gli este. splendori delle corti italiane - MCM
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gli este. splendori delle corti italiane - MCM
le Cose GLI ESTE. SPLENDORI DELLE CORTI ITALIANE Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena alla Reggia di Venaria Reale. La mostra, aperta fino al 7 luglio, ripercorre due secoli di mecenatismo e collezionismo della nobilissima dinastia. ella lunga storia della dinastia degli Este, una delle famiglie italiane regnanti più longeve dell’Ancien Régime, l’ossessione genealogica fu predominante e ricorrente. La data da prendere come riferimento per l’avvio del governo estense a Ferrara è il 1240, quando Azzo VII d’Este conquistò definitivamente la città dopo un de- D cennio di guerre locali. La dinastia, attraverso varie crisi e cambiamenti, avrebbe governato sino al 1859, quando Francesco V, ultimo duca della famiglia ormai denominata AustriaEste dopo la Restaurazione del 1815, lasciò per sempre il Ducato di Mode- Stefano Casciu* na che era stato annesso al Regno d’Italia. Nel corso di questa lunga storia possiamo considerare come esemplari due eventi, che hanno condizionato profondamente la dinastia, acuendo le attenzioni dei duchi per le ricostruzioni genealogiche, storiche o mitologiche che fossero, eventi che si riflettono anche nella struttura e nelle opere della mostra Gli Este. Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena, inaugurata nella Reggia di Venaria Reale il 7 marzo del 2014. Il primo evento al quale voglio fare riferimento è la contesa tra Este e Medici sulla precedenza alla corte imperiale. La contrapposizione tra le due casate si scatenò nel 1541 quando Ercole II d’Este, a Lucca, cavalcò alla destra dell’imperatore Carlo V e durante il banchetto gli porse la salvietta, mentre Cosimo I de’ Medici aveva cavalcato alla sua sinistra. Per tutto il Cinquecento, e forse anche oltre, la contesa tra le due famiglie, apparentemente formale ma in realtà sostanziale per gli equilibri italiani, fu aspra. Gli Este erano di più antica nobiltà ma meno ricchi e potenti; i Medici avevano un blasone più recente, legato al patriziato cittadino e quindi meno nobile, ma di certo erano più ricchi e dal 1570 furono elevati al rango granducale. I tentativi di dimostrare la precedenza estense, grazie all’antichità e alla purezza del sangue, videro in campo pubblicazioni, rivendicazioni storiche e giuridiche, ricostruzioni più o meno fantasiose, falsi epigrafici e genealogici. Su tutto brilla, per le ovvie conseguenze sulla storia letteraria italiana, l’Orlando Furioso dell’ Ariosto: nel terzo canto il poeta ricostruisce sotto forma di profezia una mirabolante genealogia estense originata da Bradamante e Ruggiero. Sono a tutti ben note le conseguenze anche figurative originate dal poema, rappresentate splendidamente in mostra, 6 ad esempio, dalla celebre Melissa di Dosso Dossi (Galleria Borghese). L’altro evento epocale per gli Este fu la ‘devoluzione’ di Ferrara del 1598. In mancanza di un erede legittimo del duca Alfonso II, e del rifiuto del papa Clemente VIII Aldobrandini di riconoscere come legittimo duca Cesare, figlio di un cugino di Alfonso ed appartenente ad un ramo della famiglia originata dall’unione non sancita da nozze tra Alfonso di Montecchio e la bellissima popolana Laura Dianti, il Papa rivendicò il feudo ferrarese, che comprendeva tutto il territorio padano sino alle valli di Comacchio. Nella notte del 31 gennaio 1598 la corte estense dovette abbandonare l’antica capitale Ferrara e trasferirsi nella più modesta Modena, feudo imperiale non rivendicabile dal Papa. Qui gli Este ricostruirono non solo una nuova capitale e una corte, ma la loro stessa immagine dinastica, fortemente compromessa dagli eventi. Le conseguenze dell’abbandono di Ferrara furono pesanti e, parlando d’arte, non si può non ricordare tra di esse la requisizione da parte del cardinale nipote Pietro Aldobrandini dei Baccanali di Tiziano, che ornavano il Camerino delle pitture di Alfonso I, il luogo più privato del Castello di Ferrara. L’arrivo a Roma dei celebri capolavori, e la successiva dispersione nel mondo passando per la corte spagnola, innescò non solo quel movimento neo-veneziano in pittura che è alla base del Barocco romano, ma anche altre reazioni a catena nell’opera di artisti europei quali Velázquez, Rubens, Poussin ed altri, fecondando molta pittura del Seicento. La mostra affronta i due secoli centrali del mecenatismo e del collezionismo estense, il Cinquecento ed il Seicento, avendo come spartiacque quel 1598 che segnò il trasferimento della corte da Ferrara a Modena. Adotta un punto di vista diverso da quello di altre rassegne dedicate in passato agli Este, poiché evidenzia la contiguità e la continuità, più che la separazione, tra le due