IL GIORNALE DEL REVISORE - Istituto Nazionale Revisori Legali

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IL GIORNALE DEL REVISORE - Istituto Nazionale Revisori Legali
S
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IL GIORNALE DEL REVISORE
DIRETTORE
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO
Francesco Arcadio, Gaetano Carnessale,
Giuseppe Castronovo, Alberto Cioni,
Michele Del Castello, Francesco Magrini,
Michele Simone, Francesco Vegni,
Eugenio Vitello, Attilio Zifaro
EDITORE
Istituto Nazionale Revisori Contabili
Via Zuretti, 39 - 20125 Milano
REDAZIONE
Via Zuretti, 39 - 20125 Milano
Tel. 02/67.38.311 r.a.
Fax 02/67.38.31.26 - 02/67.38.31.24
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PUBBLICITÀ
Istituto Nazionale Revisori Contabili
STAMPA
Arti Grafiche Amilcare Pizzi SpA
Via Amilcare Pizzi, 14
20092 Cinisello Balsamo (Mi)
Registrazione Tribunale di Milano
n. 9 del 15 gennaio 2001
I
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È LA LEGGE CHE DETERMINA LA FIGURA DEL REVISORE
Modesto Bertolli
5
VISTO PESANTE: “ASSICURAZIONI E SANZIONI”
6
DECRETO LEGISLATIVO N. 74/2000: “OPPORTUNO QUALCHE RITOCCO”
Michele Del Castello
8
SENTENZE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE: “TEMPI PER L’APPELLO”
Francesco Arcadio
9
RICONOSCIUTA LA RETTIFICA DELLA DICHIARAZIONE
Francesco Magrini
Editoriale
14
DAI PARAMETRI AGLI STUDI DI SETTORE
Eugenio Vitello
15
SEMPLIFICAZIONI: “AVANTI TUTTA!”
Michele Simone
19
INUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE
Attilio Zifaro
28
CONSORZI AGRARI PROVINCIALI IN LIQUIDAZIONE C. A.
CON ESERCIZIO PROVVISORIO: «CALCOLO DELL’IRAP»
Gaetano Carnessale
30
LETTERE
a cura della redazione
32
IMPEGNO DEI DELEGATI SULLA FORMAZIONE PROFESSIONALE
a cura della Segreteria generale
34
I QUESITI DEI LETTORI
a cura dell’I.N.R.C.
38
CREDITO D’IMPOSTA SUI DIVIDENDI DA SOCIETÀ PARTECIPATE
Francesco Vegni
40
L’UNIONE E FUSIONE DI COMUNI
Attilio Zifaro
43
RIORDINO DEGLI ORGANISMI COLLEGIALI TECNICI
Giuseppe Castronovo
45
SPECIALE
a cura del Centro Studi Enti Locali
ART DIRECTOR
Laura Arcari
IMPAGINAZIONE
Kappadue srl
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SCIENTIFICO
Antonino Mirone, Mario Tonucci, Antonio
Preto, Ernesto Currili, Angelo Deiana,
Michele del Castello, Alberto Cioni, Nicola
Tonveronachi
A
IL GIORNALE
DEL REVISORE
DI REDAZIONE
Virgilio Baresi, Agostino Basso, Gianluigi
Bertolli, Modesto Bertolli, Andrea Boreatti,
Gaetano Carnessale, Giovanni Battista
De Muzio, Paolo Fontana, Giandomenico
Genta, Andrea Mastroianni, Santino
Mazzilli, Antonio Mirone, Massimo Pollini,
Ubaldo Procaccini, Giuseppe Sanfilippo,
Gaetano Scognamiglio, Michele Simone,
Mario Tonucci
COMITATO
M
GR
RESPONSABILE
Enrico Sassoon
COMITATO
M
Inserto
Lettere
NUOVA SERIE ANNO XXVI - NUMERO 2
Spedizione in abb. post. 45% - Art. 2
Comma 20/B legge 662/96 - Milano
La redazione si riserva di modificare e
abbreviare i testi originali. Gli articoli
firmati rispecchiano il pensiero degli autori.
Studi, servizi e articoli de “Il Giornale del
Revisore” possono essere riprodotti
purché ne sia citata la fonte.
ISTRUZIONI PER GLI AUTORI
I lavori non devono superare le 11.600
battute. I lavori dovranno essere inviati
alla redazione di Milano: Via Zuretti, 39
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
Notizie associative
Il parere dell’esperto
Enti locali
Il revisore negli Enti locali
IL GIORNALE
DEL REVISORE
CONVENZIONI ASSICURATIVE 2002
R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI
L’Istituto Nazionale Revisori Contabili e il gruppo SAI - compagnia Azzurra Assicurazioni
per il tramite di B&S Insurance Brokers & Services - hanno stipulato
una convenzione in esclusiva per tutti i Revisori Contabili
a condizioni vantaggiosissime ed appositamente scontate per i Revisori.
Possono aderire:
Revisori in attività e in pensione, coniugi,
figli, dipendenti/collaboratori dello studio
Per aderire:
(preventivi ed
emissione contratti)
Call Center dedicato
numero verde 800.996.690
dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 19.00
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Rimane in vigore anche per il 2002 l’accordo con i Lloyd’s
per la copertura dei rischi professionali a condizioni invariate
Rischi assicurati:
TUTTI i rischi professionali
Per aderire:
rivolgersi agli uffici B&S (in calce)
COPERTURE
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A condizioni estremamente favorevoli per tutti i Revisori in attività ed in pensione,
familiari, dipendenti e collaboratori
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Morte, invalidità permanente, invalidità permanente
da malattia, invalidità temporanea, diaria da infortunio
e malattia, spese mediche, vita puro rischio
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Chubb, Lloyd’s
Per aderire:
rivolgersi agli uffici B&S (in calce)
UFFICI DEL GRUPPO B&S IN ITALIA
MILANO
Via Turati, 38
20121
Tel. 02.65 55 754
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P.zza De Gasperi, 12
35131
Tel. 049.87 50 990
Fax 049.87 50 974
e-mail:
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UDINE
Via Maniago, 2
33100
Tel. 0432.47 04 57
Fax 0432.47 95 29
e-mail:
[email protected]
GENOVA
Via S. Luca,12/54
16124
Tel. 010.24 72 488
Fax 010.24 72 514
e-mail:
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MARINA DI CARRARA
V.le da Verrazzano,13
54036
Tel. 0585.63 11 14
Fax 0585.63 41 21
e-mail:
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ROMA
Via F. Mengotti, 45
00191
Tel. 06.32 97 654
Fax 06.32 97 769
e-mail:
[email protected]
UFFICIO CORRISPONDENTE: BROLO (Me) • 98061 Via Mazzini, 4 • Tel. 0941.56 25 27 • Fax 0941.56 25 28 • e-mail: [email protected]
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È la legge che determina
la figura del Revisore
Nella mia qualità di Ragioniere Collegiato sono spesso e volentieri tacciato di essere un “fedifrago” solo ed unicamente perché difendo la “Figura del Revisore
Contabile” nella sua essenza giuridica senza distinzione tra Revisori
contabili iscritti o meno ad ordini
e categorie professionali aggiunte
“legalmente riconosciute”.
La circostanza mi disturba
non poco perché si scontra con il
mio carattere di professionista
aperto al mondo delle libere professioni e sinceramente disposto
alla più solidale comprensione e
collaborazione con il libero pensatore. Il mio atteggiamento,
quindi, non è dovuto alla circostanza che io rivesta la carica di
Presidente Nazionale dell’Istituto
Revisori Contabili ma all’interpretazione rigorosa di leggi dello
Stato imposte oltretutto all’Italia
da una direttiva comunitaria.
E per chiarire una volta per
tutte come si diventa Revisore
Contabile ricordo che i requisiti
necessari sono:
a) diploma di laurea in materie
economiche;
b)tre anni di praticantato;
c) esami di Stato gestiti dal Ministero della Giustizia.
Le materie d’esame indicate
dalla legge istitutiva del Revisore
Contabile (art.4 del Dl 27 gennaio
1992 n. 88) recita testualmente:
art.4 - Esame per l’iscrizione nel
Registro:
L’esame previsto dall’art. 3 consiste in prove scritte e orali diret-
te all’accertamento delle conoscenze teoriche del candidato e
della sua capacità di applicarle
praticamente, nelle materie che
seguono:
a) contabilità generale;
b) contabilità analitica e di gestione;
c) disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati;
d) controllo della contabilità e
dei bilanci;
e) diritto civile e commerciale;
f) diritto fallimentare;
g) diritto tributario;
h) diritto del lavoro e della previdenza sociale;
i) sistemi di informazione e informativa;
l) economia politica e aziendale
e principi fondamentali di
gestione finanziaria;
m) matematica e statistica.
Ora io sfido chicchessia a sostenere che il Revisore Contabile
non abbia il diritto di esercitare
le attività previste per le categorie... “legalmente riconosciute”.
Ma vi è di più: la vecchia normativa per l’iscrizione agli Ordini dei Dottori e Ragionieri non
consentiva l’automatica iscrizione dei promossi agli ordini anche al Registro dei Revisori Contabili tanto è vero che erano imposti esami integrativi per acquisire il diritto ad accedervi. Tant’è
vero che le due categorie professionali, Dottori e Ragionieri, per
superare l’inconveniente sono ricorsi alla adozione delle materie
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
d’esame di cui all’art. 4 sopra richiamato, trasferendo altresì le
sedi d’esame presso le università.
Che ci piaccia o meno questa
è la sostanza della norma vigente, per cui mi domando che senso abbia lo sventolio di esclusive
che non ci sono e soprattutto
prendersela con lo scrivente perché evidenzia con doverosa imparzialità la normativa che ha
istituito il “Revisore Contabile”
nel nostro Paese. Io non ho niente contro gli “Ordini” (tant’è che
continuo ad esservi iscritto), ma
li ritengo solo organismi superati dall’evolversi di una società
moderna, libera, democratica,
civile che non ha più bisogno…
di possedere “pedigree” per essere riconosciuta.
Il Revisore Contabile quindi
(e sia detto una volta per tutte)
è e resta un professionista al pari di chicchessia perché lo dice
la legge istitutiva e decine di
sentenze di Corti d’Appello della Repubblica Italiana per cui
riconoscerne la presenza sarebbe
oltretutto dimostrazione di imparzialità e di intelligenza.
Al bisogno però di tutte queste mortali considerazioni io
continuerò da buon cittadino a
rispettare le regole del gioco, a
credere nella capacità dell’essere
umano, nella onestà, intelligenza, spirito di solidarietà, utilità di
propositi, senza i quali non si
avrà mai un mondo giusto e vivibile.
Modesto Bertolli
IL GIORNALE
DEL REVISORE
RAPPRESENTANZA
TRIBUTARIA
ANCHE AI REVISORI
Mi auguro ricordiate tutti, per essere stato argomento di larga considerazione,
quale evidente anomalia il caso in sé rappresentava. Infatti si trattava di due decreti legislativi
ambedue datati 31.12.1992 portanti i numeri progressivi 545 e 546.
Il decreto n.545, portante l’ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria
elenca tra i soggetti abilitati alla formazione delle commissioni tributarie giudicanti
i Revisori Contabili considerati idonei a ricoprire l’alto incarico di componenti delle
commissioni stesse.
Il D.L. n. 546 che stabilisce invece l’assistenza tecnica nanti le Commissioni giudicanti
per cui all’art. 12 elenca le categorie autorizzate a rappresentare il contribuente
nanti le Commissioni stesse. In questo articolo, il Revisore Contabile viene clamorosamente
dimenticato.
È evidente il voluto “errore di sbaglio” perche non si può sostenere l’esistenza della capacità
di un soggetto a giudicare e non quella invece a difendere sugli stessi specifici argomenti
tecnico-professionali.
Orbene sono pressoché due lustri che tentiamo di porre fine ad una simile ingiustizia per cui
ci auguriamo sia giunta la volta buona. Infatti in data 7 maggio la Camera ha approvato
l’inserimento dei Revisori Contabili tra le categorie autorizzate a rappresentare il
contribuente nanti le Commissioni tributarie.
Di questo successo va il nostro piu sentito riconoscente ringraziamento
all’On.le Daniele Molgora vice Ministro alla Economia e Finanza; all’On.le Sergio Rossi
componente la commissione finanza Camera dei Deputati; all’On.le Emanuele Falsitta
presidente commissione finanza Camera dei Deputati. A loro va un grazie da parte non solo
nostra, ma di tutti i Revisori Contabili italiani.
Non posso fare a meno infine di ricordare la lodevole tenace dedizione del nostro
Segretario Generale amico Virgilio Baresi, regista abile, attento e generoso che ha saputo
dedicare all’importante, oltre che delicato problema, tutte quelle attenzioni tipiche di chi,
conscio del suo ruolo, non tollera ostacoli sul proprio cammino.
Grazie Virgilio a nome mio e di tutti i Revisori italiani, anche perché la gratitudine non resti
un mito. Tu non sei solo un Segretario Generale, capace, efficiente e coscienzioso, ma un
amico generoso che ha buttato nella mischia anche il patrimonio delle personali conoscenze
al servizio di una comunità nella quale tu credi in costante progressiva affermazione tanto
da incutere rispetto ed, ahimè, qualche gelosia da parte di concorrenti poco lungimiranti.
Il Presidente
Modesto Bertolli
VISTO PESANTE:
«ASSICURAZIONI E SANZIONI»
a
vendo rilevato che esistono ancora molti dubbi ed incertezze al riguardo, anche fra gli
addetti ai lavori, penso valga la
pena di ritornare in argomento.
La riforma del sistema sanzionatorio tributario amministrativo
entrato in vigore il 1° aprile
1998 a seguito dei Dlgs n. 471,
472, 473/97 e n. 203 del 5 giugno ’98 e successive modifiche
ha comportato una vera e propria rivoluzione in materia avendo fra l’altro introdotto una serie
di importanti principi che non
staremo qui a richiamare se non
per quanto concerne il principio
della personalizzazione della sanzione. In forza di tale principio
la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha commesso o
concorso a commettere la violazione. Tutta la riforma è mutuata essenzialmente dai principi
base del Codice penale dal che
ne deriva in particolare che “sanzione personale” significa non
trasmissibile agli eredi ma anche
in generale non trasmissibile a
terzi e quindi neanche al sistema
assicurativo. Quindi per la persona fisica le sanzioni tributarie
NON sono assicurabili. Il contratto assicurativo che prevedesse quanto sopra avrebbe una
causa illecita per contrarietà all’ordine pubblico ex art. 1343
Le sanzioni tributarie
nei confronti della persona
fisica non sono assicurabili,
mentre è possibile
assicurare i danni arrecati
dal certificatore
C. C. e quindi sarebbe nullo in
base all’art. 1418 C. C.
Avendo tale riforma, ai tempi,
generato una specie di sollevazione generale nelle aziende, il
legislatore ha pensato di portare
in extremis un correttivo prevedendo una deroga al principio
di personalizzazione della sanzione, nei soli casi di colpa lieve,
consentendo alle aziende che lo
desiderino di accollarsi il debito
conseguente all’irrogazione della sanzione, nei soli casi di colpa
lieve, ed inoltre limitando l’entità massima della sanzione in
capo alla persona fisica a Lire
100 milioni. Da qui la possibilità da parte delle aziende, si badi bene, e non dei soggetti fisici
destinatari della sanzione, di stipulare coperture assicurative
volte ad eliminare il rischio di
perdite conseguente all’accollo
del debito.
Esistono correnti di pensiero,
anche autorevoli, che tendono
ad esasperare questo concetto so-
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
stenendo la totale assicurabilità
delle sanzioni anche nei casi di
dolo e colpa grave. Personalmente sono di avviso contrario così
come lo è anche 1’ISVAP.
Con l’introduzione del visto pesante il problema dell’assicurabilità si ripropone. È vero che la
legge introduttiva del “visto pesante” prevede la preventiva stipulazione di una copertura assicurativa a “tutela dei danni che il
certificatore può arrecare ai
clienti”, ma sta proprio in queste
parole la conferma ulteriore della non assicurabilità delle sanzioni irrogate direttamente ai certificatori. Ci si domanderà quindi
a cosa serve la polizza assicurativa che i certificatori devono obbligatoriamente stipulare. La polizza serve a coprire eventuali
danni subiti dai clienti (terzi)
che farebbero quindi azione di
rivalsa nei confronti dei certificatori. A mio avviso quindi una
sanzione irrogata al cliente può
essere oggetto di rivalsa verso il
certificatore e di conseguenza il
relativo danno risultare coperto
dalla polizza assicurativa ma, al
contrario, una sanzione irrogata
direttamente al certificatore non
sarebbe coperta dall’assicurazione in virtù del principio di personalizzazione della sanzione
non derogato nella fattispecie. ■
IL GIORNALE
DEL REVISORE
DECRETO LEGISLATIVO
N. 74/2000: «OPPORTUNO
QUALCHE RITOCCO»
f
ra poco approveremo i bilanci
di esercizio dell’anno 2001; il
primo di piena vigenza del Decreto legislativo n. 74 del 10
marzo 2000. La nuova “manette agli evasori” reca delle implicazioni particolari che, ovviamente, interessano i Revisori
per i loro risvolti penali.
Le leggi penali fiscali hanno
sempre avuto vita travagliata ed
anche al Dlgs n. 74/2000 non
sembra sia toccata sorte migliore. Infatti il combinato disposto dell’art. 24 del Dlgs n. 507
del 30 dicembre 1999 (recante
l’abrogazione dell’articolo 20
della Legge 7 gennaio 1929 n.
4 – la cosiddetta “pregiudiziale
tributaria”) e dell’articolo 25
del Dlgs n. 74/2000 hanno
abrogato tutta una serie di fattispecie di reati previsti dalla
Legge n. 516/82 con effetti
pratici non sempre voluti dal
legislatore.
Dall’entrata in vigore del Dlgs
n. 74/2000, sono molti i Tribunali che, giudicando imputati
di reati previsti ai sensi della
Legge n. 516/82, hanno emesso sentenze di assoluzione con
la formula “il fatto non è più
previsto dalla legge come reato”.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
Per la mancanza di una
soglia minima di
punibilità la nuova norma
otterrebbe un indesiderato
aumento di denunce
penali per cifre irrisorie
di Michele Del Castello
In particolare è l’articolo 1 - 1°
comma, lettera d - che è stato
oggetto di ripetute “attenzioni”
anche da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 9574/2000, ha sottolineato che, in base all’articolo 2
del C.P., “nessuno può essere punito, per un fatto che, secondo
una legge posteriore, non costituisce reato” e poiché il Dlgs n.
74/2000 non prevede più la fattispecie dell’utilizzo di fatture
per operazioni inesistenti non si
può più condannare chi, di
queste, ha fatto uso prima del
15/04/2000. Da ciò si evince
che aver registrato in contabilità, negli anni passati, fatture per
operazioni inesistenti, anche
per svariati miliardi di lire, con
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
i vantaggi fiscali conseguenti,
non è più un reato né, tanto
meno, può determinare una
condanna penale.
Al contrario il Dlgs n. 74/2000
potrebbe portare alla condanna
per la registrazione di fatture inesistenti anche nel caso di importi irrisori e tutto ciò per la mancanza di una soglia minima di
punibilità. Difatti gli articoli 2 e
8 si premurano di censurare le
fattispecie inerenti le registrazioni di documenti passivi fittizi e
l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
In entrambi gli articoli al caso
generale, e più grave, - punito
con la reclusione da un minimo
di 1 anno e 6 mesi sino ad un
massimo di 6 anni – se ne affianca uno meno grave – punito
con la reclusione da 6 mesi a 2
anni.
Questa seconda fattispecie ricorre, per entrambi gli articoli,
quando l’importo è inferiore a
lire 300 milioni. In particolare è
opportuno soffermarsi sul periodo “altri documenti per operazioni inesistenti” previsto dal 1°
comma dell’articolo 2. Che
portata ha tale norma?
La relazione di accompagna-
mento alla bozza approvata dal
Governo e pubblicata su “Il Sole 24 Ore” del 7 gennaio (pagina 15 e seguenti) al paragrafo 2
“Le norme definitorie” reca questa definizione: “La nozione di
fatture o altri documenti per operazioni inesistenti… si tratta,
cioè, della documentazione attestante operazioni in tutto o in
parte prive di riscontro nella realtà, vuoi in senso oggettivo... vuoi
in senso soggettivo”.
Ebbene: consideriamo il caso di
un imprenditore titolare di 2
Società: se una fattura di acquisto, magari dell’importo di poche migliaia di lire, è intestata
alla società “A” ma viene registrata, per mero errore contabile, nella contabilità della Società
“B” è indubbio che, per la Società “B”, la predetta operazione
è da ritenersi, a tutti gli effetti,
soggettivamente inesistente.
Alla medesima maniera una
scheda carburante priva della
targa dell’automezzo cui si riferisce o una ricevuta fiscale priva
dell’intestazione del soggetto
che ha ricevuto la prestazione
sono, senza ombra di dubbio,
documenti che attestano operazioni passive che vengono registrate in contabilità e che sono
detenuti al fine di prova nei
confronti del fisco ma che mancano del requisito dell’esistenza
soggettiva.
In buona sostanza rientrano a
pieno nella fattispecie delittuosa
prevista dalla nuove legge e,
pertanto, basta aver registrato
una sola di queste operazioni,
magari per cifre irrisorie, e scatta la fattispecie “se l’ammontare... è inferiore a lire trecento milioni”.
Se applicata in tale maniera la
nuova norma otterrebbe un ef-
LA SOLUZIONE AL PROBLEMA
È LA INTRODUZIONE DI UNA
“SOGLIA” MINIMA DI PUNIBILITÀ
AL DISOTTO DELLA QUALE IL
FATTO NON VIENE CONSIDERATO
PENALMENTE PERSEGUIBILE
fetto pratico – maggiore numero di denunce penali per cifre
minime e conseguente intasamento dei Tribunali – esattamente contrario a quello che si
era prefisso. Né si può pensare
che il verificatore fiscale si
astenga in tale situazione dal rimettere rapporto penale all’A.
G. poiché il suo compito è la rilevazione dei fatti penalmente
rilevanti mentre la valutazione
dei medesimi è compito esclusivo della Magistratura. In caso
diverso sarebbe proprio il verificatore ad incorrere in fattispecie
– omissione di atti d’ufficio –
penalmente rilevante.
La soluzione al problema è una
soltanto: occorre introdurre una
“soglia” minima di punibilità –
come, peraltro, era previsto dalla legge 516 – al di sotto della
quale il fatto non viene considerato penalmente rilevante.
Inoltre non va sottaciuta la contraddittorietà delle pene previste dalla nuova normativa.
Infatti gli articoli 2 e 8 inseriscono una “soglia” – lire 300
milioni – al di sotto della quale il reato è considerato meno
grave:
– Se i documenti fittizi hanno
un importo superiore a detta soglia la pena è la reclusione da un minimo di 1 anno e 6 mesi (nel testo originario 2 anni) ad un massimo
di 6 anni;
7
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
– Se l’importo è inferiore a tale
soglia la pena è la reclusione
da 6 mesi a 2 anni (identica
nelle due versioni).
Orbene; se due imprenditori A
e B vengono, rispettivamente,
accusati, processati – ma da due
diversi Tribunali – e condannati
per essere incorsi nei rigori della nuova legge, A per la cifra di
400 milioni di lire e B per la cifra di 200 milioni di lire di può
arrivare a questo paradosso:
– “A”, che è incorso nella fattispecie più grave, viene condannato alla reclusione di 1
anno e 8 mesi (nei limiti
edittali);
– “B”, che è incorso nella fattispecie meno grave, viene
condannato alla reclusione di
1 anno e 9 mesi (nei limiti
edittali).
Tutto ciò è dovuto al fatto che il
Legislatore, in sede di conversione della bozza approvata dal
Governo, ha diminuito il minimo della pena edittale della fattispecie oltre i 300 milioni di lire portandolo da 2 anni a 1 anno e 6 mesi ma si è dimenticato
di abbassare, automaticamente,
il massimo della pena edittale
della fattispecie sotto i 300 milioni portandolo, a sua volta, da
2 anni a 1 anno e 6 mesi.
Anche in questo caso è auspicabile un provvedimento legislativo che corregga “la svista” anche
in considerazione della possibile
impugnativa di incostituzionalità della norma.
Michele Del Castello
IL GIORNALE
DEL REVISORE
SENTENZE DELLE
COMMISSIONI TRIBUTARIE:
«TEMPI PER L’APPELLO»
l’
PER LE
COMUNICAZIONI
RICEVUTE DOPO
IL 1° APRILE 1996
IL TERMINE
PER APPELLARE
È DI UN ANNO
E 46 GIORNI
DALLA DATA
DI PUBBLICAZIONE
DELLA SENTENZA
IL GIORNALE
DEL REVISORE
esperienza acquisita quale
Giudice Tributario e componente
della Commissione Tributaria di
Padova mi suggerisce la formulazione del presente appunto, in
modo tale che il comune cittadino-contribuente possa venire a
conoscenza dell’iter, non certamente semplice, e dei tempi tecnici per interporre appello alle
sentenze emesse dalle Commissioni Tributarie Provinciali.
