L`ItaliaelaFiat,addioancheaUmberto

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L`ItaliaelaFiat,addioancheaUmberto
Con "I Classici dell’Arte", "La Grande Poesia", CD "Rock Generation", "Le grandi firme" e 7,10; "La biblioteca del sapere", "I Grandi Film in Dvd" e 14,10; "Gli stipendi degli italiani" e 6,60; in Triveneto con "AutoExpress" e 1,30. In Liguria e nelle province di TO, NO, VB, AO, MN, CR, SO con La Gazzetta dello Sport e 1,20.
F O N D A T O
SABATO
29 MAGGIO 2004
EURO 1,20*
(con Io Donna)
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Belgio e 1,85; Brasile R$ 4,00; CZ Kcs. 56; SK Slov. Kr. 69; Cipro L. 1,20; Danimarca Kr. 15; Egitto USD 2,20;
Finlandia e 2,00; Francia e 1,85; Germania e 1,85; Grecia e 1,60; Irlanda e 2,00; Libano LL. 3,50; Lux e
1,85; Malta Mtl. 0,53; Monaco e 1,85; Norvegia Kr. 16; Olanda e 1,85; Polonia Pln. 8,40; Portogallo Cont. e
1,20/Isole e 1,40; Romania Lei 55.000; Slovenia SIT 280; Spagna-Baleari e 1,20 Canarie e 1,40; Svezia Kr. 18;
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N E L
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ANNO 129
N. 127
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Oggi i funerali a Torino. Il Papa: ho pregato per lui. Ciampi: il Paese gli è grato. Morchio garante della continuità
L’ItaliaelaFiat,addioancheaUmberto
Agnelli è morto 16 mesi dopo l’Avvocato, ha guidato il rilancio del gruppo
Umberto Agnelli è morto giovedì notte a Torino, stroncato da un tumore al polmone diagnosticato pochi mesi fa. Aveva 69 anni (era nato a Losanna il primo novembre 1934) e da poco più di
un anno era presidente della Fiat, dove aveva preso il posto di suo fratello Giovanni, l’Avvocato, spirato nel gennaio 2003. I funerali si svolgeranno oggi.
ORGOGLIO DI CADETTO
di ENZO BIAGI
Qualcuno l’aveva battezzata «la nuova famiglia reale»: se n’è andato anche Umberto, forse
l’ultimo superstite di un
mondo che fu. Mi telefonò «l’Avvocato» poco
tempo prima della fine,
per dirmi che dovevamo
vederci e che doveva dirmi cose importanti. Ora
penso che, forse, mi
avrebbe parlato del fratello. Una volta chiesi al
«Dottore» se era per lui
un orgoglio o un peso il
fatto che Gianni lo avesse indicato come suo successore. Fu esplicito:
«Se arriverò a questo posto, sarà certamente una
ragione di orgoglio».
Lo hanno definito in
tanti modi: Time lo aveva chiamato «l’altro
Agnelli» o anche «il numero 2»; Umberto
Agnelli era una persona
garbata, riservata, poco
portata alla mondanità.
Lavoratore instancabile,
praticava lo sci e il nuoto, leggeva testi di economia e di saggistica, gli
piaceva l’arte moderna
ed era appassionato di
calcio: è stato un ottimo
presidente della Juventus.
Le sue proposte, in
passato, suscitarono clamorosi e scandalizzati
commenti: quando suggerì la svalutazione della lira (poi per ben due
volte ne ridussero il valore) e quando affermò
che, per ridare vigore alle aziende, bisognava anche ricorrere ai licenziamenti. E così fu, non solo alla Fiat. Gli chiesi
che cosa vuol dire essere
un Agnelli. «Ha un significato molto importante: l’obiettivo principale
è educare i propri figli,
fargli capire che è difficile costruire le cose; io
mi auguro di convincerli
che il loro primo dovere
è di non demolire quello
che gli altri hanno fatto». Gli domandai chi,
tra i molti personaggi conosciuti, lo aveva in qualche modo suggestionato
di più. Mi disse: «Forse
ho ammirato John Kennedy. Ha rappresentato
moltissimo per i giovani
del mondo: l’idea della
Nuova Frontiera, in
quel momento, aveva un
grande significato». Gli
chiesi poi perché era entrato in politica, e con i
democristiani. Mi spiegò: «Era di moda l’eurocomunismo e anche molti rappresentanti della
borghesia seguivano con
interesse e con fiducia
quelle proposte. La Dc,
che di colpe indubbiamente ne aveva parecchie, era il centro di attacchi indiscriminati.
