prevenzione difetti congeniti , diagnosi prenatale
Transcript
prevenzione difetti congeniti , diagnosi prenatale
PREVENZIONE DEI DIFETTI CONGENITI E DIAGNOSI PRENATALE Dr.ssa Chiara Boschetto, specialista in ostetricia e ginecologia Dr. Umberto Colombo, specialista in ostetricia e ginecologia Dr.ssa Faustina Lalatta, specialista in genetica medica Dr. Guglielmo Zuliani, specialista in ostetricia e ginecologia CONTENUTI Prima della gravidanza L’acido folico DNA, geni e cromosomi Diagnosi prenatale delle anomalie cromosomiche Villocentesi Amniocentesi Diagnosi prenatale delle anomalie genetiche Le malattie infettive Ecografia ostetrica Ecografia 3D e 4D Ecocardiografia fetale Test di screening PRIMA DELLA GRAVIDANZA Questo opuscolo è rivolto a tutte le donne che: 1 hanno deciso di avere un figlio 2 pensano, in futuro,di avere un figlio 3 sono all’inizio della gravidanza La prevenzione dei difetti congeniti I bambini nascono quasi tutti sani (97%), ma quando si aspetta un bambino, ogni coppia si chiede: “andrà tutto bene? Sarà sano? Avrà problemi? “ Lo sappiamo : alcuni bambini, purtroppo, nascono con malattie o con malformazioni. Molto spesso questi difetti si sono realizzati prima della nascita e per questo si definiscono congeniti . Qualcosa, durante la gravidanza, ha danneggiato il bambino o gli ha impedito di svilupparsi in modo normale. Le cause dei difetti congeniti sono diverse e spesso impreviste. Alcune, però, si possono prevedere e prevenire. Per questo semplici misure preventive sono doverose : ogni donna, oggi, ha la possibilità di fare qualcosa per diminuire la probabilità di avere un bambino con un difetto congenito . La salute della mamma influenza lo sviluppo del bambino Il feto eredita il patrimonio genetico dai genitori: esso determina parte del suo aspetto fisico (per esempio il colore degli occhi e dei capelli ), del suo sviluppo mentale e anche , in parte, la sua futura salute. Il feto durante la gravidanza è però influenzato da un altro aspetto importante : l’ “ambiente” in cui si sviluppa, che è il corpo della sua mamma. Per questo lo stato di salute, l’alimentazione, le abitudini di vita e l’ambiente in cui vive sono importanti. Mentre non è possibile, per ora, modificare la costituzione genetica dei genitori per evitare malattie ereditarie, sulla componente “ambientale” possiamo fare molto. E’ questo lo scopo principale della consulenza preconcezionale. Perché prima della gravidanza Quasi tutte le donne, quando si accorgono di aspettare un bambino, cominciano a prendere precauzioni e a curare di più la propria salute. Gli organi del feto tuttavia, si formano nelle prime settimane di gravidanza, nel periodo che si chiama embrionale. Entro dieci settimane i diversi organi sono già completamente formati(il cuore entro 6 settimane, il sistema nervoso centrale entro 7 e gambe e braccia entro 9). E’ più o meno a questo punto che la mamma scopre di essere gravida : in genere , fra la sesta e l’ottava settimana, a volte anche più tardi. A quel punto, l’embrione ha già compiuto buona parte del suo percorso di sviluppo. Soprattutto, gli organi che possono essere colpiti da malformazione sono già formati, ed è tardi per evitare che si determinino danni o difetti. Ogni donna che si trova nella possibilità di iniziare una gravidanza deve pertanto pensare a preparare per il suo bambino un ambiente idoneo già prima che la gravidanza cominci. La consulenza ( preconcezionale) consiste inizialmente in un colloquio e in un controllo dello stato di salute della coppia , con l’obiettivo di • individuare l’eventuale presenza di malattie ereditarie nelle famiglie dei futuri genitori • individuare altre possibili fonti di rischio (es. mancata vaccinazione) • decidere quali esami di laboratorio effettuare • fornire alla coppia tutte le informazioni e i consigli utili sullo stile di vita in vista di una gravidanza Le alterazioni genetiche Le anomalie genetiche possono riguardare i cromosomi o i geni. ( vedi capitolo sulla diagnosi prenatale). In generale, per identificare eventuali fattori genetici familiari bisogna raccogliere l’anamnesi cioè la storia della famiglia di origine. In particolare si cerca di raccogliere i dati che riguardano malattie progressive, ritardo mentale o malformazioni in parenti vicini, abortività ripetuta oppure danni sensoriali (sordità o cecità). Questa ricerca a volte preoccupa la coppia, e può portare qualcuno a evitare questa indagine per “ non sapere”. Sapere permette di agire consapevolmente, il non sapere non elimina il problema. Le malattie materne croniche Se la donna ha una malattia cronica è indispensabile che prima di iniziare una gravidanza faccia il punto della situazione con il gruppo di medici curanti per individuare il momento più opportuno per iniziare una gravidanza ed il trattamento che sia in grado di controllare bene la malattia con il minimo rischio per lo sviluppo del bambino. Malattie croniche che richiedono attenta valutazione in gravidanza 1 Ipertensione arteriosa 2 Diabete mellito 3 Epilessia 4 Malattie cardiovascolari 5 Malattie della tiroide e del sistema endocrino 6 Lupus eritematoso sistemico o altre malattie autoimmuni 7 Malattie trombofiliche e del sistema coagulatorio 8 Nevrosi ansiose, depressive o simili 9 Malattie neurologiche 10 Malattie tumorali Uso dei farmaci I farmaci possono essere dannosi se presi in modo casuale e non controllato. Nel periodo preconcezionale e durante la gravidanza va rispettata, con maggiore attenzione del solito, la regola fondamentale di utilizzare una medicina solo se prescritta dal medico. Durante la consulenza preconcezionale la donna deve indicare al medico tutte le medicine, assunte anche occasionalmente, per farsi consigliare se e come continuare a prenderle. I farmaci potenzialmente dannosi allo sviluppo del feto sono pochi e destinati, per lo più, a malattie specifiche; il loro uso va discusso col curante. Farmaci potenzialmente dannosi durante il periodo embrionale 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Warfarina (anticoagulante usato per terapie