Innanzi tutto è da evidenziare che
la sentenza delle Commissioni Tributarie Provinciali è resa pubblica,
nel testo integrale originale (e cioè
sia la parte dispositiva che la parte
motiva) mediante deposito nella
Segreteria della Commissione stessa che dovrà avvenire entro 30
giorni dalla data della deliberazione. (art. 37, comma 1 del Dlgs n.
546/1992). Evidentemente trattasi di un termine ordinatorio, poiché non è prevista sanzione, in caso di inadempimento e di ritardo.
È da rilevare che solo la parte dispositiva (e non quindi la parte
motiva) della sentenza, è comunicata alle parti e solamente alle parti che si sono costituite in giudizio, entro 10 giorni dal deposito
(art. 37, comma 2 del Dlgs n.
546/1992).
In base al rito di cui al
Dlgs n. 546/1992 l’iter
e i tempi tecnici per
interporre appello merita
un appunto chiarificatore
di Francesco Arcadio
Preme qui rilevare che la comunicazione di cui all’art. 37, comma 2
del Decreto Legislativo n. 546/92
non ha alcuna valenza giuridica,
poiché dalla sua data non decorre
alcun termine (anche il predetto
termine di 10 giorni ha natura ordinatoria, poiché non è prevista
alcuna sanzione in caso di non osservanza). Il termine per proporre
appello nei confronti delle sentenze della Commissione Tributaria
Provinciale è fissato in un anno
(art. 327 del c.p.c.) decorrenti dalla sua pubblicazione.
Con la sospensione dei termini feriali e cioè dal 1 agosto al 15 settembre, le sentenze vanno appellate ordinariamente entro un anno e
46 giorni dalla loro pubblicazione.
La parte che invece vuole accorciare i termini, può usare la seguente procedura:
- si fa rilasciare 2 copie autenticate
8
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
della sentenza (è dovuto un diritto di copia unico di Euro 5,16
per ogni atto, anche se composto di più fogli o pagine, in base
alla circolare del Ministero di
Grazia e Giustizia n. 1/2002 del
26/02/2002).
- ne notifica una copia all’altra
parte.
Poiché nell’art. 38 del Dlgs n.
546/92 non è detto chiaramente
che questa notifica può avvenire a
norma dell’art. 137 e segg. del
c.p.c. è da ritenersi che la notifica
debba essere effettuata tramite Ufficiale Giudiziario.
A questo punto è da rilevare che la
parte che riceve la notifica non ha
più il termine lungo (e cioè di un
anno e 46 giorni) per formulare
appello, ma ha un termine breve e
cioè di 60 (sessanta) giorni dalla
data della notifica.
Se però la notifica avvenisse dopo
un anno e 16 giorni dalla pubblicazione della sentenza, la parte
che l’ha ricevuta non ha più 60
giorni per formulare appello, ma
avrà solo 30 (trenta) giorni. Infatti giammai si può superare il termine di 1 anno e 46 giorni.
Queste sono le regole del nuovo
processo tributario che si applicano, come è noto, dal 1/4/1996.
Nel vecchio processo tributario,
invece, la notifica delle decisioni
di primo grado era diversa, poiché
la Commissione Tributaria di 1°
Grado provvedeva alla notifica, alle parti costituite in giudizio, del
dispositivo delle decisioni, mentre
ora viene comunicato, soltanto.
Nel vecchio rito, quindi, dalla
predetta notifica decorrevano i 60
giorni per interporre appello.
In assenza di notifica, nessuna decisione poteva essere appellata, decorsi 1 anno e 46 giorni dalla sua
pubblicazione.
Si possono verificare due fattispecie diverse e cioè:
- decisioni delle vecchie Commissioni Tributarie di 1° Grado, notificate entro il 31 marzo 1996;
- decisioni delle nuove Commissioni Tributarie Provinciali - noti-
ficate - rectius: comunicate dal 1
aprile 1996.
Le prime di cui alla lett. a)- sono a
tutti gli effetti vere e proprie notifiche: così era previsto, vigente il
D.P.R. n. 636/1972.
Quindi l’appello andava posto
entro 60 giorni dalla notifica, tenendo presente che se al 1° aprile 1996 non erano trascorsi i 60
giorni, si incominciava a ricontare dal 1° aprile. I termini non
scaduti a tale data non contavano: dal 1° aprile si ricominciava
da zero.
Se invece si è ricevuto la comunicazione (correttamente chiamata notifica) dal 1 aprile 1996,
questa vale solo come notizia.
Da tale data (e cioè dal 1° aprile
1996) le Commissioni Tributarie Provinciali non possono più
notificare le proprie decisioni e
sentenze. Ne deriva che da queste comunicazioni non valgono i
60 giorni per ricorrere.
Il termine per appellare è di un
anno e 46 giorni dalla data della
pubblicazione della sentenza,
tranne il caso in cui una delle
parti, costituita nel processo,
non notifichi all’altra parte il testo integrale della sentenza stessa. In tal caso, come sopra detto,
il termine per formulare appello
è di 60 giorni dalla notificazione.
Nella lusinga di aver apportato
un minimo di chiarezza, auspico
che i ricorrenti apprestino maggiore attenzione ai termini per
interporre appello alle sentenze
delle Commissioni Tributarie
Provinciali.
Francesco Arcadio
RICONOSCIUTA LA RETTIFICA
DELLA DICHIARAZIONE
i
l Dpr 435/2001 ha introdotto
nell’ordinamento giuridico alcune significative disposizioni in
merito alla possibilità, riconosciuta al contribuente, di rettificare la dichiarazione tributaria.
Con il predetto provvedimento
si è, infatti, sostituito il comma 8
dell’art. 2 del Dpr n. 322/1998
ed è stato introdotto, sempre all’art, 2 del Dpr n. 322/1998, un
nuovo comma 8-bis.
Le disposizioni in merito
alla possibilità di rettifica delle
dichiarazioni valgono anche
per la dichiarazione annuale
dell’IVA
di D.David, F. Magrini
Il “nuovo” art. 2, comma 8, ora
dispone che “salva l’applicazione
9
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
delle sanzioni, le dichiarazioni
dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei
sostituti di imposta possono essere integrate per correggere errori od omissioni mediante successiva dichiarazione da presentare, secondo le disposizioni di
cui all’articolo 3, utilizzando
modelli conformi a quelli approvati per il periodo di imposta cui
si riferisce la dichiarazione, non
IL GIORNALE
DEL REVISORE
NON CONVINCE
L’INTERPRETAZIONE
DELL’AGENZIA
DELLE ENTRATE
CHE RITIENE
LE RETTIFICHE
APPLICABILI
SOLO A SITUAZIONI
SFAVOREVOLI
AL CONTRIBUENTE
oltre i termini stabiliti dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973 n. 600, e successive modificazioni”. Il successivo comma
8-bis del medesimo art. 2 prevede, quindi, che “le dichiarazioni
dei redditi, dell’imposta regionale sulle attività produttive e dei
sostituti di imposta possono essere integrate dai contribuenti
per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito
o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor
credito, mediante dichiarazione
da presentare, secondo le disposizioni di cui all’articolo 3, utilizzando modelli conformi a quelli
approvati per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo
d’imposta successivo.
L’eventuale credito risultante
dalle predette dichiarazioni può
essere utilizzato in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997”.
Va segnalato, innanzitutto, che
entrambe le disposizioni sopra
riportate trovano applicazione
non solo per le dichiarazioni ri-
chiamate espressamente dalla
norma (dichiarazione dei redditi, Irap e sostituti d’imposta) ma
anche per la dichiarazione annuale dell’Iva, per effetto di
quanto previsto dal successivo
art. 8, comma 6, Dpr n.
322/1998. Risolvendo i dubbi
che, in passato, anche in vigenza
della “vecchia” disposizione di
cui all’art. 2, comma 8, del Dpr
n. 322/1998, avevano a lungo
occupato la dottrina e la giurisprudenza con interpretazioni
spesso assolutamente contrastanti tra loro, viene ora definitivamente sancito, mediante una
norma di rango regolamentare, il
principio per cui le dichiarazioni
tributarie possono essere emendate dal contribuente anche per
correggere errori che abbiano determinato debiti d’imposta superiori a quelli effettivi ovvero minori crediti rispetto a quelli reali.
Va detto, tuttavia, che, in considerazione della genericità della
nuova formulazione dell’art. 2,
comma 8, del Dpr n. 322/1998,
gli interpreti si sono chiesti se la
possibilità di rettifica nel termine
“lungo” di quattro anni sia concessa anche per emendare errori
che abbiano arrecato un pregiudizio al contribuente.
L’amministrazione finanziaria è
di recente intervenuta sulla questione, con la circolare n. 6/E
della Agenzia delle entrate del 25
gennaio 2002, sostenendo l’applicabilità delle modalità e dei
termini di rettifica della dichiarazione previsti dalla norma da
ultimo citata esclusivamente ad
una situazione sfavorevole al
contribuente.
Tale interpretazione restrittiva
non appare assolutamente convincente apparendo sostenibile,
a parere di chi scrive, che anche
con la attuale formulazione della
norma il contribuente possa presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore nel termine “lungo” previsto dalla disposizione in esame. E ciò in base alla semplice considerazione
che la stessa amministrazione finanziaria, interpretando in passato (da ultimo nella circolare n.
98/E del 2000) la previgente formulazione della norma (pressoché identica a quella attuale) aveva pacificamente riconosciuto la
possibilità per il contribuente di
presentare una dichiarazione integrativa a proprio favore, secondo la previsione di cui all’art. 2,
comma 8.
Davide David, Francesco Magrini
È attivo il sito dell’Istituto!
Normativa e giurisprudenza sulla figura del Revisore,
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alla professione, accordi con le istituzioni e convenzioni
economiche a favore degli associati, indici del
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la professione: questi i principali contenuti del sito.
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IL GIORNALE
DEL REVISORE
10
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
DAI PARAMETRI
AGLI STUDI DI SETTORE
i
n continuazione ideale con il
mio precedente articolo apparso
su questa Rivista e riguardante le
modalità dell’Accertamento Tributario previste dal Dpr 600/73,
mi è parso utile integrare il mio
contributo con una breve panoramica sui nuovi accertamenti
presuntivi ovvero dai coefficienti
agli Studi di Settore
Non sembri superfluo o riduttivo soffermarsi un poco più a
lungo ad esaminare queste metodiche poiché esse da strumento
dell’Accertamento (spia del maggiore reddito) stanno diventando metodo di Accertamento e
tra i più subdoli perché le armi a
disposizione del contribuente
spesso sono spuntate.
Vale la pena di ricordare che la
Riforma Tributaria del 1973 intese attribuire un ruolo preciso
alle scritture contabili quantomeno nel senso di “vincolare
l’amministrazione ad operare la
quantificazione del reddito imponibile secondo moduli procedurali più rigorosi.”1
Essa mutò radicalmente i principi della determinazione del reddito d’impresa e professionale;
consacrò il valore probatorio delle scritture contabili; privilegiò,
almeno nelle linee teoriche d’impostazione, l’accertamento analitico consentendo quello indutti-
Gli strumenti presuntivi
stanno diventando metodo
di accertamento con poche
armi di difesa da parte
del contribuente
di Eugenio Vitello
vo solo a determinate condizioni
(che del resto abbiamo esaminato nell’articolo precedente sia
pur celermente) ed, in definitiva,
si sancì l’abolizione a partire dal
1.1.1974 del Concordato non
avendo più esso strumento ragione di esistere (salvo, poi, reintrodurlo vent’anni più tardi sotto
la denominazione di Accertamento con Adesione).
Senonché la duplice combinazione della contabilità formalmente ineccepibile e la carenza
di controlli da parte dell’Amministrazione aveva contribuito ad
aumentare il fenomeno della
evasione tanto da costringere il
legislatore ad aumentare gli
adempimenti a carico del contribuente (a dismisura ed oggi si
chiede la semplificazione coram
populi) e ad introdurre modelli
di accertamento extracontabili,
tanto da rasentare un’involuzione della normativa sull’Accertamento.
11
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
Si giunse così all’emanazione del
decreto legge n. 853 del
19.12.1984 meglio conosciuto
come Visentini Ter con il quale
si determinava, in modo - spesse
volte - anche disinvolto, il maggior reddito attraverso elementi
quali la dimensione dei locali, il
personale. i consumi ed altri.
In altre parole si dava per scontato che il possedere un ufficio di
buone dimensioni presupponesse un determinato reddito quando è notorio che, ad esempio, ci
sono alcuni intermediari del
commercio che lavorano solo col
telefono e, quindi, con la disponibilità di una sola stanza, pur ricavando ottimi guadagni.
Insomma tali elementi extracontabili che avrebbero dovuto
semplicemente segnalare all’Amministrazione Finanziaria un’anomalia da controllare (il possesso di un elicottero da parte di un
modesto commerciante, ad
esempio) hanno finito per costituire un metodo di accertamento del reddito.
Questa procedura dovette subire, tuttavia, particolari difficoltà
di attuazione e, spesso, subire
l’onta della soccombenza in sede
contenziosa.
Si addivenne, allora, all’elaborazione di coefficienti presuntivi di
ricavi, compensi e corrispettivi,
IL GIORNALE
DEL REVISORE
SPESSO CENSURATO DAI
I PARAMETRI
POSSONO ESSERE
STRUMENTI UTILI
PER VALUTARE LA
CREDIBILITÀ DELLE
DICHIARAZIONI
MA NON POSSONO
ESSERE LA SOLA
GIUSTIFICAZIONE
DELL’ACCERTAMENTO
IL GIORNALE
DEL REVISORE
introdotti dalla Legge 27.4.1989
n. 154 generalizzati ed uniformi
in modo che risultassero, come
osservato dal FAZZINI nella sua
opera prima citata “maggiormente idonei a superare il vaglio del
giudice tributario rispetto alle
isolate motivazioni in precedenza
operate dagli uffici impositori”.
Tali coefficienti erano strumento
tipico di accertamento per i contribuenti in regime di contabilità
semplificata e, sotto determinate
condizioni, per i soggetti che
avevano optato per la contabilità
ordinaria.
Fu consentito, tuttavia, al contribuente di dimostrare, prima
dell’emanazione dell’avviso di
accertamento, le ragioni che giustificassero l’inapplicabilità dei
coefficienti ma ciò, spesso, con
enorme difficoltà giacché se è
semplice provare di avere la fidanzata non sempre è agevole
provare di non averla.
Anche tale strumento non sempre si rivelò adatto alla bisogna
per cui venne alla ribalta la necessità di costruire specifici studi
di settore, relativi alle distinte categorie economiche, sulla base di
appositi questionari compilati
dalle categorie stesse e da sperimentare successivamente. Nell’intervallo temporale necessario
per predisporre tali strumenti in
assenza dei coefficienti presuntivi (abrogati con L. 549/95), trovarono, e tuttora permangono
seppur transitoriamente, i cosiddetti “parametri”, che altro non
sono che dei coefficienti presuntivi un poco più accurati e mirati rispetto a ciascun settore economico.
Tale metodica è applicabile ai
soggetti in contabilità semplificata ed in contabilità ordinaria a
condizione che l’impianto con-
GIUDICI TRIBUTARI L’OPERATO
DELL’AMMINISTRAZIONE
FINANZIARIA, TESO A FONDARE
L’ACCERTAMENTO SULLA
SOLA BASE DEI COEFFICIENTI
PRESUNTIVI E/O DEI PARAMETRI
tabile sia risultato inattendibile
in conformità a criteri legislativamente predeterminati e, comunque, per volumi d’affari sino a 10 miliardi.
Per la verità questa metodica sta
affrontando seri problemi in sede contenziosa tanto che sono
sempre più numerose le pronunce di merito dei Giudici Tributari che censurano l’operato dell’Amministrazione Finanziaria,
teso a fondare l’accertamento
sulla sola base delle risultanze dei
coefficienti presuntivi e/o dei
parametri.2
Secondo i Giudici bisogna tener
conto dei parametri in modo critico e verificarne l’attendibilità,
la congruità, l’adattabilità al caso
concreto.
Che senso ha, ad esempio, prescindere dal contesto ambientale
(zona depressa) ed applicare i coefficienti come si applicano in
una zona di alto sviluppo?
Non a caso i novelli Studi di Settore che vanno soppiantando i
parametri tengono conto di diverse variabili sia esogene che endogene all’impresa per collocare
ogni caso singolo in un probabile ambito omogeneo di appartenenza.
Oggi gli Studi di Settore la cui
fonte si trova negli artt. 62 bis e
62 sexies del Dl 30/8/93 n. 3313,
oltreché in numerose Circolari
Ministeriali4, interessano, ormai,
buona parte dei contribuenti che
12
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
esercitano attività economiche il
cui volume d’affari non supera i
10 miliardi.
I dati richiesti dal modello per la
comunicazione dei dati rilevanti
ai fini dell’applicazione degli studi di settore sono contabili ed
extra contabili.
Quelli contabili sono ricavati
dalla contabilità e dalla dichiarazione dei redditi con esclusione
di quelle voci non decisive, non
inerenti, non significative ai fini
degli studi quali la vigilanza notturna, le sopravvenienze passive,
la cancelleria ed altre.
I dati extra contabili hanno riguardo, invece, alle caratteristiche dell’attività, alle modalità di
esercizio dell’attività quali ad
esempio i livelli retributivi del
personale dipendente, la tipologia della clientela, le quantità fisiche dei consumi quali l’energia
elettrica, il gas, i carburanti.
Nel momento in cui scriviamo
sono stati approvati oltre 150
Studi di Settore riguardanti altrettante attività economiche nel
settore del commercio, delle manifatture, dei servizi e delle attività professionali.
Essi avrebbero dovuto entrare in
vigore nell’anno 1995 (ma furono successivamente prorogati al
1998) ed essere tipicamente indirizzati ai soggetti in contabilità
semplificata, ma l’art. 62 sexies,
comma terzo, autorizza la rettifica del reddito d’impresa delle
persone fisiche ai sensi dell’art.
39/600, primo comma, lett. d)
nonché dell’imposta sul valore
aggiunto ex art. 54/633, sulla
base delle risultanze degli Studi
di Settore.
Il che significa che questo strumento diventa supporto per una
rettifica analitica del reddito
d’impresa o dell’ IVA anche, sep-
pur sotto condizioni5, per i soggetti in contabilità ordinaria anche per opzione (L. 146/98) e
(contrariamente, a quanto consentito inizialmente) con la Legge 342/2000 quando “l’Amm.ne
Finanziaria venga in possesso di
elementi nuovi”, può procedere
ad una ulteriore rettifica del reddito, che sia già stato oggetto di
accertamento sulla base degli
studi di settore e per il quale sia
anche intervenuto accertamento
con adesione.
A conclusione di questo breve
intervento ricordiamo che ancora si discute se gli studi di settore debbano essere inclusi fra le
presunzioni semplici o quelle legali relative.
La cosa non è di poco conto visto che nel caso esse fossero considerate presunzioni legali relative l’Ufficio avrebbe assolto l’onere della prova e toccherebbe al
contribuente dimostrare l’inapplicabilità delle risultanze dei
parametri o studi di settore applicate al caso singolo.
Al momento in cui scriviamo,
per la verità, ci giunge notizia di
un’ulteriore sentenza della Cassazione Tributaria che si pone su
un filone che si sta consolidando.
In buona sostanza la Corte di
Cassazione ha ritenuto legittimo
l’accertamento basato su elementi presuntivi (parametri o
studi di settore). Il Contribuente
che voglia contestare il risultato
delle presunzioni stesse ha l’onere di attivarsi per dimostrare o
l’impossibilità di utilizzare le
presunzioni in quella fattispecie
o l’inaffidabilità del risultato ottenuto sulla base dei criteri presuntivi potendo nel contempo
confermare la validità del proprio operato sulla scorta di altre
presunzioni. Quindi la Corte
equipara i Parametri e/o gli Studi di settore a presunzioni semplici che possono legittimare l’emissione di un Avviso di accertamento anche se non è preclusa la
facoltà per il contribuente di fornire la prova contraria.
La Giurisprudenza di merito, invece, sta assumendo un atteggiamento diverso da quello sopra
indicato andando a considerare i
risultati dei parametri dei semplici indizi e, quindi, inutilizzabili se non sono supportati da altri elementi riscontrabili nella
fattispecie.
Una per tutte la Commissione
provinciale di Salerno (sent. n.
67/X/2001) “Rileva preliminarmente che lo scostamento di ricavi desunto dall’applicazione
dei parametri rispetto al dichiarato è di nessun rilievo. Omissis
...le indicazioni date dal ricavometro vanno parametrate alle effettive condizioni del contribuente. Se l’Ufficio non effettua
quest’opera di adattamento l’Accertamento effettuato non sarà
legittimo”.
A noi sembra di capire che in
buona sostanza la Giurisprudenza di merito voglia intendere che
i parametri sono strumenti utili,utilissimi per valutare la credibilità dei dati dichiarati dai contribuenti ma non possono essere
la sola giustificazione dell’Accertamento; insomma essi sono una
spia, un buon indizio per indagare ma non costituire il risultato delle indagini.
Francamente a me pare che questa sia una posizione accettabile e
condivisibile.
La nostra esperienza maturata
sul campo e verificata quotidianamente ci porta a ritenere che
detti strumenti debbano essere
considerati delle presunzioni
13
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
semplici e, d’altra parte, questi
modelli matematici non potranno mai cogliere appieno le diverse capacità imprenditoriali, sottolineare le diverse attitudini, valutare le procedure gestionali che
fanno la differenza e consentono
a quell’imprenditore piuttosto
che all’altro risultati, anche reddituali, diversi.
Ecco perché questi strumenti devono essere ausilio dell’Accertamento e non diventare essi stessi
Accertamento.
Eugenio Vitello
1. Fazzini - L’Accertamento per presunzioni: dai coefficienti agli studi di settore.
2. Comm.ne Prov.le SALERNO Sez. X
n. 67 del 24/4/01 e Sez. III n. 32 del
15/3/01; Comm. Prov.VERBANIA
Sez. I n. 10 del 7/3/01; Comm. Prov.
TORINO Sez. II n. 32 del 31/5/01 e
Sez. XIX n. 46 del 19/6/01; e relativamente ai coefficienti la Prov. di
ROMA del 21/4/96 e TREVISO del
26/6/97. (fonte: “Il Sole-24 Ore” del
13/8/01)
3. Successivamente modificato ed integrato dalla Legge n. 662 del
31/12/96 (art. 3 commi 121-136);
legge n. 146 del 8/5/98 (art. 10);
D.P.R. n. 195 del 31/5/99; D.M.
24/12/1999 e Legge 22/11/2000 n.
342 (artt. 70 - 71 - 72).
4. Circolare n. 110 del 21/5/99; Nota
24/6/69; Circolare n. 148 del 5/7/99;
Circolare n. 31 del 25/2/2000; Circolare n. 115 del 1/6/2000; Circolare
n. 121 del 8/6/2000; Circolare n.
134 del 3/7/2000; Circolare n. 210
del 17/11/2000.
5. Nei confronti dei contribuenti che
adottano il regime di contabilità ordinaria, gli accertamenti si applicano se
l’ammontare dei compensi o dei ricavi determinabili sulla base degli studi
di settore risulta superiore all’ammontare dei compensi o ricavi dichiarati in almeno due periodi d’imposta
su tre consecutivi considerati compreso quello da accertare.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
NUOVI STRUMENTI TELEMATICI
AL SERVIZIO
DEI SOCI DELL’INRC
Sottoscritta una intesa con Infocamere per gestire servizi telematici
nei confronti dei propri associati
I dettagli operativi
ed il listino per i servizi
saranno visibili sul sito
www.revisori.it
a partire dal 15/6/2002
e sul prossimo numero
di questa rivista.
L’ISTITUTO NAZIONALE REVISORI CONTABILI, nell’ambito delle attività istituzionali da esso svolte ed in previsione della prossima entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di inoltro in via
telematica delle pratiche alle Camere di
Commercio, che decorrerà dal prossimo
9.12.2002, ha deciso di fornire ai propri
associati una pluralità di servizi, tra i quali quelli di rilascio della firma digitale e di
effettuazione di visure e richiesta di certificati on line; a tale proposito ha sottoscritto un protocollo d’intesa con INFOCAMERE per l’abilitazione a fungere da
gestore dei predetti servizi nei confronti
dei propri associati.
Nel sito internet dell’ISTITUTO saranno predisposti i format necessari per la
prenotazione da parte degli associati della propria firma digitale e di quella dei
propri clienti cui sarà inviata contrassegno la smart card che recherà il logo dell’ISTITUTO.
Per il tramite del sito internet gli associati verranno nominati I.R. (Incaricati alla
Registrazione) con possibilità per gli stessi di prenotare firme digitali per la propria clientela. Sarà inoltre possibile prenotare i lettori necessari per l’utilizzo delle smart cards.
Saranno poi attivati i servizi di visura e
richiesta on line di certificati.