Per questo mi sono candidato e ho scoperto che
i colleghi in Parlamento
erano migliori di quello
che pensavo; ma viviamo in una Repubblica
partitocratica e, quindi,
diventa difficile esprimersi. Tra i politici venivo considerato un industriale, tra gli industriali
un politico. Quando mi
sono presentato alle elezioni, in alcuni circoli si
è pensato che fossi mosso da vanità, invece io lo
intendevo come un servizio. Quelle critiche mi
hanno fatto male».
Si sa che Gianni, in
gioventù, si è lasciato andare anche a qualche
piacevolezza e alle fatuità dell’esistenza; in una
delle poche interviste
che indulgono al personale, Umberto confida:
«Devo forse sciupare i
miei anni migliori con
ballerine o attrici? La sera, quando torno a casa,
voglio trovare la moglie
e deve essere un tipo
senza grilli per il capo».
Un temperamento di ferro. Gianni e Umberto
Agnelli sono stati legati
da un profondo attaccamento: «Il mio unico affetto, da piccolo, è stato
Gianni, il mio fratello
maggiore» confidava
Umberto a Oriana Fallaci. «Anche i bambini ricchi possono essere soli e
infelici».
R Il dolore. La notizia della morte di Umberto
Agnelli, ennesimo lutto della dinastia imprenditoriale più famosa del Paese, è stata accolta con tristezza e cordoGALATERI
glio a Torino e in tutto il resto
«HA DATO PIU’ d’Italia. Papa Giovanni Paolo
II ne ha ricordato «il generoso
DI QUANTO
impegno umano e professionaHA RICEVUTO» le», mentre il presidente della
Repubblica Carlo Azeglio CiamU A pagina 4 Polato pi, in un messaggio alla famiglia anche a nome della moglie
Franca, ha scritto che «l’Italia
gli è grata per l’impegno nel rilancio della Fiat».
R L’impegno. Umberto Agnelli, nel breve periodo passato alla guida della Fiat, aveva avviato il
risanamento del gruppo automobilistico in crisi,
scegliendo i manager che ora avranno il compito
di portare a termine l’opera di rilancio, primo fra
tutti l’amministratore delegato Giuseppe Morchio.
U Da pagina 2 a pagina 9
Agnoli, Bagnoli, Bocconi, Gerevini, Rizzo
Per due giorni saranno cancellati metà dei voli sulla capitale
Bush a Roma, l’altolà di Pisanu
«Gravi minacce, no ai violenti»
LUI E IL FRATELLO
Sempre uniti
da un abisso
LUI E L’AZIENDA
Una fabbrica
e il suo futuro
LUI E TORINO
Destino e ansia
di un’ex capitale
di GIAN ANTONIO STELLA
di MASSIMO MUCCHETTI
di ALDO CAZZULLO
«Umbertino sedeva rispettoso
in cima a una seggiola, come un
manuale di buona creanza, facendo discorsi di esasperante
buonsenso, perfetto nel suo abito di tela nocciola, nella sua camicia comprata in Bond Street,
nella sua cravatta che definiva
vivace per via di qualche macchiolina di verde...». Era divertita e stupefatta, Oriana Fallaci. Non riusciva a capacitarsi,
in quel 1959 in cui intervistava
per l'Europeo il futuro presidente della Fiat e la sua promessa
sposa, come potessero quei due
ragazzi così giovani, belli, ricchi, cresciuti tra St. Moritz e
Forte dei Marmi, essere «così
perbenino» che la loro storia si
sarebbe potuta «raccontare alle monache».
Con la scomparsa di Umberto Agnelli si chiude il Novecento della Fiat, architrave
dell'Italia industriale, e si
apre un periodo di incertezza
che ruota attorno a una domanda: il Paese ha bisogno di
una Fiat, ma i suoi storici azionisti possono dire altrettanto? Il Novecento è stato il secolo dell'auto e l'auto ha dato
per tanti anni ricchezza e potere al grande gruppo di Torino e uno status ineguagliato a
chi ne deteneva il controllo.
Giovanni Agnelli ne era così
consapevole da rifiutare le offerte della DaimlerChrysler,
disposta a pagare una somma
assai cospicua per avere la
Fiat Auto.