prolungate) Acido valproico, carbamazepina, fenitoina, trimetadione (farmaci antiepilettici) Ormoni ad azione androgena (dietilstilbestriolo- in disuso-) Acido retinoico (usato per gravi forme di acne e malattie della pelle) Litio (farmaco per disturbi psichiatrici) Vitamina A, (come integratore a dosaggi giornalieri molto elevati) Farmaci chemioterapici (metotrexate, aminopeterina) Antibiotici (tetracicline, penicillamina) Tiouracile (farmaco per l’ipertiroidismo) ACE inibitori (farmaci per l’ipertensione) Altri fattori importanti da tenere sotto controllo 1 - Il peso Raggiungere e mantenere un peso equilibrato prima di iniziare la gravidanza è fondamentale: le donne sottopeso hanno maggiori rischi di avere bambini di basso peso. Le donne in sovrappeso, specie se obese, hanno un maggior rischio di complicazioni come l’aborto spontaneo, il diabete gestazionale, l’ipertensione arteriosa e difficoltà respiratorie . Anche per il bambino aumentano i rischi. È pertanto consigliabile correggere e migliorare le abitudini alimentari per raggiungere il peso ideale prima della gravidanza e tenerlo sotto controllo durante tutta la gravidanza 2- Il fumo Fumare riduce la fertilità della coppia e peggiora le condizioni generali della madre. Aumentano i rischi di aborto spontaneo e i casi di morte del bambino dopo la nascita. Inoltre i bambini nati da madri fumatrici hanno più frequentemente un peso più basso alla nascita, e questo può causare una serie di difficoltà sia nel periodo neonatale che nelle successive epoche di vita. Smettere di fumare , quindi • aumenta le possibilità di concepire un bambino • riduce il rischio di un aborto spontaneo • garantisce un miglior stato di salute generale del bambino Anche i casi di “morte in culla” risultano ridotti quando entrambi i genitori non fumano. 3 – L’ alcool L’abuso di alcool è pericoloso sempre; lo diventa maggiormente in gravidanza quando, oltre ad avere effetti nocivi sulla salute della donna, ha effetti dannosi sul feto. E’ dimostrato che un abuso di alcool è responsabile di una crescita ridotta del bambino e che può provocare disturbi del comportamento e ritardo mentale (sindrome feto-alcoolica). Anche basse quantità di alcool possono produrre effetti simili, per quanto meno gravi. Le bevande alcooliche andrebbero quindi eliminate, o il loro consumo notevolmente ridotto, ancor prima del concepimento. 4- Le droghe E’ inutile sottolineare che tutte le droghe, anche quelle definite leggere, sono assolutamente controindicate per chi desidera avere un bambino. Tutte, se assunte durante la gravidanza, possono provocare qualche alterazione dello sviluppo del feto, con possibili ripercussioni negli anni successivi alla nascita. L’ACIDO FOLICO L’acido folico è una vitamina del gruppo B , contenuta in diversi alimenti. Molti studi hanno dimostrato che se le donne assumono 0.4 milligrammi di acido folico ogni giorno, due mesi prima della gravidanza e nel primo trimestre di gestazione, vi è una riduzione del 40% di bambini affetti da difetti del tubo neurale (spina bifida ed anencefalia). Non si è ancora capito esattamente come l’acido folico agisca per prevenire i difetti del tubo neurale. Tuttavia se nell’organismo della madre, per un motivo qualsiasi, c’è una ridotta disponibilità di acido folico nel momento in cui si deve chiudere il tubo neurale, esiste la probabilità che le vertebre non si saldino in modo corretto. E’ preferibile che l’acido folico sia associato ad altre vitamine. Diversi studi sembrano dimostrare che gli effetti dell’acido folico nel prevenire altre malformazioni (ad esempio quelle del cuore, del labbro e del palato) possono essere incrementati dalla presenza di altre vitamine ( riduzione del rischio di circa il 20%). Se nella propria famiglia dovessero essere già nate persone con spina bifida, il labbro leporino o una cardiopatia congenita, è opportuno che la coppia si sottoponga ad una consulenza genetica per conoscere esattamente il suo rischio riproduttivo e la corretta supplementazione di acido folico. In conclusione ricordiamo che le misure di prevenzione riducono il rischio, ma non lo annullano mai completamente. DNA, GENI E CROMOSOMI Come abbiamo già sottolineato, fortunatamente quasi tutti i bambini nascono sani, ma 3 o 4 ogni 100 presentano un difetto congenito. I difetti congeniti sono numerosi. Alcuni, come le malformazioni e la sindrome di Down, sono molto conosciuti. Altri, come le malattie ereditarie sono meno conosciuti. Una parte dei difetti congeniti, come ad esempio la sindrome di Down, non è prevedibile o prevenibile. Una parte dei rischi ereditari è invece identificabile attraverso esami sul DNA della coppia di futuri genitori. Il patrimonio genetico Ogni individuo possiede un proprio patrimonio genetico (detto anche genoma) che lo rende unico e diverso da tutti gli altri. Il genoma è costituito da DNA, una molecola che ha la caratteristica di funzionare come un alfabeto. Il DNA è in grado di trasmettere messaggi che determinano la realizzazione di importanti funzioni la produzione delle proteine o il funzionamento delle cellule. Tratti di DNA di varia lunghezza, aventi ognuna specifica funzione e struttura, costituiscono i geni, le unità fondamentali dell’informazione genetica. Il DNA spiralizzato costituisce a sua volta i cromosomi. I cromosomi I cromosomi sono contenuti nel nucleo delle cellule. Non tutte le cellule contengono lo stesso numero di cromosomi: si distinguono le cellule somatiche, che ne contengono 46 e le cellule destinate alla riproduzione (cellula uovo o spermatozoo), dette gameti, che ne contengono 23. I cromosomi hanno aspetto e dimensioni particolari a due a due, per cui vengono ordinati in 23 coppie: all’interno di ogni coppia, un cromosoma deriva dal padre e uno dalla madre. Il cariotipo femminile normale si descrive : 46,XX Il cariotipo maschile normale si descrive : 46,XY Rappresgenintazione schematica di una cellula, del suo nucleo, di uno dei 46 cromosomi, della localizzazione su di esso dei geni e del DNA di cui sono costituiti. Con l’esame dei cromosomi NON