dell’omelia tenuta in quell’occasione. C ari fratelli e sorelle, trentatré anni ci separano dall’improvvisa morte di papa Giovanni Paolo I, che tanto profondamente ci sorprese e ci addolorò - io cominciavo il quinto anno di Teologia nel Seminario di Vicenza e la notizia ci raggiunse, come un fulmine a ciel sereno, al termine della Messa mattutina - come ci aveva sorpreso, almeno il sottoscritto che poco conosceva il patriarca di Venezia, ma rallegrato, la sua rapida elezione al soglio di San Pietro, dopo un solo giorno di Conclave, un mese prima. Trentatré giorni è durato il suo pontificato. Suggestioni del numero 33 Questa combinazione dei due trentatré - i giorni e gli anni - ci porta ovviamente a tornare a sottolineare quello che altri hanno già notato, e cioè la coincidenza con il tempo dell’esistenza terrena di Nostro Signore Gesù Cristo, il quale «passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo» (Atti 10, 38) e, a partire da questa coincidenza, il fatto che papa Luciani fu davvero, per la Chiesa e per il mondo, un’immagine viva di Gesù, il Buon Pastore, il Pastore «bello» come dice il Vangelo […]. Per questo papa Luciani è entrato ed è rimasto nel cuore della gente. Perché conoscere Gesù, incontrare Gesù, amare Gesù e lasciarsi amare da lui è l’aspirazione segreta di ogni cuore, anche dei cuori indifferenti o tormentati o perfino ribelli; [...] Solo chi può confessare in tutta verità: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (cfr. Gal. 2,20), può trovare le vie del cuore della gente, toccare questo cuore, consolarlo, trasformarlo, convertirlo, accendendo in esso un raggio di luce e lasciando una traccia indelebile. Umiltà e misericordia Così ha fatto papa Giovanni Paolo I, col suo insegnamento, col suo esempio, col suo sorriso, con la sua umiltà, quell’umiltà che «può essere considerata il suo testamento spirituale» e che «lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani», come ha detto Benedetto XVI il 28 settembre di tre anni fa, aggiungendo che questa parola, humilitas, da sola sintetizza «l’essenziale della vita cristiana e indica l’indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell’autorità». Così ha fatto Giovanni Paolo I, fermo nelle decisioni che il ministero episcopale gli imponeva di assumere, ma accentuando sempre nel suo magistero l’aspetto della misericordia. Come i pini, radicato nella fede In questo anniversario così significativo, sono vivamente lieto di essere qui a Canale d’Agordo, al seguito di una vera folla di pellegrini che quest’estate hanno visitato i luoghi natali dell’amatissimo e indimenticabile Papa e ringrazio il Signore per questo che considero un suo regalo; ringrazio anche il vostro pastore per avermi dato la possibilità di realizzare un desiderio che coltivavo da tempo. […]. A voi qui presenti vorrei dire una parola di congratulazione, pensando che la grandezza di papa Luciani è radicata fortemente, come i pini e gli abeti delle vostre stupende montagne, sul terreno della fede della comunità cristiana di queste terre in generale ma, in particolare, sul terreno della fedeltà, della generosità, dello zelo pastorale, solido e sempre discreto, di un intero presbiterio diocesano, del quale egli è, in certo senso espressione; e una parola di incoraggiamento di fronte alle difficoltà che oggi sperimentiamo: Dio - come ci ricordava lui - ha sempre gli occhi aperti e sa dove ci guida, anche se l’oscurità della notte impedisce a noi di vedere chiaramente davanti e ci costringe a procedere a tentoni. Ai catechisti [….] Sono molto contento, cari fratelli e sorelle che vi dedicate al ministero della catechesi, di incontrarvi e di pregare con voi e per voi. Tanto più che, nel mio servizio alla Chiesa universale e al Papa, ho conosciuto realtà Mons. Pietro Parolin: un sorriso che ricorda Luciani. dove, senza l’opera dei catechisti, il Vangelo non avrebbe potuto essere annunciato né la fede mantenuta e alimentata. Penso all’Africa, ad esempio, ma anche al Venezuela, dove attualmente mi trovo. Nelle enormi parrocchie cittadine, come a Caracas o Maracaibo, che raggiungono anche i 100mila abitanti e includono popolosi quartieri popolari, denominati barrios, segnati normalmente da povertà e violenza, sono i catechisti che assumono la responsabilità delle piccole cappelle e assicurano la presenza della Chiesa, insegnano il catechismo in preparazione ai Sacramenti, presiedono la celebrazione della Parola quando non c’è il sacerdote per la Messa e svolgono altri compiti pastorali. E così fanno nelle parrocchie rurali, territorialmente molte estese, nelle pianure e nelle Ande venezuelane. Sensibili ai poveri Sono realtà, ripeto, molto povere e spesso afflitte dalla violenza; al riguardo, non vorrei tralasciare di menzionare la sensibilità che papa Luciani aveva per il tema della povertà del Sud del mondo. Non so, se come ho trovato riportato da qualche parte, egli avesse davvero l’intenzione di scrivere un’enciclica su «I poveri e la povertà nel mondo», che la morte gli avrebbe poi impedito di fare, ma, prendendo possesso della sua Cattedrale 17 di San Giovanni in Laterano non mancò di accennare alla questione: «Roma sarà una vera comunità cristiana se Dio vi sarà onorato non solo con l’affluenza dei fedeli alle chiese, non solo con la vita privata vissuta morigeratamente, ma anche con l’amore ai poveri. Questi - diceva il diacono romano Lorenzo sono i veri tesori della Chiesa. Vanno pertanto aiutati, da chi può, ad avere e ad essere di più, senza venire umiliati e offesi con ricchezze ostentate, con denaro sperperato in cose futili e non investito - quando possibile - in imprese di comune vantaggio». Nell’ultima udienza del 27 settembre, dedicata alla carità, ricordava che i popoli della fame interpellano quelli dell’opulenza, invitando a chiederci, e per primi noi uomini di Chiesa, se abbiamo veramente adempiuto al comandamento: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Parole essenziali, semplici, penetranti […] Benedetto XVI ha chiamato il suo predecessore «un impareggiabile catechista». Egli ci ha insegnato a fare catechesi - che è l’esposizione sistematica delle verità di fede, l’approfondimento ordinato del mistero cristiano ed è proprio ciò che la distingue da tutte le altre forme di presentazione della Parola di Dio, come diceva Paolo VI al termine del Sinodo dei vescovi del 1977 - in modo semplice, diretto, comprensibile a tutti, con lo stesso affetto di una madre che si china a spezzare il pane per i suoi numerosi figli. A sua volta, papa Giovanni Paolo II ha scritto nella Catechesi tradendae che Giovanni Paolo I - «ha dato l’esempio di una catechesi centrata sull’essenziale e, al tempo stesso, popolare, fatta di gesti e di parole semplici, capace di toccare i cuori». Stare con Gesù I testi della Sacra Scrittura che abbiamo appena ascoltato ci danno indicazioni preziose al riguardo a questo servizio ecclesiale. Nel brano di Luca sono raccolte le «esigenze della vocazione apostolica», le condizioni per stare con Gesù ed essere suoi discepoli. Il Vangelo inizia dicendo che: «mentre andavano per la strada…», indicazione di grande rilevanza, perché non si tratta qui di una passeggiata o di un semplice spostamento da un luogo a un altro, ma del viaggio di Gesù verso Gerusalemme. Gesù sa che a Gerusalemme lo aspettano sofferenza e morte. Ma non si tira indietro. Anzi, vi si dirige «decisamente», letteralmente «rende duro il suo volto per andare a Gerusalemme». L’espressione esprime la consapevolezza, la risolutezza e la determinazione con cui Gesù prende la decisione di affrontare la sua missione di Servo sofferente. In questo contesto vanno