La Bibbia ha ragione

Transcript

La Bibbia ha ragione
LA BIBBIA ha ragione
ERCOLE FERRETTI
LA BIBBIA
ha ragione
COME SI PUO’ DIMOSTRARE CHE LA BIBBIA
E’ IL LIBRO CHE CONTIENE IL PROGETTO
INTELLIGENTE.
ROMA 2011
1
LA BIBBIA ha ragione
Dedico questo
lavoro
A tutti i miei
Ex alunni
E Colleghi
Dell’Istituto comprensivo
G.Garibaldi
Di Genzano di Roma.
2
LA BIBBIA ha ragione
Ringrazio:
L’Ill.mo Prof. Edmondo Coccia
- mio carissimo ex Professore
di Lettere al Liceo per la sua consulenza.
*
Il M.Rev.do
P. Carlo Cicconetti
- già Provinciale
dei PP. Carmelitani per la disponibilità
e l’incoraggiamento.
3
LA BIBBIA ha ragione
Premessa
Questo scritto parte da un’ idea pensata da tanto tempo. Prima
in modo nebuloso, quasi una domanda che restava sullo sfondo che
non riusciva a formularsi distintamente, poi, finalmente, si è
presentata nella sua chiarezza. L’idea è contenuta in questa
domanda: se la Bibbia rappresenta la fede e la scienza la realtà,
quale dei due dice la verità?
Dopo averla, letta e riflettuta per molti anni; usata per
l’insegnamento, in chiave religiosa; creduto come libro “rivelato” in
chiave fideistica, la Bibbia, alla fine, mi ha posto la domanda sulla
veridicità o meno del suo contenuto: è un libro che contiene la verità
sulla storia del mondo e dell’uomo, o è uno dei tanti libri a sfondo
storico-mitologico-religioso?
Mi sono anche chiesto che senso avesse attribuire a un libro,
certamente scritto da uomini, il titolo di libro rivelato da Dio. Come
si arriva a questa convinzione?
Se così fosse, perché Dio ha scelto questo sistema e non un altro
per farci conoscere la sua volontà e la nostra verità?
D’altra parte cosa veramente Dio vuole farci sapere: la storia di
Adamo ed Eva, la storia di Noè, quella di Mosè, o di Davide, e così
via discorrendo? Cosa vuol farci sapere? Che l’umanità è sempre
stata piena di persone particolari? In realtà, cosa c’è di rivelato in
questo libro dove incontriamo racconti al limite della mitologia,
personaggi accettabili (fino ad un certo punto) dal punto di vista
morale (secondo le categorie attuali), ad esempio Abramo, Davide;
che contiene momenti di teofanie, miracoli, situazioni ambigue e via
discorrendo… per quanto riguarda l’Antico Testamento.
Arriviamo al Nuovo Testamento tutto incentrato sull’idea di
Gesù Uomo-Dio, personalità entrambe presenti in modo autonomo e
costante in questo Essere eccezionale che dicono essere nato da una
Vergine, dice di voler salvare l’uomo dal peccato, e per questo muore
e poi risorge. Fa miracoli al limite dell’impossibile, scaccia i demoni,
ascende al cielo e manda lo Spirito Santo, terza persona della SS.ma
Trinità (mistero del Dio unico in tre Persone) per consolidare, alla
fine, il suo messaggio, con un’ istituzione umana come la Chiesa.
Alla quale mette a capo un suo Apostolo che, al momento
opportuno, invece di dire che era vero ciò che aveva detto e fatto il
maestro, lo rinnega. E questa storia va avanti da 2000 anni… con
fatti e misfatti delle istituzioni ecclesiastiche che già in molti hanno
cercato di evidenziare con o senza malizia… cito solo alcune
pubblicazioni: Vaticano spa e I Segreti del Vaticano;1 ma anche con
fatti e persone molto positive per l’intera umanità, a partire dal suo
capo Gesù Cristo.2
4
LA BIBBIA ha ragione
E allora:
Prima di tutto ho voluto appurare se questa Rivelazione è
plausibile al setaccio della scienza.
In secondo luogo appurare se il contenuto essenziale di questa
Rivelazione, la Storia della Salvezza, può far parte di un “progetto
intelligente”.3
Infine ho voluto constatare la veridicità della Rivelazione. La
Bibbia può essere veramente un libro “rivelato” che contiene davvero
la verità sulla vicenda umana o è , appunto, solo uno dei tanti libri
tra lo storico, il religioso, il simbolico?
In altre parole, ho cercato di appurare se la Bibbia è veramente
il libro che contiene la Verità. Se fosse solo uno dei tanti libri
potrebbe riguardare solo la mitologia, la cultura e la storia di un
popolo, quello ebraico, per quanto riguarda l’A.T.; la storia di Cristo
e della sua Chiesa per quanto riguarda il N.T. Nulla di più.
E di conseguenza… i suoi seguaci sarebbero coloro che fanno
una scelta di vita guidati dalla sola fede al di là della verità (chi
crede, crede che sia la verità, a prescindere); la salvezza farebbe
parte di un cammino ascetico con la finalità di rendere l’uomo
seguace di alcuni valori, magari migliori di altri, che lo aiutano a
passare questa vita illudendosi che fare il bene sia meglio che fare il
male. La Chiesa sarebbe un’ istituzione puramente umana che
baratta valori eterni con la speranza illusoria di un’eternità
inesistente…
Dalla letteratura intorno alla Bibbia non ho trovato nessun
tentativo di parlare della Bibbia come di un libro “scientifico”. A
parte Teilhard De Chardin, nei termini che dirò.
Il tema principale è provare a rispondere affermativamente alla
domanda iniziale.
Riguardo alla figura di Cristo, la letteratura è talmente ampia
che rimando alle bibliografie specializzate.
La prima risposta è: se “La Bibbia” è veramente un libro
“rivelato” e se contiene il “progetto intelligente” del Creatore, a
prescindere dalla mia fede, allora l’eternità non è una pia illusione
ma è il destino ultimo dell’umanità.
Per Bultmann, che esclude ogni possibile spiegazione razionale
della Bibbia, suppongo che il problema sia stato pressoché identico
al mio, ma con conclusione diversa. Per lui il N.T. contiene racconti
come l’Ascensione, la Pentecoste, la Resurrezione che non potendo
essere spiegati, secondo lui, né scientificamente, né razionalmente,
appartengono al “mito”. Sono veri e necessari, ma solo per la fede.
Io credo, invece, che il tentativo di interpretare la Bibbia anche
con la sola ragione sia possibile. La fede e la ragione nella Bibbia
5
LA BIBBIA ha ragione
possono coincidere. La Fede è solo il supporto del Mistero contenuto
nella Bibbia.
Ho voluto andare oltre, per vedere il risultato.
In altre parole: quando la mattina sorge il sole, sorge per tutti.
Così potrebbe essere la Bibbia: la creazione, la storia dell’uomo,
la salvezza e l’eternità riguarda tutti, non è soltanto una questione
riservata a chi ci crede.
Questo è ciò che si afferma, senza paura di essere smentiti,
quando si parla di verità scientifiche appurate come tali. Così
dovrebbe essere la Bibbia se il suo contenuto fosse vero.
Per quanto riguarda il “progetto di salvezza” che si evince come
tema di fondo dell’intero scritto, anche se fosse vero, resta sempre e
comunque la possibilità per ogni individuo, di aderirvi o meno. In tal
caso non sarebbe più un fatto privato. Apparterrebbe a chi crede e a
chi non crede.4 Sarebbe come il sole, appunto: sorge per tutti.
A chi mi ha chiesto se Dio esiste ho risposto: non è che se io
credo Dio esiste, o se non credo Dio non esiste. Se esiste, esiste a
prescindere. Spesso, infatti, si pensa che basta dire non ci credo e
come d’incanto il problema Dio sembra risolto. Questo significa
appartenere ancora al mondo del pensiero magico primitivo. Non è il
pensiero che crea o non crea Dio, non è solo questione di Fede. Dio
non è un problema soggettivo ma oggettivo.
La seconda risposta potrebbe essere che la Bibbia è un libro
come un altro.
Ne è venuto fuori questo scritto, forse non troppo sistematico,
ma essenziale, che affronta questi argomenti provando a dimostrare
che, effettivamente, la storia che ci racconta la Bibbia può avere un
suo fondamento, anche se questa “storia” non può essere intesa tutta
nel senso tradizionale di questo termine.
Proverò a dimostrare che in essa è possibile trovare il “progetto
intelligente” di un creatore, ricorrendo a concetti razionali,
scientifici, psicologici, filosofici e storici. Progetto che riguarda sia
l’universo, ma soprattutto l’uomo. L’uomo è il fine di tutta la
creazione.
Immaginate un universo di cui nessuno si interessa. E’ una
bellezza senza finalità.
Mi rendo conto che l’impresa può apparire velleitaria,
specialmente se chi scrive non può fregiarsi di nessun titolo se non
quello di una laurea in teologia e di un’altra in psicologia, senza un
percorso accademico, ma solo quello dell’insegnamento in una
scuola media statale. Non ha pubblicazioni, né ricerche a suo nome.
Pertanto chiedo scusa ai miei lettori, se ho azzardato ipotesi che
possono andare oltre le mie competenze. Il libro è pieno di citazioni
molto lunghe, specie il primo capitolo, perché Egli crede necessario
6
LA BIBBIA ha ragione
il massimo della documentazione. L’autore sarebbe grato a tutti i
suoi lettori se lo aiuteranno nel trovare altre opere a favore o contro
le sue teorie.
La domanda fondamentale, pertanto, alla quale ho cercato di
rispondere è: ciò che dice la Bibbia è vero o non è vero? E allora il
concetto definitivo, che poi è la risposta finale, può essere
riformulata in questo modo: la Bibbia è il Libro che contiene tutta la
Verità (esistenziale e non solo) sul mondo e sull’uomo. Questo è il
tentativo, ed ecco il risultato.
L’autore.
P.S. Nel libro di Dawkins (vedi nota 3) alle pagine 279-280
leggo: <<L’esempio più triste che conosco è quello del geologo
americano Kurt Wise, che ora dirige il Center for Origins Research al
Bryan College di Dayton in Tennessee. (…) Wise avrebbe potuto
benissimo soddisfare il desiderio che aveva da sempre di diventare
professore di geologia presentando domanda a una vera università il
cui motto fosse “Coltiva il pensiero critico”, anziché a un collegio che
espone nel suo sito web l’ossimoro:”Coltiva il pensiero critico e
biblico”. Avrebbe potuto, dico, perché era qualificato: si era laureato
in geologia e paleontologia (nientemeno) ad Harvard, dove aveva
studiato sotto la guida di (nientemeno) Stephen Jay Gould. Era un
giovane scienziato molto qualificato e promettente, avviato, come
desiderava, sulla strada dell’insegnamento universitario e impegnato
nella ricerca in un’università seria. Sventura volle che circostanze
non esterne, ma interne, gli sconvolgessero la mente; una mente
fatalmente minata e indebolita da una educazione religiosa
integralista la quale lo costringeva a credere che la Terra, di cui egli
si era occupato nei suoi studi geologici a Chicago e Harvard, avesse
meno di diecimila anni di età. Wise era troppo intelligente per non
riconoscere il conflitto insanabile tra religione e scienza e questo
conflitto interiore cominciò a procurargli un crescente disagio. Un
giorno, esasperato, sistemò la questione con un paio di forbici. Prese
una Bibbia, la rilesse e tagliò tutti i brani che non si accordavano con
la visione scientifica del mondo. Alla fine di quell’impresa faticosa e
spietatamente onesta, del libro rimase pochissimo:
<<Nonostante i miei sforzi, e benché i margini fossero rimasti
intatti, mi era impossibile prenderla in mano senza che si
sbriciolasse tra le dita. Dovetti scegliere tra evoluzione e Scrittura.
O la Scrittura era vera e l’evoluzione era falsa, o l’evoluzione era
vera e dovevo gettare la Bibbia… Quella notte accettai la Parola di
Dio e rifiutai tutto quello che l’avrebbe contraddetta, compresa
l’evoluzione. Così, con grande dolore, gettai alle ortiche tutti i miei
sogni e le mie speranza di scienziato. >>
7
LA BIBBIA ha ragione
A me è capitato lo stesso. E non solo a me. Non butto né la
Bibbia, né la scienza. Credo che tra le due cose non ci sia un aut aut,
ma che possano coincidere. Vorrei che il Dott. Wise un domani
potesse leggere questo scritto e riacquistare la fiducia anche nella
scienza e non essere più costretto al dilemma della scelta.
8
LA BIBBIA ha ragione
Note Premessa.
1.
NUZZI G.L., Vaticano S.P.A., Ed. Chiare Lettere, 2009. Cf.
RENDENA, CLAUDIO, L’oro del Vaticano. New Compton editori, Roma, 2010.
Alla fine del libro, p. 276, è contenuta una bibliografia nella quale si parla di
questi argomenti. Da ultimo ci mancava AUGIAS, C., I segreti del Vaticano.
Storie, luoghi, personaggi di un potere millenario, Mondadori, 2010. Questi
libri, altri e i loro autori sono stati oggetto di critiche salaci e vere, da parte del
Prof. Edmondo Coccia, mio ex professore di liceo, nel suo libro I nipotastri di
Voltaire. Fango sulla Chiesa. Ed. Fede & Cultura. 2010.
2.
Enumerarle tutte sarebbe impossibile. Pensiamo a quei campioni di
umanità verso i malati, i giovani, i carcerati, ecc. che la chiesa chiama Santi.
3.
A proposito di “progetto intelligente” e altre teorie, nel libro
“L’illusione di Dio” di Dawkins, l’autore scrive:<<Scegliendo una pagina a caso
del libro anonimo [Life: How Did It Get Here?] distribuito con tanta generosità,
troviamo la spugna Euplectella aspergillum, il “cestello di Venere”,
accompagnata da una citazione da David Attenborough, niente di meno:
”Quando osserviamo lo scheletro di spicole silicee di una spugna complessa
come il cestello di Venere, si prova un profondo stupore. Come possono
microscopiche cellule quasi indipendenti secernere insieme un milione di fili
vitrei e costruire un reticolo di tale complessità e bellezza? Non lo sappiamo”.
Gli autori della Watch Tower si affrettano a concludere il discorso a modo loro:
”Ma una cosa sappiamo: il progettista non è il caso”. Infatti: su questo siamo
d’accordo. L’improbabilità statistica di fenomeni come lo scheletro di
Euplectella è il problema centrale che qualsiasi teoria della vita deve risolvere.
Più grande è l’improbabilità statistica, meno plausibile è che la soluzione sia il
caso: questo significa <<improbabile>>. Ma le possibili soluzioni dell’enigma
dell’improbabilità non sono, come viene artatamente [deliberatamente con
inganno] lasciato credere, il progetto e il caso, bensì il progetto e la selezione
naturale. Il caso non è una soluzione, dati gli alti livelli di improbabilità che
osserviamo negli organismi viventi, e nessun biologo sano di mente ha mai
suggerito che lo fosse. Nemmeno il progetto è, come vedremo più avanti, una
vera soluzione; ma per il momento continuerò a illustrare il problema che
qualsiasi teoria della vita deve risolvere: come liberarsi del caso. (…) ribadisco: è
evidente che non è avvenuto per caso, ma il progetto intelligente non è
l’alternativa giusta. La selezione naturale non è solo una soluzione economica,
plausibile ed elegante, ma è anche l’unica alternativa concreta alla casualità che
sia mai stata formulata. Il progetto intelligente ha gli stessi identici difetti del
caso: non è una soluzione plausibile all’enigma della improbabilità statistica. Più
alta è l’improbabilità, meno plausibile diventa il progetto. A ben riflettere, il
progetto intelligente rende l’enigma doppiamente intricato, perché l’architetto
(o l’architetta) solleva immediatamente il problema impegnativo della propria
origine. Qualunque entità capace di progettare qualcosa di improbabile come
un’Aristolochia tribolata (o un universo) sarebbe giocoforza altrettanto
improbabile di un’Aristolochia tribolata. Lungi dal porre fine a un processo
vizioso, Dio lo vizia alla grande>>. In DAWKINS R., L’illusione di Dio. Le
ragioni per non credere. Trad. di Laura Serra. Ed. Oscar Mondatori, Milano,
2008, pp. 121-122. Come si vedrà in appresso, l’autore non accetta il
9
LA BIBBIA ha ragione
procedimento di causa-effetto e quindi crede di superare il caso e Dio, con la
selezione naturale e il principio di antropia.
4.
<<12Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche
senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con
la legge. 13Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma
quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati. 14Quando i pagani, che
non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo
legge, sono legge a se stessi; 15essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto
nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro
stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono. 16Così avverrà nel
giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo,
secondo il mio vangelo.>> (Rm., 2, 12-16). S. Paolo identifica con la Legge il
contenuto dell’A.T. In tutte le coscienze, afferma, che c’è la legge naturale. Essa
fa parte di un linguaggio, il linguaggio della realtà, della libertà di scelta. E’
quello che vuole dire: tutti debbono rispondere in base alla propria coscienza,
alla legge rivelata gli uni, alla legge naturale gli altri. E’ questa la sua opinione,
cioè il suo Vangelo. Possiamo dire che fin dall’inizio, nella Bibbia, sia con la
creazione, che con il racconto del diluvio e della Torre di Babele c’è un chiaro
riferimento all’intera umanità.
10
LA BIBBIA ha ragione
Capitolo I.
Storia della salvezza interpretata da me. La Bibbia al vaglio
della Scienza.
1. Storia dell’umanità.
La storia del mondo è scritta dalle vicende dell’universo e dalle
vicende dell’uomo. E’ la verità.
La verità è partire dalla realtà vera, dimostrabile, dimostrata e
inconfutabile per chiunque. Come ad esempio il sole (quello che
chiamiamo sole)1 che splende e illumina tutti, come detto nella
premessa.
Ma resta legittimo chiedersi sempre: esiste la realtà “vera”?
Se riusciamo a metterci d’accordo su cose ovvie, da quelle si
potrebbe partire per un’avventura, (anche se quest’avventura si
potrà differenziare durante il cammino), che ci porterà a dei
concetti, a delle verità semplici che non ci divideranno mai. Il grosso
problema, infatti, è solo uno: esiste qualcosa su cui è possibile
andare tutti d’accordo? Se rispondiamo sì, allora possiamo andare in
cerca di piccole verità che poi, messe insieme, diventeranno la
verità.2 Altrimenti…3
Mi spiego.
L’uomo non ha potuto assolutamente influenzare le vicende che
risalgono nella notte dei tempi, non era ancora presente (o se lo era
non conosciamo le modalità di questa sua presenza). Mi riferisco alle
origini del cosmo e alle ere geologiche.4 Per intenderci, dall’inizio
fino a circa quattro-due milioni di anni fa. Infatti, a quel tempo, a
quanto affermano gli studiosi di antropologia, paleontologia e
archeologia, pare, risalga l’apparizione dell’uomo sulla terra.5
Fino a quell’epoca sicuramente le varie ere geologiche si sono
alternate in modo naturale… intendo dire che l’alternarsi delle
glaciazioni e dello scioglimento dei ghiacciai non è dipeso
certamente dall’effetto serra come potrebbe avvenire oggi, come si
pensa, a causa delle emissioni di CO2 che inquinano e possono
provocarlo in modo poco naturale; per questo ritenuto causa ultima
dell’interferenza del progresso tecnologico dell’uomo con la natura.
Quindi l’uomo non è stato in grado (per quanto ne sappiamo
fino ad oggi) di influenzare il corso naturale dell’evoluzione del
cosmo e della terra, come dice anche lo scienziato Lipton B.H.,
appena citato in nota. Nessuno, almeno credo, mette in dubbio
questa evoluzione del cosmo.
11
LA BIBBIA ha ragione
Il problema principe è l’uomo. Siamo noi gli ultimi arbitri della
realtà, anche perché siamo gli unici a rendercene conto, vederla,
viverla e a cercare di conoscerla.
E siamo sempre noi che dobbiamo collocare la nostra origine e,
soprattutto, scoprirla.
Questo, nell’ambito del rapporto scienza-fede,6 aveva già negli
anni ’50 suscitato il problema del monogenismo o del poligenismo,
della “discontinuità nella continuità” della creazione, contenuto nelle
opere di Teilhard de Chardin, che a sua volta lo riprendeva da
Darwin.7 Teorie molto importanti e utili per capire l’apparizione
dell’uomo sulla terra.
La mia riflessione parte da questa constatazione di fondo: se
fosse vera la scienza dal punto di vista fenomenologico, cioè per
come appaiono i fatti, e fosse vera la Bibbia, dal punto di vista
dell’intervento creativo di Dio, che si accetta come Rivelazione,
sarebbe, anzi è necessario, trovare un elemento che unifichi le due
“verità”.
Pare che finora entrambe procedano per strade parallele, con la
presunzione di possedere la verità.
La domanda, perciò, è questa: se la ricerca scientifica afferma
che l’uomo è apparso sulla terra circa quattro-due milioni di anni fa,
non ancora con le sembianze umane, acquisite, in seguito, attraverso
l’evoluzione;8 e la Bibbia, invece, parla della creazione dell’uomo in
un tempo non ben specificato,9 è certo, però, che l’uomo biblico è
uomo a tutti gli effetti, con le sembianze dell’uomo di oggi. Allora la
domanda è: ci è dato sapere chi tra scienza e Bibbia dice la verità? O
ancora più intrigante: le due verità possono essere vere entrambe?
Credo che, prima o poi, bisognerà mettere termine al dilemma:
“Chi ha ragione?”10
E’ questa la sfida di questo scritto. Un po’ presuntuosa, forse.
Ciò premesso, dico che, a mio parere, la storia del mondo prima,
e quella dell’uomo poi, indirettamente, sono guidate da un preciso e
intelligente disegno del suo creatore.11 E questo lo voglio dire
portando una seria critica alle teorie che lo vorrebbero negare.
Questa si trova nella nota 11.
2 . Il determinismo12 storico. Causalità o casualità?
La prima obiezione che si può fare all’affermazione di un
determinismo storico, riguarda l’uomo e il suo libero arbitrio: come
si salva la libertà dell’uomo?
Per questo ho detto indirettamente.
Mi spiego. Immaginiamo un architetto che fa un progetto, una
volta realizzato questo progetto, l’architetto sa che qualsiasi cosa
12
LA BIBBIA ha ragione
succederà in seguito (a meno di calcoli sbagliati, vedi per esempio, la
diga del Vajont, o altri esempi simili) non dipende dal suo progetto,
ma da chi e come lo usa. Porto ancora un esempio: se all’interno
dell’edificio progettato e realizzato avvenisse un omicidio, la
responsabilità non sarebbe dell’architetto, è ovvio; così come se
avvenissero eventi meravigliosi, non sarebbe merito dell’architetto.
Così possiamo dire del creatore dell’universo e dell’uomo: il
progetto-uomo è ottimo, ma gli avvenimenti che riguardano l’uomo
storicamente collocato, avvengono non per un influsso continuo
diretto13 del creatore, o per uno sbaglio di calcolo, ma per la libera14
volontà dell’uomo, prima, e per il naturale evolversi degli eventi
naturali (calamità, terremoti o aurore boreali, e quant’altro)
all’interno della natura, per quanto riguarda la storia della terra, poi.
E’ il creazionismo darwiniano.
Lo stesso discorso vale per il cosmo (supernove, buchi neri,
asteroidi ecc.).
In altri termini, le leggi per l’ottima riuscita del progetto sono
quelle messe dal creatore (ad esempio, la legge di gravità), poi tutto
si svolge secondo queste leggi predeterminate. Qualche volta per
casualità imprevedibili, ci può sembrare che il determinismo non
funzioni, fino a che non scopriamo la legge che regola quella
apparente anomalia. In poche parole, però, l’universo “gira” perché
il progetto è fatto bene, senza altri interventi diretti. E’ questa la cosa
che mi sembra più normale.15
L’ipotesi della casualità nell’evolversi degli eventi, o meglio,
invocare il caso per spiegare l’esistenza in atto, è un’ipotesi che
potrebbe essere vera, come la leggiamo nei miti che parlano di un
caos preesistente,16 perché anche la combinazione casuale degli
elementi, inizialmente caoticamente sparsi, potrebbe essere stato un
modo per organizzare il tutto.
Lo stesso ragionamento vale per il Big-Bang, o altre ipotesi.
Importante è sempre e comunque “salvare” il principio del
progetto intelligente, che fa capo all’altro principio, quello di causaeffetto.
Non si può dare niente per scontato e sicuro, sia sulla ipotesi
della creazione di un “caos” iniziale il cui ordine successivo viene
affidato al “caso”, sia sulla ipotesi di una creazione ordinata, poichè
le ipotesi sono tutte possibili, come è dimostrabile razionalmente dal
momento che non esiste una teoria che sia diventata scientifica, cioè
vera inconfutabilmente.
Se fosse vero il Caos iniziale, questo non toglierebbe nulla al
“progetto intelligente”.
Pertanto: sia fosse vero il Caos iniziale, sia l’ordine descritto
dalla Bibbia, resta sempre da accertare l’origine degli elementi
13
LA BIBBIA ha ragione
contenuti nel Caos, e quelli che casualmente, o intelligentemente,
hanno dato origine a ciò che noi chiamiamo universo e il suo
contenuto. In sostanza ci chiediamo: come hanno avuto origine
questi elementi, ordinati o caotici che fossero, all’inizio? Nulla
esclude una creazione caotica e casuale degli elementi che
successivamente si organizzano. E nulla esclude una creazione
ordinata come dice la Bibbia.
In ogni caso bisogna comunque ricorrere a una “creazione”.17
Le ipotesi, sia la mia che quella degli altri, restano ipotesi fino a
che non si trovano le prove inconfutabili per cui l’ipotesi diventa
verità.18 Ammettiamo che si organizzi il caos, bene: ma se il caos non
esiste, come fa ad organizzarsi? Questo ragionamento è valido anche
per le altre ipotesi. Prima bisogna spiegare l’esistenza delle cose e
poi si può spiegare anche la loro organizzazione. Darwin ha studiato,
con il metodo della classificazione, l’organizzazione della natura e
non esclude a priori la creazione.
Quindi prima riflessione: nulla si organizza e si evolve se prima
non è.
L’affermazione apodittica dell’evoluzione come spiegazione
dell’origine della realtà avrebbe bisogno, da parte di chi la condivide,
di una risposta dettagliata, precisa e inconfutabile.19 Neanche lo
stesso Darwin l’afferma.
3. Storia dell’uomo.
Per l’uomo le cose sono andate, forse, in modo diverso.
Il percorso dell’uomo, mi pare in modo inconfutabile, segue la
linea della perfezione… Infatti, i passi sono lenti ma inesorabili. Se
proviamo a partire dall’uomo che vive sugli alberi (è la probabile
spiegazione data dall’evoluzionismo, non la prova scientifica20 che le
cose siano andate veramente così), e che poi scende nelle caverne e
poi… fino a noi, non possiamo che constatare un lento ma
inesorabile (in senso positivo) miglioramento sia fisico, che mentale
e spirituale, dovuto alle capacità innate21 proprie della natura
umana, (rispetto alle altre specie animali), che guidate dalla sua
intelligenza particolare, illuminata dalla consapevolezza e dalle sue
scelte libere… e conseguentemente dalla volontà di migliorarsi
giorno per giorno… hanno portato l’uomo a realizzare quello che la
Bibbia afferma, in modo semplice ma autorevole, con queste parole:
<<Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra;
soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e
su ogni essere vivente, che striscia sulla terra.>> (Gn. 1, 28).22
14
LA BIBBIA ha ragione
Secondo il mio modo di vedere, in queste parole, in modo
ampio, è contenuto quello che Darwin chiama evoluzione, non solo,
ma in questa frase è contenuto anche l’obbligo dell’uomo di cercare
la verità nel creato.
Se si tiene conto di tutto il discorso precedente, in questa
visione può rientrare anche la selezione naturale invocata da Darwin
e dai darwinisti.
Mentre scrivo, infatti, non è detto che quello che scrivo non
possa essere soggetto a correzione, anzi. La selezione naturale, da
questo punto di vista, è anche lo sviluppo di ricerca delle ultime
verità. Man mano che l’evoluzione va avanti (quindi evoluzione a
360 gradi) alcune cose si perfezionano, altre scompaiono del tutto.
