IL GIORNALE DEL REVISORE - Istituto Nazionale Revisori Legali
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IL GIORNALE DEL REVISORE - Istituto Nazionale Revisori Legali
S O IL GIORNALE DEL REVISORE DIRETTORE HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO Francesco Arcadio, Gaetano Carnessale, Giuseppe Castronovo, Alberto Cioni, Michele Del Castello, Francesco Magrini, Michele Simone, Francesco Vegni, Eugenio Vitello, Attilio Zifaro EDITORE Istituto Nazionale Revisori Contabili Via Zuretti, 39 - 20125 Milano REDAZIONE Via Zuretti, 39 - 20125 Milano Tel. 02/67.38.311 r.a. Fax 02/67.38.31.26 - 02/67.38.31.24 E-mail: [email protected] PUBBLICITÀ Istituto Nazionale Revisori Contabili STAMPA Arti Grafiche Amilcare Pizzi SpA Via Amilcare Pizzi, 14 20092 Cinisello Balsamo (Mi) Registrazione Tribunale di Milano n. 9 del 15 gennaio 2001 I O È LA LEGGE CHE DETERMINA LA FIGURA DEL REVISORE Modesto Bertolli 5 VISTO PESANTE: “ASSICURAZIONI E SANZIONI” 6 DECRETO LEGISLATIVO N. 74/2000: “OPPORTUNO QUALCHE RITOCCO” Michele Del Castello 8 SENTENZE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE: “TEMPI PER L’APPELLO” Francesco Arcadio 9 RICONOSCIUTA LA RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE Francesco Magrini Editoriale 14 DAI PARAMETRI AGLI STUDI DI SETTORE Eugenio Vitello 15 SEMPLIFICAZIONI: “AVANTI TUTTA!” Michele Simone 19 INUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE Attilio Zifaro 28 CONSORZI AGRARI PROVINCIALI IN LIQUIDAZIONE C. A. CON ESERCIZIO PROVVISORIO: «CALCOLO DELL’IRAP» Gaetano Carnessale 30 LETTERE a cura della redazione 32 IMPEGNO DEI DELEGATI SULLA FORMAZIONE PROFESSIONALE a cura della Segreteria generale 34 I QUESITI DEI LETTORI a cura dell’I.N.R.C. 38 CREDITO D’IMPOSTA SUI DIVIDENDI DA SOCIETÀ PARTECIPATE Francesco Vegni 40 L’UNIONE E FUSIONE DI COMUNI Attilio Zifaro 43 RIORDINO DEGLI ORGANISMI COLLEGIALI TECNICI Giuseppe Castronovo 45 SPECIALE a cura del Centro Studi Enti Locali ART DIRECTOR Laura Arcari IMPAGINAZIONE Kappadue srl R 3 SCIENTIFICO Antonino Mirone, Mario Tonucci, Antonio Preto, Ernesto Currili, Angelo Deiana, Michele del Castello, Alberto Cioni, Nicola Tonveronachi A IL GIORNALE DEL REVISORE DI REDAZIONE Virgilio Baresi, Agostino Basso, Gianluigi Bertolli, Modesto Bertolli, Andrea Boreatti, Gaetano Carnessale, Giovanni Battista De Muzio, Paolo Fontana, Giandomenico Genta, Andrea Mastroianni, Santino Mazzilli, Antonio Mirone, Massimo Pollini, Ubaldo Procaccini, Giuseppe Sanfilippo, Gaetano Scognamiglio, Michele Simone, Mario Tonucci COMITATO M GR RESPONSABILE Enrico Sassoon COMITATO M Inserto Lettere NUOVA SERIE ANNO XXVI - NUMERO 2 Spedizione in abb. post. 45% - Art. 2 Comma 20/B legge 662/96 - Milano La redazione si riserva di modificare e abbreviare i testi originali. Gli articoli firmati rispecchiano il pensiero degli autori. Studi, servizi e articoli de “Il Giornale del Revisore” possono essere riprodotti purché ne sia citata la fonte. ISTRUZIONI PER GLI AUTORI I lavori non devono superare le 11.600 battute. I lavori dovranno essere inviati alla redazione di Milano: Via Zuretti, 39 preferibilmente per e-mail utilizzando un formato Word per Windows (MS-DOS o Macintosh) a questo indirizzo: [email protected] GARANZIA DI RISERVATEZZA Il trattamento dei dati personali che riguardano il destinatario viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla legge 675/96 sulla tutela dei dati personali. Il trattamento dei dati è effettuato al fine di aggiornare il destinatario su iniziative e offerte dell’editore. I dati non saranno comunicati o diffusi a terzi e per essi il destinatario potrà richiedere, in qualsiasi momento, la modifica o la cancellazione. 1 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 Notizie associative Il parere dell’esperto Enti locali Il revisore negli Enti locali IL GIORNALE DEL REVISORE CONVENZIONI ASSICURATIVE 2002 R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI L’Istituto Nazionale Revisori Contabili e il gruppo SAI - compagnia Azzurra Assicurazioni per il tramite di B&S Insurance Brokers & Services - hanno stipulato una convenzione in esclusiva per tutti i Revisori Contabili a condizioni vantaggiosissime ed appositamente scontate per i Revisori. Possono aderire: Revisori in attività e in pensione, coniugi, figli, dipendenti/collaboratori dello studio Per aderire: (preventivi ed emissione contratti) Call Center dedicato numero verde 800.996.690 dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00 R.C. PROFESSIONALE Rimane in vigore anche per il 2002 l’accordo con i Lloyd’s per la copertura dei rischi professionali a condizioni invariate Rischi assicurati: TUTTI i rischi professionali Per aderire: rivolgersi agli uffici B&S (in calce) COPERTURE INFORTUNI, SANITARIE, VITA A condizioni estremamente favorevoli per tutti i Revisori in attività ed in pensione, familiari, dipendenti e collaboratori Rischi assicurati: Morte, invalidità permanente, invalidità permanente da malattia, invalidità temporanea, diaria da infortunio e malattia, spese mediche, vita puro rischio Assicuratori: Chubb, Lloyd’s Per aderire: rivolgersi agli uffici B&S (in calce) UFFICI DEL GRUPPO B&S IN ITALIA MILANO Via Turati, 38 20121 Tel. 02.65 55 754 Fax 02.65 99 941 e-mail: [email protected] PADOVA P.zza De Gasperi, 12 35131 Tel. 049.87 50 990 Fax 049.87 50 974 e-mail: [email protected] UDINE Via Maniago, 2 33100 Tel. 0432.47 04 57 Fax 0432.47 95 29 e-mail: [email protected] GENOVA Via S. Luca,12/54 16124 Tel. 010.24 72 488 Fax 010.24 72 514 e-mail: [email protected] MARINA DI CARRARA V.le da Verrazzano,13 54036 Tel. 0585.63 11 14 Fax 0585.63 41 21 e-mail: [email protected] ROMA Via F. Mengotti, 45 00191 Tel. 06.32 97 654 Fax 06.32 97 769 e-mail: [email protected] UFFICIO CORRISPONDENTE: BROLO (Me) • 98061 Via Mazzini, 4 • Tel. 0941.56 25 27 • Fax 0941.56 25 28 • e-mail: [email protected] E D I T O R I A L E È la legge che determina la figura del Revisore Nella mia qualità di Ragioniere Collegiato sono spesso e volentieri tacciato di essere un “fedifrago” solo ed unicamente perché difendo la “Figura del Revisore Contabile” nella sua essenza giuridica senza distinzione tra Revisori contabili iscritti o meno ad ordini e categorie professionali aggiunte “legalmente riconosciute”. La circostanza mi disturba non poco perché si scontra con il mio carattere di professionista aperto al mondo delle libere professioni e sinceramente disposto alla più solidale comprensione e collaborazione con il libero pensatore. Il mio atteggiamento, quindi, non è dovuto alla circostanza che io rivesta la carica di Presidente Nazionale dell’Istituto Revisori Contabili ma all’interpretazione rigorosa di leggi dello Stato imposte oltretutto all’Italia da una direttiva comunitaria. E per chiarire una volta per tutte come si diventa Revisore Contabile ricordo che i requisiti necessari sono: a) diploma di laurea in materie economiche; b)tre anni di praticantato; c) esami di Stato gestiti dal Ministero della Giustizia. Le materie d’esame indicate dalla legge istitutiva del Revisore Contabile (art.4 del Dl 27 gennaio 1992 n. 88) recita testualmente: art.4 - Esame per l’iscrizione nel Registro: L’esame previsto dall’art. 3 consiste in prove scritte e orali diret- te all’accertamento delle conoscenze teoriche del candidato e della sua capacità di applicarle praticamente, nelle materie che seguono: a) contabilità generale; b) contabilità analitica e di gestione; c) disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati; d) controllo della contabilità e dei bilanci; e) diritto civile e commerciale; f) diritto fallimentare; g) diritto tributario; h) diritto del lavoro e della previdenza sociale; i) sistemi di informazione e informativa; l) economia politica e aziendale e principi fondamentali di gestione finanziaria; m) matematica e statistica. Ora io sfido chicchessia a sostenere che il Revisore Contabile non abbia il diritto di esercitare le attività previste per le categorie... “legalmente riconosciute”. Ma vi è di più: la vecchia normativa per l’iscrizione agli Ordini dei Dottori e Ragionieri non consentiva l’automatica iscrizione dei promossi agli ordini anche al Registro dei Revisori Contabili tanto è vero che erano imposti esami integrativi per acquisire il diritto ad accedervi. Tant’è vero che le due categorie professionali, Dottori e Ragionieri, per superare l’inconveniente sono ricorsi alla adozione delle materie 3 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 d’esame di cui all’art. 4 sopra richiamato, trasferendo altresì le sedi d’esame presso le università. Che ci piaccia o meno questa è la sostanza della norma vigente, per cui mi domando che senso abbia lo sventolio di esclusive che non ci sono e soprattutto prendersela con lo scrivente perché evidenzia con doverosa imparzialità la normativa che ha istituito il “Revisore Contabile” nel nostro Paese. Io non ho niente contro gli “Ordini” (tant’è che continuo ad esservi iscritto), ma li ritengo solo organismi superati dall’evolversi di una società moderna, libera, democratica, civile che non ha più bisogno… di possedere “pedigree” per essere riconosciuta. Il Revisore Contabile quindi (e sia detto una volta per tutte) è e resta un professionista al pari di chicchessia perché lo dice la legge istitutiva e decine di sentenze di Corti d’Appello della Repubblica Italiana per cui riconoscerne la presenza sarebbe oltretutto dimostrazione di imparzialità e di intelligenza. Al bisogno però di tutte queste mortali considerazioni io continuerò da buon cittadino a rispettare le regole del gioco, a credere nella capacità dell’essere umano, nella onestà, intelligenza, spirito di solidarietà, utilità di propositi, senza i quali non si avrà mai un mondo giusto e vivibile. Modesto Bertolli IL GIORNALE DEL REVISORE RAPPRESENTANZA TRIBUTARIA ANCHE AI REVISORI Mi auguro ricordiate tutti, per essere stato argomento di larga considerazione, quale evidente anomalia il caso in sé rappresentava. Infatti si trattava di due decreti legislativi ambedue datati 31.12.1992 portanti i numeri progressivi 545 e 546. Il decreto n.545, portante l’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria elenca tra i soggetti abilitati alla formazione delle commissioni tributarie giudicanti i Revisori Contabili considerati idonei a ricoprire l’alto incarico di componenti delle commissioni stesse. Il D.L. n. 546 che stabilisce invece l’assistenza tecnica nanti le Commissioni giudicanti per cui all’art. 12 elenca le categorie autorizzate a rappresentare il contribuente nanti le Commissioni stesse. In questo articolo, il Revisore Contabile viene clamorosamente dimenticato. È evidente il voluto “errore di sbaglio” perche non si può sostenere l’esistenza della capacità di un soggetto a giudicare e non quella invece a difendere sugli stessi specifici argomenti tecnico-professionali. Orbene sono pressoché due lustri che tentiamo di porre fine ad una simile ingiustizia per cui ci auguriamo sia giunta la volta buona. Infatti in data 7 maggio la Camera ha approvato l’inserimento dei Revisori Contabili tra le categorie autorizzate a rappresentare il contribuente nanti le Commissioni tributarie. Di questo successo va il nostro piu sentito riconoscente ringraziamento all’On.le Daniele Molgora vice Ministro alla Economia e Finanza; all’On.le Sergio Rossi componente la commissione finanza Camera dei Deputati; all’On.le Emanuele Falsitta presidente commissione finanza Camera dei Deputati. A loro va un grazie da parte non solo nostra, ma di tutti i Revisori Contabili italiani. Non posso fare a meno infine di ricordare la lodevole tenace dedizione del nostro Segretario Generale amico Virgilio Baresi, regista abile, attento e generoso che ha saputo dedicare all’importante, oltre che delicato problema, tutte quelle attenzioni tipiche di chi, conscio del suo ruolo, non tollera ostacoli sul proprio cammino. Grazie Virgilio a nome mio e di tutti i Revisori italiani, anche perché la gratitudine non resti un mito. Tu non sei solo un Segretario Generale, capace, efficiente e coscienzioso, ma un amico generoso che ha buttato nella mischia anche il patrimonio delle personali conoscenze al servizio di una comunità nella quale tu credi in costante progressiva affermazione tanto da incutere rispetto ed, ahimè, qualche gelosia da parte di concorrenti poco lungimiranti. Il Presidente Modesto Bertolli VISTO PESANTE: «ASSICURAZIONI E SANZIONI» a vendo rilevato che esistono ancora molti dubbi ed incertezze al riguardo, anche fra gli addetti ai lavori, penso valga la pena di ritornare in argomento. La riforma del sistema sanzionatorio tributario amministrativo entrato in vigore il 1° aprile 1998 a seguito dei Dlgs n. 471, 472, 473/97 e n. 203 del 5 giugno ’98 e successive modifiche ha comportato una vera e propria rivoluzione in materia avendo fra l’altro introdotto una serie di importanti principi che non staremo qui a richiamare se non per quanto concerne il principio della personalizzazione della sanzione. In forza di tale principio la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione. Tutta la riforma è mutuata essenzialmente dai principi base del Codice penale dal che ne deriva in particolare che “sanzione personale” significa non trasmissibile agli eredi ma anche in generale non trasmissibile a terzi e quindi neanche al sistema assicurativo. Quindi per la persona fisica le sanzioni tributarie NON sono assicurabili. Il contratto assicurativo che prevedesse quanto sopra avrebbe una causa illecita per contrarietà all’ordine pubblico ex art. 1343 Le sanzioni tributarie nei confronti della persona fisica non sono assicurabili, mentre è possibile assicurare i danni arrecati dal certificatore C. C. e quindi sarebbe nullo in base all’art. 1418 C. C. Avendo tale riforma, ai tempi, generato una specie di sollevazione generale nelle aziende, il legislatore ha pensato di portare in extremis un correttivo prevedendo una deroga al principio di personalizzazione della sanzione, nei soli casi di colpa lieve, consentendo alle aziende che lo desiderino di accollarsi il debito conseguente all’irrogazione della sanzione, nei soli casi di colpa lieve, ed inoltre limitando l’entità massima della sanzione in capo alla persona fisica a Lire 100 milioni. Da qui la possibilità da parte delle aziende, si badi bene, e non dei soggetti fisici destinatari della sanzione, di stipulare coperture assicurative volte ad eliminare il rischio di perdite conseguente all’accollo del debito. Esistono correnti di pensiero, anche autorevoli, che tendono ad esasperare questo concetto so- 5 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 stenendo la totale assicurabilità delle sanzioni anche nei casi di dolo e colpa grave. Personalmente sono di avviso contrario così come lo è anche 1’ISVAP. Con l’introduzione del visto pesante il problema dell’assicurabilità si ripropone. È vero che la legge introduttiva del “visto pesante” prevede la preventiva stipulazione di una copertura assicurativa a “tutela dei danni che il certificatore può arrecare ai clienti”, ma sta proprio in queste parole la conferma ulteriore della non assicurabilità delle sanzioni irrogate direttamente ai certificatori. Ci si domanderà quindi a cosa serve la polizza assicurativa che i certificatori devono obbligatoriamente stipulare. La polizza serve a coprire eventuali danni subiti dai clienti (terzi) che farebbero quindi azione di rivalsa nei confronti dei certificatori. A mio avviso quindi una sanzione irrogata al cliente può essere oggetto di rivalsa verso il certificatore e di conseguenza il relativo danno risultare coperto dalla polizza assicurativa ma, al contrario, una sanzione irrogata direttamente al certificatore non sarebbe coperta dall’assicurazione in virtù del principio di personalizzazione della sanzione non derogato nella fattispecie. ■ IL GIORNALE DEL REVISORE DECRETO LEGISLATIVO N. 74/2000: «OPPORTUNO QUALCHE RITOCCO» f ra poco approveremo i bilanci di esercizio dell’anno 2001; il primo di piena vigenza del Decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000. La nuova “manette agli evasori” reca delle implicazioni particolari che, ovviamente, interessano i Revisori per i loro risvolti penali. Le leggi penali fiscali hanno sempre avuto vita travagliata ed anche al Dlgs n. 74/2000 non sembra sia toccata sorte migliore. Infatti il combinato disposto dell’art. 24 del Dlgs n. 507 del 30 dicembre 1999 (recante l’abrogazione dell’articolo 20 della Legge 7 gennaio 1929 n. 4 – la cosiddetta “pregiudiziale tributaria”) e dell’articolo 25 del Dlgs n. 74/2000 hanno abrogato tutta una serie di fattispecie di reati previsti dalla Legge n. 516/82 con effetti pratici non sempre voluti dal legislatore. Dall’entrata in vigore del Dlgs n. 74/2000, sono molti i Tribunali che, giudicando imputati di reati previsti ai sensi della Legge n. 516/82, hanno emesso sentenze di assoluzione con la formula “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. IL GIORNALE DEL REVISORE Per la mancanza di una soglia minima di punibilità la nuova norma otterrebbe un indesiderato aumento di denunce penali per cifre irrisorie di Michele Del Castello In particolare è l’articolo 1 - 1° comma, lettera d - che è stato oggetto di ripetute “attenzioni” anche da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. La Suprema Corte, con la sentenza n. 9574/2000, ha sottolineato che, in base all’articolo 2 del C.P., “nessuno può essere punito, per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato” e poiché il Dlgs n. 74/2000 non prevede più la fattispecie dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti non si può più condannare chi, di queste, ha fatto uso prima del 15/04/2000. Da ciò si evince che aver registrato in contabilità, negli anni passati, fatture per operazioni inesistenti, anche per svariati miliardi di lire, con 6 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 i vantaggi fiscali conseguenti, non è più un reato né, tanto meno, può determinare una condanna penale. Al contrario il Dlgs n. 74/2000 potrebbe portare alla condanna per la registrazione di fatture inesistenti anche nel caso di importi irrisori e tutto ciò per la mancanza di una soglia minima di punibilità. Difatti gli articoli 2 e 8 si premurano di censurare le fattispecie inerenti le registrazioni di documenti passivi fittizi e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. In entrambi gli articoli al caso generale, e più grave, - punito con la reclusione da un minimo di 1 anno e 6 mesi sino ad un massimo di 6 anni – se ne affianca uno meno grave – punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni. Questa seconda fattispecie ricorre, per entrambi gli articoli, quando l’importo è inferiore a lire 300 milioni. In particolare è opportuno soffermarsi sul periodo “altri documenti per operazioni inesistenti” previsto dal 1° comma dell’articolo 2. Che portata ha tale norma? La relazione di accompagna- mento alla bozza approvata dal Governo e pubblicata su “Il Sole 24 Ore” del 7 gennaio (pagina 15 e seguenti) al paragrafo 2 “Le norme definitorie” reca questa definizione: “La nozione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti… si tratta, cioè, della documentazione attestante operazioni in tutto o in parte prive di riscontro nella realtà, vuoi in senso oggettivo... vuoi in senso soggettivo”. Ebbene: consideriamo il caso di un imprenditore titolare di 2 Società: se una fattura di acquisto, magari dell’importo di poche migliaia di lire, è intestata alla società “A” ma viene registrata, per mero errore contabile, nella contabilità della Società “B” è indubbio che, per la Società “B”, la predetta operazione è da ritenersi, a tutti gli effetti, soggettivamente inesistente. Alla medesima maniera una scheda carburante priva della targa dell’automezzo cui si riferisce o una ricevuta fiscale priva dell’intestazione del soggetto che ha ricevuto la prestazione sono, senza ombra di dubbio, documenti che attestano operazioni passive che vengono registrate in contabilità e che sono detenuti al fine di prova nei confronti del fisco ma che mancano del requisito dell’esistenza soggettiva. In buona sostanza rientrano a pieno nella fattispecie delittuosa prevista dalla nuove legge e, pertanto, basta aver registrato una sola di queste operazioni, magari per cifre irrisorie, e scatta la fattispecie “se l’ammontare... è inferiore a lire trecento milioni”. Se applicata in tale maniera la nuova norma otterrebbe un ef- LA SOLUZIONE AL PROBLEMA È LA INTRODUZIONE DI UNA “SOGLIA” MINIMA DI PUNIBILITÀ AL DISOTTO DELLA QUALE IL FATTO NON VIENE CONSIDERATO PENALMENTE PERSEGUIBILE fetto pratico – maggiore numero di denunce penali per cifre minime e conseguente intasamento dei Tribunali – esattamente contrario a quello che si era prefisso. Né si può pensare che il verificatore fiscale si astenga in tale situazione dal rimettere rapporto penale all’A. G. poiché il suo compito è la rilevazione dei fatti penalmente rilevanti mentre la valutazione dei medesimi è compito esclusivo della Magistratura. In caso diverso sarebbe proprio il verificatore ad incorrere in fattispecie – omissione di atti d’ufficio – penalmente rilevante. La soluzione al problema è una soltanto: occorre introdurre una “soglia” minima di punibilità – come, peraltro, era previsto dalla legge 516 – al di sotto della quale il fatto non viene considerato penalmente rilevante. Inoltre non va sottaciuta la contraddittorietà delle pene previste dalla nuova normativa. Infatti gli articoli 2 e 8 inseriscono una “soglia” – lire 300 milioni – al di sotto della quale il reato è considerato meno grave: – Se i documenti fittizi hanno un importo superiore a detta soglia la pena è la reclusione da un minimo di 1 anno e 6 mesi (nel testo originario 2 anni) ad un massimo di 6 anni; 7 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 – Se l’importo è inferiore a tale soglia la pena è la reclusione da 6 mesi a 2 anni (identica nelle due versioni). Orbene; se due imprenditori A e B vengono, rispettivamente, accusati, processati – ma da due diversi Tribunali – e condannati per essere incorsi nei rigori della nuova legge, A per la cifra di 400 milioni di lire e B per la cifra di 200 milioni di lire di può arrivare a questo paradosso: – “A”, che è incorso nella fattispecie più grave, viene condannato alla reclusione di 1 anno e 8 mesi (nei limiti edittali); – “B”, che è incorso nella fattispecie meno grave, viene condannato alla reclusione di 1 anno e 9 mesi (nei limiti edittali). Tutto ciò è dovuto al fatto che il Legislatore, in sede di conversione della bozza approvata dal Governo, ha diminuito il minimo della pena edittale della fattispecie oltre i 300 milioni di lire portandolo da 2 anni a 1 anno e 6 mesi ma si è dimenticato di abbassare, automaticamente, il massimo della pena edittale della fattispecie sotto i 300 milioni portandolo, a sua volta, da 2 anni a 1 anno e 6 mesi. Anche in questo caso è auspicabile un provvedimento legislativo che corregga “la svista” anche in considerazione della possibile impugnativa di incostituzionalità della norma. Michele Del Castello IL GIORNALE DEL REVISORE SENTENZE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE: «TEMPI PER L’APPELLO» l’ PER LE COMUNICAZIONI RICEVUTE DOPO IL 1° APRILE 1996 IL TERMINE PER APPELLARE È DI UN ANNO E 46 GIORNI DALLA DATA DI PUBBLICAZIONE DELLA SENTENZA IL GIORNALE DEL REVISORE esperienza acquisita quale Giudice Tributario e componente della Commissione Tributaria di Padova mi suggerisce la formulazione del presente appunto, in modo tale che il comune cittadino-contribuente possa venire a conoscenza dell’iter, non certamente semplice, e dei tempi tecnici per interporre appello alle sentenze emesse dalle Commissioni Tributarie Provinciali. Innanzi tutto è da evidenziare che la sentenza delle Commissioni Tributarie Provinciali è resa pubblica, nel testo integrale originale (e cioè sia la parte dispositiva che la parte motiva) mediante deposito nella Segreteria della Commissione stessa che dovrà avvenire entro 30 giorni dalla data della deliberazione. (art. 37, comma 1 del Dlgs n. 546/1992). Evidentemente trattasi di un termine ordinatorio, poiché non è prevista sanzione, in caso di inadempimento e di ritardo. È da rilevare che solo la parte dispositiva (e non quindi la parte motiva) della sentenza, è comunicata alle parti e solamente alle parti che si sono costituite in giudizio, entro 10 giorni dal deposito (art. 37, comma 2 del Dlgs n. 546/1992). In base al rito di cui al Dlgs n. 546/1992 l’iter e i tempi tecnici per interporre appello merita un