collocate le risposte che Gesù dà a questi tre anonimi che incontra. Il primo è un generoso che, sicuramente affascinato dalla sua figura, si propone di seguirlo. Gli altri due sono chiamati da Gesù stesso ma il loro «sì» non è totale e pieno, bensì condizionato, legato a compromessi. Gesù intende far comprendere loro che la sua scelta radicale non può non avere ripercussioni sulla loro vita. È una scelta che implica privazioni, rischi, mancanza di sicurezze terrene: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Una vita comoda e tranquilla non si addice a chi intende met- tersi al suo seguito. […]. È una scelta che non ammette lentezze e ripensamenti, ma esige una cammino deciso e rettilineo: «Nessuno che ha messo meno all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio». Totalitari nella santità In sintesi, queste risposte indicano la «radicalità» con cui Gesù va seguito. Luciani parlava di «totalitarismo». Fin da quando il giovane don Albino faceva il catechista ai ragazzi della parrocchia o della scuola gli piaceva usare l’immagine del viaggio per descrivere l’avventura della vita cristiana, che è l’avventura dell’amore, come confiderà lui stesso da Papa, e diceva: «Quando si dice “Ama il Signore con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze” (cfr. Dt. 6,49) si dice: devi assolutamente sforzarti di essere santo. Qui c’è un totalitarismo: lo dice tante volte quell’ex toto, ex tota, che evidentemente il Signore ci vuole totalitari nella via della santità». «Radicali», «totalitari» nell’amore di Dio, nella sequela di Gesù, nella via della santità: ecco, a mio sommesso parere, la prima condizione, imprescindibile, per essere catechisti. Di qui deriverà quell’entusiasmo, quella convinzione che devono caratterizzare il catechista: «Convinto che la sua missione è una cosa grande, che le cose che insegna sono vere, che i fanciulli miglioreranno. Queste convinzioni daranno anima, ali al suo apostolato … non basta che dica, ma, vivendo, deve invogliare, appassionare e trascinare» (Catechesi in briciole, San Paolo, 2009, p. 33). Verso la comunione con Dio Un brevissimo accenno alla prima lettura: al catechi- Papa Luciani portava nel cuore l’annuncio del Vangelo ai poveri. sta è affidato il compito, non facile in questi tempi appiattiti quasi esclusivamente sulle realtà terrene e materiali, di tenere aperto l’orizzonte ultimo verso il quale siamo in cammino, senza il quale perde consistenza la stessa vita cristiana: l’orizzonte della comunione definitiva con Dio, l’orizzonte della vita eterna. Neemia, l’esiliato ebreo che aveva una buona posizione alla corte del re Artaserse, avrebbe potuto benissimo chiudersi nell’egoismo di ciò che possedeva e dimenticare la patria. Aiutate anche voi, cari catechisti, i fanciulli, i ragazzi e i giovani che vi sono affidati a «non dimenticare la patria»! Giovanni Paolo I, che questa patria ha già raggiunto, dal cielo preghi per voi, preghi per noi, sacerdoti, preghi per tutti i presenti e per l’intera Santa Chiesa, che egli amò di un grande, fermissimo amore. Da parte nostra, benediciamo il Signore e preghiamo affinché un giorno possiamo invocare come beato questo grande uomo di Chiesa, che da Canale d’Agordo è arrivato alla Cattedra di Pietro, dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come vescovo di Roma. Così sia. 18 N ella preghiera da lui scritta: “Stammi ancor vicino, Signore. Tieni la tua mano sul mio capo, ma fa che anch’io tenga il capo sotto la tua mano. Prendimi come sono, con i miei difetti, con i miei peccati, ma fammi diventare come tu desideri e come anch’io desidero”. “Noi siamo oggetto, scriveva, da parte di Dio di un amore intramontabile. Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. È papà: più ancora, è madre”. Un SI filiale Scriveva Luciani: “La fede in Dio è un ”sì” filiale, detto a Dio, che racconta a noi qualcosa della propria vita intima. Sì alle cose narrate e insieme a Colui che le narra. Chi lo pronuncia deve non solo avere fiducia, ma anche tenerezza e amore e sentirsi piccolo figlio, ammettendo: io non sono il tipo che sa tutto, che dice l’ultima parola su tutto, che verifica tutto. Nelle “Confessioni” Agostino è ben concitato nel descrivere il suo viaggio alla fede. Prima di dire il suo sì pieno a Dio, la sua anima rabbrividisce e si torce in conflitti penosi. Di qua c’è Dio che lo invita, di là le antiche abitudini, “le vecchie amiche”, che lo “tirano dolcemente per il suo vestito di carne” e gli sussurrano: “Tu ci congedi? pensa che dal momento in cui ti avremo lasciato, quella cosa non ti sarà più permessa e quell’altra neppure, e per sempre!”. Dio lo spinge a fare presto e Agostino implorò “Non subito, ancora un momento!”. E continua settimane intere nell’indecisione, nel contorcimento interno, finché, aiutato da una spinta potente di Dio, prende il coraggio a due mani e si decide” (Un pensiero al giorno, p. 30). Il bello della Fede DI TAFFAREL DON FRANCESCO Ripensando al viaggio della vita di Luciani, emerge costante il “SI” da lui detto al Signore, nella volontà di mettersi nelle sue mani, di piacere e di lasciarsi condurre da Lui. La fede nella Parola di Dio illumina il cammino della vita. La lampada della fede Luciani ha percorso la “via dei carri”, come diceva; ha camminato su strade non sempre ben illuminate, ma si è lasciato guidare dalla fede. Nella “Lettera a Trilussa”, egli scrive: “Caro Trilussa, ho riletto la poesia melanconicamente autobiografica, in cui racconti di esserti sperso, in mezzo al bosco e lì incontri una vecchietta cieca, che ti dice: - Se la strada nun la sai, te ci accompagno io, che la conosco! Sorpresa tua: - Trovo strano che me possa guidà chi nun ce vede. Ma la vecchietta taglia corto, ti piglia la mano e ti intima: - Cammina. È la fede. Sono d’accordo in parte con te: la fede è davvero una buona guida, una cara e saggia vecchietta che dice: metti qui il tuo piede, prendi questo sentiero che sale. Ma ciò succede in un secondo momento, quando la fede ha ormai messo radici come convinzione nella mente e di là pilota e dirige le azioni della vita. Prima, però, la convinzione deve formarsi e piantarsi nella mente. E qui sta la difficoltà, qui il viaggio della fede si rivela non la patetica passeggiata sulla strada del bosco, ma un viaggio a volte difficile, talora drammatico e sempre misterioso”. Contro il vetro... della finestra “Nell’atto di fede c’è una complicazione, avvertiva Luciani, che è anche mistero: la necessità dell’intervento divino. Quand’ero nel seminario di Belluno, succedeva spesso che un uccello, entrando ad ali spiegate dai grandi finestroni, restasse imprigionato negli ampi corridoi. La povera bestiola si dirigeva verso una finestra qualunque, senza accorgersi che c’era il vetro; la si sentiva sbattere con violenza contro l’ostacolo invisibile, la si vedeva tornare indietro tutta spaurita per poi volare di nuovo contro il vetro con l’esito di prima. Bisognava spalancare le finestre, perchè potesse uscire. Chi non crede, tante volte, è così: sente l’invito alla luce, alla fede, anela col desiderio in quella direzione, ma si trova a cozzare contro un ostacolo invisibile. Se Dio non toglie l’ostacolo e non spalanca le finestre, il non credente non può uscire dalla sua incredulità. Arrivare alla fede non è opera “né di chi vuole né di chi corre, ma di Dio che fa misericordia” (Rm 9, 16). E fin qui la difficoltà è piccola. Si fa invece grande quando si sa che Dio la sua misericordia non la nega a nessuno e, ciononostante, si vede che per qualcuno la finestra non s’apre, il vetro non cade mai. Perché non crede l’incredulo, che pure apprezza la fede, è a contatto con la verità ed aiutato dalla grazia? Ecco un problema difficile di teologia e di psicologia” (Un pensiero al giorno, p. 35). Credere è un po’ complicato Luciani riconosceva anche che “Credere è un po’ complicato; è già difficile aver fede negli altri, sulla parola, le loro asserzioni. Credere è accettare su parola le asserzioni altrui. Ma io conosco tre maniere diverse di accettare le asserzioni degli altri. La maniera del giudice, che, sentendo il ladro con- 19 fessare: “Sono stato io!”, conclude: “È stato proprio lui, perché mai più andrebbe a danneggiare sé stesso, se fosse innocente”. Il giudice accetta, mosso dall’evidenza che ha del caso, non ha fiducia nel ladro. La maniera dello scolaro; sente il maestro affermare, dalla cattedra, che il sole dista dalla terra 148 milioni di chilometri e dice a se stesso: “Non sono in grado di controllare questa distanza, ma il maestro è tanto bravo che è così senz’altro!”