possono essere analizzati i geni che vengono invece analizzati con le tecniche di biologia molecolare (o analisi del DNA). Molti geni possono essere studiati estraendo il DNA dalle cellule del sangue. Ogni gene possiede l’informazione per una sola proteina. Se la sequenza dell’informazione è sbagliata, la proteina non viene prodotta oppure contiene degli errori nella struttura che non le consentono di svolgere la sua funzione. In tutti e due i casi, l’organo dove si esprime questa proteina non funziona correttamente ed è causa di malattia. Come si riconoscono le alterazioni dei cromosomi? Le anomalie cromosomiche sono alterazioni occasionali del numero o della struttura dei cromosomi. La maggior parte si realizza al concepimento, senza che sia possibile una prevenzione. Il cariotipo, che viene eseguito contando e controllando la forma dei 46 cromosomi del nucleo delle cellule, consente di identificare sostanzialmente tutte le anomalie cromosomiche. Nei casi in cui si voglia eseguire questa analisi durante la gravidanza, si usano cellule della placenta (villi coriali) oppure cellule del liquido amniotico (amniociti) ottenute attraverso prelievi eseguiti da specialisti ostetrici. Queste cellule contengono il patrimonio genetico del feto. La percentuale degli errori cromosomici al concepimento, varia con il variare dell’età materna ma nessuna donna, nemmeno la più giovane, è immune da queste possibili anomalie. L’anomalia cromosomica più frequente e più nota è la trisomia 21 che causa la sindrome di Down. Cariotipo maschile caratterizzato da trisomia 21 (tre cromosomi n. 21 invece degli usuali due) La tabella riporta la frequenza della trisomia 21 al momento della villocentesi, dell’amniocentesi ed alla nascita . Come si può vedere vi è una riduzione della frequenza legata alla selezione naturale) Età materna villocentesi amniocentesi 20 25 30 31 32 33 34 35 36 37 1/700 1/600 1/400 1/395 1/380 1/370 1/290 1/170 1/150 1/120 1/1000 1/900 1/600 1/520 1/490 1/420 1/380 1/250 1/200 1/180 Nascita 1/1500 1/1300 1/900 1/700 1/670 1/625 1/450 1/380 1/300 1/270 38 39 40 41 42 43 44 45 1/80 1/60 1/50 1/40 1/35 1/25 1/20 1/10 1/120 1/100 1/80 1/60 1/45 1/30 1/25 1/20 1/200 1/150 1/100 1/70 1/50 1/35 1/30 1/25 Modificata da Milinsky A. (2004) DIAGNOSI PRENATALE DELLE ANOMALIE CROMOSOMICHE La diagnosi prenatale comprende un insieme di metodiche che consentono di identificare un eventuale difetto congenito del nascituro. In generale le anomalie cromosomiche e le malattie ereditarie vengono identificate ricorrendo alla villocentesi o all’amniocentesi e le malformazioni attraverso l’indagine ecografica. VILLOCENTESI Prelievo dei villi coriali (CVS) La VILLOCENTESI (CVS) o PRELIEVO DI VILLI CORIALI consiste nel prelievo di una piccola quantità ( 20-30 mg) di placenta (tessuto trofoblastico) mediante l’introduzione attraverso la parete dell’addome di un ago sottile che ha come bersaglio la placenta. Viene eseguita preferibilmente tra la 10^ e la 13^ settimana di gravidanza. Il prelievo è preceduto da un’ecografia per valutare la posizione e la forma dell’utero, la localizzazione placentare, le caratteristiche del sacco amniotico, la vitalità, la biometria, la morfologia del feto, l’assenza di controindicazioni al prelievo. L’introduzione dell’ago avviene secondo la tecnica “ a mano libera ecoguidata”: la punta dell’ago raggiunge la placenta in genere parallelamente al suo asse. Mediante una siringa raccordata con l’ago si eseguono alcune aspirazioni. I frammenti di placenta vengono coltivati ed analizzati dal citogenetista . Delle due linee cellulari costituenti la placenta quella detta “citotrofoblasto” , già in fase replicativa, permette una risposta in 48-72 ore, mentre quella “mesenchimale” richiede 7-9 giorni di coltura per il risultato. L’uso di entrambe le tecniche consente di raggiungere la massima affidabilità della diagnosi che è almeno del 99%. Il rischio di perdita fetale dopo villocentesi, se eseguita all’epoca corretta, da operatore esperto e con tecnica adeguata, è intorno allo 0.3%; tale valore è da sommare al rischio di abortività spontanea nella fase di gravidanza in cui si esegue la villocentesi, che è di circa il 3%. Altri rari rischi sono: il fallimento del prelievo ( <1%), il fallimento della coltura (<1%), un risultato dubbio che richieda un ulteriore accertamento citogenetico ( circa 1%). La villocentesi può essere eseguita, con particolari accorgimenti tecnici, anche nelle gravidanze multiple,solo da operatori particolarmente esperti, prelevando villi dalle diverse placente e quindi ottenendo il cariotipo di tutti i feti. La diagnosi mediante CVS permette, per la precocità dell’epoca di esecuzione, nei casi di esito patologico un intervento di interruzione della gravidanza meno invasivo e meno rischioso per la paziente. Inoltre i villi coriali rappresentano il tessuto fetale ottimale per le diagnosi genetiche (DNA). AMNIOCENTESI Amniocentesi L’AMNIOCENTESI consiste nel prelievo di liquido amniotico mediante l’introduzione di un ago sottile nella cavità amniotica per via transaddominale. In genere viene eseguita tra la 15^ e la16^ settimana. La puntura è preceduta da un esame ecografico volto ad evidenziare le caratteristiche dell’utero, della placenta e del liquido amniotico nonché vitalità, biometria, morfologia e posizione del feto. L’introduzione dell’ago avviene secondo la tecnica definita “ a mano libera ecoguidata”: cioè la punta dell’ago è condotta sotto controllo ecografico continuo fino al punto desiderato nel sacco amniotico. Si prelevano mediamente 15 cc di liquido amniotico. Le cellule fetali contenute nel liquido ( provenienti dalla desquamazione di vari tessuti fetali) sono poste in coltura e quindi analizzate dal citogenetista per ottenere la mappa cromosomica fetale. Il tempo medio per la risposta è di 10-14 giorni. Sul liquido amniotico viene inoltre dosata l’alfafetoproteina (AFP) il cui innalzamento pone il sospetto di malformazioni del sistema nervoso centrale, quali ad esempio la spina bifida, la cui diagnosi oggi è comunque ecografica. Il