TORINO — «Povera famiglia». Il pensionato viene da Villar Perosa, una fabbrica una tenuta un cimitero, dove Umberto
Agnelli sarà sepolto oggi, nella
tomba in cima alla collina. Riposerà sotto suo figlio Giovanni Alberto, ucciso dalla stessa malattia a 33 anni, e suo nipote Edoardo, caduto a 45 anni da un viadotto della Torino-Savona; vicino alla zia Aniceta detta Tina,
morta di parto a 39 anni, al fratello Giorgio, spentosi a 36 anni,
alla nonna Clara, consumata da
uno strano male; di fronte a sua
madre Virginia, morta a 46 anni
in un incidente stradale, a suo
padre Edoardo, ucciso a 35 anni
dall’elica di un aereo Fiat, e a
suo fratello Giovanni, portato
qui appena 16 mesi fa.
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ROMA — Al congresso
di Forza Italia, il ministro
dell’Interno non usa mezzi termini e parla delle
giornate difficili per l’ordine pubblico che si aprono con la festa del 2 giugno e proseguono il 4 e 5
con la visita a Roma del
presidente Bush. «Si profilano minacce gravi che
ci preoccupano, ma non
ci spaventano», dice Pisanu che poi rassicura le autorità Usa: nessun pericolo per Bush né allarmi
particolari per gli attentati. I timori per un’azione
da parte dell’estremismo
islamico si sommano a
quelli di una degenerazione delle manifestazioni
di piazza. Per questo sono state prese misure di
sicurezza eccezionali.
L’interdizione dello spazio aereo della capitale
porterà alla cancellazione di almeno il 50% dei voli previsti per il 4 e il 5 giugno. Ma non è escluso il
blocco totale di atterraggi e decolli a Fiumicino.
U A pagina 11
IN PRIMO PIANO
L'AMBASCIATORE USA SEMBLER
«I nostri Paesi mai così vicini
Bandiere della pace? È la libertà»
ROMA — «Le relazioni tra Italia
e Stati Uniti non sono mai state così
strette — dice al Corriere l’ambasciatore
americano a Roma, Mel Sembler —.
Prodi invita ad appendere le bandiere
della pace? È un’espressione di libertà.
Certo meglio che avere disordini».
U A pagina 10 M. Caprara
LA PREPARAZIONE DEL 2 GIUGNO
In parata i mezzi più moderni
Messaggio di Ciampi sull’unità
Il 2 giugno, in via dei Fori Imperiali
a Roma, sfileranno i mezzi più moderni
dell’arsenale militare italiano, dai nuovi
caccia Eurofighter agli aerei senza
pilota Mirach. Ciampi rivolgerà
agli italiani un messaggio tv: «Il Paese,
nonostante tutto, è saldo e coeso».
U A pagina 10 Breda e Nese
Martirano e Sarzanini
Sfida agli alleati: con il 51% avrei già tagliato le tasse. Follini: prima il governo, poi Forza Italia
Berlusconi: sempre la fiducia sulle leggi chiave
GIANNELLI
Berlusconi: fiducia sulle leggi chiave, con l’opposizione niente dialogo. E agli alleati: «Con il 51% avrei già tagliato le tasse». La risposta di Follini. U Pagg. 14 e 15
040529CO001NACS
SETTE GIORNI
di Francesco
Verderami
PATTI E CONTRATTI
COSI’ MARCO
PROVOCA I POLI
Marco
Pannella
non
vorrebbe più
sentirsi dire
che è l’uomo
delle
battaglie solitarie, «perché
non faccio che proporre
dei contratti politici ai
miei interlocutori». Ma
ogni volta l’intesa non si
compie. Accadeva ieri
con Silvio Berlusconi, che
ha abiurato al credo
liberale. Accade oggi con
il Triciclo di
centrosinistra, che ha
smarrito il sentiero
riformista. Così, dopo
una breve fase di
corteggiamento, è rimasto
lo scapolo di sempre.
CONTINUA A PAGINA 16
Le accuse: «Ci ha tradito». Prandelli nuovo allenatore. Totti: sono tranquillo, la società va avanti
Capello alla Juve, esplode l’ira dei tifosi giallorossi
ROMA — «Ci ha tradito». È l’accusa dei tifosi romanisti a Fabio Capello,
che la prossima stagione
allenerà la Juventus. Molti ricordano la vecchia dichiarazione di Capello:
«Allenare la Juve dovrebbe essere il sogno di una
vita, ma non lo è della
mia». Ora i giallorossi pensano al futuro: il presidente Sensi ha deciso di affidare la squadra a Cesare
Prandelli, l’allenatore del
Parma che ha già ricevuto
la benedizione di Francesco Totti. «Sono tranquillo — dice il capitano giallorosso —, i programmi della società vanno avanti».