appunto chiarificatore di Francesco Arcadio Preme qui rilevare che la comunicazione di cui all’art. 37, comma 2 del Decreto Legislativo n. 546/92 non ha alcuna valenza giuridica, poiché dalla sua data non decorre alcun termine (anche il predetto termine di 10 giorni ha natura ordinatoria, poiché non è prevista alcuna sanzione in caso di non osservanza). Il termine per proporre appello nei confronti delle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale è fissato in un anno (art. 327 del c.p.c.) decorrenti dalla sua pubblicazione. Con la sospensione dei termini feriali e cioè dal 1 agosto al 15 settembre, le sentenze vanno appellate ordinariamente entro un anno e 46 giorni dalla loro pubblicazione. La parte che invece vuole accorciare i termini, può usare la seguente procedura: - si fa rilasciare 2 copie autenticate 8 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 della sentenza (è dovuto un diritto di copia unico di Euro 5,16 per ogni atto, anche se composto di più fogli o pagine, in base alla circolare del Ministero di Grazia e Giustizia n. 1/2002 del 26/02/2002). - ne notifica una copia all’altra parte. Poiché nell’art. 38 del Dlgs n. 546/92 non è detto chiaramente che questa notifica può avvenire a norma dell’art. 137 e segg. del c.p.c. è da ritenersi che la notifica debba essere effettuata tramite Ufficiale Giudiziario. A questo punto è da rilevare che la parte che riceve la notifica non ha più il termine lungo (e cioè di un anno e 46 giorni) per formulare appello, ma ha un termine breve e cioè di 60 (sessanta) giorni dalla data della notifica. Se però la notifica avvenisse dopo un anno e 16 giorni dalla pubblicazione della sentenza, la parte che l’ha ricevuta non ha più 60 giorni per formulare appello, ma avrà solo 30 (trenta) giorni. Infatti giammai si può superare il termine di 1 anno e 46 giorni. Queste sono le regole del nuovo processo tributario che si applicano, come è noto, dal 1/4/1996. Nel vecchio processo tributario, invece, la notifica delle decisioni di primo grado era diversa, poiché la Commissione Tributaria di 1° Grado provvedeva alla notifica, alle parti costituite in giudizio, del dispositivo delle decisioni, mentre ora viene comunicato, soltanto. Nel vecchio rito, quindi, dalla predetta notifica decorrevano i 60 giorni per interporre appello. In assenza di notifica, nessuna decisione poteva essere appellata, decorsi 1 anno e 46 giorni dalla sua pubblicazione. Si possono verificare due fattispecie diverse e cioè: - decisioni delle vecchie Commissioni Tributarie di 1° Grado, notificate entro il 31 marzo 1996; - decisioni delle nuove Commissioni Tributarie Provinciali - noti- ficate - rectius: comunicate dal 1 aprile 1996. Le prime di cui alla lett. a)- sono a tutti gli effetti vere e proprie notifiche: così era previsto, vigente il D.P.R. n. 636/1972. Quindi l’appello andava posto entro 60 giorni dalla notifica, tenendo presente che se al 1° aprile 1996 non erano trascorsi i 60 giorni, si incominciava a ricontare dal 1° aprile. I termini non scaduti a tale data non contavano: dal 1° aprile si ricominciava da zero. Se invece si è ricevuto la comunicazione (correttamente chiamata notifica) dal 1 aprile 1996, questa vale solo come notizia. Da tale data (e cioè dal 1° aprile 1996) le Commissioni Tributarie Provinciali non possono più notificare le proprie decisioni e sentenze. Ne deriva che da queste comunicazioni non valgono i 60 giorni per ricorrere. Il termine per appellare è di un anno e 46 giorni dalla data della pubblicazione della sentenza, tranne il caso in cui una delle parti, costituita nel processo, non notifichi all’altra parte il testo integrale della sentenza stessa. In tal caso, come sopra detto, il termine per formulare appello è di 60 giorni dalla notificazione. Nella lusinga di aver apportato un minimo di chiarezza, auspico che i ricorrenti apprestino maggiore attenzione ai termini per interporre appello alle sentenze delle Commissioni Tributarie Provinciali. Francesco Arcadio RICONOSCIUTA LA RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE i l Dpr 435/2001 ha introdotto nell’ordinamento giuridico alcune significative disposizioni in merito alla possibilità, riconosciuta al contribuente, di rettificare la dichiarazione tributaria. Con il predetto provvedimento si è, infatti, sostituito il comma 8 dell’art. 2 del Dpr n. 322/1998 ed è stato introdotto, sempre all’art, 2 del Dpr n. 322/1998, un nuovo comma 8-bis. Le disposizioni in merito alla possibilità di rettifica delle dichiarazioni valgono anche per la dichiarazione annuale dell’IVA di D.David, F. Magrini Il “nuovo” art. 2, comma 8, ora dispone che “salva l’applicazione 9 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 delle sanzioni, le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione, non IL GIORNALE DEL REVISORE NON CONVINCE L’INTERPRETAZIONE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE CHE RITIENE LE RETTIFICHE APPLICABILI SOLO A SITUAZIONI SFAVOREVOLI AL CONTRIBUENTE oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 600, e successive modificazioni”. Il successivo comma 8-bis del medesimo art. 2 prevede, quindi, che “le dichiarazioni dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. L’eventuale credito risultante dalle predette dichiarazioni può essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997”. Va segnalato, innanzitutto, che entrambe le disposizioni sopra riportate trovano applicazione non solo per le dichiarazioni ri- chiamate espressamente dalla norma (dichiarazione dei redditi, Irap e sostituti d’imposta) ma anche per la dichiarazione annuale dell’Iva, per effetto di quanto previsto dal successivo art. 8, comma 6, Dpr n. 322/1998. Risolvendo i dubbi che, in passato, anche in vigenza della “vecchia” disposizione di cui all’art. 2, comma 8, del Dpr n. 322/1998, avevano a lungo occupato la dottrina e la giurisprudenza con interpretazioni spesso assolutamente contrastanti tra loro, viene ora definitivamente sancito, mediante una norma di rango regolamentare, il principio per cui le dichiarazioni tributarie possono essere emendate dal contribuente anche per correggere errori che abbiano determinato debiti d’imposta superiori a quelli effettivi ovvero minori crediti rispetto a quelli reali. Va detto, tuttavia, che, in considerazione della genericità della nuova formulazione dell’art. 2, comma 8, del Dpr n. 322/1998, gli interpreti si sono chiesti se la possibilità di rettifica nel termine “lungo” di quattro anni sia concessa anche per emendare errori che abbiano arrecato un pregiudizio al contribuente. L’amministrazione finanziaria è di recente intervenuta sulla questione, con la circolare n. 6/E della Agenzia delle entrate del 25 gennaio 2002, sostenendo l’applicabilità delle modalità e dei termini di rettifica della dichiarazione previsti dalla norma da ultimo citata esclusivamente ad una situazione sfavorevole al contribuente. Tale interpretazione restrittiva non appare assolutamente convincente apparendo sostenibile, a parere di chi scrive, che anche con la attuale formulazione della norma il contribuente possa presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore nel termine “lungo” previsto dalla disposizione in esame. E ciò in base alla semplice considerazione che la stessa amministrazione finanziaria, interpretando in passato (da ultimo nella circolare n. 98/E del 2000) la previgente formulazione della norma (pressoché identica a quella attuale) aveva pacificamente riconosciuto la possibilità per il contribuente di presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore, secondo la previsione di cui all’art. 2, comma 8. Davide David, Francesco Magrini È attivo il sito dell’Istituto! Normativa e giurisprudenza sulla figura del Revisore, attività sindacale dell’Istituto, risposte ai quesiti relativi alla professione, accordi con le istituzioni e convenzioni economiche a favore degli associati, indici del “Giornale dei Revisori”, link ai siti più interessanti per la professione: questi i principali contenuti del sito. Visitatelo all’indirizzo: w w w. r e v i s o r i . i t IL GIORNALE DEL REVISORE 10 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 DAI PARAMETRI AGLI STUDI DI SETTORE i n continuazione ideale con il mio precedente articolo apparso su questa Rivista e riguardante le modalità dell’Accertamento Tributario previste dal Dpr 600/73, mi è parso utile integrare il mio contributo con una breve panoramica sui nuovi accertamenti presuntivi ovvero dai coefficienti agli Studi di Settore Non sembri superfluo o riduttivo soffermarsi un poco più a lungo ad esaminare queste metodiche poiché esse da strumento dell’Accertamento (spia del maggiore reddito) stanno diventando metodo di Accertamento e tra i più subdoli perché le armi a disposizione del contribuente spesso sono spuntate. Vale la pena di ricordare che la Riforma Tributaria del 1973 intese attribuire un ruolo preciso alle scritture contabili quantomeno nel senso di “vincolare l’amministrazione ad operare la quantificazione del reddito imponibile secondo moduli procedurali più rigorosi.”1 Essa mutò radicalmente i principi della determinazione del reddito d’impresa e professionale; consacrò il valore probatorio delle scritture contabili; privilegiò, almeno nelle linee teoriche d’impostazione, l’accertamento analitico consentendo quello indutti- Gli strumenti presuntivi stanno diventando metodo di accertamento con poche armi di difesa da parte del contribuente di Eugenio Vitello vo solo a determinate condizioni (che del resto abbiamo esaminato nell’articolo precedente sia pur celermente) ed, in definitiva, si sancì l’abolizione a partire dal 1.1.1974 del Concordato non avendo più esso strumento ragione di esistere (salvo, poi, reintrodurlo vent’anni più tardi sotto la denominazione di Accertamento con Adesione). Senonché la duplice combinazione della contabilità formalmente ineccepibile e la carenza di controlli da parte dell’Amministrazione aveva contribuito ad aumentare il fenomeno della evasione tanto da costringere il legislatore ad aumentare gli adempimenti a carico del contribuente (a dismisura ed oggi si chiede la semplificazione coram populi) e ad introdurre modelli di accertamento extracontabili, tanto da rasentare un’involuzione della normativa sull’Accertamento. 11 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 Si giunse così all’emanazione del decreto legge n. 853 del 19.12.1984 meglio conosciuto come Visentini Ter con il quale si determinava, in modo - spesse volte - anche disinvolto, il maggior reddito attraverso elementi quali la dimensione dei locali, il personale. i consumi ed altri. In altre parole si dava per scontato che il possedere un ufficio di buone dimensioni presupponesse un determinato reddito quando è notorio che, ad esempio, ci sono alcuni intermediari del commercio che lavorano solo col telefono e, quindi, con la disponibilità di una sola stanza, pur ricavando ottimi guadagni. Insomma tali elementi extracontabili che avrebbero dovuto semplicemente segnalare all’Amministrazione Finanziaria un’anomalia da controllare (il possesso di un elicottero da parte di un modesto commerciante, ad esempio) hanno finito per costituire un metodo di accertamento del reddito. Questa procedura dovette subire, tuttavia, particolari difficoltà di attuazione e, spesso, subire l’onta della soccombenza in sede contenziosa. Si addivenne, allora, all’elaborazione di coefficienti presuntivi di ricavi, compensi e corrispettivi, IL GIORNALE DEL REVISORE SPESSO CENSURATO DAI I PARAMETRI POSSONO ESSERE STRUMENTI UTILI PER VALUTARE LA CREDIBILITÀ DELLE DICHIARAZIONI MA NON POSSONO ESSERE LA SOLA GIUSTIFICAZIONE DELL’ACCERTAMENTO IL GIORNALE DEL REVISORE introdotti dalla Legge 27.4.1989 n. 154 generalizzati ed uniformi in modo che risultassero, come osservato dal FAZZINI nella sua opera prima citata “maggiormente idonei a superare il vaglio del giudice tributario rispetto alle isolate motivazioni in precedenza operate dagli uffici impositori”. Tali coefficienti erano strumento tipico di accertamento per i contribuenti in regime di contabilità semplificata e, sotto determinate condizioni, per i soggetti che avevano optato per la contabilità ordinaria. Fu consentito, tuttavia, al contribuente di dimostrare, prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento, le ragioni che giustificassero l’inapplicabilità dei coefficienti ma ciò, spesso, con enorme difficoltà giacché se è semplice provare di avere la fidanzata non sempre è agevole provare di non averla. Anche tale strumento non sempre si rivelò adatto alla bisogna per cui venne alla ribalta la necessità di costruire specifici studi di settore, relativi alle distinte categorie economiche, sulla base di appositi questionari compilati dalle categorie stesse e da sperimentare successivamente. Nell’intervallo temporale necessario per predisporre tali strumenti in assenza dei coefficienti presuntivi (abrogati con L. 549/95), trovarono, e tuttora permangono seppur transitoriamente, i cosiddetti “parametri”, che altro non sono che dei coefficienti presuntivi un poco più accurati e mirati rispetto a ciascun settore economico. Tale metodica è applicabile ai soggetti in contabilità semplificata ed in contabilità ordinaria a condizione che l’impianto con- GIUDICI TRIBUTARI L’OPERATO DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA, TESO A FONDARE L’ACCERTAMENTO SULLA SOLA BASE DEI COEFFICIENTI PRESUNTIVI E/O DEI PARAMETRI tabile sia risultato inattendibile in conformità a criteri legislativamente predeterminati e, comunque, per volumi d’affari sino a 10 miliardi. Per la verità questa metodica sta affrontando seri problemi in sede contenziosa tanto che sono sempre più numerose le pronunce di merito dei Giudici Tributari che censurano l’operato dell’Amministrazione Finanziaria, teso a fondare l’accertamento sulla sola base delle risultanze dei coefficienti presuntivi e/o dei parametri.2 Secondo i Giudici bisogna tener conto dei parametri in modo critico e verificarne l’attendibilità, la congruità, l’adattabilità al caso concreto. Che senso ha, ad esempio, prescindere dal contesto ambientale (zona depressa) ed applicare i coefficienti come si applicano in una zona di alto sviluppo? Non a caso i novelli Studi di Settore che vanno soppiantando i parametri tengono conto di diverse variabili sia esogene che endogene all’impresa per collocare ogni caso singolo in un probabile ambito omogeneo di appartenenza. Oggi gli Studi di Settore la cui fonte si trova negli artt. 62 bis e 62 sexies del Dl 30/8/93 n. 3313, oltreché in numerose Circolari Ministeriali4, interessano, ormai, buona parte dei contribuenti che 12 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 esercitano attività economiche il cui volume d’affari non supera i 10 miliardi. I dati richiesti dal modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore sono contabili ed extra contabili. Quelli contabili sono ricavati dalla contabilità e dalla dichiarazione dei redditi con esclusione di quelle voci non decisive, non inerenti, non significative ai fini degli studi quali la vigilanza notturna, le sopravvenienze passive, la cancelleria ed altre. I dati extra contabili hanno riguardo, invece, alle caratteristiche dell’attività, alle modalità di esercizio dell’attività quali ad esempio i livelli retributivi del personale dipendente, la tipologia della clientela, le quantità fisiche dei consumi quali l’energia elettrica, il gas, i carburanti. Nel momento in cui scriviamo sono stati approvati oltre 150 Studi di Settore riguardanti altrettante attività economiche nel settore del commercio, delle manifatture, dei servizi e delle attività professionali. Essi avrebbero dovuto entrare in vigore nell’anno 1995 (ma furono successivamente prorogati al 1998) ed essere tipicamente indirizzati ai soggetti in contabilità semplificata, ma l’art. 62 sexies, comma terzo, autorizza la rettifica del reddito d’impresa delle persone fisiche ai sensi dell’art. 39/600, primo comma, lett. d) nonché dell’imposta sul valore aggiunto ex art. 54/633, sulla base delle risultanze degli Studi di Settore. Il che significa che questo strumento diventa supporto per una rettifica analitica del reddito d’impresa o dell’ IVA anche, sep- pur sotto condizioni5, per i soggetti in contabilità ordinaria anche per opzione (L. 146/98) e (contrariamente, a quanto consentito inizialmente) con la Legge 342/2000 quando “l’Amm.ne Finanziaria venga in possesso di elementi nuovi”, può procedere ad una ulteriore rettifica del reddito, che sia già stato oggetto di accertamento sulla base degli studi di settore e per il quale sia anche intervenuto accertamento con adesione. A conclusione di questo breve intervento ricordiamo che ancora si discute se gli studi di settore debbano essere inclusi fra le presunzioni semplici o quelle legali relative. La cosa non è di poco conto visto che nel caso esse fossero considerate presunzioni legali relative l’Ufficio avrebbe assolto l’onere della prova e toccherebbe al contribuente dimostrare l’inapplicabilità delle risultanze dei parametri o studi di settore applicate al caso singolo. Al momento in cui scriviamo, per la verità, ci giunge notizia di un’ulteriore sentenza della Cassazione Tributaria che si pone su un filone che si sta consolidando. In buona sostanza la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’accertamento basato su elementi presuntivi (parametri o studi di settore). Il Contribuente che voglia contestare il risultato delle presunzioni stesse ha l’onere di attivarsi per dimostrare o l’impossibilità di utilizzare le presunzioni in quella fattispecie o l’inaffidabilità del risultato ottenuto sulla base dei criteri presuntivi potendo nel contempo confermare la validità del proprio operato sulla scorta di altre presunzioni. Quindi la Corte equipara i Parametri e/o gli Studi di settore a presunzioni semplici che possono legittimare l’emissione di un Avviso di accertamento anche se non è preclusa la facoltà per il contribuente di fornire la prova contraria. La Giurisprudenza di merito, invece, sta assumendo un atteggiamento diverso da quello sopra indicato andando a considerare i risultati dei parametri dei semplici indizi e, quindi, inutilizzabili se non sono supportati da altri elementi riscontrabili nella fattispecie. Una per tutte la Commissione provinciale di Salerno (sent. n. 67/X/2001) “Rileva preliminarmente che lo scostamento di ricavi desunto dall’applicazione dei parametri rispetto al dichiarato è di nessun rilievo. Omissis ...le indicazioni date dal ricavometro vanno parametrate alle effettive condizioni del contribuente. Se l’Ufficio non effettua quest’opera di adattamento l’Accertamento effettuato non sarà legittimo”. A noi sembra di capire che in buona sostanza la Giurisprudenza di merito voglia intendere che i parametri sono strumenti utili,utilissimi per valutare la credibilità dei dati dichiarati dai contribuenti ma non possono essere la sola giustificazione dell’Accertamento; insomma essi sono una spia, un buon indizio per indagare ma non costituire il risultato delle indagini. Francamente a me pare che questa sia una posizione accettabile e condivisibile. La nostra esperienza maturata sul campo e verificata quotidianamente ci porta a ritenere che detti strumenti debbano essere considerati delle presunzioni 13 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 semplici e, d’altra parte, questi modelli matematici non potranno mai cogliere appieno le diverse capacità imprenditoriali, sottolineare le diverse attitudini, valutare le procedure gestionali che fanno la differenza e consentono a quell’imprenditore piuttosto che all’altro risultati, anche reddituali, diversi. Ecco perché questi strumenti devono essere ausilio dell’Accertamento e non diventare essi stessi Accertamento. Eugenio Vitello 1. Fazzini - L’Accertamento per presunzioni: dai coefficienti agli studi di settore. 2. Comm.ne Prov.le SALERNO Sez. X n. 67 del 24/4/01 e Sez. III n. 32 del 15/3/01; Comm. Prov.VERBANIA Sez. I n. 10 del 7/3/01; Comm. Prov. TORINO Sez. II n. 32 del 31/5/01 e Sez. XIX n. 46 del 19/6/01; e relativamente ai coefficienti la Prov. di ROMA del 21/4/96 e TREVISO del 26/6/97. (fonte: “Il Sole-24 Ore” del 13/8/01) 3. Successivamente modificato ed integrato dalla Legge n. 662 del 31/12/96 (art. 3 commi 121-136); legge n. 146 del 8/5/98 (art. 10); D.P.R. n. 195 del 31/5/99; D.M. 24/12/1999 e Legge 22/11/2000 n. 342 (artt. 70 - 71 - 72). 4. Circolare n. 110 del 21/5/99; Nota 24/6/69; Circolare n. 148 del 5/7/99; Circolare n. 31 del 25/2/2000; Circolare n. 115 del 1/6/2000; Circolare n. 121 del 8/6/2000; Circolare n. 134 del 3/7/2000; Circolare n. 210 del 17/11/2000. 5. Nei confronti dei contribuenti che adottano il regime di contabilità ordinaria, gli accertamenti si applicano se l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati in almeno due periodi d’imposta su tre consecutivi considerati compreso quello da accertare. IL GIORNALE DEL REVISORE NUOVI STRUMENTI TELEMATICI AL SERVIZIO DEI SOCI DELL’INRC Sottoscritta una intesa con Infocamere per gestire servizi telematici nei confronti dei propri associati I dettagli operativi ed il listino per i servizi saranno visibili sul sito www.revisori.it a partire dal 15/6/2002 e sul prossimo numero di questa rivista. L’ISTITUTO NAZIONALE REVISORI CONTABILI, nell’ambito delle attività istituzionali da esso svolte ed in previsione della prossima entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di inoltro in via telematica delle pratiche alle Camere di Commercio, che decorrerà dal prossimo 9.12.2002, ha deciso di fornire ai propri associati una pluralità di servizi, tra i quali quelli di rilascio della firma digitale e di effettuazione di visure e richiesta di certificati on line; a tale proposito ha sottoscritto un protocollo d’intesa con INFOCAMERE per l’abilitazione a fungere da gestore dei predetti servizi nei confronti dei propri associati. Nel sito internet dell’ISTITUTO saranno predisposti i format necessari per la prenotazione da parte degli associati della propria firma digitale e di quella dei propri clienti cui sarà inviata contrassegno la smart card che recherà il logo dell’ISTITUTO. Per il tramite del sito internet gli associati verranno nominati I.R. (Incaricati alla Registrazione) con possibilità per gli stessi di prenotare firme digitali per la propria clientela. Sarà inoltre possibile prenotare i lettori necessari per l’utilizzo delle smart cards. Saranno poi attivati i servizi di visura e richiesta on line di certificati. CONVENZIONI BANCARIE PER GLI ASSOCIATI Le condizioni relative ad ogni voce saranno riportate sul sito internet dell'ISTITUTO a partire dal 15/6/2002 e sul prossimo numero della rivista. IL GIORNALE DEL REVISORE È in corso la definizione di una convenzione con un importante gruppo bancario volta ad ottenere per gli iscritti condizioni favorevoli su tassi, valuta, operazioni e spese, oltre che su prodotti/servizi quali leasing, previdenza complementare e finanziamenti. Sono anche previsti un nuovo servizio di corporate banking, utilizzabile via internet, ed una carta di credito gratuiti per un anno. La convenzione sarà operativa a partire dal momento della sua pubblicazione sul sito www.revisori.it 14 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 SEMPLIFICAZIONI: «AVANTI TUTTA!» a lcuni rappresentanti dell’Istituto, facenti parte della Commissione per il Ministero delle Finanze, hanno partecipato all’incontro con l’Ufficio relazione esterne dell’Agenzia delle Entrate indetto per il giorno 20 marzo 2002, avente ad oggetto alcune iniziative poste in essere dall’attuale Governo in tema di semplificazioni. I relatori intervenuti, tra cui il Sottosegretario alle Finanze Dott. Molgora, nonché il Dott. Gianni Giammarino ed altri, hanno illustrato l’adozione di nuovi strumenti telematici, messi in atto dal Ministero, al fine di semplificare il rapporto fiscocontribuente e rafforzare la collaborazione tra gli intermediari abilitati (liberi professionisti, banche, poste, Caaf, ecc.) e gli Uffici delle Entrate, anche alla luce delle innumerevoli problematiche sorte in passato, sia in termini di avvisi bonari che di “cartelle pazze”. Tra le iniziative intraprese dall’Ufficio delle Entrate è stato illustrato l’ulteriore utilizzo del canale telematico che provvederà a segnalare le eventuali irregolarità emerse a seguito di controlli preliminari effettuati dall’Amministrazione Finanziaria sulle dichiarazioni presentate. In buona Tra le iniziative in tema di semplificazioni presentata dall’Agenzia