Archeologia intorno al biellese: la città romana di Eporedia. Nuove

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Archeologia intorno al biellese: la città romana di Eporedia. Nuove
Archeologia intorno al biellese: la città romana di Eporedia. Nuove scoperte e
valorizzazioni.
Stefania Ratto (Soprintendenza Archeologia del Piemonte)
Museo del Territorio Biellese, 1 dicembre 2015, ore 18,00
La storia del popolamento e le vicende della conquista romana stabiliscono una
stretta connessione fra il territorio canavesano e quello biellese che, dopo la
fondazione di Eporedia nel 100 a.C., venne in parte amministrativamente attribuito
all’agro della colonia romana.
Il riallestimento della sezione archeologica del Museo P.A. Garda di Ivrea, inaugurato
nel 2013, ha rappresentato l’occasione per fare il punto sulle conoscenze relative
all’urbanistica, all’architettura e alla cultura artistica e materiale della città,
affidandone l’analisi a specialisti dei diversi ambiti, i cui studi sono confluiti nel
volume Per il Museo di Ivrea. La sezione archeologica del Museo civico P.A. Garda,
pubblicato nel 2014 a cura di A. Gabucci, L. Pejrani e S. Ratto. I risultati di tali studi,
che hanno talvolta apportato consistenti novità rispetto a interpretazioni ormai
consolidate, contribuiscono a tracciare un quadro d’insieme dello sviluppo
cronologico della città, già a partire dalle vicende del popolamento preromano, utile
anche al proseguimento delle indagini archeologiche.
Nonostante l’abbondanza di dati storici sugli
episodi bellici che condussero alla fondazione
della città, i Salassi del Canavese, oggetto di tali
campagne militari, rimangono quasi sconosciuti
dal punto di vista della cultura materiale, i reperti
ad essi riconducibili ( come le tre punte di lancia
in ferro e il puntale provenienti da Borgomasino,
gli anelloni in bronzo indossati come cavigliere o
l’erma bifronte di Pian Audi) provengono quasi
esclusivamente da ritrovamenti occasionali o da
contesti non scavati stratigraficamente e non si
ha alcuna notizia dell’esistenza di un possibile
insediamento salasso in corrispondenza dell’area
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dove sorgerà Eporedia.
Sicuramente la deduzione coloniaria fu in primo luogo
seguita dall’avvio della riorganizzazione agricola del
territorio tramite la centuriazione, che comprese un
territorio vastissimo (circa 140.000 iugeri) estendendosi a
W fino al fiume Orco, a est fino all’ Elvo e a S fino al Po.
All’imponenza di quest’opera di centuriazione è forse
legato il ruolo sociale attributo in città agli agrimensori,
che riecheggia ancora, più di un secolo dopo, nel tono
celebrativo della celebre stele del mensor L. Aebutius
Faustus, meglio nota come stele del gromatico, che
costituisce forse il più famoso dei reperti storicamente
parte delle collezioni civiche.