U Alle pagine 44 e 45
Perrone, Petrucci
Valdiserri
40 5 2 9
BIOETICA
«Si può dire no
alla pillola
del giorno dopo»
ROMA — Il Comitato
nazionale di bioetica
ha sancito
la possibilità
per i medici
di esercitare
una sorta di obiezione
di coscienza,
rifiutandosi
di prescrivere
la pillola del giorno
dopo. Scoppia
la polemica: «Non
è la pillola abortiva,
ma solo un
contraccettivo».
U A pagina 18
De Bac e Marrone
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IN PRIMO PIANO
Corriere della Sera
LA DIVERSIFICAZIONE
SABATO 29 MAGGIO 2004
IL RAPPORTO CON LE BANCHE
Alla guida di Ifi e Ifil, Umberto Agnelli ha diversificato
le attività del gruppo nell’alimentare (Danone, Galbani,
Saint Louis), nel turismo (Club Med, Alpitour), nella
finanza (partecipazioni in Telecom e San Paolo Imi),
gestendo anche il riassetto della Rinascente.
LA CASSAFORTE
Nel maggio 2002 il gruppo ha ottenuto da
Capitalia, UniCredit, Banca Intesa e
San Paolo Imi, un prestito «convertendo»
da 3 miliardi di euro che a settembre 2005
può essere convertito in azioni Fiat
Le attività della famiglia sono controllate attraverso
la Giovanni Agnelli & C. S.a.p.a. Alla presidenza salirà
probabilmente Gianluigi Gabetti, attuale vicepresidente
dell’accomandita e dell’Ifi, presidente dell’Ifil, nonché
uomo di fiducia della famiglia torinese.
La battaglia per il futuro
al bivio delle banche
L’ A SSETTO
La «cassaforte» di famiglia
preparerà la successione
Il prestito da 3 miliardi e la scadenza fissata nel 2005
L’accordo con la General Motors e il diritto a vendere
Gabetti e Susanna Agnelli, due ipotesi
per la presidenza dell’accomandita
che riunisce gli azionisti della famiglia
se più conveniente avere piena autonomia, anche al punto
di ripensare l'investimento nell'auto.
E da accettare invece l'accordo con la General Motors,
Soltanto nel 1998, rassicurati dai bilanci sostenuti dalle
che lasciava a lui e ai suoi successori la scelta di conservare vendite della Punto e dalla rottamazione, gli Agnelli ruppeo di cedere la storica attività grazie all'ormai celebre put ro quel rapporto di ferro.
Ma non avendo né venduto l'auto né investito abbaoption. Dopo di lui, la nuova generazione dovrà rileggere il
proprio sistema di interessi, ma non è detto che questi si stanza, si sono ben presto ritrovati con i conti in rosso e
le banche sulla porta di casa: non più Mediobanca che in
leghino alle stesse ambizioni dell'Avvocato.
Umberto aveva l'età, la formazione professionale, l'espe- verità aveva segnalato il pericolo fin dal 2000, ma le otto
rienza e le relazioni per poter esercitare la leadership. Nei banche, che nel 2002 hanno erogato il prestito converten488 giorni della sua presidenza, ne ha dato più di una pro- do di 3 miliardi, un'obbligazione speciale che, nel caso di
va: quando ha sbloccato la vendita di alcune partecipazio- mancato rimborso nella seconda metà del 2005, si trasforni assai preziose come Toro e Fiat Avio e, soprattutto, merà in capitale.