delle Entrate l’ulteriore utilizzo del canale telematico di Michele Simone sostanza l’intermediario abilitato, che si è occupato della trasmissione telematica, vedrà recapitarsi in posta elettronica un “preavviso telematico” contenente le dichiarazioni che, secondo l’Agenzia delle Entrate, contengono anomalie, errori e inesattezze o omessi versamenti. Il professionista aprendo la sua posta elettronica e cliccando sul codice fiscale del contribuente, visualizzerà la dichiarazione spedita a suo tempo telematicamente ed individuerà gli errori o le anomalie che l’Amministrazione finanziaria avrà segnalato. Laddove l’intermediario dovesse riconoscere la fondatezza dei rilievi mossi, questi potrà, in accordo con il contribuente, sanare le irregolarità versando, entro i 60 giorni dalla data della comunicazione, quanto dovuto unitariamente alla ridotta sanzione pre- 15 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 vista dalla legge. Va da sé che nel caso in cui l’errore risultasse infondato si potranno inviare le proprie spiegazioni utilizzando il canale telematico, nel caso di agevoli chiarimenti, oppure ricorrere ai call-center o agli Uffici delle Entrate anche attraverso l’utilizzo del fax. Per quanto riguarda l’indicazione dei versamenti ritenuti omessi o carenti dall’Amministrazione Finanziaria, l’intermediario potrà comunicare telematicamente i seguenti dati: - il codice fiscale presente nel modello F24; - la valuta (lire/euro); - la sezione del modello F24 contenente il pagamento in questione (erario, regioni, ecc.); - il codice tributo, l’anno di riferimento e la data di pagamento; - l’importo versato ed i saldi di sezione e di modello F24; - gli estremi identificativi dell’intermediario della riscossione presso cui è stato effettuato il versamento. Nel caso in cui si riscontrasse la inoperosità dell’intermediario, trascorsi 60 giorni, verrà inviata al contribuente la vera e propria comunicazione cartacea di irregolarità e, spiega l’Agenzia, da IL GIORNALE DEL REVISORE quel momento decorreranno i 30 giorni previsti dalla legge per interloquire sulle irregolarità evidenziate e, nel caso, sanare utilizzando l’allegato modello di versamento. Resta inteso che se il contribuente a sua volta non si attiva, le eventuali imposte, sanzioni e interessi, verranno iscritte nei ruoli, restando impregiudicata la facoltà del contribuente di presentare ricorso contro tale iscrizione, laddove ritenga infondata la pretesa tributaria. Tali novità riguarderanno le dichiarazioni presentate per l’anno d’imposta 2000 e l’avvio del servizio è previsto per il mese di maggio 2002. Una ulteriore novità riguarda la mancata o la tardiva presentazio- ne dell’F24 a saldo zero. L’omessa presentazione del modello F24 a saldo zero, secondo l’Agenzia, non può essere considerata errore meramente formale, in quanto le somme indicate nel modello devono consentire all’Amministrazione Finanziaria la conoscenza degli importi a debito che vengono compensati con l’utilizzo di somme a credito. Ciò non viene consentito con la omessa presentazione; mentre, per la presentazione tardiva dell’F24 a saldo zero, è prevista l’irrogazione di una sanzione pari a e 154, ridotta a e 51 se il ritardo non è superiore a cinque giorni lavorativi. Nella relazione del Dott. Gianni Giammarino (in fiscooggi.it) viene, inoltre, menzionata l’attivazione di un servizio inerente l’F24 telematico con il quale si offre al contribuente il vantaggio del pagamento on-line, senza ricorrere ai canali istituzionali (banca-posta), servendosi di una semplice comunicazione di addebito sul c/c intrattenuto presso il proprio istituto di credito. Pare infine che nuove iniziative sul fronte delle semplificazioni e dello sviluppo delle relazioni fisco-contribuente siano per essere emanate in un futuro ormai prossimo servendosi sempre più della indispensabile collaborazione degli intermediari abilitati, tra i quali i Revisori Contabili rivestono il giusto ruolo. Michele Simone CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA PER REVISORI CONTABILI Ci è stato richiesto da più parti la creazione della cassa di previdenza ed assistenza per i Revisori Contabili che, per ragioni diverse ne sono sprovvisti. Vogliamo ricordare a quanti non ne fossero informati la lungaggine delle formalità burocratiche richieste per raggiungere un simile obiettivo pur trascurando l'onerosità di costi di avviamento. In virtù di queste considerazioni abbiamo richiesto alla cassa di previdenza ed assistenza dei Ragionieri di poterci aggregare alla loro organizzazione. Le trattative per l'ottenimento della parità di costi sono in corso ed è nostro intendimento portarle a compimento nel più breve tempo possibile. Preghiamo quindi tutti i colleghi che ne fossero interessati di comunicarci al più presto la loro adesione anche per tenerli informati sullo stato delle trattative in corso. Per questo, in allegato è stato inserito un modulo che potrete utilizzare per indicarci il vostro interesse e migliorare la nostra comunicazione. Cogliamo l'occasione per informare tutti coloro che ci hanno chiesto notizie e condizioni sullo specifico argomento, ma che non risultano iscritti al nostro Istituto, che l'appartenenza all'Istituto Nazionale Revisori Contabili è “conditio-sine-qua-non” per fruire del nuovo servizio di previdenza ed assistenza. IL GIORNALE DEL REVISORE 16 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 DOMANDA DI ISCRIZIONE Io sottoscritto................................................................................................................ nato a ............................................................ Cod. Fisc. .................................................................................... Partita IVA .................................................................................... residente a ............................................................................................................................. CAP..................................................... Via/Piazza .................................................................................................................................................... Civ. .............................. Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail ......................................................................................... I N V I A R E V I A FA X O S P E D I R E A L L A S E D E D I M I L A N O (Scrivere possibilmente in stampatello) con studio in.................................................. Via/Piazza............................................................................... Civ. ............................. Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail ......................................................................................... iscritto nel Registro dei Revisori Contabili di cui al D.Lgs. 27.01.1992, n° 88 dal ......................................... con D.M. .................................... (G.U. n° ........ del .................................) chiedo di essere iscritto all’Istituto Nazionale Revisori Contabili dichiarando di conoscere e accettare incondizionatamente le norme dello Statuto dell’Istituto. Conseguentemente mi obbligo al pagamento sia della quota di iscrizione “una tantum” sia della quota annuale, e mi impegno di assolvere all’obbligo di detti pagamenti finché non cesserò di appartenere all’Istituto per dimissioni volontarie o per altra causa statutariamente disciplinata. Dichiaro infine che “l’attestato di iscrizione”, “il timbro nominativo” e la “Tessera Personale di riconoscimento” - che potranno essermi forniti - sono di proprietà dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili e dovranno essere da me restituiti all’Istituto stesso a semplice richiesta, nel caso di cessazione della mia appartenenza all’Istituto ai sensi dell’art. 6 dello Statuto Sociale e ciò a partire dalla data di cessazione. Data ........................................................ (firma autografa) In ottemperanza alle prescrizioni della legge n. 675/1996, Vi autorizzo espressamente a inserire le informazioni contenute nel presente modulo nel database informatico, conservato presso la sede di Milano, degli Iscritti all’associazione, che potranno chiederne la consultazione. Autorizzo l’utilizzo delle sole informazioni strettamente attinenti l’esercizio della professione, nel contesto di pubblicazioni e materiale divulgativo di varia natura, finalizzati a promuovere l’attività dell’Istituto e a diffonderne la conoscenza tra i soggetti con i quali l’Istituto stesso intrattiene rapporti utili per il raggiungimento dei propri scopi statutari. firma QUOTE ASSOCIATIVE - Quota iscrizione “una tantum” RIMBORSI DAI SOCI PER SERVIZI (franco destinatario) e 26,00 = (solo all’atto dell’iscrizione) comprensiva dell’attestato nominativo (1 copia) e 130,00 = - Quota associativa annuale comprensiva della Tessera di Riconoscimento - Timbro nominativo preinchiostrato con il logo dell’I.N.R.C. (diam. mm. 37) - Distintivo in oro 750 (diam. mm. 18) - Distintivo in oro 750 (diam. mm. 12) - Medaglione argentato (diam. mm. 70) - Medaglione in bronzo (diam. mm. 70) - Attestato nominativo (mm. 420x295) e e e e e e 52,00 = 77,00 = 37,00 = 26,00 = 24,00 = 26,00 = TESSERE DI RICONOSCIMENTO DELL’ISTITUTO Le tessere di riconoscimento rilasciate agli associati verranno corredate dalla foto del titolare. Gli associati dovranno far pervenire alla Sede dell’Istituto due fotografie formato tessera a colori allegando fotocopia di un documento di identità personale, in corso di validità, munito di fotografia. Il numero e la data di scadenza della tessera andranno sempre riportati nelle comunicazioni con l’Istituto. RIEPILOGO VERSAMENTI QUOTE E RIMBORSI ❏ Quota associativa ❏ Rimborso spese timbro nominativo ❏ Quota iscrizione “una tantum” ❏ Rimborso spese distintivo ❏ Rimborso spese successivi attestati ❏ ............................................... Versamento di e .............................. effettuato in data .............................. sul c/c n. 952140 della Banca Popolare di Crema (ABI 05228 - CAB 01660). Si prega non utilizzare altre forme di pagamento. 2.2002 CONVENZIONI ALBERGHIERE – ANNO 2002 – ENTI CONVENZIONATI BASTIANI GRAND HOTEL Piazza Gioberti, 64 58100 Grosseto (GR) Tel. 0564 20047 Fax 0564 29321 HOTEL MARCONI Via Fabio Filzi, 3 20124 Milano (MI) Tel. 02 66985561 Fax 02 6690738 www.marconihotel.it E-mail: [email protected] HOTEL RAFFAELLO Via Urbana, 3-4-5 00184 Roma (RM) Tel. 06 4884342 06 4824780 Direzione e fax 06 4744905 JOLLY HOTELS Centro Prenotazioni Numero Verde 800-017703 www.jollyhotels.it E-mail: [email protected] PARK HOTEL LE SORGENTI Via Matteotti, 198 Montecatini Terme (PT) 51018 Pieve a Nievole Tel. 0572 951116 Fax 0572 952731 STARHOTELS S.p.A. Viale Belfiore, 27 50144 Firenze (FI) Tel. 800-860200 www.starhotels.it IL GIORNALE DEL REVISORE SERVIZI E FACILITAZIONI CONCESSE MODALITÀ DI ACCESSO Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe preconcordate con tutti gli esercizi dal Gruppo con convenzione “Jolly Hotel Club” Istituto Nazionale Revisori Contabili Prenotazione tramite “Centro Prenotazioni” come “Socio INRC 2001”; al ricevimento dell’albergo prescelto presentando la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità Tariffe speciali “Convenzioni Revisori Contabili” Presentare al ricevimento la Tessera di Riconoscimento dell’Istituto in corso di validità 18 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE Prima parte di ATTILIO ZIFARO Pubblichiamo la prima parte di un interssante lavoro sulle problematiche gestionali delle Onlus SOMMARIO DEL LAVORO: 1. Profilo economico-aziendale 1.1 Premessa 1.2 Lineamenti generali di gestione 1.3 Conclusione 2. Elementi essenziali dell’organizzazione e direzione 2.1 Premessa 2.2 Le variabili strutturali dell’organizzazione 2.3 Le funzioni determinanti del processo di direzione 2.4 Conclusione 3. Aspetti salienti della contabilità 3.1 Premessa 3.2 Processi operativi a storia sin dagli albori della vita umana ha confermato inequivocabilmente la capacità dell’uomo di cooperare, il suo possesso di attitudini ad interagire. Attualmente, in presenza di una ormai radicata crisi del welfare–state e del rapporto tra mercato e solidarietà sta attecchendo un modo nuovo di fare impresa, quello di legare la crescita economica alla ricerca dell’equità sociale e della sostenibilità ambientale, quello di sovrintendere al territorio e alle persone emarginate, talché l’uomo con la sua ineluttabile abilità di collaborazione acclara la sua efficace idoneità a rinnovare l’economia e la politica. Le Onlus costituiscono una parte preponderante del tessuto etico–sociale del nostro Paese e rappresentano altresì un fenomeno estremamente straordinario per il loro adamantino contributo culturale e sociale. L’analisi del settore di indagine ci consentirà di osservare con maggiore ottimismo i problemi sociali non risolti, col proposito di individuare talune maniere nuove di gestione del cosiddetto terzo settore, sotto forma di imprenditoria a fini sociali. L’avvento del nuovo millennio ha sancito l’esaurimento del modo centralista di amministrare lo stato sociale, avvalorando le istanze dei cittadini ad intervenire nel processo decisionale con apporto di contributi mirati nelle strategie operative onde scongiurare il pericolo incombente della cosiddetta crescita senza occupazione e conseguente costante inadeguatezza istituzionale. L’asseveramento di tale prospettiva si concreta primariamente attrezzando queste istituzioni della capacità produttiva di beni e servizi in modo autonomo, aiutandoli a divenire imprenditori, ossia soggetti che sanno gestire, creare e rischiare e con obiettivo un interesse di natura collettiva. Le Associazioni Sono date da un insieme di persone che si aggregano per il soddisfacimento di bisogni comuni o per la salvaguardia di specifici e mirati interessi comuni. Naturalmente la loro attività è finanziata con contribuzioni volontarie degli associati. 1. Profilo economico-aziendale Le Organizzazioni di volontariato Si caratterizzano per lo svolgimento di attività con scopi solidaristici e senza lucro attraverso prestazioni libere e gratuite degli aderenti. L 3.3 Conclusione 4. Le priorità fiscali 4.1 Premessa 4.2 L’impositività nei contenuti fondamentali 4.3 Conclusione 1.1 Premessa Il moderno associazionismo non lucrativo convive con l’imprenditoria tradizionale per essere fermento della nuova società, là dove all’agente economico si riconosce la componente personale che trascende la mera centralità della logica del profitto a tutto vantaggio dello sviluppo del sociale. Le Onlus costituiscono, quindi, delle organizzazioni giuridicamente riconosciute col fine di produrre beni e servizi socialmente utili, ma scevre da intenzionalità lucrose sotto il profilo economico-finanziario. Le categorie di soggetti alle quali si riconoscono le potenzialità ovvero gli automatismi per le attribuzioni di Onlus sono: - le associazioni; - i comitati; - le fondazioni; - le società cooperative; - gli enti privati particolari (enti ecclesiastici, associazioni di promozione sociale); - le organizzazioni di volontariato; - le cooperative sociali e loro consorzi; - le organizzazioni non governative (O N G). 19 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 I Comitati Sono costituiti da gruppi limitati di persone con uno o più interessi comuni che, non disponendo di un patrimonio sufficiente per il raggiungimento delle finalità istituzionali, organizzano la raccolta di fondi per la concretizzazione degli obiettivi prefissati. Le Fondazioni Sono aziende di erogazione che attingono i mezzi indispensabili alla loro gestione fondamentalmente da beni permanenti da reddito, con finalità di natura benefica o assistenziale. Le Società cooperative Sono organismi con scopo mutualistico e capitale variabile; sorgono dall’unione di più persone (almeno n. 9) che espletano un’attività nel comune interesse con lo scopo di perseguire sia benefici a vantaggio dei partecipanti che a favore di categorie bisognose. Gli Enti privati particolari a) Gli Enti ecclesiastici. Sono istituti, canonicamente eretti e approvati, che la Chiesa variamente organizza, in cui si realizzano le variegate finalità perseguite. b) Associazioni di promozione sociale. Sono associazioni che svolgono varie attività profondendo una particolare “attenzione al sociale” e le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno (legge 25/8/91 n. 287). Le Cooperative sociali e loro consorzi Si sostanziano nella forma organizzativa sociale che trascende la semplice mutualità per inglobare gli interessi generali delle comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini (art. 1 della legge 381/91 e art. 27 del D.L. C.P.S. 1577/47). Le Organizzazioni Non Governative (O N G) Sono istituzioni che agiscono nell’ambito della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Necessitano del “riconoscimento di idoneità” per essere operative (art. 28 della legge 26/2/87 n. 49). Alcuni autori attribuiscono alle Onlus l’appartenenza al “terzo settore”, in contrapposizione al primo, quello privato e al secondo, quello dello Stato. Tuttavia la vasta eterogeneità dei componenti e la varietà e molteplicità dei loro campi di azione ci induce a delimitare e definire struttural- IL GIORNALE DEL REVISORE I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE mente tale appartenenza in corrispondenza di determinate caratteristiche: - la forma costitutiva, per l’individuazione del “modus operandi”; - la natura privatistica, che riconosce la non appartenenza al settore pubblico; - l’autogoverno, per l’assicurazione del non controllo da parte di enti pubblici o di aziende con scopo di lucro; - l’assenza di ripartizione del guadagno, cioè la certezza della non distribuzione del profitto tra i propri aderenti; - la presenza di lavoro volontario, inerente sia alle prestazioni di alto livello quanto a quello tecnico-operativo. 1.2 Lineamenti generali di gestione Le Onlus rappresentano la supremazia del lavoro associato che brandisce i suoi strumenti con mano volenterosa, mente alacre e cuor lieto e testimonia il superamento dell’angusta cerchia di tentativi occasionali di singoli, ormai relegati alla storia delle prime forme di cooperativismo. Anche se le Onlus presentano una marcata vocazione solidaristica la loro gestione non può prescindere dall’applicazione di sani principi ecomico-aziendali che sottendono il perseguimento di obiettivi di efficacia ed efficienza per la concretizzazione delle condizioni di sopravvivenza e di sviluppo aziendale. Perciò la gestione è il complesso delle operazioni che i soggetti aziendali espletano, con i mezzi a loro disposizione, al fine della produzione di beni e servizi tipici dell’impresa medesima. Le fasi essenziali della gestione si possono riassumere in: - finanziamento; - impiego; - trasformazione; - vendita. La prima che possiamo definire come gestione finanziaria, inerisce l’acquisizione delle risorse che risultano o a titolo gratuito (art. 2 del D.Lgs. n. 460/97) oppure a titolo oneroso con l’obbligo di restituzione. La seconda e terza fase si compenetrano nell’obiettivo della realizzazione del servizio in ossequio ai principi di efficienza ed efficacia. A tal uopo riferiamo alcuni noti indici che illustrano il perseguimento delle finalità istituzionali in modo ottimale: Ec = Cc/Us Dove Ec = efficienza complessiva; Cc = costi complessivi; Us = unità di servizio effettuate. El = Nl/Us Dove El = efficienza lavoro; Nl = numero lavoratori Us = unità di servizio effettuate. Ed = Cme/Cmp Dove Ed = efficienza domiciliare; Cme = costo medio effettivo; Cmp = costo medio preventivato. Anche la variabile Organizzazione assume un rilevante peso per il raggiungimento degli obiettivi finali delle Onlus. Sin dai tempi più remoti l’uomo ha avvertito la necessità di aggregarsi in gruppi per uno scopo comune, dando vita ad una organizzazione. Si evince che l’organizzazione aziendale è la risultante di un processo coordinato di rapporti ed interazioni afferenti risorse umane e strumentali in ragione del perseguimento di uno scopo, realizzato secondo un sistema di relazioni tra i diversi elementi che lo costituiscono. Le Onlus presentano una struttura assai complessa sia in ordine al fattore umano impiegato che alla varietà dei campi dell’economia in cui operano. Sotto il primo profilo l’organizzazione del lavoro si diversifica secondo la divisione orizzontale che assimila l’appartenenza allo stesso livello gerarchico e quella verticale afferente i differenti livelli gerarchici. Sotto il secondo aspetto la scelta di un particolare archetipo organizzativo è fortemente condizionata dalle strategie aziendali correlate alla combinazione servizio-mercato. L’attivazione di una proficua Contabilità nelle Onlus rappresenta un fattore essenziale per una gestione oculata dell’attività imprenditoriale. Ne discende l’acquisizione di informazioni indispensabili per il controllo, arbitraggi e programmazione e predisposizione di budget mirati ed attendibili. La contabilità delle operazioni aziendali comprese nell’esercizio costituisce la cosiddetta contabilità generale, mentre quella riferita solo a singole operazioni, con l’evidenziazione dei particolari, si denomina contabilità elementare. Il D.Lgs. n. 460/97 regola gli adempimenti contabili delle Onlus che di seguito riassumiamo in relazione a: - cooperative (libro giornale, libro degli inventari, altre scritture contabili richieste dalla natura e dimensione dell’impresa); - organizzazioni di volontariato iscritte nei registri delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (rendiconto delle entrate e spese complessive); - O N G (rendiconto delle entrate e soese complessive); - Altre organizzazioni: a) con proventi maggiori di 100 milioni nell’esercizio precedente, art. 1, comma 3, l. 398/91 (libro giornale, libro degli inventari); b) con proventi minori di 100 milioni nell’esercizio precedente, art. 1, comma 3, l. 398/91 (rendiconto delle entrate e spese complessive). Il risultato della gestione viene sintetizzato in un documento finale alla conclusione dell’esercizio amministrativo di riferimento chiamato Bilancio d’esercizio. Gli artt. 2423 e ss., 2491 e 2516 c.c., il D.Lgs. 9/4/91 n. 127 lo definiscono come il documento contabile che consente di quantificare periodicamente il capitale e il risultato di gestione di un’impresa e dal quale è possibile desumere informazioni sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della stessa. Il bilancio nelle varie componenti può essere redatto con qualsiasi metodo e schema, ancorché conformi a corretti principi e tecniche contabili. In sostanza nella redazione del bilancio occorre osservare: - il dettato normativo; - i principi contabili elaborati dalla Commissione Nazionale mista Dottori Commercialisti e Ragionieri; - i principi contabili dello IASC. Riportiamo un possibile schema riassuntivo di bilancio: STATO PATRIMONIALE La quarta fase si può identificare con il marketing, cioè con il complesso di operazioni volte all’individuazione delle istanze della domanda e alla diffusione delle notizie sulla presenza del servizio sul mercato. Una particolare forma di marketing che si realizza nella comunicazione con scopo il reperimento delle risorse utili allo svolgimento dell’attività imprenditoriale è chiamata “fund raising”. IL GIORNALE DEL REVISORE ATTIVITÀ A) IMMOBILIZZAZIONI - IMMATERIALI - MATERIALI - FINANZIARIE 20 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 B) - ATTIVO CIRCOLANTE RIMANENZE CREDITI ATTIVITÁ FINANZIARIE DISPONIBILITÁ LIQUIDE IRPEG 1- Onlus non cooperative L’art. 87 del TUIR le assoggetta all’IRPEG. I redditi imponibili ai fini di detta imposta risultano: - i redditi fondiari; - i redditi di capitale; - i redditi di imprese; - i redditi diversi. C) RATEI E RISCONTI PASSIVITÀ A) PATRIMONIO NETTO - FONDO DI DOTAZIONE - RISERVE PATRIMONIALI - AVANZO (DISAVANZO) DI GESTIONE L’art. 111 del T.U.I.R. prevede determinate agevolazioni per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale. Le medesime agevolazioni sono applicabili alle organizzazioni di volontariato. In più l’art. 10, c. 8, del D.Lgs. 460/97 prevede che i proventi derivanti da attività commerciali non costituiscono redditi imponibili se utilizzati per fini istituzionali dell’organizzazione. Tale norma è applicabile alle ONG (art. 29, c. 4,l. 49/87). B) FONDI PER RISCHI E ONERI C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO L’art. 20 bis, c. 1, lett. b) stabilisce per queste Onlus i seguenti regimi contabili: a) contabilità ordinaria; b) contabilità semplificata; c) contabilità super semplificata. D) DEBITI E) RATEI E RISCONTI CONTO ECONOMICO A) RICAVI E PROVENTI - CONTRIBUTI E LIBERALITÁ - PROVENTI DA ATTIVITÁ ISTITUZIONALI - RICAVI DA ATTIVITÁ COMMERCIALE a)- Contabilità Ordinaria Sono obbligati gli enti non commerciali con un volume annuo di ricavi superiore a 360 milioni di lire, per prestazioni di servizi, ovvero a 1 miliardo di lire per le altre attività. Ai sensi degli artt. 14 e ss. del D.P.R. 600/73 la contabilità ordinaria prevede la tenuta delle seguenti scritture: - libro giornale; - libro inventari; - libri IVA; - scritture ausiliarie; - scritture ausiliarie di magazzino; - registro dei beni ammortizzabili; - libro matricola e libro paga. B) COSTI DI GESTIONE DIFFERENZA (A – B) AVANZO O DISAVANZO OPERATIVO C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI D) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI RISULTATO ANTERIORE ALLE IMPOSTE Meno IMPOSTE SUL REDDITO AVANZO (DISAVANZO) D’ESERCIZIO La Nota integrativa e la Relazione sulla gestione non sono obbligatorie nelle Onlus, ma è consigliabile (auspicabile) la loro redazione per la indispensabile utilità informativa. Per quanto concerne la contabilità analitica nella gestione delle Onlus appare fondamentale al fine di appurare le condizioni di efficienza ed efficacia gestionale il ricorso al sistema di budgeting. Il budget secondo F. Morosini è “uno strumento di programmazione, di coordinamento e di controllo, cioè un modo di gestire l’impresa”, così i budget sintetizzano gli obiettivi economici, patrimoniali e finanziari della gestione. I primi comprendono l’analisi dei costi e ricavi di pertinenza dell’esercizio; i secondi si riferiscono alle immobilizzazioni nel normale evolversi del processo di patrimonializzazione dell’ente; i terzi comprendono il flusso di acquisizione dei mezzi finanziari da utilizzare nella gestione. In relazione alla Fiscalità delle Onlus possiamo sinteticamente individuarla nei meandri delle seguenti imposte: - IRPEG; - IRAP; - IVA. b)- Contabilità Semplificata Ai sensi dell’art. 18 D.P.R. 600/73 e dell’art. 53 del TUIR le Onlus non cooperative che non abbiano superato il limite di 360 milioni di ricavi per prestazioni di servizi, ovvero di 1 miliardo per altre attività possono operare in regime di contabilità semplificata. Le scritture obbligatorie sono : - registri IVA; - registro dei beni ammortizzabili; - libro matricola e libro paga. c)- Contabilità Super Semplificata L’art.3, c.166, l.662 del 23/12/96 ha istituito il sistema della contabilità super semplificata al quale le Onlus non cooperative possono accedere nel caso in cui i ricavi annuali non superino i 30 milioni per prestazioni di servizi, ovvero i 50 milioni negli altri casi. È obbligatorio la sola tenuta dei registri IVA. 2- Onlus Cooperative L’art. 87, c. 1, lett.a) del Tuir assoggetta le cooperative all’IRPEG. Il reddito imponibile è quantificato in base agli artt. da 52 a 77 del TUIR. Alle cooperative sono riconosciute particolari agevolazioni per la loro funzione sociale (art. 12 l. 904/77 e art. 11 D.P.R. 601/73, tra i più significativi). Poiché si tratta di società commerciali, esse sono sottoposte, ai fini fiscali, all’obbligo della contabilità ordinaria (art.14 D.P.R. 600/73). IRAP Il D.Lgs.446/97 ha istituito l’imposta regionale sulle attività produttive in relazione all’attuazione del federalismo fiscale. 