rischio di perdita fetale attribuibile all’amniocentesi, se eseguita con tecnica adeguata e da operatore esperto, non supera lo 0.3%. Tale valore si somma al rischio di aborto spontaneo a 16 settimane quantizzabile nell’ 1%. Altri rari rischi sono: l’amniosite ( < 0.1% dei casi ), il fallimento del prelievo ( <1%), il fallimento della coltura (<1%), un risultato dubbio che richieda ulteriore accertamento citogenetica ( < 0.3%). L’amniocentesi può essere eseguita anche nelle gravidanze multiple, prelevando liquido dai diversi sacchi amniotici e quindi ottenendo il cariotipo di tutti i feti. DIAGNOSI PRENATALE DELLE MALATTIE GENETICHE Quali malattie non si identificano con l’esame cromosomico? Come già precisato, l’esame cromosomico eseguito sui villi coriali o sugli amniociti permette di identificare solo le anomalie del numero e della struttura dei cromosomi. L’esame cromosomico non dà informazioni sul DNA, cioè la struttura dei singoli geni contenuti all’interno dei cromosomi. Per questo motivo l’analisi cromosomica non puo’ dire nulla sul rischio di avere un bambino con una malattia ereditaria dovuta a mutazione del DNA. Le malattie ereditarie sono più di 6.500. Quali sono le mutazioni del DNA più frequenti ? Da dove provengono? Noi tutti siamo portatori sani di alcune malattie genetiche. Le mutazioni vengono ereditate, insieme a tutti i caratteri genetici normali, dai propri genitori. Queste mutazioni non provocano sintomi o conseguenze per la nostra salute, ma possono costituire un fattore di rischio per la procreazione nel caso in cui il partner sia portatore della stessa malattia genetica. In questi casi può nascere un bambino malato. Le mutazioni genetiche più frequenti nella popolazione italiana sono quelle che comportano le seguenti malattie: 1 2 3 4 anemia mediterranea (o talassemia) (1/2500 nati) fibrosi cistica (o mucoviscidosi) (1/2700 nati) sindrome dell’X-fragile (o ritardo mentale legato alla X) (1/4000 maschi) sordità congenita (legata alla connessina) 1/4000 Alcune di queste mutazioni sono facili da identificare. Ad esempio i portatori sani di anemia mediterranea hanno i globuli rossi più piccoli dei non portatori e possono essere identificati con un semplice emocromo. L’identificazione dei portatori sani di anemia mediterranea avviene di fatto automaticamente per tutte le coppie. Altre mutazioni, come ad esempio quelle correlate alla fibrosi cistica, sono molto più complesse da studiare e richiedono esami specifici che possono essere eseguiti solo in particolari laboratori. Perché è importante identificare i portatori sani di malattie ereditarie? L’incontro di due portatori sani della stessa mutazione genetica comporta un rischio elevato di avere un figlio malato ( 25% ). Le due mutazioni che causano i sintomi della malattia giungono nel patrimonio genetico dell’embrione trasportate dalle cellule germinali, cioè la cellula uovo e lo spermatozoo ed impediscono l’espressione di una determinata funzione che puo’ colpire un organo, un apparato o l’intero organismo. Le malattie ereditarie sono quasi sempre molto gravi e attualmente ancora poco curabili. Se entrambi i soggetti di una coppia risultano non portatori di una determinata malattia, la loro probabilità di avere un figlio malato è praticamente nulla. Infine, se un partner è portatore e l’altro è non portatore la probabilità di malattia del figlio è molto bassa, anche se non assente. Per questo motivo è sempre utile verificare il livello di rischio della propria coppia, almeno per le malattie genetiche più frequenti. Come si eseguono le indagini per identificare le mutazioni ? In generale, per le indagini di mutazioni collegate a malattie genetiche si utilizza il DNA estratto dalle cellule del sangue, ottenute con un semplice prelievo dal braccio. Con un unico prelievo di sangue si possono eseguire diverse analisi. In alcuni casi è sufficiente eseguire un tampone buccale. Il DNA estratto dalle cellule del sangue o della mucosa della bocca viene analizzato con metodi particolari, scelti dal laboratorio sulla base dell’esperienza e delle attuali tecnologie. Si tratta di metodi molto sicuri e riproducibili con un 99% di affidabilità. Come ci si orienta per decidere se eseguire un determinato test genetico? Bisogna distinguere due diverse situazioni: 1) Presenza, nelle proprie famiglie, cioè tra i fratelli, le sorelle, gli zii o i cugini, di persone malate o portatrici sane di una malattia genetica già individuata. In questi casi la regola vuole che la coppia venga indirizzata ad un centro di genetica prima della gravidanza per avere tutte le informazioni e la precisazione della probabilità di avere figli malati e per conoscere se esistono indagini da effettuare una volta avviata una gravidanza. Queste coppie vengono definite a rischio aumentato a causa della loro storia familiare. 2) Assenza nella proprie famiglie di persone malate o portatrici sane di malattie genetiche. In questi casi i componenti della coppia vengono considerati soggetti della popolazione generale e la loro probabilità di essere portatori sani è derivata dai dati riferiti alla popolazione italiana. I seguenti dati indicano, ad esempio, la probabilità, per una persona italiana, di essere portatrice sana di una delle seguenti malattie, non avendo alcun caso in famiglia: talassemia Fibrosi cistica Sordità legata alla Connessina 26 Ritardo mentale X-fragile 1/25 1/27 1/60 1/250 (donne) Per poter valutare se sottoporsi ad un test genetico è importante conoscere, almeno a grandi linee, la malattia di cui si desidera conoscere il rischio riproduttivo e le caratteristiche del test stesso. FIBROSI CISTICA La forma grave, più nota, di Fibrosi Cistica causa problemi all’apparato respiratorio e digestivo e porta nel tempo ad una malattia polmonare cronica che conduce, a sua volta, all’ insufficienza respiratoria. La gravità della malattia polmonare è determinante rispetto alla qualità ed alla durata della vita. Infatti, la maggior parte delle persone malate muoiono proprio a causa delle complicanze polmonari. I bambini con la fibrosi