E’ questo anche il senso della storia: noi dopo aver conosciuto
gli errori del passato, abbiamo chiuso con quegli errori (così ci
auguriamo tutti) e abbiamo cercato di non ripeterli. L’Oggi non è
esente da errori, chi verrà in appresso seguirà lo stesso criterio e così
il progresso e l’evoluzione non si arresta mai. Così dicasi delle
scoperte scientifiche, tecnologiche e quant’altro. Questo processo
non si può fermare, né si può non tenerne conto. E’ questo il “senso
ampio” con il quale interpreto le parole della Bibbia appena citate.
Questo cammino, credo sia, ripeto, inconfutabile. Basta leggere
la storia… Basta pensare alla tecnologia…
Voglio citare alla lettera il Lipton:<<Non persi mai la certezza,
risalente ai miei sette anni, che la vita delle cellule che studiavo
avesse uno scopo preciso. Purtroppo, non pensavo che anche la mia
vita avesse uno scopo. Non credevo in Dio, anche se confesso che a
volte prendevo in considerazione l’idea di un Dio che governa con un
senso dell’umorismo raffinatamente perverso. Dopo tutto ero un
biologo classico, per il quale l’esistenza di Dio è una domanda
inutile: la vita è il prodotto del caso, di una carta fortunata, per
essere più precisi, del lancio casuale dei dati genetici. Il motto della
professione, sin dai tempi di Darwin, è sempre stato:”Dio? Noi non
abbiamo bisogno di nessun Dio ammuffito”. (…) Nel suo libro del
1859, L’origine della specie, Darwin sostiene che i tratti specifici
degli individui si trasmettono dai genitori ai figli, e che tali “fattori
ereditari” controllino le caratteristiche della vita di ogni individuo.
Questa intuizione gettò gli scienziati in una frenetica ricerca nel
tentativo di sezionare la vita riducendola ai suoi elementi molecolari
di base, perché era lì che si dovevano trovare i meccanismi ereditari
che controllano la vita. La ricerca si concluse con un notevolissimo
risultato cinquant’anni fa, quando Watson e Francis Crick
descrissero la struttura e la funzione della doppia elica del DNA, il
materiale di cui sono composti i geni. Finalmente la scienza era
riuscita a scoprire la natura dei “fattori ereditari” di cui Darwin
15
LA BIBBIA ha ragione
aveva parlato nel XIX secolo. (…) Ricordo vivamente i titoli a
caratteri cubitali che apparvero sulle prime pagine dei quotidiani di
quel memorabile giorno del 1953:<<Scoperto il segreto della
vita>>.23 Il Lipton continua:<<Come i giornalisti anche i biologi
saltarono sul carro trionfante dei geni. Il meccanismo con cui il DNA
controlla la vita biologica divenne il Dogma centrale della biologia
molecolare, diligentemente esposto nei dettagli nei libri di testo.
Nell’eterno dibattito “natura contro educazione”, il pendolo iniziò a
oscillare decisamente da parte della natura. All’inizio il DNA era
ritenuto responsabile soltanto dei nostri caratteri fisici ma, in
seguito, si cominciò a pensare che i geni controllino anche le nostre
emozioni e i nostri comportamenti. Quindi, se siete nati con un gene
della felicità difettoso, potete aspettarvi una vita infelice.>>.24
Il Lipton non nega tutto questo, non nega l’evoluzione, ma nella
sua ricerca fa un salto di qualità:<<Ma lì, immerso nel ricco
ecosistema caraibico, cominciai a percepire la biologia come un
sistema integrativo vivente, più che come un insieme di singole
specie che condividono una porzione di crosta terrestre. (…) Mi
convinsi che la moderna biologia dà troppo poca attenzione
all’aspetto fondamentale della cooperazione, poiché le sue radici
darwiniane sottolineano soprattutto la natura competitiva della vita.
Con grande delusione dei miei colleghi di facoltà, quando ritornai
nel Wisconsin iniziai a mettere radicalmente in dubbio le sacre
convinzioni della biologia classica. Iniziai persino a criticare
apertamente Darwin e la validità della sua teoria dell’evoluzione.
Agli occhi dei miei colleghi biologi ero come un prete che irrompe in
Vaticano annunciando che il Papa è un impostore. […] La mia ultima
sosta nel mondo accademico tradizionale fu alla School of Medicine
della Stanford University. Ormai ero diventato un impassibile
difensore della “nuova biologia”. Non soltanto mettevo in
discussione la visione darwiniana “mors tua vita mea”
dell’evoluzione, ma anche il Dogma Centrale della biologia, cioè i
geni che controllano la vita. Questa premessa scientifica presenta
un difetto fondamentale: i geni non possono “accendersi” o
“spegnersi” da soli, ovvero non entrano in funzione da sé. Deve
esserci qualcosa nell’ambiente che innesca l’attività genetica.
Benché questo fatto sia già stato confermato dalla ricerca più
avanzata, la scienza convenzionale, accecata dal dogma genetico, ha
continuato semplicemente a ignorarlo.>>25
E’ il principio della causa-effetto. Se si accettasse cadrebbero
tante certezze basate sul pregiudizio scientifico dogmatico che il
tutto è solo frutto del caso, o del principio antropico, dell’accumulo26
o della selezione naturale, sostenuto dal Dawkins.
16
LA BIBBIA ha ragione
Il nostro va ancora più avanti:<<Avevo deciso di andarmene
perché, nonostante l’appoggio ricevuto a Stanford, sentivo che il mio
messaggio era caduto nel vuoto. Da quel momento, le ricerche non
hanno fatto che confermare i miei dubbi sul Dogma Centrale e sul
primato del DNA nel controllo della vita. Infatti, l’epigenetica27, lo
studio dei meccanismi molecolari per mezzo dei quali l’ambiente
controlla l’attività dei geni, è oggi uno dei campi più attivi della
ricerca scientifica. (…) ritengo che le cellule ci parlino non solo dei
meccanismi della vita, ma che possano insegnarci a vivere una vita
più ricca e più piena. Nella torre d’avorio della scienza ufficiale,
questo modo di pensare mi avrebbe senza dubbio fatto vincere lo
stravagante “premio Dolittle” per l’antropomorfismo, o meglio per il
citomorfismo per pensare come una cellula; ma per me questa è
Biologia al 101%. Voi potete ritenervi degli individui, ma come
biologo cellulare posso assicurarvi che in realtà siete una comunità
di circa 50 trilioni di abitanti, cioè di cellule. Quasi tutte le cellule
che compongono il vostro corpo sono simili ad amebe, organismi
individuali che hanno sviluppato una strategia di cooperazione
finalizzata alla reciproca sopravvivenza. In parole povere, gli
esseri umani sono soltanto la conseguenza della “coscienza
amebica” collettiva.>>
E ancora porta queste riflessioni sulle cellule a una conclusione
affatto scientifica, secondo la scienza tradizionale:
<<Prendendo queste comunità di cellule come modello, giunsi
alla conclusione che noi non siamo le vittime dei nostri geni, ma gli
artefici del nostro destino, in grado di creare una vita traboccante di
pace, felicità e amore. Ho messo personalmente alla prova la mia
ipotesi in seguito a un richiamo da parte di una persona del mio
pubblico, che mi chiese perché le mie intuizioni non mi avevano reso
più felice. Aveva ragione: dovevo ancora integrare la mia nuova
consapevolezza biologica nella vita quotidiana. Capii di esserci
riuscito quando, in una luminosa domenica mattina al Big Easy, una
cameriera mi chiese:”Tesoro, sembri la persona più felice che abbia
mai visto. Come fai a essere tanto contento?” La domanda mi aveva
colto alla sprovvista, ma risposi senza riflettere:”Perché sono in
Paradiso!” La barista scosse la testa borbottando:”Santo cielo!”, e si
occupò della mia colazione. Avevo detto la verità. Ero felice come
mai in vita mia. Molti di voi che mi state leggendo potreste essere
giustamente scettici riguardo alla mia affermazione che la Terra è il
Paradiso. Dal momento che per definizione, il Paradiso è anche la
dimora della Divinità e dei beati come facevo a credere che New
Orleans, o qualunque altra grande città potesse far parte del
Paradiso? Donne e bambini cenciosi e senza casa che vivono per
strada; un’aria così piena di fumi che non si riescono a vedere le
17
LA BIBBIA ha ragione
stelle; fiumi e laghi così inquinanti che solo forme di vita dell’orrore
potrebbero viverci. Questa Terra un Paradiso? La Divinità abita qui?
Questo tipo sa che cos’è la Divinità? La risposta alle precedenti
domande sono: Sì, sì, e credo di sapere che cos’è. Per essere sincero
fino in fondo, devo ammettere che non conosco personalmente tutto
ciò che fa parte della Divinità perché non conosco tutti voi. Santo
cielo, ci sono oltre sei miliardi di VOI. E, per essere ancora più
sincero, non conosco neanche tutti i membri del regno vegetale e
animale, anche se credo che anch’essi compongano Dio. Per dirlo
con le immortali parole di Tim Taylor in Tool Time, “Ehi, aspetta,
aspetta! Stai dicendo che gli esseri umani sono Dio?”. Proprio così, e
non sono certo il primo a dirlo. E’ scritto nel libro della Genesi che
siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Sì, questo razionalista
tesserato adesso si mette a citare Gesù, Buddha e Rumi. Ho fatto un
giro completo, passando da una visione scientifica e riduttiva della
vita a una visione spirituale. Siamo fatti a immagine di Dio, e
dobbiamo inserire di nuovo lo Spirito nella nostra equazione se
vogliamo migliorare la nostra salute fisica e mentale. Dal momento
che non siamo delle macchine biochimiche impotenti, la risposta ai
momenti di disagio fisico o mentale non sta nel buttare giù una
pillola. La farmacologia e la chirurgia sono strumenti potenti,
quando non se ne abusa, ma l’idea che un farmaco possa mettere
tutto a posto è profondamente sbagliata. Ogni volta che un farmaco
viene introdotto nel corpo per correggere la funzione A, scombussola
inevitabilmente la funzione B, C o D. Non sono gli ormoni e i
neurotrasmettitori diretti dai geni, che controllano il nostro corpo e
la nostra mente; sono le nostre convinzioni a controllare il corpo, la
mente e quindi la nostra vita. Oh, voi di poca fede!>>28
Uno scienziato che fa il cammino a ritroso: si rende conto che la
Bibbia potrebbe non essere una favola.
L’ho citato per intero di proposito per il motivo che nessuno si
deve scomodare per andare in cerca di questo testo.
Ora voglio allargare il discorso a un altro aspetto dell’uomo,
l’aspetto interiore, l’aspetto metacognitivo, quello che riguarda il
cammino verso l’interrogativo che si è posto quasi fin da subito:
“Come mai mi trovo in questo mondo? Come so di sapere?”
Credo, come già detto, che l’uomo non ci si trovi “casualmente”
per una combinazione casuale di cellule, perché l’uomo29 sa (anche
se non sempre riesce sempre ad ammetterlo) che non si dà nessuna
cosa casualmente, ogni cosa che esiste, esiste perché dietro c’è
sempre una causa diretta, indiretta o circolare che sia. E la causa
prima è la consapevolezza che ciò che c’è, esiste. Se l’uomo non
avesse scoperto questo principio, quello della causa e dell’effetto, e
18
LA BIBBIA ha ragione
se questo principio non fosse vero, non ci sarebbe neanche la
scienza.30
Qualsiasi ipotesi sottostà a questo principio, anche il principio
dell’accumulo di Darwin-Dawkins.
Perciò è lecito dire che se qualcosa esiste, esiste perché
qualcuno l’ha fatto, nel senso sopra esposto. Dalla cosa più semplice
alla cosa più complessa.31 Non sono uno scienziato, ma leggendo
quello che la scienza ci dice circa la vita, la cellula e quant’altro, non
afferma mai il contrario del principio della causa e dell’effetto, anche
se in teoria essa (alcuni scienziati) lo nega.
4. La riflessione scientifica e la Bibbia. Possono coesistere
creazionismo e evoluzionismo?32
Quando Galileo scoprì con certezza che Copernico aveva
ragione, la Chiesa si arrabbiò, perché la Bibbia recitava il contrario,33
e qualcuno pensò: <<Se la Bibbia ha sbagliato su questa verità, chi ci
può garantire che non sbaglia anche sulla creazione, l’esistenza di
Dio34 e quant’altro?… è arrivato il momento di liberarci dal potere di
questi papi moralizzatori (ritenuti i responsabili di questo
oscurantismo scientifico) che in nome di un Dio, ritenuto creatore di
tutto e che in realtà non “sa”35 neanche che la terra non è il centro
dell’universo, ma in realtà si muove intorno al sole, vogliono imporci
la loro verità e la loro morale fatta solo di no!>>
E chi può contestare questa scoperta? Nessuno. Però da questo
a pensare di poter dimostrare che l’uomo può fare a meno di un
creatore ce ne corre.
L’errore dell’illuminismo, secondo me, consiste nel non aver
fatto questa distinzione: Creatore che può riguardare l’intero
universo, e Dio che può riguardare la sola religione. Anche se, in
realtà, alla fine le due realtà coincidono, ma il Creatore non è
appannaggio della sola religione. Quindi la scienza può pure fare a
meno di Dio inteso in senso religioso e legislatore morale, ma non
del Creatore, inteso come Causa Prima del tutto. E mi pare, dalle
parole di Darwin citate poco fa, che anche lui pensi così.
Con la scoperta di Galileo ha inizio il cosiddetto secolo dei lumi,
l’esaltazione della ragione elevata a sostituto di Dio, fino a dichiarala
Dea Ragione.
La cosa non ci deve meravigliare più di tanto. Era scontato che
l’uomo si sentisse libero di iniziare un nuovo percorso, dopo la
constatazione dell’errore biblico. Era ormai in atto il fatto che prima
o poi qualcuno cercasse di sorpassare il dogmatismo ecclesiastico. Il
19
LA BIBBIA ha ragione
povero Cartesio, cercava di non oltrepassare i limiti dettati dal
dogma, per paura di essere scomunicato.36
Anche all’interno della Chiesa iniziò una corrente che cercava di
confutare l’Illuminismo ma finiva poi, per mancanza di prove, per
accettarlo. E’ quel movimento che la Chiesa condannerà con il nome
di “Modernismo”.37 All’Illuminismo la Chiesa rispose direttamente
con il Concilio Vaticano I,38 e indirettamente con il Vaticano II.
La scienza, una volta superata la barriera della scomunica, si
sente libera da remore morali (non etiche),39 giustamente. Si inizia,
perciò, il percorso della ricerca alternativa a un Dio creatore e
legislatore morale.40 Si cerca un principio che non sia
necessariamente frutto di un progetto intelligente. Legittimo. Ma la
scienza sa, o dovrebbe sapere, che il suo campo è limitato al
fenomeno, e ha inizio dopo che il fenomeno è avvenuto. La
riflessione scientifica parte sempre dal dato di fatto, oppure fa
ipotesi sul come è avvenuto il dato di fatto.
L’ordine trascendente-biblico è di dominare (che equivale a
conoscere) le cose create, e solo quelle. Non a sconvolgere l’ordine
preesistente. (Gen. 1, 28)
E’ chiaro che lo sforzo della scienza sperimentale non può che
riguardare il fenomeno.
Come si potrà leggere all’interno di questo scritto, gli scienziati
quando arrivano a un punto di non ritorno con i loro interrogativi e
le loro scoperte, non osano oltrepassare il mondo fenomenico perché
dovrebbero ammettere il mondo metafisico.41 E, forse, è giusto che
sia così, altrimenti non sarebbe più scienza sperimentale; però
occorrerebbe un po’ più di umiltà e riconoscere come Dante, ed
esclamare: “State contenti, umana gente, al quia!”42 allorché si
arriva di fronte alla barriera del metafisico. La verità è patrimonio
dell’intero genere umano. Per ora, ancora non la conosciamo tutta
intera. Certamente non si ferma al solo mondo fenomenico.
Intanto: nessuno può obiettare che ciò che esiste, esiste, mi
pare. Ed è questo il campo della scienza sperimentale.
La teoria più innovativa e sconvolgente si è pensato, fosse stata
la teoria evoluzionistica.
Con l’evoluzione sembra, per molti ma non per tutti, neanche
per lo stesso Darwin, risolto il problema Dio. L’universo si è evoluto
non creato, secondo alcuni, quindi non abbiamo più bisogno di un
Dio.43
Una cosa importante da specificare e da tenere sempre
presente, riguardo all’evoluzione, è che ciò che si evolve si evolve
perché già esiste.
Sembra scontato, ma non per tutti.
20
LA BIBBIA ha ragione
Qualcuno parte a metà del ragionamento: l’evoluzione. Salta la
prima parte, quella che deve tener conto da chi o da cosa prende il
via ciò che si evolve; non basta risolverlo con ipotesi scientifiche non
ancora sperimentate o con la fatidica frase “non può che essere
così!”.
Basterebbe riflettere su questo semplice aspetto per dire che
l’evoluzionismo non solo non contraddice la creazione, ma anzi
potrebbe essere stato il modo usato da Dio per dare concretezza alla
creazione.44
Forse non è una eresia scientifica.
L’illuminismo è restato abbagliato dalla nuova luce gettata sul
creato dall’evoluzionismo e questo abbaglio ancora impedisce
all’occhio di vedere in modo normale. Come dice Lipton.45
Quello che ho affermato poco fa: Dio ha creato con leggi
predeterminate,46 e l’universo segue la sua strada, senza ulteriori
aggiustamenti; qualche volta, forse, aggiustamenti casuali, o da noi,
presunti tali…47, aggiustamenti non dovuti ad un nuovo intervento
specifico. Questo, mi pare, sia un modo lineare di pensare.
E’ chiaro, che anche in questo caso, non parlo di principio
scientifico.
Ma tant’è, riflessione per riflessione… L’evoluzionismo rientra
benissimo in questa visione deterministica. Lo dice lo stesso Darwin.
Noi pensiamo, per il principio di causa-effetto che, se il mondo
esiste, è perché qualcuno l’ha creato, senza bisogno di portare il
processo all’infinito, come pretendono Russel, Dawkins48 e altri;
però questo principio non ci dice né il modo, né il quando, né il
perché; quindi nulla vieta credere in questo principio, e neanche di
credere nell’evoluzionismo che resta, comunque, una teoria.49
Quindi coloro che hanno pensato e pensano che la creazione
faccia a botte con l’evoluzionismo, forse sbagliano. L’errore di fondo
sta nell’escludere a priori la causa-effetto (ma come si fa a prendere
alla lettera Hume? Mi sembra importante, invece, la retroattività
introdotta da Köler e da Watzlawick), come alternativa
inammissibile. In realtà il creazionismo non esclude l’evoluzione,
mentre è impossibile il contrario. Ripeto, non si può dare
l’evoluzione senza che prima ci sia qualcosa di preesistente, che poi
si evolve. Per sua stessa natura e intrinseco significato, l’evoluzione
prevede qualche cosa da cui poi prende le mosse per il suo sviluppo.
L’evoluzione non può sostituire assolutamente il concetto di
creazione: è intrinsecamente impossibile, sia filosoficamente che
scientificamente.
Non occorre scandalizzarsi, basta la prova dei fatti, o se
vogliamo, della ragione, o ancora, del vocabolario: evoluzione =
passaggio graduale da… a…
21
LA BIBBIA ha ragione
Altrettanto si può dire della teoria del Big-Bang.
Sono modi possibili del come Dio possa aver dato origine alla
creazione, anzi possiamo dire che il Big-Bang potrebbe essere stato
il modo iniziale della creazione,50 l’evoluzione non ne è che la logica
conseguenza. Da questo punto di vista, dal punto di vista teorico,
non si può escludere neanche la creazione come caos primordiale,
come già detto. Non si può neanche escludere, di conseguenza, il
determinismo.
Pertanto ciò che afferma la Bibbia, cioè la creazione dal nulla, è
certamente la teoria dalla quale bisogna partire per comprendere poi
il tutto. Senza il creato non ci sarebbe se non il nulla.
5. L’uomo nella Bibbia. E’ solo un linguaggio mitologico o
è possibile intravedere una realtà scientifica nelle
affermazioni sulla natura umana?
Per quanto riguarda l’uomo è indubbio che sia l’unico essere
vivente capace di conoscere la sua stessa conoscenza, cioè capace di
riflettere sulle sue ipotesi, come abbiamo già detto.51
L’uomo pure, però, può rientrare in questa visione
deterministica,52 ed è o può essere frutto di una evoluzione (per me,
e non solo per me, susseguente alla creazione), ma non solo
conseguenza dell’evoluzione della materia; una cosa può farci
pensare a un essere speciale, anche all’interno del fenomeno
evolutivo, e dal punto di vista della materia.53
Una domanda e un passo ulteriore: l’evoluzione riguarda solo la
materia o anche le facoltà specifiche dell’uomo?
Occorrerebbe dimostrare, infatti, che l’evoluzione della materia,
da sola, sia in grado di produrre il pensiero, la parola e la
coscienza.54 Le caratteristiche, cioè, per cui un animale55 possa dirsi
uomo, e facoltà che non sono materia… fino a prova contraria!56
Mi spiego. Quando inizia una nuova vita questa è una vita
cellulare e la cellula contiene in sé già da subito le caratteristiche del
soggetto che poi diventerà: uomo, altro animale, o pianta.57 Anche
nel caso dell’uomo la cellula iniziale già doveva contenere e contiene
le caratteristiche dell’uomo e cioè la capacità di pensare, parlare ed
essere cosciente. Razionalmente non può che essere così. Quando
compare per la prima volta nella storia la cellula uomo non poteva
che contenerne anche le caratteristiche peculiari.58
L’evoluzione non ha fatto altro che perfezionare59 nel tempo
queste peculiarità, come ho affermato fin dall’inizio, anche tenendo
presente la selezione naturale.
22
LA BIBBIA ha ragione
Penso che questa affermazione non sia confutabile, o se lo fosse,
toccherà a qualcun altro farlo, in modo chiaro ed inequivocabile.
Ora veniamo alla Bibbia, che non è un libro “scientifico” nel
senso usato comunemente per questo aggettivo. La Bibbia ci parla di
un uomo creato direttamente da Dio, inizialmente perfetto, e che
poi, vittima di un inganno e di una scelta conseguente, porta con sé,
in maniera inevitabile, una colpa originale che ha determinato lo
stato attuale dell’uomo che coincide con la capacità di conoscere il
bene e il male, cosa che lo ha reso simile a Dio,60 e continuato poi
nell’eterno combattimento esistenziale dell’umanità che cerca di
liberarsi dal male e far vincere il bene. Così disse il serpente
all’uomo, secondo la Bibbia: se tu mangi di quell’albero conoscerai il
bene e il male e diventerai simile a Dio, e non è vero che morirai.61
Ammettiamo pure che questo linguaggio, questo fatto, rientri
nella mitologia. Il mito, per definizione, è, comunque, un racconto
che cerca delle risposte alle domande fondamentali dell’uomo.
In questo mito non si parla di caos iniziale nel quale l’uomo
nasce per un incontro di elementi,62 né di personaggi fantastici (a
parte il serpente, vedi nota 65), o di rapporti fra divinità e esseri
umani (pensiamo a Giove e alle sue avventure), e così via. Si parla di
creazione diretta dell’universo e dell’uomo da parte di un Essere
trascendente, dotato di vita autonoma, anzi si definirà Io sono la
Vita… (Es. 3, 14; Gv. 14,6). E per quanto riguarda l’uomo si parla già
in termini di personalità completa: l’uomo, che è già uomo,63 sa che
se mangia di quel frutto potrebbe morire, ma gli sorge il dubbio, (è,
perciò, un essere consapevole, cosciente)64, dubbio che gli insinua il
serpente,65 (definito l’animale più astuto della terra, sinonimo di
maligno; certo figura simbolica, simbolo del male e antagonista di
Dio nella Bibbia), che insinua nell’uomo il dubbio che forse sarà vero
il contrario: non solo non morirà, ma addirittura può diventare
simile a Dio perché quella esperienza gli farà conoscere la differenza
tra il bene e il male.
Importante sottolineare che lo scrittore biblico, o la tradizione
risalente a 4000-3000 anni fa, identifichi la conoscenza del bene e
del male nella somiglianza con Dio.
E’ singolare, per la nostra tesi, sottolineare come Jung (nota 65)
ricorra a citare il N.T. e soprattutto la figura di Cristo risorto (che per
lui appartiene al “mito”) per spiegare i sogni di quella bambina. Se
l’avesse fatto un teologo con l’intento opposto forse sarebbe stato
tacciato di appropriazione indebita. Ma lasciamo da parte le
polemiche.
E’ importante che autori come Freud e Jung, anticipando
quando dirò più avanti, diano un contributo notevole alla
dimostrazione di quanto è contenuto in questo libro. Infatti, saranno
23
LA BIBBIA ha ragione
proprio gli studi di questi illustri psicologi a darmi una mano
veramente importante per quanto verrò dicendo man mano.
Cosa è il Bene e cosa è il Male.66
Non sono oggetti materiali, ma sono il risultato di fisici buoni,
sani; o cattivi, malati. Sono il risultato di comportamenti conformi
alle norme vigenti in quel tempo e in una qualsiasi società, antica e
moderna (Bene), o comportamenti non conformi (Male). Nella
Bibbia si dice che questa consapevolezza appartiene solo a Dio
(<<Diventerai simile a Lui conoscendo il bene e il male>>), e
apparterrà all’uomo dopo la decisione di trasgredire. Allora diventa
chiaro anche la frase creatrice: <<Facciamo l’uomo a nostra
immagine e somiglianza>>. E’ la consapevolezza, la conoscenza67
che rende l’uomo simile a Dio.
Mi chiedo: come è possibile che nel brano biblico sia presente la
concezione della personalità dell’uomo in questi termini di
autonomia e di libera scelta consapevole, che permette anche la
disobbedienza al comando dell’Essere supremo, in un mondo (quello
dell’autore materiale della Bibbia) dove l’autorità del re equivaleva
alla persona di una divinità incarnata, e la trasgressione era punita
con la morte, cioè una morte vera con esecuzione?68
Infatti, solo con questa fede, il monarca otteneva piena
sudditanza e obbedienza. Le persone erano convinte di obbedire a
un dio fatto uomo. Obbedire al monarca faceva parte di un
convincimento sociale, pena la morte.
La Bibbia afferma esattamente il contrario, e cioè che l’uomo,
tutti gli uomini, sono tali (compresi i re), e solo uno, invisibile, che
non era possibile guardare in faccia, pena la morte, era Dio. Nella
Bibbia, inoltre, presso gli ebrei, il concetto di re non viene accettato,
fanno difficoltà ad accettare il passaggio da un governo di anziani e
di un Giudice suscitato da JHWH stesso di volta in volta per cause
eccezionali, a quello di un governo monarchico.69 La monarchia
ebraica, non fa una bella figura davanti alla storia, anzi. Dura poco
tempo rispetto all’intera storia contenuta nella Bibbia. E poi: prima
si divide per questioni di richieste economiche insostenibili, in
Regno di Giuda, o regno del sud, e Regno del Nord; entrambi, poi,
terminano con l’annientamento materiale della loro esistenza storica
per mezzo degli Assiro-Babilonesi. Questa fine, avrebbe potuto
portare all’annientamento di tutto il popolo ebreo.
Il re, nella concezione dell’epoca, presso i popoli limitrofi, era
appunto un dio-uomo, cosa assurda per gli Ebrei. Anche dopo
l’esilio, non rifondarono un regno, ma ricostruirono subito il
Tempio, l’unica reggia dove abita il Re dei Re.
24
LA BIBBIA ha ragione
Questo vorrà pur dire qualcosa, nell’economia del testo biblico.
Non nego che il racconto in sé potrebbe rientrare nella
letteratura mitica, (mi riferisco al linguaggio e alle immagini usate
per la creazione dell’uomo e al peccato originale), come già detto, ma
queste affermazioni sull’uomo, sono vere. Oggi, dopo circa 40003000 anni dalla data di origine di quei racconti, possiamo renderci
conto che dietro il linguaggio di un racconto, intessuto da alcuni
aspetti apparentemente mitologici, vengono affermate delle verità
sull’uomo che sono vere sia psicologicamente che strutturalmente.
L’uomo pensa, parla ed è cosciente. L’uomo è consapevole della sua
libertà. Può disobbedire a un ordine divino! E non è poco per quei
tempi, mi riferisco all’epoca dello scritto, ovviamente, considerando
la mentalità dello scrittore, se non fosse un libro rivelato. Sono
questi gli elementi, come abbiamo detto, che hanno permesso
all’uomo di passare dalle cime degli alberi alle caverne e quindi alle
case, fino all’uomo evoluto di oggi.