CONVENZIONI BANCARIE
PER GLI ASSOCIATI
Le condizioni relative
ad ogni voce saranno
riportate sul sito
internet dell'ISTITUTO
a partire dal 15/6/2002
e sul prossimo numero
della rivista.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
È in corso la definizione di una convenzione con un importante gruppo bancario volta ad ottenere per gli iscritti condizioni favorevoli su tassi, valuta, operazioni e spese, oltre che su prodotti/servizi quali leasing, previdenza complementare e finanziamenti.
Sono anche previsti un nuovo servizio di corporate banking, utilizzabile
via internet, ed una carta di credito gratuiti per un anno.
La convenzione sarà operativa a partire dal momento della sua pubblicazione
sul sito www.revisori.it
14
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
SEMPLIFICAZIONI:
«AVANTI TUTTA!»
a
lcuni rappresentanti dell’Istituto, facenti parte della
Commissione per il Ministero
delle Finanze, hanno partecipato
all’incontro con l’Ufficio relazione esterne dell’Agenzia delle Entrate indetto per il giorno 20
marzo 2002, avente ad oggetto
alcune iniziative poste in essere
dall’attuale Governo in tema di
semplificazioni.
I relatori intervenuti, tra cui il
Sottosegretario alle Finanze
Dott. Molgora, nonché il Dott.
Gianni Giammarino ed altri,
hanno illustrato l’adozione di
nuovi strumenti telematici, messi in atto dal Ministero, al fine di
semplificare il rapporto fiscocontribuente e rafforzare la collaborazione tra gli intermediari
abilitati (liberi professionisti,
banche, poste, Caaf, ecc.) e gli
Uffici delle Entrate, anche alla
luce delle innumerevoli problematiche sorte in passato, sia in
termini di avvisi bonari che di
“cartelle pazze”.
Tra le iniziative intraprese dall’Ufficio delle Entrate è stato illustrato l’ulteriore utilizzo del canale telematico che provvederà a
segnalare le eventuali irregolarità
emerse a seguito di controlli preliminari effettuati dall’Amministrazione Finanziaria sulle dichiarazioni presentate. In buona
Tra le iniziative in tema
di semplificazioni
presentata dall’Agenzia
delle Entrate l’ulteriore
utilizzo del canale
telematico
di Michele Simone
sostanza l’intermediario abilitato, che si è occupato della trasmissione telematica, vedrà recapitarsi in posta elettronica un
“preavviso telematico” contenente le dichiarazioni che, secondo
l’Agenzia delle Entrate, contengono anomalie, errori e inesattezze o omessi versamenti. Il
professionista aprendo la sua posta elettronica e cliccando sul codice fiscale del contribuente, visualizzerà la dichiarazione spedita a suo tempo telematicamente
ed individuerà gli errori o le anomalie che l’Amministrazione finanziaria avrà segnalato. Laddove l’intermediario dovesse riconoscere la fondatezza dei rilievi
mossi, questi potrà, in accordo
con il contribuente, sanare le irregolarità versando, entro i 60
giorni dalla data della comunicazione, quanto dovuto unitariamente alla ridotta sanzione pre-
15
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
vista dalla legge. Va da sé che nel
caso in cui l’errore risultasse infondato si potranno inviare le
proprie spiegazioni utilizzando il
canale telematico, nel caso di
agevoli chiarimenti, oppure ricorrere ai call-center o agli Uffici
delle Entrate anche attraverso
l’utilizzo del fax. Per quanto riguarda l’indicazione dei versamenti ritenuti omessi o carenti
dall’Amministrazione Finanziaria, l’intermediario potrà comunicare telematicamente i seguenti dati:
- il codice fiscale presente nel
modello F24;
- la valuta (lire/euro);
- la sezione del modello F24
contenente il pagamento in
questione (erario, regioni,
ecc.);
- il codice tributo, l’anno di riferimento e la data di pagamento;
- l’importo versato ed i saldi di
sezione e di modello F24;
- gli estremi identificativi dell’intermediario della riscossione
presso cui è stato effettuato il
versamento.
Nel caso in cui si riscontrasse la
inoperosità dell’intermediario,
trascorsi 60 giorni, verrà inviata
al contribuente la vera e propria
comunicazione cartacea di irregolarità e, spiega l’Agenzia, da
IL GIORNALE
DEL REVISORE
quel momento decorreranno i
30 giorni previsti dalla legge per
interloquire sulle irregolarità evidenziate e, nel caso, sanare utilizzando l’allegato modello di versamento. Resta inteso che se il
contribuente a sua volta non si
attiva, le eventuali imposte, sanzioni e interessi, verranno iscritte
nei ruoli, restando impregiudicata la facoltà del contribuente di
presentare ricorso contro tale
iscrizione, laddove ritenga infondata la pretesa tributaria.
Tali novità riguarderanno le dichiarazioni presentate per l’anno
d’imposta 2000 e l’avvio del servizio è previsto per il mese di
maggio 2002.
Una ulteriore novità riguarda la
mancata o la tardiva presentazio-
ne dell’F24 a saldo zero. L’omessa presentazione del modello
F24 a saldo zero, secondo l’Agenzia, non può essere considerata errore meramente formale,
in quanto le somme indicate nel
modello devono consentire all’Amministrazione Finanziaria la
conoscenza degli importi a debito che vengono compensati con
l’utilizzo di somme a credito.
Ciò non viene consentito con la
omessa presentazione; mentre,
per la presentazione tardiva dell’F24 a saldo zero, è prevista l’irrogazione di una sanzione pari a
e 154, ridotta a e 51 se il ritardo non è superiore a cinque
giorni lavorativi.
Nella relazione del Dott. Gianni
Giammarino (in fiscooggi.it)
viene, inoltre, menzionata l’attivazione di un servizio inerente
l’F24 telematico con il quale si
offre al contribuente il vantaggio
del pagamento on-line, senza ricorrere ai canali istituzionali
(banca-posta), servendosi di una
semplice comunicazione di addebito sul c/c intrattenuto presso
il proprio istituto di credito.
Pare infine che nuove iniziative
sul fronte delle semplificazioni e
dello sviluppo delle relazioni fisco-contribuente siano per essere
emanate in un futuro ormai
prossimo servendosi sempre più
della indispensabile collaborazione degli intermediari abilitati,
tra i quali i Revisori Contabili rivestono il giusto ruolo.
Michele Simone
CASSA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA PER REVISORI CONTABILI
Ci è stato richiesto da più parti la creazione della cassa di previdenza ed assistenza
per i Revisori Contabili che, per ragioni diverse ne sono sprovvisti.
Vogliamo ricordare a quanti non ne fossero informati la lungaggine delle formalità
burocratiche richieste per raggiungere un simile obiettivo pur trascurando
l'onerosità di costi di avviamento.
In virtù di queste considerazioni abbiamo richiesto alla cassa di previdenza
ed assistenza dei Ragionieri di poterci aggregare alla loro organizzazione.
Le trattative per l'ottenimento della parità di costi sono in corso ed è nostro
intendimento portarle a compimento nel più breve tempo possibile.
Preghiamo quindi tutti i colleghi che ne fossero interessati di comunicarci
al più presto la loro adesione anche per tenerli informati sullo stato delle trattative
in corso.
Per questo, in allegato è stato inserito un modulo che potrete utilizzare per indicarci
il vostro interesse e migliorare la nostra comunicazione. Cogliamo l'occasione
per informare tutti coloro che ci hanno chiesto notizie e condizioni sullo specifico
argomento, ma che non risultano iscritti al nostro Istituto, che l'appartenenza
all'Istituto Nazionale Revisori Contabili è “conditio-sine-qua-non” per fruire del
nuovo servizio di previdenza ed assistenza.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
16
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
DOMANDA DI ISCRIZIONE
Io sottoscritto................................................................................................................ nato a ............................................................
Cod. Fisc. .................................................................................... Partita IVA ....................................................................................
residente a ............................................................................................................................. CAP.....................................................
Via/Piazza .................................................................................................................................................... Civ. ..............................
Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail .........................................................................................
I N V I A R E V I A FA X O S P E D I R E A L L A S E D E D I M I L A N O (Scrivere possibilmente in stampatello)
con studio in.................................................. Via/Piazza............................................................................... Civ. .............................
Tel. ........./ ........................... Fax ........../ ...................................... E-mail .........................................................................................
iscritto nel Registro dei Revisori Contabili di cui al D.Lgs. 27.01.1992, n° 88
dal ......................................... con D.M. .................................... (G.U. n° ........ del .................................)
chiedo
di essere iscritto all’Istituto Nazionale Revisori Contabili dichiarando di conoscere e accettare incondizionatamente le norme dello Statuto dell’Istituto. Conseguentemente
mi obbligo al pagamento sia della quota di iscrizione “una tantum” sia della quota annuale, e mi impegno di assolvere all’obbligo di detti pagamenti finché non cesserò di
appartenere all’Istituto per dimissioni volontarie o per altra causa statutariamente disciplinata.
Dichiaro infine che “l’attestato di iscrizione”, “il timbro nominativo” e la “Tessera Personale di riconoscimento” - che potranno essermi forniti - sono di proprietà
dell’Istituto Nazionale Revisori Contabili e dovranno essere da me restituiti all’Istituto stesso a semplice richiesta, nel caso di cessazione della mia appartenenza all’Istituto ai sensi dell’art. 6 dello Statuto Sociale e ciò a partire dalla data di cessazione.
Data ........................................................
(firma autografa)
In ottemperanza alle prescrizioni della legge n. 675/1996, Vi autorizzo espressamente a inserire le informazioni contenute nel presente modulo nel database informatico, conservato presso la sede di Milano, degli
Iscritti all’associazione, che potranno chiederne la consultazione. Autorizzo l’utilizzo delle sole informazioni strettamente attinenti l’esercizio della professione, nel contesto di pubblicazioni e materiale divulgativo di
varia natura, finalizzati a promuovere l’attività dell’Istituto e a diffonderne la conoscenza tra i soggetti con i quali l’Istituto stesso intrattiene rapporti utili per il raggiungimento dei propri scopi statutari.
firma
QUOTE ASSOCIATIVE
- Quota iscrizione “una tantum”
RIMBORSI DAI SOCI PER SERVIZI (franco destinatario)
e 26,00 =
(solo all’atto dell’iscrizione) comprensiva
dell’attestato nominativo (1 copia)
e 130,00 =
- Quota associativa annuale
comprensiva della Tessera di Riconoscimento
- Timbro nominativo preinchiostrato con il logo dell’I.N.R.C. (diam. mm. 37)
- Distintivo in oro 750
(diam. mm. 18)
- Distintivo in oro 750
(diam. mm. 12)
- Medaglione argentato
(diam. mm. 70)
- Medaglione in bronzo
(diam. mm. 70)
- Attestato nominativo
(mm. 420x295)
e
e
e
e
e
e
52,00 =
77,00 =
37,00 =
26,00 =
24,00 =
26,00 =
TESSERE DI RICONOSCIMENTO DELL’ISTITUTO
Le tessere di riconoscimento rilasciate agli associati verranno corredate dalla foto del titolare. Gli associati dovranno far pervenire alla Sede dell’Istituto due fotografie formato tessera a colori allegando fotocopia di un documento di identità personale, in corso di validità, munito di fotografia. Il numero e la data di scadenza
della tessera andranno sempre riportati nelle comunicazioni con l’Istituto.
RIEPILOGO VERSAMENTI QUOTE E RIMBORSI
❏ Quota associativa
❏ Rimborso spese timbro nominativo
❏ Quota iscrizione “una tantum”
❏ Rimborso spese distintivo
❏ Rimborso spese successivi attestati
❏ ...............................................
Versamento di e .............................. effettuato in data .............................. sul c/c n. 952140 della Banca Popolare di Crema (ABI 05228 - CAB 01660).
Si prega non utilizzare altre forme di pagamento.
2.2002
CONVENZIONI ALBERGHIERE – ANNO 2002 –
ENTI CONVENZIONATI
BASTIANI GRAND HOTEL
Piazza Gioberti, 64
58100 Grosseto (GR)
Tel. 0564 20047
Fax 0564 29321
HOTEL MARCONI
Via Fabio Filzi, 3
20124 Milano (MI)
Tel. 02 66985561
Fax 02 6690738
www.marconihotel.it
E-mail: [email protected]
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Via Urbana, 3-4-5
00184 Roma (RM)
Tel. 06 4884342 06 4824780
Direzione e fax 06 4744905
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Via Matteotti, 198
Montecatini Terme (PT)
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Viale Belfiore, 27
50144 Firenze (FI)
Tel. 800-860200
www.starhotels.it
IL GIORNALE
DEL REVISORE
SERVIZI E FACILITAZIONI
CONCESSE
MODALITÀ DI ACCESSO
Tariffe speciali “Convenzioni
Revisori Contabili”
Presentare al ricevimento la
Tessera di Riconoscimento
dell’Istituto in corso di validità
Tariffe speciali “Convenzioni
Revisori Contabili”
Presentare al ricevimento la
Tessera di Riconoscimento
dell’Istituto in corso di validità
Tariffe speciali “Convenzioni
Revisori Contabili”
Presentare al ricevimento la
Tessera di Riconoscimento
dell’Istituto in corso di validità
Tariffe preconcordate con tutti gli
esercizi dal Gruppo con
convenzione “Jolly Hotel Club”
Istituto Nazionale Revisori Contabili
Prenotazione tramite “Centro
Prenotazioni” come “Socio INRC
2001”; al ricevimento dell’albergo
prescelto presentando la Tessera
di Riconoscimento dell’Istituto
in corso di validità
Tariffe speciali “Convenzioni
Revisori Contabili”
Presentare al ricevimento la
Tessera di Riconoscimento
dell’Istituto in corso di validità
Tariffe speciali “Convenzioni
Revisori Contabili”
Presentare al ricevimento la
Tessera di Riconoscimento
dell’Istituto in corso di validità
18
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
I NUMERI DELLE
ONLUS:
DALL’ARITMETICA
ALLE PROSPETTIVE
Prima parte
di ATTILIO ZIFARO
Pubblichiamo la prima parte
di un interssante lavoro
sulle problematiche gestionali
delle Onlus
SOMMARIO DEL LAVORO:
1. Profilo economico-aziendale
1.1 Premessa
1.2 Lineamenti generali di gestione
1.3 Conclusione
2. Elementi essenziali
dell’organizzazione e direzione
2.1 Premessa
2.2 Le variabili strutturali
dell’organizzazione
2.3 Le funzioni determinanti del
processo di direzione
2.4 Conclusione
3. Aspetti salienti
della contabilità
3.1 Premessa
3.2 Processi operativi
a storia sin dagli albori della vita umana ha confermato inequivocabilmente la capacità dell’uomo di cooperare, il suo possesso di attitudini ad
interagire. Attualmente, in presenza di una ormai
radicata crisi del welfare–state e del rapporto tra
mercato e solidarietà sta attecchendo un modo
nuovo di fare impresa, quello di legare la crescita
economica alla ricerca dell’equità sociale e della
sostenibilità ambientale, quello di sovrintendere al
territorio e alle persone emarginate, talché l’uomo
con la sua ineluttabile abilità di collaborazione acclara la sua efficace idoneità a rinnovare l’economia e la politica.
Le Onlus costituiscono una parte preponderante
del tessuto etico–sociale del nostro Paese e rappresentano altresì un fenomeno estremamente
straordinario per il loro adamantino contributo culturale e sociale.
L’analisi del settore di indagine ci consentirà di osservare con maggiore ottimismo i problemi sociali
non risolti, col proposito di individuare talune maniere nuove di gestione del cosiddetto terzo settore, sotto forma di imprenditoria a fini sociali.
L’avvento del nuovo millennio ha sancito l’esaurimento del modo centralista di amministrare lo stato sociale, avvalorando le istanze dei cittadini ad intervenire nel processo decisionale con apporto di
contributi mirati nelle strategie operative onde
scongiurare il pericolo incombente della cosiddetta
crescita senza occupazione e conseguente costante inadeguatezza istituzionale.
L’asseveramento di tale prospettiva si concreta primariamente attrezzando queste istituzioni della capacità produttiva di beni e servizi in modo autonomo, aiutandoli a divenire imprenditori, ossia soggetti che sanno gestire, creare e rischiare e con
obiettivo un interesse di natura collettiva.
Le Associazioni
Sono date da un insieme di persone che si aggregano per il soddisfacimento di bisogni comuni o
per la salvaguardia di specifici e mirati interessi comuni. Naturalmente la loro attività è finanziata con
contribuzioni volontarie degli associati.
1. Profilo economico-aziendale
Le Organizzazioni di volontariato
Si caratterizzano per lo svolgimento di attività con
scopi solidaristici e senza lucro attraverso prestazioni libere e gratuite degli aderenti.
L
3.3 Conclusione
4. Le priorità fiscali
4.1 Premessa
4.2 L’impositività nei contenuti
fondamentali
4.3 Conclusione
1.1 Premessa
Il moderno associazionismo non lucrativo convive
con l’imprenditoria tradizionale per essere fermento della nuova società, là dove all’agente economico si riconosce la componente personale che trascende la mera centralità della logica del profitto a
tutto vantaggio dello sviluppo del sociale.
Le Onlus costituiscono, quindi, delle organizzazioni giuridicamente riconosciute col fine di produrre
beni e servizi socialmente utili, ma scevre da intenzionalità lucrose sotto il profilo economico-finanziario.
Le categorie di soggetti alle quali si riconoscono le
potenzialità ovvero gli automatismi per le attribuzioni di Onlus sono:
- le associazioni;
- i comitati;
- le fondazioni;
- le società cooperative;
- gli enti privati particolari (enti ecclesiastici, associazioni di promozione sociale);
- le organizzazioni di volontariato;
- le cooperative sociali e loro consorzi;
- le organizzazioni non governative (O N G).
19
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
I Comitati
Sono costituiti da gruppi limitati di persone con uno
o più interessi comuni che, non disponendo di un
patrimonio sufficiente per il raggiungimento delle finalità istituzionali, organizzano la raccolta di fondi
per la concretizzazione degli obiettivi prefissati.
Le Fondazioni
Sono aziende di erogazione che attingono i mezzi
indispensabili alla loro gestione fondamentalmente
da beni permanenti da reddito, con finalità di natura benefica o assistenziale.
Le Società cooperative
Sono organismi con scopo mutualistico e capitale
variabile; sorgono dall’unione di più persone (almeno n. 9) che espletano un’attività nel comune interesse con lo scopo di perseguire sia benefici a vantaggio dei partecipanti che a favore di categorie bisognose.
Gli Enti privati particolari
a) Gli Enti ecclesiastici. Sono istituti, canonicamente eretti e approvati, che la Chiesa variamente organizza, in cui si realizzano le variegate finalità perseguite.
b) Associazioni di promozione sociale. Sono associazioni che svolgono varie attività profondendo
una particolare “attenzione al sociale” e le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno (legge 25/8/91 n. 287).
Le Cooperative sociali e loro consorzi
Si sostanziano nella forma organizzativa sociale
che trascende la semplice mutualità per inglobare
gli interessi generali delle comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini (art.
1 della legge 381/91 e art. 27 del D.L. C.P.S.
1577/47).
Le Organizzazioni Non Governative (O N G)
Sono istituzioni che agiscono nell’ambito della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Necessitano del “riconoscimento di idoneità” per essere
operative (art. 28 della legge 26/2/87 n. 49).
Alcuni autori attribuiscono alle Onlus l’appartenenza al “terzo settore”, in contrapposizione al
primo, quello privato e al secondo, quello dello
Stato. Tuttavia la vasta eterogeneità dei componenti e la varietà e molteplicità dei loro campi di
azione ci induce a delimitare e definire struttural-
IL GIORNALE
DEL REVISORE
I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE
mente tale appartenenza in corrispondenza di determinate caratteristiche:
- la forma costitutiva, per l’individuazione del “modus operandi”;
- la natura privatistica, che riconosce la non appartenenza al settore pubblico;
- l’autogoverno, per l’assicurazione del non controllo da parte di enti pubblici o di aziende con scopo di lucro;
- l’assenza di ripartizione del guadagno, cioè la certezza della non distribuzione del profitto tra i propri aderenti;
- la presenza di lavoro volontario, inerente sia alle prestazioni di alto livello quanto a quello tecnico-operativo.
1.2 Lineamenti generali di gestione
Le Onlus rappresentano la supremazia del lavoro associato che brandisce i suoi strumenti con mano volenterosa, mente alacre e cuor lieto e testimonia il superamento dell’angusta cerchia di tentativi occasionali di
singoli, ormai relegati alla storia delle prime forme di cooperativismo.
Anche se le Onlus presentano una marcata vocazione solidaristica la loro gestione non può prescindere dall’applicazione di sani principi ecomico-aziendali che sottendono il perseguimento di obiettivi di efficacia ed
efficienza per la concretizzazione delle condizioni di sopravvivenza e di
sviluppo aziendale.
Perciò la gestione è il complesso delle operazioni che i soggetti aziendali espletano, con i mezzi a loro disposizione, al fine della produzione di beni e servizi tipici dell’impresa medesima.
Le fasi essenziali della gestione si possono riassumere in:
- finanziamento;
- impiego;
- trasformazione;
- vendita.
La prima che possiamo definire come gestione finanziaria, inerisce l’acquisizione delle risorse che risultano o a titolo gratuito (art. 2 del D.Lgs. n.
460/97) oppure a titolo oneroso con l’obbligo di restituzione.
La seconda e terza fase si compenetrano nell’obiettivo della realizzazione del servizio in ossequio ai principi di efficienza ed efficacia.
A tal uopo riferiamo alcuni noti indici che illustrano il perseguimento delle finalità istituzionali in modo ottimale:
Ec = Cc/Us
Dove
Ec = efficienza complessiva;
Cc = costi complessivi;
Us = unità di servizio effettuate.
El = Nl/Us
Dove
El = efficienza lavoro;
Nl = numero lavoratori
Us = unità di servizio effettuate.
Ed = Cme/Cmp
Dove
Ed = efficienza domiciliare;
Cme = costo medio effettivo;
Cmp = costo medio preventivato.
Anche la variabile Organizzazione assume un rilevante peso per il raggiungimento degli obiettivi finali delle Onlus.
Sin dai tempi più remoti l’uomo ha avvertito la necessità di aggregarsi in
gruppi per uno scopo comune, dando vita ad una organizzazione.
Si evince che l’organizzazione aziendale è la risultante di un processo coordinato di rapporti ed interazioni afferenti risorse umane e strumentali in
ragione del perseguimento di uno scopo, realizzato secondo un sistema
di relazioni tra i diversi elementi che lo costituiscono.
Le Onlus presentano una struttura assai complessa sia in ordine al fattore umano impiegato che alla varietà dei campi dell’economia in cui operano. Sotto il primo profilo l’organizzazione del lavoro si diversifica secondo la divisione orizzontale che assimila l’appartenenza allo stesso livello gerarchico e quella verticale afferente i differenti livelli gerarchici.
Sotto il secondo aspetto la scelta di un particolare archetipo organizzativo è fortemente condizionata dalle strategie aziendali correlate alla combinazione servizio-mercato.
L’attivazione di una proficua Contabilità nelle Onlus rappresenta un fattore essenziale per una gestione oculata dell’attività imprenditoriale. Ne
discende l’acquisizione di informazioni indispensabili per il controllo, arbitraggi e programmazione e predisposizione di budget mirati ed attendibili.
La contabilità delle operazioni aziendali comprese nell’esercizio costituisce la cosiddetta contabilità generale, mentre quella riferita solo a singole operazioni, con l’evidenziazione dei particolari, si denomina contabilità
elementare.
Il D.Lgs. n. 460/97 regola gli adempimenti contabili delle Onlus che di seguito riassumiamo in relazione a:
- cooperative (libro giornale, libro degli inventari, altre scritture contabili richieste dalla natura e dimensione dell’impresa);
- organizzazioni di volontariato iscritte nei registri delle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano (rendiconto delle entrate e spese complessive);
- O N G (rendiconto delle entrate e soese complessive);
- Altre organizzazioni:
a) con proventi maggiori di 100 milioni nell’esercizio precedente, art. 1,
comma 3, l. 398/91 (libro giornale, libro degli inventari);
b) con proventi minori di 100 milioni nell’esercizio precedente, art. 1,
comma 3, l. 398/91 (rendiconto delle entrate e spese complessive).
Il risultato della gestione viene sintetizzato in un documento finale alla
conclusione dell’esercizio amministrativo di riferimento chiamato Bilancio
d’esercizio. Gli artt. 2423 e ss., 2491 e 2516 c.c., il D.Lgs. 9/4/91 n. 127
lo definiscono come il documento contabile che consente di quantificare
periodicamente il capitale e il risultato di gestione di un’impresa e dal
quale è possibile desumere informazioni sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica della stessa.
Il bilancio nelle varie componenti può essere redatto con qualsiasi metodo e schema, ancorché conformi a corretti principi e tecniche contabili.
In sostanza nella redazione del bilancio occorre osservare:
- il dettato normativo;
- i principi contabili elaborati dalla Commissione Nazionale mista Dottori
Commercialisti e Ragionieri;
- i principi contabili dello IASC.
Riportiamo un possibile schema riassuntivo di bilancio:
STATO PATRIMONIALE
La quarta fase si può identificare con il marketing, cioè con il complesso
di operazioni volte all’individuazione delle istanze della domanda e alla
diffusione delle notizie sulla presenza del servizio sul mercato.