corti ferrarese e modenese, cogliendo e sviluppando gli aspetti artistici, i temi, le iconografie che legano strettamente le due città e le due epoche dinastiche. La mostra è stata progettata partendo dalle splendide raccolte della Galleria Estense di Modena, erede delle grandi raccolte ferraresi e modenesi, più volte disperse e ricostituite. La Galleria Estense è purtroppo chiusa al pubblico dal maggio 2012 per le conseguenze del sisma che ha colpito l’Emilia. In attesa della riapertura prevista per la fine del 2014, i suoi capolavori (il suo ‘cuore estense’) ricordano al grande pubblico l’importanza di quella che è nata alla fine dell’Ottocento come la galleria di Adolfo Venturi, ma anche l’attualità della tragedia del terremoto. La Reggia di Venaria Reale, col Centro di Conservazione e Restauro che ha sede nel sito sabaudo, hanno voluto dare un contributo alla ricostruzione, offrendo il restauro di tre opere, l’Adorazione del Bambino di Dosso e Battista Dossi della Galleria Estense, e due tele di Sante Peranda e Annibale Castelli, provenienti da Mirandola e danneggiate dal sisma, tutte esposte in mostra. La mostra, che beneficia anche di importanti prestiti da musei italiani e stranieri, presenta lo sviluppo delle raccolte e degli interessi artistici della casata estense ed i principali artisti che furono al suo servizio nel periodo che va dal ducato ferrarese di Alfonso I (1505-1534) a quello modenese di Francesco II (1664-1694). I due secoli presi in esame, il Cinquecento e il Seicento, sono presentati sotto le etichet- Dosso Dossi, Melissa, 1520 ca., Roma, Galleria Borghese. Nella pagina accanto: in alto, Diego Velázquez, Ritratto di Francesco I d’Este, 1638, Galleria Estense di Modena; in basso, Cosmè Tura, Sant'Antonio da Padova, 1484-90 ca., Galleria Estense di Modena. te convenzionali del Rinascimento e del Barocco, che calzano perfettamente con i temi della mostra. Prendendo il via con un accenno alla gloriosa pittura del Quattrocento ferrarese grazie a due splendide opere di Cosmè Tura e di Ercole de’ Roberti della Galleria modenese, la mostra si addentra nella Ferrara del Cinquecento, uno dei centri più splendenti ed avanzati del Rinascimento italiano. Grazie ai duchi Alfonso I, Ercole II ed Alfonso II operarono a Ferrara artisti come Tiziano, Dosso Dossi, Garofalo, Girolamo da Carpi, Antonio Lombardo e tanti altri. I Camerini della ‘Via coperta’ del Castello di Ferrara, quello di alabastro con i rilievi all’antica del Lombardo, e quello delle pitture con i Baccanali di Tiziano, Giovanni Bellini e Dosso, sono un luogo mitico (anche perché perduto) dell’arte del Rinascimento. Più tardi, nelle ‘Stanzie Nove’ di Ercole II si radunò il meglio dell’arte ferrarese del tempo per esprimere concetti allegorici e celebrativi raffinati ed ispirati 7 all’Antichità, come si può vedere ad esempio nell’Apoteosi di Ercole del Garofalo, allusiva al duca, in prestito dalle collezioni principesche di Vaduz. In maniera analoga, anche se forse meno ovvia per il pubblico di oggi, Modena è da considerare una delle capitali del Barocco italiano, sotto il segno della magnificenza estense. Con Francesco I (nato nella nuova capitale e duca dal 1629 al 1658), la città diventò una sorta di laboratorio del Barocco. A lui si devono il nuovo immenso Palazzo Ducale, progettato secondo aggiornati modelli romani da Bartolomeo Avanzini, il teatro e la Cittadella militare (oggi perduti) e la delizia estiva di Sassuolo, ancora esistente, decorata da affreschi e stucchi barocchi di stupefacente bellezza (Jean Boulanger, Agostino Mitelli e Michelangelo Colonna ne furono i principali artefici, ma anche il Bernini contribuì da Roma con disegni per le fontane). In pochi anni l’aspetto della nuova capitale estense venne rivolu- Dosso Dossi, Giove dipinge le ali delle farfalle, Mercurio e la Virtù, 1524, da Cracovia. Sotto, Dosso Dossi, Ebbrezza, 1521-22, Modena. Nella pagina accanto, Benvenuto Tisi detto il Garofalo, Apoteosi di Ercole, 1539 ca. (da Cracovia). zionato. Nella costruzione dell’immagine di Francesco I, come principe assoluto ideale, ebbero un ruolo fondamentale i suoi due strepitosi ritratti, quello dipinto dal Velázquez a Madrid nel 1638, e soprattutto quello scolpito dal Bernini a Roma nel 1650-51 (non esposto in mostra). Ma fu anche centrale la formazione di una ricchissima raccolta di pittura, quella Galleria ducale fastosamente allestita nelle camere da parata del nuovo palazzo di Modena, che divenne presto meta obbligata come sede di una delle maggiori collezioni principesche d’Italia, celebrata da Francesco Scannelli nel Microcosmo della pittura del 1657. Nella galleria ducale modenese (dispersa nel 1746 con la vendita dei cento principali dipinti all’Elettore di Dresda, dove ancora oggi si trovano) erano