Anche lo sviluppo urbanistico della città fu probabilmente
pianificato, nelle linee generali, fin dall’atto della
fondazione, quando venne tracciato l’asse generatore
rappresentato dal decumano massimo, in prosecuzione
della via per Vercellae, e si stabilì la distribuzione
dell’abitato su una serie di terrazze allungate digradanti
verso l'alveo della Dora, con orientamenti che
assecondavano la morfologia del terreno divergendo in parte nei diversi quartieri. Le
tracce del primo impianto coloniario rimangono tuttavia esigue e concentrate solo
nel settore centro-orientale dell'attuale centro storico, dove alcuni sondaggi in
profondità nell’ambito di scavi estensivi (area Giardini Pubblici-Ex Hotel La SerraIstituto Bancario San Paolo) hanno portato alla luce i resti delle prime strutture,
realizzate in tecniche precarie e con funzione prevalentemente utilitaria, riferibili
all’inizio del I secolo a.C., e delle più antiche costruzioni stabili, posteriori di qualche
decennio, allineate con il decumano massimo e realizzate in materiale lapideo con
pavimentazioni in mattoni sesquipedali o cocciopesto
Agli anni 50-25 a.C. a.C. corrisponde una fase di ristrutturazione edilizia di vaste
proporzioni, che comporta il rifacimento di interi isolati cittadini, ma bisogna
attendere l’età giulio-claudia per assistere all’avvio di un vero programma di
monumentalizzazione della città che parte probabilmente dall’edificazione del
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teatro (al quale gli ultimi studi hanno attribuito alcuni frammenti architettonici
reimpiegati nella cattedrale di età ottoniana), raggiungendo il suo apice in età flaviotraianea, quando vengono edificati i principali edifici pubblici:
l’anfiteatro (che costituisce la principale evidenza monumentale eporediese e del
quale si conservano anche, ora esposti presso il Museo Garda, due rari e preziosi
elementi decorativi dell’originario arredo, due lastre in bronzo, con grandi borchie,
che rivestivano il parapetto di protezione per gli spettatori delle prime file);
i magazzini pubblici della città bassa portati alla luce durante gli scavi dell’istituto
Bancario San Paolo; un tempio sull’acropoli della città (il cui basamento è stato
individuato durante lo scavo per l’intercapedine di risanamento dell’abside della
cattedrale e identificato come pertinente a un edificio di culto grazie allo studio
delle decorazioni architettoniche e dei rivestimenti provenienti dalla demolizione).
È probabile che rientri in questo programma edilizio flavio-traianeo, che interessa
anche le infrastrutture urbane, come la pavimentazione in pietra delle strade, anche
la realizzazione del ponte sulla Dora, riemerso a più riprese e oggetto di
un’operazione di rilevazione laser scanner nel 2013, e della connessa banchina per
l’alaggio e l’attracco delle imbarcazioni. La monumentalizzazione della città sembra
giungere a compimento nei primi decenni del II secolo con la costruzione di un
secondo edificio di culto, forse un tempio dedicato a Venere, la cui esistenza è
indiziata, in mancanza di evidenze strutturali, dal ciclo di rilievi in marmo bianco con
rappresentazioni di eroti proveniente dalla collezione dei conti Perrone e
tradizionalmente, ma erroneamente, attribuito, alla decorazione del teatro.
In questa fase cronologica la vitalità della città e la probabile presenza di maestranze
specializzate provenienti dall’area centroitalica è testimoniata anche nell’ambito
dell’edilizia privata, sia nella prestigiosa decorazione pittorica della villa suburbana
“dell’anfiteatro” (edificata forse con carattere rustico nel 25/20 a.C., radicalmente
ristrutturata e abbellita con una decorazione in III stile pompeiano tra il 30 e il 50
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d.C. e ridipinta in IV stile alcuni decenni più tardi, prima che venisse demolita per
fare spazio all’anfiteatro), sia negli affreschi e nei mosaici di alcune domus urbane,
come quelle che occupavano la parte residenziale dell’isolato messo in luce durante
la costruzione dell’Ex Hotel La serra o quella rinvenuta nel corso di recenti indagini
preventive nel cortile dell’ex Istituto Cena (via S. Martino).
Proprio dalle dimore eporediesi proviene inoltre la maggior parte delle suppellettili
d’uso atte a documentare i vari aspetti del vivere quotidiano, della cucina, della
moda e dell’arredamento domestico, che integrano le informazioni ricavabili dai
materiali di provenienza funeraria, purtroppo in gran parte decontestualizzati
perché frutto di scavi degli inizi del ‘900. Fin dalle prime fasi insediative i prodotti
dell’artigianato locale si incrociano con quelli d’importazione, documentando
l’apertura della città a diversi circuito di traffico commerciale e l’esistenza di
un’ampia clientela cittadina aperta anche alla ricezione delle innovazioni.
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