La differenza, rispetto al 1998, è che questa volta agli
quando ha convinto i familiari a sottoscrivere l'aumento di
capitale della società in accomandita per azioni Giovanni Agnelli l'intervento delle banche non dispiacerebbe, anche
Agnelli & C., propedeutico alla ricapitalizzazione della se comporterebbe una certa diluizione della loro partecipaFiat. Senza queste azioni la Fiat non avrebbe avuto l'ossige- zione in Fiat: scendere dal 30 al 22% con le banche al 27% —
no per tentare la risalita. Averle decise ha il significato di questo sarebbe l'effetto teorico calcolato ai valori correnti
un'assunzione di responsabilità, anzi di un'inversione di — non sarebbe certo una tragedia, visto che le clausole del
rotta dopo il declino degli investimenti favorito dall’accor- convertendo di fatto impongono un robusto sovrapprezzo
do con la Gm, che era stato presentato come un paracadu- ai nuovi soci. Ma le banche recalcitrano. Solo Unicredito e
Sanpaolo Imi hanno cote da non aprire mai e in
minciato ad accantonare
realtà gestito come una
fondi per far fronte alla mivendita a termine.
nusvalenza che dovranno
A questo ripensamento
registrare al momento delhanno contribuito gli avla conversione. Le altre atvertimenti degli americatendono.
ni poco propensi ad accolA differenza di Mediolarsi la Fiat Auto senza
banca, che aveva la cultuun’adeguata dote. Ma
ra per acquisire partecipaquel che conta, alla fine, è
zioni e potere nei grandi
che la Fiat Auto è rimasta
gruppi, le banche italiane
alla Fiat e che la Fiat sta
recalcitrano. Nonostante
provando a risanarla. La
la riforma del 1993 le abstrada è in salita. Il Cenbia avviate sulla strada
tro ricerche, che non ha
della banca universale, la
mai smesso di funzionare,
loro anima rimane ancora
lavora a pieno ritmo e
prevalentemente coml'amministratore delegamerciale.
to Giuseppe Morchio non
Non si sentono pronte
intende ripetere gli errori
del passato quando due LINGOTTO Il quartier generale della Fiat al Lingotto di Torino a recitare una parte analoga a quella delle consorelbrevetti dell'importanza
del common rail e del multi-jet vennero ceduti alla Bosch e le tedesche. E la Fiat è una responsabilità da far tremare i
alla Fiat-Gm Powertrain anziché essere sfruttati in pro- polsi. Anche se Morchio dovesse farcela.
La famiglia Agnelli è oggi, in realtà, un agglomerato di
prio come arma competitiva. Ma la Fiat Auto, se il piano
verrà rispettato, andrà a posto nel 2006. È una traversata famiglie. Jaki Elkann, ventottenne erede di Giovanni
nel deserto con i trattori e i veicoli industriali che, a un cer- Agnelli, esprime il 31% dei voti dell'accomandita e può aspito punto, dovranno pompare denaro per turare le ultime rare alla leadership. L'accomandita, l'Ifi e l'Ifil hanno cassa
e partecipazioni liquidabili per circa 4 miliardi di euro, ma
falle della grande malata.
A dicembre, la trattativa con Gm per cancellare il put in chi ragionasse in termini di mero ritorno dell'investimento
cambio di soldi potrebbe procurare quell'ulteriore riserva difficilmente oserebbe reinvestirne nell'auto. Esistono, è
di cassa necessaria a fronteggiare eventuali sorprese del vero, case di grande successo a maggioranza familiare come Peugeot-Citroen e Bmw, ma queste non hanno perso il
mercato.
La battaglia per la sopravvivenza è dunque in pieno svol- treno degli anni Novanta. Alle banche tocca ora decidere
gimento. Grazie all'impulso che Umberto ha dato. Rimane se giocare in modo nuovo il ruolo che fu di Mediobanca acinvece aperta, se Morchio ce la farà, la questione della pro- canto agli Agnelli o se invece trovare la strada per liberarsi
spettiva che coinvolge gli assetti societari e le strategie in- del problema.
In un recente passato, quando Umberto aveva cercato
dustriali.
Giovanni e Umberto coltivavano idee diverse sul rappor- di portare Enrico Bondi alla guida della Fiat, le banche
to della famiglia con l'azienda e le banche. Giovanni ha ac- fecero valere il loro diritto di veto: volevano evitare che,
cettato di condividere il potere con Mediobanca, che ha dietro Bondi, rientrasse di nuovo nella stanza dei bottoni
più volte bloccato l'ascesa al vertice di suo fratello soste- di Torino la Mediobanca allora guidata da Vincenzo Manendo, invece, la posizione di Cesare Romiti, per anni am- ranghi. Oggi il delfino di Cuccia è in pensione. Ma la Fiat
ministratore delegato e infine presidente della Fiat. Per resta un patrimonio del Paese, prima ancora che dei suoi
l'Avvocato, Mediobanca era la banca di casa, destinataria azionisti.