Se non vado errato, nella concezione di evoluzione darwiniana
l’uomo all’inizio non è “uomo” a pieno titolo.70 E’ compito della
scienza, perciò, dimostrare, non solo pensare o ipotizzare, in che
modo le caratteristiche umane si sono instaurate in quella specie che
poi sarebbe diventata uomo, e dimostrarlo con prove vere non solo
attraverso delle possibili ipotesi. Quando Marconi scoprì che si
potevano usare le onde hertziane, non disse “mi sembra che…” ma
dimostrò che era possibile usare queste onde per comunicare,
inventando la radio. Questa è la pura scienza sperimentale.
6. Le conseguenze del monoteismo.
E’ certo che con il racconto biblico inizia il monoteismo.71 Fino
ad allora non conosciamo se non religioni che adorano più divinità
immanenti. Anzi il “timore” (chiaro antropologismo, come tutti i
sentimenti umani attribuiti a Dio) del Dio biblico è che il suo popolo
possa tornare al politeismo, e questo influenza tutte le leggi e la
storia di Israele. Non certo per uno sciocco antagonismo,
ontologicamente e razionalmente inesistente, tra l’unico Dio72 e le
divinità; ma era un modo per portare l’uomo ad abbandonare il suo
immanentismo iniziale ed iniziare il cammino verso la conoscenza
del trascendente, con conseguenze importanti sia conoscitive che
morali-comportamentali.73
La caratteristica delle divinità politeiste è quella di appartenere
tutte al mondo immanente (anche se si tratta di personaggi-déi
fantastici, in genere, riconducibili agli archetipi di cui parla Jung) e
fenomenologico, lo stesso sole, forma più alta di religione politeista,
25
LA BIBBIA ha ragione
appartiene al mondo visibile, immanente.74 Allo stesso modo,
quando si parla di animismo o spiriti, questi sono concepiti in forma
immanente. Per l’uomo pre-biblico ed extra-biblico era (ed è) tutto
racchiuso tra cielo (atmosfera) e terra.
La nascita del monoteismo coincide con la concezione nuova di
una sola divinità che ha la particolarità di non essere immanente ma
trascendente.75
La Bibbia dedica ad Abramo, prima come storia, e poi come
punto di riferimento in assoluto, tutto l’A.T.
Il N.T. fa riferimento a lui in modo inequivocabile e
praticamente come il personaggio chiave dell’intera Bibbia, in
quanto, come uomo, anche Gesù è un discendente diretto di
Abramo.76
Abramo, infatti, è definito il padre del monoteismo, colui che ha
avuto a che fare direttamente con Dio (in ebraico verrà poi
identificato con il nome JHWH),77 e al quale Dio ha rivelato non solo
la sua esistenza, ma anche il suo progetto, sia sul mondo di cui si
dichiara creatore, che sull’uomo, con il quale, per mezzo suo, stipula
un patto o Alleanza. E’ l’Alleanza che contiene il progetto di salvezza,
e che verrà non solo rispettata da Dio, ma darà a questa Alleanza una
connotazione di eternità, cioè finirà quando la storia dell’uomo sarà
conclusa. Come si afferma nel N.T.78
Ma torniamo alle conseguenze filosofiche e teologiche del
monoteismo. E, perché no, anche scientifiche.
Con il monoteismo, come abbiamo detto, nel pensiero umano si
sviluppa e prende forma consapevole il mondo del trascendente, cioè
il mondo al di sopra del fenomeno e della materia.
Anche in questo caso, ci chiediamo: lo scrittore biblico se ne
rendeva conto?
Credo, comunque, che, a prescindere dallo scrittore, questa sia
una verità contenuta in modo inequivocabile nell’intera Bibbia.
Anche il mondo greco, soprattutto con Platone, aveva concepito
un mondo al di sopra di questo: è il mondo dell’iperuranio. In
termini filologici, al di sopra del cielo. Cioè un mondo invisibile
all’uomo, ma che esisteva fuori e al di sopra di questa realtà, dove
abitavano le anime prima della discesa sulla terra. Un secondo
mondo trascendente era quello dei morti, ma sempre immanente
perché era collocato al di là del Nilo nella religione egiziana; sotto il
lago Averno, nella mitologia greco-romana; all’interno delle tombe
nella religione etrusca, ad esempio.
La Bibbia, a differenza di Platone che ce lo presenta come un
mito, ci parla di un mondo trascendente vero, spirituale “abitato”79
dal Creatore. Possiamo dire di un mondo fuori del tempo e dello
spazio: infinito ed eterno. E’ un passo ulteriore a quello di Platone.
26
LA BIBBIA ha ragione
Ma non è un mondo irreale o frutto della fantasia.
Leggiamo dalla Bibbia stessa la storia di Abramo, figlio del
patriarca post-diluvio Terach:
<<Poi Terach prese Abram, suo figlio, e Lot, figlio di Aran,
figlio cioè del suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abram suo
figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nel paese di
Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono.>> (Gen., 11,
31).
Così comincia la storia di Abram, figlio di Terach.
L’incontro con JHWH nel racconto biblico non ha nulla di
trascendentale, anzi è una logica conseguenza dei capitoli precedenti
(creazione, storia di Adamo, il Diluvio universale e la Torre di
Babele): la presenza di JHWH nella Bibbia ha inizio fin da subito.
Dare ad Abramo l’appellativo “padre del monoteismo” è
un’affermazione storica, in quanto, la tribù dalla quale proveniva
Abramo,80 non era monoteista. A lui sarà JHWH stesso a rivelargli
la sua unicità e la storia dei suoi interventi precedenti.
Qual è la particolarità della storia di Abramo? E’ la nuova
avventura dell’Alleanza e la rivelazione della missione da compiere:
rivelare agli altri popoli l’esistenza di un solo Dio, Creatore di tutto,
che verrà a salvare l’uomo.
<<Il Signore disse ad Abram: “Vattene dal tuo paese, dalla tua
patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò.
Farò di te un grande popolo e ti benedirò renderò grande il tuo
nome e diventerai una benedizione. Benedirò coloro che ti
benediranno e coloro che ti malediranno maledirò e in te si diranno
benedette tutte le famiglie della terra.>> (Gen. 12, 1-3).
Il brano ha dello storico in senso ampio,81 e contiene comunque
un concetto: Abramo è designato dal “Signore” ad essere il patriarca
di un nuovo popolo, in una nuova terra destinata a lui e ai suoi
discendenti.
Questo popolo ha una missione da compiere.
Per quello che noi oggi sappiamo di certo, è che veramente la
Terra di Canaan, oggi conosciuto con il nome di Palestina e/o
Israele, esiste veramente, ed è stato teatro fin dai tempi di Abramo,
di una storia singolare: la storia di quello che è conosciuto come
“popolo eletto”.
Una digressione. Abramo e gli altri patriarchi dialogavano
veramente a tu per tu con Dio? Cioè, parlavano con questo essere
trascendente e invisibile che rivelava loro l’imminenza di un diluvio,
la distruzione di una torre o di una città a causa della loro superbia e
dei loro peccati? Noi oggi ragioniamo con altre categorie: il
trascendente non è né il “cielo”, né l’iperuranio di Platone.82 Allora
queste categorie erano sconosciute.
27
LA BIBBIA ha ragione
Comunque, per noi, resta sia il problema del come avveniva
questa comunicazione, e sia, in aggiunta, il problema di sapere se
questi popoli sono frutto di una “evoluzione” darwiniana o
appartengono al concetto di creazione biblica.
E’ certo che la storia di questo popolo esiste, ci sono non solo
tracce archeologiche o antropologiche, a prescindere dalla Bibbia, è
una storia come quella Egiziana, Greca, Romana ecc. che noi non
pensiamo minimamente di mettere in discussione.
Quello che ci mette in imbarazzo è questo rapporto con un
essere trascendente, invisibile, (vederlo avrebbe causato la morte), e
un popolo che segue pedissequamente (anche se con molta ritrosia,
fino a sfidare la sua ira) ciò che di volta in volta Egli diceva e
ordinava.
Questo rapporto con la Divinità seguita ad influenzare ancora
oggi la nostra società.
E’ vero, per esempio, che nessuno pensa che il Papa quando
parla dica cose di cui ha prima discusso con Dio, ma è pur vero che
Lui è ritenuto (dai cattolici, s’intende!) il vicario di Cristo, cioè del
Figlio di Dio incarnato. E lo stesso Gesù è ritenuto Dio e Lui stesso si
è dichiarato tale, anzi è lo stesso Dio di cui parla la Bibbia. Per i
cristiani cattolici è valido il dogma dell’infallibilità quando il
pontefice in forma solenne proclama verità che riguardano la fede o
la morale.
Questa è storia attuale.
Cosa significa, allora, “parlare con Dio”? La risposta è che non
c’è una sola forma per spiegare questa categoria.
Occorre distinguere molto bene, ad esempio, all’interno della
società cattolica, tra istituzione e carisma, (per noi il Papa è il vicario
di Cristo come istituzione, non ne consegue che debba anche avere il
carisma della santità, ad esempio). Questa distinzione tra istituzione
e carisma è fondamentale per non incorrere nella confusione di
identificazione tra persona e dottrina; e non incorrere nell’altro
errore consequenziale, che questa autorità sia solo un’invenzione
umana, costruita a posteriori riflettendo sulla storia di Gesù di
Nazareth, come pretendono alcuni. In ultima analisi “parlare con
Dio” può significare anche altro. Ad esempio pensare, parlare o
scrivere sotto ispirazione. Quindi non è necessario ritenere che Dio
si sia manifestato in forma “visibile” nell’A.T. Dio ha certamente
comunicato con l’uomo, ma il modo non è necessariamente uno solo.
Fine della digressione.
Il tentativo di questo scritto è quello di affermare che sia
l’evoluzione che la creazione possono essere vere. E’ a questo punto
dell’evoluzione (4000 ca. a.C.) che si inserisce, storicamente, il
concetto di monoteismo trascendente.
28
LA BIBBIA ha ragione
Come conciliare queste due realtà: un uomo che all’inizio è
quasi un animale da una parte (la scienza); e che, dall’altra, nella
Bibbia è descritto come inizio del genere umano, ma già uomo come
lo siamo noi oggi, che “parla” con Dio e che pretende di dirci che
questa è la verità?
E’ chiaro che le due realtà sono apparentemente inconciliabili: o
è vera l’una o è vera l’altra.
7. La Bibbia e il concetto di “creazione dal nulla”83.
Riprendo il concetto già accennato prima, e aggiungo alcune
altre considerazioni che estraggo dal racconto biblico della
creazione.
Le prime tre parole con le quali inizia la Bibbia sono: <<In
principio Dio creò>>, che in ebraico suonano ”Bereshit barà
Elohim”.84 A detta degli studiosi di lingua ebraica, la parola “barà”
implica il concetto di “creazione dal nulla.” Introduce un concetto, il
nulla, che forse crediamo di sapere cosa sia, e perciò lo diamo per
scontato; infatti sembra che questo concetto ci scivoli addosso, come
se stessimo parlando del sole o della terra o qualsiasi altro oggetto o
persona che cade sotto i nostri sensi; in realtà, è un concetto difficile
da riempire con qualcosa. Noi non abbiamo l’esperienza del nulla,
anche se è una parola, appunto, che usiamo correntemente non con
il significato intrinseco,85 perché dovunque ci giriamo vediamo
tocchiamo sentiamo sempre qualcosa, quindi il nulla, nella mente
dello scrittore ebraico (e anche per noi), non può che descrivere un
modo di essere precedente la creazione; scompare nell’attimo stesso
della creazione, con il passaggio dal non-essere della materia,
all’essere materializzato.
Concetto inesistente nelle letterature egiziane, mesopotamiche e
così via, dove si presuppone qualcosa di preesistente.
Lo scrittore ebraico dove ha attinto questo concetto?
Per la Bibbia è Dio, perciò, preesistente, che crea la materia: “in
principio”. Crea, cioè, il cielo e la terra, l’universo; la materia
primordiale, il substrato necessario per la ricerca scientifica. Il nulla
è assenza di materia. Dio, secondo questa accezione, è tutt’altro che
materia. E’ Lui il creatore della materia, restando Lui un essere
spirituale e trascendente.
O chi altro ha “fatto” la materia? Il caso? L’antropia? La
selezione naturale?
Dawkins non accetta il concetto di un Dio semplice, perché non
riflette con queste categorie. Pensando alla complessità di alcune
forme di vita animale, ne deduce che se esistesse un Essere capace di
29
LA BIBBIA ha ragione
creare queste forme, non può essere che un Essere più complicato
delle cose stesse create.86
La Bibbia, a mio avviso, viene letta e interpretata, dalla
stragrande maggioranza degli scienziati, come un libro inaffidabile.
Troppo “religiosamente” da parte delle Religioni. Forse non sarà
scientifico, inteso come scienza sperimentale, ma è razionale
certamente, come vengo dimostrando.
8. La Bibbia e la “Parola”.
Più avanti, la Bibbia ci dice con quale mezzo Dio crea, e cioè con
la Parola: <<E Dio disse:”Sia la luce. E la luce fu”>>.87
Non c’è traccia di elemento preesistente. Dio, infatti, come
abbiamo detto, non è materia. Crea la materia (la luce è composta
per l’appunto da neutroni), ma usa la Parola. La Parola di Dio nella
religione ebraica e cristiana è parola creatrice, salvatrice, legislatrice,
con connotazioni religiose. La parola, in ogni caso, non è materia.
Ma cos’è la Parola?88
La parola, in genere, viene detta strumento di comunicazione. E’
vero. Ma la parola non appartiene solo alla comunicazione. La parola
appartiene al simbolo,89 anzi è il simbolo per eccellenza. E’ per
questa sua particolarità che permette di intenderci tra noi. E’
soprattutto lo strumento del pensiero per conoscere la realtà.90
Riflettiamo un attimo: che rapporto c’è tra la parola e l’oggetto o
l’idea che essa rappresenta?
La risposta è che non c’è nessun rapporto se non quel rapporto
che acquista nella lingua (o codice) di cui la parola fa parte. Faccio
un esempio: se dico albero tutti coloro che conoscono la lingua
italiana si rappresentano quell’oggetto, che per loro, se non ci si
riflette come stiamo facendo in questo momento, equivale all’oggetto
stesso, anzi acquista un valore universale conglobando tutti gli
alberi, senza distinzione, diventando un elemento della categoria
universale della “sostanza albero”. Sappiamo che non è così, per
quanto riguarda la prima parte. Infatti, se dico albero a una persona
che non sa l’italiano e non gli indico l’oggetto è la stessa cosa che
succede all’italiano che non conosce, ad esempio, l’inglese e sente
dire o trova scritta la parola tree, che equivale a un suono o uno
scritto senza significato fino a quando non riesce a capire che le due
parole anche se scritte e pronunciate diversamente hanno lo stesso
significato per entrambe le lingue. Cioè si riferiscono e
rappresentano lo stesso oggetto anche se con forme simboliche
diverse.
30
LA BIBBIA ha ragione
Questo significa che la parola è soltanto un simbolo sonoro o
scritto che, se non produce l’effetto di far sorgere l’immagine o il
concetto che essa rappresenta, non ha nulla a che fare con la realtà.
In quel caso resta solo un suono o, come dicono i latini, “flatus
vocis”.91 Perciò la parola ha senso solo quando produce un’immagine
in chi lo ascolta, quando cioè diventa immagine attraverso il suo
funzionamento fisiologico. O produce un concetto, un’idea. Ma la
parola è solo un aspetto materiale e meccanico dell’uomo?
Usata da Dio, come nella Bibbia, la parola oltre che produrre
l’immagine produce anche l’oggetto che essa rappresenta. La parola
di Dio92 si materializza nel suo significato in quanto la Parola di Dio
(nella Bibbia) non è una parola che appartiene a un codice ma è il
codice, quella è l’unica parola che coincide con la realtà. Non a caso
Dio dice ad Adamo di dare un nome alle cose create, non è Lui che
impone il nome alle cose.
Domanda: lo scrittore biblico sapeva cosa affermava o no?
Pensava di stare a scrivere una favola o una realtà?
Quindi un altro fatto importante che troviamo nel racconto
biblico, e non in altri, è questa particolarità della parola che crea,93
usata da Dio; e parola che significa, usata dall’uomo. Ma come ha
fatto lo scrittore di 4000-3000 anni fa a concepire questo concetto?
<<Il Signore Dio formò dalla terra tutti gli animali della
campagna e tutti gli uccelli del cielo e li condusse ad Adamo per
vedere con quale nome li avrebbe chiamati, poiché il nome che egli
avrebbe loro imposto sarebbe stato il loro nome>> (Gen. 2,18-20).
Può sembrare una cosa scontata, una frase inserita in un
contesto letterario, ma in realtà stiamo parlando di un testo, scritto
qualche millennio fa, che afferma delle cose scientificamente esatte,
almeno per quanto riguarda la parola e l’uomo.94 Gli oggetti, gli
animali si distinguono nella realtà solo per forme, colori e
quant’altro che li differenzia l’uno dall’altro. Anche se per effetto
dell’evoluzione e del determinismo, ognuno si è evoluto ed adattato
all’ambiente in modo autonomo e singolare. Non si distinguono per
proprietà come la parola.
Fin dall’inizio, secondo il racconto biblico, l’uomo, invece,
possiede la facoltà della parola, che non è solo la capacità di parlare
(emettere suoni), ma la parola così come l’abbiamo descritta,
simbolo ed evocatrice della realtà. Gli animali emettono suoni,
hanno la facoltà di emettere suoni, che acquistano significati limitati,
ad esempio, ho fame, ho sete, c’è un pericolo… non “parlano”, non
hanno una grammatica e una sintassi;95 emettono suoni che,
suppongo, essere uguali per tutti, che però noi distinguiamo con
parole onomatopeiche da animale ad animale: abbaiare, miagolare e
così via, è perciò è un “linguaggio” univoco ed evoca solo concetti
31
LA BIBBIA ha ragione
riferiti a bisogni primari. Per fare un esempio: se porto il mio cane in
Inghilterra e incontra un altro cane non fa difficoltà a capirlo… o
occorre che segua un corso di lingua inglese?96
Ci sono, è vero, linguaggi universali quali la musica, l’arte, ma
questo è un altro argomento.
Perché l’uomo, invece, acquista (o ha da subito?) la capacità di
conoscere la realtà con il simbolo della parola?97
In greco, presso gli gnostici, abbiamo l’equivalente di questo
termine che è detto “Logos”.98 Termine soprattutto che riguarda il
linguaggio teologico, ma che in sé contiene le stesse categorie di cui
mi sto occupando ora, ed ha in sé il concetto di pensiero che ordina
la realtà.
Termine che ritroviamo negli scritti di Giovanni: nel Vangelo,99
nelle Lettere (1Gv. 1,1) e nell’Apocalisse (Ap.19,13), proprio
nell’accezione detta in nota. E nella Lettera agli Ebrei, con
riferimento a Cristo si afferma: <<Questo Figlio [Gesù], che è
irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e
sostiene tutto con la potenza della sua parola…>> (Ebr. 1, 3) con cui
si vuole alludere alla potenza creatrice della parola-logos identificato
con Cristo. Questo concetto appartiene, perciò, alla Bibbia, tutta, per
la quale la parola è lo strumento con il quale Dio ha creato ed ha
comunicato con noi.
E’ importante estrapolare queste riflessioni dal suo modo
tradizionale d’interpretazione, per dimostrare quanto si viene
dicendo.
***
Nel racconto biblico (faccio una piccola digressione per
integrare il concetto di uomo con il concetto di sociale) quanto detto
sulla creazione dell’uomo si completa con una “riflessione” di Dio:
<<Non è bene che l’uomo sia solo: gli farò un aiuto simile a lui>>
(Gen. 2, 18). La creazione della donna. Non significa
necessariamente un ordine temporale, ma una conseguenza logica
dell’aver creato l’essere umano come un essere destinato a vivere in
società e padrone della riproduzione e sopravvivenza della propria
specie. Questo non implica una gerarchia di poteri ma solo una
differenza di ruoli, anche se poi nell’evoluzione e nella strutturazione
sociale dell’uomo abbiamo assistito non solo a una differenziazione
di ruoli ma anche a un predominio di un genere sull’altro.100 Credo
difficile dimostrare che il Dio della Bibbia sia maschilista. Che nella
società ebraica ci fosse il maschilismo è innegabile, ma c’è differenza
tra Religione ed esistenza di Dio; anche se, in questo caso, Dio e la
società religiosa coincidono, per un fine che già abbiamo esplicitato,
che è la salvezza. Tanto è vero che il responsabile di tutto viene
ritenuto Adamo, come dimostrerò nell’Appendice 1.
32
LA BIBBIA ha ragione
9. Prime conclusioni.
Riassumendo troviamo nei primi capitoli della Bibbia (solo nei
versetti esaminati), dei concetti nuovi rispetto alle letterature
contemporanee, non solo, concetti che vanno oltre una concezione
mitologica, e razionalmente valide:
• Creazione dal nulla.
• Creazione dell’uomo (uomo e donna) a sua (di Dio)
immagine e somiglianza
• La Parola come strumento creatore - identificato, poi nel
N.T., nel Cristo – Figlio e Logos = potenza creatrice di
Dio stesso, nel linguaggio teologico.
• La differenza dei generi e dei ruoli umani.
• Le riflessioni sul come e sul perché lo scrittore biblico sia
venuto in possesso di nozioni come creazione dal nulla,
creazione con la parola, e l’imposizione di un nome a tutte
le cose da parte dell’uomo.
a. Creazione dell’uomo.
Tralasciando i giorni usati come i tempi della creazione,
appartenenti, forse, a un linguaggio mitologico-simbolico, arriviamo
alla creazione dell’uomo, inteso come persona.
I verbi usati dallo scrittore per indicare la creazione degli altri
esseri sono: “Brulichino”, per la creazione dei pesci e degli uccelli;
“Produca” per creare gli altri animali terrestri. Quando arriva alla
creazione dell’uomo usa la frase “Facciamo” l’uomo a nostra
immagine e somiglianza.
Legittimamente possiamo chiederci il perché della differenza.
E’ solo una necessità letteraria o un’intuizione dello scrittore?
Anche questa è una novità che non troviamo presso le culture
limitrofe
allo
scrittore
biblico
di
quei
tempi.
Ma, (e arriviamo alla novità di questo scritto), è per forza vero o
falso la storia di Adamo ed Eva, il paradiso terrestre, il “peccato
originale”, che presuppongono un uomo già evoluto? In quale altro
modo si può interpretare questa storia? Come si può conciliare la
creazione biblica dell’uomo con la storia “vera” su basi scientifiche
dell’apparizione dell’uomo sulla terra?
b. Le dimensioni tempo-spazio.
Se prendo in considerazione il racconto del fango e dell’alito
vitale, questo è possibile, magari, sotto forme equivalenti, trovarlo
33
LA BIBBIA ha ragione
anche presso altre culture e mitologie antiche.101 Ma se prendiamo il
racconto del <<facciamo l’uomo a nostra immagine e
somiglianza>> questa è una storia originale che non ha eguale nelle
altre culture limitrofe né in altre mitologie.102
E’ una storia che va inserita nella dimensione tempo-spazio?103
Se fosse così è chiaro che presuppone un tempo e un luogo ben
preciso, che, però, sembra irrazionale ipotizzare, in quanto la
creazione biblica, dovrebbe essere inserita in una fase postevolutiva, anzi nella fase più avanzata, poiché si parla di un uomo a
tutti gli effetti già ben fatto ed inserito completamente nel suo
ambiente. In quale tribù sarebbe avvenuto il peccato originale? In
quale luogo del pianeta? Monogenismo o poligenismo?
Mi spiego. L’uomo, secondo questa mia logica, non può essere
stato creato in fase evolutiva primordiale perché la Bibbia ci parla
già di un uomo “evoluto” come lo siamo noi oggi. Secondo la Bibbia,
Dio crea l’uomo e non un suo antenato, e questo sembra
chiaramente in contrasto, almeno fino ad oggi, con le scienze
antropologiche, paleontologiche e archeologiche. Quindi occorre
trovare una spiegazione che possa farci capire che il linguaggio
biblico è un linguaggio il cui contenuto non va contro queste
scienze.104
La Bibbia ci parla della caduta dell’uomo da uno stato di felicità
a uno stato di infelicità, e cioè le conseguenze della condanna dopo il
peccato originale,105 essa va oltre l’aspetto puramente fisico, affronta
la sostanza dell’umanità. Tenta di rispondere alla questione chi è
l’uomo.
Si può ipotizzare, perciò, che la sua creazione, fino al
consumarsi della trasgressione e conseguente condanna, equivale a
una fase pre-evolutiva della storia dell’uomo sulla terra. Il fatto, in
questa ipotesi, non può essere accaduto, se così fosse, se non in una
dimensione a-spaziale e a-temporale.
Credo che questa affermazione sia impossibile dimostrarla
scientificamente. Può rientrare, comunque, nella categoria della
razionalità, in armonia con gli attributi divini.
Per ora, quanto affermato, va considerata, è ovvio, solo
un’ipotesi per poter far rientrare la storia dell’uomo pre-peccato
originale in una dimensione pre-evolutiva e quindi in una fase pretemporale e pre-spaziale.106
La seconda parte di questa ipotesi è che la cellula uomo appare
nella fase evolutiva con la sua storia già inscritta nella cellula stessa.
In altre parole l’uomo appare sulla terra, cioè nel tempo e nello
spazio, solo come embrione, con il retaggio della prova fallita, già
inscritta nella cellula. L’idea del Lipton che nella cellula c’è già il
pensiero è la mia ipotesi di fondo.
34
LA BIBBIA ha ragione
Platone, parla di una reminiscenza, come abbiamo visto.
Reminiscenza di un mondo collocato nell’iperuranio.
E’ solo un’intuizione, o potrebbe essere una verità? Inteso come
sto intendendo la verità biblica.
Cosa intende precisamente con il mondo delle idee? forse la
vera collocazione dell’uomo, in contrapposizione al mondo reale?
Qual è la verità vera?
Freud e Jung parlano di “trauma” che ha provocato la
coscienza.107
Ho proposto già l’interrogativo circa la parola, la coscienza e il
pensiero in rapporto all’evoluzione. Teilhard de Chardin pensa che
nella materia ci sia già la coscienza.
Jung, come già detto, parla di archetipi. E anche Darwin si
occupa di archetipi.108
E, come già citato, il simbolo del serpente è considerato come
un archetipo universale. Jung parla della coscienza anche in termini
evolutivi.109
La Bibbia, a sua volta, parla di peccato originale, che è, appunto,
un grosso trauma.
L’ipotesi inizialmente formulata, e cioè quella di un creatore
deterministico, potrebbe avere due aspetti: quello nel creare le cose
inanimate, appunto, e quello nel creare l’essere vivente per
eccellenza, con capacità di autodeterminazione, che noi sappiamo
essere il solo uomo.
La Bibbia sottolinea la differenza con l’uso dei verbi: brulichino,
produca e facciamo, come abbiamo già fatto notare.
Dopo questo stadio a-temporale e a-spaziale, nel quale si
potrebbe essere consumato il racconto della Genesi, abbiamo
l’apparizione dell’uomo preistorico evolutosi, anche lui come tutte le
altre creature, con la differenza che ha già in sé il peso, il retaggio di
quello che chiamiamo “peccato originale”. Anche Freud dedica una
riflessione a questa ipotesi a-temporale,110 riferendosi ai processi
psichici dell’inconscio. E Jung per quanto riguarda gli archetipi.
Certamente non avevano in mente questa nuova prospettiva.
Ma è interessante che questo concetto di a-temporalità venga
invocato dal padre della psicanalisi. L’uomo potrebbe essere
precipitato nella dimensione tempo-spazio e abbia iniziato così il
suo percorso come essere decaduto che deve riacquistare una sua
dignità nei confronti del creatore, verso il quale ha mancato di
fiducia con un atto di disobbedienza.
Né Jung né Freud, certamente, tenevano presente né
direttamente né indirettamente, questa ipotesi, è ovvio, ma
introducono, secondo me, questo processo dell’origine dell’uomo
facendo risalire l’inconscio e gli archetipi a una dimensione al di là
35
LA BIBBIA ha ragione
del tempo. Cosa che appunto sto facendo con queste riflessioni
partendo da un fatto biblico (il peccato originale) che certamente
non è storicamente111 vero, ma sostanzialmente può (o vuole?) farci
capire il processo di come l’uomo, attraverso la coscienza o
consapevolezza, frugando nell’inconscio e negli archetipi, e facendo
riferimento, come nel mito della caverna di Platone, al mondo delle
idee, (dove lo stesso Platone colloca l’uomo “vero”), recupera, una
volta arrivato nel tempo e nello spazio, questa consapevolezza, quasi
fosse dovuta a una lontana reminiscenza.