cistica sono seguiti da centri clinici specialistici che prestano le cure volte a prevenire i fenomeni acuti respiratori e il cattivo assorbimento intestinale, ma tutt`ora non esiste una terapia che arresti completamente la malattia. Come abbiamo visto la frequenza dei portatori sani è relativamente elevata nella popolazione italiana ed europea, e quindi non è così raro che due genitori, entrambi portatori sani, possano incontrarsi casualmente ed avere figli malati. Il rischio per queste coppie è del 25% (1/4) ad ogni gravidanza. La fibrosi cistica è causata da numerosissime mutazioni diverse tra loro, piu’ di mille. L’indagine molecolare standard del gene CFTR permette di individuare se il soggetto è portatore di una delle mutazioni più frequenti ed importanti. La negatività del test, anche se effettuato solo su uno dei due genitori, permette di ridurre drasticamente il rischio della coppia di avere figli con questa malattia. La tabella che segue illustra la probabilità di essere portatori e di avere un figlio malato prima e dopo il test Questa probabilità va confrontata con la probabilità della popolazione generale che è di 1/3.000 circa. probabilità di essere portatore prima del test 1/27 rischio di un figlio malato prima del test 1/2700 probabilità di essere portatore dopo il test negativo ( no mutazioni gravi) 1/90 1/27 x 1/90 x ¼ 1/10000 1/90 x 1/90 x ¼ 1/32000 1/90 x ½ x 1/2 1/360 ½x½ ¼ = 25% rischio di figlio malato se un partner è negativo al test standard e uno non è testato rischio di figlio malato se due partner sono testati e negativi al test standard rischio di figlio malato se un partner è positivo e uno è negativo rischio di figlio malato se i due partner sono positivi In generale si suggerisce il test FC ad un componente della coppia. Nel caso di positività si esegue il test anche sul partner. SORDITA’ (legata a mutazioni del gene Connessina 26) Le mutazioni del gene Connessina 26 causano sordità neurosensoriale non associata ad altri segni o sintomi. La sordità da Connessina 26 rappresenta circa il 50% di tutte le forme di deficit uditivo genetico ed è caratterizzata dalla perdita dell'udito, bilaterale e isolata, che avviene sistematicamente prima dell'acquisizione del linguaggio. La perdita dell'udito può essere lieve o profonda, con variabile espressione intrafamiliare e interfamiliare. Genitori entrambi portatori sani di una mutazione del gene Connessina 26 hanno un rischio del 25% ad ogni gravidanza di avere figli con questa disabilità. La negatività del test che identifica la mutazione più frequente (35delG) permette di ridurre drasticamente il rischio della coppia di avere figli con deficit uditivo associato a mutazioni della connessina 26, anche se non lo annulla del tutto. E’ importante sottolineare che la negatività del test non esclude deficit uditivo da altra causa. RITARDO MENTALE DA SINDROME X-FRAGILE La sindrome dell'X-fragile è una delle cause più frequenti di ritardo mentale dopo la sindrome di Down ed è la più frequente tra quelle ereditarie. La prevalenza della sindrome dell’X-fragile è di circa 1/4000 nei soggetti di sesso maschile e di 1/8000 nei soggetti di sesso femminile. La prevalenza delle femmine portatrici della premutazione è di circa 1/250 e dei maschi portatori della premutazione è di circa 1/813. La sindrome comporta caratteristiche comportamentali, fisiche e intellettive note e riconoscibili. Nelle persone affette è stata individuata una mutazione del gene FMR1 (localizzato sul cromosoma sessuale X), che consiste in una ripetizione di una porzione del gene superiore a 200 volte la norma (mutazione completa). Gli individui con una ripetizione da 56 a 200 (premutazione) vengono definiti portatori sani in quanto non manifestano la malattia. Le madri portatrici della premutazione hanno una probabilità del 50% di avere figli maschi malati e del 50% di avere femmine con la mutazione completa (di queste solo la metà presenterà i sintomi della malattia) . Il test molecolare del gene FMR1 consente di individuare senza ambiguità sia lo stato di premutazione che di mutazione completa. La normalità del gene FMR1 della donna consente di escludere una sindrome dell’X Fragile nella prole. Dopo aver eseguito uno o più test genetici come cambia il rischio riproduttivo? L’assenza di mutazioni per una determinata malattia genetica riduce drasticamente la probabilità di avere un figlio con la malattia collegata all’indagine eseguita. Le malattie citate hanno la caratteristica di essere frequenti, gravi ed attualmente indagabili. In un prossimo futuro sarà offerta la possibilità diagnostica anche per altre malattie genetiche alle coppie non a rischio che desiderassero ulteriori accertamenti. Bisogna però sottolineare che le malattie genetiche sono numerosissime, più di 6.000 e che l’esclusione di alcune di esse, anche se sono le più frequenti, non consente di azzerare la probabilità di difetti congeniti alla nascita. Quando eseguire i test genetici? Il momento ideale per discutere le problematiche e quindi eseguire i test per malattie genetiche è in occasione della consulenza preconcezionale. I test possono essere opportunamente eseguiti anche all’inizio della gravidanza nel corso della pianificazione dell’iter diagnostico prenatale. Infine i test possono essere eseguiti contemporaneamente alla procedura di diagnosi prenatale ( villocentesi). Esistono posizioni ufficiali sull’uso dei test genetici? Nei precedenti paragrafi sono riportate le informazioni riguardanti le patologie genetiche più frequenti nella popolazione ( fibrosi cistica, sindrome da X fragile, sordità genetica ) e per le quali esistono test genetici validati e con alta affidabilità, che possono essere eseguiti sui futuri genitori. Generalmente questi esami sono indicati e vengono eseguiti presso le strutture sanitarie convenzionate solo per persone a rischio più elevato rispetto alla popolazione generale, essenzialmente per una storia familiare positiva. E’ comunque importante sottolineare che tali patologie sono tra le più frequenti malattie genetiche e