Massimo Mucchetti
di una relazione privilegiata. Umberto, invece, credeva fosSEGUE DALLA PRIMA
L’azienda affidata a Morchio, il «nuovo Valletta»
Il manager che sta traghettando il gruppo verso il risanamento mentre cresce la nuova generazione degli Agnelli
di 1,8 miliardi rimane pur sempre un «buco» im- plicata che a volte lo stesso Avvocato e lo stesso
portante. E, anche se i primi mesi del 2004 con- Umberto, con il loro carisma e il loro ascendenfermano che la svolta c'è e la velocità di uscita te, faticavano a tenere insieme, ci vuole anche
dalla crisi è in accelerazione, «non parleremo di esperienza, ci vuole anche qualche anno in più.
obiettivo raggiunto fino a che non ricomparirà Non a caso, per la presidenza sia dell’accomanl'utile».
dita che dell'altra cassaforte, l'Ifi, si parla del viAgnelli era il primo a sottolinearlo. Agnelli an- cepresidente Gianluigi Gabetti, lo storico mache a questo ha pensato, e ne parlava con chi gli nager della famiglia cui Umberto aveva già affiera vicino, quando gli è stato diagnosticato il dato l'Ifil.
cancro. Sapendo benissimo quali implicazioni
Ma Giovanni Agnelli C., Ifi, Ifil, sono finanziaavesse, quali conseguenze avrebbe potuto ave- rie. Fiat, il primo gruppo industriale del Paese.
re per il gruppo, già solo l'annuncio della malat- Molto più «sensibile» ai problemi aperti dalla
tia. L'aveva tra l'altro vissuto direttasuccessione. E la vera questione è:
mente, quando, a essere colpito da
quanto sarà forte, ora, l'azionista di
un tumore, fu l'Avvocato. Incertezze, «Non parleremo di riferimento? Chi il catalizzatore? E ci
dubbi, sbandamenti, speculazioni
sarà, o l'identificazione automatica
obiettivo centrato Fiat-Agnelli è destinata a diminuire?
sui titoli. Con, però, una prima grossa differenza: dopo l'Avvocato, c'era
E che sarà del put con Gm, che va rifinché non
comunque Umberto. Nessuno sapenegoziato entro l'anno?
va se ne avrebbe davvero preso il poIl terreno per parare i primi, possicomparirà l’utile»
sto al Lingotto, molti pensavano anbili contraccolpi legati a queste incercora che si sarebbe disimpegnato
tezze, l'hanno preparato da un lato lo
dall'auto. Ma c'era. Sarebbe stato comunque il stesso Umberto e dall'altro le banche. Gli istitusuccessore. E il punto di riferimento della fami- ti di credito partner del risanamento, o almeno
glia-azionista. Sulla cui unità c'erano molti dub- alcuni, hanno già annunciato o fatto capire di esbi che però lui, da subito, ha cancellato. Dimo- sere pronti a convertire il debito Fiat in azioni.
strando di essere leader a tutti gli effetti.
Che è come mettere in guardia da eventuali
Oggi, il leader — l'ultimo — non c'è più. Altri scorribande borsistiche: attenzione, l'ombrello
forse arriveranno. Ma non c'è, tra gli Agnelli suc- c'è. Umberto, da parte sua, anche quando niencessori diretti, una generazione di mezzo. Ci so- te faceva pensare a una malattia, aveva già diseno «i ragazzi», John Elkann innanzitutto, il nipo- gnato una Fiat che potesse fare a meno di un
te-erede dell'Avvocato, o lo stesso Andrea, il fi- Agnelli presenza costante ai vertici. Soprattutglio di Umberto. E cresceranno, certo, ma oggi to dal lato gestionale.
non sono ancora trentenni: per costruire una
La conversione del prestito farebbe delle banleadership, per «governare» una famiglia com- che i nuovi soci di riferimento del Lingotto:
040529CO009NACB
«Gli ho detto: "sì, guarda, lo faccio". L’ho visto così
contento, mi ha ringraziato in un modo talmente
umano che non lo scorderò mai». Con queste parole
Umberto Agnelli aveva raccontato, lo scorso anno,
di quando aveva ceduto alle richieste del fratello Giovanni, ormai gravemente ammalato, e di aver sciolto
i suoi dubbi accettando di tornare alla guida della
Fiat. Ma Umberto era di sicuro consapevole che quella decisione significava qualcosa di più: raccogliere il
testimone di leader della dinastia Agnelli.