E aggiungiamo: l’uomo è solo frutto di un processo evolutivo?
L’evoluzione avviene nel tempo e nello spazio. Cosa è successo
prima dell’avvento delle dimensioni112 tempo-spazio?
Cosa intendiamo quando parliamo di eternità e infinito? Sono
dimensioni inventate (concepite cioè come termini linguistici senza
contenuto reale) in contrapposizione al tempo e allo spazio, o sono le
dimensioni dell’essere che chiamiamo Dio-Creatore?113
Da questa reminiscenza, da questo trauma può dimostrarsi vera
la storia dell’uomo non solo materia ma anche spirito, e della sua
esigenza di essere salvato. E cioè, portando all’estremo la teoria
darwiniana, quando appare la prima cellula umana, questa ha già in
sé questo processo avvenuto nella fase a-spaziale e a-temporale.114
E allora il linguaggio della Bibbia e dei sette giorni che possono
essere stati visti come forme mitologiche, acquistano un valore di
reminiscenza di un evento di cui l’uomo ha perso la consapevolezza a
causa del trauma subìto. Ne sono restate, però, le tracce nei suoi
archetipi e nel suo inconscio, che, a questo punto, veramente,
potrebbe essersi formato nella fase pre-temporale, come pare
asserire lo stesso Freud. La Bibbia ce lo ha riportato alla memoria
(riferimento alle tracce mnestiche115 di cui parlano sia Freud che
Jung) in un modo semplice, con un racconto che usa immagini quasi
da favola con contenuti assolutamente scientifici circa l’essenza e
l’intima natura dell’uomo.
Potrebbe essere questo il significato di “libro rivelato”.
In poche parole, l’uomo ha perso il “filo di Arianna” della sua
storia durante il passaggio dalla fase a-temporale e a-spaziale, a
quella temporale e spaziale.116 Dio, con un linguaggio tra il mito e la
storia, ce lo ha riportato alla coscienza e alla memoria. E’ solo
fantascienza antropologica?
D’altronde, nella teoria freudiana e junghiana (teoria accettata
dal mondo scientifico, anche se esse hanno subito delle revisioni e ha
prodotto degli scettici), il trauma è la causa della nascita prima, e
della perdita dopo, della coscienza del comportamento normale,
nella dinamica della natura umana; per guarire da questa
distorsione percettiva della realtà nasce l’esigenza della terapia. Una
36
LA BIBBIA ha ragione
volta eliminata la distorsione e riportato alla luce il modo normale di
percepire la realtà e metabolizzato dall’individuo in terapia, questi
può tornare a una vita di relazione normale.
E’ altrettanto vero, però, che loro consideravano l’uomo una
specie di macchina e non un essere dotato anche di anima.117
E’ solo un’ipotesi, quella di Freud? Per chi conosce la psicanalisi
sa che è possibile eliminare i postumi del trauma con la terapia,
tenuto presente quanto appena citato. Ma Freud nella sua opera Al
di là del principio del piacere, prova a scrivere un’opera di
metapsicologia, come gli era stato richiesto dalla sua amica e
discepola Lou Andreas-Salomè,118 ed è arrivato a parlare di “atemporalità”, specificando che <<So che tali affermazioni suonano
molto oscure, ma devo limitarmi a questi cenni>>, e cioè non sa
bene neanche lui come gli sia venuto in mente, e quindi come
spiegarlo. E non solo.119
Quale ipotesi si può contrapporre a questa? Che l’apparizione
dell’uomo sulla terra va contenuta nei tempi biblici? Credo che in
questo, almeno, dobbiamo inchinare la fronte davanti alla scienza, se
i resti fossili appartengono veramente ad esseri umani. Gli elementi
che abbiamo estrapolato dalla Genesi possono benissimo essere
considerati una descrizione dell’uomo nella fase a-temporale, da
ricollocare nel post-trauma, come archetipi e inconscio.120
Apro una parentesi. Questa ipotesi potrebbe far ridere, perché
attribuire alla Bibbia i concetti di inconscio e archetipi dopo che per
circa due secoli queste posizioni hanno creato lotte e pregiudizi da
entrambi le parti, sembra fuori della realtà. Darwin, Freud, Jung
eccetera, sono stati visti dalla Chiesa (in questo caso come detentrice
della Fede biblica) solo come antagonisti. Questi autori scrivono le
loro scoperte sull’onda dell’Illuminismo,121 e, direttamente o
indirettamente, si riferiscono all’oscurantismo ecclesiastico. Per loro
stessa ammissione si dichiarano materialisti. Viceversa, oggi da un
appartenente alla Chiesa, li si vuole far riappacificare, anzi, inserire
nelle loro intuizioni, i concetti di trascendenza contenuti nella
Bibbia. A me, sia come cristiano, sia come psicologo, l’ipotesi sembra
plausibile, pensando che della natura dell’uomo e della sua origine
ancora non ne sappiamo a sufficienza da poter escludere un’ipotesi o
l’altra.
In sintesi.
Primo: se possiamo accettare da parte del mio essere cristiano
la creazione degli angeli e la loro caduta collocandola fuori del tempo
e dello spazio, perché non poter fare l’ipotesi dell’uomo felice a
tempo pieno, prima della sua caduta “sulla terra” e cioè prima di
essere nel tempo e nello spazio? E se fosse questo il “filo di Arianna”
perso al momento del passaggio nel tempo e nello spazio?
37
LA BIBBIA ha ragione
Secondo: se possiamo accettare da parte del mio essere
psicologo il concetto (parlo di concetto non di verità assolute o
scientifiche), e di conseguenza l’esistenza fenomenologica di
inconscio e archetipo; come filosofo l’esistenza del concetto di
reminiscenza e del mondo delle idee, perché non è possibile
collocare tutto questo nel racconto biblico delle origini? E non solo:
Platone parla di metempsicosi, così come nell’Induismo si parla di
reincarnazione come processo catartico dell’uomo; infatti, la fine
delle reincarnazioni coinciderebbe con la purificazione definitiva
dell’anima, che, così purificata, può finalmente tornare nel Brama
iniziale. Nella metempsicosi, però, c’è un problema simile a quello
dell’uovo e della gallina: il primo uomo non era certamente un
reincarnato… La domanda la so formulare, ma la risposta? La
risposta potrebbe essere proprio l’ipotesi di questo libro: un uomo atemporale e a-spaziale, che a un certo punto della storia, arriva come
embrione e incomincia a raccontare il suo iter e a scrivere la nuova
storia.
Perché queste strade teoriche non possono approdare a questa
tensione interna dell’uomo verso la totalità del sapere, e verso il
desiderio di una felicità eterna? Che senso avrebbe conoscere tutto
questo per poi finire nel nulla? O nella tristezza dell’Ade grecoromano?
In sintesi la scienza sperimentale ha rifiutato la creazione
contenuta nella Bibbia, relegandola a un aspetto quasi mitologico,
escludendo a priori l’esistenza di un creatore. Per questo ha dovuto
professare un materialismo immanente fino all’esasperazione;
ipotizzare una vita fine a se stessa senza prospettive future; trovare
altre fedi o ideali per dare senso a questo tempo della nostra
esistenza; facendosi un dio a propria immagine e somiglianza
rifiutando a priori un altro modo di leggere la Bibbia;122 escludendo
categoricamente la prospettiva che dietro la parola fede possa non
esserci solo un’illusione, ma, forse, anche un contenuto di realtà; e,
infine, escogitando altre ipotesi da contrapporre a quella, troppo
ovvia, della causa-effetto per negare la trascendenza.
Chiusa parentesi.
Allora mi chiedo: l’idea di una causalità fine a se stessa,123 non
potrà mai dare una risposta articolata se non quella di affidare tutto
al caso, o ad altre ipotesi surrogate, e cioè ragionare come se
l’universo si fosse originato per caso o per altre ipotesi, e tutto quello
che è avvenuto da allora ad oggi è solo un susseguirsi di pure e
semplici combinazioni casuali, articolato statisticamente con
l’accumulo e la selezione naturale, o invocando il principio
antropico, escludendo qualsiasi finalità, può essere sufficiente per
dire che è la verità?
38
LA BIBBIA ha ragione
L’uomo, così com’è, può essere compreso in questa visione
materialistica, come fosse, meccanicisticamente parlando, una
macchina qualsiasi, ma che si è evoluto, casualmente, con
caratteristiche che vanno solo apparentemente al di là della
materia?124 Anche per una mente razionale e illuministica in
assoluto, questa risposta può essere soddisfacente? Il racconto della
creazione contenuta nella Bibbia è solo fantasia mitologica? Io, a
questo punto, credo di no… e come scriveva qualcuno, “ai posteri
l’ardua sentenza!”
Riprendendo l’ipotesi appena accennata, credo sia possibile
pensare che l’apparizione dell’uomo sulla terra possa essere
collocata nell’attimo (per noi che non conosciamo se non le
dimensioni spaziali e temporali) che intercorre tra la creazione, il
peccato originale e la condanna. E cioè tra la dimensione a-spaziale e
a-temporale e la sua “caduta” (caduta è un chiaro antropologismo
letterale) sulla terra che dà inizio alla sua temporalità e spazialità. E’
così che potrebbe aver avuto origine la storia a ritroso di questo
essere assolutamente unico all’interno del sistema cosmologico.
Nessun animale assomiglia all’uomo.
La creazione che avviene per mezzo della “parola” risolverebbe
anche il concetto di un Dio semplice e non complesso, come
sostenuto dal Dawkins. La parola nella sua semplicità ci dimostra al
tempo stesso l’onnipotenza di Dio nella sua semplicità.
La Bibbia è un libro “costruito” con un solo intento raccontare il
progetto di Dio nei confronti dell’uomo, e dell’intera creazione,
finalizzata all’accoglienza dell’uomo (intenzionale, cosciente
dell’autore, o una forma di scrittura “automatica” che definiamo
rivelazione?). Ha solo un intento religioso? o che abbiamo solo e
sempre interpretato nel senso religioso? Voglio dire: è solo qualcosa
che riguarda la sola FEDE?126
Non c’è all’interno dell’animo umano questa tensione verso una
forma di atarassia permanente, una pace rispettosa verso tutto e
verso tutti? In fondo anche il mondo sociale, “laico”, non aspira,
come ultimo desiderio, di vedere, finalmente, l’uomo andare in pace
verso l’altro uomo?
Anche il mondo “laico”127 si scandalizza di fronte a delitti di
frode economica, di associazioni a delinquere, di delitti sessuali e
quant’altro. E questo mondo “laico” non giustifica questi delitti
neanche in nome di una libertà assoluta o relativa. Se qualcuno può
smentire che questa è l’aspirazione ultima dell’umanità, allora quello
che ho appena detto, rientra nel mondo della fantasia. Volevo dire
“utopia”, ma sarebbe stato un vocabolo improprio, in quanto l’utopia
resterà tale fino a quando non ci sarà una società quasi perfetta
39
LA BIBBIA ha ragione
(ipotesi non di terzo tipo), mentre la fantasia sarà sempre creatrice
di un mondo inesistente.
La parola chiave della Bibbia è “Alleanza”. Dio si rivela e vuole
proporre all’uomo questo patto: Io ti salverò dal tuo male (il peccato)
che ha interrotto, e che per questo impedisce ancora un rapporto
completamente amichevole con me, (ma non solo, anche con i tuoi
simili); IO farò in modo che tu “autonomamente” e in piena libertà
possa diventare eternamente felice, se accetti il mio patto dopo che
tu hai perso la guerra dell’illusione di diventare completamente
simile a me. Questo aspetto, a mio modo di vedere, conferisce una
forte autonomia e personalità all’uomo, anche se si è reso schiavo del
suo tentativo di ribellione. Dio non lo considera un suo schiavo ma
una persona, soggetto di diritti e di doveri, a tutti gli effetti,
nonostante la ribellione.
La novità della Bibbia è proprio questa seconda iniziativa128 di
Dio nei confronti dell’uomo. L’uomo, nella persona di Noè prima, di
Abramo, di Mosè, di Davide e dei profeti nell’A.T., e nella persona di
Cristo nel N.T., il quale conclude la sua apparizione terrena
stabilendo la nuova ed eterna (non ce ne sarà più nessun’altra)
Alleanza, che sarà suggellata (dobbiamo dire che ormai è stata
suggellata) con il suo sacrificio, il quale simbolicamente per noi,
materialmente per Lui, racchiude e riassume tutti i sacrifici129 offerti
a JHWH fino a quel giorno, è l’uomo dell’Alleanza, è l’umanità.
Cristo, contenuto ultimo di questa Alleanza, inizia, accetta e
conclude nella storia questo percorso, che dopo la sua Resurrezione,
diventa, contemporaneamente, un cammino individuale e
comunitario del singolo uomo e dell’intera umanità.130
Si tenga presente che in questo processo è chiamato in causa
come arbitro indiscusso la sola libertà dell’uomo: può accettare o
rifiutare la proposta di Dio. Così com’era già avvenuto in occasione
del “peccato originale”.131 E’ importante sottolineare questo aspetto
della accettazione libera del progetto di salvezza. Solo con questo
principio possiamo capire l’atteggiamento del Creatore.
La libertà è il valore assoluto sul quale si è giocato la sfida tra
l’uomo e Dio, e che seguita ad essere il valore con il quale ci
giochiamo la nostra stessa esistenza.
A questo punto si può dire che la Religione, in questo caso
quella Cristiana, e in precedenza quella Ebraica, non sono che
trasmettitori della notizia. Esse hanno una missione intermediaria e
non sono fine a se stesse. Né tantomeno arbitri della salvezza altrui.
Può essere anche una risposta a coloro che pensano che Dio non
esiste perché c’è il male. Il male (morale) è una scelta individuale,
tenendo presenti tutte le attenuanti. Così per il male fisico: fa parte
della natura mortale e decaduta dell’uomo. Non è una punizione
40
LA BIBBIA ha ragione
della divinità. Una risposta la troviamo nel Vangelo di Giovanni (Gv.
9, 1-3):
<<1Passando vide un uomo cieco dalla nascita 2° i suoi discepoli
lo interrogarono: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori,
perché egli nascesse cieco?”. 3Rispose Gesù: “né lui ha peccato né i
suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di
Dio”.>>
Dio ricorda all’uomo il perché di questo patto e la necessità che
questo patto venga stipulato accettato e rispettato: la sua felicità.
Qualcuno, all’uso di questa parola felicità giustamente, si
chiederà dove si può trovare la prova di queste affermazioni e perché
l’uomo ha bisogno di essere eternamente felice, e salvato… Se si
invoca il libero arbitrio, e giustamente, chi non vuole non è costretto
ad accettare questo tipo di felicità… La risposta, un’altra risposta,
può essere trovata, sempre, nella Bibbia, e nella stessa natura
dell’uomo: la felicità è il rimpianto del “Paradiso perduto”,132 e allora
invocando l’a-temporalità dell’inconscio freudiano e degli archetipi
junghiani, possiamo riportare questo bisogno al DNA della cellula
umana. Chi ci proibisce di pensare che questi linguaggi saranno
unificati dalla prova della realtà?
Ripartendo dall’ipotesi che il “peccato originale” possa essere
avvenuto nel momento stesso della creazione dell’uomo, in un
momento a-temporale e a-spaziale, l’uomo fa parte del grande
progetto intelligente del creatore, e a questo punto possiamo dire
che il fine dell’intera creazione è quello che Dio vuole: farsi
conoscere o meglio, ri-conoscere, da un altro essere da lui stesso
creato con il quale intraprendere un colloquio e al quale ritrasmettere133 il sommo della conoscenza: la felicità. Dio non ha
bisogno dell’amore dell’uomo, semmai il contrario. L’uomo appare
sulla terra nel momento opportuno, quando cioè tutto è pronto per
accoglierlo e permettergli di iniziare un cammino verso il suo totale
sviluppo fisico e spirituale.134
Questo serve per spiegare in modo razionale (non scientifico)135
il perché l’uomo all’inizio è sì un uomo, ma sembra (o è) piuttosto un
animale (come vorrebbero alcuni). L’ipotesi che io faccio è che
l’uomo ha sperimentato uno stato di felicità iniziale nella
dimensione a-temporale e a-spaziale e le parole di condanna
<<lavorerai per vivere>> e <<partorirai con dolore>> e <<dalla
polvere sei venuto e polvere ritornerai>> corrispondono al
momento della sua apparizione sulla terra (a questo punto, non
come un soggetto già sviluppato, ma come cellula) già con questo
retaggio. E d’altra parte, nel racconto biblico sembra proprio una
caduta dall’alto verso il basso (nell’accezione sopra spiegata), la
condanna dell’uomo:
41
LA BIBBIA ha ragione
<<All’uomo disse:”Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e
hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato: non ne devi
mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! (…) Con il sudore
del tuo volto mangerai il pane: finché tornerai alla terra, perché
da essa sei stato tratto: polvere sei e in polvere tornerai!>> (Gen. 3,
17-19).
Lipton, nel libro più volte citato, in fondo racconta questa sua
evoluzione interiore: da semplice biologo agnostico, passa
all’acquisizione della certezza che nella cellula già c’è il pensiero che
influenza poi ogni singolo DNA individuale.
Dal punto di vista fenomenologico è evidente che l’apparizione
dell’uomo fisico sulla terra è quello legato al fenomeno evolutivo (per
far capire meglio la mia ipotesi di cellula, la teoria evoluzionistica
non dice dell’origine della vita come di esseri già differenziati, ma di
un brodo primordiale che dà origine alla vita,136 allora ancora
indifferenziata), ma è anche vero che, sempre fenomenologicamente,
l’uomo non è un semplice animale, il quale si è evoluto solo
fisicamente e morfologicamente senza nessun altro tipo di
evoluzione, se non quella di adattamento. Per me l’uomo è uomo
(concetto di animal rationale) fin da subito, come fin da subito un
altro animale è così nella sua specie, anche se morfologicamente, nel
tempo, subisce degli adattamenti… all’inizio può sembrare
morfologicamente piuttosto un ominide o una scimmia, ma è
essenzialmente uomo.137
Agli altri animali mancano le facoltà specifiche dell’uomo, e in
primis, la consapevolezza. Per questo hanno mantenute intatte le
loro caratteristiche e abitudini iniziali e cioè l’istinto138 finalizzato
alla sopravvivenza. L’uomo ha modificato il suo habitat, ha affinato
le sue caratteristiche di migliorare la permanenza sulla terra, e
quindi ha modificato anche il suo status sociale, non venendo mai
meno all’altra sua caratteristica fondamentale, appunto, di essere
sociale. E’ questa la seconda parte dell’evoluzione dell’uomo, non il
passaggio da una specie che era quella di appartenere alla specie
“scimmia”, che si evolve in specie “homo”, che è ora. L’uomo come
tutto e tutte le specie, si è evoluto all’interno della sua stessa specie
che da sempre è stata la specie “homo”. Per cui credo che non sia
necessario andare in cerca dell’anello mancante. Si può partire fin da
subito considerando i nostri antenati antropomorfi, se sono
veramente tali, già uomini a tutti gli effetti. E d’altronde mi chiedo,
perché solo per la specie umana mancherebbe questo anello? Per le
altre specie animali l’evoluzione procede senza salti e sbalzi di sorta.
Perché? Qualcuno ce lo dovrebbe spiegare. Gli altri animali non
hanno bisogno di un salto di qualità, mentre l’uomo per diventare
42
LA BIBBIA ha ragione
tale sì… Forse l’anello è questa ipotesi di cui stiamo parlando? Il
ricorso a una fase a-temporale e a-spaziale.
Di conseguenza nella prima cellula umana era contenuta tutta la
dimensione fisica, ma anche la dimensione metafisica e spirituale
dalla quale proveniva. Non è certamente un principio scientifico in
quanto non più sperimentabile, ma…
La scienza deve partire dal fenomeno uomo, e deve spiegare in
che modo questo animale speciale è stato capace prima di fare il
salto di qualità (se veramente ci fosse stato…), e poi di diventare
padrone di se stesso e delle leggi della natura. E’ sufficiente la
risposta-ipotesi solo per un fortuito caso di combinazioni favorevoli,
o, in alternativa, è possibile ipotizzare che la cellula “homo”
contenesse, fin dall’origine, già tutta la sua storia?
Non basta dire “non può che essere così”.139 Già l’ho detto, la
scienza deve studiare il fenomeno, cioè quello che già esiste, perché,
piaccia o non piaccia, la realtà è ormai stabilizzata in questo modo.
L’affermazione di Leibniz <<questo è il migliore dei mondi
possibili>> può essere interpretato come una rassegnazione, ma
anche come una certezza.
E’, pertanto, ipotizzabile per l’uomo una fase pre-evolutiva
avvenuta fuori del tempo e dello spazio. E’ contenuto nel concetto di
creazione dell’uomo biblico: l’uomo è fatto ad immagine e
somiglianza del Creatore nelle sue peculiari particolarità di “uomo”.
Se la Bibbia non racconta favole, la storia dell’uomo biblico non
contiene solo la storia temporale ma anche quella precedente che
essa ci ha “rivelato” partendo dalla creazione fino all’apparizione
sulla terra.
E’ solo un’ipotesi?
La scienza, inoltre, ci deve ancora spiegare che cosa è il
pensiero, la parola e la coscienza come anticipato, e come sto per
dire.
c. Il Pensiero.
In qualche manuale di psicologia nel capitolo riguardante il
pensiero si resta alla formulazione della domanda. In altri manuali
l’argomento non viene affrontato in modo diretto.140 Nei dizionari di
psicologia non si dice che cosa è il pensiero, ma se ne descrivono le
operazioni attribuite al pensiero.141
Oppure leggiamo questa definizione:<<Comportamento
condotto in termini di operazioni mentali (rappresentazione o
processi simbolici); soluzione dei problemi a livello astratto distinta
dalle soluzioni di natura percettiva e da quelle implicanti una
diretta manipolazione.>>142
43
LA BIBBIA ha ragione
Anche Jung quando parla di pensiero non si preoccupa di cosa
sia, ma parla solo della funzione del pensiero che, per lui, equivale a
un prodotto della mente .143
E Vladimir Levi per superare la domanda “che cosa è il
pensiero” ricorre al concetto di macchina.144
E Pascal:<<Tutta la dignità dell’uomo sta nel pensiero. Ma che
cos’è questo pensiero? Com’è sciocco!>>145
Ma in definitiva, veramente, che cosa è questo “pensiero”? In
altre parole, alla domanda che cosa è il pensiero, come si può e si
deve rispondere?
Il pensiero è la principale attività del “cervello”146 umano. Non è
possibile, finché siamo in vita, smettere di pensare neanche per un
solo istante, anche se non ne siamo perfettamente consapevoli.
Come è impossibile smettere di respirare. Il che significa che la
natura umana, l’uomo in sé e per sé, è strutturato per pensare, fin
dall’inizio. Non credo sia necessario chiedersi qual è il primo
pensiero di un bambino, come si chiede il Levi. Il pensiero esiste
come il respiro, il tempo ci dice solo il momento della
consapevolezza del pensiero. Un bambino pensa, nella cellula c’è il
pensiero come dice il Lipton. Il pensiero è come l’aria: è dappertutto.
La natura dell’uomo è basata su tre aspetti.
Il primo è quello fisico e cioè il “fenomeno” uomo, e questo è
indiscutibile: l’uomo esiste così come sappiamo: bianco o nero, sano
o malato, ecc. Tutti sono uomini se rientrano nella specie “homo”.
Il secondo aspetto riguarda quello della sua assoluta
immanenza. E’ parte integrante di questa natura.
Il terzo aspetto si può esprimere con questa domanda: c’è
nell’uomo anche una reale trascendenza, riferendoci alle sue
specifiche caratteristiche?
La specie “homo” proprio perché è quello che abbiamo detto, va
approfondito, non solo in merito alla sua origine, ma anche in
merito al perché della sua natura “razionale”: se egli ha un’anima, se
questa è immortale, ecc. e tutto questo non è che la conseguenza di
un altro fattore molto importante, e cioè che l’uomo è anche un
essere pensante. Pensare147 secondo la definizione del dizionario, è la
funzione che distingue l’uomo dall’animale. Quando l’uomo ha
capito di capire ha anche scoperto il pensiero, quella facoltà che ha
nella mente148 che corre veloce più di qualsiasi altra cosa che lui
conosce, che gli ha fatto dire che nel pensiero ci doveva essere
qualcosa di diverso dal corpo, dal fisico, dalla materia.
Facendo il cammino a ritroso possiamo immaginare di tornare a
quell’uomo che per primo ha scoperto di possedere questa facoltà e
che noi, ovviamente, non sapremo mai chi è, il quale si è anche
chiesto: cos’è il pensiero? Come faccio a pensare? Come si genera il
44
LA BIBBIA ha ragione
pensiero? Ebbene per queste domande io propongo queste due
possibili risposte:
1. Aspetto immanente.
Se il pensiero è soltanto il risultato di una elaborazione, esso è il
risultato di una sinapsi,149 così come lo è qualsiasi movimento, gesto
o parola (inteso solo in senso meccanico o fisiologico), dell’uomo
fisico. Infatti, l’uomo fisico non è se non il risultato di un
meccanismo perfetto e sincronico di un elaboratore (il cervello)150
che trasmette ordini a qualsiasi altro organo, dopo aver preso
informazioni dal mondo esterno attraverso i cinque sensi;
informazioni che rielabora e sintetizza in un ordine: fai questo, vai lì,
stai fermo ecc. In questo caso il pensiero non sarebbe che la vetta del
fisicismo assoluto dell’uomo, e quindi destinato a morire con lui.
2. Aspetto trascendente.151
L’altra ipotesi è quella che esso pur appartenendo alla fisicità
dell’uomo sfugge a qualsiasi tipo di studio, o di inquadramento
scientifico immanente, in quanto esso appartiene alla unicità della
persona. Ogni uomo (persona), infatti, pur essendo dotato degli
stessi cinque sensi e dello stesso cervello, elabora un proprio
autonomo pensiero anche in presenza di stesse percezioni fisiche e
stesse realtà esteriori.
In concreto, pur essendo dotati degli stessi strumenti, non
produciamo gli stessi effetti in modo univoco.152
Mi spiego: un treno può passare su tutti i binari del mondo e
quello che fa un treno, allo stesso identico modo, lo possono fare
tutti treni, senza cambiamento sostanziale (il treno, per esempio,
può essere di diversi colori, diverse dimensioni ecc. ma non può che
usare sempre gli stessi binari per arrivare a una determinata
stazione), per il pensiero no, non è così. Un tramonto, ad esempio,
fisicamente è uguale per tutti coloro che lo vedono lo stesso giorno
alla stessa ora e allo stesso luogo, ma le emozioni, e di conseguenza, i
pensieri che provoca no; essi sono tanti quante sono le persone che
assistono a quel tramonto.153
Questo esempio ci dimostra che pur elaborando ogni uomo il
pensiero questo non provoca in tutti le stesse emozioni, parole,
scritti ecc.
Qualcuno potrebbe obiettare che questo fenomeno della
soggettività della percezione non è possibile nella percezione dei
numeri, in quanto non può esistere che una sola percezione, ad
45
LA BIBBIA ha ragione
esempio: 2+2=4. Non è ammessa una percezione personale. E così si
può dire delle leggi scientifiche e quant’altro risponde ad una
effettiva oggettività univoca. Ma anche nella freddezza dei numeri e
di una legge scientifica è presente un aspetto emotivo della singola
persona, e quindi percettivamente significativo.
A parte quest’ultimo aspetto, ci chiediamo, comunque, il perché
di queste differenze: sono solo dovute all’educazione, all’istruzione,
alle circostanze e così via, oppure sono dovute al fatto che in ciascun
uomo è presente una persona “invisibile” (il dualismo rifiutato da
alcuni scienziati, o i “due soggetti” invocato da Jung) che trasforma
un evento o un discorso, o semplicemente una parola, in una
percezione,154 che come meccanismo è uguale per tutti, ma che
diventa unico perché quell’elaborato percettivo appartiene solo a
quella persona e a nessun’altra; questo fenomeno, questa unicità
nella diversità, è causata da quella “persona invisibile” (o stato
interiore) che possiamo chiamare anima, che alla fine non potrebbe
essere altro che la vera unicità di ciascuno di noi. Il pensiero perciò,
anche se può essere dimostrato fisiologicamente con il meccanismo
della sinapsi, porta risultati diversi per ogni singola persona.
Possiamo dire che in ogni uomo è presente una entità invisibile ma
che ne definisce le qualità singolari, che gli psicologi chiamano
personalità. E che il cristianesimo asserisce quando insegna che
ognuno di noi è un capolavoro di Dio. E’ la presenza della realtà
trascendente nell’immanente.