conseguentemente è elevato il numero dei portatori sani. Per questo motivo nella realtà italiana si sta diffondendo l’uso di offrire la possibilità, anche a coppie a basso rischio, di conoscere il loro eventuale stato di portatori sani. Per le coppie a basso rischio la scelta di discutere con il proprio specialista di fiducia se eseguire o meno le indagini sul DNA rimane pertanto assolutamente soggettiva e volontaria. LE MALATTIE INFETTIVE La maggior parte delle malattie infettive, anche se contratte dalla mamma durante la gravidanza, non costituisce un problema per il nascituro; la placenta infatti svolge un ruolo straordinario di barriera “attiva” , che permette il passaggio al feto di anticorpi protettivi materni (difese immunitarie), ed impedisce la trasmissione degli agenti infettivi al compartimento fetale. In due casi tuttavia il feto può essere a rischio: 1- Alcune infezioni, come i virus dell’epatite B e C o il virus dell’HIV possono essere trasmesse dalla mamma che ne è portatrice in fase attiva, al feto durante la gravidanza o il parto. Non sono causa di anomalie congenite (difetti fisici o handicap mentali) ma comportano la nascita di un bimbo affetto da un’infezione analoga a quella della mamma. E’ pertanto fondamentale verificare nel corso della gravidanza se la mamma è affetta da tali malattie al fine di mettere in atto le opportune precauzioni. 2- Un’altra classe di infezioni contraddistinte dall’acronimo TORCH (toxoplasmosi, rosolia, CMV, Herpes virus e altri tra cui la varicella) è potenzialmente pericolosa per il feto qualora la mamma venga contagiata per la prima volta durante la gravidanza. Durante il periodo embrionale in cui avviene l’organogenesi, ovvero la formazione degli organi questo gruppo di infezioni può causare danni molto gravi al feto in caso in cui il filtro placentare non riesca ad impedire la trasmissione dell’infezione. I danni coinvolgono frequentemente il sistema nervoso centrale, le funzioni sensoriali ( la vista, l’udito )e le facoltà intellettive. Il rischio di conseguenze per il feto tende a ridursi con il passare delle settimane di gravidanza, pur essendo ancora presente nel corso del II e III trimestre di gravidanza. Gli esami del sangue, se effettuati prima della gravidanza, permettono di valutare la suscettibilità della mamma alle varie infezioni e, a seconda dei casi, mettere in atto le opportune precauzioni. Se la mamma ha già contratto tali malattie (stato immune) avrà nel sangue anticorpi in grado di proteggere il nascituro in caso di nuovo contatto durante la gravidanza e nei primi mesi di vita. In caso contrario, durante la gravidanza è opportuno verificare a intervalli regolari che la mamma non abbia contratto l’infezione. Prima della gravidanza se la mamma è suscettibile alla rosolia e alla varicella è possibile effettuare la vaccinazione almeno 1 mese prima del concepimento. Per quanto concerne la toxoplasmosi, non esiste ad oggi un vaccino ma solo norme igienico-sanitarie per ridurre il rischio di contagio: -evitare carni crude, insaccati -lavare frutta e ortaggi con amuchina o bicarbonato -lavarsi le mani dopo aver maneggiato utensili per tagliare la carne cruda -utilizzare guanti in caso di giardinaggio -evitare di occuparsi della lettiera dei gatti VACCINAZIONI Sono vivamente sconsigliate durante la gravidanza tutte le vaccinazioni con organismi vivi attenuati (ovvero vivi ma meno virulenti, come il vaccino per la rosolia e la varicella) Sono al contrario permesse e consigliabili, in presenza di fattori di rischio (da valutare di volta in volta con il proprio medico curante), le vaccinazioni da antigeni di superficie e ricombinanti (influenza e virus dell’epatite B o antitetanica). ECOGRAFIA OSTETRICA L’ECOGRAFIA è una tecnica diagnostica che consente di esplorare gli organi interni del corpo. Si avvale di onde sonore ad alta frequenza, nella fascia non udibile dall’orecchio umano (ULTRASUONI). Tali onde, prodotte dalla vibrazione di cristalli particolari (piezoelettrici) contenuti nelle sonde utilizzate per gli esami ecografici, penetrano attraverso i tessuti del corpo. I diversi tessuti, cute, sottocute , vasi , parete dell’utero il liquido amniotico ed i tessuti fetali riflettono parte di queste onde generando echi riflessi (onde di ritorno) che registrate dalla sonda vengono inviate all’unità centrale che li “decodifica” trasformandole in immagini visibili in tempo reale nel monitor dell’apparecchio. Gli ultrasuoni sono stati introdotti nella pratica clinica ormai da più di 30 anni, e non sono mai stati riportati effetti nocivi sul feto, e, nel lungo termine, sugli individui sottoposti a tale metodica durante la vita prenatale. Si ritiene pertanto che, con le apparecchiature e le procedure attualmente a disposizione, l’impiego dell’ecografia non comporta rischi per la mamma ed il nascituro. L’ecografia consente di verificare lo stato della gravidanza, l’epoca gestazionale, il numero dei feti ed in caso, il tipo di gemellarità (monocoriale o bicoriale); permette di valutare l’accrescimento fetale attraverso la misurazione di parametri biometrici (estremo cefalico, addome e femore) l’anatomia di alcuni organi fetali,i movimenti, la quantità di liquido amniotico e la posizione della placenta. Le finalità dell’esame ecografico cambiano in relazione all’epoca gestazionale. Solitamente in Italia vengono effettuate 3 ecografie nel corso della gravidanza, una in ciascun trimestre. Nel PRIMO TRIMESTRE è necessario 1 Verificare il regolare impianto nell’utero della camera gestazionale 2 Valutare la presenza, vitalità e numero degli embrioni 3 misurare il CRL (lunghezza vertice-sacro) 4 in caso di gemellarità definirne la corialità (gemelli identici o fratelli) 5 datare la gravidanza(corrispondenza rispetto alla data dell’ultimo ciclo) 6 escludere patologie delle tube e ovaie Nel SECONDO TRIMESTRE è necessario valutare: 1 l’anatomia fetale (screening delle malformazioni) 2 la biometria fetale (accrescimento fetale) 3 l’inserzione placentare 4 la quantità di liquido amniotico Nel TERZO TRIMESTRE si effettua un