21 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE Tale imposta riguarda le società cooperative e gli enti non commerciali e colpisce anche le Onlus. La base imponibile è data dal valore della produzione netta regionale. Per le Onlus cooperative la sua quantificazione risulta dalla differenza tra il valore della produzione che si evince dalle voci di cui all’art. 2425 c.c., comma 1, lett. A) e la somma dei costi della produzione dello stesso comma B) compresi nei numeri 6, 7, 8, 10 lett. a) e b), 11 e 14. Per le Onlus non cooperative si devono distinguere: - Onlus svolgenti esclusivamente attività istituzionale. Per queste l’art. 10, c. 1, indica la determinazione della base imponibile come somma di: . retribuzione del personale dipendente; . redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 47 del TUIR); . compensi per collaborazione coordinata e continuativa (art. 49, c. 2, lett. a, del TUIR); . compensi per attività di lavoro autonomo non abituale (art. 81, c. 1, lett. l, TUIR). - Onlus svolgenti anche attività commerciali. In questo caso, trattandosi di attività promiscua, quella istituzionale è soggetta alle stesse condizioni viste prima con l’attenzione a non considerare le retribuzioni e i compensi specificatamente riferibili all’attività connessa, mentre la base imponibile, afferente l’attività commerciale, è stabilita (art. 10,c.2) dalla differenza tra la sommatoria dei ricavi indicati all’art. 2425 c.c., comma 1, lett. a. e quella dei costi dello stesso comma lett. b. ai numeri 6, 7, 8, 10 lett. a . e b., 11e 14. L’art. 16 stabilisce l’aliquota IRAP applicabile alle Onlus che è quella ordinaria del 4,25%, maggiorabile dell’1% a partire dal 2000. Gli artt. 17 e 18 prevedono talune agevolazioni per le Onlus di facile intellegibilità che omettiamo di riportare. IVA Le Onlus cooperative effettuano operazioni rilevanti ai fini IVA (art.4.c. 2, D.P.R. 633/72) mentre le Onlus non cooperative rientrano nell’ambito IVA solo se esercitano attività qualificabile come di impresa (art.4,c. 1, D.P.R. 633/72). La base imponibile è data dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o al prestatore, compresi gli oneri e spese accessorie. L’aliquota normale è quella del 20% (art. 16), pur sussistendo altre aliquote speciali per particolari operazioni, contemplate nelle tabelle allegate al decreto IVA. La legge n. 488 del 23/12/99, legge finanziaria 2000, all’art. 7, c.1,l.a) stabilisce la riduzione dell’aliquota IVA al 10% per prestazioni di assistenza domiciliare, a favore di anziani ed inabili adulti, soggetti affetti da disturbi mentali, tossicodipendenti, malati di Aids, handicappati psicofisici e minori in situazioni di disadattamento e devianza. Le scritture obbligatorie riguardano: - il registro delle fatture (art. 23); - il registro degli acquisti (art. 25); - il registro dei corrispettivi (art.24). L’art. 14 del D.Lgs. 460/97 contempla alcune modifiche agli artt. 3 e 10 del D.P.R. 633/72 inerenti le Onlus, istituendo delle particolari agevolazioni in loro favore e al quale si rimanda per la facile interpretazione. 1.3 Conclusione Le Onlus sono in grande espansione ed evoluzione e le miriadi di informazioni e approfondimenti, normative e gestionali, che le coinvolgono ci inducono a talune riflessioni su queste problematiche in costante fermento. IL GIORNALE DEL REVISORE Appare sicuramente fondato il rilievo, mosso da più parti, sulla carenza normativa in relazione all’organo di controllo per l’individuazione degli strumenti operativi e sulle risorse indispensabili al suo esercizio. Come pure sarebbe oltremodo opportuno istituire e conseguentemente attribuire la normale funzione di controllo della gestione a professionisti come Revisori Contabili o società di revisione che di questa attività fanno il cardine della loro esistenza operativa. Si passerebbe così ad una cultura economico-aziendale dell’amministrazione delle Onlus, privilegiando forme assai efficaci di pubblicità e di trasparenza per scongiurare possibili abusi da parte di organizzazioni che effettuano la raccolta pubblica di fondi e usufruiscono di aiuti finanziari da enti e privati. L’authority per il terzo settore ha introdotto un organismo di controllo (art.3, c. 91 l. 662/96, ampliato dall’art.14 l. 15/5/99 n. 133) con poteri di indirizzo, promozione ed ispezioni e con lo scopo precipuo di verificare il rispetto della disciplina delle Onlus. Tuttavia urgono istituzioni e strutture decentrate ancorché la formazione di gruppi di verificatori con una mirata preparazione in grado di risolvere i disagi del settore. Concludiamo con l’auspicio che l’amministrazione si possa svolgere con altruismo e con amicizia “…grandissima: perché è bello a vedere, che tra loro non ponno donarsi cosa alcuna, perché tutto hanno del commune; e molto guardano gli officiali che nullo abbia più che merita. Però quanto è bisogno tutti l’hanno” (Tommaso Campanella, La città del Sole). 2. Elementi essenziali dell’organizzazione e direzione 2.1 Premessa Le Onlus non rappresentano un mero progetto economico, bensì un processo di partecipazione che coinvolge massimamente l’insieme di persone che versa inconsciamente in un “vuoto di senso” e che agogna, tuttavia, ad un “vivere ed interagire” per essere soggetto attivo e preponderante nel perseguimento dell’obiettivo comune, lo sviluppo stabile della società civile protesa al benessere crescente e generalizzato. Per raggiungere il risultato desiderato è indispensabile la collaborazione fattiva tra le persone, coordinando le azioni e ripartendosi gli sforzi nel modo più idoneo al fine di raggiungere risultati proficui; tale unità d’azione costituisce l’organizzazione, cioè la collaborazione costante tra le persone che hanno associato i propri sforzi nel perseguimento di un obiettivo comune. L’organizzazione poggia su determinati elementi: - l’esistenza di un obiettivo comune, cioè lo scopo che accomuna gli interessi di più persone; - un complesso di uomini e mezzi, cioè la presenza di un insieme di persone che si associano per concorrere, attraverso l’utilizzazione di una serie di strumenti, al perseguimento di un certo obiettivo; - uno sforzo armonico, cioè generare, per mezzo della combinazione ottimale delle risorse e dei mezzi disponibili, le condizioni indispensabili ad accertare l’effettivo raggiungimento dello scopo economico dell’organizzazione; - un sistema di relazioni, cioè l’integrazione e la coordinazione reciproca degli sforzi dei singoli attraverso la conoscenza dei flussi di lavoro, delle procedure e dei sistemi operativi. Ne discende che l’organizzazione risulta la coordinazione di uomini e mezzi per il perseguimento di uno scopo proficuo, realizzata attraverso un sistema simbiotico di rapporti tra i vari elementi interagenti. Per scongiurare situazioni incresciose di arbitrio in seno ad una qualsiasi forma associativa il gruppo organizzato postula l’istanza di un indirizzo, di un coordinamento e di un controllo sul gruppo medesimo, in grado di unificare gli sforzi ed orientare l’azione verso l’obiettivo comune, cioè invoca in forma apodittica la presenza di una direzione. 22 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 La direzione ha lo scopo di concretare gli intenti dell’organizzazione e si articola nei seguenti punti basilari: - pianificazione, secondo il Giannessi “la manifestazione delle facoltà indagatrici dell’uomo nei confronti dei fenomeni oggetto di osservazione, allorché questi hanno uno svolgimento susseguente rispetto al momento in cui avviene la formulazione del giudizio probabilistico”. È, quindi, la previsione delle condizioni futuribili di operatività in ottemperanza agli obiettivi da perseguire, nella quantificazione delle risorse da utilizzare, nella definizione del “modus operandi”; - predisposizione, cioè la preparazione di tutte le risorse umane e non di cui i piani si premuniscono; - realizzazione, cioè la concretizzazione dei piani preordinati secondo la modalità e la tempistica congetturata; - sincronismo e governo, ossia la combinazione in forma simbiotica di uomini e mezzi e la guida e assistenza al fattore umano nell’azione; - vigilanza e giudizio, cioè la verifica dell’adesione dei risultati alle prospettive e la misurazione dei relativi scostamenti rispetto ai valori standard precostituiti procedendo, quindi, con opportuni ed eventuali correttivi. Così la direzione può essere intesa come il criterio di indirizzo permanentemente aggiornato di un’organizzazione, attraverso azioni mirate “summo studio” in ordine al perseguimento in termini di massima efficienza ed efficacia degli obiettivi dell’organizzazione medesima. 2.2 Le variabili strutturali dell’organizzazione Il fenomeno organizzativo nasce da una coordinazione di sforzi finalizzati al perseguimento di certi obiettivi. Lo studio e l’interpretazione del fenomeno organizzativo sottende l’analisi delle sue strutture in presenza di due possibili variabili: - esterne al sistema organizzativo d’azienda, in cui spiccano la situazione di mercato, l’aspetto tecnologico e la condizione sociale; - interna al sistema, in cui predominano l’operatività delle persone che agiscono nel sistema, il complesso delle relazioni interpersonali, la capacità di funzionamento della struttura, le finalità istituzionali dell’azienda e la definizione dei centri di potere. La struttura organizzativa dell’azienda schematizza il variegato ambito delle scelte di divisione e di coordinamento dei compiti aziendali individuando l’area di potere e responsabilità. L’organizzazione aziendale delle Onlus si caratterizza per un’ampia complessità interna scaturente da un pregnante ricorso al fattore lavoro e dall’agire in ambiti differenti. Le variabili organizzative ad esse pertinenti sottendono il processo integrato di scelte in ordine alle seguenti peculiarità: - la struttura organizzativa; - i meccanismi funzionali; - la potestà organizzativa. La struttura organizzativa La struttura organizzativa dell’azienda viene definita dall’alta direzione che ne formalizza i vari elementi che la compongono per mezzo di: - mansionari, consistono nella descrizione dei compiti assegnati ad un organo aziendale; - job description, consta della raccolta in apposite schede dell’attività svolta; - prassi operativa, enuclea la specificazione delle procedure nello sviluppo dei compiti; - direttive, formalizzano i comportamenti previsti; - organigramma, rappresenta graficamente la struttura organizzativa aziendale. La struttura organizzativa discende da una serie di scelte afferenti determinati criteri di divisione del lavoro e di coordinamento dello stesso. La divisione del lavoro determina la specializzazione dei lavoratori in singole fasi del ciclo produttivo che si distingue in: - orizzontale, se considera la parcellizzazione delle attività aziendali tra i vari organi della struttura; - verticale, se diversifica le unità organizzative su vari livelli collegate tra loro, tuttavia, da rapporti gerarchici. Il coordinamento, invece, rappresenta l’azione di direzione unitaria della gestione. La struttura organizzativa che costituisce la risultante delle scelte di divisione e di coordinamento dei compiti aziendali può variare in ordine alle dimensioni dell’impresa. Le configurazioni delle diverse e più significative tipologie di strutture si distinguono in: - gerarchica, in cui il potere decisionale è sotto l’egida esclusiva dell’alta direzione; - funzionale, in cui il lavoro di direzione è suddiviso tra un determinato gruppo di capi specializzati per funzioni; - plurifunzionale, in cui la divisione del lavoro direzionale si differenzia per funzioni gestionali omogenee, che normalmente configura tre livelli organizzativi (direzione generale con il compito esclusivo di gestire l’azienda, direzione di funzione che gestisce l’area funzionale di competenza e unità operativa che esegue le direttive dei responsabili di funzione); - a matrice, in cui la divisione del lavoro si sviluppa in ordine all’attività gestionale e al progetto da sviluppare; - divisionale, in cui gli organi centrali sono fiancheggiati da responsabili di divisione: tipica struttura la cui produzione aziendale si diversifica fortemente sia sotto il profilo tecnico che commerciale. La scelta della struttura organizzativa delle Onlus discende primariamente dalle strategie aziendali relazionate alla combinazione servizio/mercato. Così in prima approssimazione alle Onlus si può attribuire una struttura alquanto elementare e lineare, considerato che queste unità operative si sviluppano principalmente in piccoli centri; la configurazione più adeguata può risultare in questi termini: | Educatori | Assistenti Direzione Generale | | | Psicologo Personale di sorveglianza | Personale amministrativo Se vogliamo ipotizzare un’evoluzione in senso funzionale della struttura che opera in un solo settore di attività si dovrà ricorrere all’ausilio di organi direttivi intermedi e nella fattispecie si proporrà così: Direzione Generale | | | | | | Approntamento Gestione Marketing Attività Attività del sevizio del personale amministrative finanziaria La presenza di una pluralità di settori operativi, da quello della formazione a quello dell’istruzione, ad esempio, suggerisce una nuova tipologia di organigramma che presentiamo: Direzione Generale | |___________ Controllo qualità | | | | | | Approntamento Gestione Marketing Attività Attività del sevizio del personale amministrative finanziaria | | |—-Servizio Rapporti Personali | |—-Servizio Formazione | |—-Servizio Istruzione 23 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE Inserzione pubblicitaria Inserzione pubblicitaria I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE Allorché la struttura presenta diverse linee di servizio e voglia mantenere la diversificazione di alcune competenze per linee funzionali si può ipotizzare il seguente organigramma: Direzione Generale | |___________ Controllo qualità | | | | | | Formazione Istruzione Rapporti Attività Attività | | Personali amministrative finanziaria | | | Approntamento Approntamento Approntamento del sevizio del sevizio del sevizio | | | Marketing Marketing Marketing | | | Gestione Gestione Gestione Personale Personale Personale Là dove si volesse mantenere le direzioni di funzioni da gestire unitariamente con la ripartizione a livello di linea di servizio lo schema risulterebbe il seguente: Direzione Generale | |___________ Controllo qualità | Comitato Formazione | Professionale ___________________ | Sordo-muti | | | | Formazione Professionale Soggetti Svantaggiati | |-Approntamento Servizio | |-Marketing | |-Gestione Personale | |-Attività Amministrativa | |-Attività Finanziaria Formazione Professionale Soggetti Non Svantaggiati Rapporti Personali Soggetti Svantaggiati | |-Approntamento Servizio | |-Marketing | |-Gestione Personale | |-Attività Amministrativa | |-Attività Finanziaria | |-Approntamento Servizio | |-Marketing | |-Gestione Personale | |-Attività Amministrativa | |-Attività Finanziaria La presenza di progetti di rilevante caratura consente l’attribuzione delle responsabilità secondo un criterio bidimensionale o a matrice che riportiamo di seguito: Direzione Generale | | | | Progetto Progetto Progetto Rapporti Personali Formazione Istruzione | | | | | | - Amministrazione ———––———————————————————— | | | | | | - Produzione —————————————————————————— | | | | | | - Personale —————————————————————————— | | | | | | - Finanza ——————————————————————————— | | | | | | - Marketing —————————————————————————— IL GIORNALE DEL REVISORE La proficuità per le Onlus della scelta tra le possibili strutture organizzative discende dai seguenti fattori: - connessione tra le funzioni di ciascuna linea di servizio; - capacità di diversificazione tra le linee di servizio; - acquisizione di economie di scala correlate a funzioni centralizzate; - individuazione del grado di specializzazione all’interno delle singole funzioni. I meccanismi funzionali Sono processi di funzionamento della struttura organizzativa. Nelle Onlus tali meccanismi devono assolvere alle seguenti condizioni: - definizione degli obiettivi; - raggiungimento delle competenze professionali da parte del personale impiegato; - acquisizione del supporto informativo indispensabile alla direzione. I fondamentali meccanismi funzionali coinvolgono i seguenti aspetti operativi: - di programmazione, pianificazione e controllo: consentono di preventivare anticipatamente i risultati attesi dalle singole unità e dall’impresa e di evidenziare durante la gestione l’aderenza dei risultati agli standard relativi con l’opportunità di segnalare le discrasie eventuali verificatesi e correggerle tempestivamente; - di informazione: permettono agli organi competenti di prendere le opportune decisioni in termini di scelta tra le alternative possibili e di verificare l’adeguatezza delle azioni prese; - di gestione del personale: accolgono l’opportunità di valorizzare ed incentivare le risorse umane aziendali. Nelle Onlus tali meccanismi, espressi in forma assai schematica, possono essere rappresentati come: Processo di pianificazione che si concreta attraverso: - le analisi ambientali esterne; - le analisi ambientali interne; - la definizione di obiettivi mirati; - la precisazione dell’iter operativo; - la selezione delle alternative procedurali; - la compilazione di un sistema di piani; - l’attuazione e la revisione dei risultati. Processo di programmazione che si sviluppa con: - la parcellizzazione del piano in budget; - la fissazione delle azioni operative; - l’analisi degli obiettivi strategici del piano; - l’assimilazione e contestualizzazione delle varie fasi operative. Processo di controllo che si realizza per mezzo di: - accertamento delle azioni da controllare; - quantificazione delle azioni medesime; - attribuzione dei centri di responsabilità e conseguente affidamento degli obiettivi preconizzati; - valutazione del servizio; - raffronto dei risultati raggiunti con gli obiettivi prefissati e rilevazione degli scostamenti eventuali; - ponderazione delle cause di scostamento e individuazione dei correttivi. Potestà organizzativa Rappresenta il criterio di direzione che l’impresa tende a realizzare e al quale si devono uniformare i vari manager nella gestione del proprio ruolo. Concretamente si identifica e si configura come: - forma di ascendenza sui lavoratori: discende primariamente dai mezzi usati dalla direzione e assume la qualifica di autoritativa (passiva accettazione del giudizio), persuasiva (accettazione consapevole del giudizio), manipolativa (induzione al giudizio con azioni artefatte) ed emulativa (accettazione del giudizio per imitazione del comportamento del manager e simili); - atteggiamento direzionale: si esprime attraverso un archetipo partecipativo ovvero un prototipo autoritario a seconda dell’adesione dei lavoratori al processo decisionale. Uno schema possibile di atteggiamento direzionale adattabile alle Onlus può essere il seguente: 26 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 Direzione Onlus | | | Autoritario Partecipativo | Decisioni irremovibili del Manager | | | Decisioni suscettibili di variazione Presentazione del problema accettando suggerimenti da parte del dipendente Definizione del problema con una certa area di discrezionalità affidata ai dipendenti Coinvolgimento dei lavoratori “ab ovo” nella definizione del problema - comportamento dei lavoratori: si concreta in una posizione di accettazione o di rifiuto delle direttive; - gestione della conflittualità: lo scopo fondamentale della direzione è quello di scongiurare tali situazioni o quanto meno di limitare i danni eventuali, attivando modifiche nel rapporto di lavoro con i dipendenti, in merito alla distribuzione dei compiti, al sistema di sicurezza, alla remunerazione e quant’altro attinente al perfezionamento della personalità del lavoratore stesso. Nelle Onlus il problema della conflittualità non assume rilevanza trattandosi per lo più di personale volontario e senza vincoli contrattuali. 