. Lo scolaro accetta, mosso da fiducia nel maestro. La maniera del figlio: la madre gli narra di anni suoi lontani, di sacrifici sostenuti per proteggerlo e salvarlo e conclude: “Mi credi? E ricorderai quanto ho fatto per amore tuo?”. - Oh mamma! risponde il figlio, io venero le tue parole e mi impegno a fare qualunque sacrificio per non essere indegno dell’amore che mi hai portato”! Il figlio non solo accetta, non solo ha fiducia, ma ha per sua madre tenerezza e amore, che provocano, col credere, slancio di dedizione e impegno di vita. La fede in Dio appartiene a questa terza maniera. Se la mamma merita la fiducia del bambino, non dovremmo accordare fiducia al Signore che ci parla di sé? Mia madre mi diceva quando ero grandetto: da piccolo sei stato molto ammalato. Ho dovuto portarti da un medico all’altro e vegliare notti intere, mi credi? Come avrei potuto dire: mamma non ti credo? Ma sì che credo, credo a quello che mi dici, ma credo specialmente a te” (Un pensiero al giorno, p. 31-32). E così è la fede. Ma allora, la mia intelligenza, ragione dove va a finire? “La parabola dei ciechi” (1561) di Pieter Van der Heyden, incisore fiammingo del ‘500. “Di fronte a Dio, riconosceva Luciani, di fronte alla sua Parola, non è che si debba rinunciare alla ragione, ma è solo togliersi il cappello di fronte a Lui”. Il metro... vecchio “La fede, il timor di Dio, sono sempre riflessioni di Luciani, sono una specie di metro per misurare se un popolo è fortunato o no, per sapere se avrà o non avrà prosperità e pace. Per giudicare, però, pare che oggi si usi un metro nuovo. Si dice: le cose van bene, perché le strade sono asfaltate, il reddito aumenta, molti apparecchi televisivi si accendono, tante macchine corrono. Il Vescovo, invece, dice: tutte queste cose hanno un’importanza relativa. Per misurare bene e giusto, occorre tornare al metro vecchio, quello che ci indica Dio nella Bibbia. Sentite quello che è scritto: “Tu, o Signore, salvi il popolo umile, soggetto a Dio” (Sal 18); “Felice il popolo che ha il Signore per suo Dio!” (Sal 144); “quando viene a mancare l’insegnamento religioso, il popolo è sfrenato!” (Prov 29). In una parola: la gente avrà la prosperità vera solo se conserva il timor santo di Dio in tutte le stagioni della vita, in tutti i gradini delle posizioni sociali” (Un pensiero al giorno, p. 39-40). Togliere ... l’ancora “Desiderare non basta. Il buon desiderio è niente, se da esso, a un certo punto, non sprizza la scintilla della decisione. La nave è carica di ogni ben di Dio. Cosa serve, se, ad un certo punto, non si toglie l’ancora e non la si fa partire? Il paracadutista è attrezzato fino all’ultimo; cosa giova, se, ad un certo punto, non apre la porticina dell’aereo e non si lancia nel vuoto? È sul gradino della volontà che si decide il destino dei santi. Il Paradiso è pieno di uomini che hanno voluto, deciso ed eseguito; l’Inferno, invece, è pieno di uomini, che hanno bensì desiderato, ma non si sono decisi per il bene. Volere, decidersi, ecco la gran cosa” (Un pensiero al giorno, p. 41). Fiducia e forza di Dio “Penso a San Paolo: disprezzi, flagelli, pressioni non deprimono questo magnanimo; estasi, rivelazioni, applausi non esaltano questo umile. Umile quando scrive: “Sono il minimo fra tutti gli Apostoli”. Magnanimo e lanciato ad ogni rischio, quando afferma: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”. Umile, ma, a tempo e luogo, sa essere fiero: “Sono ebrei? Anch’io ... Sono ministri di Cristo? Parlo da folle, io più di loro”. Si mette al di sotto di tutti, ma, nel dovere, non si lascia piegare da niente e da nessuno. Le onde scagliano contro le scogliere la nave che lo porta; le vipere lo mordono; pagani, giudei, falsi cristiani lo cacciano e perseguitano; viene battuto con le verghe e messo in carcere, lo si fa morire ogni giorno, si crede di averlo spaventato, annientato ed egli salta fuori fresco e rugiadoso ad assicurarvi: non sono disperato e poi si alza in piedi e lancia la sfida della certezza cristiana: “Sono sicuro che né la morte, né la vita ... né il presente, né l’avvenire, né altezza, né profondità, né qualsiasi altra creatura mi potranno separare dall’amore d’Iddio che è in Cristo Gesù”. È lo sbocco dell’umiltà cristiana. Essa non sfocia nella pusillanimità, ma nel coraggio, nel lavoro intraprendente e nell’abbandono in Dio!” (Un pensiero al giorno, p. 36). “Il Manzoni definisce “giocondo prodigio e convito di grazia” il ritorno dell’Innominato alla fede. Se ne intendeva, era “ritornato anche lui”. Si tratta di un convito sempre imbandito e aperto a tutti. Per quanto mi riguarda, io cerco di approfittarne tutti i giorni, rimettendo in piedi oggi la vita di fede buttata giù coi peccati di ieri. Chissà se i cristiani che, come me, si sentono ora buoni, ora peccatori, con me accetteranno di fare i bravi convitati?”. Caro don Albino Il lavoro che non c’è N ell’autunno del 1977, a meno di un anno dal duplice e misterioso evento che ti avrebbe strappato dal Veneto per ben altri lidi, appena tornato da Roma dove avevi partecipato al sinodo su “La catechesi in questo nostro tempo”, hai sentito l’urgenza di rivolgerti subito ai fedeli di Venezia con una lettera particolarmente accorata. Volevi condividere con tante famiglie la preoccupazione per i posti di lavoro che venivano a mancare, in una congiuntura economica e sociale che colpiva specialmente i giovani e le donne. A distanza di tanti anni stiamo attraversando una situazione molto simile e, rileggendo quel tuo scritto, lo trovo efficace e attuale, come pensato e pregato la notte scorsa‘per questo nostro tempo’. C’è la volontà di incarnare il catechismo che imparavi sulle ginocchia della nonna e della mamma alla situazione dell’industria e dell’artigianato in crisi a Mestre, Marghera, Mira e Murano. Nella ricerca delle soluzioni ricordi il primato della persona e la centralità della famiglia. Fra i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, citi con il vecchio catechismo ai nu- meri 25 e 154 “l’oppressione dei poveri e il defraudare la mercede agli operai come atti contrari al bene dell’umanità”. Con un delicato equilibrio ne hai per gli imprenditori e per i lavoratori: che ognuno faccia bene la sua parte in fraternità, così da poter dire onestamente ‘Padre nostro’. Non ti accontenti di suggerimenti scontati in materia di giustizia, profitto, solidarietà, diritti, doveri ed economia; punti sulla fede che dobbiamo mettere in opera non solo andando in chiesa e alla domenica, ma dovunque e ogni giorno nella ferialità che è fatta in gran parte di casa e lavoro. Mi fai ricordare un parroco che si divertiva a provocare i bambini al catechismo, domandando qual è la cosa più importante della chiesa: l’altare, la croce, il