controllo analogo a quello eseguito nel corso del II trimestre con particolare attenzione all’accrescimento fetale, all’inserzione placentare, alla quantità di liquido amniotico ed al benessere fetale. Se possibile (posizione del feto, quantità di liquido amniotico, epoca gestazionale), l’esame ecografico dovrebbe essere completato da una valutazione anatomica, volta all’identificazione di difetti congeniti; il riscontro di tali condizioni, infatti, può essere precoce (fin dall’ecografia eseguita nel primo trimestre), ma anche tardivo, nel terzo trimestre o dopo la nascita. L’ACCURATEZZA di un esame ecografico di primo livello, nell’identificare difetti congeniti varia tra il 30-80% e dipende da molteplici fattori tra cui: l’esperienza dell’operatore, il tipo di apparecchio impiegato, l’epoca gestazionale, la posizione del feto, la quantità di liquido amniotico, lo spessore dei tessuti della parete addominale ed infine l’entità e l’epoca di comparsa del difetto anatomico. Per le caratteristiche intrinseche ed i limiti della metodica è possibile che alcune anomalie, anche maggiori, possano sfuggire ad un esame ecografico. Nelle migliori condizioni è ipotizzabile che solo metà dei difetti congeniti rilevati alla nascita possano essere identificati nel corso della vita prenatale. La rilevazioni delle anomalie minori non è un obiettivo dell’esame ecografico di routine. L’ECOGRAFIA 3D E 4D L’ecografia tridimensionale è il risultato dell’integrazione dei principi dell’ecografia bidimensionale, le scansioni ottenute secondo piani trasversali, longitudinali e obliqui vengono ricostruite tridimensionalmente attraverso l’elaborazione computerizzata in modo da riprodurre l’organo, l’arto o le parti fetali da studiare. Quando si posiziona sull’addome una sonda dedicata per questo tipo di esame e si avvia la modalità 3D/4D l’apparecchio ecografico acquisisce immediatamente il volume campione con tutti i piani di sezione , li rielabora in tempo reale ed attraverso un processo noto come “ rendering” riproduce delle immagini che sono molto simili alla realtà. La modalità 4D consente di esplorare l’aspetto tridimensionale di un organo, o del feto nel tempo, seguendo i movimenti in tempo reale. Si vedrà quindi in diretta, il feto muovere le manine, succhiarsi il dito, giocherellare con il cordone ombelicale etc. Le sonde impiegate sono in grado di acquisire circa 25 –30 fotogrammi al secondo senza movimento della sonda; ne consegue una immediatezza nella visualizzazione dei particolari tridimensionali fetali. Se il 3D è paragonabile ad una fotografia convenzionale il 4D è paragonabile ad una ripresa video L’ecografia 3D non è assolutamente un esame di routine. La sua esecuzione è piuttosto indaginosa rispetto ad una ecografia ostetrica bidimensionale, è condizionata da vari fattori che ne possono compromettere la riuscita. La posizione del feto è, ad esempio, cruciale se si vogliono ottenere immagini del volto fetale, ovvero il feto deve rivolgere il volto verso l’addome della mamma; è necessaria una certa quantità di liquido amniotico che si comporti da interfaccia per decodificare le immagini, la sua scarsità o la vicinanza con altre strutture può cearare artefatti che preoccupano i genitori; l’ecogenicità dei tessuti della donna influenza molto le qualità delle immagini che si ottengono; è talvolta possibile dover rimandare l’esame in un momento più favorevole per un’altra seduta Il suo scopo è ovviamente clinico-diagnostico come approfondimento di elevata specializzazione ed in tal caso viene impiegato come ausilio o complemento nella definizione e caratterizzazione di un difetto congenito (in caso ad esempio di difetti del viso, delle mani, dei piedi della colonna vertebrale) utilizzando la macchina in tutte le sue modalità (volume mode sezioni multiplanari e modalità trasparente) In tutti gli altri casi rappresenta più una occasione per vedere il proprio bambino nel suo percorso di sviluppo intrauterino; la ricostruzione attraverso la modalità VOLUME è una specie di calco e riproduce una vera immagine tridimensionale del viso, delle mani ecc, fornendo una lettura della superficie del bambino a contatto con il liquido amniotico permettendo ai genitori di osservarne le fattezze del volto, spiarne i movimenti, e se fortunati registrare uno sbadiglio o una smorfia. L’esame è generalmente fonte di una forte emozione per i genitori Alla luce delle conoscenze mediche attuali, l’ecografia 3D - 4D è innocua come l’ecografia bidimensionale standard. Non vengono infatti utilizzate potenze differenti, cambia solo il modo di rappresentazione dell’immagine Deve risultare tuttavia ben chiaro che, in queste circostanze, l’esame perde valore diagnostico, nel senso che non è mirato alla valutazione anatomica convenzionale di tutti gli organi fetali ed all’esclusione di eventuali difetti congeniti ECOCARDIOGRAFIA FETALE Le cardiopatie sono i più comuni difetti congeniti rilevati alla nascita, con una prevalenza nella popolazione generale compresa tra 0,8-1%. Rappresentano 1/5 di tutte le anomalie congenite, sono frequentemente associate ad anomalie cromosomiche, ad anomalie extracardiache e sono responsabili di una quota non trascurabile della mortalità perinatale ed infantile. L’inquadramento prenatale di una cardiopatia congenita permette una migliore gestione ostetrica della gravidanza, del parto ed aumenta le probabilità di sopravvivenza nei casi suscettibili di correzione chirurgica. Da queste premesse risulta evidente l’importanza di uno screening delle cardiopatie congenite durante la gravidanza. L’ECOCARDIOGRAFIA FETALE è un esame ecografico altamente specialistico ed ha lo scopo esaminare l’anatomia e la funzione del cuore fetale. Si effettua in generale con apparecchiature ad alto potere di risoluzione (dotate di M-mode, Doppler pulsato-continuo e Color Doppler opportunamente settati). La metodologia dell’esame ecocardiografico prevede l’identificazione della posizione del feto, del situs (disposizione) degli organi viscerali, dei ritorni venosi sistemici. Successivamente si procede