accostati grandi capolavori del Cinquecento (le quattro grandi pale del Correggio, tra le quali la Notte, e opere di Tiziano, Giulio Romano, Veronese, Tintoretto, Andrea del Sarto, Holbein, Parmigianino, Annibale Carracci, Dosso Dossi e degli altri ferraresi), a dipinti moderni e contemporanei, frutto di acquisti o di commissioni (Rubens, Guido Reni, Guercino, Albani, Régnier …). Nella seconda metà del Seicento gli Este si dimostrarono ancora mecenati e collezionisti avvertiti, ma l’epoca d’oro della Modena barocca può dirsi conclusa con la fine del secolo. Sono novanta le opere esposte in mostra, tra dipinti e sculture, volumi a stampa e manoscritti (grazie allacollaborazione della Biblioteca Estense Universitaria di Modena). Tra i grandi capolavori esposti non si possono non ricordare, oltre quelli già citati, anche il Giove pittore di farfalle di Dosso Dossi 8 (Cracovia), il Ritratto di Francesco I d’Este di Velázquez (Modena), Venere Marte e amore del Guercino (Modena). Anche la civiltà musicale estense è rievocata grazie a due strumenti di eccezionale importanza, l’Arpa estense del 1581 ed il Violoncello barocco di Domenico Galli del 1691, che alludono rispettivamente ai fasti della Ferrara rinascimentale, dove operarono musicisti quali Josquin Desprez, Adriaen Willaert, Girolamo Frescobaldi, Gesualdo da Venosa, e della Modena seicentesca dove, soprattutto durante il ducato di Francesco II, si rinnovarono i fasti musicali ferraresi sotto il segno dell’oratorio, dell’opera e della musica strumentale barocca. *Soprintendente per i Beni Storici e Artistici ed Etnoantropologici per le province di Modena e Reggio Emilia. he exhibition features two centuries when the Este family’s patronage of T the arts and art collecting was at its height, namely the 16th and 17th centuries; the turning-point came in 1598 when the Este court moved from Ferrara to Modena. The exhibition highlights the contiguity and continuity of the two Ferrara and Modena courts, their artistic aspects, themes, and the iconographies that link the two cities and the two dynastic periods. The exhibition opens with splendid collections from the Galleria Estense of Modena, closed to the public since May 2012 following the aftermath of the earthquake which struck the region of Emilia. It is due to re-open at the end of 2014. The Reggia di Venaria Reale with the Centro di Conservazione e Restauro made their contribution to reconstruction by offering to restore three works, the Adoration of the Child by Dosso and Battista Dossi in the Galleria Estense, and two paintings by Sante Peranda and Annibale Castelli, from Mirandola and damaged by the ‘quake, on display at the exhibition. The exhibition presents the collections and artistic interests of the House of Este and the principal artists in its service, from the Duchy of Ferrara (Alfonso I) to the Duchy of Modena (Francesco II). Beginning with splendid fifteenth century paintings from the School of Ferrara with works by Cosmè Tura and Ercole de’ Roberti from the Modena Gallery, the exhibition then penetrates into sixteenth century paintings from the School of Ferrara, one of the most advanced centres of Italian Renaissance. Thanks to dukes Alfonso I, Ercole II and Alfonso II, artists such as Titian, Dosso Dossi, Garofalo, Girolamo da Carpi, Antonio Lombardo and others operated in Ferrara. The Chambers of Ferrara Castle, with antique reliefs by Lombardo and the chamber with paintings of Bacchanals by Titian, Giovanni Bellini and Dosso, are a legendary place (regrettably lost forever) of Renaissance art. Later on, the best of Ferrara-school art of the times was gathered together in Ercole the Second’s ‘Stanzie Nove’. Likewise, Modena can be considered 9 one of the capitals of Italian Baroque art. To Francesco I we owe the new Ducal Palace, designed by Bartolomeo Avanzini, the theatre and the military citadel (now lost) and the summer residence of Sassuolo, decorated with splendid Baroque frescoes and stuccoes. In just a few years the appearance of the new Estense capital was revolutionized. In building the image of Francesco I a fundamental role was played by two remarkable portraits, one painted by Velázquez in Madrid in 1638 and another sculpted by Bernini in Rome in 1650-51. But a central role was also played by the creation of an extensive collection of paintings in the new palace in Modena, a classic destination, being the seat of one of Italy’s greatest stately collections. In the ducal gallery in Modena (lost in 1746 following the sale of 100 of the most important paintings to the Elector of Dresden), sixteenth century works of art were placed side by side with modern and contemporary paintings. The golden age of Baroque Modena terminated at the end of the seventeenth century.