battistero, il tabernacolo, i banchi? Alla fine, quando i bambini si arrendevano, diceva soddisfatto: la porta! Spiegando che se è indispensabile per entrare lo è anche per uscire. E concludeva dicendo che si entra per amare il Dio e si esce per amare il prossimo. Prossimi dobbiamo farci noi anzitutto ai familiari, ma senza trascurare l’operaio che perde il lavoro, il giovane che non lo trova e l’imprenditore che non regge all’umiliazione di dover chiudere la fabbrica. Forse qualche volta esagero, ma qualche volta, con i giovani che non sanno più dove portare il loro curriculum regolarmente ignorato, mi permetto di dire in confidenza: “Guardate che ci sono tanti posti di lavoro a disposizione se ve la sentite di diventare preti. Perché occorre sfatare l’idea del calo di vocazioni: la percentuale dei ‘chiamati’è Blas Sierra de la Calle Recuerdos del papa Luciani El Cardinal Albino Luciani, futuro Juan Pablo I, con los Augustinos del Colegio sta. Monica de Roma Ed. Monte Casino Valladolid (SP) 2013 Pagine: VIII + 32 sempre la stessa di 50 anni fa e il calo è delle nascite”. Mi chiedo sempre più spesso: non sarà che noi preti diamo l’immagine di persone chiuse, affannate e scontente? Se la felicità non viene dalle cose, ma dalle buone relazioni, credo proprio che dobbiamo tutti – e noi preti per primi – offrire l’esempio di uno splendido rapporto con il Signore ed una sincera e profonda solidarietà con i vecchi e i nuovi poveri che questo nostro tempo ci mette accanto. Con affetto. Tuo aff.mo Don Licio Il Card. Albino Luciani, nel 1977, sceso a Roma per il sinodo dei vescovi dedicato alla catechesi, soggiornò in quei giorni presso il collegio agostiniano di santa Monica. La cosa si ripeté l’anno successivo in occasione del conclave che lo vide eletto nuovo pontefice con il nome di Giovanni Paolo I. L’autore viveva allora presso quel collegio come professore di teologia e incaricato dei giovani agostiniani che avevano fatto la prima professione. In questo libretto, scritto in spagnolo Blas Sierra raccoglie e ordina i suoi ricordi, messi per iscritto a suo tempo ed in parte pubblicati nel 1978 su Famiglia Cristiana e su L’Osservatore Romano. Così si esprime su papa Luciani: «La memoria di quegli intensi giorni, vissuti a fianco di colui che ho sempre considerato un santo, mi ha accompagnato per tutta la mia vita ed è stata per me una costante fonte di ispirazione». Angolo del pellegrino Le preghiere più belle scritte dai pellegrini in visita alla chiesa di papa Luciani di Canale d’Agordo dal 21 maggio 2013 al 31 agosto 2013 (reg. dal 83 al n. 86) (a cura di Laura Busin) Continuiamo a pubblicare le preghiere più significative che i pellegrini rivolgono a papa Luciani scrivendole nel registro posto di fronte alla sua statua, nella chiesa di Canale d’Agordo. Sembrano sempre più numerose le parole di affetto che le persone rivolgono al Pontefice, segno di una devozione sincera e profonda; sfogliando i registri dell’estate si nota tantissima gente che torna a Canale dopo esserci già stata varie volte, alcuni tutti gli anni, apposta per sostare in preghiera nei luoghi di Giovanni Paolo I. Sono moltissimi infatti coloro che scrivono “eccoci qui, come ogni anno” oppure “siamo tornati anche quest’anno a salutarti” e non mancano i ringraziamenti per aver avuto nuovamente questa possibilità. I pensieri di tutti i pellegrini sono rivolti ai membri delle loro famiglie, principalmente ai figli, ai nipoti o ai genitori; sono richieste di salute e serenità per tutti ma anche ringraziamenti per le piccole cose quotidiane. Stavolta identifichiamo con facilità lo scritto più toccante di tutti: si trova nel registro numero 83, vicino alla foto di una bambina e dice: “A lei qui in terra ci pensavo io, lassù in cielo pensaci tu. Grazie”. Il “Grazie” detto in riferimento a una perdita così grande come quella di questo papà è una dimostrazione di fede che colpisce veramente nel profondo, ma leggendo le parole di tutta la gente che passa per Canale è davvero impossibile rimanere indifferenti. I fedeli giungono in gran numero dal Veneto e dalle regioni a noi vicine, ma molti arrivano anche da più lontano: Livorno, Pistoia, Ancona, Genova, Tarquinia, Imola, Pesaro, Lecce, Bergamo, Arezzo, Benevento, Trieste, Messina, Rimini, Pescara, La Spezia, Bari, Mantova, Civitanova Marche, Siena e molti altri luoghi italiani. Gli stranieri ci hanno raggiunto da Madagascar, Tanzania, Brasile, Argentina, Venezuela, Nuova Zelanda, Svizzera, Germania, Spagna, Inghilterra e dall’est Europa. Dai Paesi di tutto il mondo o: 22.05.2013. “Papa Albino Luciani, peço sua bençao por uma vida abençoada, cheic de aprendizado e feliz. Com carinho.”. J.E. 09.06.2013. “Im Gedenken an Papst Giovanni Paolo I”. B. + E., Svizzera 27.06.2013. “Please pray for the ones who most need help and healing”. 27.06.2013. “Papa Luciani protegeme y envuelveme en amor”. 14.07.2013. “Papa Luciani, nos cremos na força do Espirito Santo, nos ajude a superare todos os sofrimentos”. Regina, Brasil 04.08.2013. “Querido Papa Luciani, te pedimos la salud y la fuerza de seguir adelante con nuestro trabajo”. T. Q. M. F. Y. R. 10.08.2013. “Una sorpresa llegar al pueblo natal de Juan Pablo I. Su sonrisa serà siempre ejemplo para todos”. Francisco, Spagna 11.08.2013. “It’s a special joy for me to visit such a lovely place. The beauty of the mountains is a perfect place for the birthplace of Pope John Paul I. A. K., New Zealand 28.08.2013. “Dear Papa Luciani, my grateful tank for a deeply enjoyable and successful visit to your beloved Canale, please continue to shower your blessing on this Comune”. Paul, England DALL’ITALIA Le frasi più belle 21.05.2013. “Desidero dirti tante cose, ma tu le sai già! Con affetto semplice, ma tanto, dolce papa Albino Luciani!”. 26.05.2013. “Come sempre sostienici! Adesso siamo in tre!”. Silvia 04.06.2013. “Da 69 anni sacerdote, proprio come oggi, era il 4 giugno 1944. Forse per l’ultima volta qui in terra vengo a trovarti a Canale d’Agordo, ma sono pronto se devo prepararmi ad incontrarti in Cielo. Confido nel tuo aiuto e nella tua Benedizione per me e per quanti mi daranno l’occasione di condividere ancora un po’ di bene e amore quaggiù. Arrivederci... lassù!!!”. don Romualdo 05.06.2013. “Sul comodino ho messo un tuo santino accanto alla foto del mio adorato marito che ora sarà in cielo con te. Proteggici quaggiù”. T. F. 13.06.2013. “E’ il secondo anno che festeggio il mio compleanno a casa tua (51), non credi come sono felice! Tu fai parte della mia famiglia. Grazie!”. 17.06.2013. “Ci hai accompagnato ed esaudito, noi ti preghiamo non lasciarci. Grazie”. Davanti alla statua di papa Luciani nella chiesa di Canale d’Agordo i pellegrini accendono un cero e chiedono la sua intercessione per le grazie di cui hanno bisogno. 22.06.2013. “Caro Papa siamo contenti di essere accanto a te”. R. e O. 23.06.2013. “Lo so che ci sei! Aiutaci e guidaci, abbiamo bisogno della tua carezza e della tua presenza”. 23.06.2013. “Ti ringrazio o mio Signore per Papa Luciani. Ti chiedo per sua intercessione l’umiltà del cuore”. Angelina 23.06.2013. “Ciao Albino, 35 anni dopo sono qui a Canale, ma sono diverso da allora. Grazie!”. 24.06.2013. “Oggi come sempre ti lascio nella speranza di ritrovarti.” 27.06.2013. “Grazie per questa grande testimonianza”. 