2.3 Le funzioni determinanti del processo di direzione Il termine direzione equivale a quello di management nella terminologia anglosassone e si assimila ad una determinata attività svolta da particolari soggetti detti manager. Concretamente il management si dispiega su molteplici e variegati livelli di autorità secondo complesse competenze specialistiche operative. La direzione assume la funzione di realizzare gli obiettivi dell’organizzazione attraverso vari organi che devono essere in grado di assumere il ruolo di concretare le scelte aziendali. All’interno dell’azienda sussistono determinati ruoli direzionali: - alta direzione; - direzione intermedia; - direzione di base. La direzione aziendale si occupa della elaborazione e gestione della progettualità e della coordinazione delle risorse e si realizza con l’acquisizione dei fattori produttivi e la loro combinazione ottimale. La direzione rappresenta il momento più elevato della gestione in quanto esprime azioni di decisione e controllo che si identificano con mirate funzioni e compiti e si compendia con: - la programmazione, rappresenta l’attività direzionale volta a definire gli obiettivi aziendali e consiste in un processo razionale e sistematico di definizione degli obiettivi strategici e operativi aziendali. Le fasi della programmazione si originano come: 1) studio delle condizioni di partenza e delle possibili evoluzioni; 2) analisi delle condizioni endogene; 3) specificazione degli obiettivi globali; 4) attivazione delle strategie; 5) composizione del programma generale; 6) valutazione dei risultati; 7) attuazione del programma; 8) controllo dei risultati; 9) specificazione delle discrasie riscontrate; 10) ricomposizione dei programmi - l’organizzazione, individua l’azione tesa a definire le strutture, i metodi e le procedure più idonee al perseguimento degli obiettivi stabiliti dal programma; - il comando, esprime il potere che i dirigenti esercitano sui subordinati, vincolandoli a specifici comportamenti, al fine di garantire la realizzazione dei programmi; - il controllo, consiste nella verifica periodica dei programmi e budget e dei dati consuntivi e consente, attraverso l’evidenziazione degli scostamenti, la misurazione del grado di perseguimento del programma e suoi obiettivi; - l’informazione, rappresenta un fondamentale requisito del funzionamento del sistema aziendale che consente ai vari organi la realizzazione dei propri compiti e l’attivazione di un autocontrollo sulle proprie prestazioni; - la motivazione, deriva dal coinvolgimento emotivo del personale nella politica aziendale. E’ compito della direzione realizzare il processo di coesione interna e di massima cooperazione così che i fini dell’organizzazione vengano assimilati come propri dai dipendenti, realizzando strumenti di partecipazione e di incentivazione. Nelle Onlus, in particolare, la direzione assume le seguenti caratteristiche peculiari: - cultura di economicità, produrre non solo su base economica ma con la capacità a perseguire risultati solidali; - attitudine ad ottemperare un dualismo gestionale, asseverare la coesistenza di una condizione di estrema razionalità gestionale condivisibile con uno status a forte valenza emotiva; - sussistenza di abilità alla cooperazione, la tendenza a creare una capacità permanente e seduttiva a comunicare le motivazioni a collaborare, a sviluppare la dimensione di utilità, a condividere le azioni di sostegno. Tale condizione si estrinseca ad appannaggio esclusivo del personale che trova concretezza nei meccanismi operativi di gestione della carriera del volontariato; - gestione contabile razionale, con la realizzazione del divenire aziendale improntato all’equilibrio tra costi razionalizzati e benefici conseguiti, come condizione trascendente il mero atto amministrativo o di puro contesto altruistico; - contemperamento tra domanda e mercato, promuovere le cause giuste nella società civile; - capacità di coesione tra pubblico e privato, stimolare e orientare la capacità di assorbimento dei servizi offerti verso il settore pubblico o privato in ottemperanza ad istanze contingenti; - promozione del sistema qualità, favorire l’acculturazione della qualità etica e assecondare le prescrizioni istituzionali; - propensione ad una gestione finanziaria innovativa, creare condizioni di finanziamento coerenti con l’istituzione del non profit, assecondando impieghi coerenti con i fini ed efficaci nei risultati; - predisposizione ad attivare condizioni prospettiche futuribili, programmare la vita aziendale in modo che ci sia continuità nell’ipotizzare gli accadimenti futuri aziendali. La direzione, infine, deve tener debitamente conto della “variabile tecnologia” nell’espletamento delle sue funzioni per i riflessi che essa può produrre nella gestione che possiamo individuare come: - velocizzazione nell’organizzazione del servizio, la telematica, infatti, consente di accorciare “le distanze e i tempi” nella distribuzione della prestazione; - maggiore interazione con l’ambiente esterno, si intessono più scambi di conoscenze e di esperienze con diverse realtà esterne all’azienda; - esito delle donazioni on line, determina sicuramente una modificazione strutturale dell’organizzazione aziendale. Così la direzione è chiamata alla definizione di politiche che assecondino ampiamente lo sviluppo della variabile tecnologica creando una vera e propria struttura di supporto come piano strategico intrinseco alla programmazione aziendale. La direzione, tuttavia, nella realizzazione del servizio deve appurare la sussistenza delle condizioni di efficienza ed efficacia: efficienza del processo produttivo assicurando le innovazioni sotto il profilo tecnico ed economico, efficacia misurando il grado di corrispondenza del servizio ottenuto con quello programmato. 2.4 Conclusione L’organizzazione e la direzione illustrano il modello di rappresentazione dell’azienda che si fonda sull’osservazione dei rapporti valoriali che ne determinano la consistenza economica, ossia sull’analisi dei fattori produttivi impiegati e delle relazioni che tra loro intercorrono. Le Onlus contribuiscono, attraverso una sana organizzazione e direzione, alla crescita di una cultura della solidarietà che favorisce e incoraggia le diverse forme di volontariato. Le Onlus, come ogni forma di agglomerazione economica, perseguono le finalità istituzionali con una gestione che possa “condurre l’impresa verso il suo scopo cercando di trarre il miglior partito possibile da tutte le risorse delle quali dispone”. Henri Fayol, Direzione industriale e generale, Milano, Franco Angeli Editore,1964, pag. 28. 27 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE CONSORZI AGRARI PROVINCIALI IN LIQUIDAZIONE C. A. CON ESERCIZIO PROVVISORIO: «CALCOLO DELL’IRAP» n el caso di un Consorzio Agrario Provinciale in liquidazione coatta amministrativa con esercizio provvisorio, tenuto conto che il Consorzio redige due bilanci, uno limitatamente alle attività svolte durante l’esercizio provvisorio (e quindi di sola gestione) e l’altro consolidato, nel quale vanno a confluire non solo le operazioni di pura gestione, ma anche tutte quelle operazioni inerenti la liquidazione (come, ad esempio, ricavi relativi alla vendita di immobili, attrezzature e così via, e costi come l’onere del personale, spese di carattere generale imputabili all’attività liquidatoria che esulano, ovviamente, dall’attività dell’esercizio provvisorio), su quale reddito deve essere calcolata l’IRAP? In altri termini, l’IRAP va calcolata esclusivamente sul risul- IL GIORNALE DEL REVISORE Nel caso di esercizio provvisorio l’IRAP va calcolata sul risultato inerente tale esercizio di Gaetano Carnessale tato inerente l’esercizio provvisorio o va calcolata sul risultato emergente dal bilancio consolidato nel quale confluiscono anche operazioni straordinarie riferite alla liquidazione coatta amministrativa? Sul quesito la Direzione Regionale delle Entrate per l’Abruzzo del Ministero delle Finanze così si è espressa: “Esaminata la norma istitutiva di tale imposta la Scrivente non rileva ai fini della tassazione nessun specifico riferimento a situazioni straordinarie di procedure concorsuali, per cui 28 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 va applicata la norma in generale. La norma infatti stabilisce che ai fini IRAP viene assoggettato a tassazione il valore della produzione netta dei soggetti che abitualmente producono o scambiano beni ovvero prestano servizi. Sono soggetti passivi oltre alle società, enti, persone fisiche e consorzi, compresi quelli in liquidazione volontaria o sottoposti a procedure concorsuali (fallimento e liquidazione coatta amministrativa) con esercizio provvisorio. L’Amministrazione finanziaria con proprie circolari esplicative ribadisce solo il concetto che, nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa, l’assoggettamento all’IRAP è subordinato al presupposto dell’esercizio provvisorio. Per quanto sopra esposto in mancanza di precise istruzioni ministeriali in merito, la scrivente ritiene che tale imposta vada applicata solo sul risultato che deriva dal bilancio provvisorio, escludendo quei valori riferibili alle operazioni connesse con la procedura di liquidazione coatta amministrativa, per le quali sarà tenuta una distinta contabilità. Del resto è facile capire che le due attività, ubbidendo ad esigenze diverse (quella del risultato dell’esercizio anche se provvisorio e quella del soddisfacimento degli interessi dei creditori derivante dalla liquidazione) anche ai fini fiscali seguano ognuna le proprie regole. Analoga risposta è stata fornita dal Dipartimento delle entrate del Ministero delle Finanze, Ufficio delle entrate di Teramo: “In caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa, trova applicazione il disposto dell’art.19, comma 6 del Dlgs n. 446/97, in base al quale il presupposto di applicazione dell’imposta si verifica salo a condizione che vi sia esercizio provvisorio dell’impresa. L’art.4, comma 2 del citato decreto, stabilisce che l’IRAP si applica sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della Regione. Quindi per l’applicazione dell’IRAP, in caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa, occorre fare riferimento al valore della produzione netta in relazione ad ogni singolo periodo di imposta dell’esercizio provvisorio, giacché, in LO SCHEMA PER LA DETERMINAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE È QUELLO RICAVABILE DALLE VOCI DI CONTO ECONOMICO DI CUI ALL’ART.2425 COMMA 1 DEL C.C. assenza di detto esercizio provvisorio, non sussiste obbligo di dichiarazione IRAP (fatta eccezione che per la dichiarazione iniziale, cioè quella relativa al periodo che va dall’inizio dell’esercizio alla data di avvio della procedura), in quanto le procedure concorsuali non sono considerate esercizio di attività produttiva. Come precisato nella Circ. n. 141/E del 4 giugno 1998, la base imponibile dell’IRAP è determinata dalla differenza tra la somma delle voci classificabili nel valore della produzione di cui all’art. n. 2425, comma 1, lett. a) c.c. e la somma di quelle classificabili nei costi della produzione di cui allo stesso art. n. 2425. comma 1, lett. b), escluse le perdite su crediti e le spese per il personale dipendente. Di conseguenza lo schema da seguire per la determinazione della base imponibile IRAP, in caso di esercizio provvisorio, è quello ricavabile dalle voci del conto economico sopra specificate in relazione al bilancio per l’attività dell’esercizio provvisorio. Bisogna ulteriormente tener conto che l’esercizio provvisorio, di cui all’art.90 L.F. è un istituto eccezionale in base al quale si dispone la continua- 29 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 zione dell’esercizio dell’impresa del fallito e che non ha finalità di conservazione o di risanamento, ma solo quella di consentire una liquidazione a condizioni più favorevoli. quindi non ha le caratteristiche di una vera e propria attività imprenditoriale. Tuttavia i debiti sorti durante l’esercizio provvisorio sono debiti di massa e perciò da pagarsi in produzione, per cui gli eventuali debiti IRAP non sono debiti concorsuali. In ogni caso si esclude l’applicabilità dell’imposta in parola al risultato emergente dal bilancio consolidato relativo alla procedura di liquidazione, in quanto nello stesso sono evidenziate esclusivamente poste a contenuto patrimoniale che non rilevano nella determinazione della base imponibile dell’IRAP Inoltre, si evidenzia come, ai sensi delll’art.19, comma 6, del Dlgs 446/97, se non vi è esercizio provvisorio, i soggetti sottoposti a procedura fallimentare o di liquidazione coatta amministrativa non hanno l’obbligo di presentare, ai fini IRAP, la dichiarazione finale relativa alla chiusura della procedura”. Gaetano Carnessale IL GIORNALE DEL REVISORE L E T T E R E a cura della redazione Pensione e incompatibilità con l’iscrizione ad albi. Commento ad una sentenza del tribunale di Lucca. Abbiamo sempre sostenuto essere anticostituzionale, illogica oltre che penalizzante, la norma che prevede l’incompatibilità della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi professionali, elenco di lavoratori autonomi, ecc. contenuta nel regolamento della cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei ragionieri e periti commerciali. Nella fattispecie si è voluto inserire tra le incompatibilità l’iscrizione del soggetto nel registro dei Revisori Contabili appunto perché ritenuta categoria professionale legalmente riconosciuta. Il nostro istituto si e associato all’azione giudiziaria promossa dal nostro iscritto Dr. Vito Tozzi di Lucca, nell’intento di vedere affermata, nelle opportune sedi, l’incostituzionalità di una simile coercizione. A tale proposito è stato adito il Tribunale di Lucca il quale, con sentenza del 5 febbraio corrente anno, sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte Costituzionale con la seguente motivazione: “Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di incostituzionalità dell’art. 3 comma secondo legge 30 dicembre 1991 n. 414 in relazione agli artt. 3 e 4 primo comma della costituzione nella parte in cui prevede l’incompatibilità della corresponsione della pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dall’albo professionale dei ragionieri. Dispone la rimessione degli atti alla corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio fino alla decisione. Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere”. Lucca 5 febbraio 2002 Superfluo ogni commento! Ma non possiamo esimerci dal rivolgere un particolare ringraziamento all’avv. Mario LazzaIL GIORNALE DEL REVISORE retti di Viareggio, titolare dello studio legale omonimo per la diligenza e perizia con le quali ha condotto la vertenza. ... Esercizio della professione di Consulente del Lavoro. Con riferimento all’oggetto della presente e a quanto reiteratamente sostenuto sul Vostro Organo di stampa (“Il Giornale dei Revisori”), si comunica che abbiamo dato disposizione ai Consigli Provinciali di sottoporre al vaglio del Giudice penale situazioni concrete di attività professionale riservata ai Consulenti del Lavoro e svolta da semplici Revisori Contabili. Distinti saluti Gabriella Perini Le minacce contenute nella lettera che pubblichiamo non meritano considerazione. Noi non abbiamo bisogno dell’intervento della magistratura per sapere quali sono i nostri diritti e conseguenti doveri. Se la collega Perini la pensa diversamente faccia pure, non saremo certo noi a spaventarci. Modesto Bertolli ... Un altro riconoscimento per i Revisori Contabili. Il Ministero dell’Economia e delle FinanzeAgenzia delle Entrate, con la risoluzione 7 febbraio 2002 n. 38/E, in accoglimento di analoga proposta del Presidente dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili Rag. Modesto Bertolli, ha dato atto dell’elevato livello professionale e dell’alta formazione morale di cui è dotato il revisore Contabile, al quale viene riconosciuto il possesso di rigorosi requisiti, individuati nel Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 88 e dell’importanza della funzione, connessa all’espletamento delle attività di controllo sui bilanci e sui documenti contabili, motivo per cui l’Amministrazione Finanziaria dello Stato possa usufruire della professionalità dei Revisori Contabili medesimi, per lo svolgimento di attività di assistenza ai contribuenti, relati30 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 vamente alle comunicazioni di irregolarità delle liquidazioni delle dichiarazioni dei redditi ed agli avvisi bonari di pagamento. La risoluzione ministeriale conclude che è da ritenersi consentito ai Revisori Contabili, iscritti nel Registro, tenuto dal Ministero di Grazia e Giustizia di cui al Dlgs n. 88/1992, l’accesso agli sportelli riservati ad altri professionisti presso alcuni Uffici delle Entrate. È appena il caso di rilevare che con l’art. 3, comma 9, della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (Legge Finanziaria 2002) a conferma del riconoscimento dell’alta professionalità dei Revisori Contabili, è stata attribuita agli stessi la competenza per la redazione di relazione giurata di stima, cui si applica l’art. 64 del Codice di Procedura Civile, in connessioni a partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati, per stabilire il valore dell’intero patrimonio sociale dell’impresa. Attenzione necessita porre al fatto che le Società che si avvalgono delle disposizioni dell’art. 3, dinanzi citato, sono tenute a versare l’imposta sostitutiva di cui al 1° comma del precitato art. 3, sempre della legge 448/2001. Per i Revisori dei Conti degli Enti Locali è d’uopo segnalare il comma 8 dell’art. 19 della legge n. 448/2001, laddove precisa che a decorrere dall’anno 2002, gli Organi di Revisione Contabile degli Enti Locali di cui all’art. 2 del T. U. delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali di cui al Dlgs 18 agosto 2000 n. 267, accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno del personale siano improntati al rispetto del principio di riduzione complessiva della spesa di cui all’art. 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 e successive modificazioni e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate. Ai Revisori Contabili è consentito, inoltre, l’invio telematico delle dichiarazioni. La categoria ringrazia sentitamente il Presidente Bertolli, con l’auspicio che l’azione proficuamente intrapresa possa continuare “ad majora premunt”. Francesco Arcadio L E T T E R E Revisori e consulenti del lavoro. Requisiti per la nomina Riscontro, come Revisore Contabile e a componente del Collegio Consulente del Lavoro, la nota della Pre- dei Revisori sidente del C.N. Consulenti del Lavoro Gabriella Perini in merito allo svolgimento della attività di Consulente del Lavoro che, a suo avviso, è preclusa ai Revisori Contabili ai sensi dell’art. 1 Legge 12/79 istitutiva dell’Ordinamento dei Consulenti del Lavoro. È vero quanto la Presidente Perini asserisce, ma è altrettanto vero che la legge istitutiva è del 1979 mentre i Revisori Contabili sono stati riconosciuti con D. Lgs. 88 del 27/01/92 che ha recepito la normativa comunitaria (direttiva CEE n. 84/253). Pertanto, essendo i Revisori Contabili nati dopo il 1979, non potevano essere previsti nell’art. 1 Legge 12/79. I professionisti delle attività economiche previsti al 1° Comma dell’art. 1 Legge 12/79 possono svolgere la professione di Consulente del Lavoro ma non possono fregiarsi del titolo. Alla stessa stregua, per analogia con le altre professioni economiche i Revisori Contabili, seguendo lo stesso iter dei Ragionieri, Dottori e Avvocati, possono svolgere la professione di Consulenti del Lavoro ma non possono fregiarsi del titolo, e nessuno vuole fregiarsi del titolo. D’altronde, non sono più professionali i Revisori Contabili dei CED? Un’ultima annotazione infine, l’art. 1 Legge 12/79 alla fine recita: “Presso il Ministero del Lavoro e P.S. è istituito un comitato di monitoraggio, composto dalle associazioni di categoria e dei rappresentanti degli ordini e collegi di cui alla presente legge e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, allo scopo di esaminare i problemi connessi all’evoluzione professionale ed occupazionale del settore”. Credo, con la presente, di aver chiarito che l’esercizio della professione dei Consulenti del Lavoro possa a pieno titolo essere svolta anche dai Revisori Contabili che hanno una professionalità tale da non dover essere contestata in alcun modo. Con molta cordialità. Giovanni B. De Muzio Il Delegato Distrettuale di Pisa ci sottopone il testo dell’art. 17 dello Statuto del Consorzio Universitario di Pisa (approvato il 3 dicembre 1989), il quale prevede che “il collegio dei revisori dei conti è composto da tre membri effettivi e due supplenti, eletti dall’assemblea, da scegliersi tra gli iscritti agli Albi dei dottori commercialisti” e con ciò sembrerebbe escludere la legittimazione dei Revisori ad essere nominati membri del collegio dei revisori del Consorzio in questione. La lettera dell’art. 17 dello Statuto è estremamente precisa nell’escludere i revisori contabili; eppure è evidente il paradosso cui darebbe luogo un’applicazione che fosse coerente con le espressioni letterali dell’art. 17, nominando revisori dei conti del Consorzio tutti tranne i Revisori Contabili. - Il Registro dei Revisori Contabili è stato istituito presso il Ministero della Giustizia con il D. Lgs. 27 gennaio 1992 n. 88, il cui art. 1 prevede che l’iscrizione nel registro è l’unica condizione che dà diritto all’uso del titolo di revisore contabile. Per l’art. 3 l’iscrizione al registro è condizionata al superamento di un esame, che il Ministero della Giustizia indìce annualmente e al quale possono essere ammessi solo: a) coloro che hanno svolto, presso un revisore contabile un tirocinio triennale, avente ad oggetto il controllo di bilanci di esercizio e consolidati, ovvero b) i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici che abbiano svolto un tirocinio della durata di tre anni presso un funzionario pubblico abilitato al controllo legale dei conti. L’esame previsto dall’art. 3 consiste in prove scritte e orali dirette all’accertamento delle conoscenze teoriche del candidato e della sua capacità di appli31 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 carle praticamente, nelle materie che seguono: a) contabilità generale; b) contabilità analitica e di gestione; c) disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati; d) controllo della contabilità e dei bilanci; e) diritto civile e commerciale; f ) diritto fallimentare; g) diritto tributario; h) diritto del lavoro e della previdenza sociale; i) sistemi di informazione e informatica; l) economia politica e aziendale e princìpi fondamentali di gestione finanziaria; m) matematica e statistica. - L’istituzione del Registro dei Revisori Contabili, che abilita i soggetti al controllo legale dei conti, ha inciso anche sulle norme del codice civile. L’art. 2397 c.c. (come modificato dall’art. 21 proprio del D. Lgs. 27 gennaio 1992 n. 88) regola la composizione del collegio sindacale delle società per azioni e prevede che “i sindaci devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia”. La funzione di revisione dei conti è quindi ora, alla luce della disciplina introdotta con il D. Lgs. 88/1992, prerogativa dei Revisori contabili iscritti nel Registro tenuto dal Ministero della Giustizia, sia che essi siano iscritti anche in un Albo professionale, sia che non lo siano (atteso che l’esame per l’iscrizione al Registro – visto l’elenco sopra descritto – verte su materie in gran parte coincidenti con quelle che formano oggetto dell’esame per l’iscrizione all’Albo dei dottori commercialisti). - Alla luce di quanto sin qui detto, non si può dubitare che l’art. 17 dello Statuto del Consorzio vada letto alla stregua della disciplina sopravvenuta, introdotta con il D. Lgs. Del 1992, che ha definito le funzioni e disciplinato il profilo della professione di Revisore Contabile ed ha obbligato, ad esempio, le società per azioni a nominare come membri del collegio sindacale solo i revisori contabili iscritti nell’apposito registro. IL GIORNALE DEL REVISORE N O T I Z I E A S S O C I A T I V E Impegno dei delegati sulla formazione professionale a cura della Segreteria generale Una delle immagini dell’assemblea dei delegati tenutasi nella sede dell’Istituto il 19 aprile 2002 L’assemblea annuale dei delegati dello scorso 19 aprile ha segnato un’importante e significativa verifica della crescita e dei programmi dell’INRC. Sorprendentemente numerosa la apprezzata partecipazione, mirati e costruttivi i diversificati e qualificanti interventi che hanno portato all’approvazione unanime, dopo un vasto dibattito sugli obiettivi conseguiti e sulle linee proposte, dei bilanci consultivo 2001 e preventivo 2002. Questa la sintesi di una giornata tutta speciale nella quale i delegati, tra i quali numerosi giovani, si sono impegnati a meglio potenziare la presenza delle 164 delegazioni in Italia, con lo sguardo rivolto all’Europa dei Revisori Contabili mai come ora vicina e necessaria nel confronto professionale globalizzato. Ne è scaturita pure l’urgenza di una forte, reale identità del Revisore Contabile che possa maggiormente contrastare e conquistare in qualità professionale e organizzativa le aree di competenza, ove le potenti Società internazionali di revisione intendono “farla da padroni” con risultati anche recentemente negativi e pesanti per le aziende revisionate. Mai come ora “l’unione fa la forza” e l’INRC pone