E’ sufficiente per uscire dalla pura e semplice meccanicità e
fisicità dell’uomo?
d. La coscienza o consapevolezza.
La stessa cosa si deve dire della coscienza. E’, anch’essa, solo
frutto di sinapsi, o le va aggiunto un aspetto trascendente?
Scrive Tart:<<Noi non sappiamo scientificamente quale sia la
sua [della coscienza] natura ultima, ma è questo il punto dal quale
partiamo.>> E aggiunge in nota:<<Il lettore può chiedere:”Come
possiamo studiare la consapevolezza o coscienza quando non
sappiamo cosa sia fondamentalmente?”. La risposta è: ”Nello stesso
modo in cui i fisici hanno studiato e ancora studiano la gravità: essi
non sanno che cosa sia , ma possono studiare come agisce e in che
modo sia in rapporto con altre cose.”>>155
Anche in questo caso vale quanto detto del pensiero e della
mente: conosciamo il risultato ma non sappiamo dire esattamente
cosa sono scientificamente “in sé”. E’ quasi (dico quasi con un po’ di
ironia riferendomi a Dawkins) certo che non è materia assoluta.
Abbiamo già affrontato l’argomento in precedenza (vedi la lunga
citazione di Freud), che differenza c’è tra pensiero e coscienza? Così
46
LA BIBBIA ha ragione
all’impronta si potrebbe dire che il pensiero spazia nel campo di una
libertà assoluta nella percezione; la coscienza, intesa come autoconsapevolezza naviga nell’ambito della percezione delle regole
etiche e morali, delle scelte consapevoli che regolano la vita
individuale e sociale. E’ un pensiero strutturato entro confini ben
precisi, quello della conoscenza e applicazione delle regole, e
comprende valori come responsabilità, moralità, ecc. Sono essi, alla
fine, che distinguono il comportamento umano da quello animale. E’
una facoltà che fa del trascendente (valori e scelte comportamentali),
un’applicazione nell’immanente.
Anche in questo caso se fa parte solo di un funzionamento
fisiologico, si può dire che è la strutturazione del pensiero libero in
una sequenza di atti risultanti da una scelta valoriale che hanno solo
la finalità di dare la possibilità, alla natura sociale dell’uomo, un
minimo di rispetto di regole comportamentali comuni.
Se invece non è così, allora, anche in questo caso, dobbiamo dire
che è una facoltà trascendente, che ha come finalità quella di portare
la persona al fine ultimo della felicità. Oppure, come dice Lidz della
mente, possiamo dire noi del pensiero, della parola e della coscienza
<<nessun pensatore serio può rinchiuderli nel cranio come parte
del cervello>> (o.c. p. 40).156
Anche Jung, come in precedenza Freud (vedi citazioni
precedenti), si sono occupati, e non poteva essere altrimenti, della
coscienza. Jung se ne occupa ne “L’uomo e i suoi simboli”, come
detto in precedenza.
Il mio ragionare vuole essere semplice e immediato. E’ vero che
le risposte sono aperte, ma è altrettanto chiaro che il tutto ci lascia
non nel dubbio, ma nella certezza che questi tre elementi costitutivi
della natura umana, oltre che un funzionamento fisiologico
immanente, hanno in sé l’aspetto della trascendenza umana.
Chiunque, però, è libero, di trovare quella che ritiene sia la soluzione
giusta per dimostrare la loro immanenza, purché con prove
scientifiche nel senso pieno del termine, poiché se non si ammette il
trascendente, l’immanente ricade tutto nel campo della scienza
sperimentale e in quanto tale può e deve sperare di acquisire prove
scientifiche.
e. L’anima.
A questo punto diventa impossibile, anche alla luce del pensiero
materialista, non introdurre, parlando di uomo, il concetto religioso
(solo?) di anima.157
Platone le colloca nell’iperuranio, nel mondo delle idee.
Lipton lo colloca all’interno del mondo cellulare.
La scienza ufficiale lo ha eliminato dal suo vocabolario.158
47
LA BIBBIA ha ragione
Cicerone, invece, crede nella sua immortalità,159 come del resto
tutto il mondo egiziano, greco, romano, società di una religiosità
immanente.
Anche nel mondo preistorico troviamo tracce della credenza
nella sua immortalità, ipotizzando che la sepoltura presupponesse
questa credenza.
Troviamo il concetto di anima trascendente, ovvio, nella cultura
ebraica e in quella cristiana.
Inoltre la ritroviamo come concetto trascendente nelle culture
medio-orientali (Islam) e orientali, che ha come scopo la
purificazione che coincide con la fine delle reincarnazioni.
Nella Bibbia questa parola appare la prima volta nel cap. 49
della Genesi, versetto 6, sulla bocca di Giacobbe: <<Nel loro
conciliabolo non entri l’anima mia, al loro convegno non si unisca il
mio cuore. Perché con ira hanno ucciso gli uomini e con passione
hanno storpiato i tori>>. In questo contesto, però non si parla di
anima separata dal corpo, ma piuttosto di un sentimento.
La incontriamo ancora nel Deuteronomio, cap. 4, versetto
29:<<Ma di là cercherai il Signore tuo Dio e lo troverai, se lo
cercherai con tutto il cuore e con tutta l’anima.>> Anche in questo
caso si parla di un sentimento.
La prima volta che incontriamo questa parola come sinonimo di
vita è nel I Samuele, cap. 25, versetto 29:<<Se qualcuno insorgerà a
perseguitarti e a cercare la tua vita, la tua anima, o mio signore,
sarà conservata nello scrigno della vita presso il signore tuo Dio,
mentre l’anima dei tuoi nemici egli la scaglierà come dal cavo della
fionda>>.
Si parla della vita dell’anima, intesa come dovuta a
comportamenti buoni, nell’episodio di Uria, fatto tornare a casa
dalla guerra dal re Davide, il quale aveva messo incinta la di lui
moglie, Bersabea; Davide, per mascherare il malfatto, avrebbe
voluto che quella notte Uria dormisse a casa con la sua consorte.
Uria dice a Davide:<<L’Arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende,
Joab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta
campagna e io dovrei entrare a casa mia per mangiare e bere e per
dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua
anima, io non farò tal cosa!>> (2Sam., 11, 11).
Arriviamo a parlare di dualismo corpo anima, per la prima
volta, nel Primo libro dei Re: è un miracolo del Profeta Elia:<<Si
distese [Elia] tre volte sul bambino e invocò il Signore:”Signore Dio
mio, l’anima del fanciullo torni nel suo corpo” . Il Signore ascoltò il
grido di Elia; l’anima del bambino tornò nel suo corpo e quegli
riprese a vivere.>> (1Re, 17, 21-22).
48
LA BIBBIA ha ragione
Si parla di anima che cadrà nella fossa, verosimilmente fossa sta
per condanna, in seguito a comportamenti sbagliati, quindi se ne
asserisce l’immortalità:<<Dio parla in un modo o in altro, ma non
si fa attenzione. Parla nel sogno, visione notturna, (…) per
distogliere l’uomo dal male e tenerlo lontano dall’orgoglio, per
preservarne l’anima dalla fossa e la sua vita dalla morte
violenta>>. (Gb., 33, 15-18).
E nel Salmo 16, versetto 9 si canta:<<Di questo gioisce il mio
cuore, esulta la mia anima anche il mio corpo riposa al sicuro.>>
In Zaccaria 12,10 si parla di “spirito” formato nell’intimo
dell’uomo dal <<Signore che ha steso i cieli e fondato la terra>>.
Altri autori che parlano di spirito sinonimo di anima sono
Ezechiele e Isaia.
Riguardo alla sua immortalità nel 2 libro dei Maccabei è famoso
il settimo capitolo in cui si racconta il martirio di sette fratelli e della
loro madre che accettano la morte in vista della resurrezione.160
Di questa, cioè della resurrezione dell’uomo e quindi di
un’anima immortale, parla anche Gesù ai Sadducei:<<23In quello
stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non
c’è resurrezione, e lo interrogarono: 24”Maestro, Mosè ha detto: Se
qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così
susciterà una discendenza al suo fratello. 25Ora, c’erano tra noi
sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo
discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. 26Così anche il secondo,
e il terzo, fino al settimo. 27Alla fine, dopo tutti, morì anche la
donna. 28Alla resurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie?
Poiché tutti l’hanno avuta”. 29° Gesù rispose loro: “Voi vi ingannate,
non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. 30Alla
resurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è
come angeli nel cielo. 31Quanto poi alla resurrezione dei morti, non
avete letto quello che vi è stato detto da Dio: 32Io sono il Dio di
Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Ora, non è Dio dei
morti, ma dei vivi”. (Gv., 22, 23-32)
Esaminando la Bibbia, pertanto, anche nel N.T., non c’è nessun
dubbio che il concetto di anima è quello di un elemento separato dal
corpo, destinato a sopravvivere al corpo stesso.
Ma ciò che non cade sotto i nostri sensi, non è materia, e, per
definizione, non appartiene all’indagine scientifica.
E’ sufficiente per negarne la realtà?
E’ chiaro che no, perché come dice Tart, anche i fisici studiano
la gravità, di cui conoscono gli effetti e quant’altro, senza sapere
bene cosa sia e senza che essa cada sotto i nostri sensi, se non gli
effetti da essa prodotti. Qualcuno potrà obiettare che gli effetti della
gravità sono palpabili. Ma, si può rispondere che anche l’anima
49
LA BIBBIA ha ragione
sembra produrre effetti palpabili… ognuno ha la propria singola e
unica personalità.
Nell’indagine su Dio ci viene in aiuto la causa-effetto; per
quanto riguarda l’anima, invece, lo scienziato coscienzioso può solo
concludere con la frase, ormai abusata da me, di Lidz:<<La mente
(in questo caso l’anima) non può certamente stare dentro il cranio
con il cervello!>>
Ciononostante, non significa che possiamo dimostrarne con
prove scientifiche la sua esistenza e la sua immortalità. La prova può
essere quella della ragione: se non so spiegarmi che cosa siano “in
sé”, all’interno del mondo materiale, il pensiero, la parola, la
coscienza pur tuttavia non posso negarne l’esistenza, la stessa cosa si
deve affermare dell’anima. Siamo nel campo del trascendente.
10. Conclusione.
Concludendo questo capitolo possiamo dire che l’ipotesi
principale in esso contenuto, è quella della iniziale storia dell’uomo
collocata fuori del tempo e dello spazio perché solo così sembra
possibile conciliare ciò che afferma la scienza sull’origine dell’uomo
con quello che asserisce la Bibbia. E’ una prima risposta alla
domanda iniziale: La Bibbia racconta cose vere?
Mentre la Bibbia argomenta in modo coerente in quanto parte
da una creazione, all’interno della quale è possibile collocare anche
l’evoluzione, la scienza (parte di essa, in verità) tiene in
considerazione la sola evoluzione, e non riesce a chiudere il
processo, in quanto non dà risposte certe circa l’origine della
evoluzione. Darwin, però, non nega la Creazione, mentre i suoi
seguaci si.
L’evoluzione, per noi, è un meccanismo all’interno di un sistema
già esistente. Anche l’ipotesi Bing Bang come origine del tutto, per la
scienza anch’esso è solo una pura esplosione di energia, della quale
non sa dire, o non vuole porsi la domanda, chi l’ha originata.161
Spesso si confonde la scienza con le sole ipotesi scientifiche.
Abbiamo cercato di argomentare le nostre affermazioni con
categorie razionali e filosofiche in genere; con categorie scientifiche,
citando autori sia delle scienze biologiche che di quelle psicologiche,
psicoanalitiche e glottologiche, quando è stato possibile.
In questo modo è stato più facile affermare che la Bibbia è un
libro “rivelato”, cioè contiene una verità che attinge a quelle
categorie quali inconscio e archetipo, anche se chiaramente non
presenti esplicitamente nel testo biblico; e viceversa, per motivi
opposti, negli autori che parlano di quelle categorie non sono
50
LA BIBBIA ha ragione
presenti le categorie bibliche. Esse, però, messe insieme, potrebbero
farci risalire al “filo d’Arianna” che si potrebbe essere perso nel
passaggio dalla dimensione a-temporale a quella temporale.
Inoltre, se tutta questa ipotesi fosse vera, l’antropologia biblica
della storia della salvezza si potrebbe e dovrebbe applicare all’intera
umanità.
La novità, quindi, è l’ipotesi della collocazione della creazione
dell’uomo in una dimensione a-spaziale e a-temporale nella quale si
consuma il peccato originale; e, secondariamente, quando appare
sulla terra, in una fase evolutiva avanzata, ci arriverebbe come
cellula embrionale con inscritta già la sua storia.
Il campo resta aperto, è ovvio, e anche la domanda iniziale sulla
veridicità o meno di quanto contenuto nella Bibbia.
Per quanto riguarda l’aspetto “metafisico” dell’uomo (cioè le sue
prerogative qualificanti come il pensiero, la coscienza e la parola), la
scienza slitta sul problema. Di fronte a questi argomenti, Darwin,
nella sua funzione di naturalista, cerca di attribuire ad alcune
categorie evolutive come l’uomo, la presenza in esso di “altissime
facoltà”, come lui le chiama. In teoria le ascrive come facoltà
collocate nell’immanenza dell’uomo, ma non riesce ad escluderne
una possibile e scientifica trascendenza. Nella Bibbia la trascendenza
è un concetto evidente. E, come ho cercato di dimostrare, la scienza
non si arrende asserendo un uomo non metafisico, ma con
prerogative metafisiche. Cerca di spiegare queste prerogative con la
sola immanenza con la convinzione che “non può che essere così”.
Non riesce a dimostrarne categoricamente la sola immanenza. La
dimostrazione, pertanto, di un uomo assolutamente immanente e
frutto della sola evoluzione non è (ancora? La storia non finisce oggi)
una dimostrazione certa e probante dal punto di vista scientifico.
Noi, partendo dalla Bibbia, elaborando soprattutto il concetto di
Parola abbiamo cercato, invece, di argomentare anche sulla
coscienza e il pensiero, dimostrando che pur operando nella
immanenza, esse non sono facoltà spiegabili con la sola materialità.
La Parola è la sintesi del pensiero e della coscienza. Parola che in
Dio, analizzando bene le categorie bibliche, non è simbolo ma realtà,
in quanto coincide con la realtà creata.
Nell’uomo la parola, in quanto elemento indicante la realtà, è la
sintesi sia della sua immanenza che della sua trascendenza.
E’ un’ipotesi che può essere sostenuta proprio dal non sapere
ancora che cosa siano in sé, materialmente, come dice Jung, il
pensiero, la coscienza e la parola.
51
LA BIBBIA ha ragione
Note Capitolo I.
1.
parola.
Si capirà in seguito il senso di questa frase, quando si parlerà della
2.
Non vorrei che queste “piccole verità” venissero, in seguito, confuse
con l’accumulo di “piccole probabilità” di cui parla il Dawkins nel suo libro.
3.
<<E’ molto bello ed elegante partire da idee semplici, tesserle
lentamente in strutture interconnesse e arrivare a far emergere alla fine un
modello teorico complesso e concatenato. Seguire la tessitura di un tale
modello, passo passo, può essere un’esperienza estremamente stimolante. Ma
purtroppo è facile impantanarsi nei dettagli.>> In TART C.T., Stati di coscienza,
Ed. Astrolabio, Roma, 1977, p. 15. Anche V. Levi quando parla del pensiero e
dice che se esso fosse qualche cosa di tangibile e materiale, e pertanto, se si
potesse riuscire ad “afferrare il pensiero” e ad “addomesticarlo”, si potrebbe
mettere tutti d’accordo. In LEVI V., I misteri del cervello. p. 155. Vedi anche più
avanti. Il tentativo perciò non è originale, almeno nell’essere stato pensato. Se
teniamo, poi, in considerazione anche i pre-socratici, allora dobbiamo
sottolineare che il tentativo è già stato fatto: la ricerca, cioè, di un elemento
unico ed unificatore. Da Talete di Mileto passando per Anassimandro,
Anassimene, Pitagora, Eraclito, Parmenide, Empedocle, Anassagora, fino a
Democrito l’ultimo dei grandi pensatori dell’età presocratica, che hanno tentato
la via della conoscenza attraverso un principio unificatore. Democrito ha posto i
fondamenti della fisica moderna elaborando i concetti basilari quali “atomo”,
“vuoto”, “moto”, elaborazione che, come qualcuno ha detto, fa di lui un
“precursore spirituale di tutti i grandi fisici da Galilei a Newton fino a Bohr e
Einstein.” Anche Cartesio ha cercato un punto unico sul quale basare lo studio
della realtà: le sue “idee chiare e distinte”. Credo che appartenga, comunque,
alle profonde radici della natura umana cercare un punto d’incontro unico per
sintetizzare il tutto.
4.
<<L’evoluzione della nostra biosfera è stata segnata da cinque
“estinzioni di massa”, compresa quella che causò la fine dei dinosauri. Ogni
estinzione ha quasi spazzato via tutta la vita del pianeta. Alcuni ricercatori
credono, come ho detto nel primo capitolo, che ci troviamo ormai nel cuore
della sesta estinzione. A differenza delle altre, causate da forze cosmiche come le
comete, l’attuale estinzione è causata da una forza che ci è molto più vicina:
l’uomo.>> In LIPTON, B.H. La biologia delle credenze. Come il pensiero
influenza il DNA, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena, 2008, p. 218.
5.
E’ chiaro, do per certo che l’apparizione della vita e dell’uomo sulla
terra sia quella affermata dalla scienza. Almeno come ipotesi metodologica.
Qualche tempo fa, infatti, (13/02/2010) nella trasmissione di Alberto Angela
“Ulisse”, che trattava dell’apparizione dell’uomo sulla terra; quando si parlò
dell’uomo di Neanderthal si affermò che secondo gli studiosi questo uomo,
come poi in appresso l’Homo Sapiens, non si sarebbero riprodotti. Se ho capito
bene, mi domando: ma allora noi di chi siamo eredi? E poi leggo: <<L’uomo di
52
LA BIBBIA ha ragione
Neanderthal e l’homo sapiens non sono parenti. Lo sostiene uno studio di
ricercatori dell’Università di Ferrara secondo il quale le due specie sono rimaste
sempre distinte. Il test del Dna per l’uomo di Neanderthal e alcuni esemplari di
Homo sapiens dimostra che i due gruppi, pur avendo abitato insieme in Europa,
non si incrociarono tra loro, rimanendo sempre due specie distinte, fino a che
Neanderthal, perdendo la battaglia evolutiva con Sapiens, si estinse. E’ quanto
affermano ricercatori italiani dell’università di Ferrara, guidati da Giorgio
Bertorelle, dopo aver confrontato il Dna di esemplari di uomini di Neanderthal
con quello di esemplari di Homo Sapiens rinvenuti in Puglia nel 1988 e con
quello di uomini contemporanei, in tutto 2.500 tra europei, asiatici ed africani.
Come riferito sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science
(Pnas), il test del Dna mostra che i nostri geni non hanno ricevuto alcuna
eredità sostanziale da Neanderthal, cosa interpretata dagli scienziati come
risultato del fatto che il nostro diretto antenato non si è mai accoppiato con
uomini di Neanderthal, limitandosi a dividere con loro i territori colonizzati
durante il tardo Pleistocene, circa 40 mila anni fa.>> (Homo sapiens idaltuWikipedia). E ieri, 27 dicembre 2010, nella trasmissione “Leonardo” in onda su
Rai 3, è stata annunciato un ritrovamento di un altro uomo preistorico, che a
detta del commentatore rende ancora più cespuglioso l’albero genealogico delle
nostre origini. Questo dicono gli studiosi. Io non credo di possedere gli
strumenti necessari per confutare con prove scientifiche che tutta la teoria
sull’apparizione dell’uomo sulla terra non sia quella che gli antropologi ci hanno
raccontato. E’ chiaro, però, che se anche quelle teorie fossero indimostrabili, e
cioè, quei resti che gli studiosi dicono di appartenere alla specie umana… non
appartenessero alla verità scientifica, le date attribuite fossero senza un
fondamento scientifico… beh, allora bisognerebbe riscrivere l’intera storia…
6.
Cfr. l’enciclica Fides et Ratio di GIOVANNI PAOLO II. La Chiesa
autorizza questa ricerca, come recita al n. 3, e al n. 4:<<Molteplici sono le
risorse che l’uomo possiede per promuovere il progresso nella conoscenza della
verità, così da rendere la propria esistenza sempre più umana. Tra queste
emerge la filosofia… (…) Quando la ragione riesce a intuire e formulare i
principi primi e universali dell’essere e a far correttamente scaturire da questi
conclusioni coerenti di ordine logico e deontologico, allora può dirsi una ragione
retta o, come la chiamavano gli antichi, orthòs, logos, recta ratio.>>
7.
<<Dal punto di vista teologico, mi sembrano opportune le seguenti
osservazioni destinate al lettore cattolico non informato: 1. L’autore ha posto
all’inizio della sua opera una Avvertenza che assume una importanza capitale
per intendere correttamente il suo pensiero e situarlo ove deve essere
esaminato: non si tratta di una descrizione analitica della realtà cosmica quale si
presenta agli occhi dello scienziato. E’ pacifico che l’autore presuppone da per
tutto la presenza di un Dio personale e creatore che determina e dirige
l’evoluzione del mondo. 2. Dalle pagine dedicate all’origine dell’uomo, che sono
certamente tra le più interessanti, potrebbe darsi che alcuni, non abbastanza
informati sullo stato attuale della conoscenza scientifica, siano tentati di
dedurre che l’autore spinga la continuità della vita a un tale punto che non si
tiene più sufficientemente conto della distinzione tra uomo e animale, e che,
forse, l’intervento stesso di Dio nella genesi dell’anima umana diventa inutile.
Ma una lettura più attenta ci farà vedere quanto tale interpretazione sia
sbagliata. E’ infatti evidente che, in tutta la trattazione della questione, l’autore
vuole porre in piena luce “la discontinuità nella continuità” e che la sua
53
LA BIBBIA ha ragione
descrizione fenomenologica lascia ampio spazio agli argomenti filosofici e
teologici che esigono un intervento divino. Quale prova, si rilegga, ad es.
particolarmente la nota a p. 223.3. A proposito della questione del
monogenismo, anche in questo caso bisogna tener conto della differenza dei
piani sui quali si pongono rispettivamente la scienza e la teologia. L’autore
rimane sul piano prettamente scientifico, pur constatando che, data l’inevitabile
cancellazione delle origini filetiche, la scienza non dispone degli elementi
richiesti per decidere se l’umanità sia nata da una sola coppia oppure da
parecchie coppie. Fino a prove contrarie vi è posto una discussione – quale
quella dell’enciclica Humani generis che conclude per il monogenismo (v. note
a pp. 248 e 249 [dell’opera di T. citata]). Evidentemente sussistono incognite
abbastanza numerose, sia sul terreno scientifico che su quello teologico, perché
lo studio debba continuare>>. In TEILHARD DE CHARDIN, P., Il Fenomeno
Umano. Ed. il Saggiatore, Milano 1968. Questa è la traduzione italiana, l’opera
originale fu stampata a Parigi nel 1955. Teilhard, secondo me, non ha avuto il
coraggio di andare fino alla radice del problema e rispondere alla domanda: è
vero o non è vero ciò che dice la Bibbia? Darwin si chiese nel cap. 12 della sua
opera sull’origine della specie se esse erano state create, sottolineo create e non
evolute, in un solo punto o in più punti:<<Frattanto noi siamo giunti alla
questione se le specie siano state create in un solo punto o in diversi punti della
superficie della terra; questione che è stata ampiamente discussa dai naturalisti.
Certamente vi sono molti casi, nei quali riesce assai difficile il comprendere,
come una medesima specie possa avere emigrato da qualche punto nei diversi
luoghi distanti ed isolati in cui attualmente si trova. Eppure la semplicità
dell’idea che ogni specie fu in origine prodotta in una sola regione appaga lo
spirito. Chi la respinge nega la vera causa della generazione ordinaria, insieme
alla migrazione susseguente, e ricorre all’azione di un “miracolo”.>> E ancora,
se da una sola coppia o da più coppie:<< Le precedenti osservazioni sui “centri
di creazione singoli e multipli” non risolvono direttamente un’altra questione
congenere, cioè, se tutti gl’individui di una stessa specie siano provenuti da una
sola coppia, o da un solo ermafrodito, oppure se discendano da molti individui
creati simultaneamente, come alcuni autori hanno supposto.>> In DARWIN,
C., Sulla origine delle specie per elezione naturale ovvero conservazione delle
razze perfezionate nella lotta per l’esistenza. Traduzione di Giovanni
Canestrini. Edizioni <<A. Barion>> della Casa per Edizioni popolari – S.A.
Sesto San Giovanni (Milano), p. 211. A questo punto voglio citare per intero il
pensiero della Chiesa contenuto nell’Enciclica Humani generis di S.S. PAPA
PIO XII, cap. IV:<<Rimane ora da parlare di quelle questioni che, pur
appartenendo alle scienze positive, sono più o meno connesse con le verità della
fede cristiana. Non pochi chiedono instantemente che la religione cattolica
tenga massimo conto di quelle scienze. Il che è senza dubbio cosa lodevole,
quando si tratta di fatti realmente dimostrati; ma bisogna andar cauti quando si
tratta piuttosto di ipotesi, benché in qualche modo fondate scientificamente,
nelle quali si tocca la dottrina contenuta nella Sacra Scrittura o anche nella
tradizione. Se tali ipotesi vanno direttamente o indirettamente contro la
dottrina rivelata, non possono ammettersi in alcun modo. Per queste ragioni il
Magistero della Chiesa non proibisce che in conformità dell’attuale stato delle
scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni, da parte dei
competenti in tutti e due i campi, la dottrina dell’evoluzionismo, in quanto cioè
essa fa ricerche sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia
organica preesistente (la fede cattolica ci obbliga a ritenere che le anime sono
state create immediatamente da Dio). Però questo deve essere fatto in tale modo
54
LA BIBBIA ha ragione
che le ragioni delle due opinioni, cioè di quella favorevole e di quella contraria
all’evoluzionismo, siano ponderate e giudicate con la necessaria serietà,
moderazione e misura e purché tutti siano pronti a sottostare al giudizio della
Chiesa, alla quale Cristo ha affidato l’ufficio di interpretare autenticamente la
Sacra Scrittura e di difendere i dogmi della fede (Cfr. Allocuzione Pont. ai
membri dell’Accademia delle Scienze, 30 novembre 1941; A. A. S. Vol. , p. 506).
Però alcuni oltrepassano questa libertà di discussione, agendo in modo come
fosse già dimostrata con totale certezza la stessa origine del corpo umano dalla
materia organica preesistente, valendosi di dati indiziali finora raccolti e di
ragionamenti basati sui medesimi indizi; e ciò come se nelle fonti della divina
Rivelazione non vi fosse nulla che esiga in questa materia la più grande
moderazione e cautela. Però quando si tratta dell’altra ipotesi, cioè del
poligenismo, allora i figli della Chiesa non godono affatto della medesima
libertà. I fedeli non possono abbracciare quell’opinione i cui assertori insegnano
che dopo Adamo sono esistiti qui sulla terra veri uomini che non hanno avuto
origine, per generazione naturale, dal medesimo come da progenitore di tutti gli
uomini, oppure che Adamo rappresenta l’insieme di molti progenitori; non
appare in nessun modo come queste affermazioni si possano accordare con
quanto le fonti della Rivelazione e gli atti del Magistero della Chiesa ci
insegnano circa il peccato originale, che proviene da un peccato veramente
commesso da Adamo individualmente e personalmente, e che, trasmesso a tutti
per generazione, è inerente in ciascun uomo come suo proprio (cfr. Rom. V, 1219; Conc. Trident. sess. V, can. 1-4)>>. A una lettura scevra da pregiudizi, il
testo appare aperto e lungimirante in fatto di evoluzione; si parla di ipotesi
scientifiche non di verità accertate. Resta fermo solo il punto della creazione
dell’uomo unico (monogenismo) in quanto portatore della colpa originale, come
descritto dalla Bibbia. Non ci sono, a tuttora, controprove scientifiche del
contrario. L’ipotesi contenuta in questo mio scritto è per un monogenismo del
tutto particolare, come si potrà leggere in seguito.