con la valutazione vera e propria del cuore fetale, camere cardiache, connessioni atrioventricolari e ventricolo arteriose, infine con la valutazione del ritmo e dei flussi al Doppler. L’indicazione all’ecocardiografia è assoluta in caso di rischio specifico aumentato (materno o fetale), nei seguenti casi: 1 Familiarità (per sindromi genetiche o cardiopatie congenite) 2 Malattie materne; diabete, infezioni , cardiopatie, malattie autoimmuni 3 Età materna avanzata 4 Esposizione a farmaci teratogeni Indicazioni fetali: 1 sospetto di cardiopatia congenita all’esame di routine 2 Anomalie cromosomiche 3 Anomalie congenite extracardiache 4 Iposviluppo fetale 5 Gravidanze plurime da procreazione medico assistita 6 Idrope fetale (versamenti sierosi) 7 Translucenza nucale aumentata (>95 ° centile) Viene eseguita a partire dalla 12-14 settimana di gravidanza anche se prima della 18-20° settimana le sezioni del cuore non sono sufficientemente grandi per consentire una adeguata visualizzazione di tutte le strutture. Alcune cardiopatie (difetti interventricolari, difetti valvolari o patologie evolutive), per l’entità del difetto o per l’epoca di comparsa possono non essere riconosciuti nel corso della vita prenatale e rappresentano i più comuni falsi negativi dell’ecocardiografia. La precisione diagnostica dell’esame è generalmente piuttosto elevata e cresce con l’esperienza dell’operatore. TEST DI SCREENING Negli ultimi anni l’età media al concepimento è significativamente aumentata e altrettanto la prevalenza di Sindrome di Down, essendo la sua frequenza strettamente legata all’età biologica della madre al concepimento. I test di screening (translucenza nucale, duo test/bi test, screening combinato, tri test) costituiscono un gruppo di esami il cui obiettivo consiste nel formulare una stima personalizzata del rischio di un feto per anomalia cromosomica ( trisomia 21,13,18 ). Tale valutazione è il prodotto di algoritmi matematici che combinano vari fattori: età materna, parametri ecografici come la translucenza nucale e/o biochimici (ormoni placentari presenti nel sangue materno). I test di screening rispondono all’esigenza di selezionare, nella popolazione, una categoria di soggetti a rischio più elevato per una determinata condizione (sindrome di Down) a cui offrire una diagnosi prenatale invasiva. Possono essere effettuati nel I o all’inizio del II trimestre. TRASLUCENZA NUCALE Introdotta agli inizi degli anni 90’, la misurazione della translucenza nucale è rapidamente diventata il più efficace strumento di Screening della sindrome di Down nel I trimestre. Per translucenza nucale si intende il normale accumulo di fluido nei tessuti sottocutanei a livello della regione nucale del collo fetale(tra i muscoli che ricoprono la colonna cervicale e la cute fetale) che si osserva nel corso di un esame ecografico nel I trimestre. Quest’area situata e livello della nuca fetale deve essere misurata in un momento specifico e limitato della gravidanza ( tra 11 settimane + 4 giorni fino a 13 settimane + 5 giorni) da operatori esperti e con tecnica standardizzata. Quanto maggiore è lo spessore di tale regione tanto maggiore è il rischio di un’anomalia cromosomica (trisomia 21 ( sindrome di Down ) e trisomia 18 sindrome di Edwards ). Oltre alla sindrome di Down, la translucenza nucale aumentata risulta correlata ad altre condizioni patologiche : 1 altre anomalie cromosomiche (trisomia 13, e trisomia 18) 2 cardiopatie congenite 3 malformazione congenite o ernia diaframmatica, anomalie scheletriche, onfalocele e megavescica 4 e numerose sindromi genetiche (sindrome di Noonan) Come implicito nel concetto di screening, la translucenza nucale non è un esame diagnostico, ovvero non esclude la possibilità di una anomalia dei cromosomi, ma riesce ad identificare circa l’ 80% dei casi di sindrome di Down attesi in una determinata popolazione. DUO TEST – BI TEST Se ai parametri ecografici si associa un prelievo di sangue materno per il dosaggio di due ormoni feto-placentari ( PAPP-A e free-beta hCG ) la sensibilità dello screening migliora. Il dosaggio plasmatico di tali ormoni è anch’esso in relazione con il rischio di Sindrome di Down: la free-beta hCG risulta in genere aumentata in caso di anomalia cromosomica fetale, mentre la PAPP-A diminuita. L’integrazione di questi parametri (misure ecografiche e dosaggi ormonali) permette infatti di identificare il 90 % dei casi attesi di sindrome di Down; ciò significa anche che 1 feto su 10 sfugge alla diagnosi ovvero che nonostante sia affetto, il test di screening non dà un risultato di rischio aumentato ( falso negativo) Il numero di falsi positivi (falsi allarmi) è fisso e stimato al 5%. In caso di rischio aumentato, (convenzionalmente fissato a valori uguali o superiori a 1/300) vi è indicazione a procedere ad una diagnosi prenatale invasiva al fine di escludere la presenza di una anomalia dei cromosomi. La scelta di procedere o meno è però rigorosamente individuale e personale In linea generale e, indipendentemente dal valore assoluto del risultato, se lo screening è positivo la probabilità che il feto sia effettivamente affetto da sindrome di Down è circa 1/40. Lo screening del I trimestre può essere applicato con efficacia anche nella gravidanza multipla, e conserva la medesima affidabilità, inoltre la valutazione è feto-specifica, a seconda del numero di feti viene prodotta una valutazione di rischio individuale per ciascuno di essi. In conclusione si ricorda che per i test di screening: 1 La negatività riduce il rischio, ma non lo azzera 2 La positività del test non significa necessariamente che il feto sia affetto, ma che è giustificato e consigliabile eseguire una procedura diagnostica. OPZIONI E TIMING DELLA DIAGNOSTICA PRENATALE 1 NESSUNA DIAGNOSI PER SCELTA FILOSOFICA PERSONALE 2 TEST GENETICI PREGRAVIDANZA O NEL PRIMO TRIMESTRE 3 TEST DI SCREENING ( BI TEST) TRA 12 E 13 SETTIMANE 4 VILLOCENTESI TRA 11 E 13 SETTIMANE 5 AMNIOCENTESI TRA 15 E 17 SETTIMANE 6 ECOGRAFIA MORFOLOGICA TRA 19 E 21 SETTIMANE 7 ECOCARDIOGRAFIA TRA 19 E 21 SETTIMANE