la propria struttura e IL GIORNALE DEL REVISORE competenza a disposizione delle categorie professionali che intendono operare costruttivamente per rendere più efficace la tutela di un titolo che già unisce professionalmente tutta l’Europa e che, considerate le particolari caratteristiche dei 130 mila iscritti al registro, rappresenta la naturale legge quadro italiana delle professioni. In esso, infatti, sono inclusi gli Avvocati, i Dottori e Ragionieri Commercialisti, i Consulenti del Lavoro, gli ex dipendenti e funzionari pubblici. Un titolo oggi qualificato e conseguibile con un iter universitario di altissimo livello che ha determinato la integrazione delle materie di studio dei Dottori e Ragionieri commercialisti per consentire loro di poter conseguire senza ulteriori esami integrativi il riconoscimento professionale di Revisore Contabile. E non è possibile in un’epoca di grandi evoluzioni non imprimere con maggiore forza iniziative che esternino la 32 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 capacità dell’INRC di camminare alla pari dei mutevoli tempi In primis con l’acquisizione di ulteriori riconoscimenti legislativi, in secundis, ma contestualmente, nel dare corso ad una fitta, moderna organizzazione con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie dei media per consentire agli iscritti una formazione continua, riducendo al minimo i costi e la perdita di prezioso tempo. Sono sfide indifferibili per non essere emarginati “dall’area che conta” delle professioni italo-europee. Riscopriamo quindi e valorizziamo il nostro storico e indiscutibile patrimonio professionale. Esso rappresenta il necessario avviamento, oggi indispensabile, per salvaguardare la nostra identità nelle diversità di fronte all’inarrestabile crescita e confronto nella nuova Europa delle professioni. Il Segretario generale Virgilio Baresi Speciali condizioni di acquisto riservate da Fiat Auto ai revisori contabili iscritti all’Istituto Nazionale Revisori Contabili Validità: dallo 01/01/02 al 31/12/02 Siamo lieti di comunicarvi che Fiat Auto ha predisposto il rinnovo delle speciali condizioni di acquisto riservate ai revisori contabili iscritti all’Istituto Nazionale Revisori Contabili. I trattamenti riservati alla Vostra categoria sono i seguenti: MARCA FIAT Modelli PANDA/PALIO W STILO Altri modelli sconti a cliente 5% 11% 12% VEICOLI COMMERCIALI Modelli PANDA VAN Altri modelli sconti a cliente 5% 14% MARCA LANCIA Modelli Tutti i modelli sconti a cliente 12% MARCA ALFA ROMEO Modelli Tutti i modelli sconti a cliente 12% Tutti i trattamenti di sconto sopra espressi si intendono praticati sul Listino detassato comprensivo di eventuali optional e non sono cumulabili con altre iniziative promozionali che non siano specificamente predisposte per la categoria Revisori Contabili. Inoltre, i trattamenti di sconto in oggetto si riferiscono esclusivamente ai veicoli compresi nei vigenti listini Fiat, Lancia, Alfa Romeo e nelle Versioni attualmente commercializzate. DIREZ. MARKETING E COMMERCIALE MERCATO ITALIA AZIENDE E UTENZE PROFESSIONALI Strada della Manta, 2 - 10137 Torino Tel. (011) 68.31.111 - Casella Postale 1202 Telegrammi Fiatauto - Torino FIAT AUTO S.p.A. Corso G. Agnelli, 200 - 10135 Torino Capitale Sociale EURO 1.800.000.000 R.I. Ufficio di Torino n. 70998/2000 REA Torino n. 934697 Comm.Estero - Posiz. CCIAA TO 084920 Cod. Fiscale / P.IVA07973780013 Fiat Auto S.p.A. I L P A R E R E D E L L ’ E S P E R I quesiti dei lettori REVISORI E CONSULENTI DEL LAVORO In riferimento alle risposte di cui alla rubrica “i quesiti dei lettori” pubblicata nel “Il giornale del Revisore” numero 4/5 luglio/ottobre e numero 6 del nov/dicembre vi segnalo che dopo aver contattato il locale Ispettorato del lavoro, per ottenere informazioni circa l’abilitazione e il riconoscimento quale consulente del lavoro, ho ottenuto come risposta che tra i soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di consulente del lavoro (L.12/1979) non risultano i Revisori Contabili. Quale strada devo quindi percorrere? Con quale forma e a chi devo indirizzare la mia richiesta? Nell’attesa cordialmente saluto. Nicola Zambello RISPOSTA È ovvio che una legge del 1979 non potesse prevedere i Revisori Contabili nati nel 1992. Quindi ripresentati all’Ispettorato, spiegati, pretendi la risposta scritta e trasmetticela tempestivamente. Al resto penseremo noi. Per avere una risposta nella rubrica “I quesiti dei lettori” inviate le vostre domande a: [email protected] riportando sempre il numero e la data di scadenza della tessera di iscrizione all’Istituto. IL GIORNALE DEL REVISORE SULLA NOMINA A SINDACO DI SOCIETÀ CONTROLLATA Una società controllante doveva procedere alla nomina del collegio sindacale di una sua controllata ed io ero il candidato indicato dal Presidente della Società, in accordo con altri Consiglieri di amministrazione, che doveva essere nominato Presidente del Collegio. Un consigliere del C.d.A. della controllante, quando è stato fatto il mio nome, ha detto che in vista della quotazione in Borsa della controllante sarebbe stato opportuno nominare Sindaco un componente del Collegio sindacale della controllante stessa, come prevede la normativa (?) e così è avvenuto in quanto gli altri Consiglieri non sono stati in grado di controbattere quanto dallo stesso affermato. Mi ricordo che la norma che non riesco a trovare diceva l’esatto contrario, addirittura stabiliva che non poteva essere nominato sindaco di una controllata un sindaco della controllante se non era trascorso un certo periodo di tempo dalla cessazione dell’incarico nella controllante. La cosa per me è del massimo interesse per prossime nomine che deve effettuare la stessa società e gradirei sapere se siete in grado di aiutarmi a ritrovare la norma che regola la materia. Con vive cordialità RISPOSTA Le norme di riferimento dovrebbero essere l’art. 2399 c.c. e l’art. 148 comma 3 T.U. intermediazione finanziaria. Quest’ultimo, in particolare, prevede che “non possono essere eletti sindaci e, se eletti, decadono,.... c) coloro che hanno rapporti di lavoro autonomo o subordinato con la società o con le so- 34 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 T O a cura dell’I.N.R.C. cietà che sono da questa controllate o che la controllano”. SULLE TARIFFE PROFESSIONALI Sono con la presente cortesemente a richiedere se, per la redazione di una perizia giurata di stima alla data del 1° gennaio 2002 sul patrimonio sociale di una società le cui quote non sono negoziate nei mercati regolamentati, ai fini e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 5 L. 448/2001 “Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati”, un iscritto all’elenco dei Revisori Contabili possa richiedere un onorario determinato a norma dell’art. 31 Dpr 645/94 “Regolamento recante la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle spese per le prestazioni professionali dei dottori commercialisti”. Distinti saluti. Stefano Girotto RISPOSTA Abbiamo più volte sostenuto che le tariffe servono solo a titolo di orientamento atteso che il giudice adito può non tenerne conto avendo liberta decisionale valutabile caso per caso. Il richiedente quindi applichi quella ricordata con la speranza che il cliente la accolga di buon grado. Ricordiamo e raccomandiamo sempre di farsi dare il mandato dal cliente e prendere opportuni accordi prima di accettare l’incarico. Vedi anche ns. risposta pag 29 de “Il giornale del Revisore” n. 1/02, e al nostro sito risposte ai quesiti www.revisori.it I L P A R SULLA NOMINA A SINDACO DI SOCIETÀ NON QUOTATA Egregio Presidente, Sono un Vs. iscritto e vorrei sapere se mi è consentito assumere la carica di Presidente del Collegio Sindacale in una SPA non quotata. Qualche quotidiano ha riportato la notizia che per assumere la presidenza è necessaria l’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri. Distinti Saluti F. Console RISPOSTA No, falso. È vero semmai il contrario perché la legge non ammette gli iscritti agli ordini dei dottori e ragionieri ai collegi sindacali se non sono anche “Revisori Contabili” INFORMAZIONI SULL’ISCRIZIONE ALL’ISTITUTO sono Laureato in Economia e Commercio e il giorno 23/02/2002 ho sostenuto gli esami di dottore commercialista facendo regolare tirocinio di tre anni dal 1998/2002 presso lo studio del Dott. Brancato vs. associato. Cosa devo fare per l’iscrizione al vs. Istituto? Per l’iscrizione di un avvocato già abilitato che esercita la libera professione è in automatico Grazie attendo risposta. Nicola Lo Duca RISPOSTA Senza la qualifica di revisore contabile non è possibile l’iscrizione al ns istituto se la qualifica esiste potrà visitando il ns sito www.revisori.it trovare tutte le istruzioni per la iscrizione. E R E D E L L ’ ABILITAZIONE DEI REVISORI ALLA REDAZIONE DI PERIZIE Sono iscritto all’I.N.R.C dall’attestato 3416/98. Per effetto della cessione di quote sociali in una società mia cliente avrei bisogno di un chiarimento relativamente ai professionisti abilitati a redarre la perizia; leggo infatti su Finanza & Fisco pag. 764 anno 2002 che riporta la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 12 E del 31/01/2002 : “Come specificato dall’art. 5, comma 1, detta perizia deve essere redatta, con le responsabilità sancite dall’art. 64 del codice di procedura civile, esclusivamente da soggetti iscritti all’albo dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali, nonché nell’elenco dei revisori. La relazione giurata di stima deve essere riferita all’intero patrimonio sociale.” Il dubbio che mi sorge è dovuto al “nonché”: l’italiano non è più una lingua dalla grammatica ferrea e spesso la concordanza a senso non corrisponde alla grammatica. La concordanza a senso può essere condizionata dal desiderio di avere la risposta che si desidera, la grammatica invece dovrebbe dare la certezza; quando invece si tratta di leggi, circolari e quant’altro proveniente da organismi statali bisogna fare i conti con il Burocratese dove tutto può anche essere il contrario di tutto. La mia domanda è: i Revisori Contabili abiltati alla perizia sono solo quelli iscritti sia negli albi professionali citati e sia nel registro dei Revisori Contabili oppure possono esserlo anche i revisori contabili iscritti solo nel registro dei Revisori Contabili? (la memoria mi porta al Visto pesante!) Vi ringrazio per l’autorevole, cortese, sollecita e chiara (come sempre fate) risposta. Cordiali saluti. Guido Stanga 35 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 E S P E R T O RISPOSTA Anche se condividiamo le lamentele circa il malvezzo del nostro legislatore nel redigere le norme in linguaggio spesso ambiguo (con buona pace delle previsioni contenute nello Statuto del Contribuente), non ci sentiamo francamente di condividere le perplessità sull’interpretazione nel caso di specie. Infatti, se l’intento del legislatore fosse stato quello di abilitare alla redazione della perizia solamente i dottori ed i ragionieri iscritti anche nell’elenco (rectius: Registro) dei revisori, in luogo della congiunzione “nonché” avrebbe usato la locuzione “purché iscritti”. D’altro canto la disposizione in commento è stata mutuata in toto da quella precedentemente contenuta nell’articolo 14, comma 9, del Dlgs 461/1997, in relazione alla quale nessun dubbio interpretativo si è mai posto né risulta, a posteriori, avere generato contestazioni di sorta. REVISORI E CONSULENTI TECNICI DEI TRIBUNALI Si pone il seguente quesito con cortese urgenza: è possibile per un iscritto al registro ed al Vs. Istituto ottenere l’iscrizione al Tribunale locale (nella fattispecie Brescia) come consulente tecnico? Quali sono, in caso positivo, le eventuali sentenze da citare, visto che a voce presso lo stesso Tribunale mi sono stati avanzati dei dubbi circa la possibilità (senza l’appartenza ad Ordini o collegi)? Ringraziando anticipatamente per l’attenzione. Nicola Mazzoni RISPOSTA Presso i Tribunali esistono albi, elenchi per ogni settore di competenza ai quali si accede attraverso selezioni operate dai IL GIORNALE DEL REVISORE I L P A R Tribunali stessi. Infatti su domanda degli interessati il Tribunale, previo esame dei requisiti del richiedente lo iscrive nell’elenco merceologico di competenza e lo chiamerà poi in caso di necessità del Tribunale stesso. Senza l’iscrizione di cui sopra un soggetto non potra essere consulente tecnico del giudice. INQUADRAMENTO DELL’ATTIVITÁ DI REVISORE Sono Revisore contabile iscritto all’albo dei ragionieri, con dichiarazione che non svolgo attività professionale, vorrei aprire la partita IVA (codice 74.12.C). I miei compensi (100%) come componente di Collegi sindacali rientrerebbero nella sfera di lavoro autonomo o co.co.co assimilati a redditi di lavoro dipendente? Poichè i chiarimenti ministeriali parlano di iscrizione all’albo (ragionieri/dottori) e non di esercizio della professione come ragioniere, credo di poter far rientrare tali compensi come redditi di lavoro autonomo. Ringrazio per la cortese risposta e auguro che l’iniziativa di Codesto Spettabile Istituto per il riconoscimento di una nuova categoria professionale venga al più presto accolta. Giuseppe Dell’Acqua RISPOSTA L’attività professionale che il Collega Revisore intende svolgere, quella di revisore, con la apertura della partita IVA (codice attività 74.12.C) può essere inquadrata come attività professionale. Infatti, una importantissima sentenza del TAR del Lazio n. 1723/2000, oltre a numerose sentenze di Corte di appello, ha abilitato il Revisore Contabile al pari delle altre professioni. A quella data mancava il solo riconoscimento di difensore davanti alle Commissioni Tri- IL GIORNALE DEL REVISORE E R E D E L L ’ butarie del Revisore Contabile, deficienza superata in data 7 maggio 2002 in quanto la Camera ha approvato l’inserimento dei Revisori Contabili tra le categorie autorizzate a rappresentare il contribuente nelle Commissioni Tributarie. Semmai, il problema si pone sotto l’aspetto previdenziale. Il professionista Revisore non possiede iscrizione in alcuna Cassa previdenziale, anche qui l’Istituto Nazionale Revisori Contabili sta lavorando per colmare questa mancanza, e pertanto il Collega sarà costretto ad iscriversi nella gestione separata dell’INPS di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335. NOMINA DEI REVISORI NEI COMUNI Spettabile Redazione, premesso che sono un revisore non iscritto ad alcun albo sono a richiedere una precisazione in merito alla nomina dei Revisori Contabili nei comuni dove è prevista la presenza di tre revisori. È obbligatorio che il Revisore dei Conti non iscritto ad albi debba ricoprire solo ed esclusivamente la carica di Presidente del Collegio dei Revisori o è una norma facoltativa che lascia spazio a che la presidenza venga assunta da un revisore iscritto ad un albo? Distinti saluti Maurizia Goretti RISPOSTA A nostro avviso l’articolo 100 del Dlgs 25 febbraio 1995 n. 77 voleva un collegio di controllo composto da tre soggetti diversi cioè a dire: un Revisore Contabile, un iscritto all’ordine dei Dottori, un iscritto all’albo dei Ragionieri anche se non Revisori Contabili per questi ultimi due. 36 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 E S P E R T O L’obbligo quindi per il Presidente del Collegio è l’iscrizione nel registro dei Revisori Contabili. Il concetto base quindi, ed a nostro avviso non violabile, è la composizione di tre soggetti di diversa estrazione professionale. Nel caso in cui un iscritto, in uno dei due albi, possa possedere anche il titolo di “Revisore Contabile” e, quindi, possibile destinatario della presidenza del collegio, non toglie a nostro avviso al “Revisore” non iscritto di partecipare al collegio in qualità di componente e non di presidente. Sull’interpretazione di quella norma si sono commesse, a nostro avviso, le più fantastiche elucubrazioni al punto di sostenere che il “Revisore” destinatario della presidenza non possa essere altrettanto componente del collegio stesso. L’art. 100 del Dlgs 1995/77 prevede un collegio composto da tre soggetti ben distinti e qualificati per cui è ridicola l’interpretazione (ad usum delphini naturalmente) in virtù della quale chi può essere presidente non possa essere a maggior ragione componente del collegio. Al di sopra di ogni considerazione, comunque, rimane fermo, a nostro parere, che il legislatore abbia voluto un collegio composto da tre soggetti diversi e non altra soluzione. Per tanto raccomandiamo di segnalarci eventuali anomalie ed in tempo utile per consentirci ricorsi contro eventuali abusi. Ciò servirebbe oltretutto per creare utile giurisprudenza sullo specifico argomento. COMUNICATO AI LETTORI Riceviamo centinaia di richieste di informazioni da parte di una moltitudine di aspiranti revisori, che aggiunte a quelle che ci pervengono dai nostri associati creano seri problemi organizzativi. Oltre al dovere di dare la precedenza ai revisori nostri iscritti, vorremmo ricordare agli “aspiranti revisori” che la nostra struttura NON CONSENTE DI SODDISFARE – in poco tempo e in modo esaustivo – anche tutte le richieste che ci pervengono dai NON ASSOCIATI, vuoi per la molteplicità, ripetiamo, delle richieste, vuoi per la necessità di riscontrare la copiosa legislazione che regola la specifica materia. Ufficio Presidenza L’INRC, oltre alla tutela e rappresentanza della figura del Revisore Contabile e all’assistenza per l’esercizio della professione, offre ai propri associati i benefici di accordi con Enti e Aziende leader di settore per migliorare la propria attività e avere condizioni di acquisto favorevoli di prodotti e servizi. Gli accordi fino ad oggi sottoscritti sono: INPS intesa per migliorare il servizio agli utenti e convenzione per le attività e compensi relativi INAIL intesa per migliorare il servizio agli utenti B&S insurance Brokers & Services convenzione per condizioni agevolate per la copertura R.C. PROFESSIONALE (assicuratori LLOYD’S) R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI (assicuratori SAI) COPERTURE INFORTUNI, SANITARIE,VITA (assicuratori CHUBB, LLOYD’S) INFOCAMERE Gestione di servizi telematici per gli associati FIAT AUTO convenzione per sconti sull’acquisto di vetture ALFA ROMEO, FIAT, LANCIA TELECOM convenzione per l’utilizzo di INTERNET tramite il collegamento ADSL ad alta velocità garantita GRANDI ALBERGHI convenzioni per tariffe speciali con gli alberghi BASTIANI di Grosseto, MARCONI di Milano, RAFFAELLO di Roma, LE SORGENTI di Montecatini Terme, JOLLY HOTELS e STARHOTELS I dettagli delle convenzioni sono reperibili alla pagina “convenzioni” sul sito www.revisori.it Condizione necessaria per ottenere i benefici delle convenzioni è l’iscrizione all’INRC, nelle pagine di questa rivista il coupon per associarsi. E N T I L O C A L I Credito d’imposta sui dividendi da società partecipate Francesco Vegni sformare le aziende speciali coCome noto, l’art. 27, comma 18, LA LEGGE FINANZIARIA 2002 HA ESTESO stituite ai sensi dell’art. 22, comdella legge n. 448 del 28 dicemIL CREDITO DI IMPOSTA AI DIVIDENDI DISTRIBUITI ma 3, lett. c), della legge n. bre 2001 (Legge Finanziaria 142/90, in società per azioni, di 2002), ha esteso il credito d’imAI COMUNI DALLE SOCIETÀ COMUNQUE COSTITUITE cui possono restare azionisti uniposta sui dividendi distribuiti ai ci per un periodo comunque Comuni da società di capitali denon superiore a due anni dalla rivanti dalla trasformazione di ex trasformazione...”. mento diretto da un’altra ex azienda aziende municipalizzate, introdotto dalPer quanto riguarda invece i dividendi municipalizzata. l’art. 29 della legge n. 342/2000 (Colledistribuiti al Comune a decorrere dal l° In merito ai dividendi distribuiti al Cogato fiscale alla Finanziaria 2000), ai digennaio 2002, data di entrata in vigore mune dalle due suddette società, fino al videndi distribuiti “dalle società comundella Legge n. 448/2001 (Finanziaria 31 dicembre 2001, in considerazione que costituite”, che gestiscono i servizi 2002), in virtù della modifica introdotdella disposizione di cui al citato art. 29 pubblici locali, di cui all’art. 113 del ta al citato art. 14, comma l-bis, del della Legge n. 342/2000 e coerenteTue1 (Dlgs n. 267/2000), precisando Tuir, dall’art. 27, comma 18, della stesmente con quanto chiarito dalla Risoluche l’unica tipologia di servizi pubblici sa legge, il Comune può fruire, oltre zione n. 159/E del 2001, il Comune locali interessati dalla norma è quella coche del credito d’imposta relativo ai dipuò fruire soltanto del credito d’impostituita dai servizi “aventi rilevanza induvidendi distribuiti dalla società derivansta relativo ai dividendi distribuiti dalla striale”, di cui al citato art. 113, come rite dalla trasformazione dell’azienda spesocietà derivante dalla trasformazione formulato dall’art. 35 della Legge Ficiale, anche di quello relativo ai dividell’azienda speciale. nanziaria 2002, ed escludendo quindi i dendi distribuiti dalla società derivante In effetti, il richiamato art. 29 ha agservizi “non aventi rilevanza industriadal conferimento diretto dalla ex aziengiunto all’art. 14 del Tuir (Dpr n. le”, disciplinati dal nuovo art. 113-bis, da municipalizzata. 