07.07.2013. “Come la luna illumina la notte, così padre amatissimo fai splendere la gioia e la serenità su chi ti invoca con devozione e umiltà”. Remo 11.07.2013. “Caro Papa aiutaci a migliorare il mondo”. Cristina 12.07.2013. “Sono entrata povera, ora esco ricca”. Claudia 18.07.2013. “La semplicità dei tuoi gesti e la dolcezza dei tuoi occhi mi commuovono sempre e mi riempiono il cuore di gioia”. Luciano 28.07.2013. “Forse ho trovato l’amore della mia vita, fa che non lo perda”. Un anonimo che ti stimerà per sempre. Angolo del pellegrino 28.07.2013. “Carissimo papa Luciani, hai precorso i tempi col tuo pontificato ma ora dopo 35 anni un altro Papa sta seguendo quello che tu hai lasciato. Richiesta di gra azie 26.05.2013. “Giovanni Paolo I aiutaci e sostienici. Donami la grazia di un figlio”. Luca 04.06.2013. “Chiedi tu al Signore che mandi un bimbo alla mia Michela grazie!”. nonna Nini 16.06.2013. “Caro Papa Luciani, ti chiediamo di benedire la nostra unione di sposi e i nostri figli, perché crescano nella Fede, e una grazia speciale che tu e il Signore conoscete. Con gratitudine”. Roberto e Francesca 16.06.2013. “Caro don Al- Grazie ricevute L’11 giugno abbiamo ricevuto questa testimonianza di una grazia ricevuta tramite l’intercessione di Papa Luciani. Ringrazio Papa Luciani perché dal cielo mi ha ottenuto la grazia per il ricovero immediato di mio marito al Centro di Riabilitazione. Caro Papa, grazie di cuore io lo so che continuerai a proteggerlo e ad accelerare il suo cammino di guarigione. Isabella Boranga bino ti prego affinché tutto vada per il meglio, tu lo sai. Grazie. di te mi posso fidare”. 23.06.2013. “Ti preghiamo Papa Luciani perché possiamo avere la grazia che tanto desideriamo: un bambino o più, come il Signore vorrà. Grazie”. Ale e Fede 23.06.2013. “Aiutaci ad avere un figlio papa Luciani e aiutaci a crescerlo bene e in salute”. 28.06.2013. “Papa Luciani ho bisogno del tuo aiuto”. N. A. Grazie ricevute 23.06.2013. “Grazie per averci dato un dono così prezioso, la nostra piccola, la affidiamo a te perché sia sempre in salute e felice, Amen”. Federica e Ivan 12.08.2013. “Grazie per la mia bimba! veglia su di lei e sulla mia famiglia.” Laura 13.08.2013. “Papa Luciani, grazie perché per tua intercessione mia figlia è guarita” A. 19.08.2013. “Grazie per aver ascoltato la mia domanda di grazia”. Renato 23.08.2013. “Ti ringraziamo per la grazia e umilmente ti chiediamo di proteggere la nostra famiglia”. Silvia e Girolamo Giovanni Paolo I: una chiesa a servizio dell’uomo DI In Italia c’è un dibattito che non invecchia mai, che ritorna in ogni stagione seppure con accenti sempre nuovi: esistono dei limiti oltre i quali la Chiesa nei suoi interventi non può andare, pena un’invasione nella sfera di competenza del potere temporale? È un interrogativo che si presta a ricevere le risposte più diverse a seconda del pensiero, della visione politica e della fede di ciascuno. Una soluzione equilibrata, scevra da ideologismi, è possibile rinvenirla nel messaggio e nella testimonianza di vita di Papa Luciani, di cui quest’anno ricorre il trentacinquesimo anniversario dell’elezione e dell’improvvisa morte dopo soli trentatre giorni di pontificato (1978-2013). Nell’incontro con il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede il 31 agosto 1978, il Papa del sorriso chiarisce con estrema lucidità l’essere e il dover essere dei confini d’azione della Chiesa, di una Chiesa che non è mai potere ma sempre e solo servizio. Una volta premesso che “non ha alcun bene temporale da scambiare, alcun DANIELE TRABUCCO interesse economico da discutere, come ne hanno gli Stati”, essa non si pone in una posizione di disinteresse nei confronti dei problemi delle comunità statali, ma viceversa collabora, partecipa, “se coinvolta e senza confusione di competenze”, per “la ricerca delle migliori soluzioni” dei grandi problemi che mettono in pericolo la centralità e la dignità dell’uomo. Una forma di “soccorso e aiuto” la definisce Luciani sulla quale gli Stati possono contare senza esitazioni, laddove sono in gioco e a rischio i destini dell’essere umano. La Chiesa, quindi, deve svolgere una funzione di ausilio, di consiglio verso il potere temporale in vista del perseguimento dell’interesse comune, senza mai avere la pretesa di sostituirsi a esso in quanto, lo evidenzia bene Giovanni Paolo I nella parte conclusiva del suo intervento, l’azione a servizio della comunità internazionale si colloca su un piano “specificatamente pastorale”. Un piano che, formando le coscienze dei cristiani, arricchisce anche il dibattito all’interno dell’opinione pubblica “circa i principi fondamentali che garantiscono una vera civiltà e una reale fraternità tra i popoli”. Deve trattarsi, però, di modo di discutere funzionale a “trasformare i rapporti umani, il tessuto sociale e le istituzioni” nella logica dell’amore evangelico, che è poi quella del dono e del servizio. Solo in questo modo, pare lasci intendere Luciani tra le righe, si può davvero superare l’errata contrapposizione tra laici e credenti per formare uomini liberi intellettualmente, capaci di farsi provocare dal volto del prossimo. La vita del Centro Papa Luciani Il calendario testimonia la ricchezza e la varietà degli incontri di formazione e di preghiera che si sono tenuti nei mesi scorsi. Ne riportiamo la cronaca essenziale. APRILE Martedì 2: ritiro per la prima confessione dei bambini di San Gregorio nelle Alpi e per la cresima dei ragazzi di Borca e San Vito di Cadore. Venerdì 5: ritiro per la prima confessione dei bambini di Cesio, Pez e Soranzen e per la prima comunione di Visome, accompagnati dai loro genitori. Domenica 7: All’Oasi: incontro delle Coccinelle degli Scout d’Europa (distretto di BellunoTrento-Bolzano). Al Centro: ritiro dei cresimandi di Caerano San Marco e di Belluno-Borgo Piave e dei bambini di prima comunione di Selva di Cadore Lunedì 8: Ritiro per la prima comunione di Calalzo. Giovedì 11: Consiglio presbiterale di Belluno-Feltre Venerdì 12: Cammino vocazionale per giovani organizzato dal Centro. Sabato 13: ritiro dei cresimandi di Canale d’Agordo e Mugnai, con i genitori. Incontro sulla spiritualità di Papa Luciani. All’Oasi: weekend di formazione dell’Associazione Dottor Clown di Belluno. Domenica 14: Ritiro cresi- mandi e genitori di San Zeno di Cassola e Arcade. Ritiro per la prima comunione dei bambini e dei genitori di Carve, Levigo, Meano e Mel. Incontro mensile di “Incontro Matrimoniale”. Martedì 16: Incontro dell’Associazione Anteas. Giovedì 18: Incontro in preparazione agli EVO. Venerdì 19: Due giorni cresimandi di Domegge di Cadore Sabato 20: All’Oasi: Due giorni cresimandi di Casella e Villa d’Asolo. Al Centro: Incontro animatori delle parrocchie di Cavaso e Possano. Ritiro per la prima comunione dei bambini e genitori di Bolzano bellunese. Incontro di catechesi degli adulti. Domenica 21: Ritiro di prima comunione per i bambini e genitori di Belluno-don Bosco, San Gregorio nelle Alpi e Sovramonte. Ritiro cresimandi e genitori di Castion e Sovramonte. Lunedì 22: Ritiro per la prima comunione e per la cresima di Rocca Pietore. Mercoledì 24: Ritiro di prima comunione per i bambini di Villabruna. Giovedì 25: All’Oasi: Convegno diocesano dei chierichetti. Al Centro: ritiro di prima comunione di Bribano e Roe; ritiro dei cresimandi di Vigo di Cadore. Venerdì 26: All’Oasi: weekend della parrocchia di Salvatronda (Castelfranco Veneto). Al Centro: ritiro cresimandi di BellunoDuomo-Loreto e Salce fino a 7 aprile 2013. Le Coccinelle (Scout FSE) del Distretto di Belluno – Pergine – Merano– Follina hanno vissuto sui prati il “Volo di primavera” concludendo con la s. Messa nella Chiesa del Centro. domenica. Sabato 27: Ritiro di prima comunione per i bambini di Cesio, Pez, Soranzen e Mugnai. Incontro per i genitori di Mugnai. Cammino di preghiera per i giovani. Domenica 28: Ritiro di prima comunione per i bambini di Agordo e Salce. Ritiro dei cresimandi di Feltre. Incontro per i genitori di BellunoDuomo-Loreto, Salce