8. <<Quando alcuni seguaci di Darwin cominciarono ad applicare la
teoria dell’evoluzione all’uomo in quanto animale apparentemente ragionevole,
essi scivolarono in affermazioni nelle quali la stessa essenza della ragione e
delle capacità intellettive veniva negata. Non ho alcuna obiezione contro l’idea
dell’evoluzione. Al contrario ritengo che solo poche altre idee hanno allargato il
nostro orizzonte quanto questa rinnovata prospettiva biologica. Assai meno mi
entusiasmano quei principi particolari dell’evoluzione che da soli
spiegherebbero, secondo gli ultimi seguaci di Darwin, il mutamento delle specie
esistenti e il sorgere di nuove forme di vita. Tuttavia poiché sino ad ora non
possediamo una teoria migliore, appare inutile oggi mettere in discussione
questo punto.>> In KÖLER, WOLFANG, Il posto del valore in un mondo di
fatti, p. 20. In questo primo capitolo, il Köler racconta di un’intervista, da lui
fatta all’autore di un articolo di una rivista tedesca, datata 1930-31, nel quale
vengono interrogate alcune personalità del mondo della scienza in merito alla
crisi della medesima in quel periodo. La scienza, specifica l’autore, sta per
“sapere in generale”. Il direttore di questa rivista gli espone le sue idee sul
problema, tra le quali questa sull’evoluzione. Riprenderemo in seguito questo
libro.
9.
Il calendario ebraico inizia dalla creazione del mondo, e secondo l’età
dedotta dalla Bibbia, all’incirca 5772 anni fa, oggi 2011 dell’era cristiana.
55
LA BIBBIA ha ragione
10. Questo dilemma è stato ripreso in modo sistematico dal libro di
AUGIAS C., MANCUSO V., Disputa su Dio e dintorni, Mondadori, Milano
2009. <<Io credo, infine, che possiamo vivere anche senza un’immagine di Dio
inteso come un ente esteriore che sovrasta i nostri destini e i nostri
comportamenti, un Dio “totalmente altro” rispetto a noi, che abita in una
dimensione “totalmente altra” rispetto alla nostra. Sono convinto che di un Dio
tanto lontano ed estraneo sia opportuno liberarsi. Io me ne sono liberato. Ma, se
viviamo secondo la logica del bene e della giustizia, io penso che compiamo il
divino che è in noi, e questo, credo, ci apre scenari d’essere inaspettati. Già in
questa vita, e ancor più dopo la morte.>> p. 12. Se riesco a capire bene quello
che Augias vuole dire, e mi pare sia valido per tutti i suoi scritti, il suo è un
problema di coerenza che non riscontra in chi crede nel Dio biblico. Non
conosco la sua vita, ma suppongo che l’impatto con le istituzioni religiose
cattoliche sia stato deludente, e allora il sillogismo è consequenziale. Credo
anche che se fosse veramente convinto del suo ateismo non concluderebbe
rifacendosi al dopo morte. Se fosse un convinto materialista della morte non ne
parlerebbe proprio. In realtà, mi pare che escluda solo un Dio lontano, ma non
dice le caratteristiche di questo “altro” Dio più a lui confacente. Sono sufficienti
il bene e la giustizia presenti nell’uomo? E sono solo questi gli attributi di un dio
non altro da noi, ma coabitante in noi, e, suppongo, “proprietà” di nessuna
religione? Sotto questo aspetto usa gli stessi argomenti emotivi e sociologici del
Dawkins, di Russell e altri più o meno famosi. In fondo la sua tesi è che si può
fare a meno della religione, specialmente di quella cattolica, perché Dio,
secondo Augias, da questa religione non è reso credibile, non solo, ma la stessa è
frutto di una elaborazione “a tavolino” per opera di un certo Paolo di Tarso,
come afferma in un altro suo libro. Come ipotesi potrebbe andare, ma le ipotesi
restano tali fino a che non se ne provi la certezza scientifica. Come detto nella
premessa se Dio esiste, esiste a prescindere dalla Fede, dalla Religione e
quant’altro. Perciò, a mio parere, bisogna restringere il campo. Analizzare la
Bibbia, perché anch’essa appartiene all’umanità, e se da essa si potesse
dimostrare non solo l’esistenza di Dio, ma anche un suo “progetto”, allora il
problema Dio sarebbe un problema che si può risolvere a prescindere dalle
“religioni”. Nel caso che il “progetto” fosse vero, le religioni, nella fattispecie
quella Ebraica e quella Cristiana, avrebbero o hanno solo un posto importante
in questo “progetto” in quanto messaggeri:<<Andate e predicate a tutte le
genti>>.
11. Per me, che credo nel principio di causa ed effetto, esiste un creatore
dal momento che ci stiamo occupando di un creato. Affermando questo intendo
contraddire, come si vedrà in seguito, coloro che non accettano il “progetto
intelligente” ma credono che sia possibile la spiegazione delle origini delle cose
solo con la “selezione naturale”, la casualità, il principio di antropia o quello
dell’accumulo. Anche se può sembrare un’eresia scientifica, asserisco fin da ora
che la teoria di Darwin può benissimo inserirsi in un progetto intelligente. La
critica al concetto di causa-effetto è stata fatta per primo da HUME con il
famoso argomento della palla di biliardo. Dice Hume che ogniqualvolta si
assiste a due eventi in rapida successione, è logico pensare che ci sia una
qualche connessione fra i due eventi, e in particolar modo, che l’evento che
viene cronologicamente per primo produca il successivo e che quindi l’evento A
sia la causa dell’evento B. Lui rifiuta però questo punto di vista: infatti egli si
domanda con quale procedimento e su quali basi si può desumere B, dato
l’evento A? Sul principio di causalità si basavano tutti quei procedimenti di
56
LA BIBBIA ha ragione
“previsione” con cui ad un evento se ne fa seguire un altro teoricamente
collegato al precedente. L’esempio famoso è quello della palla da biliardo
lanciata contro un’altra: per qualunque osservatore apparirà sempre prima una
palla che si scontra con un’altra e poi il mettersi in moto di quest’ultima. Così
facendo tutti gli osservatori, dopo qualche lancio, potranno affermare che la
seconda palla si muoverà vedendo soltanto la prima palla che viene lanciata
verso di essa. Hume tentò di capire quale fosse il ragionamento che ci fa
prevedere il moto di B conoscendo soltanto quello di A. Escluse subito un
ragionamento a priori, ovvero una inferenza necessaria che ad A fa seguire
necessariamente B, in quanto fra due eventi è impossibile ricavare una qualsiasi
relazione necessaria. Ma non si può pensare nemmeno ad un discorso
empiristico, in quanto, come ragionamento a posteriori, può essere effettuato
solo successivamente ai due eventi. E anche in questo caso non ci possono
essere prove che confermino che B sia la conseguenza di A in quanto il rapporto
fra A e B è di consequenzialità e non di produzione, cioè si può affermare in base
all’esperienza solo che A precede B e che A è molto vicino a B ma non si può
dedurre niente che leghi indiscutibilmente l’evento A a quello B. Con Hume la
ragione scopre di non poter dimostrare necessariamente la connessione delle
cose ma di poterla soltanto asserire per mezzo dell’immaginazione. Il fatto
insomma che ad un evento A segua da milioni di anni un evento B non può darci
la certezza assoluta che ad A segua sempre B e nulla ci impedisce di pensare che
un giorno le cose andranno diversamente. Per ovviare a ciò ci vorrebbe un
principio di uniformità della natura che si incarichi di mantenere costanti in
eterno le leggi della natura stessa, cosa che per Hume non è né intuibile né
dimostrabile. Da questo principio, certamente discutibile, nasce il presupposto
scientifico della casualità assoluta. Comunque per chiuderla brevemente: è vero
che il colpo della palla A sulla B produce sempre un movimento diverso ma è
anche vero che senza A, B non si muoverebbe. La causa del movimento di B è
sempre e comunque A, circoscritto, s’intende, in quel determinato evento del
gioco del biliardo, non solo, ma solo a quel tiro. Per cui una causa produce
sempre un effetto anche se, in questo caso, gli effetti possono essere infiniti
come risultato immediato, ma sempre uguali se pensiamo al movimento. Un
altro libro che parla del rapporto causa-effetto è il libro di P. WATZLAWICK,
Pragmatica della comunicazione umana, che cerca di applicare le scoperte
della cibernetica [informatica] alla psicologia: <<Freud si distaccò dalla
psicologia tradizionale quando introdusse la teoria psicodinamica del
comportamento umano. Non occorre qui sottolineare l’importanza delle sue
scoperte. Ma non possiamo non soffermarci su un aspetto che ha una attinenza
particolare col nostro assunto. La teoria psicanalitica si basa su di un modello
che non è in contrasto con l’epistemologia predominante al tempo in cui furono
formulati i principi della psicanalisi. Si parte dal postulato che il
comportamento sia in primo luogo la conseguenza di una ipotizzata azione
reciproca di forze intrapsichiche che si ritiene seguano strettamente le leggi
della fisica sulla conservazione e sulla trasformazione dell’energia. Norbert
Wiener, riferendosi proprio a quel periodo, asserisce che “il materialismo aveva
evidentemente messo a punto la propria grammatica, ed era una grammatica
dominata dal concetto di energia” [(WIENER N., “Time, communication, and
the Nervous system”, in Teleological Mechanism, a cura di R.W. Miner, Annals
of the N.Y. Academy af Sciences, vol. 50, Art. 4, pp. 197-219, 1947.) p. 199.] In
linea di massima, la psicanalisi classica restava anzitutto una teoria dei processi
intrapsichici, che considerava di secondaria importanza l’interazione con le
forze esterne anche quando tale interazione era evidente. In questo senso è
57
LA BIBBIA ha ragione
esemplare il concetto di ‘guadagno secondario’ (naturalmente, i cosiddetti neofreudiani hanno sottolineato con molta maggiore energia l’interazione
individuo-ambiente). La ricerca psicoanalitica ha trascurato l’interdipendenza
tra l’individuo e il suo ambiente, ed è proprio a questo punto che diventa
indispensabile il concetto di scambio di informazione, cioè di comunicazione.
C’è una differenza sostanziale tra il modello psicodinamico (psicoanalitico) da
una parte e ogni schema che elabori il concetto di interazione individuoambiente dall’altra. E’ una differenza che ci auguriamo di chiarire con la
seguente analogia. Se il piede di un uomo che sta camminando colpisce un
sasso l’energia viene trasferita dal piede al sasso. Il sasso verrà messo in
movimento e spostato finché non si fermerà in una posizione che è determinata
esclusivamente da fattori come la quantità di energia trasmessa, la forma e il
peso del sasso, la natura della superficie su cui è rotolato. Se l’uomo dà un calcio
a un cane anziché a un sasso, il cane può saltare su a morderlo. In questo caso il
rapporto tra il calcio e il morso è di un ordine assai diverso. E’ chiaro che il cane
prende energia per la sua reazione dal proprio metabolismo e non dal calcio.
Non si ha dunque trasmissione di energia ma di informazione. In altre parole, il
calcio è un comportamento che comunica qualcosa al cane, e a questa
comunicazione il cane reagisce con un’altra comunicazione-comportamento. La
differenza tra la psicodinamica freudiana e la teoria della comunicazione, in
quanto principi esplicativi del comportamento umano, in sostanza è tutta qui.
Come si vede, appartengono a ordini diversi di complessità; non si può
estendere il primo al secondo, né il secondo si può dedurre dal primo: nel loro
rapporto non c’è continuità concettuale. Che l’attività di pensiero abbia spostato
i suoi interessi dal concetto di energia a quello di informazione è stato di una
importanza fondamentale per lo sviluppo quasi vertiginoso della filosofia della
scienza dalla fine della seconda guerra mondiale e ha dato un impulso
eccezionale alla nostra conoscenza dell’uomo. Rendersi conto che l’informazione
su un effetto, se correttamente trasmessa indietro (feed back) all’effettore,
garantisce la stabilità di quest’ultimo e l’adattamento al cambiamento
d’ambiente, non soltanto ha aperto la porta alla costruzione di macchine di
ordine più elevato [computer] (cioè macchine perseguitrici di scopi e con
controllo d’errore) e ha permesso di postulare la cibernetica come nuova
epistemologia, ma ci ha anche dato la possibilità di osservare in un modo
davvero nuovo e illuminante il funzionamento di sistemi d’interazione assai
complessi esistenti in biologia, psicologia, sociologia, economia e altri campi.
Anche se per il momento non possiamo valutare – neppure sperimentalmente –
l’importanza della cibernetica, i principi fondamentali che implica sono assai
più semplici di quanto ci si aspetti. Li passiamo brevemente in rassegna qui di
seguito. Finché la scienza si è interessata allo studio dei rapporti lineari,
unidirezionali e progressivi di causa-effetto, molti fenomeni di estrema
importanza sono stati esclusi dall’immenso territorio che la scienza ha
conquistato negli ultimi quattro secoli. Semplificando molto, si può asserire che
tali fenomeni hanno il loro comune denominatore nei concetti affini di crescita e
cambiamento. Per includere tali fenomeni in una visione unitaria del mondo, la
scienza ha dovuto far ricorso fin dal tempo degli antichi greci a concetti di cui ha
dato varie definizioni ma che sono sempre rimasti nebulosi e tortuosi. Essi si
basano sulla nozione che esista un fine che determina il corso degli eventi e che
il risultato finale ‘in qualche modo’ condiziona i passi che ci conducono
gradatamente a questo fine; oppure erano fenomeni caratterizzati da una certa
forma di ‘vitalismo’ e quindi esclusi dal dominio della scienza. In tal modo circa
2.500 anni fa si pose la base per una delle maggiori polemiche epistemologiche,
58
LA BIBBIA ha ragione
e la polemica è continuata fino ai nostri giorni. Se volgiamo la nostra attenzione
a quelli che sono gli studi specifici sull’uomo, vediamo subito che la psicanalisi è
classificabile nella scuola deterministica, mentre non lo è, ad esempio, la
psicologia analitica di Jung che fa molto assegnamento alla ipotesi di un
‘entelechia’ [Nella filosofia aristotelica è la condizione di assoluta perfezione
dell’essere in atto, cioè l’uomo, che ha già realizzato in sé ogni sua potenzialità]
immanente all’uomo. L’avvento della cibernetica ha cambiato tutti questi
schemi e ha dimostrato che i due concetti possono unificarsi in una struttura più
esauriente. La scoperta della retroazione ha reso possibile questo nuovo modo
di vedere le cose. Una catena in cui l’evento a produce l’evento b, e poi b
produce c, e c a sua volta causa d, ecc. può sembrare che abbia le proprietà di
un sistema lineare deterministico. Ma se d riconduce ad a, il sistema è circolare
e funziona in un modo completamento diverso. Rivela un comportamento che è
sostanzialmente analogo a quello di quei fenomeni che non consentono di
compiere l’analisi nei termini di un rigoroso determinismo lineare.>> In
WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D., Pragmatica della
comunicazione umana, Astrolabio, Roma, 1971, pp. 22-24. Questo testo
chiarisce bene una cosa: non nega il principio causa-effetto, ma dimostra che il
sistema non è solo lineare, può anche essere circolare e casuale. Al contrario di
Hume che, pur rendendosi conto di concetti come casualità, non riesce ad
differenziarlo, cosa che lo porta a negare a-priori la relazione a monte, cioè la
causa-effetto. Inoltre, chiarisce bene anche il concetto di determinismo, che
implica anche quello di retroazione casuale ma che in sé non contraddice
assolutamente il principio generale. Ho voluto citarlo per intero così non si
perde nessun passaggio del ragionamento, e inoltre per non costringere il lettore
ad andare in cerca del testo. Cito ancora il Köler:<<Prima che esistesse una
qualunque specie di scienza la natura appariva all’uomo come affine a se stesso.
Le cose erano della stessa sua specie e gli eventi naturali lo riportavano al suo
stesso agire o alle sue sofferenze. E’ ancora così presso quelle tribù che
chiamiamo “popolazioni primitive”. (…) Sebbene tali rapporti venissero visti
spesso come pericolosi e alcuni persino come terrificanti, tuttavia essi erano per
lo meno familiari nelle loro varietà e in questo senso, quindi, comprensibili. Con
lo svilupparsi della scienza questa visione del mondo fu gradualmente distrutta.
La natura, affermavano i fisici, presenta scarsa somiglianza con l’uomo. Né è
lecito pensare che possa esserci un qualunque nesso nei rapporti tra l’uno e
l’altra. Quelle particolari connessioni che la primitiva visione del mondo aveva
trovato tra le parti concrete del nostro ambiente, a eccezione di poche, sono
inesistenti per la scienza. (…) …e il principio fondamentale che la scienza ravvisa
nel loro comportamento è il caso puro e semplice.>> Secondo Köler, la scienza
invoca il caso come l’origine di tutto. p. 12. [per Dawkins non apparterrebbe alla
categoria degli scienziati sani di mente.] E alla fine del capitolo conclude:
<<”Che cos’è la verità?” Chiese Ponzio Pilato. Ci sottomettiamo remissivamente
perché ci sembra che un principio valga l’altro, cioè che sia sullo stesso piano di
arbitrarietà. Mancando qualsiasi convinzione, è impossibile attendere da
qualcuno del coraggio. E’ tardi, amico mio, e lei desidera andare. Torni da me
qualche volta e allora discuteremo che cosa può accadere alla stessa scienza
quando vi si scopre che essa è incapace di trattare i problemi del valore e
dell’insigth. L’uomo non è soltanto oggetto della scienza: è anche autore di
essa.>> In KÖLER,WOLFANG, Il posto del valore in un mondo di fatti, p. 27.
In questo primo capitolo del libro si ridimensiona il potere della scienza. Se non
stiamo attenti, ci dice l’interlocutore, essa può diventare divoratrice del suo
stesso autore e cioè dell’uomo. Infatti il principio causa-effetto presente fin
59
LA BIBBIA ha ragione
dall’inizio nella mente dell’uomo, la scienza ha cercato di superarlo con
l’assoluta casualità, ritenuta evidentemente molto pericolosa, capace di
destrutturarla nel suo insieme.
12. Il principio antropico, invocato da Dawkins per spiegare l’origine
della realtà, è contro il determinismo e opta per la probabilità; teoria ripresa e
difesa dal medesimo. Vedi cap. II di questo scritto.
13. Lutero parla di servo arbitrio: tutto dipende da Dio l’uomo non può
che accettare ciò che Dio decide. Lutero, prova le sue idee interpretando solo
una parte della Lettera ai Romani. Questa teoria luterana mette in dubbio la
libertà dell’uomo. E’ importante, ragionando, salvare il progetto intelligente che
non deve e non può escludere il libero arbitrio dell’essere umano. Lutero,
facilmente, nell’elaborazione della sua teoria, deve aver tenuto presente un fatto
tragico capitatogli nell’adolescenza. Un giorno, tornando da scuola con un suo
compagno, si racconta, incapparono in un temporale e un fulmine colpì a morte
quel suo compagno Lui si salvò. Si può legittimamente pensare che una
domanda può averlo tormentato a lungo: perché è morto il mio compagno e non
io? La risposta potrebbe essere nella sua teoria: è già tutto scritto. Nulla dipende
da me. Sono ancora contrastanti i giudizi emessi dagli storici sulla conversione
di Lutero. La tradizione vuole (e lo stesso Lutero nei suoi discorsi autobiografici
sembra confermarlo) che a causa del forte spavento causatogli da quel fatto, egli
abbia fatto voto di prendere l’abito sacerdotale. Ad ogni modo si trattava
certamente di un uomo inquieto, la cui religiosità era fortemente improntata ad
una concezione di Dio come giudice terribile e vendicatore. In base a ciò che egli
stesso racconta, da giovane fu indotto a meditare sull’ira divina sempre a causa
della morte prematura di quel compagno di studi. Secondo i critici, l’ansia e la
paura costituirono un importante elemento nelle scelte di Lutero, e forse fecero
maturare nella sua mente la scelta improvvisa di entrare nel convento
agostiniano di Erfurt. Persino la psicanalisi si è interessata a Lutero. Secondo
alcuni nel riformatore si riscontrano «eredità di alcolismo, amore anormale per
sua madre, educazione in un clima di paura, tendenza alla malinconia,
ossessioni sessuali (sublimate, è vero, con una potente attività intellettuale)
sono gli elementi che spiegherebbero... perché e come Lutero è giunto a rifiutare
il valore salvifico delle opere» (in ERIKSON E.H., Il giovane Lutero. Studio
storico-psicoanalitico. Roma 1967, p. 33). In conformità con la teologia
protestante della fede, i due illustri teologi Barth e Bultmann, sostengono che la
conoscenza di Dio avviene solo attraverso la fede. Secondo Bultmann nella
teologia naturale viene falsificato il concetto di Dio, ridotto a causa prima, “un
essere alla maniera del mondo”, oggetto di conoscenza e fenomeno. <<La fede
parla di Dio come Al di là del mondo. Esemplare, anch’egli, per la sua drasticità:
“resta dunque che ogni discorso umano su Dio al di fuori della fede, non parla di
Dio ma del diavolo”.>> In BULTMANN R., Nuovo testamento. Il manifesto
della demitizzazione, Queriniana 1970. Il problema di Bultmann, forse, è che
non sentendosi capace di negare la verità dei Vangeli, cerca la scappatoia della
demitizzazione. Alcuni fatti, secondo lui, non possono essere “veri”
storicamente, ma lo sono solo per la fede. In questo scritto, al contrario,
sostengo sostanzialmente che la Fede, se non è, oltre che certezza di cose
sperate, come afferma S. Paolo, anche certezza di ciò che essa asserisce, è solo
una pia illusione che può aiutare, forse, solo a vivere meglio. Sostengo anche che
la ragione può confermare il mistero contenuto nella Fede, anche se il mistero
resta tale. Mistero che per definizione non è contro la ragione ma oltre la
ragione. E, cioè, se la Bibbia non fosse un libro “rivelato” può essere anche “il
60
LA BIBBIA ha ragione
libro dei libri” certamente, ma resta solo un libro. Dice ancora Bultmann:
<<Colui che volesse andare più lontano, cercando quali siano le necessità, i
titoli, i fondamenti della fede, non riceverebbe che una risposta: sarebbe
rinviato al messaggio della fede che lo interpella, esigendo di essere creduto.
Non riceverebbe risposte tali da giustificare i titoli della fede davanti ad una
qualsiasi istanza.>> In fondo è come se stesse dicendo che il mio tentativo è
inutile. E’ chiaro, però, che per me il Vangelo e la Bibbia in toto, non appartiene
alla categoria “mito” e né solo alla categoria “fede”, come vorrebbero quei tanti o
pochi (secondo le proprie vedute), che si affannano a dimostrare la non storicità
di Cristo e quant’altro. Ma ribadisco che il contenuto della Fede o è vero in toto,
o in toto falso. Come si dice in latino “Tertium non datur”. Dire che la fede aiuta
a vivere meglio può equivalere al mantra del buddismo. Ma non è così. Quello
che la fede ci fa credere deve essere anche la verità. Dimostrabile anche. Con
tutte le limitazioni del concetto di storicità sia per testi che risalgono a migliaia
di anni fa, sia per il contenuto di fatti umanamente inspiegabili.
14.
Sulla libertà vedi Appendice 1.
15. Mentre scrivo mi sono imbattuto in due autori quali Linden e
Dennett che hanno pubblicato due volumi. Uno, Linden (LINDEN, D. J., La
mente casuale. Come l’evoluzione del cervello ci ha dato l’amore, la memoria, i
sogni e Dio. Centro scientifico editori, Torino, 2009), tenta di dimostrare come
“l’evoluzione del cervello ci ha dato l’amore, la memoria i sogni e Dio”. Mentre il
Dennett (DENNETT, DANIEL C., Coscienza. Che cos’è. Trad. di Lauro
Colasanti. Illustrazioni di Paul Weiner. Laterza, Roma-Bari, 2009), cerca di
dimostrare che la coscienza non è altro che una produzione del mondo fisico. Lo
sforzo è notevole, ma il risultato si ferma al campo delle ipotesi. Credo sia
difficile riprodurre una macchina che si innamora o che si riproduca
naturalmente. Infatti se l’uomo fosse solo una macchina sarebbe una vita
senz’”anima”. Anche il progetto in atto a Losanna (Blue Brain Project) di
riprodurre un neurone “umano”, sarà completo solo quando questo neurone
insieme ad altri miliardi di neuroni sarà in grado di riprodurre non solo un
uomo capace di operazioni meccaniche, tipo robot, ma un uomo capace di
innamorarsi, di riprodursi e pensare in maniera autonoma. Questo è il mio
punto di vista. Se la scienza, un domani, riuscirà a fare un individuo capace di
assolvere queste funzioni che presiedono le capacità autonome dell’uomo allora
sarà più facile parlare di una natura umana che ha il suo unico fondamento nella
materialità e immanenza, poiché sarà un esperimento ripetibile all’infinito.
Anche la struttura del cervello, sede centrale per le varie operazioni umane, fa
parte del “progetto intelligente”. Oggi, la scienza sa sezionarlo e estrapolarne i
vari componenti, assegnando a ciascuno di essi una funzione specifica. Quando
quel determinato spicchio di cervello viene a mancare perché si ammala o viene
danneggiato, o asportato, quella funzione non è e non può più essere esercitata.
Questo, però, è solo l’aspetto materiale del problema. Credo che il Lidtz, nella
sua semplicità, quando afferma che << nessun pensatore serio può rinchiudere
la mente nel cranio come parte del cervello>> resta l’ipotesi più appropriata. La
mente non è il cervello. Vedi bibliografia: LIDZ T., La Persona umana. Suo
sviluppo attraverso il ciclo della vita. Astrolabio, Roma, 1971, p. 40.
16. Il mito egiziano detto “della città di Eliopoli”, prevede proprio questo
caos preesistente che poi si armonizza fino allo stato attuale. Da questo caos
nasce anche l’uomo nelle persone di Osiride, suo fratello Set (il cattivo). E sua
61
LA BIBBIA ha ragione
sorella-moglie Iside. Il mito greco parla di spazio cosmogonico vuoto e senza
fine dove c’era solo il CAOS, senza forma, al di là del tempo e dello spazio.
17. Per la scienza ufficiale, sto citando Micromega, non si parla di
creazione:<<La creazione è una certezza per chi crede, neanche per tutte le
religioni oggi esistenti, ma, diciamo, certamente per le tre grandi religioni del
Libro. Ma è semplicemente una immaginazione, chiamiamola così, per chi non
crede.>> E ancora: <<Ora la maggioranza delle persone che vivono nelle società
occidentali non crede affatto alla creazione, [è una opinione di Flores D’Arcais,
ovvio, non supportato da statistiche certe. Ma anche se fosse vero…], crede che
tutto sia nato secondo un certo sviluppo cosmologico… (…) Certamente l’idea
della creazione non può essere il fondamento di una società pluralista dove
molti non credono, e dove molti pensano che l’universo in cui noi viviamo è nato
dal famoso Bing Bang, e ha avuto uno sviluppo che non era definito a priori. La
scienza, per i suoi più recenti approdi, ci dice che vi è stata una evoluzione
nell’universo che non era stabilito a priori [non c’è determinismo], poteva
prendere altre vie. Uno dei più grandi divulgatori scientifici, Stephen Jay Gould,
ha ricostruito proprio sette momenti cruciali dell’evoluzione, dal Big Bang alla
nascita dell’uomo, in cui l’evoluzione poteva prendere direzioni totalmente
diverse, e, dice lui, se l’avesse prese – e non c’era nessuna probabilità a favore di
quella che ha preso [Flores d’Arcais forse non si rende conto che questa frase del
Gould non conferma quello che sta dicendo, semmai il contrario, perché sarebbe
più giusto chiedersi: se non c’era nessuna probabilità a favore dell’eventualità
poi avvenuta, qual è stato il motivo per cui si è avverata l’ipotesi più
improbabile?], ne poteva prendere altre – noi non saremmo qui a discuterne.
Quindi da questo punto di vista gli scienziati riconoscono quello che un
grandissimo biologo del nostro tempo, Jacques Monod, diceva qualche decennio
fa, e cioè: siamo il frutto del caso [ma, ancora, il Dawkins non afferma che
nessuno scienziato benpensante può credere al caso? “Il caso non è una
soluzione, dati gli alti livelli di improbabilità che osserviamo negli organismi
viventi, e nessun biologo sano di mente ha mai suggerito che lo fosse.”!] e della
necessità.>> In Il fondaco di MicroMega, Dio esiste? Joseph Ratzinger, Paolo
Flores d’Arcais. Un confronto su verità, fede, ateismo moderato da Gad Lerner.