Una particolare forma di marketing che si realizza nella comunicazione
con scopo il reperimento delle risorse utili allo svolgimento dell’attività imprenditoriale è chiamata “fund raising”.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
ATTIVITÀ
A) IMMOBILIZZAZIONI
- IMMATERIALI
- MATERIALI
- FINANZIARIE
20
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
B)
-
ATTIVO CIRCOLANTE
RIMANENZE
CREDITI
ATTIVITÁ FINANZIARIE
DISPONIBILITÁ LIQUIDE
IRPEG
1- Onlus non cooperative
L’art. 87 del TUIR le assoggetta all’IRPEG. I redditi imponibili ai fini di detta imposta risultano:
- i redditi fondiari;
- i redditi di capitale;
- i redditi di imprese;
- i redditi diversi.
C) RATEI E RISCONTI
PASSIVITÀ
A) PATRIMONIO NETTO
- FONDO DI DOTAZIONE
- RISERVE PATRIMONIALI
- AVANZO (DISAVANZO) DI GESTIONE
L’art. 111 del T.U.I.R. prevede determinate agevolazioni per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Le medesime agevolazioni sono applicabili alle organizzazioni di volontariato. In più l’art. 10, c. 8, del D.Lgs. 460/97 prevede che i proventi derivanti da attività commerciali non costituiscono redditi imponibili se utilizzati per fini istituzionali dell’organizzazione.
Tale norma è applicabile alle ONG (art. 29, c. 4,l. 49/87).
B) FONDI PER RISCHI E ONERI
C) TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO DI LAVORO SUBORDINATO
L’art. 20 bis, c. 1, lett. b) stabilisce per queste Onlus i seguenti regimi contabili:
a) contabilità ordinaria;
b) contabilità semplificata;
c) contabilità super semplificata.
D) DEBITI
E) RATEI E RISCONTI
CONTO ECONOMICO
A) RICAVI E PROVENTI
- CONTRIBUTI E LIBERALITÁ
- PROVENTI DA ATTIVITÁ ISTITUZIONALI
- RICAVI DA ATTIVITÁ COMMERCIALE
a)- Contabilità Ordinaria
Sono obbligati gli enti non commerciali con un volume annuo di ricavi superiore a 360 milioni di lire, per prestazioni di servizi, ovvero a 1 miliardo
di lire per le altre attività.
Ai sensi degli artt. 14 e ss. del D.P.R. 600/73 la contabilità ordinaria prevede la tenuta delle seguenti scritture:
- libro giornale;
- libro inventari;
- libri IVA;
- scritture ausiliarie;
- scritture ausiliarie di magazzino;
- registro dei beni ammortizzabili;
- libro matricola e libro paga.
B) COSTI DI GESTIONE
DIFFERENZA (A – B)
AVANZO O DISAVANZO OPERATIVO
C) PROVENTI E ONERI FINANZIARI
D) PROVENTI ED ONERI STRAORDINARI
RISULTATO ANTERIORE ALLE IMPOSTE
Meno IMPOSTE SUL REDDITO
AVANZO (DISAVANZO) D’ESERCIZIO
La Nota integrativa e la Relazione sulla gestione non sono obbligatorie
nelle Onlus, ma è consigliabile (auspicabile) la loro redazione per la indispensabile utilità informativa.
Per quanto concerne la contabilità analitica nella gestione delle Onlus appare fondamentale al fine di appurare le condizioni di efficienza ed efficacia gestionale il ricorso al sistema di budgeting.
Il budget secondo F. Morosini è “uno strumento di programmazione, di
coordinamento e di controllo, cioè un modo di gestire l’impresa”, così i
budget sintetizzano gli obiettivi economici, patrimoniali e finanziari della
gestione.
I primi comprendono l’analisi dei costi e ricavi di pertinenza dell’esercizio;
i secondi si riferiscono alle immobilizzazioni nel normale evolversi del processo di patrimonializzazione dell’ente; i terzi comprendono il flusso di
acquisizione dei mezzi finanziari da utilizzare nella gestione.
In relazione alla Fiscalità delle Onlus possiamo sinteticamente individuarla nei meandri delle seguenti imposte:
- IRPEG;
- IRAP;
- IVA.
b)- Contabilità Semplificata
Ai sensi dell’art. 18 D.P.R. 600/73 e dell’art. 53 del TUIR le Onlus non cooperative che non abbiano superato il limite di 360 milioni di ricavi per
prestazioni di servizi, ovvero di 1 miliardo per altre attività possono operare in regime di contabilità semplificata.
Le scritture obbligatorie sono :
- registri IVA;
- registro dei beni ammortizzabili;
- libro matricola e libro paga.
c)- Contabilità Super Semplificata
L’art.3, c.166, l.662 del 23/12/96 ha istituito il sistema della contabilità super semplificata al quale le Onlus non cooperative possono accedere nel
caso in cui i ricavi annuali non superino i 30 milioni per prestazioni di servizi, ovvero i 50 milioni negli altri casi.
È obbligatorio la sola tenuta dei registri IVA.
2- Onlus Cooperative
L’art. 87, c. 1, lett.a) del Tuir assoggetta le cooperative all’IRPEG.
Il reddito imponibile è quantificato in base agli artt. da 52 a 77 del TUIR.
Alle cooperative sono riconosciute particolari agevolazioni per la loro funzione sociale (art. 12 l. 904/77 e art. 11 D.P.R. 601/73, tra i più significativi).
Poiché si tratta di società commerciali, esse sono sottoposte, ai fini fiscali, all’obbligo della contabilità ordinaria (art.14 D.P.R. 600/73).
IRAP
Il D.Lgs.446/97 ha istituito l’imposta regionale sulle attività produttive in
relazione all’attuazione del federalismo fiscale.
21
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
IL GIORNALE
DEL REVISORE
I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE
Tale imposta riguarda le società cooperative e gli enti non commerciali e
colpisce anche le Onlus.
La base imponibile è data dal valore della produzione netta regionale.
Per le Onlus cooperative la sua quantificazione risulta dalla differenza tra
il valore della produzione che si evince dalle voci di cui all’art. 2425 c.c.,
comma 1, lett. A) e la somma dei costi della produzione dello stesso comma B) compresi nei numeri 6, 7, 8, 10 lett. a) e b), 11 e 14.
Per le Onlus non cooperative si devono distinguere:
- Onlus svolgenti esclusivamente attività istituzionale.
Per queste l’art. 10, c. 1, indica la determinazione della base imponibile
come somma di:
. retribuzione del personale dipendente;
. redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 47 del TUIR);
. compensi per collaborazione coordinata e continuativa (art. 49, c. 2, lett.
a, del TUIR);
. compensi per attività di lavoro autonomo non abituale (art. 81, c. 1, lett.
l, TUIR).
- Onlus svolgenti anche attività commerciali.
In questo caso, trattandosi di attività promiscua, quella istituzionale è
soggetta alle stesse condizioni viste prima con l’attenzione a non considerare le retribuzioni e i compensi specificatamente riferibili all’attività
connessa, mentre la base imponibile, afferente l’attività commerciale, è
stabilita (art. 10,c.2) dalla differenza tra la sommatoria dei ricavi indicati all’art. 2425 c.c., comma 1, lett. a. e quella dei costi dello stesso comma
lett. b. ai numeri 6, 7, 8, 10 lett. a . e b., 11e 14.
L’art. 16 stabilisce l’aliquota IRAP applicabile alle Onlus che è quella ordinaria del 4,25%, maggiorabile dell’1% a partire dal 2000.
Gli artt. 17 e 18 prevedono talune agevolazioni per le Onlus di facile intellegibilità che omettiamo di riportare.
IVA
Le Onlus cooperative effettuano operazioni rilevanti ai fini IVA (art.4.c. 2,
D.P.R. 633/72) mentre le Onlus non cooperative rientrano nell’ambito IVA
solo se esercitano attività qualificabile come di impresa (art.4,c. 1, D.P.R.
633/72).
La base imponibile è data dall’ammontare complessivo dei corrispettivi
dovuti al cedente o al prestatore, compresi gli oneri e spese accessorie.
L’aliquota normale è quella del 20% (art. 16), pur sussistendo altre aliquote speciali per particolari operazioni, contemplate nelle tabelle allegate al decreto IVA.
La legge n. 488 del 23/12/99, legge finanziaria 2000, all’art. 7, c.1,l.a) stabilisce la riduzione dell’aliquota IVA al 10% per prestazioni di assistenza
domiciliare, a favore di anziani ed inabili adulti, soggetti affetti da disturbi
mentali, tossicodipendenti, malati di Aids, handicappati psicofisici e minori in situazioni di disadattamento e devianza.
Le scritture obbligatorie riguardano:
- il registro delle fatture (art. 23);
- il registro degli acquisti (art. 25);
- il registro dei corrispettivi (art.24).
L’art. 14 del D.Lgs. 460/97 contempla alcune modifiche agli artt. 3 e 10
del D.P.R. 633/72 inerenti le Onlus, istituendo delle particolari agevolazioni in loro favore e al quale si rimanda per la facile interpretazione.
1.3 Conclusione
Le Onlus sono in grande espansione ed evoluzione e le miriadi di informazioni e approfondimenti, normative e gestionali, che le coinvolgono ci
inducono a talune riflessioni su queste problematiche in costante fermento.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
Appare sicuramente fondato il rilievo, mosso da più parti, sulla carenza
normativa in relazione all’organo di controllo per l’individuazione degli
strumenti operativi e sulle risorse indispensabili al suo esercizio. Come
pure sarebbe oltremodo opportuno istituire e conseguentemente attribuire la normale funzione di controllo della gestione a professionisti come
Revisori Contabili o società di revisione che di questa attività fanno il cardine della loro esistenza operativa. Si passerebbe così ad una cultura
economico-aziendale dell’amministrazione delle Onlus, privilegiando forme assai efficaci di pubblicità e di trasparenza per scongiurare possibili
abusi da parte di organizzazioni che effettuano la raccolta pubblica di fondi e usufruiscono di aiuti finanziari da enti e privati.
L’authority per il terzo settore ha introdotto un organismo di controllo
(art.3, c. 91 l. 662/96, ampliato dall’art.14 l. 15/5/99 n. 133) con poteri di
indirizzo, promozione ed ispezioni e con lo scopo precipuo di verificare il
rispetto della disciplina delle Onlus. Tuttavia urgono istituzioni e strutture
decentrate ancorché la formazione di gruppi di verificatori con una mirata preparazione in grado di risolvere i disagi del settore.
Concludiamo con l’auspicio che l’amministrazione si possa svolgere con
altruismo e con amicizia “…grandissima: perché è bello a vedere, che tra
loro non ponno donarsi cosa alcuna, perché tutto hanno del commune; e
molto guardano gli officiali che nullo abbia più che merita. Però quanto è
bisogno tutti l’hanno” (Tommaso Campanella, La città del Sole).
2. Elementi essenziali dell’organizzazione
e direzione
2.1 Premessa
Le Onlus non rappresentano un mero progetto economico, bensì un processo di partecipazione che coinvolge massimamente l’insieme di persone che versa inconsciamente in un “vuoto di senso” e che agogna, tuttavia, ad un “vivere ed interagire” per essere soggetto attivo e preponderante nel perseguimento dell’obiettivo comune, lo sviluppo stabile della
società civile protesa al benessere crescente e generalizzato. Per raggiungere il risultato desiderato è indispensabile la collaborazione fattiva
tra le persone, coordinando le azioni e ripartendosi gli sforzi nel modo più
idoneo al fine di raggiungere risultati proficui; tale unità d’azione costituisce l’organizzazione, cioè la collaborazione costante tra le persone che
hanno associato i propri sforzi nel perseguimento di un obiettivo comune.
L’organizzazione poggia su determinati elementi:
- l’esistenza di un obiettivo comune, cioè lo scopo che accomuna gli interessi di più persone;
- un complesso di uomini e mezzi, cioè la presenza di un insieme di persone che si associano per concorrere, attraverso l’utilizzazione di una
serie di strumenti, al perseguimento di un certo obiettivo;
- uno sforzo armonico, cioè generare, per mezzo della combinazione ottimale delle risorse e dei mezzi disponibili, le condizioni indispensabili
ad accertare l’effettivo raggiungimento dello scopo economico dell’organizzazione;
- un sistema di relazioni, cioè l’integrazione e la coordinazione reciproca
degli sforzi dei singoli attraverso la conoscenza dei flussi di lavoro, delle procedure e dei sistemi operativi.
Ne discende che l’organizzazione risulta la coordinazione di uomini e
mezzi per il perseguimento di uno scopo proficuo, realizzata attraverso un
sistema simbiotico di rapporti tra i vari elementi interagenti.
Per scongiurare situazioni incresciose di arbitrio in seno ad una qualsiasi
forma associativa il gruppo organizzato postula l’istanza di un indirizzo, di
un coordinamento e di un controllo sul gruppo medesimo, in grado di unificare gli sforzi ed orientare l’azione verso l’obiettivo comune, cioè invoca
in forma apodittica la presenza di una direzione.
22
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
La direzione ha lo scopo di concretare gli intenti dell’organizzazione e si
articola nei seguenti punti basilari:
- pianificazione, secondo il Giannessi “la manifestazione delle facoltà indagatrici dell’uomo nei confronti dei fenomeni oggetto di osservazione,
allorché questi hanno uno svolgimento susseguente rispetto al momento in cui avviene la formulazione del giudizio probabilistico”. È,
quindi, la previsione delle condizioni futuribili di operatività in ottemperanza agli obiettivi da perseguire, nella quantificazione delle risorse da
utilizzare, nella definizione del “modus operandi”;
- predisposizione, cioè la preparazione di tutte le risorse umane e non di
cui i piani si premuniscono;
- realizzazione, cioè la concretizzazione dei piani preordinati secondo la
modalità e la tempistica congetturata;
- sincronismo e governo, ossia la combinazione in forma simbiotica di
uomini e mezzi e la guida e assistenza al fattore umano nell’azione;
- vigilanza e giudizio, cioè la verifica dell’adesione dei risultati alle prospettive e la misurazione dei relativi scostamenti rispetto ai valori standard precostituiti procedendo, quindi, con opportuni ed eventuali correttivi.
Così la direzione può essere intesa come il criterio di indirizzo permanentemente aggiornato di un’organizzazione, attraverso azioni mirate “summo studio” in ordine al perseguimento in termini di massima efficienza ed
efficacia degli obiettivi dell’organizzazione medesima.
2.2 Le variabili strutturali dell’organizzazione
Il fenomeno organizzativo nasce da una coordinazione di sforzi finalizzati al perseguimento di certi obiettivi. Lo studio e l’interpretazione del fenomeno organizzativo sottende l’analisi delle sue strutture in presenza di
due possibili variabili:
- esterne al sistema organizzativo d’azienda, in cui spiccano la situazione di mercato, l’aspetto tecnologico e la condizione sociale;
- interna al sistema, in cui predominano l’operatività delle persone che
agiscono nel sistema, il complesso delle relazioni interpersonali, la capacità di funzionamento della struttura, le finalità istituzionali dell’azienda e la definizione dei centri di potere.
La struttura organizzativa dell’azienda schematizza il variegato ambito
delle scelte di divisione e di coordinamento dei compiti aziendali individuando l’area di potere e responsabilità.
L’organizzazione aziendale delle Onlus si caratterizza per un’ampia complessità interna scaturente da un pregnante ricorso al fattore lavoro e dall’agire in ambiti differenti. Le variabili organizzative ad esse pertinenti sottendono il processo integrato di scelte in ordine alle seguenti peculiarità:
- la struttura organizzativa;
- i meccanismi funzionali;
- la potestà organizzativa.
La struttura organizzativa
La struttura organizzativa dell’azienda viene definita dall’alta direzione
che ne formalizza i vari elementi che la compongono per mezzo di:
- mansionari, consistono nella descrizione dei compiti assegnati ad un
organo aziendale;
- job description, consta della raccolta in apposite schede dell’attività
svolta;
- prassi operativa, enuclea la specificazione delle procedure nello sviluppo dei compiti;
- direttive, formalizzano i comportamenti previsti;
- organigramma, rappresenta graficamente la struttura organizzativa
aziendale.
La struttura organizzativa discende da una serie di scelte afferenti determinati criteri di divisione del lavoro e di coordinamento dello stesso.
La divisione del lavoro determina la specializzazione dei lavoratori in singole fasi del ciclo produttivo che si distingue in:
- orizzontale, se considera la parcellizzazione delle attività aziendali tra i
vari organi della struttura;
- verticale, se diversifica le unità organizzative su vari livelli collegate tra
loro, tuttavia, da rapporti gerarchici.
Il coordinamento, invece, rappresenta l’azione di direzione unitaria della
gestione.
La struttura organizzativa che costituisce la risultante delle scelte di divisione e di coordinamento dei compiti aziendali può variare in ordine alle
dimensioni dell’impresa. Le configurazioni delle diverse e più significative
tipologie di strutture si distinguono in:
- gerarchica, in cui il potere decisionale è sotto l’egida esclusiva dell’alta
direzione;
- funzionale, in cui il lavoro di direzione è suddiviso tra un determinato
gruppo di capi specializzati per funzioni;
- plurifunzionale, in cui la divisione del lavoro direzionale si differenzia per
funzioni gestionali omogenee, che normalmente configura tre livelli organizzativi (direzione generale con il compito esclusivo di gestire l’azienda, direzione di funzione che gestisce l’area funzionale di competenza e unità operativa che esegue le direttive dei responsabili di funzione);
- a matrice, in cui la divisione del lavoro si sviluppa in ordine all’attività gestionale e al progetto da sviluppare;
- divisionale, in cui gli organi centrali sono fiancheggiati da responsabili di
divisione: tipica struttura la cui produzione aziendale si diversifica fortemente sia sotto il profilo tecnico che commerciale.
La scelta della struttura organizzativa delle Onlus discende primariamente dalle strategie aziendali relazionate alla combinazione servizio/mercato. Così in prima approssimazione alle Onlus si può attribuire una struttura alquanto elementare e lineare, considerato che queste unità operative
si sviluppano principalmente in piccoli centri; la configurazione più adeguata può risultare in questi termini:
|
Educatori
|
Assistenti
Direzione Generale
|
|
|
Psicologo
Personale di
sorveglianza
|
Personale
amministrativo
Se vogliamo ipotizzare un’evoluzione in senso funzionale della struttura
che opera in un solo settore di attività si dovrà ricorrere all’ausilio di organi direttivi intermedi e nella fattispecie si proporrà così:
Direzione Generale
|
|
|
|
|
|
Approntamento
Gestione
Marketing
Attività
Attività
del sevizio
del personale
amministrative finanziaria
La presenza di una pluralità di settori operativi, da quello della formazione a quello dell’istruzione, ad esempio, suggerisce una nuova tipologia di
organigramma che presentiamo:
Direzione Generale
|
|___________ Controllo qualità
|
|
|
|
|
|
Approntamento
Gestione
Marketing
Attività
Attività
del sevizio
del personale
amministrative finanziaria
|
|
|—-Servizio Rapporti Personali
|
|—-Servizio Formazione
|
|—-Servizio Istruzione
23
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
IL GIORNALE
DEL REVISORE
Inserzione pubblicitaria
Inserzione pubblicitaria
I NUMERI DELLE ONLUS: DALL’ARITMETICA ALLE PROSPETTIVE
Allorché la struttura presenta diverse linee di servizio e voglia mantenere
la diversificazione di alcune competenze per linee funzionali si può ipotizzare il seguente organigramma:
Direzione Generale
|
|___________ Controllo qualità
|
|
|
|
|
|
Formazione
Istruzione
Rapporti
Attività
Attività
|
|
Personali amministrative finanziaria
|
|
|
Approntamento Approntamento Approntamento
del sevizio
del sevizio
del sevizio
|
|
|
Marketing
Marketing
Marketing
|
|
|
Gestione
Gestione
Gestione
Personale
Personale
Personale
Là dove si volesse mantenere le direzioni di funzioni da gestire unitariamente con la ripartizione a livello di linea di servizio lo schema risulterebbe il seguente:
Direzione Generale
|
|___________ Controllo qualità
|
Comitato Formazione
|
Professionale ___________________ |
Sordo-muti
|
|
|
|
Formazione Professionale
Soggetti Svantaggiati
|
|-Approntamento Servizio
|
|-Marketing
|
|-Gestione Personale
|
|-Attività Amministrativa
|
|-Attività Finanziaria
Formazione Professionale
Soggetti Non Svantaggiati
Rapporti Personali
Soggetti Svantaggiati
|
|-Approntamento Servizio
|
|-Marketing
|
|-Gestione Personale
|
|-Attività Amministrativa
|
|-Attività Finanziaria
|
|-Approntamento Servizio
|
|-Marketing
|
|-Gestione Personale
|
|-Attività Amministrativa
|
|-Attività Finanziaria
La presenza di progetti di rilevante caratura consente l’attribuzione delle
responsabilità secondo un criterio bidimensionale o a matrice che riportiamo di seguito:
Direzione Generale
|
|
|
|
Progetto
Progetto
Progetto
Rapporti Personali Formazione Istruzione
|
|
|
|
|
|
- Amministrazione ———––————————————————————
|
|
|
|
|
|
- Produzione ——————————————————————————
|
|
|
|
|
|
- Personale ——————————————————————————
|
|
|
|
|
|
- Finanza ———————————————————————————
|
|
|
|
|
|
- Marketing ——————————————————————————
IL GIORNALE
DEL REVISORE
La proficuità per le Onlus della scelta tra le possibili strutture organizzative discende dai seguenti fattori:
- connessione tra le funzioni di ciascuna linea di servizio;
- capacità di diversificazione tra le linee di servizio;
- acquisizione di economie di scala correlate a funzioni centralizzate;
- individuazione del grado di specializzazione all’interno delle singole funzioni.
I meccanismi funzionali
Sono processi di funzionamento della struttura organizzativa. Nelle Onlus
tali meccanismi devono assolvere alle seguenti condizioni:
- definizione degli obiettivi;
- raggiungimento delle competenze professionali da parte del personale
impiegato;
- acquisizione del supporto informativo indispensabile alla direzione.
I fondamentali meccanismi funzionali coinvolgono i seguenti aspetti operativi:
- di programmazione, pianificazione e controllo: consentono di preventivare anticipatamente i risultati attesi dalle singole unità e dall’impresa e
di evidenziare durante la gestione l’aderenza dei risultati agli standard
relativi con l’opportunità di segnalare le discrasie eventuali verificatesi e
correggerle tempestivamente;
- di informazione: permettono agli organi competenti di prendere le opportune decisioni in termini di scelta tra le alternative possibili e di verificare l’adeguatezza delle azioni prese;
- di gestione del personale: accolgono l’opportunità di valorizzare ed incentivare le risorse umane aziendali.
Nelle Onlus tali meccanismi, espressi in forma assai schematica, possono essere rappresentati come:
Processo di pianificazione che si concreta attraverso:
- le analisi ambientali esterne;
- le analisi ambientali interne;
- la definizione di obiettivi mirati;
- la precisazione dell’iter operativo;
- la selezione delle alternative procedurali;
- la compilazione di un sistema di piani;
- l’attuazione e la revisione dei risultati.
Processo di programmazione che si sviluppa con:
- la parcellizzazione del piano in budget;
- la fissazione delle azioni operative;
- l’analisi degli obiettivi strategici del piano;
- l’assimilazione e contestualizzazione delle varie fasi operative.
Processo di controllo che si realizza per mezzo di:
- accertamento delle azioni da controllare;
- quantificazione delle azioni medesime;
- attribuzione dei centri di responsabilità e conseguente affidamento degli obiettivi preconizzati;
- valutazione del servizio;
- raffronto dei risultati raggiunti con gli obiettivi prefissati e rilevazione degli scostamenti eventuali;
- ponderazione delle cause di scostamento e individuazione dei correttivi.
Potestà organizzativa
Rappresenta il criterio di direzione che l’impresa tende a realizzare e al
quale si devono uniformare i vari manager nella gestione del proprio ruolo. Concretamente si identifica e si configura come:
- forma di ascendenza sui lavoratori: discende primariamente dai mezzi
usati dalla direzione e assume la qualifica di autoritativa (passiva accettazione del giudizio), persuasiva (accettazione consapevole del giudizio), manipolativa (induzione al giudizio con azioni artefatte) ed emulativa (accettazione del giudizio per imitazione del comportamento del manager e simili);
- atteggiamento direzionale: si esprime attraverso un archetipo partecipativo ovvero un prototipo autoritario a seconda dell’adesione dei lavoratori al processo decisionale. Uno schema possibile di atteggiamento
direzionale adattabile alle Onlus può essere il seguente:
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
Direzione Onlus
|
|
|
Autoritario
Partecipativo
|
Decisioni
irremovibili
del Manager
|
|
|
Decisioni
suscettibili
di variazione
Presentazione
del problema
accettando
suggerimenti
da parte del
dipendente
Definizione del
problema con
una certa area
di discrezionalità
affidata ai
dipendenti
Coinvolgimento
dei lavoratori
“ab ovo” nella
definizione del
problema
- comportamento dei lavoratori: si concreta in una posizione di accettazione o di rifiuto delle direttive;
- gestione della conflittualità: lo scopo fondamentale della direzione è
quello di scongiurare tali situazioni o quanto meno di limitare i danni
eventuali, attivando modifiche nel rapporto di lavoro con i dipendenti, in
merito alla distribuzione dei compiti, al sistema di sicurezza, alla remunerazione e quant’altro attinente al perfezionamento della personalità
del lavoratore stesso. Nelle Onlus il problema della conflittualità non assume rilevanza trattandosi per lo più di personale volontario e senza
vincoli contrattuali.