917/86), in materia di credito d’impointrodotto dallo stesso art. 35. Come noto infatti, il citato nuovo comsta per gli utili distribuiti da società ed Riguardo alla corretta applicazione di ma l-bis dell’art. 14 del Tuir prevede enti, il comma l-bis), in base al quale “il tale agevolazione, se con circolare n. 15 che, a decorrere appunto dal l° gennaio credito d’imposta di cui al comma 1, redel 1° febbraio 2002, avente carattere 2002, “Il credito d’imposta... attribuito lativo ai dividendi percepiti dai Comusemplicemente ricognitivo, l’Agenzia ai Comuni in relazione ai dividendi disni distribuiti dalle ex aziende municipadelle Entrate non aveva aggiunto molto tribuiti dalle società, comunque costilizzate trasformate in società, ai sensi rispetto al contenuto letterale della nortuite, che gestiscono i servizi pubblici della Legge n. 142/90, può essere utilizma contenuta nella Finanziaria, con la locali ai sensi dell’art. 113 del Tuel, può zato per la compensazione dei debiti, ai successiva Risoluzione n. 45 del 18 febessere utilizzato per la compensazione sensi dell’art. 17 del Dlgs n. 241/97”. braio 2002 la stessa Agenzia, in risposta dei debiti ai sensi dell’art. 17 del Dlgs n. La legge n. 142/90, ai fini della trasforad un’istanza d’interpello presentata da 241/97”. mazione, non fa alcun riferimento al un Comune, ai sensi dell’art. 11 della In definitiva quindi, nel caso in specie processo di trasformazione, limitandosi Legge n. 212/2000 (Statuto del contrioccorre che il Comune, al fine di indiinvece a disciplinare, all’art. 22, le mobuente), ha finalmente fornito alcuni viduare il credito d’imposta che effettidalità di gestione dei servizi pubblici atimportanti chiarimenti circa l’esatta apvamente gli spetta, distingua la posiziotraverso determinate forme da essa stesplicazione della stessa. ne delle due società nelle quali è socio, sa previste (azienda speciale, società per Nel caso in specie, il Comune istante riin considerazione della loro diversa proazioni e società a responsabilità limitasulta socio di due società per azioni, una cedura di trasformazione e del periodo ta). Solamente l’art. 17, comma 51, deldelle quali risulta dalla trasformazione d’imposta nel quale i dividendi sono la legge n. 127/97, ha previsto che “I di un’azienda speciale, a sua volta condistribuiti, nel rispetto delle norme soComuni, le Province e gli altri Enti Loferitaria di un’ex azienda municipalizzapra richiamate. cali possono, per atto unilaterale, trata, mentre l’altra deriva da un conferi- IL GIORNALE DEL REVISORE 38 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 E Per quanto riguarda i dubbi che l’introduzione dell’art. 27 comma 18 della Finanziaria 2002 aveva suscitato in merito alla decorrenza del nuovo credito d’imposta “esteso”, la Risoluzione in oggetto appare opportuna in quanto mira a risolvere il problema alla radice, andando a chiarire in maniera inequivocabile la ratio della suddetta norma. In effetti, attraverso il richiamo dell’art. 17, comma 51, della Legge n. 127/97, norma finalizzata ad incentivare la trasformazione, da parte dei Comuni, delle aziende speciali in società per azioni, risulta chiarito il fatto che l’agevolazione introdotta dall’art. 29 del Collegato – prima dell’estensione introdotta dalla Finanziaria 2002 – era indirizzata esclusivamente a quei Comuni “virtuosi” che avevano proceduto alla trasformazione delle aziende speciali in società per azioni, ai sensi della sopra citata norma. L’introduzione, da parte dell’art. 27 comma 18 della Finanziaria 2002, del credito d’imposta a favore dei Comuni che partecipano a società, comunque costituite, che gestiscono i servizi pubblici locali ai sensi dell’art. 113 del Tuel ha quindi come ratio quella di introdurre, ex novo, un incentivo rivolto a quei Comuni che possiedono quote in società di capitali, attraverso la previsione di un’agevolazione costituita dal credito d’imposta sui dividendi distribuiti dalle società da essi partecipate. Non assume rilievo pertanto il fatto che l’introduzione di tale norma costituisca in pratica un’estensione dell’agevolazione che l’art. 29 del Collegato alla Finanziaria 2002 aveva previsto esclusivamente a favore di quei Comuni che partecipano a società di capitali derivanti dalla trasformazione di aziende ex municipalizzate, ai sensi della legge n. 142/90. Tuttavia, sebbene il contenuto della Risoluzione in oggetto chiarisca come N T I L O C A detto in modo inequivocabile il disposto del citato art. 27 comma 18 della Finanziaria 2002 in merito alla decorrenza dell’agevolazione, chiudendo di fatto la porta ad ogni sorta di incertezza interpretativa, permangono ancora diverse perplessità su alcuni aspetti non trattati della norma in questione. In primo luogo, nonostante il Ministero abbia esplicitamente previsto che, per le società di nuova costituzione, tale credito sorga solo per i dividendi distribuiti dal l° gennaio 2002 – restando così esclusi quelli distribuiti antecedentemente a tale data – anche in questo caso dovrebbe comunque valere l’interpretazione (comunque mai confermata né sconfessata dal Ministero) di ritenere valida l’insorgenza del credito, per le distribuzioni operate dal 2002 per dividendi relativi a utili generati in esercizi precedenti. Condizionando il sorgere del credito d’imposta alla distribuzione degli utili, è apparso alla maggioranza degli osservatori che il diritto a tale credito maturi sugli utili distribuiti dal 10 dicembre 2000, a prescindere dall’esercizio al quale gli stessi fanno riferimento e senza considerare se di fatto sui relativi utili lordi le aziende speciali e società di capitali distributrici abbiano o meno corrisposto le imposte sui redditi (in quanto potrebbero anche essere utili distribuiti dopo il 10 dicembre 2000 che si riferiscono ad esercizi precedenti nei quali le aziende speciali o le società distributrici non avevano pagato le imposte poiché ancora in regime di “moratoria fiscale”). Inoltre, anche in relazione al momento a partire dal quale tale compensazione può essere effettuata, ricordiamo che la regola generale stabilita dall’art. 14 comma 3 del Tuir prevede che la detrazione del credito d’imposta per gli utili distribuiti da società 39 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 L I ed enti debba essere richiesta, a pena di decadenza, nella Dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui gli utili sono stati percepiti. Dal momento che, come noto, i Comuni sono esentati, ai sensi dell’art. 88 del Tuir, dalla presentazione della Dichiarazione dei redditi ai fini Irpeg, come già sottolineato in sede di commento della Circolare n. 15 del l° febbraio 2002, parrebbe corretto sostenere, in mancanza di chiarimenti ministeriali in merito, che la norma introdotta dall’art. 27, comma 18, valga a tutti gli effetti come interpretazione autentica del citato art. 14, per cui il credito d’imposta possa essere utilizzato in compensazione di altri debiti ad avvenuta erogazione del dividendo e non vi sia un termine di decadenza entro il quale esercitare tale diritto. In secondo luogo suscita perplessità il fatto che la Risoluzione in oggetto abbia, seppur tra le righe, confermato quanto precisato all’interno del citato art. 27, comma 18 e confermato (o meglio, non sconfessato) dalla citata Circolare n. 15, ossia che l’unica tipologia di servizi pubblici locali interessati dalla norma agevolativa sia quella costituita dai servizi “aventi rilevanza industriale”, di cui all’art. 113 del Tuel (Dlgs n. 267/2000), come riformulato dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002, escludendo quindi i servizi “non aventi rilevanza industriale” e disciplinati dal nuovo art. 113-bis, introdotto dallo stesso art. 35. In merito a tale questione, dal momento che la norma in oggetto richiama, tra le righe, un’altra norma della Finanziaria 2002 (appunto l’art. 35), foriera di numerosi dubbi e perplessità, occorrono alcune importanti riflessioni. Visto che, rispetto alla precedente versione dell’art. 113 – la quale prevedeva un elenco generico di forme di gestione dei servizi pubblici locali – la IL GIORNALE DEL REVISORE E N nuova versione, introdotta dall’art. 35 – alla quale fa riferimento l’art. 27, comma 18 – prende in considerazione solamente una particolare fattispecie di servizi pubblici, ossia quelli “aventi rilevanza industriale”, appare incomprensibile il fatto che il Ministero abbia escluso le forme di gestione previste dal nuovo art. 113-bis, non aventi rilevanza industriale, nonché le società per azioni con partecipazione minoritaria di Enti Locali, di cui all’art. 116 del Tuel medesimo. Questo peraltro, come già sottolineato in altra sede, contrariamente alla ratio agevolativa che aveva portato, prima, all’introduzione del comma 1bis dell’art. 14 del Tuir, da parte dell’art. 29 della Legge n. 342/2000 (Collegato alla Finanziaria 2000), e poi, alla sua successiva modifica operata dalla Finanziaria 2002, attraverso la quale si sarebbe dovuto esclusivamente risolvere la questione, sollevata T I L O C A da numerosi Comuni – e poi chiarita dalla presente Risoluzione – in merito alla possibilità di estendere il credito d’imposta a favore di società per azioni derivanti dalla trasformazione di aziende speciali preesistenti anche a società per azioni di nuova costituzione, nelle quali il Comune partecipa. Tutto ciò indipendentemente dalla quota partecipativa posseduta dal Comune e dalla rilevanza industriale o meno del servizio pubblico locale erogato. Con una tale impostazione, quella che doveva essere una norma agevolativa a favore dei Comuni, in considerazione del regime esentativo previsto dall’art. 88 del Tuir – la quale, a rigor di logica, avrebbe dovuto avere una valenza generale per tutte le forme di gestione dei servizi pubblici locali, effettuate da società per azioni derivanti dalla trasformazione di ex aziende municipalizzate, nonché di nuova co- L I stituzione, in cui il Comune, in veste maggioritaria o minoritaria, partecipa – sembra essere attribuita al Comune non tanto in base ad un criterio soggettivo, ovvero in quanto Ente esente da Imposta sui redditi, ma in base al carattere oggettivo della particolare forma di gestione del servizio erogato dalla società per azioni alla quale il Comune stesso partecipa, peraltro in veste esclusivamente maggioritaria, che deve necessariamente avere rilevanza industriale. Stante dunque i diversi dubbi che ancora permangono in merito a tale ultimo punto, l’emanazione dell’atteso Regolamento previsto dall’art. 35, comma 16, che chiarisca definitivamente cosa si intenda per servizio pubblico locale “avente rilevanza industriale”, di cui al nuovo art. 113, e che quindi espliciti quali forme di servizi sono compresi in tale definizione, risulta ormai imprescindibile. L’unione e fusione di Comuni Attilio Zifaro entità aziendali capaci di geLe istanze sociali cruciali si L’UNIONE TRA ENTI RISPONDE ALLA ESIGENZA DI nerare processi produttivi introvano e si riscontrano nella tegrati e di collocarsi in condidinamica del divenire politico GENERARE ORGANISMI PRODUTTIVI DI PIÙ AMPIE zioni di competitività sul merdi un Paese; generalmente afDIMENSIONI PER MIGLIORARE L’ECONOMICITÀ cato, assurgendo ad organismi feriscono tendenze nuove, ceradeguatamente dimensionati. cate e applicate di proposito a COMPLESSIVA E STIMOLARE LA REDDITIVITÀ GESTIONALE L’unione tra enti risponde a problemi contingenti affrontali esigenze, in quanto esplitati e scoperti in virtù di un’acita la forma di concentrazione mento di più consistenti livelli di nalisi diligente, acuta e operosa. aziendale in grado di generare un orredditività gestionale dei servizi ofLa prospettiva della disciplina dei ganismo produttivo di più ampie diferti. possibili nuovi dimensionamenti termensioni per migliorare l’economiLa moderna economia, caratterizzata ritoriali degli Enti Locali minori rapcità complessiva e più particolardall’ampliamento dei mercati, divepresenta la sicura garanzia del ragmente per stimolare la redditività genuti ormai globali e da un costante giungimento di una più cospicua efstionale. infittirsi degli scambi, necessita di ficienza produttiva e del persegui- IL GIORNALE DEL REVISORE 40 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 E I motivi che inducono le aziende all’aggregazione sono molteplici, ne riferiamo alcuni: - diminuzione della concorrenza; - integrazione dei cicli produttivi; - contenimento dei costi; - utilizzazione del progresso tecnologico dei partners; - acquisizione di maggiori mezzi finanziari; - ampliamento della fetta di mercato; - allargamento della gamma produttiva. L’obiettivo è quello di raggiungere, sia per mezzo di una dilatazione dei ricavi che con un ridimensionamento dei costi, un miglioramento dell’equilibrio economico della gestione a valere nel tempo, dell’emergente entità economica. La prima disciplina delle unioni e delle fusioni di Comuni ebbe origine con la legge 142/90 che introduceva la facoltà di creare aggregazioni tra di loro. Infatti, l’art. 11 annunciava la predisposizione di un programma regionale, aggiornato ogni cinque anni, di fusione dei piccoli Comuni e l’erogazione di contributi straordinari a sostegno della fusione di Comuni inferiori a 5.000 abitanti. Inoltre l’art. 26 impiantava il nuovo istituto dell’unione, talché due o più Comuni limitrofi con meno di 5.000 abitanti oltre ad uno eventuale di 10.000 potevano aggregarsi in ragione di una futura fusione, da realizzare al fluire del 10° anno di interazione. Più recentemente la legge 265/99 ha sancito gli ambiti per la gestione associata di fusioni e di servizi, apportando notevoli modificazioni al testo originale della legge 142. Per le unioni non sono imposti modelli precostituiti o rigidi in quanto sarà lo strumento statutario degli Enti partecipanti a decidere nel merito. Peculiarità operative L’art. 6 della legge 3/8/99 n. 265 tratta della fusione dei Comuni, municipi, unione di Comuni. La normativa di riferimento ha avuto N T I L O C A un faticoso travaglio. Gli Enti Locali di minori dimensioni, temendo un possibile ridimensionamento della propria autonomia, in relazione alla gestione comune dei servizi, hanno surclassato le scelte più consone che si venivano configurando. Così il comma 1 prevede che: a) le Regioni, di concerto con i Comuni, predispongano programmi per: - determinare ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, anche attraverso unioni; - adottare criteri per incentivi all’unificazione; b) sia favorita la fusione tra Comuni, a prescindere dalle dimensioni di loro, attraverso contributi statali e regionali. L’aggiornamento del programma regionale ha cadenza triennale. Il comma 5 presenta la nuova disciplina delle Unioni di Comuni, regolando in particolare: - la facoltà di costituire unioni prescindendo dall’ampiezza dei Comuni partecipanti; - l’obbligo della scelta del presidente tra i Sindaci dei Comuni interessati all’unione e la certezza che altri organi coincidano con amministratori dei Comuni associati; - la garanzia della presenza delle minoranze; - la competenza ad introitare tasse, tariffe e contributi sui servizi a loro affidati; - l’abolizione dell’obbligo della fusione dopo i dieci anni di unione. Il comma 6 si sofferma sull’obbligo delle Regioni a conformarsi nella disciplina degli incentivi per le funzioni associate ai sotto elencati principi: - stimolare il massimo grado di integrazione tra i Comuni, premiandoli in ragione del livello di unificazione; - privilegiare con opportune contribuzioni il perseguimento di fusioni o unioni rispetto ad altre tecniche associative; 41 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 L I - promuovere le unioni di Comuni evitando il vincolo della successiva fusione. Il legislatore, in questo articolo, evidenzia lo scopo fondamentale di creare una sede istituzionale di secondo grado per la gestione associata di funzioni comunali attraverso la formazione di una mirata struttura generata dai cointeressati al fine di governare la collaborazione. Si è prodigato per eliminare gli elementi ostativi che in passato hanno impedito l’affermarsi della coesione orizzontale tra i Comuni, affidando alle Regioni il potere di amalgama. Così l’unione tra di loro non rappresenta più il preludio alla loro fusione, bensì una condizione stabile di convivenza. Al processo di associazione potranno aderire sia i grandi che i piccoli Comuni che siano, però, confinanti, anche se non appartengono alla stessa Provincia. Il fine essenziale è quello di creare tra i Comuni un reticolo duraturo di cooperazione capace di stimolare sia economie organizzative che di scala. La nuova struttura associata genererà una sorta di imprenditoria integrata e conurbata delle aree periferiche. L’autonomia dei singoli Enti, tuttavia, è lasciata inalterata e non è scalfita affatto la loro identità originaria. Non si può trascurare il cenno agli ostacoli che si frappongono alle spinte sempre più significative verso il processo di integrazione: - il solido radicamento storico e culturale delle municipalità; - l’ampio divario sociale ed economico che contraddistingue il nostro territorio; - l’elevata presenza di comunità a basso tasso di urbanizzazione e bassa densità abitativa; - il composito contesto politico; - la marcata rivalità municipale. La rivisitazione della legge 142/90 sancisce l’attribuzione all’unione della potestà regolamentare in ordine alla disciplina della propria organizzazione per l’espletamento delle funzioni proprie di competenza, incluse quelle finanziarie. IL GIORNALE DEL REVISORE E Lo statuto ha l’incombenza della definizione dell’assetto degli organi politici e la prassi della loro composizione ed elezione. Lo statuto deve contenere, altresì, la specifica delle funzioni da gestire in forma associata e la disciplina dei rapporti inerenti l’acquisizione e utilizzazione delle risorse materiali ed umane necessarie. L’innovazione normativa sta, soprattutto, nella ricerca di un’agenzia funzionale attraverso la costituzione dell’unione attribuendo ai processi decisionali una dinamica e snellezza operativa che trascende radicati interessi e retaggi culturali incancrenitisi nel corso degli anni. Così dalla riformata normativa scaturiscono due segni significativi dell’azione procedimentale: - l’affidamento all’autonomia statutaria dei singoli o affiliati Comuni di una mole consistente di decisioni in grado di individuare un nuovo e pregnante sistema operativo locale; - l’incremento determinante del ruolo degli amministratori locali, i cui compiti si estendono alle nuove funzioni degli organismi associati. La riforma in atto non si può considerare in una fase epilogativa, ancorché protesa a quell’agognato e fruttuoso spiraglio della creazione di un sistema di imprese miste per la gestione migliore dei servizi. Conclusione L’unione o la fusione consiste nel processo di concentrazione di due o più enti per la costituzione di un nuovo organismo sociale, peraltro individuato sotto il profilo giuridico dall’art. 26 riformato della 142, che recita: “l’Unione dei Comuni è un Ente Locale”. Il ricorso alla gestione associata implica, da parte degli associati, l’elaborazione di un progetto di fattibilità dei servizi da organizzare riguardante la predisposizione di: - un prospetto dettagliato di tutti i servizi da gestire insieme; IL GIORNALE DEL REVISORE N T I L O C A - uno studio delle condizioni contingenti di ciascun servizio; - un’analisi prospettica della domanda e delle condizioni strutturali; - una valutazione dei possibili benefici derivanti dall’aggregazione; - una selezione della forma istituzionale per la gestione associata. Nell’attivazione della prassi di integrazione si possono adire diverse strade che risultano sintetizzabili in soluzioni percorribili alternativamente: - “sistema istituzionale”, ricorrendo al processo di fusione previsto dalla legge in discorso; - “sistema contrattuale”, consistente nel ricorso a convenzioni o forme analoghe per la gestione di servizi di interesse comune; - “sistema misto”, cioè procedendo con l’attivazione della combinazione delle due possibilità prima individuate, senza tuttavia che gli enti perdano la autonoma identità. L’avvenire presenterà uno scenario in cui il ruolo del Comune subirà una metamorfosi epocale accostandosi maggiormente a sistemi di servizi pubblici integrati su scala sempre più dilatata. Infine concludiamo affermando che la nuova normativa ha, quindi, fissato dei consistenti cardini per la struttura della moderna organizzazione dell’inedita attività degli Enti Locali, pur nella consapevolezza che tutta la problematica è in fase evolutiva sotto il profilo normativo ed operativo, con un itinerario alquanto impervio ancora da tracciare. Ne è l’evidente testimonianza il dettato del Dcpm del 28/10/99, n° 263, G.U. del 9/11, che per ragioni meramente formali, impone nuovi ed inopportuni vincoli all’organismo associativo con popolazione superiore a 10.000 abitanti, ovverossia l’adeguamento dal 1° dicembre alle rigide regole della Tesoreria Unica. Tali adempimenti consistono essenzialmente in: - versamento entro il 30/11 nelle contabilità speciali infruttifere di tutte le 42 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 L I disponibilità liquide depositate negli istituti di credito, fatte salve le disponibilità provenienti da prestiti obbligazionari e da mutui non assistiti da contributi statali; - smobilizzazione entro il 31/12 dei titoli di loro proprietà e relativo versamento nelle contabilità speciali infruttifere ovvero, trattandosi di titoli acquistati con fondi propri, nelle contabilità speciali fruttifere. Il fermo proposito di attivare inequivocabili scelte di “policy” orientate al perseguimento delle Unioni di Comuni, come strumento di consolidamento del processo di autonomia locale in senso federale, deve essere informato all’implementazione di comportamenti volti alla soluzione del problema, avulsi da condizionamenti vetero burocratici. Inoltre il limite del tetto massimo del 4,5% (attualmente incrementato di qualche punto) di spesa sugli impegni dei comuni rispetto all’anno 2000, proposto dalla Finanziaria 2002, peraltro inaccettabile, inficia sicuramente i termini del patto di stabilità interno e mette a serio repentaglio la normale chiusura dei bilanci comunali, ovvero costringe le amministrazioni degli Enti Locali ad operare dei tagli di spesa fortissimi e pesantissimi se non vogliono imporre nuovi balzelli per mantenere il livello qualitativo e quantitativo dei servizi; ciò incoraggia massimamente il cammino verso l’unione e fusione tra piccoli comuni e la convincente richiesta di incentivazione a tale progettualità. Gli amministratori locali devono essere agguerriti di capacità e competenza per essere artefici della politica locale e non adoperarsi per la conservazione del piccolo potere attraverso una “………genuflessioncella di uso, con una faccia sì servilmente lieta e adulatoria, ……..o venduta all’autorità despotica da me sì caldamente aborrita”. (Vita di Vittorio Alfieri da Asti scritta da esso – epoca terza – Cap. VIII – 1798). E N T I L O C A L I Riordino degli organismi collegiali tecnici Giuseppe Castronovo Attività della Pubblica che diverse, rispetto al passato, il rapSECONDO LE NUOVE NORME SI DEVONO Amministrazione attraverso porto Cittadini – Pubblica AmminiINDIVIDUARE “GLI ORGANISMI TECNICI… RITENUTI il metodo collegiale: strazione, stabilisce all’articolo primo pregi e difetti. i seguenti due principi: INDISPENSABILI CON ATTO DELL’ORGANO DI Il compianto Prof. M. S. Giannini 1) “l’attività amministrativa... è DIREZIONE POLITICA RESPONSABILE” SOPPRIMENDO anni orsono ebbe a definire la colretta da criteri di economicità, di QUELLI NON INDIVIDUATI COME INDISPENSABILI legialità “...una delle strutture giuefficacia...”. ridiche dominanti della fase stori2) “la Pubblica Amministrazione ca in cui viviamo...”1. non può aggravare il procedimento se nenti degli organi collegiali. Sono stati coEd infatti, in una società complessa e arnon per straordinarie e motivate esimunque gli aspetti positivi sopra illustrati ticolata come la nostra, l’organizzazione genze imposte dallo svolgimento dell’iche, prevalendo su quelli negativi, hanno della Pubblica Amministrazione attraverstruttoria”. facilitato negli anni 1960-1990 il proliferaso il metodo collegiale se da una parte ha Una norma, questa, attraverso la quale il lere del metodo collegiale nell’organizzazione consentito la ponderazione e la composigislatore stabilisce i due principi cardine cui della Pubblica Amministrazione. Ma una zione preventiva, nelle apposite sedi delideve attenersi l’operato della Pubblica Amvolta dato per definitivamente acquisito beranti, di interessi non sempre converministrazione: economicità e celerità del l’approdo ad un sistema democratico dei genti, ha dall’altra conferito un sufficienprocedimento amministrativo. Ne consepubblici poteri sono emerse altre esigenze te grado di legittimazione all’operato degue che solo esigenze straordinarie, adeguaquali la necessità di contenere la spesa pubgli stessi pubblici poteri. tamente motivate, possono giustificare l’iblica e rendere più efficiente l’organizzazioNon v’è dubbio, inoltre, che il concorso di stituzione di commissioni consultive che, ne e le modalità di azione della Pubblica più persone nell’esame e nella valutazione in quanto destinate a inserirsi nel procediAmministrazione, adeguandola ai ritmi e ai del medesimo fatto conduce ad una commento amministrativo, provocano inevitatempi d’azione della Pubblica Amministraposizione dei diversi interessi in gioco sicubilmente un aggravamento del procedizione, considerata comunemente l’anello ramente più equilibrata di quanto possa famento medesimo e dei costi che la Pubblipiù debole del nostro sistema, anziché essere una sola persona. ca Amministrazione è costretta a sostenere. re fattore di stimolo allo sviluppo socioQuanto sopra viene confermato anche La disposizione trova, a livello normativo, economico del nostro paese è venuta col dal Sandulli il quale, da parte sua, osserva una prima pratica attuazione nell’art. 41 tempo a trasformarsi in un fattore che, come spesso l’ordinamento ritenga “...che della legge n. 449 del 27 dicembre 1997 complicando oltre misura la vita dei cittal’esercizio di una certa funzione possa ve(Finanziaria 1998) che attribuisce all’orgadini, ha soffocato col passar del tempo ogni nire meglio esplicato attraverso il modo no di direzione politica la responsabilità di iniziativa economica. Non a caso è stato di vedere di più individui che in base a individuare con proprio provvedimento i detto che la “burocrazia rappresenta per il quello di uno solo”2 comitati, le commissioni ...ogni altro organostro sistema imprenditoriale una tassa Un’altra considerazione ci sia consentita: rino collegiale ...ritenuti indispensabili per la annua da 60.000 miliardi”.3 teniamo poter affermare che l’introduzione realizzazione dei fini istituzionali dell’AmPrimi tentativi di razionalizzare del metodo collegiale nell’organizzazione ministrazione. il numero degli organismi collegiali della Pubblica Amministrazione ha sicuraLa norma in seguito viene ripresa dall’art. operanti all'interno della Pubblica mente rappresentato un mezzo per rag96 del Nuovo Testo Unico degli Enti LoAmministrazione. giungere l’obiettivo di una riforma della cali n. 267/2000 il quale individua nei Da qui, da questa penalizzante disfunzione Pubblica Amministrazione in senso demoConsigli Comunali e nelle Giunte, secondegli apparati pubblici, cui è stato fatto un cratico (rectius: partecipativo). A questi che do le rispettive competenze, i soggetti breve cenno nel precedente paragrafo, nasce sono gli aspetti senz’altro più favorevoli delchiamati a operare annualmente tale ril’esigenza di rinnovare dalle fondamenta la l’istituzione collegiale fanno comunque riduzione; e ciò a differenza del su citato Pubblica Amministrazione. È in questo scontro alcuni difetti quali una minore raart. 