e Feltre. MAGGIO Mercoledì 1: Ritiro di prima comunione per i bambini di Revine Lago. Convegno degli animatori di pastorale famigliare di BellunoFeltre. Giovedì 2: Ritiro di prima comunione per i bambini di Feltre. Incontro di formazione per il clero di Belluno-Feltre. Sabato 4: Due giorni dei giovanissimi di Mogliano Veneto. Due giorni in vista della comunione di maturità dei giovanissimi della parrocchia di Cusignana. Ritiro di prima comunione per i bambini di Paterno e Pedavena. Ritiro dei cresimandi con i genitori di Pedavena. Incontro delle equipe dell’Azione Cattolica diocesana. Domenica 5: Ritiro dei cresimandi di Antole-Sois (con i genitori) e Anzù. Mercoledì 8: Incontro dei preti focolarini. Venerdì 10 – domenica 12: Week-end fidanzati organizzato da Incontro Matrimoniale. Ritiro cresimandi di Limana. Sabato 11: Ritiro di prima co- sr. Manuela Accamilesi Incontri Spirituali 9 aprile 2013. Il Direttore don Francesco De Luca festeggia al Centro i 30 anni di ordinazione presbiterale. munione per i bambini di Falzè di Piave (con i genitori) e Rasai. Incontro di catechesi degli adulti. Domenica 12: Ritiro di prima comunione dei bambini e genitori di Foen, Libano e Belluno-Borgo Piave. Giovedì 16: Incontro in preparazione agli EVO. Venerdì 24 – Domenica 26: all’OASI, weekend di formazione dell’Assoiazione Dottor Clown. Sabato 25 – domenica 26: due giorni per i giovanissimi di Padernello. 3 agosto 2013. Il gruppo dei diaconi permanenti di Vittorio Veneto al termine degli Esercizi Spirituali, insieme ad alcune mogli. La vita del Centro Papa Luciani sr. Manuela Accamilesi Incontri Spirituali Giovedì 30: Consiglio presbiterale di Belluno-Feltre. GIUGNO Sabato 1 – domenica 2: All’Oasi: Piccolo Coro “La Goccia” di Vimercate. Al Centro: Piccolo Coro di Pizzighettone. Entrambi hanno partecipato a “Corinfesta” a Longarone nel 50° della tragedia del Vajont. Domenica 2: Incontro del gruppo famiglie di Asolo. Incontro del Movimento Confortano. Ritiro per cresimandi e genitori di Trichina. Lunedì 3 – giovedì 6: Corso residenziale per i sacerdoti di Vittorio Veneto. Domenica 9: Ritiro per i volontari del Movimento dei Focolari. Ritiro per la preghiera di effusione dei gruppi del Rinnovamento 25 aprile 2013. I chierichetti muovono in processione dall’Oasi Bethlehem verso l’anfiteatro. nello Spirito. Incontro mensile di “Incontro matrimoniale”. Martedì 11: Giornata per malati di Altzheimer organizzata dall’Associazione “Amici di Ottorino”. Giovedì 13 – domenica 16: Soggiorno dei gruppi partecipanti alle manifestazioni di “Natura a cavallo”. Lunedì 17 - sabato 22: All’Oasi, campo estivo delle parrocchie di Spercenigo e Rovarè (TV). Martedì 18 – giovedì 20: Convegno del clero di BellunoFeltre. Venerdì 21 – lunedì 24: Soggiorno del Coro “Iriri” di Barcellona (SP). Martedì 25 - sabato 29: Esercizi spirituali dei diaconi permanenti di Venezia. Mercoledì 26: Uscita della parrocchia di Quarto d’Altino. Domenica 30 – mercoledì 3 luglio: Campo musicale dell’Associazione “Suono in orchestra” di Sanfior (TV). LUGLIO Lunedì 1 – sabato 6: All’Oasi: Campo formativo della seconda media musicale di Volpago del Montello. Giovedì 4 - domenica 7: Campo itinerante sul “Cammino delle Dolomiti” dell’Azione Cattolica adulti della parrocchia S. Cuore di Mandello dell’Ario (LC). Giovedì 4 – martedì 9: Primo campo musicale organizzato dall’Orchestra Suzuki di Oderzo. Martedì 9 – domenica 14: Secondo campo musicale organizzato dall’Orchestra Suzuki di Oderzo. Domenica 14 – mercoledì 31: soggiorno del Cardinale di Bologna Carlo Caffarra. Domenica 14 – domenica 21: All’Oasi: campo estivo della Parrocchia di Cassola (VI). Giovedì 18 – domenica 21: soggiorno della Fisorchestra “Bela pl. Panthy” protagonista del 18° Festival Internazionale della Fisarmonica. AGOSTO Sabato 3 – lunedì 5: Giornate di ritiro dell’Unione eucaristica Lunedì 5 – venerdì 9: Esperienza spirituale per giovani promossa dal Centro. Domenica 4 – domenica 11: All’Oasi: Vacanze di Branco degli Scout AGESCI di Salzano. Giovedì 8 - sabato 10: Terzo campo musicale organizzato dall’Orchestra Suzuki di Oderzo. Domenica 11 – mercoledì 14: campo musicale organizzato dall’Accademia ArteViva di Rossano Veneto. Domenica 11 – domenica 18: All’Oasi: Campo estivo dell’ACR del Vicariato di Noale. Domenica 18 – domenica 25: All’Oasi: Campo estivo della parrocchia di Pove del Grappa (VI). Lunedì 19 – sabato 24: Campo di formazione della Pastorale familiare di Vittorio Veneto. Martedì 20 – domenica 25: Esercizi Spirituali dell’Associazione “La Missione”. Sabato 24 – domenica 25: Ritiro del gruppo di Rinnovamento nello Spirito di Bassano. Domenica 25 - sabato 31: Vacanze in musica per gli allievi delle scuole musicali del Veneto. Venerdì 30 – domenica 1 settembre: All’Oasi, ritiro dei cresimandi della parrocchia di s.ta Maria Maggiore in Treviso. ro cresimandi delle parrocchie di Cavaso e Possano. Lunedì 9 – giovedì 12: Esercizi Spirituali delle donne della parrocchia di san Giobbe in Venezia. Lunedì 9: Ritiro cresimandi di Sospirolo. Venerdì 13 - domenica 15: Weekend sposi, organizzato da Incontro Matrimoniale. Domenica 15: Ritiro per i cresimandi e genitori della parrocchia di s. Matteo in Camalò (TV). Mercoledì 18 – venerdì 20: All’Oasi: Giornate pedagogiche per la prima media del Collegio Balbi di Pieve di Soligo (TV). Mercoledì 18 - giovedì 19: Giornate di programmazione per i sacerdoti della forania di Mel (BL). Giovedì 19 – domenica 22: Esercizi Spirituali delle Suore Pastorelle di Feltre. Giovedì 19 – venerdì 20: corso di formazione del Dipartimento Servizio Tossico-dipendenze di Belluno. Mercoledì 25 – venerdì 27: All’Oasi: Giornate pedagogiche per la seconda media del Collegio Balbi di Pieve di Soligo (TV). Venerdì 27: Incontro della Cooperativa sociale “Porta Aperta” di Feltre. Sabato 28 – domenica 29: Ritiro dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito della diocesi di Vicenza. Sabato 28: Riunione dell’Associazione S. Vincenzo de Paoli di Belluno-Feltre. Ritiro per le catechiste di San Gregorio nelle Alpi. Domenica 29: Ritiro dei cresimandi di Belluno-Borgo Piave. SETTEMBRE Domenica 1 - sabato 7: Campo musicale organizzato dall’ Associazione “I Polli(ci)ni” di Padova.. Martedì 3 – venerdì 6: All’Oasi: campo cresimandi della parrocchia del Duomo di Feltre. Sabato 7 – domenica 8: Riti- La comunità del Centro affida a Dio nella preghiera le persone incontrate e le esperienze vissute. Per intercessione di Papa Luciani, il Signore doni a ciascuno la grazia di vivere il quotidiano in comunione con Lui e con gli altri. Domenica 21 – domenica 4: All’Oasi: campi estivi della Parrocchia di Alano di Piave (BL). Martedì 30 - sabato 3 agosto: Esercizi spirituali dei diaconi permanenti di Vittorio Veneto. La vita del Centro Papa Luciani La rassegna culturale “Illustrissimi” nel secondo trimestre 2013 Michelangelo De Donà Cinque incontri tra Chiesa, società, economia e cinematografia, musica e pittura ❱❱❱ Venerdì 5 aprile l’incontro con mons. Domenico Mogavero, vescovo della diocesi di Mazara del Vallo e commissario della CEI per l’immigrazione, che ha presentato il libro “La Chiesa che non tace” (edizioni BUR). Mons. Mogavero è il vescovo che dalla Sicilia solleva un grido di protesta contro l’intollerabile situazione dei migranti, abbandonati sulle coste italiane in condizioni di tragica miseria. Ma questa è soltanto l’ultima delle sue battaglie. Da sempre infatti, fin dagli inizi del suo magistero, monsignor Mogavero si batte per i diritti degli ultimi, contro gli errori del Vaticano e la moralità di chi ci governa. Dall’impegno al fianco del cardinale Ruini alla presidenza del consiglio della Cei per gli affari giuridici, dall’attività presso il tribunale ecclesiastico alla nomina di vescovo della diocesi di Mazara del Vallo, territorio di frontiera alle porte dell’Islam, qualunque fosse il ruolo ricoperto, monsignor Mogavero si è sempre rivolto al cuore 5 aprile 2013 S.E. Mons. Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo, presenta il suo libro: “La Chiesa che non tace”. delle persone, alla sua parte più combattiva e assetata di giustizia. Le sue parole si stagliano sopra il coro degli epigoni, per dare voce a una Chiesa diversa, la Chiesa che non tace. ❱❱❱ “Note cinematografiche” il titolo della splendida serata offerta il 13 aprile dal m.° Adriano Bassi: la storia della colonna sonora da film raccontata e suonata al pianoforte. Il m.° Bassi è direttore artistico dell’Associazione Pietro Mongini e ha fondato l’Orchestra “Ludwig van Beethoven” di Milano. 13 aprile 2013. Il Maestro Adriano Bassi spega e suona la musica da film. ❱❱❱ Nuovo appuntamento sabato 11 maggio con il critico d’arte Mario Dal Bello che ha presentato il libro “Tintoretto. Le visioni” (Libreria Editrice Vaticana) con la proiezione e la spiegazione dei dipinti, mentre l’attore della fiction “Un medico in famiglia” Giorgio Marchesi ha proposto la lettura di alcuni brani. Numerosi i dipinti in questo raffinato libro di Mario Dal Bello, che indaga l’epopea artistica del Tintoretto, pittore veneziano del Cinquecento (1519-1594), animato da “un accento già romantico di sogni e visioni (…) che lo fanno sentire moderno, contemporaneo in quella voracità di immagini, nella tempesta di emozioni che non lascia nessuno indifferente”. I capolavori di Tintoretto sono stati suddivisi in varie sezioni: le storie sacre e profane, i temi mitologici, la ritrattistica, la pittura sacra. Segue una selezione di dipinti in ordine cronologico, e ciascuna delle opere scelte è accompagnata da una scheda approfondita che ne illustra significato, dettagli artistici e curiosità. ❱❱❱ Il Centro Papa Luciani, in collaborazione con la scuola di giurisprudenza dell’Università degli studi di Padova, il 16 maggio ha promosso l’incontro dal titolo “La libertà religiosa tra Stato e Chiesa” con gli interventi dell’arcivescovo mons. Agostino Marchetto, già nunzio apostolico e segretario del pontificio consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti che ha approfondito il tema “La libertà religiosa a partire dal Concilio Vaticano II” e del dott. Daniele Trabucco, ricercatore universitario che ha parlato su “Libertà religiosa e pluralismo nella Costituzione italiana”. La stessa iniziativa, con un’ulteriore relazione sull’Editto di Milano tenuta del prof. Fabio Marino, docente presso l’Università di Padova, è stata Incontri Culturali proposta alla Fondazione Laurentianum di Mestre. ❱❱❱ Il primo giugno la ripresa di uno dei filoni tematici che hanno caratterizzato fin dall’inizio l’attenzione della rassegna, quelli sui rapporti tra economia, etica e globalizzazione. Il prof. Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dell’Istituto Opere di Religione dal 2009 al 2012, ha tenuto una conferenza dal titolo “Crisi economica nella lettura della Caritas in Veritate”. Il suo obiettivo è stato quello di “leggere” i fatti economici non in chiave morale, bensì in un’ottica economica coerente con il Magistero sociale. L’autore si è soffermato sulla crisi finanziaria ed economica, sul riferimento alla dottrina sociale della chiesa, sull’attenzione ai temi della famiglia quale fattore di sviluppo economico, sulla fiducia profonda nel mercato quale sistema di regolazione equa dell’economia. Il prof. Ettore Gotti Tedeschi. La vita del Centro Papa Luciani Michelangelo De Donà Incontri Culturali Impegnativa ma con soddisfazione per gli organizzatori e apprezzamento per i partecipanti la seconda edizione della cerimonia di consegna del premio “Giovanni Paolo I” tenutasi il 14 giugno. I riconoscimenti sono stati assegnati in base a quattro sezioni: Sezione: personalità ecclesiastiche S.E. CARD. JULIAN HERRANZ CASADO Il Cardinale Julián Herranz, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Presidente emerito della Commissione Disciplinare della Curia Romana. Per ventidue anni ha vissuto accanto al Fondatore dell’Opus Dei, san Josemaría La consegna del premio “Giovanni Paolo I” a giugno Premiate 5 personalità tra Chiesa, giornalismo, musica e sport Escrivá de Balaguer, che ha avuto una influenza decisiva nella sua vita. Fu Presidente del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi fino al 15 febbraio 2007e della Commissione Disciplinare della Curia Romana, fino all’ 11 maggio 2010. Benedetto XVI lo ha nominato presidente della Commissione d’inchiesta sul caso “Vatileaks”. Da Giovanni Paolo II fu creato Cardinale nel Concistoro del 21 ottobre 2003. Sezione: giornalismo E COMUNICAZIONE JOAQUIN NAVARRO VALLS Si è laureato in Medicina e Chirurgia nel 1961 e ha seguito i corsi per il Dottorato in Psichiatria col tema “Trastornos psiquiátricos en los traumas craneales”. È stato aiutante nella Facoltà di Medicina. Nel 1968 si è laureato in Giornalismo e nel 1980 ha ottenuto la Laurea in Scienze della Comunicazione. Corrispondente all’este- ro di Nuestro Tempo (1972). Dal 1977 al 1984 è stato corrispondente all’estero per l’Italia ed il Mediterraneo Orientale (Egitto, Grecia, Israele, Algeria, Turchia) del quotidiano di Madrid ABC. Inviato speciale nei paesi dell’Africa Equatoriale, in Giappone e nelle Filippine. Membro del Consiglio Direttivo della Stampa Estera in Italia (1979) è stato poi eletto Presidente dell’Associazione della Stampa Estera in Italia (1983 e 1984). Dal 1984 al 2006 è stato Direttore della Sala Stampa della Santa Sede. È autore del libro “A passo d’uomo: ricordi, incontri e riflessioni tra storia e attualità” (Mondadori). Sezione: musica STEFANO MAINETTI Compositore. Stefano Mainetti è uno dei due compositori che ha realizzato il CD “Abbà Pater” nel quale la voce e il canto del Santo Padre si miscelano con mu- 1 giugno 2013. Le personalità che hanno ricevuto il premio “Giovanni Paolo I”. Iniziando da sinistra vediamo: Rossella Ruini, Julian Card. Herranz,, Joaquin Navarro Valls, Stefano Mainetti e Damiano Tomasi. (Foto Zuel) siche originali. Dal 2007 al 2009 compone e dirige le musiche per “The word of promise” imponente audio dramma della Bibbia in 79 cd, interpretato da 5 premi Oscar e le voci di altri 600 attori americani. È uno dei compositori del cd “Alma Mater” progetto del Vaticano, prodotto nel 2009 dalla Geffen Records e realizzato dalla Royal Philarmonic Orchestra insieme al coro del Vaticano. Il cd ha avuto la Nomination come “Album of the year” ai Classic Brit awards. Nel 2011 è compositore e produttore di “Tu es Christus”, cd della Sony Music per la beatificazione di Papa Wojtyla, album che vede la partecipazione di vari artisti internazionali tra cui Andrea Bocelli e Placido Domingo. Sezione: musica ROSSELLA RUINI Soprano lirico, da sempre interessata alle multiformi sfaccettature della ricerca vocale, la sua esperienza artistica spazia dal pop al jazz alla musica polifonica per approdare al repertorio operistico, campo in cui sta attualmente impegnando tutte le sue energie. Dal 2008 collabora in modo esclusivo, in veste di cantante e consulente artistica, per l’ensemble DIV4S, col quale ha la possibilità di proporre concerti in tutto il mondo, e duettare con grandi artisti, da Andrea Bocelli, a Michael Bolton, a Josè Carreras. Del 2011 è l’album “Opera”. Ha cantato in mondovisione in occasione La vita del Centro Papa Luciani Michelangelo De Donà Incontri Culturali 1 giugno 2013. Un momento della consegna del premio “Giovanni Paolo I” del Giubileo Universale della Chiesa Cattolica. È ideatrice e fondatrice di ART OF VOICE Musica. Le qualità canore di Rossella Ruini, con l’accompagnamento al pianoforte del m.