E così la mattina del 24 gennaio 2003, quando l’Avvocato era morto soltanto da poche ore, fu sufficiente una breve riunione della società di famiglia, la Giovanni Agnelli & C. S.a.p.a., per sancire un passaggio
senza soluzione di continuità.
Quello stesso giorno la «S.a.p.a.» (letteralmente,
«società in accomandita
per azioni») prese anche
I BANCHIERI
un’iniziativa mai assunta
dall’anno della sua creazione, il 1987, deliberando
un aumento di capitale
da 250 milioni di euro. Insomma, casa Agnelli si ricompattava intorno a Umberto, nominato presidente dell’accomandita, e lanciava al mondo esterno
«Umberto Agnelli
un segnale chiaro: quello
lascia una testimodi essere pronta a sostenenianza di grande
re con i fatti il rilancio delsenso di responsabil’auto.
lità verso la società
Sedici mesi sono passacivile e il mondo proti da allora, e parecchie coduttivo: un'eredità
se sono cambiate anche
che dovrà essere
all’interno della società di
raccolta e continuafamiglia, che ora si trova
ta». Così Giovanni
senza una guida riconoBazoli, il presidente
sciuta. Fu l’Avvocato a vodi Banca Intesa, il
lerla per creare una sorta
maggiore istituto di
di patto di sindacato, evicredito del Paese,
tando dispersioni e intruha ricordato il presisioni sgradite, e al fine di
dente della Fiat.
assicurare futuro e benes«È soprattutto nesere a tutti i discendenti
gli ultimi tempi che
del fondatore della Fiat.
ho avuto modo di
Il suo patrimonio? Doapprofondire la sua
po il riassetto portato a
conoscenza — ha agtermine l’anno scorso, la
giunto Bazoli —.
cassaforte controlla il
Ma anche in prece100% del capitale dell’Ifi e
denza avevo potuto
il 70% della francese Exor.
verificare quelle
Ha in portafoglio il 62% di
qualità di concretezIfil: che se da una parte siza sul piano operatignifica Juventus (62%),
vo e di stile e digniWorms (53%), metà della
tà sul piano umano,
Rinascente, Alpitour, e
che lo contraddiuna piccola quota di Club
stinguevano».
Med (7%) e SanPaolo-Imi
Per Enrico Salza,
(4,8%), si traduce sopratpresidente del gruptutto nel 30% della Fiat.
po bancario torineA oggi i suoi soci, i cosidse, il Sanpaolo Imi,
detti «accomandatari», ri«con Umberto
sultano essere circa un’otAgnelli se ne va uno
tantina, divisi nei vari radegli ultimi rappremi. Al termine dell’aumensentanti che hanno
to del 2003, al quale non
guidato la crescita
tutti gli azionisti hanno ridel nostro Paese.
sposto allo stesso modo,
Era un uomo speciail capitale era diviso tra
le e mi mancherà. È
gli eredi di Giovanni
una grave perdita
Agnelli (31,87%), Umberper Torino che si
to Agnelli e figli (9,92%),
trova adesso priva
Susanna (6,99%), Clara
di un importante
punto di riferimen(1,41%), Maria Sole
to».
(11,18%) e Cristiana
(0,05%), anche queste ultime con i rispettivi figli. Seguiva poi il ramo dei Nasi: gli eredi di Laura con
l’8,65%, di Giovanni con il 9,38%, di Emanuele con il
3,93%, mentre Clara Nasi con figli e nipoti possedeva
il 6,83%, e altre fiduciarie il 9,79%. Il timone è in mano
a un consiglio degli «accomandatari», una specie di
consiglio di amministrazione che l’Avvocato aveva
modellato quasi a sua discrezione, riservandosi un diritto di veto su ogni decisione. Un potere esclusivo,
modificato solo di recente a favore di un più morbido
voto determinante del presidente in caso di parità.