2.3 Le funzioni determinanti del processo di direzione
Il termine direzione equivale a quello di management nella terminologia
anglosassone e si assimila ad una determinata attività svolta da particolari soggetti detti manager. Concretamente il management si dispiega su
molteplici e variegati livelli di autorità secondo complesse competenze
specialistiche operative.
La direzione assume la funzione di realizzare gli obiettivi dell’organizzazione attraverso vari organi che devono essere in grado di assumere il
ruolo di concretare le scelte aziendali.
All’interno dell’azienda sussistono determinati ruoli direzionali:
- alta direzione;
- direzione intermedia;
- direzione di base.
La direzione aziendale si occupa della elaborazione e gestione della progettualità e della coordinazione delle risorse e si realizza con l’acquisizione dei fattori produttivi e la loro combinazione ottimale.
La direzione rappresenta il momento più elevato della gestione in quanto
esprime azioni di decisione e controllo che si identificano con mirate funzioni e compiti e si compendia con:
- la programmazione, rappresenta l’attività direzionale volta a definire gli
obiettivi aziendali e consiste in un processo razionale e sistematico di
definizione degli obiettivi strategici e operativi aziendali. Le fasi della
programmazione si originano come:
1) studio delle condizioni di partenza e delle possibili evoluzioni;
2) analisi delle condizioni endogene;
3) specificazione degli obiettivi globali;
4) attivazione delle strategie;
5) composizione del programma generale;
6) valutazione dei risultati;
7) attuazione del programma;
8) controllo dei risultati;
9) specificazione delle discrasie riscontrate;
10) ricomposizione dei programmi
- l’organizzazione, individua l’azione tesa a definire le strutture, i metodi e
le procedure più idonee al perseguimento degli obiettivi stabiliti dal programma;
- il comando, esprime il potere che i dirigenti esercitano sui subordinati,
vincolandoli a specifici comportamenti, al fine di garantire la realizzazione dei programmi;
- il controllo, consiste nella verifica periodica dei programmi e budget e dei
dati consuntivi e consente, attraverso l’evidenziazione degli scostamenti, la
misurazione del grado di perseguimento del programma e suoi obiettivi;
- l’informazione, rappresenta un fondamentale requisito del funzionamento
del sistema aziendale che consente ai vari organi la realizzazione dei propri compiti e l’attivazione di un autocontrollo sulle proprie prestazioni;
- la motivazione, deriva dal coinvolgimento emotivo del personale nella
politica aziendale. E’ compito della direzione realizzare il processo di
coesione interna e di massima cooperazione così che i fini dell’organizzazione vengano assimilati come propri dai dipendenti, realizzando
strumenti di partecipazione e di incentivazione.
Nelle Onlus, in particolare, la direzione assume le seguenti caratteristiche
peculiari:
- cultura di economicità, produrre non solo su base economica ma con
la capacità a perseguire risultati solidali;
- attitudine ad ottemperare un dualismo gestionale, asseverare la coesistenza di una condizione di estrema razionalità gestionale condivisibile
con uno status a forte valenza emotiva;
- sussistenza di abilità alla cooperazione, la tendenza a creare una capacità permanente e seduttiva a comunicare le motivazioni a collaborare,
a sviluppare la dimensione di utilità, a condividere le azioni di sostegno.
Tale condizione si estrinseca ad appannaggio esclusivo del personale
che trova concretezza nei meccanismi operativi di gestione della carriera del volontariato;
- gestione contabile razionale, con la realizzazione del divenire aziendale
improntato all’equilibrio tra costi razionalizzati e benefici conseguiti, come condizione trascendente il mero atto amministrativo o di puro contesto altruistico;
- contemperamento tra domanda e mercato, promuovere le cause giuste
nella società civile;
- capacità di coesione tra pubblico e privato, stimolare e orientare la capacità di assorbimento dei servizi offerti verso il settore pubblico o privato in ottemperanza ad istanze contingenti;
- promozione del sistema qualità, favorire l’acculturazione della qualità
etica e assecondare le prescrizioni istituzionali;
- propensione ad una gestione finanziaria innovativa, creare condizioni di
finanziamento coerenti con l’istituzione del non profit, assecondando
impieghi coerenti con i fini ed efficaci nei risultati;
- predisposizione ad attivare condizioni prospettiche futuribili, programmare la vita aziendale in modo che ci sia continuità nell’ipotizzare gli accadimenti futuri aziendali.
La direzione, infine, deve tener debitamente conto della “variabile tecnologia” nell’espletamento delle sue funzioni per i riflessi che essa può
produrre nella gestione che possiamo individuare come:
- velocizzazione nell’organizzazione del servizio, la telematica, infatti,
consente di accorciare “le distanze e i tempi” nella distribuzione della
prestazione;
- maggiore interazione con l’ambiente esterno, si intessono più scambi di
conoscenze e di esperienze con diverse realtà esterne all’azienda;
- esito delle donazioni on line, determina sicuramente una modificazione
strutturale dell’organizzazione aziendale.
Così la direzione è chiamata alla definizione di politiche che assecondino
ampiamente lo sviluppo della variabile tecnologica creando una vera e
propria struttura di supporto come piano strategico intrinseco alla programmazione aziendale. La direzione, tuttavia, nella realizzazione del servizio deve appurare la sussistenza delle condizioni di efficienza ed efficacia: efficienza del processo produttivo assicurando le innovazioni sotto il
profilo tecnico ed economico, efficacia misurando il grado di corrispondenza del servizio ottenuto con quello programmato.
2.4 Conclusione
L’organizzazione e la direzione illustrano il modello di rappresentazione
dell’azienda che si fonda sull’osservazione dei rapporti valoriali che ne
determinano la consistenza economica, ossia sull’analisi dei fattori produttivi impiegati e delle relazioni che tra loro intercorrono.
Le Onlus contribuiscono, attraverso una sana organizzazione e direzione,
alla crescita di una cultura della solidarietà che favorisce e incoraggia le
diverse forme di volontariato. Le Onlus, come ogni forma di agglomerazione economica, perseguono le finalità istituzionali con una gestione che
possa “condurre l’impresa verso il suo scopo cercando di trarre il miglior
partito possibile da tutte le risorse delle quali dispone”. Henri Fayol, Direzione industriale e generale, Milano, Franco Angeli Editore,1964, pag. 28.
27
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
IL GIORNALE
DEL REVISORE
CONSORZI AGRARI
PROVINCIALI
IN LIQUIDAZIONE C. A.
CON ESERCIZIO PROVVISORIO:
«CALCOLO DELL’IRAP»
n
el caso di un Consorzio
Agrario Provinciale in liquidazione coatta amministrativa
con esercizio provvisorio, tenuto conto che il Consorzio redige due bilanci, uno limitatamente alle attività svolte durante l’esercizio provvisorio (e
quindi di sola gestione) e l’altro consolidato, nel quale vanno a confluire non solo le operazioni di pura gestione, ma
anche tutte quelle operazioni
inerenti la liquidazione (come,
ad esempio, ricavi relativi alla
vendita di immobili, attrezzature e così via, e costi come l’onere del personale, spese di carattere generale imputabili all’attività liquidatoria che esulano, ovviamente, dall’attività
dell’esercizio provvisorio), su
quale reddito deve essere calcolata l’IRAP?
In altri termini, l’IRAP va calcolata esclusivamente sul risul-
IL GIORNALE
DEL REVISORE
Nel caso di esercizio
provvisorio l’IRAP
va calcolata sul risultato
inerente tale esercizio
di Gaetano Carnessale
tato inerente l’esercizio provvisorio o va calcolata sul risultato
emergente dal bilancio consolidato nel quale confluiscono
anche operazioni straordinarie
riferite alla liquidazione coatta
amministrativa?
Sul quesito la Direzione Regionale delle Entrate per l’Abruzzo del Ministero delle Finanze
così si è espressa:
“Esaminata la norma istitutiva
di tale imposta la Scrivente
non rileva ai fini della tassazione nessun specifico riferimento
a situazioni straordinarie di
procedure concorsuali, per cui
28
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
va applicata la norma in generale.
La norma infatti stabilisce che
ai fini IRAP viene assoggettato
a tassazione il valore della produzione netta dei soggetti che
abitualmente producono o
scambiano beni ovvero prestano servizi.
Sono soggetti passivi oltre alle
società, enti, persone fisiche e
consorzi, compresi quelli in liquidazione volontaria o sottoposti a procedure concorsuali
(fallimento e liquidazione coatta amministrativa) con esercizio provvisorio.
L’Amministrazione finanziaria
con proprie circolari esplicative
ribadisce solo il concetto che,
nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa,
l’assoggettamento all’IRAP è
subordinato al presupposto
dell’esercizio provvisorio.
Per quanto sopra esposto in
mancanza di precise istruzioni
ministeriali in merito, la scrivente ritiene che tale imposta
vada applicata solo sul risultato
che deriva dal bilancio provvisorio, escludendo quei valori
riferibili alle operazioni connesse con la procedura di liquidazione coatta amministrativa,
per le quali sarà tenuta una distinta contabilità.
Del resto è facile capire che le
due attività, ubbidendo ad esigenze diverse (quella del risultato dell’esercizio anche se
provvisorio e quella del soddisfacimento degli interessi dei
creditori derivante dalla liquidazione) anche ai fini fiscali
seguano ognuna le proprie regole.
Analoga risposta è stata fornita
dal Dipartimento delle entrate
del Ministero delle Finanze,
Ufficio delle entrate di Teramo:
“In caso di fallimento o liquidazione coatta amministrativa,
trova applicazione il disposto
dell’art.19, comma 6 del Dlgs
n. 446/97, in base al quale il
presupposto di applicazione
dell’imposta si verifica salo a
condizione che vi sia esercizio
provvisorio dell’impresa.
L’art.4, comma 2 del citato decreto, stabilisce che l’IRAP si
applica sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della Regione.
Quindi per l’applicazione dell’IRAP, in caso di fallimento o
liquidazione coatta amministrativa, occorre fare riferimento al valore della produzione
netta in relazione ad ogni singolo periodo di imposta dell’esercizio provvisorio, giacché, in
LO SCHEMA PER LA
DETERMINAZIONE DELLA BASE
IMPONIBILE È QUELLO
RICAVABILE DALLE VOCI
DI CONTO ECONOMICO DI CUI
ALL’ART.2425 COMMA 1 DEL C.C.
assenza di detto esercizio provvisorio, non sussiste obbligo di
dichiarazione IRAP (fatta eccezione che per la dichiarazione
iniziale, cioè quella relativa al
periodo che va dall’inizio dell’esercizio alla data di avvio
della procedura), in quanto le
procedure concorsuali non sono considerate esercizio di attività produttiva.
Come precisato nella Circ. n.
141/E del 4 giugno 1998, la
base imponibile dell’IRAP è
determinata dalla differenza tra
la somma delle voci classificabili nel valore della produzione
di cui all’art. n. 2425, comma
1, lett. a) c.c. e la somma di
quelle classificabili nei costi
della produzione di cui allo
stesso art. n. 2425. comma 1,
lett. b), escluse le perdite su
crediti e le spese per il personale dipendente.
Di conseguenza lo schema da
seguire per la determinazione
della base imponibile IRAP, in
caso di esercizio provvisorio, è
quello ricavabile dalle voci del
conto economico sopra specificate in relazione al bilancio per
l’attività dell’esercizio provvisorio.
Bisogna ulteriormente tener
conto che l’esercizio provvisorio, di cui all’art.90 L.F. è un
istituto eccezionale in base al
quale si dispone la continua-
29
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
zione dell’esercizio dell’impresa del fallito e che non ha finalità di conservazione o di risanamento, ma solo quella di
consentire una liquidazione a
condizioni più favorevoli.
quindi non ha le caratteristiche
di una vera e propria attività
imprenditoriale. Tuttavia i debiti sorti durante l’esercizio
provvisorio sono debiti di massa e perciò da pagarsi in produzione, per cui gli eventuali debiti IRAP non sono debiti concorsuali.
In ogni caso si esclude l’applicabilità dell’imposta in parola
al risultato emergente dal bilancio consolidato relativo alla
procedura di liquidazione, in
quanto nello stesso sono evidenziate esclusivamente poste a
contenuto patrimoniale che
non rilevano nella determinazione della base imponibile
dell’IRAP Inoltre, si evidenzia
come, ai sensi delll’art.19,
comma 6, del Dlgs 446/97, se
non vi è esercizio provvisorio, i
soggetti sottoposti a procedura
fallimentare o di liquidazione
coatta amministrativa non
hanno l’obbligo di presentare,
ai fini IRAP, la dichiarazione finale relativa alla chiusura della
procedura”.
Gaetano Carnessale
IL GIORNALE
DEL REVISORE
L
E
T
T
E
R
E
a cura della redazione
Pensione e incompatibilità
con l’iscrizione ad albi.
Commento ad una sentenza
del tribunale di Lucca.
Abbiamo sempre sostenuto essere anticostituzionale, illogica oltre che penalizzante, la
norma che prevede l’incompatibilità della
pensione di anzianità con l’iscrizione ad albi professionali, elenco di lavoratori autonomi, ecc. contenuta nel regolamento della
cassa nazionale di previdenza ed assistenza
dei ragionieri e periti commerciali.
Nella fattispecie si è voluto inserire tra le incompatibilità l’iscrizione del soggetto nel registro dei Revisori Contabili appunto perché ritenuta categoria professionale legalmente riconosciuta.
Il nostro istituto si e associato all’azione giudiziaria promossa dal nostro iscritto Dr. Vito Tozzi di Lucca, nell’intento di vedere affermata, nelle opportune sedi, l’incostituzionalità di una simile coercizione. A tale
proposito è stato adito il Tribunale di Lucca il quale, con sentenza del 5 febbraio corrente anno, sospende il giudizio e rimette gli
atti alla Corte Costituzionale con la seguente motivazione:
“Dichiara rilevante e non manifestamente
infondata la questione di incostituzionalità
dell’art. 3 comma secondo legge 30 dicembre 1991 n. 414 in relazione agli artt. 3 e
4 primo comma della costituzione nella
parte in cui prevede l’incompatibilità della
corresponsione della pensione di anzianità
con l’iscrizione ad albi o elenchi di lavoratori autonomi diversi dall’albo professionale dei ragionieri.
Dispone la rimessione degli atti alla corte
costituzionale e la sospensione del presente
giudizio fino alla decisione. Manda alla
cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai Presidenti
delle due Camere”.
Lucca 5 febbraio 2002
Superfluo ogni commento! Ma non possiamo esimerci dal rivolgere un particolare ringraziamento all’avv. Mario LazzaIL GIORNALE
DEL REVISORE
retti di Viareggio, titolare dello studio legale omonimo per la diligenza e perizia
con le quali ha condotto la vertenza.
...
Esercizio della professione
di Consulente del Lavoro.
Con riferimento all’oggetto della presente e
a quanto reiteratamente sostenuto sul Vostro Organo di stampa (“Il Giornale dei
Revisori”), si comunica che abbiamo dato
disposizione ai Consigli Provinciali di sottoporre al vaglio del Giudice penale situazioni concrete di attività professionale riservata ai Consulenti del Lavoro e svolta
da semplici Revisori Contabili.
Distinti saluti
Gabriella Perini
Le minacce contenute nella lettera che pubblichiamo non meritano considerazione.
Noi non abbiamo bisogno dell’intervento
della magistratura per sapere quali sono i
nostri diritti e conseguenti doveri. Se la collega Perini la pensa diversamente faccia
pure, non saremo certo noi a spaventarci.
Modesto Bertolli
...
Un altro riconoscimento
per i Revisori Contabili.
Il Ministero dell’Economia e delle FinanzeAgenzia delle Entrate, con la risoluzione 7
febbraio 2002 n. 38/E, in accoglimento di
analoga proposta del Presidente dell’Istituto
Nazionale Revisori Contabili Rag. Modesto Bertolli, ha dato atto dell’elevato livello
professionale e dell’alta formazione morale
di cui è dotato il revisore Contabile, al quale viene riconosciuto il possesso di rigorosi
requisiti, individuati nel Decreto Legislativo 27 gennaio 1992 n. 88 e dell’importanza della funzione, connessa all’espletamento
delle attività di controllo sui bilanci e sui
documenti contabili, motivo per cui l’Amministrazione Finanziaria dello Stato possa
usufruire della professionalità dei Revisori
Contabili medesimi, per lo svolgimento di
attività di assistenza ai contribuenti, relati30
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
vamente alle comunicazioni di irregolarità
delle liquidazioni delle dichiarazioni dei
redditi ed agli avvisi bonari di pagamento.
La risoluzione ministeriale conclude che è
da ritenersi consentito ai Revisori Contabili, iscritti nel Registro, tenuto dal Ministero
di Grazia e Giustizia di cui al Dlgs n.
88/1992, l’accesso agli sportelli riservati ad
altri professionisti presso alcuni Uffici delle
Entrate. È appena il caso di rilevare che con
l’art. 3, comma 9, della legge 28 dicembre
2001 n. 448 (Legge Finanziaria 2002) a
conferma del riconoscimento dell’alta professionalità dei Revisori Contabili, è stata attribuita agli stessi la competenza per la redazione di relazione giurata di stima, cui si
applica l’art. 64 del Codice di Procedura
Civile, in connessioni a partecipazioni non
negoziate nei mercati regolamentati, per stabilire il valore dell’intero patrimonio sociale
dell’impresa.
Attenzione necessita porre al fatto che le Società che si avvalgono delle disposizioni dell’art. 3, dinanzi citato, sono tenute a versare l’imposta sostitutiva di cui al 1° comma
del precitato art. 3, sempre della legge
448/2001.
Per i Revisori dei Conti degli Enti Locali è
d’uopo segnalare il comma 8 dell’art. 19
della legge n. 448/2001, laddove precisa
che a decorrere dall’anno 2002, gli Organi
di Revisione Contabile degli Enti Locali di
cui all’art. 2 del T. U. delle Leggi sull’Ordinamento degli Enti Locali di cui al Dlgs
18 agosto 2000 n. 267, accertano che i documenti di programmazione del fabbisogno
del personale siano improntati al rispetto
del principio di riduzione complessiva della
spesa di cui all’art. 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449 e successive modificazioni e che eventuali deroghe a tale principio siano analiticamente motivate.
Ai Revisori Contabili è consentito, inoltre,
l’invio telematico delle dichiarazioni.
La categoria ringrazia sentitamente il Presidente Bertolli, con l’auspicio che l’azione
proficuamente intrapresa possa continuare
“ad majora premunt”.
Francesco Arcadio
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Revisori e consulenti del lavoro. Requisiti per la nomina
Riscontro, come Revisore Contabile e a componente del Collegio
Consulente del Lavoro, la nota della Pre- dei Revisori
sidente del C.N. Consulenti del Lavoro
Gabriella Perini in merito allo svolgimento della attività di Consulente del
Lavoro che, a suo avviso, è preclusa ai Revisori Contabili ai sensi dell’art. 1 Legge
12/79 istitutiva dell’Ordinamento dei
Consulenti del Lavoro.
È vero quanto la Presidente Perini asserisce,
ma è altrettanto vero che la legge istitutiva
è del 1979 mentre i Revisori Contabili sono stati riconosciuti con D. Lgs. 88 del
27/01/92 che ha recepito la normativa comunitaria (direttiva CEE n. 84/253).
Pertanto, essendo i Revisori Contabili nati
dopo il 1979, non potevano essere previsti
nell’art. 1 Legge 12/79.
I professionisti delle attività economiche
previsti al 1° Comma dell’art. 1 Legge
12/79 possono svolgere la professione di
Consulente del Lavoro ma non possono fregiarsi del titolo. Alla stessa stregua, per analogia con le altre professioni economiche i
Revisori Contabili, seguendo lo stesso iter
dei Ragionieri, Dottori e Avvocati, possono
svolgere la professione di Consulenti del Lavoro ma non possono fregiarsi del titolo, e
nessuno vuole fregiarsi del titolo. D’altronde, non sono più professionali i Revisori
Contabili dei CED?
Un’ultima annotazione infine, l’art. 1 Legge 12/79 alla fine recita: “Presso il Ministero del Lavoro e P.S. è istituito un comitato
di monitoraggio, composto dalle associazioni di categoria e dei rappresentanti degli ordini e collegi di cui alla presente legge e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, allo scopo di esaminare i problemi
connessi all’evoluzione professionale ed occupazionale del settore”.
Credo, con la presente, di aver chiarito che
l’esercizio della professione dei Consulenti
del Lavoro possa a pieno titolo essere svolta
anche dai Revisori Contabili che hanno
una professionalità tale da non dover essere
contestata in alcun modo.
Con molta cordialità.
Giovanni B. De Muzio
Il Delegato Distrettuale di Pisa ci sottopone il testo dell’art. 17 dello Statuto
del Consorzio Universitario di Pisa (approvato il 3 dicembre 1989), il quale
prevede che “il collegio dei revisori dei
conti è composto da tre membri effettivi e due supplenti, eletti dall’assemblea,
da scegliersi tra gli iscritti agli Albi dei
dottori commercialisti” e con ciò sembrerebbe escludere la legittimazione dei
Revisori ad essere nominati membri del
collegio dei revisori del Consorzio in
questione.
La lettera dell’art. 17 dello Statuto è
estremamente precisa nell’escludere i
revisori contabili; eppure è evidente il
paradosso cui darebbe luogo un’applicazione che fosse coerente con le espressioni letterali dell’art. 17, nominando
revisori dei conti del Consorzio tutti
tranne i Revisori Contabili.
- Il Registro dei Revisori Contabili è
stato istituito presso il Ministero della
Giustizia con il D. Lgs. 27 gennaio
1992 n. 88, il cui art. 1 prevede che l’iscrizione nel registro è l’unica condizione che dà diritto all’uso del titolo di revisore contabile.
Per l’art. 3 l’iscrizione al registro è condizionata al superamento di un esame,
che il Ministero della Giustizia indìce
annualmente e al quale possono essere
ammessi solo:
a) coloro che hanno svolto, presso un
revisore contabile un tirocinio triennale, avente ad oggetto il controllo di
bilanci di esercizio e consolidati, ovvero
b) i dipendenti dello Stato e degli enti
pubblici che abbiano svolto un tirocinio della durata di tre anni presso
un funzionario pubblico abilitato al
controllo legale dei conti.
L’esame previsto dall’art. 3 consiste in
prove scritte e orali dirette all’accertamento delle conoscenze teoriche del
candidato e della sua capacità di appli31
Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
carle praticamente, nelle materie che seguono: a) contabilità generale; b) contabilità analitica e di gestione; c) disciplina dei bilanci di esercizio e consolidati; d) controllo della contabilità e dei
bilanci; e) diritto civile e commerciale;
f ) diritto fallimentare; g) diritto tributario; h) diritto del lavoro e della previdenza sociale; i) sistemi di informazione
e informatica; l) economia politica e
aziendale e princìpi fondamentali di gestione finanziaria; m) matematica e statistica.
- L’istituzione del Registro dei Revisori
Contabili, che abilita i soggetti al controllo legale dei conti, ha inciso anche
sulle norme del codice civile.
L’art. 2397 c.c. (come modificato dall’art. 21 proprio del D. Lgs. 27 gennaio
1992 n. 88) regola la composizione del
collegio sindacale delle società per azioni e prevede che “i sindaci devono essere scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia”.
La funzione di revisione dei conti è
quindi ora, alla luce della disciplina
introdotta con il D. Lgs. 88/1992,
prerogativa dei Revisori contabili
iscritti nel Registro tenuto dal Ministero della Giustizia, sia che essi siano
iscritti anche in un Albo professionale, sia che non lo siano (atteso che l’esame per l’iscrizione al Registro – visto l’elenco sopra descritto – verte su
materie in gran parte coincidenti con
quelle che formano oggetto dell’esame
per l’iscrizione all’Albo dei dottori
commercialisti).
- Alla luce di quanto sin qui detto, non
si può dubitare che l’art. 17 dello Statuto del Consorzio vada letto alla stregua della disciplina sopravvenuta, introdotta con il D. Lgs. Del 1992, che
ha definito le funzioni e disciplinato il
profilo della professione di Revisore
Contabile ed ha obbligato, ad esempio, le società per azioni a nominare
come membri del collegio sindacale
solo i revisori contabili iscritti nell’apposito registro.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
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Impegno dei delegati sulla
formazione professionale
a cura della Segreteria generale
Una delle immagini
dell’assemblea dei delegati
tenutasi nella sede
dell’Istituto il 19 aprile 2002
L’assemblea annuale dei delegati dello
scorso 19 aprile ha segnato un’importante e significativa verifica della crescita e dei programmi dell’INRC. Sorprendentemente numerosa la apprezzata partecipazione, mirati e costruttivi i diversificati e qualificanti interventi che hanno portato all’approvazione
unanime, dopo un vasto dibattito sugli
obiettivi conseguiti e sulle linee proposte, dei bilanci consultivo 2001 e preventivo 2002.