Suppl. al n. 2/2005 di MicroMega (rivista bimestrale). Gruppo editoriale
l’Espresso, pp. 39-40. Sembra che fino ad oggi andiamo avanti per due strade
parallele, come ho già detto, entrambe dogmatiche: la Fede e la Scienza. Ma la
presunzione della verità, mi pare, ci sia più nella scienza che nella Fede. Credo,
anche, che non bastano affermazioni su quello che uno pensa per dire che quella
è la verità; la scienza, soprattutto, dovrebbe fornire prove inconfutabili quando
afferma certi risultati. Non basta formulare ipotesi.
18. Dawkins crede che la selezione naturale sia la soluzione
giusta:<<Come mai la selezione naturale risolve il problema, laddove il caso e il
progetto restano al palo? Perché è un processo cumulativo, che scompone il
problema in piccole parti. Ciascuna parte è leggermente, ma non totalmente,
improbabile. Quando innumerevoli eventi leggermente improbabili si
accumulano uno dietro l’altro, il prodotto finale è molto, molto improbabile;
così improbabile da non poter essersi verificato per caso. E’ di questi prodotti
finali che parlano tanto i creazionisti portando sempre gli stessi, triti argomenti.
[…] Non capisce il potere dell’accumulazione.>> In DAWKINS R., L’illusione di
Dio. Le ragioni per non credere, p. 123. E’ questa l’alternativa secondo l’autore:
no al progetto intelligente, no al caso, sì all’accumulo delle piccole improbabilità
62
LA BIBBIA ha ragione
dell’evento che poi diventa realtà. Ma lo stesso autore si rende conto che non è
possibile risolvere il tutto con la sola selezione naturale:<<L’origine della vita,
invece, si trova oltre la portata della gru [l’evoluzione], in quanto la selezione
naturale non può innescarsi a partire dal nulla.>> (p. 143). E’ la più logica delle
conclusioni, ma evita di continuare la seconda parte: il come e il chi può aver
dato il primo impulso e uscire fuori dal nulla. Il suo ragionamento, come quello
di molti altri, si ferma lì.
19. Il Dawkins ci prova, vedi nota precedente e il capitolo secondo di
questo libro. Non mi pare che ci riesca. E neanche Julian Huxley, più darwinista
di Darwin stesso, che asserisce in modo apodittico:<<Nel pensiero
evoluzionistico non c’è più bisogno e spazio per il soprannaturale. La terra non è
stata creata, si è formata attraverso l’evoluzione[…]>>
In AGNOLI
FRANCESCO, Perché non possiamo essere atei. Il fallimento dell’ideologia che
ha rifiutato Dio, Ed. Piemme, Casale Monferrato, 2009, p. 87.
20. Il principio della scienza è quello della realtà: è dimostrabile sempre e
resiste all’infinità degli esperimenti. Pensiamo alla Radio di marconiana
memoria, non è più solo un’ipotesi, è la dimostrazione scientifica che si può
comunicare anche attraverso le onde hertziane. Altra, invece, è l’ipotesi
scientifica, che resta tale fino a una sua inconfutabile ulteriore dimostrazione.
21. Non credo sia necessario mettersi qui a discutere se le prerogative
dell’uomo sono innate nella struttura uomo. Asserire il contrario è solo una
posizione pregiudiziale: <<La storia dell’empirismo è strettamente connessa alle
diverse interpretazioni del concetto di esperienza. Nel pensiero di Epicuro
l’esperienza è identificata con la sensazione: tutte le idee sono frutto di
sensazione, anzi, sono esse stesse sensazioni, cioè configurazioni materiali di
atomi che si distaccano dai corpi fisici ed entrano nel nostro corpo attraverso i
canali costituiti dagli organi dei sensi. Questa versione dell’empirismo, più tardi
chiamata sensismo, è stata spesso ripresa, anche se in forme meno rigidamente
materialistiche; in epoche diverse, Hume, Condillac, Mach, e anche i filosofi del
Circolo di Vienna nella prima fase della loro attività filosofica, posero come dato
di partenza della nostra conoscenza la sensazione, pur divergendo riguardo al
modo in cui le sensazioni vengono organizzate per dar luogo alle idee complesse
e alle elaborate teorie di cui la conoscenza effettivamente consiste. A Kant
sembrò invece insostenibile la tesi dell’origine soltanto sensibile della
conoscenza, non tanto per la difficoltà di far derivare contenuti di conoscenza
complessi da dati sensibili semplici e immediati, quanto piuttosto perché una
parte almeno delle proposizioni di cui la nostra conoscenza consiste (soprattutto
la conoscenza scientifica) possiede caratteri di universalità e necessità, che la
costanza di certi rapporti tra sensazioni non basta a giustificare (e che infatti
Hume coerentemente negava). Egli definì perciò l’esperienza come
l’organizzazione delle sensazioni, operata da determinate funzioni a priori
(forme e categorie) [Ciò che Kant invoca come categorie a priori possiamo dire
che sono le dimensioni (ad es. spazio e tempo) che preesistono e sorreggono la
struttura preesistente che supporta questa realtà. Senza di esse questa realtà
non potrebbe esistere.] Dopo Kant, l’empirismo ammise quasi sempre che il
puro dato sensibile è un’astrazione filosofica, e che le sensazioni sono già
sempre organizzate secondo regole che possono essere considerate inerenti al
funzionamento del nostro corpo, oppure determinate in generale dai caratteri
del nostro rapporto col mondo, o anche indotte dagli strumenti, naturali o
63
LA BIBBIA ha ragione
artificiali, che vengono messi in opera nel processo conoscitivo, e dalle ipotesi e
teorie secondo cui tali strumenti vengono costruiti e usati. Nella filosofia
contemporanea il sensismo perde terreno e posizioni come quelle di Mach o del
primo neopositivismo devono piuttosto considerarsi sopravvivenze di
concezioni filosofiche più antiche.>> Anche la Psicologia ha le sue posizioni:
<<Concezione secondo la quale il comportamento si struttura sulla base
dell’esperienza passata dell’individuo, non esistendo fattori innati alla sua
origine, come sostiene invece la concezione opposta dell’innatismo. La
psicologia è stata inizialmente profondamente influenzata dalle concezioni
empiriste, e in particolare dai filosofi inglesi A. BAIN e J. STUART MILL. La
prima scuola psicologica dichiaratamente innatista è stata quella della
GESTALT, che ha sostenuto l’esistenza di leggi strutturali innate nella
percezione e nel pensiero. [L’autore di questi appunti è stato formato nella
teoria della Gestalt, quindi ne ha sposato, consapevolmente, anche le idee
scientifiche.] Negli stessi anni però sorgeva negli Stati Uniti il behaviorismo, il
movimento che ha sostenuto con maggior coerenza in psicologia le posizioni
empiriste. Successivamente sono nate nuove correnti di pensiero che si
richiamano alle posizioni innatiste, in particolare la psicologia cognitiva.
Occorre peraltro osservare che oggi nessuno nega radicalmente l’esistenza di
fattori innati, o viceversa acquisiti, nella genesi del comportamento. La
differenza tra empiristi e innatisti va vista piuttosto sulla base dell’accento che
viene
messo
sui
primi
fattori
più
che
sui
secondi>>.
In
/www.riflessioni.it/enciclopedia/empirismo.htm
22. Sono consapevole che l’esegesi del brano fatta in modo tradizionale
non coincide con questa da me proposta, ma vedremo, con l’evolversi del
ragionamento, che questa esegesi può benissimo essere accettabile.
23. LIPTON, B.H., La biologia delle credenze, Come il pensiero influenza
il DNA. Macro Edizioni, Diegaro di Cesena, 2008, p. 21.
24. Ibidem., p. 22.
25.
Ibidem p. 24-25.
26. La teoria dell’accumulo, invocata dal Dawkins è contenuta all’interno
della selezione naturale di Darwin che lo spiega con questo esempio: <<L’unito
diagramma ci gioverà per intendere questo argomento molto difficile.
Supponiamo che le lettere da A ad L rappresentino le specie di un genere assai
ricco in un dato paese; e che queste specie si rassomiglino in diverso grado,
come generalmente si osserva nella natura e come viene rappresentano dal
diagramma, essendo le lettere situate a distanze differenti. Io ho scelto come
esempio un genere molto ricco, perché noi vedemmo nel secondo capo che in
media variano più le specie dei generi grandi che non quelle dei generi piccoli; e
le specie variabili dei generi ricchi presentano un maggior numero di varietà.
Noi abbiamo anche notato che le specie più comuni e più largamente diffuse
variano assai più delle specie rare in luoghi ristretti. Sia dunque A una specie
64
LA BIBBIA ha ragione
comune, molto diffusa e variabile, appartenente ad un genere ricco e situata nel
paese nativo. Il piccolo ventaglio di linee punteggiate - e divergenti, di diversa
lunghezza, che partono dal punto A, può rappresentare la sua discendenza
variabile. Queste variazioni si ritengono estremamente piccole, ma di una
natura molto diversa; né si ammette che esse possano manifestarsi tutte
simultaneamente, ma a lunghi intervalli di tempo; inoltre non può supporsi che
durino tutte per uguali periodi. Quelle variazioni sole che sono in qualche modo
profittevoli, saranno conservate, o scelte naturalmente. Qui fa d’uopo notare
l’importanza del principio che un vantaggio nasce dalla divergenza del carattere,
poiché questo principio generalmente condurrà alle variazioni più diverse o più
divergenti (rappresentate dalle linee punteggiate esterne), che saranno poi
conservate ed accumulate per mezzo dell’elezione naturale. Quando una linea
punteggiata incontra una delle linee orizzontali, e il punto d’incontro è segnato
con una piccola lettera numerizzata, si suppone che una somma sufficiente di
variazioni sia stata accumulata per formare una varietà ben distinta e tale da
essere particolarmente classificata in un’opera sistematica.>> In DARWIN, C.,
Sulla origine delle specie per elezione naturale ovvero conservazione delle
razze perfezionate nella lotta per l’esistenza, pp. 64-65. In sostanza, dice
Darwin, all’interno della selezione naturale, quelle piccole variazioni
vantaggiose, si accumulano un po’ alla volta fino ad evolvere quella variazione in
una nuova specie. A me sembra essere una normale legge all’interno
dell’evoluzione, altrimenti si dovrebbe parlare di staticità. Ci sono tante altre
citazioni, e la parola accumulato/i/a/e, è detto 38 volte all’interno dell’opera di
Darwin.
27. L’epigenetica è una branca della Biologia Molecolare, che ha a che
fare con la Genetica ma si differenzia da essa per il fatto che l’epigenetica si
focalizza sulle modifiche che il materiale genetico può subire durante la vita.
Alcune malattie, come i tumori, hanno una base detta appunto “epigenetica”.
Un tumore si origina infatti quando si ha un’alterazione del materiale genico che
porta ad un aumento del turn-over cellulare, ad una alterazione delle funzioni
cellulari, ad un’invasività delle cellule colpite. Un’alterazione delle strutture che
riducono, o aumentano, l’accessibilità alla trascrizione e traduzione dei geni, si
configura come un evento epigenetico che va ad alterare l’equilibrio cellulare.
Lo stesso fatto che una cellula embrionale, totipotente, si indirizzi verso una
funzione specifica, e come ciò possa avvenire, è oggetto di studio
dell’epigenetica. http://www.windoweb.it/guida/medicina/epigenetica.htm.
28. Ibidem, p. 27-29.
29. Intendo dire che l’uomo senza pregiudizi, crede senza reticenze al
principio di causa ed effetto. In ogni caso anche l’evoluzione, comunque la si
ponga, è un processo di causa-effetto.
30. Questo concetto dovrebbe essere pane quotidiano per uno
scienziato:<<Le risposte della scienza ai grandi “perché” non possono, per loro
natura, retrocedere all’infinito. C’è sempre un perché dietro a ogni perché.
Dateci un’ottima spiegazione razionale e scientifica di un fenomeno e alcuni di
noi saranno lieti di fermarsi a questa. Io fra loro.>> In AGNOLI FRANCESCO,
Perché non possiamo essere atei. Il fallimento dell’ideologia che ha rifiutato
Dio, p. 77. La frase è dello scienziato ateo italiano Massimo Piattelli Palmarini
65
LA BIBBIA ha ragione
critico nei confronti di Dawkins e di Dennett. Detto da uno scienziato onesto
mette ottimismo e dà fiducia alle capacità intellettive della natura umana.
31. La domanda più ovvia, secondo me, sarebbe, invece, quella del
perché l’uomo deve andare in cerca delle sue origini e di quella dell’universo.
Non sarebbe stato più semplice che il creatore ce le avesse rivelate
direttamente? Ma forse la risposta sta sempre nelle parole della Bibbia che
sottomette all’uomo tutto il creato, anche quello di cercare finché non troverà la
verità, comando che, se fosse vera questa ipostesi, fa parte della condanna
conseguente al peccato.
32. Ciò che io intendo per creazionismo (anche biblico) non è quello
dell’intervento diretto-definitivo per ogni atto creativo di Dio, ma è l’atto con cui
si dà inizio ad un evento, esempio la vita, e questa si evolverà nel corso del
tempo seguendo le leggi insite nella natura stessa messe dal Creatore, al
momento della creazione. Come dimostrerò in seguito, la parola creatrice di Dio
è l’unica che coincide con la realtà. Per intenderci: come la legge di gravità
regola l’equilibrio dell’intero universo, così la vita, una volta avviata, segue
l’itinerario dell’evoluzione con le regole della selezione naturale per quanto
riguarda il mondo animale, e vegetale. Per l’uomo, se fosse (è solo un dubbio
metodico) dotato di anima propria unica e irripetibile, è sottinteso l’intervento
personale diretto in un continuum storico. Darwin scrive a proposito: <<Alcuni
autori fra i più eminenti sembrano pienamente soddisfatti dell’opinione che
ogni specie sia stata creata indipendentemente. Nel mio concetto, si accorda
meglio con ciò che noi sappiamo, intorno alle leggi impresse dal Creatore alla
materia, l’idea, che la produzione e l’estinzione degli abitanti passati e presenti
del mondo siano dovute a cagioni secondarie, simili a quelle che determinano la
nascita e la morte degl’individui (…) Vi ha certamente del grandioso in queste
considerazioni sulla vita e sulle varie facoltà di essa, che furono in origine
impresse dal Creatore in poche forme od anche in una sola; e nel pensare che,
mentre il nostro pianeta si aggirò nella sua orbita, obbedendo alla legge
immutabile della gravità, si svilupparono da un principio tanto semplice, e si
sviluppano ancora infinite forme, vieppiù belle e meravigliose.>> pp.277-278. E
ancora:<< La semplicità e l’utilità di questo sistema [il sistema è quello della
classificazione usato dai naturalisti] sono incontestabili. Ma molti naturalisti
pensano che l’espressione “Sistema naturale” denoti qualche cosa di più; essi
credono che riveli il piano del Creatore; però finché non sia meglio specificato se
le parole “il piano del Creatore” significano l’ordine nel tempo o nello spazio, o
in ambedue, ovvero denotino qualche altra cosa, mi sembra che con esse nulla si
aggiunga alla nostra scienza.>> In DARWIN, C., Sulla origine delle specie per
elezione naturale ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per
l’esistenza, p. 238. L’espressione <<piano del Creatore>>, usato da molti
naturalisti, Darwin non l’accetta senza riserve e si chiede cosa si vuole dire con
quella espressione, se riguarda la categoria tempo, o spazio, o entrambe, da
usare per la catalogazione, gli va bene; non aggiungerebbe nulla alla sua ipotesi.
Ma se invece si intende “progetto intelligente”, aggiungo io, allora le cose
cambiano per lui, dovrebbe introdurre un aspetto che rientra non più
nell’ordine della classificazione materiale, ma va oltre e non compete al suo
metodo. Mi pare di non interpretare in modo sbagliato il pensiero di Darwin se
dico che anche per lui viene prima la creazione e poi l’evoluzione. Darwin è
consapevole che non può catalogare un aspetto spirituale o metafisico, quindi
66
LA BIBBIA ha ragione
propende per la sua esclusione metodologica, non di principio. Ma c’è un piano
del Creatore, a prescindere…Cito la Bibbia: <<4bQuando il Signore Dio fece la
terra e il cielo, 5nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba
campestre era spuntata - perché il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla
terra e nessuno lavorava il suolo6 e faceva salire dalla terra l’acqua dei canali per
irrigare tutto il suolo – 7allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del
suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere
vivente.>> (Gen. 2, 4-7). Queste parole seguono la creazione dell’uomo del
capitolo I, 26-28, quella con le parole “Facciamo l’uomo…”. Pare che qui si
voglia aggiungere che il processo evolutivo era appena iniziato (non
dimentichiamo la relatività delle categorie tempo-spazio applicate a Dio), e
l’uomo seguirà questo processo con il lavoro delle sue mani. E’ importante
evidenziare che il processo evolutivo è presente nei primi capitoli del Genesi,
come testimoniano, appunto, queste parole, secondo la mia interpretazione.
Esse potrebbero avvalorare la tesi che sosterrò più avanti sull’apparizione
dell’uomo sulla terra. Tralascio i problemi (interpretativi, esegetici, storici e
quant’altri) connessi in questi due racconti della creazione dell’uomo, però è
importante estrapolare dalla Bibbia il concetto della progressione o evoluzione
all’interno del creato. Anche l’enciclica Humani Generis non esclude a priori
l’evoluzionismo, come detto nella nota 11.
33. <<Fu allora che Giosuè si rivolse al Signore, in quel giorno in cui Dio
diede l’Amorreo in potere d’Israele, e gridò al cospetto di tutto il popolo:<<O
sole, fermati su Gabaon, e tu, o luna, sulla valle di Aialon!>> Gs. 10, 12.
34. In questo libro è Dio l’essere autore del “progetto intelligente”,
metodologicamente, non necessariamente il Dio biblico, cristiano o riferentisi a
qualsiasi religione, anche se in realtà esso, in ultima analisi, coincide con quello
biblico. Ma quando si fa riferimento alla Bibbia, come in questo caso, sì. A
scanso di equivoci: se Dio esiste, non può che essere che uno, quindi la
distinzione riguarda solo le religioni che hanno nomi tradizioni, leggi e
quant’altro, diversi sempre in nome di un Dio o più divinità.
35. Per la Chiesa Cattolica la Bibbia è il libro che contiene la rivelazione.
Nel Medio Evo era anche il libro che conteneva la verità scientifica.
36. DESCARTES, RENÉ, Discorso sul metodo. Ed. La Nuova Italia,
Firenze 1932.
37. Voglio dire qualcosa anche sul modernismo perché si capisca meglio
il mio pensiero. E’ il movimento di pensiero mirante al rinnovamento interno
del cattolicesimo. Fu promosso da alcuni intellettuali, specialmente sacerdoti,
tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, i quali si prefissero lo scopo di
collegare il cristianesimo storico a tutte le conquiste dell’epoca moderna nel
dominio della cultura e del progresso sociale (Programma dei modernisti 1908).
Essi manifestarono il proposito di attuare la loro riforma restando dentro la
Chiesa, ma questa espresse una dura condanna del movimento prima con il
decreto Lamentabili sane exitu (1907), quindi, due mesi dopo, con l’enciclica
Pascendi Dominici Gregis. Fra il 1903 e il 1907 numerose opere di modernisti
furono poste all’indice e nel 1910, con il motuproprio Sacrorum antistitum fu
prescritto anche il giuramento antimodernista. Poliedrico e difficilmente
riducibile a un sistema unitario organico, il modernismo cercò di superare gli
67
LA BIBBIA ha ragione
schemi dell’aristotelismo scolastico e di applicare il metodo storico alla
conoscenza del fenomeno religioso. Presente in molti paesi europei, ebbe vasta
diffusione anche in Italia dove, soprattutto per opera di R. Murri prevalsero
finalità politico-sociali. Credo di non sbagliare se affermo che il Modernismo
voleva far accettare i principi dell’Illuminismo, ritenuti veri o per lo meno più
veri, al magistero ecclesiastico ritenuto retrogrado e non a passo con i tempi. In
fondo cercava un compromesso di fronte ad alcune affermazioni scientifiche in
aperto contrasto con la Bibbia. Mi sembra di non andare oltre le righe se dico
che per i modernisti i principi della scienza sono molto più suggestivi di quelli
della Bibbia. Vogliamo parlare della reazione della Chiesa? La conosciamo e
possiamo anche non condividerla. Se qualcuno ne ha fatto le spese, è stato
all’epoca, perché oggi all’interno della Chiesa c’è molto più dialogo e
circolazione di opinioni, senza che qualcuno si scomunichi a vicenda. Anche la
chiesa segue una sua evoluzione. L’evoluzione del pensiero è sempre in atto,
come prevede Gen. 1,28.
38. Il Concilio Vaticano Primo fu convocato da Papa Pio IX con la bolla
Aeterni Patris del 29 giugno 1868. La prima sessione fu tenuta nella Basilica di
San Pietro il giorno 8 dicembre 1869. Vi parteciparono quasi 800 Padri
conciliari. La preparazione del concilio (il primo ad essere preparato in modo
molto approfondito ancora prima della sua apertura) venne affidata ad una
commissione di cardinali assistita da cinque commissioni speciali, le quali
dovevano trattare i problemi riguardanti l’adeguamento della dottrina
ecclesiastica, il ruolo del Papa, valutare gli errori del razionalismo, i rapporti tra
la Chiesa e lo Stato. Il primario scopo del Papa fu di ottenere la conferma della
posizione che egli aveva assunto nel suo Sillabo (1864), condannando una vasta
gamma di posizioni associate al razionalismo, al liberalismo e al materialismo e
al fideismo. Il fine del Concilio fu, accanto alla condanna, di definire la dottrina
riguardante la chiesa. Nelle tre sessioni ci fu discussione e approvazione solo di
due costituzioni: Dei Filius, la Costituzione Dogmatica sulla Fede Cattolica (che
definiva, tra le altre cose, il senso in cui la Bibbia è ispirata da Dio secondo la
dottrina cattolica) e Pastor Aeternus, la Prima Costituzione Dogmatica sulla
Chiesa di Cristo, che tratta il primato e l’infallibilità del vescovo di Roma
quando definisce solennemente un dogma. E’ evidente che da parte dell’autorità
ecclesiastica contavano di più i contenuti della fede che quelli della ragione. A
torto o a ragione. Forse più a ragione, con la solita prudenza ecclesiastica.
39. La differenza tra i due termini è che morale fa riferimento a una legge
divina, etica a un comportamento umanamente accettabile senza riferimenti a
imperativi provenienti dall’alto, ma insiti nella natura stessa dell’uomo.
40. I.Kant: <<Io devo>> che sostituisce il <<tu devi.>> La legge morale
dentro di me , il cielo stellato sopra di me. E’ sicuro che con queste parole Kant
voglia escludere Dio? Kant scrive: <<La fede in un Dio e in altro mondo è
talmente intessuta col mio sentimento morale, che io non ho da preoccuparmi
che la prima possa mai essermi strappata, nella stessa misura in cui non corro
pericolo di perdere il secondo>> (Critic. R. Pura, 537, 2-6). Kant si occupa
anche del destino dell’uomo dopo la morte in un piccolo trattato spedito nel
1794 all’amico editore Erich Biester dal titolo La fine di tutte le cose, BollatiBoringhieri, 2006, nel quale Kant ipotizza che <<si passerebbe dal tempo
all’eternità>> questa frase sembra suggerire, ipotizza il filosofo di Königsberg,
68
LA BIBBIA ha ragione
un’immagine secondo la quale da un certo momento (l’ultimo momento
propriamente inteso) in poi si entrerebbe in una diversa dimensione temporale,
una dimensione inconoscibile per il nostro intelletto ma non certo quella di un
tempo che procede semplicemente all’infinito ([...]questa espressione non
vorrebbe dir nulla, di fatto, se qui per eternità si dovesse intendere un tempo
che si protrae all’infinito. In tal modo l’uomo non uscirebbe mai dal tempo, ma
si limiterebbe sempre solo a passare da un tempo a un altro tempo.[328]).
Questo pensiero indefinito di una <<”Grandezza del tutto incommensurabile
rispetto a quella del tempo” trova perfettamente il suo posto all’interno della
conosciuta concezione kantiana del sublime e così questo abisso dell’eterno
viene visto in questo trattato come un pensiero terribile e immenso, dove la
nostra mente sprofonda senza poterne uscire e verso il quale è continuamente
attirato.>> Quest’ultimo aspetto del tempo verrà approfondito in questo scritto,
quando si parlerà della dimensione tempo.
41. Leggendo Darwin, devo dire che il suo pensiero non esclude né
esplicitamente né implicitamente il metafisico:<< Io non trovo alcuna ragione
per pensare che le opinioni espresse in questo volume possano ferire i
sentimenti religiosi di chicchessia. Del resto per dimostrare quanto siano fugaci
queste impressioni, ci piace ricordare che la più grande scoperta che sia mai
stata fatta dall’uomo, vale a dire la legge dell’attrazione di gravità, fu anche
attaccata dal Leibnitz (sic!) “come sovversiva della religione naturale e,
conseguentemente, della religione rivelata”. Un celebre autore ed eminente
teologo mi scrisse “che egli aveva gradatamente imparato a riconoscere che
possiamo formarci un giusto e nobile concetto della Divinità, pensando che Essa
abbia create poche forme originali, capaci di svilupparsi da se stesse in altre
forme utili, anziché professando l’opinione che Essa debba ricorrere a nuovi atti
di creazione, per riempiere i vuoti cagionati dall’azione delle sue leggi”.>> in
DARWIN, C., Sulla origine delle specie per elezione naturale ovvero
conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza. pp. 273-274.
Più chiaro di così non si può. L’evoluzione è il seguito dell’atto creativo di Dio!
Se si ragiona senza pregiudizi questo non inficia gli attributi di Dio. La
volgarizzazione delle idee di Darwin, però, hanno superato di gran lunga il
pensiero stesso dell’autore!
42. DANTE A., La Divina Commedia, Purg. Canto III.
43. Darwin aveva studiato presso una scuola anglicana e poi studiò
teologia a Cambridge per diventare pastore. Cominciò a mettere in dubbio la
Bibbia (è un passaggio quasi obbligato!) pensando alle bellissime creature che
vivevano negli abissi marini che nessuno poteva mai ammirare, osservando
come una vespa paralizzava i bruchi per darli in cibo alle proprie larve.
Cominciò a pensare che il Vecchio Testamento fosse inaffidabile, e perse
definitivamente la fede nel cristianesimo dopo la morte della figlia Annie, nel
1851. E ancora:<<Darwin non negava l’esistenza di Dio; riteneva semplicemente
che il caso, [anche lui deve far parte dei non benpensanti.] e non l’intervento
divino, fosse il responsabile del carattere della vita sulla Terra.>> In LIPTON, B.
H. La biologia delle credenze, Come il pensiero influenza il DNA, p. 21. Ancora
oggi si discute se Darwin sia stato ateo, agnostico o credente. In ogni caso vedi
nota al cap. II, quando il Dawkins cita Darwin, che a sua volta cita la parola
Creatore nella sua opera fondamentale. Rileggere le precedenti citazioni. Non è
possibile pensare che egli escluda, a priori, un Creatore!
69
LA BIBBIA ha ragione
44. Il principio del caso, dell’accumulo ecc. partono da concetti sorretti
dal retro pensiero “non può che essere così”, che mi sembrano non risultati della
scienza sperimentale, ma considerazioni e riflessioni filosofiche che, a chi le fa,
possono sembrare conclusioni scientifiche. Pierre Teilhard de Chardin tenta di
superare la concezione materialistica del darwinismo opponendovi una
cosmologia, che pur assumendo il principio dell’evoluzione, ne rifiuta
l’interpretazione puramente determinista. <<Credo che l’Universo – scrive ne
In che modo io credo – è una Evoluzione. Credo che l’Evoluzione va verso lo
Spirito. Credo che lo Spirito si compie in qualcosa di Personale. Credo che il
Personale supremo è il Cristo-Universale.>> In www.igor patruno.it Come ho
detto in un’altra nota, forse non ha avuto il coraggio di affrontare il percorso
verso la veridicità o meno di ciò che il Genesi asserisce. Questa idea
dell’evoluzione e la Bibbia, in realtà, è già stata proposta da Jérôme Lejeune, in
una prospettiva diversa, che afferma:<<La Bibbia è il primo libro evolutivo
poiché evidenzia le tappe della creazione>> In AGNOLI FRANCESCO, Perché
non possiamo essere atei. Il fallimento dell’ideologia che ha rifiutato Dio, p. 85.
45. LIPTON, B.H., La biologia delle credenze. Come il pensiero influenza
il DNA, p. 22.