Proprio questo ristretto vertice negli ultimi due anni ha subito grandi rivolgimenti: scomparsi Carlo Camerana, l’Avvocato e Umberto Agnelli, usciti Paolo
Fresco e Gabriele Galateri (diventato presidente di
Mediobanca), il consiglio è ora ridotto a quattro persone: il vicepresidente, il settantanovenne Gianluigi
Gabetti, con Tiberto Brandolini d’Adda (figlio di Cristiana Agnelli, 56 anni, entrato lo scorso dicembre),
più i due «giovani»: il trentenne Alessandro Nasi e il
ventottenne John Philip Elkann, detto «Jaki». È verosimile che in prospettiva sarà su di lui, sul «delfino»
scelto dal nonno Giovanni, che si concentrerà l’attenzione in vista della successione e dell’assunzione della leadership familiare. Ma la giovane età, malgrado
le numerose esperienze fin qui accumulate, potrebbe condurre nell’immediato a una scelta transitoria,
come una sorta di tutela da parte del decano del
gruppo, Gianluigi Gabetti, ovvero il manager dei momenti più delicati, da sempre vicino alle sorti della
dinastia torinese.
Stefano Agnoli
Bazoli:unesempio
perla societàcivile
Salza:perditaperTorino
L E S TRATEGIE
MILANO — «Questa è stata la nostra storia.
Questo sarà il nostro futuro». Era una Fiat tecnicamente fallita, quella che Umberto Agnelli raccolse il 28 febbraio 2003. Zavorrata dall'auto, «la
nostra storia». E dai debiti accumulati per una
diversificazione rivelatasi suicida. Il bilancio
non era più un normale rendiconto profitti-perdite: era una voragine. Economica. Finanziaria.
E manageriale: in meno di un anno, tra luglio e
dicembre 2002, Torino aveva cambiato tre amministratori delegati. Giuseppe Morchio, lì sul
ponte di comando con Agnelli, quel 28 febbraio
2003, era il quarto. Il nuovo vertice garantiva innanzitutto una stabilità senza la quale nessun
tentativo di risanamento sarebbe stato possibile. Subito dopo, con l'azionista di nuovo impegnato in prima persona e deciso a mobilitare le
risorse della famiglia, veniva la promessa: «Rilanceremo».
Non sapevano in realtà, Agnelli e l'uomo che
aveva voluto al suo fianco, se ce l'avrebbero fatta. Messa mano, per prima cosa, ai conti, scoprirono che nemmeno la più pessimistica delle previsioni si avvicinava al vero. Non erano possibili
maquillage. E la brutale pulizia diede queste dimensioni alla voragine: 4,2 miliardi.
Un anno dopo, alla chiusura del bilancio 2003,
Agnelli e Morchio dovevano frenare chi (governo in testa) guardando i dati diceva: «La Fiat è
fuori dal tunnel». Frenavano perché, fuori dal
tunnel, la Fiat in realtà non c'era (non c'è) ancora. Il progetto di risanamento avviato dall'amministratore delegato nel luglio 2003 presentava,
sì, i primi considerevoli risultati. A partire dalla
drastica riduzione delle perdite. Ma un «rosso»
9
avrebbero il 30%, più o meno, con la famiglia intorno al 22%. Un problema? Per niente, ha sempre detto Agnelli: «I legami azionari non sono
immutabili. Non sarà un dramma se, un giorno,
non saremo più il primo azionista». Lo ha detto
da presidente Fiat. Lo pensava da molto prima:
«Un giorno diventeremo azionisti. Azionisti e
basta. Chiamati ad assolvere un ruolo fondamentale, ma non più esclusivo». Su questa convinzione, Agnelli ha costruito la «sua» Fiat. Il
cui presupposto è semplice: se un socio forte è
importante, essenziale è poi avere una gestione
altrettanto forte, affidata ai manager. Giuseppe
Morchio è stata la scelta. E si è rivelata quella
giusta. Non ha solo firmato il piano che fa sperare in una Fiat di nuovo solida. Ha creato una vera squadra. Che aveva in Agnelli il punto di riferimento sicuro. Ma che, già durante la malattia
del presidente, ha dimostrato di avere chiari i
propri compiti e di volerli mandare avanti con
ancora maggiore determinazione. Così come
Morchio, un forte dolore privato per il dramma
dell'uomo al cui fianco, da 15 mesi, lavorava alla
costruzione della «nuova Fiat», professionalmente ha fatto quel che ci si aspettava da lui:
garantire il pieno e saldo controllo dell'azienda.
Se il Lingotto non ha sbandato troppo, nell'ennesima difficile situazione, lo si deve a lui. Del
quale, non a caso, si parla come del «nuovo Valletta»: il possibile traghettatore della Fiat alla
nuova generazione Agnelli. Anche se il primo cognome della famiglia-azionista, ora, sarà
Elkann. E anche se, con buona probabilità, ci saranno le banche in cima al libro soci.
R. Po.
040529CO009NACB