Questa la sintesi di una giornata tutta
speciale nella quale i delegati, tra i quali numerosi giovani, si sono impegnati
a meglio potenziare la presenza delle
164 delegazioni in Italia, con lo sguardo rivolto all’Europa dei Revisori
Contabili mai come ora vicina e necessaria nel confronto professionale globalizzato.
Ne è scaturita pure l’urgenza di una
forte, reale identità del Revisore Contabile che possa maggiormente contrastare e conquistare in qualità professionale e organizzativa le aree di competenza, ove le potenti Società internazionali di revisione intendono “farla da
padroni” con risultati anche recentemente negativi e pesanti per le aziende
revisionate.
Mai come ora “l’unione fa la forza” e
l’INRC pone la propria struttura e
IL GIORNALE
DEL REVISORE
competenza a disposizione delle categorie professionali che intendono operare costruttivamente per rendere più
efficace la tutela di un titolo che già
unisce professionalmente tutta l’Europa e che, considerate le particolari caratteristiche dei 130 mila iscritti al registro, rappresenta la naturale legge
quadro italiana delle professioni. In esso, infatti, sono inclusi gli Avvocati, i
Dottori e Ragionieri Commercialisti, i
Consulenti del Lavoro, gli ex dipendenti e funzionari pubblici.
Un titolo oggi qualificato e conseguibile con un iter universitario di altissimo livello che ha determinato la integrazione delle materie di studio dei
Dottori e Ragionieri commercialisti
per consentire loro di poter conseguire
senza ulteriori esami integrativi il riconoscimento professionale di Revisore
Contabile.
E non è possibile in un’epoca di grandi evoluzioni non imprimere con maggiore forza iniziative che esternino la
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Anno XXVI - Numero 2 - Marzo/Aprile 2002
capacità dell’INRC di camminare alla
pari dei mutevoli tempi
In primis con l’acquisizione di ulteriori riconoscimenti legislativi, in secundis, ma contestualmente, nel dare corso ad una fitta, moderna organizzazione con l’utilizzo delle più avanzate tecnologie dei media per consentire agli
iscritti una formazione continua, riducendo al minimo i costi e la perdita di
prezioso tempo.
Sono sfide indifferibili per non essere
emarginati “dall’area che conta” delle
professioni italo-europee. Riscopriamo
quindi e valorizziamo il nostro storico
e indiscutibile patrimonio professionale. Esso rappresenta il necessario avviamento, oggi indispensabile, per salvaguardare la nostra identità nelle diversità di fronte all’inarrestabile crescita e
confronto nella nuova Europa delle
professioni.
Il Segretario generale
Virgilio Baresi
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I quesiti
dei lettori
REVISORI
E CONSULENTI DEL LAVORO
In riferimento alle risposte di cui alla
rubrica “i quesiti dei lettori” pubblicata nel “Il giornale del Revisore” numero 4/5 luglio/ottobre e numero 6 del
nov/dicembre vi segnalo che dopo aver
contattato il locale Ispettorato del lavoro, per ottenere informazioni circa l’abilitazione e il riconoscimento quale
consulente del lavoro, ho ottenuto come
risposta che tra i soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di consulente del
lavoro (L.12/1979) non risultano i
Revisori Contabili.
Quale strada devo quindi percorrere?
Con quale forma e a chi devo indirizzare la mia richiesta?
Nell’attesa cordialmente saluto.
Nicola Zambello
RISPOSTA
È ovvio che una legge del 1979 non potesse prevedere i Revisori Contabili nati
nel 1992.
Quindi ripresentati all’Ispettorato, spiegati, pretendi la risposta scritta e trasmetticela tempestivamente.
Al resto penseremo noi.
Per avere una risposta
nella rubrica “I quesiti dei lettori”
inviate le vostre domande a:
[email protected]
riportando sempre il numero
e la data di scadenza della tessera
di iscrizione all’Istituto.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
SULLA NOMINA A SINDACO
DI SOCIETÀ CONTROLLATA
Una società controllante doveva procedere alla nomina del collegio sindacale
di una sua controllata ed io ero il candidato indicato dal Presidente della
Società, in accordo con altri Consiglieri di amministrazione, che doveva essere nominato Presidente del Collegio.
Un consigliere del C.d.A. della controllante, quando è stato fatto il mio nome, ha detto che in vista della quotazione in Borsa della controllante sarebbe stato opportuno nominare Sindaco
un componente del Collegio sindacale
della controllante stessa, come prevede
la normativa (?) e così è avvenuto in
quanto gli altri Consiglieri non sono
stati in grado di controbattere quanto
dallo stesso affermato.
Mi ricordo che la norma che non riesco a
trovare diceva l’esatto contrario, addirittura stabiliva che non poteva essere nominato sindaco di una controllata un
sindaco della controllante se non era trascorso un certo periodo di tempo dalla cessazione dell’incarico nella controllante.
La cosa per me è del massimo interesse
per prossime nomine che deve effettuare la stessa società e gradirei sapere se
siete in grado di aiutarmi a ritrovare la
norma che regola la materia.
Con vive cordialità
RISPOSTA
Le norme di riferimento dovrebbero essere l’art. 2399 c.c. e l’art. 148 comma
3 T.U. intermediazione finanziaria.
Quest’ultimo, in particolare, prevede
che “non possono essere eletti sindaci e,
se eletti, decadono,.... c) coloro che
hanno rapporti di lavoro autonomo o
subordinato con la società o con le so-
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a cura dell’I.N.R.C.
cietà che sono da questa controllate o
che la controllano”.
SULLE TARIFFE
PROFESSIONALI
Sono con la presente cortesemente a richiedere se, per la redazione di una perizia giurata di stima alla data del 1°
gennaio 2002 sul patrimonio sociale di
una società le cui quote non sono negoziate nei mercati regolamentati, ai fini
e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 5 L. 448/2001 “Rideterminazione dei valori di acquisto di partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati”, un iscritto all’elenco dei Revisori Contabili possa richiedere un
onorario determinato a norma dell’art.
31 Dpr 645/94 “Regolamento recante
la disciplina degli onorari, delle indennità e dei criteri per il rimborso delle
spese per le prestazioni professionali dei
dottori commercialisti”.
Distinti saluti.
Stefano Girotto
RISPOSTA
Abbiamo più volte sostenuto che le tariffe servono solo a titolo di orientamento atteso che il giudice adito può
non tenerne conto avendo liberta decisionale valutabile caso per caso.
Il richiedente quindi applichi quella ricordata con la speranza che il cliente la
accolga di buon grado. Ricordiamo e
raccomandiamo sempre di farsi dare il
mandato dal cliente e prendere opportuni accordi prima di accettare l’incarico.
Vedi anche ns. risposta pag 29 de “Il
giornale del Revisore” n. 1/02, e al nostro sito risposte ai quesiti www.revisori.it
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SULLA NOMINA A SINDACO
DI SOCIETÀ NON QUOTATA
Egregio Presidente,
Sono un Vs. iscritto e vorrei sapere se
mi è consentito assumere la carica di
Presidente del Collegio Sindacale in
una SPA non quotata.
Qualche quotidiano ha riportato la
notizia che per assumere la presidenza
è necessaria l’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri.
Distinti Saluti
F. Console
RISPOSTA
No, falso.
È vero semmai il contrario perché la
legge non ammette gli iscritti agli ordini dei dottori e ragionieri ai collegi sindacali se non sono anche “Revisori
Contabili”
INFORMAZIONI
SULL’ISCRIZIONE ALL’ISTITUTO
sono Laureato in Economia e Commercio e il giorno 23/02/2002 ho sostenuto gli esami di dottore commercialista facendo regolare tirocinio di
tre anni dal 1998/2002 presso lo studio del Dott. Brancato vs. associato.
Cosa devo fare per l’iscrizione al vs.
Istituto?
Per l’iscrizione di un avvocato già abilitato che esercita la libera professione è
in automatico
Grazie attendo risposta.
Nicola Lo Duca
RISPOSTA
Senza la qualifica di revisore contabile
non è possibile l’iscrizione al ns istituto
se la qualifica esiste potrà visitando il
ns sito www.revisori.it trovare tutte le
istruzioni per la iscrizione.
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ABILITAZIONE DEI REVISORI
ALLA REDAZIONE DI PERIZIE
Sono iscritto all’I.N.R.C dall’attestato
3416/98.
Per effetto della cessione di quote sociali in una società mia cliente avrei bisogno di un chiarimento relativamente
ai professionisti abilitati a redarre la
perizia; leggo infatti su Finanza & Fisco pag. 764 anno 2002 che riporta la
Circolare dell’Agenzia delle Entrate n.
12 E del 31/01/2002 :
“Come specificato dall’art. 5, comma
1, detta perizia deve essere redatta, con
le responsabilità sancite dall’art. 64 del
codice di procedura civile, esclusivamente da soggetti iscritti all’albo dei
dottori commercialisti, dei ragionieri e
dei periti commerciali, nonché nell’elenco dei revisori. La relazione giurata
di stima deve essere riferita all’intero
patrimonio sociale.”
Il dubbio che mi sorge è dovuto al
“nonché”: l’italiano non è più una
lingua dalla grammatica ferrea e spesso la concordanza a senso non corrisponde alla grammatica. La concordanza a senso può essere condizionata
dal desiderio di avere la risposta che si
desidera, la grammatica invece dovrebbe dare la certezza; quando invece si tratta di leggi, circolari e quant’altro proveniente da organismi statali bisogna fare i conti con il Burocratese dove tutto può anche essere il contrario di tutto.
La mia domanda è: i Revisori Contabili abiltati alla perizia sono solo quelli iscritti sia negli albi professionali citati e sia nel registro dei Revisori Contabili oppure possono esserlo anche i revisori contabili iscritti solo nel registro
dei Revisori Contabili? (la memoria
mi porta al Visto pesante!)
Vi ringrazio per l’autorevole, cortese,
sollecita e chiara (come sempre fate) risposta.
Cordiali saluti.
Guido Stanga
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RISPOSTA
Anche se condividiamo le lamentele
circa il malvezzo del nostro legislatore
nel redigere le norme in linguaggio
spesso ambiguo (con buona pace delle
previsioni contenute nello Statuto del
Contribuente), non ci sentiamo francamente di condividere le perplessità sull’interpretazione nel caso di specie. Infatti, se l’intento del legislatore fosse stato quello di abilitare alla redazione della perizia solamente i dottori ed i ragionieri iscritti anche nell’elenco (rectius:
Registro) dei revisori, in luogo della
congiunzione “nonché” avrebbe usato
la locuzione “purché iscritti”.
D’altro canto la disposizione in commento è stata mutuata in toto da quella precedentemente contenuta nell’articolo 14, comma 9, del Dlgs 461/1997,
in relazione alla quale nessun dubbio
interpretativo si è mai posto né risulta,
a posteriori, avere generato contestazioni di sorta.
REVISORI E CONSULENTI
TECNICI DEI TRIBUNALI
Si pone il seguente quesito con cortese
urgenza:
è possibile per un iscritto al registro ed
al Vs. Istituto ottenere l’iscrizione al
Tribunale locale (nella fattispecie Brescia) come consulente tecnico? Quali
sono, in caso positivo, le eventuali sentenze da citare, visto che a voce presso
lo stesso Tribunale mi sono stati avanzati dei dubbi circa la possibilità (senza l’appartenza ad Ordini o collegi)?
Ringraziando anticipatamente per
l’attenzione.
Nicola Mazzoni
RISPOSTA
Presso i Tribunali esistono albi, elenchi
per ogni settore di competenza ai quali
si accede attraverso selezioni operate dai
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Tribunali stessi. Infatti su domanda degli interessati il Tribunale, previo esame
dei requisiti del richiedente lo iscrive
nell’elenco merceologico di competenza
e lo chiamerà poi in caso di necessità del
Tribunale stesso.
Senza l’iscrizione di cui sopra un soggetto non potra essere consulente tecnico del giudice.
INQUADRAMENTO
DELL’ATTIVITÁ DI REVISORE
Sono Revisore contabile iscritto all’albo
dei ragionieri, con dichiarazione che
non svolgo attività professionale, vorrei
aprire la partita IVA (codice 74.12.C).
I miei compensi (100%) come componente di Collegi sindacali rientrerebbero nella sfera di lavoro autonomo o
co.co.co assimilati a redditi di lavoro
dipendente? Poichè i chiarimenti ministeriali parlano di iscrizione all’albo
(ragionieri/dottori) e non di esercizio
della professione come ragioniere, credo
di poter far rientrare tali compensi come redditi di lavoro autonomo.
Ringrazio per la cortese risposta e auguro che l’iniziativa di Codesto Spettabile Istituto per il riconoscimento di
una nuova categoria professionale venga al più presto accolta.
Giuseppe Dell’Acqua
RISPOSTA
L’attività professionale che il Collega
Revisore intende svolgere, quella di revisore, con la apertura della partita IVA
(codice attività 74.12.C) può essere inquadrata come attività professionale.
Infatti, una importantissima sentenza
del TAR del Lazio n. 1723/2000, oltre
a numerose sentenze di Corte di appello, ha abilitato il Revisore Contabile al
pari delle altre professioni. A quella data mancava il solo riconoscimento di difensore davanti alle Commissioni Tri-
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butarie del Revisore Contabile, deficienza superata in data 7 maggio 2002
in quanto la Camera ha approvato l’inserimento dei Revisori Contabili tra le
categorie autorizzate a rappresentare il
contribuente nelle Commissioni Tributarie.
Semmai, il problema si pone sotto l’aspetto previdenziale. Il professionista
Revisore non possiede iscrizione in alcuna Cassa previdenziale, anche qui l’Istituto Nazionale Revisori Contabili sta
lavorando per colmare questa mancanza, e pertanto il Collega sarà costretto
ad iscriversi nella gestione separata dell’INPS di cui all’art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
NOMINA DEI REVISORI
NEI COMUNI
Spettabile Redazione,
premesso che sono un revisore non
iscritto ad alcun albo sono a richiedere
una precisazione in merito alla nomina dei Revisori Contabili nei comuni
dove è prevista la presenza di tre revisori.
È obbligatorio che il Revisore dei Conti non iscritto ad albi debba ricoprire
solo ed esclusivamente la carica di Presidente del Collegio dei Revisori o è
una norma facoltativa che lascia spazio a che la presidenza venga assunta
da un revisore iscritto ad un albo?
Distinti saluti
Maurizia Goretti
RISPOSTA
A nostro avviso l’articolo 100 del Dlgs
25 febbraio 1995 n. 77 voleva un collegio di controllo composto da tre soggetti diversi cioè a dire: un Revisore
Contabile, un iscritto all’ordine dei
Dottori, un iscritto all’albo dei Ragionieri anche se non Revisori Contabili
per questi ultimi due.
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L’obbligo quindi per il Presidente del Collegio è l’iscrizione nel registro dei Revisori
Contabili.
Il concetto base quindi, ed a nostro avviso non violabile, è la composizione di tre
soggetti di diversa estrazione professionale. Nel caso in cui un iscritto, in uno dei
due albi, possa possedere anche il titolo di
“Revisore Contabile” e, quindi, possibile
destinatario della presidenza del collegio,
non toglie a nostro avviso al “Revisore”
non iscritto di partecipare al collegio in
qualità di componente e non di presidente. Sull’interpretazione di quella norma si
sono commesse, a nostro avviso, le più
fantastiche elucubrazioni al punto di sostenere che il “Revisore” destinatario della
presidenza non possa essere altrettanto
componente del collegio stesso.
L’art. 100 del Dlgs 1995/77 prevede un
collegio composto da tre soggetti ben
distinti e qualificati per cui è ridicola
l’interpretazione (ad usum delphini naturalmente) in virtù della quale chi può
essere presidente non possa essere a
maggior ragione componente del collegio. Al di sopra di ogni considerazione,
comunque, rimane fermo, a nostro parere, che il legislatore abbia voluto un
collegio composto da tre soggetti diversi
e non altra soluzione.
Per tanto raccomandiamo di segnalarci
eventuali anomalie ed in tempo utile per
consentirci ricorsi contro eventuali abusi.
Ciò servirebbe oltretutto per creare utile
giurisprudenza sullo specifico argomento.
COMUNICATO AI LETTORI
Riceviamo centinaia di richieste di informazioni da parte di una moltitudine di aspiranti revisori, che aggiunte a quelle che ci pervengono
dai nostri associati creano seri problemi organizzativi.
Oltre al dovere di dare la precedenza ai revisori nostri iscritti, vorremmo ricordare agli
“aspiranti revisori” che la nostra struttura NON
CONSENTE DI SODDISFARE – in poco tempo e
in modo esaustivo – anche tutte le richieste che
ci pervengono dai NON ASSOCIATI, vuoi per la
molteplicità, ripetiamo, delle richieste, vuoi per
la necessità di riscontrare la copiosa legislazione
che regola la specifica materia.
Ufficio Presidenza
L’INRC, oltre alla tutela e rappresentanza della figura del Revisore Contabile
e all’assistenza per l’esercizio della professione, offre ai propri associati
i benefici di accordi con Enti e Aziende leader di settore per migliorare
la propria attività e avere condizioni di acquisto favorevoli di prodotti e servizi.
Gli accordi fino ad oggi sottoscritti sono:
INPS
intesa per migliorare il servizio agli utenti e convenzione per le attività e compensi relativi
INAIL
intesa per migliorare il servizio agli utenti
B&S insurance Brokers & Services
convenzione per condizioni agevolate per la copertura
R.C. PROFESSIONALE (assicuratori LLOYD’S)
R.C. AUTO E AUTO RISCHI DIVERSI (assicuratori SAI)
COPERTURE INFORTUNI, SANITARIE,VITA (assicuratori CHUBB, LLOYD’S)
INFOCAMERE
Gestione di servizi telematici per gli associati
FIAT AUTO
convenzione per sconti sull’acquisto di vetture
ALFA ROMEO, FIAT, LANCIA
TELECOM
convenzione per l’utilizzo di INTERNET
tramite il collegamento ADSL ad alta velocità garantita
GRANDI ALBERGHI
convenzioni per tariffe speciali con gli alberghi BASTIANI di Grosseto, MARCONI di Milano,
RAFFAELLO di Roma, LE SORGENTI di Montecatini Terme, JOLLY HOTELS e STARHOTELS
I dettagli delle convenzioni sono reperibili alla pagina “convenzioni” sul sito
www.revisori.it
Condizione necessaria per ottenere i benefici delle convenzioni è l’iscrizione all’INRC,
nelle pagine di questa rivista il coupon per associarsi.
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Credito d’imposta sui dividendi
da società partecipate
Francesco Vegni
sformare le aziende speciali coCome noto, l’art. 27, comma 18,
LA LEGGE FINANZIARIA 2002 HA ESTESO
stituite ai sensi dell’art. 22, comdella legge n. 448 del 28 dicemIL CREDITO DI IMPOSTA AI DIVIDENDI DISTRIBUITI
ma 3, lett. c), della legge n.
bre 2001 (Legge Finanziaria
142/90, in società per azioni, di
2002), ha esteso il credito d’imAI COMUNI DALLE SOCIETÀ COMUNQUE COSTITUITE
cui possono restare azionisti uniposta sui dividendi distribuiti ai
ci per un periodo comunque
Comuni da società di capitali denon superiore a due anni dalla
rivanti dalla trasformazione di ex
trasformazione...”.
mento diretto da un’altra ex azienda
aziende municipalizzate, introdotto dalPer quanto riguarda invece i dividendi
municipalizzata.
l’art. 29 della legge n. 342/2000 (Colledistribuiti al Comune a decorrere dal l°
In merito ai dividendi distribuiti al Cogato fiscale alla Finanziaria 2000), ai digennaio 2002, data di entrata in vigore
mune dalle due suddette società, fino al
videndi distribuiti “dalle società comundella Legge n. 448/2001 (Finanziaria
31 dicembre 2001, in considerazione
que costituite”, che gestiscono i servizi
2002), in virtù della modifica introdotdella disposizione di cui al citato art. 29
pubblici locali, di cui all’art. 113 del
ta al citato art. 14, comma l-bis, del
della Legge n. 342/2000 e coerenteTue1 (Dlgs n. 267/2000), precisando
Tuir, dall’art. 27, comma 18, della stesmente con quanto chiarito dalla Risoluche l’unica tipologia di servizi pubblici
sa legge, il Comune può fruire, oltre
zione n. 159/E del 2001, il Comune
locali interessati dalla norma è quella coche del credito d’imposta relativo ai dipuò fruire soltanto del credito d’impostituita dai servizi “aventi rilevanza induvidendi distribuiti dalla società derivansta relativo ai dividendi distribuiti dalla
striale”, di cui al citato art. 113, come rite dalla trasformazione dell’azienda spesocietà derivante dalla trasformazione
formulato dall’art. 35 della Legge Ficiale, anche di quello relativo ai dividell’azienda speciale.
nanziaria 2002, ed escludendo quindi i
dendi distribuiti dalla società derivante
In effetti, il richiamato art. 29 ha agservizi “non aventi rilevanza industriadal conferimento diretto dalla ex aziengiunto all’art. 14 del Tuir (Dpr n.
le”, disciplinati dal nuovo art. 113-bis,
da municipalizzata.
917/86), in materia di credito d’impointrodotto dallo stesso art. 35.
Come noto infatti, il citato nuovo comsta per gli utili distribuiti da società ed
Riguardo alla corretta applicazione di
ma l-bis dell’art. 14 del Tuir prevede
enti, il comma l-bis), in base al quale “il
tale agevolazione, se con circolare n. 15
che, a decorrere appunto dal l° gennaio
credito d’imposta di cui al comma 1, redel 1° febbraio 2002, avente carattere
2002, “Il credito d’imposta... attribuito
lativo ai dividendi percepiti dai Comusemplicemente ricognitivo, l’Agenzia
ai Comuni in relazione ai dividendi disni distribuiti dalle ex aziende municipadelle Entrate non aveva aggiunto molto
tribuiti dalle società, comunque costilizzate trasformate in società, ai sensi
rispetto al contenuto letterale della nortuite, che gestiscono i servizi pubblici
della Legge n. 142/90, può essere utilizma contenuta nella Finanziaria, con la
locali ai sensi dell’art. 113 del Tuel, può
zato per la compensazione dei debiti, ai
successiva Risoluzione n. 45 del 18 febessere utilizzato per la compensazione
sensi dell’art. 17 del Dlgs n. 241/97”.
braio 2002 la stessa Agenzia, in risposta
dei debiti ai sensi dell’art. 17 del Dlgs n.
La legge n. 142/90, ai fini della trasforad un’istanza d’interpello presentata da
241/97”.
mazione, non fa alcun riferimento al
un Comune, ai sensi dell’art. 11 della
In definitiva quindi, nel caso in specie
processo di trasformazione, limitandosi
Legge n. 212/2000 (Statuto del contrioccorre che il Comune, al fine di indiinvece a disciplinare, all’art. 22, le mobuente), ha finalmente fornito alcuni
viduare il credito d’imposta che effettidalità di gestione dei servizi pubblici atimportanti chiarimenti circa l’esatta apvamente gli spetta, distingua la posiziotraverso determinate forme da essa stesplicazione della stessa.
ne delle due società nelle quali è socio,
sa previste (azienda speciale, società per
Nel caso in specie, il Comune istante riin considerazione della loro diversa proazioni e società a responsabilità limitasulta socio di due società per azioni, una
cedura di trasformazione e del periodo
ta). Solamente l’art. 17, comma 51, deldelle quali risulta dalla trasformazione
d’imposta nel quale i dividendi sono
la legge n. 127/97, ha previsto che “I
di un’azienda speciale, a sua volta condistribuiti, nel rispetto delle norme soComuni, le Province e gli altri Enti Loferitaria di un’ex azienda municipalizzapra richiamate.
cali possono, per atto unilaterale, trata, mentre l’altra deriva da un conferi-
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Per quanto riguarda i dubbi che l’introduzione dell’art. 27 comma 18
della Finanziaria 2002 aveva suscitato
in merito alla decorrenza del nuovo
credito d’imposta “esteso”, la Risoluzione in oggetto appare opportuna in
quanto mira a risolvere il problema
alla radice, andando a chiarire in maniera inequivocabile la ratio della
suddetta norma.
In effetti, attraverso il richiamo dell’art. 17, comma 51, della Legge n.
127/97, norma finalizzata ad incentivare la trasformazione, da parte dei
Comuni, delle aziende speciali in società per azioni, risulta chiarito il fatto che l’agevolazione introdotta dall’art. 29 del Collegato – prima dell’estensione introdotta dalla Finanziaria
2002 – era indirizzata esclusivamente
a quei Comuni “virtuosi” che avevano
proceduto alla trasformazione delle
aziende speciali in società per azioni,
ai sensi della sopra citata norma. L’introduzione, da parte dell’art. 27 comma 18 della Finanziaria 2002, del credito d’imposta a favore dei Comuni
che partecipano a società, comunque
costituite, che gestiscono i servizi
pubblici locali ai sensi dell’art. 113
del Tuel ha quindi come ratio quella
di introdurre, ex novo, un incentivo
rivolto a quei Comuni che possiedono quote in società di capitali, attraverso la previsione di un’agevolazione
costituita dal credito d’imposta sui
dividendi distribuiti dalle società da
essi partecipate.
