tre salti in America Master and Commander Peter

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tre salti in America Master and Commander Peter
tre salti in America
Master and Commander
Peter Weir
scheda
Siamo nel 1805, la Surprise è una nave da guerra inglese in rotta nei mari del
sud, impegnata nella rincorsa di un vascello corsaro francese denominato
Acheron, le due navi incroceranno più volte le loro rotte dando vita a
sanguinose battaglie.
Uno dei motivi centrali del film è l’approfondimento dei meccanismi di
funzionamento del microcosmo rappresentato dalla nave, il cui equipaggio vive
senza nessun contatto con la realtà esterna. In questa società chiusa, sono
all’opera alcune regole inflessibili, anche se talora difficilmente comprensibili da
parte di chi la osservi dall’esterno, quali l’estrema formalità dei rapporti fra gli
ufficiali; la ferrea distinzione gerarchica fra gli addetti al comando e la ciurma,
rappresentata anche da una diversa collocazione “spaziale”, con gli alloggi del
comandante e degli ufficiali situati nella parte alta della nave e l’equipaggio
ammassato
sottocoperta;
l’impiego di un linguaggio
accentuatamente
tecnico
per descrivere le diverse
manovre necessarie e per
designare
vascello;
le
parti
del
l’imposizione
di
un rigido sistema di “premi e punizioni”, come strumento di governo della
comunità presente a bordo. Da questo punto di vista, il film insiste nel
sottolineare
fino
a
che
punto
l’identità
di
condizioni
fra
coloro
che
appartengono alla medesima comunità sia soltanto apparente, e che in realtà,
pur in uno spazio estremamente limitato e circoscritto, la Surprise rifletta una
insuperabile suddivisione in classi sociali diverse e non assimilabili l’una
all’altra. Come è confermato, fra l’altro, anche dal tragico destino dell’ufficiale
che, violando tali regole, aveva tentato di instaurare un rapporto di familiarità
e confidenza con i membri dell’equipaggio.
La nave corsara cui si rivolge l’ostinata caccia del comandante Aubrey è
simbolo di un antagonismo che non è semplicisticamente riducibile a quello di
uno sfidante, piuttosto, come si può fra l’altro evincere dal sottotitolo originale
(The far side of the world), quel vascello concentra in sé tutta la carica di
possibile alterità, lo straniero e il nemico, l’estraneo e lo stravagante, insomma
Tutto il materiale a corredo di questa e delle rassegne passate è disponibile nella sezione Cineclub del sito internet www.giovaninsieme.it
in ogni senso l’altro. In una vicenda interamente ambientata agli antipodi, e
quindi dall’altra parte del mondo, essa incarna appunto il lato lontano del
mondo, con tutto ciò che di intimamente perturbante l’alterità conduce con sé.
Ma l’aspetto più significativo è che questo altro, così funebre e minaccioso, così
misterioso e prodigioso, questo altro sbucato dal nulla, come se provenisse
direttamente dall’inferno di cui dice il suo nome, questo altro sempre capace di
sorprendere e di inquietare, del quale non si può con certezza stabilire se si è
alla caccia, o se invece si è da esso cacciati, questo altro ci abita, siamo noi
stessi. Lo si comprende dal continuo “gioco delle parti” fra le due navi, dal loro
avvicendarsi nel ruolo di inseguitrice o di inseguita, dallo sforzo di assumere
l’una la posizione dell’altra, dall’enigmatico filo che sembra collegarne le
mosse, conducendole ad incontrarsi continuamente nonostante la distesa
sconfinata dell’Oceano. E lo si comprende in maniera ancor più netta,
dall’inquadratura finale, nella quale le due navi sembrano viaggiare di
conserva, seppure separate da alcune miglia, l’una indistinguibile dall’altra,
nella prosecuzione di un duello verosimilmente destinato a riproporsi in
maniera incessante. Seppure conquistata dagli inglesi, e affidata al comando
del giovane ufficiale in seconda britannico, l’Acheron conserva un’ineliminabile
duplicità, poiché porta con sé, travestito da medico di bordo, il comandante
francese. Di conseguenza, nei due vascelli si crea una situazione di
parallelismo, perché in entrambi, sia pure per motivi diversi, risulta decisiva la
coppia costituita dal medico e dal comandante.
L’Acheron, che nella mitologia greca è il nome di uno dei quattro fiumi degli
inferi, proviene dunque, dall’oscurità dell’inferno, esprime una presenza
soprannaturale, che va ben oltre quella di una nave provvista di uno speciale
equipaggiamento. Di conseguenza, il duello ingaggiato da Aubrey va ben al di
là della semplice “sfida” fra
battelli nemici, ma assume il
carattere di un giudizio di Dio,
di uno scontro fra potenze
rivali,
fra
negativo,
tenebre,
il
fra
fra
positivo
e
il
la
e
le
Paradiso
e
il
luce
l’Inferno. Dopo il primo ingaggio in mare, Jack il “fortunato” non potrà
rinunciare a cercare un nuovo contatto con la funebre sagoma dell’Acheron,
perché è in gioco qualcosa che è evidentemente molto più importante della
guerra contro Napoleone - una guerra che, non a caso, si svolge, dall’altra
parte del mondo - e che ha invece a che vedere con se stesso.
Nel confronto con il vascello nemico, il comandante Aubrey scopre che la
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radicale alterità incarnata nell’Acheron non è che il riflesso speculare di
qualcosa che lo riguarda molto da vicino. La nave francese è il doppio della
Surprise, ne rappresenta l’ “altra faccia”, esattamente come la parte del mondo
in cui si svolge la vicenda rappresenta il “lato lontano”, rispetto al resto del
mondo, e come Stephen Maturin, il medico di bordo, è l’alter ego di Jack
Aubrey, a lui sta nel medesimo rapporto di analogia-differenza, nel quale
stanno il violino e il violoncello, gli strumenti che i due uomini suonano.
Il conflitto con l’altro non riguarda qualcosa che sia “esterno”, e che pertanto
possa a proprio piacimento essere continuato o interrotto. Si tratta invece di
un’interminabile battaglia con se stessi, dalla quale non è possibile sottrarsi, di
un combattimento che non stabilisce una volta per tutte vincitori e vinti, ma
costantemente si riapre, semplicemente spostando in avanti, rendendo ogni
volta più aspro e più duro lo scontro.
Come Aubrey, ciascuno di noi, ne sia o meno consapevole, è sempre
impegnato in mare aperto, alla caccia di qualcosa che è apparentemente al di
fuori di noi, ma in realtà appartiene a noi stessi. L’Acheronte non è solo il luogo
oscuro che ci attende alla fine del percorso. È il nostro quotidiano compagno di
viaggio. Anche quando non riusciamo a distinguerlo all’orizzonte, anche
quando la nebbia ce ne occulta la vista, esso è sempre presso di noi. L’unico
modo per non soccombere in questa battaglia, è sapere che non potremo mai
liberarcene. E che la nostra vita, nel suo insieme, non potrà essere altro che
una tenzone incessante con quel tenebroso accompagnatore che abita dentro
di noi.
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