41 il quale invece parlava più generinuovo clima che viene emanata la legge pidità decisionale e un incremento delle camente di “organo di direzione politica 241/1990 la quale, ponendo su basi giuridispese da destinare ai compensi dei comporesponsabile”. 43 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 IL GIORNALE DEL REVISORE E La disciplina del riordino degli organismi collegiali contenuta nell.’art. 18 della legge n. 448 del 28 dicembre 2001. La disciplina del riordino degli organismi collegiali operanti all’interno delle Pubbliche Amministrazioni viene ora riproposta dall’art. 18 della legge n. 448 del 28 dicembre 2001 (finanziaria 2002) il quale, per quanto concerne Province e Comuni, dopo aver disposto che “ai fini del contenimento della spesa e di maggiore funzionalità dei servizi e delle procedure entro centoventi giorni sono individuati gli organismi tecnici e ad elevata specializzazione... ritenuti indispensabili con atto dell’organo di direzione politica responsabile, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo” prosegue affermando che “...gli organismi collegiali non individuati come indispensabili... sono conseguentemente soppressi”. Lo stesso articolo, poi, sanziona gli Enti inadempienti comminando loro il divieto di corrispondere alcun compenso ai componenti degli organismi collegiali che non sono stati sottoposti, pur essendovi assoggettati, all’apposito atto dell’organo di direzione politica. Il su richiamato art. 18 ha come destinatari tutti i soggetti che, quali titolari della direzione politica dell’Ente, sono chiamati a razionalizzare le procedure amministrative dei rispettivi Enti. La norma da un lato pone gli organi di direzione politica responsabili, cui compete il perseguimento dei fini istituzionali dell’Ente, e dall’altro gli organi collegiali tecnici, tra i quali lo stesso organo di direzione politica è chiamato ad individuare quelli ritenuti indispensabili per la realizzazione dei propri obiettivi istituzionali. Da notare come il legislatore, al fine di facilitare l’individuazione degli organismi collegiali oggetto del riordino li qualifichi con l’aggettivo “tecnici”. Infatti nei nostri Comuni e nelle nostre Province accanto a organismi collegiali aventi (rectius: che dovrebbero avere) natura esclusivamente tecnica (es.: commissione edilizia, pubblici esercizi,...) ne troviamo altri aventi natura prettamente politica quali le ComIL GIORNALE DEL REVISORE N T I L O C A missioni Consiliari permanenti o speciali. Le Commissioni del secondo gruppo sono caratterizzate dal fatto di essere costituite da persone scelte esclusivamente tra i componenti delle rispettive assemblee consiliari, laddove i componenti delle Commissioni del primo gruppo devono, per farne parte, essere in possesso di specifiche competenze. Una partecipazione che prescinde quindi dal fatto che siano o meno componenti dell’assemblea consiliare. La distinzione non è di poco rilievo ove si tenga conto come nei Comuni e nelle Province troviamo contemporaneamente Commissioni e dell’una e dell’altra natura. Il dettato della norma in esame è riferito esclusivamente agli organismi collegiali aventi natura tecnica. Tempi e modalità del riordino da parte dei comuni. Il 2° comma del più volte citato art. 18 prescrive che il provvedimento di individuazione degli organismi collegiali tecnici venga adottato entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. E poiché la legge n. 448/2001 è entrata in vigore l’1/1/2002, il provvedimento dovrà essere necessariamente adottata entro l’1/5/2002 pena l’automatica soppressione degli organismi collegiali tecnici già operanti all’interno dell’Amministrazione e il contestuale trasferimento delle rispettive funzioni al responsabile dell’ufficio che assolve in modo preminente alle competenze relative alle singole funzioni. Il 3° comma stabilisce, da parte sua, una volta scaduto il termine dell’1/5/2002 senza che il provvedimento sia stato adottato, “...il divieto di corrispondere alcun compenso ai componenti degli organi collegiali” operanti nelle singole Amministrazioni. Riteniamo, coordinando i due commi, trattarsi di un termine perentorio. Alla sanzione espressamente indicata dal legislatore riteniamo doverne aggiungere un’altra ben più grave: l’illegittimità (per violazione di legge) del procedimento amministrativo nel quale si inserisce l’attività consultiva di un collegio soppresso ope legis, con conseguente illegittimità del provvedimento finale. 44 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 L I Ne consegue, ad esempio, che il Sindaco, per potersi avvalere della Commissione Edilizia anche dopo il 1° maggio 2002, dovrà entro quella data far dichiarare al Consiglio Comunale la Commissione Edilizia organo indispensabile al raggiungimento degli obiettivi istituzionali dell’Ente. Esaminiamo infine il problema relativo all’individuazione dell’organo comunale cui compete l’adozione dell’atto di “riordino degli organismi collegiali” operanti nei nostri Comuni. La questione presenta qualche margine di incertezza: mentre il T.U. n. 267/2000 parlava di “Consigli e Giunte secondo le rispettive competenze”, l’art. 18 della legge 448/2001 parla di “organo di direzione politica responsabile”. Riteniamo che la norma contenuta nel richiamato art. 18 vada riferita, con riferimento all’ordinamento comunale e provinciale, alle rispettive assemblee consiliari. E ciò perché per “direzione” intendiamo le attività di indirizzo e di controllo politico-amministrativo che la legge attribuisce proprio alle assemblee consiliari.4 Del resto se il Consig1io è l’organo chiamato ad approvare il bilancio dell’Ente, ne consegue che le scelte di indirizzo aventi come effetto l’incremento o il contenimento della spesa non potranno non essere effettuate dallo stesso organo consiliare. Da osservare infine come la disposizione di cui all’art. 18 contenga una novità rispetto alle precedenti versioni e cioè che il provvedimento di riordino va sottoposto alla “verifica degli organi interni di controllo” Riteniamo, trattandosi di provvedimento finalizzato anche a contenere la spesa, che nei nostri Comuni la verifica vada effettuata dall’organo di Revisione Contabile. 1. Così in Rivista trim. di dir. pubbli., 1961, pag. 206. 2. Così ne Il procedimento amministrativo, Giuffrè ed., Milano, 1940, pag. 219. 3. Così Sergio Billè, Presidente della Confcommercio, in un’intervista a “Il Sole-24 Ore” del 14 febbraio 2001. 4. Così il 1° comma dell’art. 42 del T.U. n. 267/2000. I L R E V I S O R E N E G L I E N T I L O C A L I A CURA DEL CENTRO STUDI ENTI LOCALI* LE NOVITÀ APPORTATE DALLA LEGGE DI CONVERSIONE DEL DL. N. 13 IN MATERIA DI POTERI SOSTITUTIVI, CANONI PUBBLICITARI SULLE INSEGNE, PATTO DI STABILITÀ, ENTI DISSESTATI E INCOMPATIBILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI LOCALI di Alberto Cioni RUBRICA SPECIALISTICA SUGLI ASPETTI Sulla G.U. n. 97 del 26 aprile è stata pubblicata la Legge 24 aprile 2002, n. 75, di conversione del Dl 22 febbraio 2002, n. 13 recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità degli Enti Locali”. Numerose, ed in alcuni casi significative, sono le novità introdotte in sede di conversione. Le principali riguardano: AMMINISTRATIVOCONTABILI, FISCALI E LEGALI CHE ATTENGONO AL RUOLO DI REVISORE NEGLI ENTI LOCALI *Centro Studi Enti Locali® S.r.l. Servizi informativi, formativi e consulenziali agli Enti Locali Esenzione anche dal canone sulla pubblicità per le piccole insegne (art. 2-bis) Com’è noto, l’art. 10 della Legge n. 448/01 (Legge Finanziaria 2002) aveva stabilito l’esonero dall’Imposta sulla pubblicità per le insegne che contraddistinguono la sede dell’impresa o i locali in cui viene svolta l’attività, nel caso in cui tali insegne non superino i cinque metri quadrati. Stante l’esplicito riferimento, in tale norma, al capo I del Dlgs n. 507/93, tale esonero risultava inapplicabile nei casi in cui il Comune interessato avesse optato, anziché per l’applicazione dell’Imposta, per il regime concessorio ed il conseguente assoggettamento ad un canone determinato in base a tariffa, secondo quanto stabilito all’art. 62, comma 1, del Dlgs n. 446/97. Al fine di eliminare tale disparità, con la modifica introdotta in sede di conversione, l’esonero di cui trattasi è stato esteso anche a questa fattispecie, anche se, a ben vedere il coordinamento tra le due disposizioni presenta alcuni punti oscuri. - l’ultimo paragrafo del comma 6 dell’articolo in questione stabilisce che “in caso di pluralità di insegne, l’esenzione è riconosciuta nei limiti dei cinque metri di superficie”. 45 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 Una simile limitazione non si ritrova invece nelle disposizioni che riguardano l’esonero dall’Imposta, in riferimento alle quali, anzi, la Circolare n. 1 dell’8 febbraio scorso del Ministero delle Finanze affermava che “rientrano nella fattispecie in questione anche le insegne che contraddistinguono comunque i luoghi dove si svolge attività d’impresa, quindi anche le sedi secondarie, in quanto la norma non limita l’esenzione alla sede legale o principale della stessa”. Si tratta di una differenza voluta o casuale? - come si collega tale disposizione, con quanto affermato al comma 5 del medesimo articolo, ove si sancisce che “per le insegne di superficie complessiva superiore ai cinque metri quadrati l’Imposta o il canone sono dovuti per l’intera superficie”?; - tenuto conto che la richiamata Circolare n. 1 del Ministero delle Finanze affermava esattamente il contrario (“la superficie di 5 metri deve essere considerata una franchigia da computare eventualmente in diminuzione di una eventuale superficie superiore, per cui il tributo dovrà essere corrisposto solo sulla differenza”), tale disposizione deve intendersi come interpretazione autentica oppure come norma correttiva di quanto stabilito dalla Finanziaria? Disposizioni in materia di patto di stabilità interno per Province e Comuni (art. 3) In sede di convenzione sono state apportate al testo originario dell’articolo quattro modifiche tutt’altro che insignificanti, anche se non tutte di segno positivo per gli Enti Locali: - la prima riguarda una (opportuna) correzione di quanto stabilito dall’art. 4-bis dell’art. 42 della Finanziaria, introdotto appunto dal Decreto legge in questione, e finalizzata ad evitare una inaccettabile penalizzazione per quegli Enti che hanno provveduto ad esternalizzare propri servizi nel corso del 2000 e che quindi si trovavano la spesa corrente di tale anno inferiore alla media degli anni precedenti. Nella nuova formulazione del primo capoverso dell’articolo in questione si afferma che “per gli Enti che hanno esternalizzato i servizi negli anni 1997, 1998, 1999 e IL GIORNALE DEL REVISORE I L R E V I S O 2000, la spesa corrente per l’anno 2000, relativa a tali servizi, è convenzionalmente commisurata alla spesa sostenuta nell’anno precedente l’esternalizzazione, nel caso in cui tale spesa sia stata superiore”. - la seconda modifica riguarda la prima parte del secondo capoverso del medesimo articolo, laddove si stabiliva che “il complesso delle spese correnti per l’anno 2002 deve essere altresì calcolato al netto delle maggiori spese conseguenti a impostazioni contabili diverse rispetto all’anno 2000, relative alla gestione di servizi a carattere imprenditoriale”. Nonostante l’assoluta non chiarezza della formulazione, a parere di taluni (compresi autorevoli esponenti ministeriali) la disposizione intendeva soprattutto affermare il principio in base a cui eventuali maggiori spese per l’anno 2002, conseguenti a modifiche nelle modalità di gestione di servizi a carattere imprenditoriale intervenute a decorrere dal 2000, erano da considerarsi irrilevanti ai fini del rispetto delle norme sul patto di stabilità. Con le modifiche apportate in sede di conversione in Legge, la norma invece appare assolutamente incomprensibile sia nelle sue finalità che, soprattutto, nella sua ricaduta applicativa. Nel nuovo testo in,fatti si afferma che “il complesso delle spese correnti per l’anno 2002 deve essere altresì, calcolato al netto delle maggiori spese conseguenti a impostazioni contabili determinate sulla media degli anni 2000 e 2001 relative alla gestione dei servizi a carattere imprenditoriale a decorrere dall’anno 2003” (?!). Ogni interpretazione logica di questa disposizione è assolutamente improponibile; l’unica cosa chiara è che sembrerebbe applicabile solo a decorrere dal 2003 (ammesso che nel frattempo si riesca a capire a cosa ci si riferisce), ma se così è che necessità c’era di inserirla in un Decreto legge che detta “norme urgenti per assicurare la funzionalità degli Enti Locali”? - la terza modifica riguarda l’eliminazione, dal citato ultimo capoverso dell’art. 4-bis in questione, del precedente riferimento alle “maggiori spese rispetto all’anno 2000 derivanti da convenzioni con Enti IL GIORNALE DEL REVISORE R E N E G L I E N pubblici o privati interamente finanziate dai proventi delle convenzioni stesse”. È anch’essa una modifica di cui francamente non siamo riusciti a capire la logica e che priva di fatto i Comuni e le Province della possibilità di incrementare i propri limiti di spesa oltre i vincoli del Patto di stabilità, senza conseguenza alcuna né sull’ammontare della spesa pubblica complessiva, né sul livello di pressione fiscale. Con la modifica introdotta viene infatti meno la possibilità, per gli Enti, di utilizzare le maggiore entrate derivanti ad esempio da contratti di sponsorizzazione con soggetti pubblici e privati per finanziare nuove spese eccedenti i limiti del Patto. Viene cioè immotivatamente meno una possibilità, introdotta proprio dal Decreto legge in questione, verso cui molti Enti si stavano orientando o che altri avevano addirittura già utilizzato ai fini della predisposizione del bilancio di previsione. - l’ultima modifica, di segno invece positivo per gli Enti, riguarda il comma 9, secondo capoverso, dell’art. 24 della Finanziaria 2002, laddove si stabiliva che, in caso di mancato rispetto dei limiti in materia di pagamenti per spese correnti di cui al comma 4 di tale articolo, sarebbe stata operata una riduzione dei trasferimenti erariali spettanti “in misura pari alla differenza tra gli obiettivi derivanti, per lo stesso Ente, dall’osservanza del medesimo comma 4 e i risultati conseguiti”. Con la modifica introdotta tale sanzione è stata notevolmente ridimensionata. La decurtazione di cui trattasi infatti si applica solo ai trasferimenti erariali di parte corrente (quindi presumibilmente solo sul Contributo ordinario, Contributo consolidato, Contributo perequativo per la fiscalità locale e, forse, Contributi per funzioni trasferite) e solo nel limite del 25 per centro di tali trasferimenti. Se si tiene conto che, con la riduzione complessiva di tali trasferimenti disposta dalla Finanziaria 2002 (non ultimo a seguito dell’attribuzione ai Comuni della quota di compartecipazione al gettito Irpef), questi, per alcuni Enti, sono oramai di entità assolutamente limitata (e quindi, in questi casi, l’applicazione della sanzione 46 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 T I L O C A L I riguarderà importi assolutamente modesti), mentre per altri sono praticamente ridotti a zero (ed in questi casi allora, il mancato rispetto delle norme sul Patto non farà scattare di fatto sanzione alcuna), questa sperequazione di trattamento appare, a chi scrive, poco in linea con quel “concorso al rispetto degli obblighi comunitari e dalla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica” cui dovrebbero essere chiamati tutti gli Enti, indipendentemente da particolari situazioni contingenti in cui qualcuno di loro potrebbe venire a trovarsi. REVISORI DEGLI ENTI LOCALI: IL PRINCIPIO DI “ATTRAZIONE” SUSSISTE SOLO SE C’È CONNESSIONE CON L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE SVOLTA di Nicola Tonveronachi Con Risoluzione n. 56 del 27 febbraio 2002, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente riguardo alla corretta applicazione delle disposizioni previste per i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 47, del Tuir (Dpr. n. 917/86), ai proventi derivanti dalle attività revisore di società o enti, rese da soggetti esercenti un’attività di lavoro autonomo, confermando sostanzialmente l’orientamento già espresso con la Circolare n. 105/2001. Ricordiamo che, con tale ultimo provvedimento, l’Agenzia aveva chiarito che: - se i revisori esercitano la professione di ragionieri o dottori commercialisti, il compenso ricevuto per l’attività di revisione dei conti viene ricondotto nell’ambito del loro reddito professionale, ex art. 49, comma 1, del Tuir, applicandosi in sostanza il cosiddetto principio dell’“attrazione”. - se invece gli stessi soggetti esercitano, “…accanto all’attività sindacale o di revisione…”, un’altra attività professionale I L R E V I S O (comunque non di ragioniere o dottore commercialista), “…nel cui oggetto possa essere ricondotto… anche lo svolgimento degli incarichi in discorso (sindaco o revisore dei conti)…”, anche in tal caso (come al punto precedente) il compenso percepito per l’attività di revisione dei conti è ricondotto nell’ambito del loro reddito professionale, ex art. 49, comma 1, del Tuir (principio dell’“attrazione”); - se infine tali soggetti non svolgono nessuna delle attività professionali suddette, il compenso percepito per l’attività di revisione dei conti è considerato reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e rientra nella disciplina di cui all’art. 47, comma 1, lett. c-bis), del Tuir (redditi di collaborazione coordinata e continuativa). Coerentemente con quanto sopra riportato, con la Risoluzione in oggetto l’Agenzia ha ribadito che “…pur tenuto conto dell’elevato grado di professionalità che innegabilmente connota l’attività dei Revisori Contabili, …l’ufficio di revisore costituisce, per espressa previsione normativa, attività di collaborazione coordinata e continuativa, come tale produttiva di reddito assimilato a quello di lavoro dipendente [art. 47, lett. c-bis), del Tuir]. La riconduzione alla predetta categoria dei redditi assimilati opera a prescindere dal livello di organizzazione impiegato nello svolgimento dell’attività”. Peraltro, l’Agenzia ha nuovamente sottolineato che “i proventi derivanti dallo svolgimento dell’attività di revisione contabile… [possono] essere attratti nella sfera dei redditi di lavoro autonomo, di cui all’art. 49, comma 1, del Tuir”, nel caso in cui il revisore svolga “abitualmente un’altra attività di carattere professionale le cui funzioni tipiche si estrinsechino anche attraverso l’attività di controllo contabile, ovvero quando sussista comunque una connessione oggettiva tra l’attività ci controllo contabile e la diversa attività svolta in via abituale dal contribuente”. In conclusione, anche nel caso di attività professionali diverse da quelle di ragionieri e dottori commercialisti, se vi è “connessione tra la funzione di revisore e l’esercizio di una attività professionale”, i redditi pro- R E N E G L I E N dotti dai soggetti interessati possono esser considerati come di lavoro autonomo, ai sensi dell’art. 49, comma 1, del Tuir. Alcuni esempi in tal senso potrebbero essere costituiti certamente dalle figure professionali di consulente del lavoro, di tributarista e forse anche di avvocato. D’altra parte, “il mero esercizio della funzione di Revisore Contabile non è sufficiente a legittimare, per i compensi derivanti da tale attività, una qualificazione reddituale diversa da quella operata dall’art. 47, lett. c-bis), del Tuir”. A proposito dell’incarico di revisore degli Enti Locali, ricordiamo che, con la Nota n. 23744 del 17 luglio 2001 dell’ufficio territoriale di La Spezia dell’Agenzia delle Entrate, sono stati qualificati come indennità di pubblica funzione, ex art. 47, comma 1, lett. f), del Tuir, i compensi corrisposti al Collegio dei revisori del Comune. Ciò appare in profondo contrasto con quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, sia con la richiamata Circolare n. 105, che con la Risoluzione n. 56 appena commentata, secondo le quali, come detto, tali compensi devono essere considerati dal punto di vista fiscale, o come redditi di lavoro autonomo (per i ragionieri, i dottori commercialisti e i revisori che esercitano anche un’altra attività professionale nella quale sia riconducibile l’esercizio degli incarichi di revisore), oppure (per gli altri) come redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Il qualificare il Collegio dei Revisori come commissione prevista dalla legge (cosa invece non riconosciuta - a torto per chi scrive - al Nucleo di valutazione, anche ai sensi di quanto riportato nella Risoluzione n. 172/E del 22 novembre 2000), comporterebbe l’automatico inserimento dei relativi compensi nell’ambito dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, senza in tal caso poter applicare il citato principio dell’attrazione. La posizione assunta in merito dall’ufficio spezzino dell’Agenzia delle Entrate non convince, per una serie di motivi che proviamo a sintetizzare. Intanto, l’individuazione della casistiche alle quali ricondurre 47 Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002 T I L O C A L I l’esercizio della pubblica funzione è stata tentata, oltre che con l’enunciazione di alcune categorie nel testo della lett. f), comma 4, art. 47, del Tuir, anche con la Cm. n. 326/E del 23 dicembre 1997 e, soprattutto, con le istruzioni al Mod. 730/98. In tale ultimo caso, è stata qualificata come pubblica funzione anche la partecipazione a commissioni previste dalla legge o da altra norma imperativa intendendo – a ns. avviso – con l’espressione “previste dalla legge”, il fatto che l’istituzione di tali commissioni sia stata stabilita da una disposizione legislativa. Oltre alle commissioni edilizie ed a quelle elettorali, appare difficile inserire il Collegio dei Revisori in tale categoria in quanto, per prime cosa, non è assodato che il Collegio in questione sia configurabile come una “commissione” - visto che per i Comuni sotto i 5.000 abitanti viene nominato un solo revisore dei conti, ai sensi dell’art. 234, comma 3, del Tuel. In secondo luogo, ricordiamo che la funzione del revisore, anche nell’Ente Locale, prevede tutta una serie di attività che coincidono nella sostanza con quelle richieste nell’ambito privatistico dal codice civile e dalle leggi specifiche di riferimento (Dlgs. n. 88/92; Legge n. 132/97), apparendo quantomeno singolare che l’esercizio delle stesse attività sia configurato pubblica funzione nell’Ente Locale e non invece anche nelle aziende private. Inoltre, anche il commercialista che viene nominato curatore fallimentare svolge le sue prestazioni professionali in tale ambito come pubblico ufficiale, ma per questo non deve certo qualificare il proprio compenso per l’attività svolta come “indennità di pubblica funzione”. A ns. avviso quindi, anche i compensi riconosciuti ai Revisori degli Enti Locali devono seguire le stesse specifiche riportate nella Cm. n. 105/2001 e nella Rm. n. 56/2002, applicando così anche per questi il principio dell’attrazione e, dunque, qualificandoli come redditi di lavoro autonomo. L’ennesimo silenzio da parte dell’Amministrazione finanziaria centrale su tale punto ripropone dunque i rilevanti dubbi generati dalla richiamata Nota. IL GIORNALE DEL REVISORE ® Centro Studi Enti Locali Dal 1° gennaio 2002 la Circolare è edita anche in versione Rivista nazionale. Per gli iscritti all’Istituto Nazionale Revisori Contabili è riconosciuto uno sconto pari al 20% sul prezzo dell’abbonamento annuo alla Rivista: s.r.l. 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Per richiedere l’invio, contrassegno, del relativo floppy disk, è sufficiente inviare il coupon a: Centro Studi Enti Locali Via della Costituente 15 - 56024 San Miniato (PI) - Fax 0571/469237 - E-Mail: [email protected] Ente/Studio __________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ Via/Piazza __________________________________________________________________________ CAP ________________ Località _______________________________________ Prov.______ P. Iva _______________________________ Tel. _____________________ Fax ________________________ E-mail _____________________________________________________ Si richiede con urgenza l’invio contrassegno di n. ____ copie del floppy disk contenente la "Relazione dei Revisori al Conto Consuntivo degli Enti Locali per l’esercizio 2001" predisposta da codesto Centro Studi al prezzo di e 46,00 (più Iva 20 %) e e 7,75 di spese di spedizione.