Non assume rilievo pertanto il fatto
che l’introduzione di tale norma costituisca in pratica un’estensione dell’agevolazione che l’art. 29 del Collegato alla Finanziaria 2002 aveva previsto esclusivamente a favore di quei
Comuni che partecipano a società di
capitali derivanti dalla trasformazione
di aziende ex municipalizzate, ai sensi della legge n. 142/90.
Tuttavia, sebbene il contenuto della
Risoluzione in oggetto chiarisca come
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detto in modo inequivocabile il disposto del citato art. 27 comma 18
della Finanziaria 2002 in merito alla
decorrenza dell’agevolazione, chiudendo di fatto la porta ad ogni sorta
di incertezza interpretativa, permangono ancora diverse perplessità su alcuni aspetti non trattati della norma
in questione.
In primo luogo, nonostante il Ministero abbia esplicitamente previsto
che, per le società di nuova costituzione, tale credito sorga solo per i dividendi distribuiti dal l° gennaio
2002 – restando così esclusi quelli
distribuiti antecedentemente a tale
data – anche in questo caso dovrebbe
comunque valere l’interpretazione
(comunque mai confermata né sconfessata dal Ministero) di ritenere valida l’insorgenza del credito, per le distribuzioni operate dal 2002 per dividendi relativi a utili generati in esercizi precedenti.
Condizionando il sorgere del credito
d’imposta alla distribuzione degli utili, è apparso alla maggioranza degli
osservatori che il diritto a tale credito
maturi sugli utili distribuiti dal 10 dicembre 2000, a prescindere dall’esercizio al quale gli stessi fanno riferimento e senza considerare se di fatto
sui relativi utili lordi le aziende speciali e società di capitali distributrici
abbiano o meno corrisposto le imposte sui redditi (in quanto potrebbero
anche essere utili distribuiti dopo il
10 dicembre 2000 che si riferiscono
ad esercizi precedenti nei quali le
aziende speciali o le società distributrici non avevano pagato le imposte
poiché ancora in regime di “moratoria fiscale”).
Inoltre, anche in relazione al momento a partire dal quale tale compensazione può essere effettuata, ricordiamo che la regola generale stabilita
dall’art. 14 comma 3 del Tuir prevede
che la detrazione del credito d’imposta per gli utili distribuiti da società
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ed enti debba essere richiesta, a pena
di decadenza, nella Dichiarazione dei
redditi relativa al periodo d’imposta
in cui gli utili sono stati percepiti.
Dal momento che, come noto, i Comuni sono esentati, ai sensi dell’art.
88 del Tuir, dalla presentazione della
Dichiarazione dei redditi ai fini Irpeg,
come già sottolineato in sede di commento della Circolare n. 15 del l° febbraio 2002, parrebbe corretto sostenere, in mancanza di chiarimenti ministeriali in merito, che la norma introdotta dall’art. 27, comma 18, valga a tutti gli effetti come interpretazione autentica del citato art. 14, per
cui il credito d’imposta possa essere
utilizzato in compensazione di altri
debiti ad avvenuta erogazione del dividendo e non vi sia un termine di decadenza entro il quale esercitare tale
diritto.
In secondo luogo suscita perplessità il
fatto che la Risoluzione in oggetto abbia, seppur tra le righe, confermato
quanto precisato all’interno del citato
art. 27, comma 18 e confermato (o
meglio, non sconfessato) dalla citata
Circolare n. 15, ossia che l’unica tipologia di servizi pubblici locali interessati dalla norma agevolativa sia quella
costituita dai servizi “aventi rilevanza
industriale”, di cui all’art. 113 del
Tuel (Dlgs n. 267/2000), come riformulato dall’art. 35 della Legge Finanziaria 2002, escludendo quindi i servizi “non aventi rilevanza industriale”
e disciplinati dal nuovo art. 113-bis,
introdotto dallo stesso art. 35.
In merito a tale questione, dal momento che la norma in oggetto richiama, tra le righe, un’altra norma della
Finanziaria 2002 (appunto l’art. 35),
foriera di numerosi dubbi e perplessità, occorrono alcune importanti riflessioni.
Visto che, rispetto alla precedente
versione dell’art. 113 – la quale prevedeva un elenco generico di forme di
gestione dei servizi pubblici locali – la
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nuova versione, introdotta dall’art. 35
– alla quale fa riferimento l’art. 27,
comma 18 – prende in considerazione solamente una particolare fattispecie di servizi pubblici, ossia quelli
“aventi rilevanza industriale”, appare
incomprensibile il fatto che il Ministero abbia escluso le forme di gestione previste dal nuovo art. 113-bis,
non aventi rilevanza industriale, nonché le società per azioni con partecipazione minoritaria di Enti Locali, di
cui all’art. 116 del Tuel medesimo.
Questo peraltro, come già sottolineato in altra sede, contrariamente alla
ratio agevolativa che aveva portato,
prima, all’introduzione del comma 1bis dell’art. 14 del Tuir, da parte dell’art. 29 della Legge n. 342/2000
(Collegato alla Finanziaria 2000), e
poi, alla sua successiva modifica operata dalla Finanziaria 2002, attraverso
la quale si sarebbe dovuto esclusivamente risolvere la questione, sollevata
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da numerosi Comuni – e poi chiarita
dalla presente Risoluzione – in merito alla possibilità di estendere il credito d’imposta a favore di società per
azioni derivanti dalla trasformazione
di aziende speciali preesistenti anche
a società per azioni di nuova costituzione, nelle quali il Comune partecipa. Tutto ciò indipendentemente dalla quota partecipativa posseduta dal
Comune e dalla rilevanza industriale
o meno del servizio pubblico locale
erogato.
Con una tale impostazione, quella
che doveva essere una norma agevolativa a favore dei Comuni, in considerazione del regime esentativo previsto
dall’art. 88 del Tuir – la quale, a rigor
di logica, avrebbe dovuto avere una
valenza generale per tutte le forme di
gestione dei servizi pubblici locali, effettuate da società per azioni derivanti dalla trasformazione di ex aziende
municipalizzate, nonché di nuova co-
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stituzione, in cui il Comune, in veste
maggioritaria o minoritaria, partecipa
– sembra essere attribuita al Comune
non tanto in base ad un criterio soggettivo, ovvero in quanto Ente esente
da Imposta sui redditi, ma in base al
carattere oggettivo della particolare
forma di gestione del servizio erogato
dalla società per azioni alla quale il
Comune stesso partecipa, peraltro in
veste esclusivamente maggioritaria,
che deve necessariamente avere rilevanza industriale.
Stante dunque i diversi dubbi che ancora permangono in merito a tale ultimo punto, l’emanazione dell’atteso
Regolamento previsto dall’art. 35,
comma 16, che chiarisca definitivamente cosa si intenda per servizio
pubblico locale “avente rilevanza industriale”, di cui al nuovo art. 113, e
che quindi espliciti quali forme di
servizi sono compresi in tale definizione, risulta ormai imprescindibile.
L’unione e fusione
di Comuni
Attilio Zifaro
entità aziendali capaci di geLe istanze sociali cruciali si
L’UNIONE TRA ENTI RISPONDE ALLA ESIGENZA DI
nerare processi produttivi introvano e si riscontrano nella
tegrati e di collocarsi in condidinamica del divenire politico
GENERARE ORGANISMI PRODUTTIVI DI PIÙ AMPIE
zioni di competitività sul merdi un Paese; generalmente afDIMENSIONI PER MIGLIORARE L’ECONOMICITÀ
cato, assurgendo ad organismi
feriscono tendenze nuove, ceradeguatamente dimensionati.
cate e applicate di proposito a
COMPLESSIVA E STIMOLARE LA REDDITIVITÀ GESTIONALE
L’unione tra enti risponde a
problemi contingenti affrontali esigenze, in quanto esplitati e scoperti in virtù di un’acita la forma di concentrazione
mento di più consistenti livelli di
nalisi diligente, acuta e operosa.
aziendale in grado di generare un orredditività gestionale dei servizi ofLa prospettiva della disciplina dei
ganismo produttivo di più ampie diferti.
possibili nuovi dimensionamenti termensioni per migliorare l’economiLa moderna economia, caratterizzata
ritoriali degli Enti Locali minori rapcità complessiva e più particolardall’ampliamento dei mercati, divepresenta la sicura garanzia del ragmente per stimolare la redditività genuti ormai globali e da un costante
giungimento di una più cospicua efstionale.
infittirsi degli scambi, necessita di
ficienza produttiva e del persegui-
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I motivi che inducono le aziende all’aggregazione sono molteplici, ne riferiamo alcuni:
- diminuzione della concorrenza;
- integrazione dei cicli produttivi;
- contenimento dei costi;
- utilizzazione del progresso tecnologico
dei partners;
- acquisizione di maggiori mezzi finanziari;
- ampliamento della fetta di mercato;
- allargamento della gamma produttiva.
L’obiettivo è quello di raggiungere, sia per
mezzo di una dilatazione dei ricavi che
con un ridimensionamento dei costi, un
miglioramento dell’equilibrio economico
della gestione a valere nel tempo, dell’emergente entità economica.
La prima disciplina delle unioni e delle
fusioni di Comuni ebbe origine con la
legge 142/90 che introduceva la facoltà
di creare aggregazioni tra di loro. Infatti, l’art. 11 annunciava la predisposizione di un programma regionale, aggiornato ogni cinque anni, di fusione dei
piccoli Comuni e l’erogazione di contributi straordinari a sostegno della fusione di Comuni inferiori a 5.000 abitanti. Inoltre l’art. 26 impiantava il
nuovo istituto dell’unione, talché due o
più Comuni limitrofi con meno di
5.000 abitanti oltre ad uno eventuale di
10.000 potevano aggregarsi in ragione
di una futura fusione, da realizzare al
fluire del 10° anno di interazione.
Più recentemente la legge 265/99 ha
sancito gli ambiti per la gestione associata di fusioni e di servizi, apportando
notevoli modificazioni al testo originale
della legge 142.
Per le unioni non sono imposti modelli precostituiti o rigidi in quanto sarà lo
strumento statutario degli Enti partecipanti a decidere nel merito.
Peculiarità operative
L’art. 6 della legge 3/8/99 n. 265 tratta
della fusione dei Comuni, municipi,
unione di Comuni.
La normativa di riferimento ha avuto
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un faticoso travaglio. Gli Enti Locali di
minori dimensioni, temendo un possibile ridimensionamento della propria
autonomia, in relazione alla gestione
comune dei servizi, hanno surclassato le
scelte più consone che si venivano configurando. Così il comma 1 prevede
che:
a) le Regioni, di concerto con i Comuni, predispongano programmi per:
- determinare ambiti per la gestione
associata sovracomunale di funzioni
e servizi, anche attraverso unioni;
- adottare criteri per incentivi all’unificazione;
b) sia favorita la fusione tra Comuni, a
prescindere dalle dimensioni di loro,
attraverso contributi statali e regionali.
L’aggiornamento del programma regionale ha cadenza triennale.
Il comma 5 presenta la nuova disciplina
delle Unioni di Comuni, regolando in
particolare:
- la facoltà di costituire unioni prescindendo dall’ampiezza dei Comuni partecipanti;
- l’obbligo della scelta del presidente tra
i Sindaci dei Comuni interessati all’unione e la certezza che altri organi coincidano con amministratori dei Comuni associati;
- la garanzia della presenza delle minoranze;
- la competenza ad introitare tasse, tariffe e contributi sui servizi a loro affidati;
- l’abolizione dell’obbligo della fusione
dopo i dieci anni di unione.
Il comma 6 si sofferma sull’obbligo delle Regioni a conformarsi nella disciplina degli incentivi per le funzioni associate ai sotto elencati principi:
- stimolare il massimo grado di integrazione tra i Comuni, premiandoli in ragione del livello di unificazione;
- privilegiare con opportune contribuzioni il perseguimento di fusioni o
unioni rispetto ad altre tecniche associative;
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- promuovere le unioni di Comuni evitando il vincolo della successiva fusione.
Il legislatore, in questo articolo, evidenzia lo scopo fondamentale di creare una
sede istituzionale di secondo grado per
la gestione associata di funzioni comunali attraverso la formazione di una mirata struttura generata dai cointeressati
al fine di governare la collaborazione.
Si è prodigato per eliminare gli elementi ostativi che in passato hanno impedito l’affermarsi della coesione orizzontale tra i Comuni, affidando alle Regioni
il potere di amalgama. Così l’unione tra
di loro non rappresenta più il preludio
alla loro fusione, bensì una condizione
stabile di convivenza.
Al processo di associazione potranno
aderire sia i grandi che i piccoli Comuni che siano, però, confinanti, anche se
non appartengono alla stessa Provincia.
Il fine essenziale è quello di creare tra i
Comuni un reticolo duraturo di cooperazione capace di stimolare sia economie organizzative che di scala.
La nuova struttura associata genererà
una sorta di imprenditoria integrata e
conurbata delle aree periferiche.
L’autonomia dei singoli Enti, tuttavia, è
lasciata inalterata e non è scalfita affatto
la loro identità originaria.
Non si può trascurare il cenno agli ostacoli che si frappongono alle spinte sempre più significative verso il processo di
integrazione:
- il solido radicamento storico e culturale delle municipalità;
- l’ampio divario sociale ed economico
che contraddistingue il nostro territorio;
- l’elevata presenza di comunità a basso
tasso di urbanizzazione e bassa densità
abitativa;
- il composito contesto politico;
- la marcata rivalità municipale.
La rivisitazione della legge 142/90 sancisce l’attribuzione all’unione della potestà regolamentare in ordine alla disciplina della propria organizzazione per
l’espletamento delle funzioni proprie di
competenza, incluse quelle finanziarie.
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Lo statuto ha l’incombenza della definizione dell’assetto degli organi politici e
la prassi della loro composizione ed elezione. Lo statuto deve contenere, altresì, la specifica delle funzioni da gestire
in forma associata e la disciplina dei
rapporti inerenti l’acquisizione e utilizzazione delle risorse materiali ed umane
necessarie.
L’innovazione normativa sta, soprattutto, nella ricerca di un’agenzia funzionale attraverso la costituzione dell’unione
attribuendo ai processi decisionali una
dinamica e snellezza operativa che trascende radicati interessi e retaggi culturali incancrenitisi nel corso degli anni.
Così dalla riformata normativa scaturiscono due segni significativi dell’azione
procedimentale:
- l’affidamento all’autonomia statutaria
dei singoli o affiliati Comuni di una
mole consistente di decisioni in grado
di individuare un nuovo e pregnante
sistema operativo locale;
- l’incremento determinante del ruolo
degli amministratori locali, i cui compiti si estendono alle nuove funzioni
degli organismi associati.
La riforma in atto non si può considerare in una fase epilogativa, ancorché
protesa a quell’agognato e fruttuoso spiraglio della creazione di un sistema di
imprese miste per la gestione migliore
dei servizi.
Conclusione
L’unione o la fusione consiste nel processo di concentrazione di due o più enti per la costituzione di un nuovo organismo sociale, peraltro individuato sotto il profilo giuridico dall’art. 26 riformato della 142, che recita: “l’Unione
dei Comuni è un Ente Locale”.
Il ricorso alla gestione associata implica,
da parte degli associati, l’elaborazione di
un progetto di fattibilità dei servizi da
organizzare riguardante la predisposizione di:
- un prospetto dettagliato di tutti i servizi da gestire insieme;
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- uno studio delle condizioni contingenti di ciascun servizio;
- un’analisi prospettica della domanda e
delle condizioni strutturali;
- una valutazione dei possibili benefici
derivanti dall’aggregazione;
- una selezione della forma istituzionale
per la gestione associata.
Nell’attivazione della prassi di integrazione si possono adire diverse strade
che risultano sintetizzabili in soluzioni
percorribili alternativamente:
- “sistema istituzionale”, ricorrendo al
processo di fusione previsto dalla legge
in discorso;
- “sistema contrattuale”, consistente nel
ricorso a convenzioni o forme analoghe per la gestione di servizi di interesse comune;
- “sistema misto”, cioè procedendo con
l’attivazione della combinazione delle
due possibilità prima individuate, senza tuttavia che gli enti perdano la autonoma identità.
L’avvenire presenterà uno scenario in
cui il ruolo del Comune subirà una metamorfosi epocale accostandosi maggiormente a sistemi di servizi pubblici
integrati su scala sempre più dilatata.
Infine concludiamo affermando che la
nuova normativa ha, quindi, fissato dei
consistenti cardini per la struttura della
moderna organizzazione dell’inedita attività degli Enti Locali, pur nella consapevolezza che tutta la problematica è in
fase evolutiva sotto il profilo normativo
ed operativo, con un itinerario alquanto
impervio ancora da tracciare. Ne è l’evidente testimonianza il dettato del
Dcpm del 28/10/99, n° 263, G.U. del
9/11, che per ragioni meramente formali, impone nuovi ed inopportuni vincoli all’organismo associativo con popolazione superiore a 10.000 abitanti, ovverossia l’adeguamento dal 1° dicembre alle rigide regole della Tesoreria Unica.
Tali adempimenti consistono essenzialmente in:
- versamento entro il 30/11 nelle contabilità speciali infruttifere di tutte le
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disponibilità liquide depositate negli
istituti di credito, fatte salve le disponibilità provenienti da prestiti obbligazionari e da mutui non assistiti da
contributi statali;
- smobilizzazione entro il 31/12 dei titoli di loro proprietà e relativo versamento nelle contabilità speciali infruttifere ovvero, trattandosi di titoli acquistati con fondi propri, nelle contabilità speciali fruttifere.
Il fermo proposito di attivare inequivocabili scelte di “policy” orientate al perseguimento delle Unioni di Comuni,
come strumento di consolidamento del
processo di autonomia locale in senso
federale, deve essere informato all’implementazione di comportamenti volti
alla soluzione del problema, avulsi da
condizionamenti vetero burocratici.
Inoltre il limite del tetto massimo del
4,5% (attualmente incrementato di
qualche punto) di spesa sugli impegni
dei comuni rispetto all’anno 2000,
proposto dalla Finanziaria 2002, peraltro inaccettabile, inficia sicuramente i termini del patto di stabilità interno e mette a serio repentaglio la normale chiusura dei bilanci comunali,
ovvero costringe le amministrazioni
degli Enti Locali ad operare dei tagli
di spesa fortissimi e pesantissimi se
non vogliono imporre nuovi balzelli
per mantenere il livello qualitativo e
quantitativo dei servizi; ciò incoraggia
massimamente il cammino verso l’unione e fusione tra piccoli comuni e la
convincente richiesta di incentivazione a tale progettualità.
Gli amministratori locali devono essere
agguerriti di capacità e competenza per
essere artefici della politica locale e non
adoperarsi per la conservazione del piccolo potere attraverso una “………genuflessioncella di uso, con una faccia sì
servilmente lieta e adulatoria, ……..o
venduta all’autorità despotica da me sì
caldamente aborrita”. (Vita di Vittorio
Alfieri da Asti scritta da esso – epoca terza – Cap. VIII – 1798).
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Riordino degli organismi
collegiali tecnici
Giuseppe Castronovo
Attività della Pubblica
che diverse, rispetto al passato, il rapSECONDO LE NUOVE NORME SI DEVONO
Amministrazione attraverso
porto Cittadini – Pubblica AmminiINDIVIDUARE “GLI ORGANISMI TECNICI… RITENUTI
il metodo collegiale:
strazione, stabilisce all’articolo primo
pregi e difetti.
i seguenti due principi:
INDISPENSABILI CON ATTO DELL’ORGANO DI
Il compianto Prof. M. S. Giannini
1) “l’attività amministrativa... è
DIREZIONE POLITICA RESPONSABILE” SOPPRIMENDO
anni orsono ebbe a definire la colretta da criteri di economicità, di
QUELLI NON INDIVIDUATI COME INDISPENSABILI
legialità “...una delle strutture giuefficacia...”.
ridiche dominanti della fase stori2) “la Pubblica Amministrazione
ca in cui viviamo...”1.
non può aggravare il procedimento se
nenti degli organi collegiali. Sono stati coEd infatti, in una società complessa e arnon per straordinarie e motivate esimunque gli aspetti positivi sopra illustrati
ticolata come la nostra, l’organizzazione
genze imposte dallo svolgimento dell’iche, prevalendo su quelli negativi, hanno
della Pubblica Amministrazione attraverstruttoria”.
facilitato negli anni 1960-1990 il proliferaso il metodo collegiale se da una parte ha
Una norma, questa, attraverso la quale il lere del metodo collegiale nell’organizzazione
consentito la ponderazione e la composigislatore stabilisce i due principi cardine cui
della Pubblica Amministrazione. Ma una
zione preventiva, nelle apposite sedi delideve attenersi l’operato della Pubblica Amvolta dato per definitivamente acquisito
beranti, di interessi non sempre converministrazione: economicità e celerità del
l’approdo ad un sistema democratico dei
genti, ha dall’altra conferito un sufficienprocedimento amministrativo. Ne consepubblici poteri sono emerse altre esigenze
te grado di legittimazione all’operato degue che solo esigenze straordinarie, adeguaquali la necessità di contenere la spesa pubgli stessi pubblici poteri.
tamente motivate, possono giustificare l’iblica e rendere più efficiente l’organizzazioNon v’è dubbio, inoltre, che il concorso di
stituzione di commissioni consultive che,
ne e le modalità di azione della Pubblica
più persone nell’esame e nella valutazione
in quanto destinate a inserirsi nel procediAmministrazione, adeguandola ai ritmi e ai
del medesimo fatto conduce ad una commento amministrativo, provocano inevitatempi d’azione della Pubblica Amministraposizione dei diversi interessi in gioco sicubilmente un aggravamento del procedizione, considerata comunemente l’anello
ramente più equilibrata di quanto possa famento medesimo e dei costi che la Pubblipiù debole del nostro sistema, anziché essere una sola persona.
ca Amministrazione è costretta a sostenere.
re fattore di stimolo allo sviluppo socioQuanto sopra viene confermato anche
La disposizione trova, a livello normativo,
economico del nostro paese è venuta col
dal Sandulli il quale, da parte sua, osserva
una prima pratica attuazione nell’art. 41
tempo a trasformarsi in un fattore che,
come spesso l’ordinamento ritenga “...che
della legge n. 449 del 27 dicembre 1997
complicando oltre misura la vita dei cittal’esercizio di una certa funzione possa ve(Finanziaria 1998) che attribuisce all’orgadini, ha soffocato col passar del tempo ogni
nire meglio esplicato attraverso il modo
no di direzione politica la responsabilità di
iniziativa economica. Non a caso è stato
di vedere di più individui che in base a
individuare con proprio provvedimento i
detto che la “burocrazia rappresenta per il
quello di uno solo”2
comitati, le commissioni ...ogni altro organostro sistema imprenditoriale una tassa
Un’altra considerazione ci sia consentita: rino collegiale ...ritenuti indispensabili per la
annua da 60.000 miliardi”.3
teniamo poter affermare che l’introduzione
realizzazione dei fini istituzionali dell’AmPrimi tentativi di razionalizzare
del metodo collegiale nell’organizzazione
ministrazione.
il numero degli organismi collegiali
della Pubblica Amministrazione ha sicuraLa norma in seguito viene ripresa dall’art.
operanti all'interno della Pubblica
mente rappresentato un mezzo per rag96 del Nuovo Testo Unico degli Enti LoAmministrazione.
giungere l’obiettivo di una riforma della
cali n. 267/2000 il quale individua nei
Da qui, da questa penalizzante disfunzione
Pubblica Amministrazione in senso demoConsigli Comunali e nelle Giunte, secondegli apparati pubblici, cui è stato fatto un
cratico (rectius: partecipativo). A questi che
do le rispettive competenze, i soggetti
breve cenno nel precedente paragrafo, nasce
sono gli aspetti senz’altro più favorevoli delchiamati a operare annualmente tale ril’esigenza di rinnovare dalle fondamenta la
l’istituzione collegiale fanno comunque riduzione; e ciò a differenza del su citato
Pubblica Amministrazione. È in questo
scontro alcuni difetti quali una minore raart. 41 il quale invece parlava più generinuovo clima che viene emanata la legge
pidità decisionale e un incremento delle
camente di “organo di direzione politica
241/1990 la quale, ponendo su basi giuridispese da destinare ai compensi dei comporesponsabile”.
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IL GIORNALE
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La disciplina del riordino
degli organismi collegiali contenuta
nell.’art. 18 della legge
n. 448 del 28 dicembre 2001.