° Carlo De Battista, sono state particolarmente apprezzate dal pubblico. Sezione: sport DAMIANO TOMASI Damiano Tommasi, nato a Negrar (Verona) nel 1974, è sposato con Chiara dal 1996 e insieme hanno 5 bambini. Calciatore professionista dal 1994 al 2009. Ha militato nell’Hellas Verona, nella Roma, nel Levante (Spagna), nel Queens Park Rangers (Inghilterra) e nel Tianjin Teda (Cina). Ha giocato 25 partite con la Nazio- nale italiana e da novembre 2009 gioca con la squadra dilettante del suo paese natale, il S. Anna D’ Alfaedo (Verona). Dal 9 Maggio 2011 ricopre il ruolo di Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori. L’iniziativa è stata resa possibile grazie al sostegno di Regione Veneto - RetEventi La rassegna culturale “Illustrissimi” durante l’estate 2013 Le testimonianze-concerto con frate Alessandro e il tenore Voleri Il 13 luglio è stato proposto al pubblico bellunese un incontro-concerto e la presentazione del libro “La mia vita, la mia musica” (Edizioni Porziuncola) di Frate Alessandro, con la partecipazione della Schola Cantorum di Santa Giustina e della Daphne Chamber Orchestra, direttore il m.° Fabrizio Da Ros. La manifestazione prevista nella splendida cornice dell’anfiteatro è stata spostata, proprio pochi minuti prima dell’inizio, in sala “mons. Perotto” a causa di un temporale. 13 luglio 2013. Frate Alessandro esegue alcuni canti durante il concerto testimonianza. Frate Alessandro Brustenghi è un giovane tenore lirico che vive alla Porziuncola. Per una serie di coincidenze, è stato messo sotto contratto da Mike Hedges - produttore degli U2 - per la realizzazione di un disco di arie sacre che la Decca ha pubblicato nello scorso autunno. Questo libro raccoglie una lunga intervista con frate Alessandro in cui, dalla sua viva voce, veniamo a conoscere le tappe fondamentali di un originale percorso umano, spirituale e artistico. Arricchito da mille aneddoti, 2013 - Provincia di Belluno, Consorzio Bim Piave, Comune di Santa Giustina. Si ringraziano inoltre gli sponsor LATTEBUSCHE, RENAULT DAL PONT e per la collaborazione FIORERIA FANTASIA e FOTO ZUEL di Santa Giustina; LOCANDA BAITA A L’ARTE di San Gregorio Nelle Alpi, PARK HOTEL VILLA CARPENADA e AUDIOGRUPPO di Belluno. ricordi ed episodi di vita, il volume può essere considerato la prima biografia di un personaggio che farà sicuramente parlare di sé. Alessandro stava cantando in una piccola chiesa nel 2011, quando gli fu chiesto di fare un’audizione discografica. L’impresario fu molto colpito e portò la sua scoperta alla Decca Records, dove furono ugualmente impressionati dal frate titubante con la voce miracolosa. Scoprirono che era un tenore straordinario, dalla voce vellutata e calda. Ed è diventato il primo frate a firmare un contratto con una grande etichetta discografica, la Universal Music Group. «Ero spaventato dalla dimensione di questo progetto, ma sentii anche che tutto questo era accadu- La vita del Centro Papa Luciani Michelangelo De Donà Incontri Culturali to per un motivo, forse una missione, forse attraverso Dio. Non mi piacciono molto la popolarità, le telecamere o i giornalisti, e il denaro verrà ovviamente destinato alle attività dell’Ordine dei Frati Minori. Abbiamo deciso con il produttore, Mike Hedges, di incidere un album di canti religiosi popolari con alcune canzoni speciali di San Francesco. Ci sono poesie scritte e musicate da lui che sto cercando di ricostruire». Mike Hedges, produttore noto per il suo lavoro con U2, Manic Street, Preachers e The Cure, ha percepito la forza dell’amore e della bellezza nella voce di Alessandro. L’album che hanno inciso, The Voice from Assisi, registrato negli storici studi di Abbey Road, è pieno di passione, storia e soul. L’iniziativa è stata resa possibile grazie al sostegno di Regione Veneto-RetEventi 2013 - Provincia di Belluno, Consorzio Bim Piave, Comune di Santa Giustina, associazione pro-auditorium e di sponsor privati (Renault Dal Pont, La Briciola, Fioreria Fantasia e Foto Zuel di Santa Giustina; Audiogruppo e Colorpoints di Belluno). ❱❱❱ Il 5 agosto a Col Cumano è giunto invece Marco Voleri, tenore, per parlare del suo libro “Sintomi di felicità. La mia passione per il canto contro la malattia” (Sperling & Kupfer). Marco Voleri (Pisa, 1975) si è diplomato al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dove ha frequentato in seguito l’Accademia del Teatro alla Scala e l’Accademia Lirica del Rotary International. Nel 2011 ha conseguito la laurea specialistica in Canto lirico presso il Conservatorio Giacomo Puccini di La Spezia. È stato interprete di oltre quaranta ruoli operistici in Italia e all’estero e numerosi programmi concertistici con vari repertori. Ha inciso per Kicco Music, AFI, Realsound, Naxos. Nel 2009, a quasi tre anni di distanza dalla prima manifestazione della malattia, gli è stata diagnosticata definitivamente la sclerosi multipla. Meno di due anni più tardi è riuscito a riprendere a tempo pieno l’impegno artistico. All’inizio è stato un formicolio nella parte destra del corpo: al viso, alla mano e alla gamba, diventata così pesante da costringerlo a trascinarla. Poi una strana stanchezza, qualche difficoltà nel mantenere l’equilibrio. Sintomi non ben definiti, che solo dopo molti mesi dalla loro comparsa sono stati attribuiti con sicurezza alla sclerosi multipla. Quando scopre di essere malato, Marco ha trent’anni e una carriera da tenore appena iniziata. Divide le sue giornate fra lo studio, le audizioni, i concerti, le prove, i viaggi. Una vita densa di impegni e promesse che viene improvvisamente e bruscamente fermata. Cosa fare delle lezioni e delle serate programmate, dei progetti artistici che si stavano definendo? Sarà ancora possibile cantare? E per quanto tempo? I dubbi si intrecciano allo sconforto, alla rabbia, alla paura. Ma, anche se la crisi è profonda, la passione per il canto, la musica, il teatro è più forte. Marco decide di andare avanti e di tenere segreta quella nuova, scomoda compagna destinata a restare con lui per sempre. Le cure hanno portato altri malesseri da sopportare e controllare, ma oggi, in mezzo a febbre, debolezza ed emicrania, sono comparsi nuovi segnali da interpretare: una consapevolezza diversa dei propri desideri; una motivazione più solida a realizzare i sogni; la capacità di godersi il tempo e gli affetti. Sintomi, probabilmente, di felicità. Con questo libro il giovane tenore ha deciso di rivelare la sua malattia. Pur sapendo che questa scelta potrebbe mettere a rischio la sua carriera, non vuole rinunciare ad affermare che la sclerosi multipla e una vita vissuta pienamente non sono incompatibili. Ai partecipanti Voleri, accompagnato al pianoforte dal m.° Carlo De Battista, ha voluto proporre anche un breve momento musicale. Sede: Centro Papa Luciani, Via col Cumano, 1 32035 Santa Giustina (BL) Tel. 0437.858324 • Fax 0437.857105 www.papaluciani.it/humilitas.html email: [email protected] Adesione: offerta libera tramite C.C.P.: n. 10290328 IBAN: IT59 P076 0111 9000 0001 0290 328 (dall’estero) BIC/SWIFT: BPPIITRRXXX Direttore responsabile: Mario Carlin Segretario di redazione: Francesco De Luca 13 luglio 2013. La Daphne Chamber Orchestra e la Schola Cantorum di S.ta Giustina dirette dal m° Fabrizio Da Ros. Hanno collaborato: Francesco Taffarel, Francesco De Luca, Cesare Vazza, Stefania Falasco, Antonio Bartoloni, Pietro Parolin, Licio Boldrin, Laura Busin, Daniele Trabucco, Manuela Accamilesi, Michelangelo De Donà.