La disciplina del riordino degli organismi
collegiali operanti all’interno delle Pubbliche Amministrazioni viene ora riproposta dall’art. 18 della legge n. 448 del 28
dicembre 2001 (finanziaria 2002) il quale, per quanto concerne Province e Comuni, dopo aver disposto che “ai fini del
contenimento della spesa e di maggiore
funzionalità dei servizi e delle procedure
entro centoventi giorni sono individuati
gli organismi tecnici e ad elevata specializzazione... ritenuti indispensabili con atto dell’organo di direzione politica responsabile, da sottoporre alla verifica degli organi interni di controllo” prosegue
affermando che “...gli organismi collegiali non individuati come indispensabili...
sono conseguentemente soppressi”.
Lo stesso articolo, poi, sanziona gli Enti
inadempienti comminando loro il divieto
di corrispondere alcun compenso ai componenti degli organismi collegiali che
non sono stati sottoposti, pur essendovi
assoggettati, all’apposito atto dell’organo
di direzione politica.
Il su richiamato art. 18 ha come destinatari tutti i soggetti che, quali titolari della
direzione politica dell’Ente, sono chiamati a razionalizzare le procedure amministrative dei rispettivi Enti.
La norma da un lato pone gli organi di direzione politica responsabili, cui compete
il perseguimento dei fini istituzionali dell’Ente, e dall’altro gli organi collegiali tecnici, tra i quali lo stesso organo di direzione politica è chiamato ad individuare quelli ritenuti indispensabili per la realizzazione dei propri obiettivi istituzionali.
Da notare come il legislatore, al fine di facilitare l’individuazione degli organismi
collegiali oggetto del riordino li qualifichi
con l’aggettivo “tecnici”. Infatti nei nostri
Comuni e nelle nostre Province accanto a
organismi collegiali aventi (rectius: che
dovrebbero avere) natura esclusivamente
tecnica (es.: commissione edilizia, pubblici esercizi,...) ne troviamo altri aventi natura prettamente politica quali le ComIL GIORNALE
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missioni Consiliari permanenti o speciali.
Le Commissioni del secondo gruppo sono
caratterizzate dal fatto di essere costituite
da persone scelte esclusivamente tra i componenti delle rispettive assemblee consiliari, laddove i componenti delle Commissioni del primo gruppo devono, per farne
parte, essere in possesso di specifiche competenze. Una partecipazione che prescinde
quindi dal fatto che siano o meno componenti dell’assemblea consiliare. La distinzione non è di poco rilievo ove si tenga
conto come nei Comuni e nelle Province
troviamo contemporaneamente Commissioni e dell’una e dell’altra natura.
Il dettato della norma in esame è riferito
esclusivamente agli organismi collegiali
aventi natura tecnica.
Tempi e modalità del riordino
da parte dei comuni.
Il 2° comma del più volte citato art. 18
prescrive che il provvedimento di individuazione degli organismi collegiali tecnici
venga adottato entro 120 giorni dalla data
di entrata in vigore della legge.
E poiché la legge n. 448/2001 è entrata in
vigore l’1/1/2002, il provvedimento dovrà essere necessariamente adottata entro
l’1/5/2002 pena l’automatica soppressione degli organismi collegiali tecnici già
operanti all’interno dell’Amministrazione
e il contestuale trasferimento delle rispettive funzioni al responsabile dell’ufficio
che assolve in modo preminente alle
competenze relative alle singole funzioni.
Il 3° comma stabilisce, da parte sua, una
volta scaduto il termine dell’1/5/2002 senza che il provvedimento sia stato adottato,
“...il divieto di corrispondere alcun compenso ai componenti degli organi collegiali” operanti nelle singole Amministrazioni.
Riteniamo, coordinando i due commi,
trattarsi di un termine perentorio.
Alla sanzione espressamente indicata dal
legislatore riteniamo doverne aggiungere
un’altra ben più grave: l’illegittimità (per
violazione di legge) del procedimento
amministrativo nel quale si inserisce l’attività consultiva di un collegio soppresso
ope legis, con conseguente illegittimità
del provvedimento finale.
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Ne consegue, ad esempio, che il Sindaco,
per potersi avvalere della Commissione
Edilizia anche dopo il 1° maggio 2002, dovrà entro quella data far dichiarare al Consiglio Comunale la Commissione Edilizia
organo indispensabile al raggiungimento
degli obiettivi istituzionali dell’Ente.
Esaminiamo infine il problema relativo
all’individuazione dell’organo comunale
cui compete l’adozione dell’atto di “riordino degli organismi collegiali” operanti
nei nostri Comuni.
La questione presenta qualche margine di
incertezza: mentre il T.U. n. 267/2000
parlava di “Consigli e Giunte secondo le
rispettive competenze”, l’art. 18 della legge 448/2001 parla di “organo di direzione politica responsabile”.
Riteniamo che la norma contenuta nel richiamato art. 18 vada riferita, con riferimento all’ordinamento comunale e provinciale, alle rispettive assemblee consiliari. E ciò perché per “direzione” intendiamo le attività di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo che la legge attribuisce proprio alle assemblee consiliari.4
Del resto se il Consig1io è l’organo chiamato ad approvare il bilancio dell’Ente,
ne consegue che le scelte di indirizzo
aventi come effetto l’incremento o il contenimento della spesa non potranno non
essere effettuate dallo stesso organo consiliare.
Da osservare infine come la disposizione
di cui all’art. 18 contenga una novità rispetto alle precedenti versioni e cioè che il
provvedimento di riordino va sottoposto
alla “verifica degli organi interni di controllo”
Riteniamo, trattandosi di provvedimento
finalizzato anche a contenere la spesa, che
nei nostri Comuni la verifica vada effettuata dall’organo di Revisione Contabile.
1. Così in Rivista trim. di dir. pubbli., 1961, pag. 206.
2. Così ne Il procedimento amministrativo, Giuffrè
ed., Milano, 1940, pag. 219.
3. Così Sergio Billè, Presidente della Confcommercio, in un’intervista a “Il Sole-24 Ore” del 14 febbraio 2001.
4. Così il 1° comma dell’art. 42 del T.U. n.
267/2000.
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STABILITÀ, ENTI DISSESTATI
E INCOMPATIBILITÀ DEGLI
AMMINISTRATORI LOCALI
di Alberto Cioni
RUBRICA SPECIALISTICA
SUGLI ASPETTI
Sulla G.U. n. 97 del 26 aprile è stata pubblicata la Legge 24 aprile 2002, n. 75, di
conversione del Dl 22 febbraio 2002, n. 13
recante “Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità degli Enti Locali”.
Numerose, ed in alcuni casi significative,
sono le novità introdotte in sede di conversione. Le principali riguardano:
AMMINISTRATIVOCONTABILI, FISCALI E
LEGALI CHE ATTENGONO
AL RUOLO DI REVISORE
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Esenzione anche dal canone sulla pubblicità
per le piccole insegne (art. 2-bis)
Com’è noto, l’art. 10 della Legge n. 448/01
(Legge Finanziaria 2002) aveva stabilito l’esonero dall’Imposta sulla pubblicità per le
insegne che contraddistinguono la sede
dell’impresa o i locali in cui viene svolta
l’attività, nel caso in cui tali insegne non
superino i cinque metri quadrati. Stante
l’esplicito riferimento, in tale norma, al capo I del Dlgs n. 507/93, tale esonero risultava inapplicabile nei casi in cui il Comune
interessato avesse optato, anziché per l’applicazione dell’Imposta, per il regime concessorio ed il conseguente assoggettamento
ad un canone determinato in base a tariffa,
secondo quanto stabilito all’art. 62, comma 1, del Dlgs n. 446/97.
Al fine di eliminare tale disparità, con la
modifica introdotta in sede di conversione,
l’esonero di cui trattasi è stato esteso anche
a questa fattispecie, anche se, a ben vedere
il coordinamento tra le due disposizioni
presenta alcuni punti oscuri.
- l’ultimo paragrafo del comma 6 dell’articolo in questione stabilisce che “in caso di
pluralità di insegne, l’esenzione è riconosciuta nei limiti dei cinque metri di superficie”.
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Una simile limitazione non si ritrova invece nelle disposizioni che riguardano l’esonero dall’Imposta, in riferimento alle quali,
anzi, la Circolare n. 1 dell’8 febbraio scorso del Ministero delle Finanze affermava
che “rientrano nella fattispecie in questione
anche le insegne che contraddistinguono
comunque i luoghi dove si svolge attività
d’impresa, quindi anche le sedi secondarie,
in quanto la norma non limita l’esenzione
alla sede legale o principale della stessa”. Si
tratta di una differenza voluta o casuale?
- come si collega tale disposizione, con
quanto affermato al comma 5 del medesimo articolo, ove si sancisce che “per le insegne di superficie complessiva superiore ai
cinque metri quadrati l’Imposta o il canone sono dovuti per l’intera superficie”?;
- tenuto conto che la richiamata Circolare
n. 1 del Ministero delle Finanze affermava esattamente il contrario (“la superficie
di 5 metri deve essere considerata una
franchigia da computare eventualmente
in diminuzione di una eventuale superficie superiore, per cui il tributo dovrà essere corrisposto solo sulla differenza”), tale
disposizione deve intendersi come interpretazione autentica oppure come norma
correttiva di quanto stabilito dalla Finanziaria?
Disposizioni in materia di patto di stabilità
interno per Province e Comuni (art. 3)
In sede di convenzione sono state apportate al testo originario dell’articolo quattro
modifiche tutt’altro che insignificanti, anche se non tutte di segno positivo per gli
Enti Locali:
- la prima riguarda una (opportuna) correzione di quanto stabilito dall’art. 4-bis
dell’art. 42 della Finanziaria, introdotto
appunto dal Decreto legge in questione, e
finalizzata ad evitare una inaccettabile penalizzazione per quegli Enti che hanno
provveduto ad esternalizzare propri servizi nel corso del 2000 e che quindi si trovavano la spesa corrente di tale anno inferiore alla media degli anni precedenti.
Nella nuova formulazione del primo capoverso dell’articolo in questione si afferma
che “per gli Enti che hanno esternalizzato i
servizi negli anni 1997, 1998, 1999 e
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2000, la spesa corrente per l’anno 2000,
relativa a tali servizi, è convenzionalmente
commisurata alla spesa sostenuta nell’anno precedente l’esternalizzazione, nel caso
in cui tale spesa sia stata superiore”.
- la seconda modifica riguarda la prima
parte del secondo capoverso del medesimo articolo, laddove si stabiliva che “il
complesso delle spese correnti per l’anno
2002 deve essere altresì calcolato al netto
delle maggiori spese conseguenti a impostazioni contabili diverse rispetto all’anno 2000, relative alla gestione di servizi a
carattere imprenditoriale”.
Nonostante l’assoluta non chiarezza della
formulazione, a parere di taluni (compresi autorevoli esponenti ministeriali) la disposizione intendeva soprattutto affermare
il principio in base a cui eventuali maggiori spese per l’anno 2002, conseguenti a
modifiche nelle modalità di gestione di
servizi a carattere imprenditoriale intervenute a decorrere dal 2000, erano da considerarsi irrilevanti ai fini del rispetto delle
norme sul patto di stabilità.
Con le modifiche apportate in sede di
conversione in Legge, la norma invece appare assolutamente incomprensibile sia
nelle sue finalità che, soprattutto, nella sua
ricaduta applicativa.
Nel nuovo testo in,fatti si afferma che “il
complesso delle spese correnti per l’anno
2002 deve essere altresì, calcolato al netto
delle maggiori spese conseguenti a impostazioni contabili determinate sulla media
degli anni 2000 e 2001 relative alla gestione dei servizi a carattere imprenditoriale a decorrere dall’anno 2003” (?!).
Ogni interpretazione logica di questa disposizione è assolutamente improponibile;
l’unica cosa chiara è che sembrerebbe applicabile solo a decorrere dal 2003 (ammesso che nel frattempo si riesca a capire
a cosa ci si riferisce), ma se così è che necessità c’era di inserirla in un Decreto legge che detta “norme urgenti per assicurare
la funzionalità degli Enti Locali”?
- la terza modifica riguarda l’eliminazione,
dal citato ultimo capoverso dell’art. 4-bis
in questione, del precedente riferimento
alle “maggiori spese rispetto all’anno
2000 derivanti da convenzioni con Enti
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pubblici o privati interamente finanziate
dai proventi delle convenzioni stesse”.
È anch’essa una modifica di cui francamente non siamo riusciti a capire la logica
e che priva di fatto i Comuni e le Province della possibilità di incrementare i propri limiti di spesa oltre i vincoli del Patto
di stabilità, senza conseguenza alcuna né
sull’ammontare della spesa pubblica complessiva, né sul livello di pressione fiscale.
Con la modifica introdotta viene infatti
meno la possibilità, per gli Enti, di utilizzare le maggiore entrate derivanti ad
esempio da contratti di sponsorizzazione
con soggetti pubblici e privati per finanziare nuove spese eccedenti i limiti del Patto. Viene cioè immotivatamente meno
una possibilità, introdotta proprio dal Decreto legge in questione, verso cui molti
Enti si stavano orientando o che altri avevano addirittura già utilizzato ai fini della
predisposizione del bilancio di previsione.
- l’ultima modifica, di segno invece positivo per gli Enti, riguarda il comma 9, secondo capoverso, dell’art. 24 della Finanziaria 2002, laddove si stabiliva che, in
caso di mancato rispetto dei limiti in materia di pagamenti per spese correnti di
cui al comma 4 di tale articolo, sarebbe
stata operata una riduzione dei trasferimenti erariali spettanti “in misura pari alla differenza tra gli obiettivi derivanti, per
lo stesso Ente, dall’osservanza del medesimo comma 4 e i risultati conseguiti”.
Con la modifica introdotta tale sanzione è
stata notevolmente ridimensionata.
La decurtazione di cui trattasi infatti si applica solo ai trasferimenti erariali di parte
corrente (quindi presumibilmente solo sul
Contributo ordinario, Contributo consolidato, Contributo perequativo per la fiscalità locale e, forse, Contributi per funzioni trasferite) e solo nel limite del 25 per
centro di tali trasferimenti.
Se si tiene conto che, con la riduzione
complessiva di tali trasferimenti disposta
dalla Finanziaria 2002 (non ultimo a seguito dell’attribuzione ai Comuni della
quota di compartecipazione al gettito Irpef), questi, per alcuni Enti, sono oramai
di entità assolutamente limitata (e quindi,
in questi casi, l’applicazione della sanzione
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riguarderà importi assolutamente modesti), mentre per altri sono praticamente ridotti a zero (ed in questi casi allora, il
mancato rispetto delle norme sul Patto
non farà scattare di fatto sanzione alcuna),
questa sperequazione di trattamento appare, a chi scrive, poco in linea con quel
“concorso al rispetto degli obblighi comunitari e dalla conseguente realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica” cui dovrebbero essere chiamati tutti gli Enti, indipendentemente da particolari situazioni
contingenti in cui qualcuno di loro potrebbe venire a trovarsi.
REVISORI DEGLI ENTI
LOCALI: IL PRINCIPIO DI
“ATTRAZIONE” SUSSISTE
SOLO SE C’È CONNESSIONE
CON L’ATTIVITÀ
PROFESSIONALE SVOLTA
di Nicola Tonveronachi
Con Risoluzione n. 56 del 27 febbraio
2002, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente riguardo alla corretta applicazione delle disposizioni previste per i
redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 47, del Tuir (Dpr. n.
917/86), ai proventi derivanti dalle attività revisore di società o enti, rese da soggetti esercenti un’attività di lavoro autonomo, confermando sostanzialmente l’orientamento già espresso con la Circolare
n. 105/2001.
Ricordiamo che, con tale ultimo provvedimento, l’Agenzia aveva chiarito che:
- se i revisori esercitano la professione di
ragionieri o dottori commercialisti, il
compenso ricevuto per l’attività di revisione dei conti viene ricondotto nell’ambito del loro reddito professionale, ex
art. 49, comma 1, del Tuir, applicandosi
in sostanza il cosiddetto principio
dell’“attrazione”.
- se invece gli stessi soggetti esercitano,
“…accanto all’attività sindacale o di revisione…”, un’altra attività professionale
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(comunque non di ragioniere o dottore
commercialista), “…nel cui oggetto possa
essere ricondotto… anche lo svolgimento
degli incarichi in discorso (sindaco o revisore dei conti)…”, anche in tal caso (come al punto precedente) il compenso percepito per l’attività di revisione dei conti è
ricondotto nell’ambito del loro reddito
professionale, ex art. 49, comma 1, del
Tuir (principio dell’“attrazione”);
- se infine tali soggetti non svolgono nessuna delle attività professionali suddette, il
compenso percepito per l’attività di revisione dei conti è considerato reddito assimilato a quello di lavoro dipendente e rientra nella disciplina di cui all’art. 47,
comma 1, lett. c-bis), del Tuir (redditi di
collaborazione coordinata e continuativa).
Coerentemente con quanto sopra riportato, con la Risoluzione in oggetto l’Agenzia
ha ribadito che “…pur tenuto conto dell’elevato grado di professionalità che innegabilmente connota l’attività dei Revisori
Contabili, …l’ufficio di revisore costituisce, per espressa previsione normativa, attività di collaborazione coordinata e continuativa, come tale produttiva di reddito
assimilato a quello di lavoro dipendente
[art. 47, lett. c-bis), del Tuir]. La riconduzione alla predetta categoria dei redditi assimilati opera a prescindere dal livello di
organizzazione impiegato nello svolgimento dell’attività”.
Peraltro, l’Agenzia ha nuovamente sottolineato che “i proventi derivanti dallo svolgimento dell’attività di revisione contabile… [possono] essere attratti nella sfera
dei redditi di lavoro autonomo, di cui all’art. 49, comma 1, del Tuir”, nel caso in
cui il revisore svolga “abitualmente un’altra attività di carattere professionale le cui
funzioni tipiche si estrinsechino anche attraverso l’attività di controllo contabile,
ovvero quando sussista comunque una
connessione oggettiva tra l’attività ci controllo contabile e la diversa attività svolta
in via abituale dal contribuente”. In conclusione, anche nel caso di attività professionali diverse da quelle di ragionieri e
dottori commercialisti, se vi è “connessione tra la funzione di revisore e l’esercizio
di una attività professionale”, i redditi pro-
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dotti dai soggetti interessati possono esser
considerati come di lavoro autonomo, ai
sensi dell’art. 49, comma 1, del Tuir.
Alcuni esempi in tal senso potrebbero essere costituiti certamente dalle figure professionali di consulente del lavoro, di tributarista e forse anche di avvocato.
D’altra parte, “il mero esercizio della funzione di Revisore Contabile non è sufficiente a legittimare, per i compensi derivanti da tale attività, una qualificazione
reddituale diversa da quella operata dall’art. 47, lett. c-bis), del Tuir”.
A proposito dell’incarico di revisore degli
Enti Locali, ricordiamo che, con la Nota n.
23744 del 17 luglio 2001 dell’ufficio territoriale di La Spezia dell’Agenzia delle Entrate, sono stati qualificati come indennità
di pubblica funzione, ex art. 47, comma 1,
lett. f), del Tuir, i compensi corrisposti al
Collegio dei revisori del Comune.
Ciò appare in profondo contrasto con
quanto sostenuto dall’Amministrazione
finanziaria, sia con la richiamata Circolare
n. 105, che con la Risoluzione n. 56 appena commentata, secondo le quali, come
detto, tali compensi devono essere considerati dal punto di vista fiscale, o come
redditi di lavoro autonomo (per i ragionieri, i dottori commercialisti e i revisori
che esercitano anche un’altra attività professionale nella quale sia riconducibile l’esercizio degli incarichi di revisore), oppure (per gli altri) come redditi derivanti da
rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa.
Il qualificare il Collegio dei Revisori come
commissione prevista dalla legge (cosa invece non riconosciuta - a torto per chi
scrive - al Nucleo di valutazione, anche ai
sensi di quanto riportato nella Risoluzione n. 172/E del 22 novembre 2000),
comporterebbe l’automatico inserimento
dei relativi compensi nell’ambito dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, senza in tal caso poter applicare il citato principio dell’attrazione.
La posizione assunta in merito dall’ufficio
spezzino dell’Agenzia delle Entrate non
convince, per una serie di motivi che proviamo a sintetizzare. Intanto, l’individuazione della casistiche alle quali ricondurre
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l’esercizio della pubblica funzione è stata
tentata, oltre che con l’enunciazione di alcune categorie nel testo della lett. f), comma 4, art. 47, del Tuir, anche con la Cm.
n. 326/E del 23 dicembre 1997 e, soprattutto, con le istruzioni al Mod. 730/98.
In tale ultimo caso, è stata qualificata come pubblica funzione anche la partecipazione a commissioni previste dalla legge o
da altra norma imperativa intendendo – a
ns. avviso – con l’espressione “previste dalla legge”, il fatto che l’istituzione di tali
commissioni sia stata stabilita da una disposizione legislativa.
Oltre alle commissioni edilizie ed a quelle
elettorali, appare difficile inserire il Collegio dei Revisori in tale categoria in quanto, per prime cosa, non è assodato che il
Collegio in questione sia configurabile come una “commissione” - visto che per i
Comuni sotto i 5.000 abitanti viene nominato un solo revisore dei conti, ai sensi
dell’art. 234, comma 3, del Tuel.
In secondo luogo, ricordiamo che la funzione del revisore, anche nell’Ente Locale,
prevede tutta una serie di attività che coincidono nella sostanza con quelle richieste nell’ambito privatistico dal codice civile e dalle leggi specifiche di riferimento
(Dlgs. n. 88/92; Legge n. 132/97), apparendo quantomeno singolare che l’esercizio delle stesse attività sia configurato pubblica funzione nell’Ente Locale e non invece anche nelle aziende private. Inoltre,
anche il commercialista che viene nominato curatore fallimentare svolge le sue
prestazioni professionali in tale ambito come pubblico ufficiale, ma per questo non
deve certo qualificare il proprio compenso
per l’attività svolta come “indennità di
pubblica funzione”.
A ns. avviso quindi, anche i compensi riconosciuti ai Revisori degli Enti Locali devono seguire le stesse specifiche riportate
nella Cm. n. 105/2001 e nella Rm. n.
56/2002, applicando così anche per questi il principio dell’attrazione e, dunque,
qualificandoli come redditi di lavoro autonomo. L’ennesimo silenzio da parte dell’Amministrazione finanziaria centrale su
tale punto ripropone dunque i rilevanti
dubbi generati dalla richiamata Nota.
IL GIORNALE
DEL REVISORE
®
Centro Studi Enti Locali
Dal 1° gennaio 2002 la Circolare
è edita anche in versione Rivista nazionale.
Per gli iscritti all’Istituto Nazionale
Revisori Contabili è riconosciuto uno
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annuo alla Rivista:
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Il Centro Studi Enti Locali S.r.l. fornisce prodotti e servizi destinati specificamente al vasto mondo degli operatori degli Enti Locali ed in particolare:
•Dal marzo 2000 pubblica ogni settimana una “Circolare di aggiornamento e approfondimento
professionale per gli operatori degli Enti Locali”, nata per consentire a chi opera nelle Amministrazioni locali di essere costantemente aggiornato su tutte le novità normative ed interpretative che possono riguardare il proprio lavoro, senza dover impiegare per questo un tempo eccessivo;
•i “Seminari di approfondimento per gli operatori degli Enti Locali”, che si prefiggono di abbinare ad un esame capillare degli aspetti normativi ed interpretativi un’ampia sezione dedicata alla risoluzione delle problematiche operative che gli operatori incontrano quotidianamente
nello svolgimento del loro lavoro;
•i “Corsi di formazione” in-house per gli enti interessati al processo di progressiva crescita del
proprio personale;
•l’attività editoriale specializzata, con la pubblicazione di opere specialistiche, di impostazione
marcatamente pratico-operativa.
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“L’IVA applicata agli Enti Locali”
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all’applicazione dell’IRAP negli Enti Locali”
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• n. ___ copie del volume “Le nuove collaborazioni coordinate e continuative negli Enti
Locali” N. Tonveronachi, F. Vegni
Prima edizione Settembre 2001, pag. 259
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Per l’acquisto della Rivista Entilocalinews e/o dei prodotti editoriali la fattura deve essere intestata a:
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P. Iva _______________________________ Tel. _____________________ Fax ________________________ E-mail _____________________________________________________ Tessera INRC n. _________________________
DISPONIBILE LO SCHEMA DI RELAZIONE DEI REVISORI AL CONTO CONSUNTIVO DEGLI ENTI LOCALI PER IL 2001
A partire dai primi giorni del mese di maggio disponibile la bozza per la Relazione dei Sindaci Revisori al Conto Consuntivo degli Enti Locali per
l'esercizio 2001, predisposta da un gruppo di collaboratori del Centro Studi Enti Locali.
Per richiedere l’invio, contrassegno, del relativo floppy disk, è sufficiente inviare il coupon a:
Centro Studi Enti Locali
Via della Costituente 15 - 56024 San Miniato (PI) - Fax 0571/469237 - E-Mail: [email protected]
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Si richiede con urgenza l’invio contrassegno di n. ____ copie del floppy disk contenente la "Relazione dei Revisori al Conto Consuntivo degli Enti Locali per l’esercizio 2001"
predisposta da codesto Centro Studi al prezzo di e 46,00 (più Iva 20 %) e e 7,75 di spese di spedizione.