46. D’altra parte un universo abbandonato al suo capriccio senza regole
precise che ne determinano il funzionamento credo che sia teoricamente
inammissibile. Si può progredire nella scienza solo se ci si può fidare di regole
certe.
47. Ad esempio alcuni asteroidi che sembra non obbediscano alla legge
delle orbite ordinate.
48. <<La logica creazionista è sempre la stessa. Un dato fenomeno
naturale è statisticamente troppo improbabile, complesso e mirabile per essersi
originato per caso. Il “progetto intelligente” è l’unica alternativa al caso che il
creazionista sa immaginare. Dunque dev’esserci stato un autore. Anche la
risposta della scienza a questa logica fallace è sempre la stessa. Il progetto non è
l’unica alternativa al caso. La selezione naturale è un’alternativa migliore. Anzi,
il progetto non è una vera alternativa, perché solleva un problema ancora più
grande di quello che risolve: chi ha progettato il progettista?>> DAWKINS R.,
L’illusione Dio. Le ragioni per non credere, Mondadori, Milano 2008, pp. 122123. Il Dawkins pone la terza alternativa: no al progetto intelligente, no al caso,
il problema si risolve con la selezione naturale e l’antropia, come dirà più avanti.
49. In termini semplici si ipotizza che la vita abbia avuto origine dalla
reazione di aminoacidi che hanno dato origine alla primordiale vita
monocellulare. <<L’ipotesi sull’origine della vita, insegnata oggi, è quella
formulata dal biochimico sovietico A. Oparin nel 1922, e riguarda la sintesi
spontanea degli amminoacidi, che sono i “mattoni” di cui è costruito il
materiale fondamentale di tutte le forme viventi: le proteine. Secondo Oparin
sulla terra primitiva esisteva un oceano diverso da quello attuale, chiamato
“brodo prebiotico”, ricco di sostanze quali ammoniaca, indispensabili per poter
immaginare la sintesi degli amminoacidi. Nel 1951 il premio Nobel H. Urey
ipotizzava che anche l’atmosfera della terra primitiva fosse diversa da quella
attuale e non contenesse ossigeno (condizione indispensabile per poter
immaginare che gli amminoacidi, eventualmente sintetizzati, non si sarebbero
70
LA BIBBIA ha ragione
immediatamente decomposti). La verifica sperimentale delle ipotesi di Oparin e
Miller è stata effettuata nel 1953 da Stanley Miller, all’epoca non ancora laureato
e studente di Urey. Creando in laboratorio le condizioni del brodo e
dell’atmosfera primordiali ipotizzati, Miller è infatti riuscito ad ottenere alcuni
amminoacidi mediante scariche elettriche intese a simulare i fulmini sulla Terra
primitiva. L’esperimento di Miller ha avuto vasta risonanza sui mass media
dell’epoca, e fa dichiarare ancora oggi, 50 anni dopo, da uno dei più diffusi testi
scolastici di biologia negli Usa ed in Italia, che “la maggioranza dei biochimici
ritiene che le reazioni chimiche che hanno dato origine agli amminoacidi fossero
inevitabili”.>>http://www.narkas.org/IT/index.php?option=com_content&ta
sk=view&id=18&Itemid=27. Non fa nessuno scandalo. Nemmeno per un
credente. Basta anche qui applicare il principio di causa ed effetto. Ammesso
che sia avvenuto proprio così, questo brodo, come viene comunemente detto, è
l’effetto, cioè il risultato, ma la causa qual è? Non è un principio scientifico
ancora dimostrato come, ripeto, lo è la radio di Marconi, ma il ragionamento da
cui partire è sempre questo. Aggiungo: nell’esperimento dell’acceleratore di
Ginevra sembra abbiano potuto vedere riprodotto questo brodo iniziale. La cosa
è veramente interessante, ma non inficia ancora il principio di causa-effetto, in
quanto la causa viene indotta con l’inserimento di una particella già esistente.
Ritengo che l’evoluzionismo, nel senso che sto cercando di dire, è un principio
che può rientrare nel campo della scienza e non solo delle ipotesi. Esso, però,
non è la causa ma l’effetto.
50. La solita domanda: chi ha condensato tutta quell’energia che
esplodendo avrebbe provocato l’universo? Se non si dà una risposta a questa
domanda, il resto è pura fede… nelle ipotesi scientifiche! La risposta che io do è
la più semplice possibile: non si è prodotta da sé ma la volontà creatrice di
qualcuno che ne aveva le capacità. Lo stesso Darwin non lo esclude.
51.
questo.
La metariflessione. E’ quella che stiamo facendo scrivendo tutto
52. E’ venuto il momento di dire cosa è il Determinismo: <<Dottrina
secondo cui ogni processo dell’universo è completamente regolato da leggi
universali. Il d. è presente nella filosofia antica, con particolare forza
nell’atomismo di Leucippo e Democrito e nello stoicismo. Ma l’idea fu criticata
tanto da Aristotele quanto da Platone, i quali, pur non negando che in natura
operi una necessità deterministica, sostennero che la piena comprensione del
mondo può avvenire solo prendendo in considerazione anche le cause finali (che
per Platone sono ideali). Aristotele ammise anche l’esistenza di eventi
contingenti. I fondatori della scienza moderna del sec. XVII furono ispirati dalla
fede nella possibilità di scoprire una struttura reale intelligibile della natura
obiettiva. La visione meccanicistica che divenne il fondamento dell’intera
scienza seicentesca presupponeva un ordine senza eccezioni, una realtà
strutturata secondo rapporti determinati e stabili che trovano la loro
espressione nella matematica. Per G. Keplero, Galilei G. R. Cartesio, G.W.
Leibniz il postulato deterministico costituito dal principio di causalità non
esprime altro che la convinzione dell’identità di matematica e natura. In I.
Newton il d. assume la forma di un postulato, un convincimento circa una
natura semplice e sempre conforme a se stessa. Vari autori reagirono contro il d.
del meccanicismo tipico della scienza moderna (D. Diderot, la filosofia della
natura del romanticismo, E. Du Bois-Reymond, A. Cournot, E. Boutroux, H.
71
LA BIBBIA ha ragione
Bergson, lo storicismo tedesco, ecc.), ma il più duro attacco all’ideale
deterministico è venuto proprio dall’interno della scienza stessa, quando nel
‘900 è sorta la fisica atomica che, secondo l’interpretazione dominante dovuta a
W. Heisenberg, N. Bohr e M. Born, parla di un mondo di particelle attraverso
leggi statistiche, non più deterministiche, e pone a proprio fondamento il
principio di indeterminazione. Grandi scienziati come A. Einstein e M. Planck
rifiutarono questa teoria per il suo essenziale indeterminismo, ma solo negli
anni ’50 è stata presentata una teoria alternativa, la “teoria dei parametri
nascosti”, che ha tentato di recuperare una visione deterministica delle
particelle elementari, incontrando peraltro grossissime difficoltà.>> In
L’Enciclopedia della Filosofia e delle Scienze Umane. Istituto Geografico De
Agostini, Novara, 2000, voce Determinismo. Non sono uno scienziato quindi mi
limito a citare e a interpretare a modo mio questa teoria. Che mi pare
corrispondere a una visione realistica del mondo.
53. Leggendo le varie ipotesi dell’apparizione dell’uomo sulla terra e poi
via via le varie fasi dell’evoluzione ho trovato approcci molto differenti e basate
soprattutto su ipotesi spesso indimostrabili (ad esempio l’antropia, ipotesi delle
piccole improbabilità, e così via). Io mi limiterei nell’affermare che è evidente
solo una cosa: l’apparizione dell’uomo sulla terra risale a circa quattro o due
milioni (come potrebbe essere l’ipotesi più attendibile) e poi seguire come
metodo l’evoluzionismo, senza complicarsi la vita ad inseguire questa o quella
teoria. Quel campo è relegato agli specialisti, che un giorno, forse, forniti di
prove certe e inconfutabili, potranno dimostrarle scientificamente. Le teorie
sono tutte rispettabili, ma restano teorie fino a quando non faranno parte di
prove provate da parte della scienza sperimentale come certezze assolute.
54. Non parlo di intelligenza perché gli animali sono intelligenti.
L’intelligenza non è una discriminante tra l’uomo e l’animale. L’intelligenza è
una conseguenza del pensiero ed è quella facoltà che attraverso le associazioni
mentali permette di risolvere problemi e aprirne di nuovi, base della propria
evoluzione e sviluppo. Negli animali è una facoltà indirizzata solo alla
sopravvivenza in quanto non supportata dalla coscienza o consapevolezza di sé.
A mio parere, il motivo di questo è che gli animali non hanno la percezione delle
dimensioni tempo-spazio. E’ altrettanto chiaro che anche gli animali hanno una
forma primordiale e irriflessa di pensiero, che si esprime solo per far funzionare
l’istinto e non per articolare parole e, forse, addestrati possono produrre parole,
ma non produrre idee oltre quelle istintive. E’ evidente che essi posseggono un
linguaggio che permette loro di comunicare, ma è il linguaggio è diverso dalla
lingua e dalla parola. Almeno fino ad adesso. Vedi più avanti nota 70.
55. Qualche tempo fa ho letto su una rivista (1 settembre 2010) un
articolo che citava una notizia dal TIME, in cui si dice che gli animali possono
parlare, se addestrati bene, e addirittura che qualcuno è riuscito a distinguere,
facendolo notare, l’attribuzione sbagliata. Comunque sia, per arrivare a
pronunciare delle parole hanno bisogno di un lungo addestramento, che non si
trasmette, almeno finora, alla specie intera modificandone la natura. Ognuno si
può sbizzarrire come vuole, resta il fatto che finora esiste la distinzione di
natura tra quella umana e quella animale. E aggiungo che anche Darwin dice
che la razionalità, in qualche forma, appartiene al mondo animale, ma è
specifica dell’uomo:<<È stato asserito che l’uomo solo è capace di progressivo
miglioramento, che egli solo adopera strumenti o fa fuoco, addomestica gli altri
72
LA BIBBIA ha ragione
animali, possiede proprietà, fa uso di un linguaggio; che nessun altro animale ha
la coscienza di se stesso, si conosce, ha la forza di astrazione o possiede idee
generali; che l’uomo solo ha il senso del bello, è soggetto a capricci, ha sensi di
gratitudine, di mistero, ecc.; crede in Dio, o è fornito di una coscienza. Mi
arrischierò a fare alcune osservazioni intorno ai punti più importanti ed
interessanti fra questi.>> In DARWIN, C., L’origine dell’uomo e la scelta in
rapporto col sesso. Traduzione di Michele Lessona. A. Barion Editore. Sesto
San Giovanni, 1926. p. 32. In precedenza aveva affermato:<<Fra tutte le facoltà,
della mente umana, si riconoscerà, credo, che la Ragione è la più elevata. Sono
pochi quelli che vorranno negare che gli animali non siano forniti di un certo
potere di ragionare. Si possono vedere costantemente animali che si fermano,
deliberano e risolvono. È un fatto significante che quanto più un naturalista
studia i costumi di un dato animale, tanto più fa larga la parte alla ragione e
minore al semplice istinto. Nei capitoli seguenti vedremo che alcuni animali
affatto al basso della scala danno apparenti prove di un certo grado di ragione.
Senza dubbio spesso è difficile distinguere fra la potenza della ragione e quella
dell’istinto.>> p. 30. Mi pare evidente ciò che afferma Darwin, ma la differenza,
secondo me, sta nel fatto che la ragione, la consapevolezza umana, hanno
determinato il progresso e una evoluzione dell’uomo al di sopra del semplice
problem solving dell’immediato, (che può appartenere anche al singolo
animale); ed ha determinato categorie razionali di ordine universale e cioè le
idee. Accettando le osservazioni di Darwin sugli animali non si può non tener
conto di questo secondo aspetto presente solo nell’uomo, e della sua
ammissione della difficoltà di discriminare il confine tra la ragione e l’istinto.
Ancora Darwin:<<Sono stati riferiti tanti fatti in varie opere per dimostrare che
gli animali sono forniti di un certo grado di ragione, che non farò qui menzione
se non di due o tre esempi, accertati da Rengger, e ove trattasi di scimmie
americane che sono le più basse del loro ordine.>> p. 31. “Di un certo grado di
ragione”, giusto, fruibile nella lotta per la sopravvivenza. Ma lo stesso Darwin è
costretto ad ammettere che:<<Coscienza di sé, individualità, astrazione, idee
generali, ecc. – Sarebbe inutile tentare di discutere queste altissime facoltà, le
quali, secondo parecchi recenti scrittori, costituiscono la sola e compiuta
differenza tra l’uomo e i bruti, perché appena due soli scrittori sono d’accordo
nelle loro definizioni.>> p. 39. Le chiama altissime facoltà, e questo mi pare più
che sufficiente che gli si riconoscano una fondamentale diversità. Afferma anche
che sulle loro definizioni non c’è accordo, e, aggiungo, perché non sono
definibili solo con categorie immanenti. Successivamente, cerca di provare che
questa diversità si può annullare:<<Ma possiamo noi essere certi che un vecchio
cane, dotato di eccellente memoria e di qualche potenza d’immaginazione, come
lo dimostra nei suoi sogni, non rifletta mai alle antiche cacce ed ai piaceri che gli
hanno procurato? E questa sarebbe una forma di coscienza di se stesso. Inoltre,
come osserva Büchner, la moglie di un selvaggio dell’Australia degradata e
dedita a opere manuali, che non adopera quasi vocaboli astratti e non sa contare
oltre quattro, non può esercitare molto queste facoltà, o riflettere intorno al
problema della propria esistenza.>> p. 40. Sono costretto a sottolineare che
contiene un dubbio irrisolvibile “possiamo noi essere certi?…” e’ una deduzione
la quale anche se corrispondesse a realtà non sarebbe che una forma di
coscienza di se stesso. Questa consapevolezza nell’animale non arriverà mai
(mai dire mai, è vero, ma…) a dire sono consapevole di esistere. Tralascio il
commento alla forma di razzismo contenuto nelle affermazioni sulla donna
australiana e nell’opera tutta di Darwin, che comunque, proprio perché donna, è
consapevole della sua esistenza… La forma di consapevolezza di cui parla
73
LA BIBBIA ha ragione
Darwin è una forma di consapevolezza che fa parte di tutte le forme di vita.
Anche le piante, dal momento che cercano la luce, che diffondono radici nel
terreno in cerca di acqua dimostrano una “consapevolezza” naturale per
risolvere il problema della sopravvivenza, hanno questa forma primordiale di
consapevolezza. Ma non è difficile capire che una consapevolezza dovuta alla
sopravvivenza naturale e, non catalogabili in quelle che lo stesso Darwin dice
essere altissime facoltà se riferite all’uomo, sono la discriminante tra la natura
umana e quella animale e vegetale. Il suo ragionare resta nell’ambito di una
evoluzione meccanicistica, presente certamente anche nell’uomo, ma nell’uomo
non è solo una forma meccanica e immanente. E’ il solito sforzo che la scienza
continua a fare, quello di dimostrare che anche l’uomo è solo materia.
56.
Questo sforzo è contenuto nel libro del Levi, I misteri del cervello,
del Dennett, Coscienza, e del Linden, La mente casuale, e anche in quello del
Dawkins. E, generalmente, nelle ricerche scientifiche.
57. Questa affermazione, che a me sembra scontata, non lo è. Il Lipton a
p. 37 nel capitolo I: Le cellule: essere umani in miniatura, afferma:<<La nozione
di cellule come esseri umani in miniatura, che stavo considerando, sarebbe
ritenuta un’eresia dalla maggior parte dei biologi. Spiegare la natura di qualcosa
di non umano riferendolo al comportamento umano viene chiamato
“antropomorfismo”. I “veri” scienziati considerano l’antropomorfismo una sorta
di peccato mortale e mettono al bando i colleghi che lo utilizzano
consapevolmente nei loro lavori>>. Una opposta opinione la troviamo in
MicroMega: <<Prendiamo, solo per accenno, poi lo approfondiremo, l’elemento
più discusso in questi anni, di norma naturale, la questione dell’aborto. Veniva
ricordato prima. Per un cristiano l’aborto è un delitto, e il cristiano dice: non lo
dico solo per fede, penso di poterlo dimostrare razionalmente. In linea di
principio questo è vero, tanto è vero che vi sono anche dei non credenti contro la
possibilità dell’aborto – ricordo uno di questi, anche se in forma non molto
rigida, fu a suo tempo Norberto Bobbio. E tuttavia vi sono tantissimi altri esseri
umani che non sono convinti di poter dimostrare che, argomentando
razionalmente, l’aborto è una cosa molto dura, ma non è un omicidio, non ha
nulla che fare con l’infanticidio. Questo è tanto vero che perfino per secoli nella
Chiesa cattolica si discusse. Esistono dei passi di Sant’Agostino, in cui
sant’Agostino che riteneva che invece fin dal primo attimo già vi fosse un’anima
nel grembo materno, polemizzava duramente con i vescovi dell’epoca, e dalle
parole di sant’Agostino si capisce che questi vescovi dovevano essere in
maggioranza, che ritenevano che invece l’anima entrasse solo al terzo mese di
gestazione, e che quindi fino al terzo mese di gestazione, e che quindi fino al
terzo mese non vi fosse nessun essere umano; e quindi non vi fosse neppure
alcun delitto ad abortire. (…) In questo modo noi stabiliamo che è fuori dalla
razionalità e dall’umanità chiunque argomenti, io credo spesso con motivi
migliori, più convincenti, e contro il punto di vista della Chiesa. Per la quale,
diciamo, il delitto incomincia dal primo giorno della gestazione, quando ancora
l’embrione, come sapete, torneremo anche su questo, nei primi sedici giorni non
è ancora neanche… sono cellule indifferenziate.>> In Il fondaco di MicroMega,
Dio esiste? Joseph Ratzinger, Paolo Flores d’Arcais. Un confronto su verità,
fede, ateismo. Moderato da Gad Lerner. Suppl. al n. 2/2005 di MicroMega
(rivista bimestrale). Gruppo editoriale l’Espresso. p. 32. Per quanto mi riguarda
concordo con il Lipton perché mi sembra talmente evidente che la cellula
contenga in nuce tutto quello che poi sarà in seguito. Non avviene un
74
LA BIBBIA ha ragione
cambiamento di sostanza dal primo al sedicesimo giorno, è solo una massa della
stessa sostanza che si ingrandisce, con leggi interne sue proprie, e via via prende
le forme dell’individuo umano in questo caso, (animale o vegetale che sia, con lo
stesso principio scientifico e filosofico per animali e piante), fino alla
maturazione e alla nascita di quel dato individuo. Il tempo non modifica la
sostanza. Lo so che psicologicamente fa meno impressione pensare a un grumo
di sangue che a un individuo vero e proprio, ma è solo una questione psicologica
che non muta la sostanza dei fatti. E’ chiaro che la citazione di S. Agostino, a
questo punto, appare strumentale. Le posizione dei vari Padri della Chiesa non
sono posizioni supportate da scoperte scientifiche, ma solo da opportunità
sociologiche del momento. Non sono dogmi della Chiesa.
58. La notizia di qualche tempo fa (maggio 2010) circa la creazione della
prima cellula, non eucariotica, ma batterica, non fa altro che confermare
quanto vengo dicendo. Nella cellula batterica non ci sono se non le
caratteristiche materiali.
59.
Vedi il n. 2 del presente capitolo.
60. Mi sono sempre chiesto, e col tempo, mi pare di averlo risolto, quale
fosse il confine tra linguaggio mitologico e le verità rivelate all’interno della
Bibbia. Questo della conoscenza è uno degli aspetti che, secondo me, riguarda
sia la rivelazione che la scienza. Vedi Appendice 1, La libertà, e la conclusione di
questo capitolo.
61. <<Il serpente era il più astuto di tutti gli animali della campagna, che
il Signore Dio aveva formato. Egli domandò alla donna:<<E’ vero che Dio vi ha
detto: Non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?>> La donna
rispose: <<Noi possiamo mangiare del frutto degli alberi del giardino; solo del
frutto dell’albero che è nel mezzo del giardino Dio ha detto: Non ne mangiate,
né lo toccate, altrimenti morrete!>> il serpente disse alla donna: <<No, voi non
morrete; anzi, il Signore sa che qualora ne mangiaste, s’aprirebbero i vostri
occhi e diventereste come Dio, conoscitori del bene e del male>>. Gen. 3, 1-5.
Per l’”esegesi” del brano vedere l’appendice n. 1.
62. Vedi il mito della città di Eliopoli citato più sopra.
63. Intendo in questo momento uomo come personalità e non solo come
entità fisica.
64. Il Cogito, ergo sum di Cartesio. Ma che può benissimo essere
rovesciato: Sum, ergo cogito.
65. Riguardo a questo animale, che la Bibbia indica come il male (vedi
cap. 12 dell’Apocalisse di Giovanni), cito letteralmente da Jung: <<Un caso
molto interessante mi venne offerto da uno psichiatra. Un giorno egli mi portò
un quadernetto scritto a mano che aveva ricevuto in dono per Natale dalla
propria figlia di 10 anni. Esso conteneva tutta una serie di sogni che la bambina
aveva fatto all’età di otto anni, i sogni più misteriosi che mi fosse capitato di
osservare. Mi rendevo ben conto dell’imbarazzo del padre: benché infantili,
erano strani e inquietanti e contenevano immagini che egli non riusciva
assolutamente a comprendere. I motivi principali erano i seguenti: 1. “L’animale
75
LA BIBBIA ha ragione
infernale”, un mostro a forma di serpente provvisto di numerose corna, uccide e
divora tutti gli altri animali. Ma Dio interviene dai quattro angoli (si tratta in
realtà di quattro dèi separati) [suppongo che la parentesi sia di Jung o chi per
lui, e comunque si occuperà in appresso di spiegare quali siano questi quattro
dèi che, secondo Jung, diventano tre nel cristianesimo], e resuscita tutti gli
animali morti; 2. una ascesa al cielo, dove si stanno celebrando danze pagane, e
una discesa all’inferno, dove si trovano angeli intenti a compiere buone
azioni>>. E così via fino a 12 punti. Seguito la citazione:<<Nel testo completo
originale, scritto in tedesco, ciascun sogno comincia con le antiche parole della
favola: “C’era una volta…”. Esse stanno a significare che per la bambina ogni
sogno è una specie di favola che essa vuole raccontare al padre come dono di
Natale. Il padre cercò di spiegare i sogni sulla base del loro contesto, ma non vi
riuscì perché erano privi di qualunque associazione personale. Naturalmente la
possibilità che questi sogni costituissero mere elaborazioni consapevoli può
essere esclusa solo da chi abbia conosciuto la bambina sufficientemente a fondo
da garantire della veridicità del suo racconto. (Tuttavia, anche se si trattasse di
semplici fantasie, questi sogni esigerebbero pur sempre un’adeguata
interpretazione). Nel nostro caso, il padre era convinto che i sogni fossero
autentici e io non ho alcuna ragione per dubitarne. Ho conosciuto
personalmente la bambina, ma in epoca anteriore a quella in cui essa consegnò
il quaderno dei sogni a suo padre e perciò non ho avuto la possibilità di farle
domande in proposito. Essa viveva all’estero e morì di malattia infettiva circa un
anno dopo quel Natale. I sogni hanno un carattere decisamente peculiare: i loro
concetti fondamentali sono essenzialmente filosofici. Il primo [quello che ho
citato per intero], ad esempio, allude a un mostro infernale che uccide gli altri
animali, ma Dio interviene a resuscitarli attraverso una restituzione divina o
Apokatastasis. Nel mondo occidentale questa idea è conosciuta dalla tradizione
cristiana. Essa è presente negli Atti degli Apostoli, 3, 21:”[Cristo] che il cielo
deve accogliere fino ai tempi della restituzione di tutte le cose…” I primi Padri
della Chiesa (per esempio Origene) insisterono in modo particolare sull’idea
che, alla fine dei tempi, ogni cosa verrà restaurata dal Redentore nel suo stato
originario e perfetto. Tuttavia, secondo S. Matteo, 17, 11, esisteva anche
un’antica tradizione ebraica secondo la quale Elia “in verità verrà a restaurare
tutte le cose”. Nella I Lettera ai Corinzi, 15, 22, si ritrova la stessa idea in questi
termini:”Poiché come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo tutti
torneranno a vivere”. Qualcuno potrebbe sospettare che la bambina si sia
imbattuta in questo pensiero nel corso della sua educazione. Ma essa aveva una
ridottissima preparazione di questo genere. I suoi genitori erano formalmente
protestanti, ma di fatto conoscevano la Bibbia solo per sentito dire. In
particolare è estremamente improbabile che l’immagine recondita
dell’Apokatastasis sia stata spiegata alla bambina. E’ certo che suo padre non
aveva mai sentito parlare di questa idea mitica. Nove dei dodici sogni sono
influenzati dal tema della distruzione e della restaurazione e nessuno di essi
mostra traccia di una educazione cristiana o di qualche influenza specificamente
cristiane. Al contrario, essi si rivelano strettamente connessi con i miti primitivi.
Questa relazione è corroborata dall’altro motivo, quello del “mito cosmogonico”
(cioè la creazione del mondo e dell’uomo), che appare nel quarto e nel quinto
sogno. La stessa connessione si rinviene nella I Lettera ai Corinzi, 15, 22, da me
già citata. Anche in questo passo Adamo e Cristo (cioè la morte e la
Resurrezione) sono legati fra loro. L’idea generale del Cristo Redentore
appartiene al tema universale e precristiano dell’eroe e del salvatore che, benché
divorato da un mostro, torna di nuovo ad apparire in modo miracoloso, dopo
76
LA BIBBIA ha ragione
aver sconfitto il mostro che lo aveva ingoiato. Nessuno sa quando e dove questo
motivo abbia avuto origine. Noi non sappiamo neppure in che modo sia
possibile affrontare questo tipo di ricerca. L’unico elemento certo è che tutte le
generazioni hanno conosciuto questo motivo sotto forma di una tradizione
tramandata dalle epoche precedenti. Perciò possiamo legittimamente supporre
che “esso abbia avuto origine” in un periodo in cui l’uomo non sapeva ancora di
possedere un mito eroico; in un’età cioè, in cui egli non era ancora in grado di
riflettere consapevolmente su ciò che diceva. La figura dell’eroe è un archetipo
che è esistito da tempo immemorabile. La produzione di archetipi da parte di
bambini è particolarmente significativa, poiché in alcuni casi si può essere
assolutamente sicuri che il bambino non ha avuto alcun accesso alla tradizione
concernente questo motivo.>> In JUNG C.G., L’uomo e i suoi simboli. TEA,
Milano, 2009. Questo testo che Jung usa per dimostrare le sue idee sugli
archetipi, torna bene anche per dimostrare la mia ipotesi, come si vedrà.
66. Riguardo alla concezione della morale, ecco cosa scrive Darwin: <<Io
mi unisco pienamente al giudizio di quegli scrittori i quali asseriscono che di
tutte le differenze che esistono fra l’uomo e gli animali inferiori, la più
importante è il senso morale o la coscienza. Questo senso, come dice
Mackintosh, “ha una giusta supremazia sopra ogni altro principio di azione
umana”; e si riassume in quel breve ma imperioso vocabolo dovere, tanto pieno
di alto significato. È il più nobile di tutti gli attributi dell’uomo, quello che lo
spinge senza esitare un momento a porre in pericolo la sua vita per salvare
quella del suo simile; oppure, dopo debita deliberazione, a sacrificarla a qualche
grande causa, spinto solamente da quel profondo sentimento del giusto o del
dovere.>> In DARWIN, C., L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col sesso.
p. 44. E’ il pensiero di Darwin, che, di seguito, cita Kant:<<Emmanuele Kant
esclama: “Dovere! Meraviglioso pensiero, che non operi né per amorevole
insinuazione, né per lusinga, né per minaccia, ma solo per mantenere alta
nell’anima la tua legge, acquistandoti così ognora il rispetto, se non sempre
l’obbedienza; innanzi a te tutti gli appetiti rimangono muti, sebbene
segretamente ribelli; d’onde la tua origine?>> p. 44. Che viene poi spiegato con
quanto segue:<<Questa grande questione è stata discussa da molti scrittori di
provata abilità; e la mia unica scusa nel parlarne è l’impossibilità di lasciarla in
disparte, e il fatto che, per quanto mi sappia, nessuno l’ha toccata
esclusivamente dal lato della storia naturale. Inoltre questa investigazione ha in
sé qualche interesse indipendente; è un tentativo per vedere fin dove lo studio
dei sottostanti animali possa spander luce sopra una delle più alte facoltà
dell’uomo. A me sembra un fatto probabilissimo questo asserto, che ogni
animale fornito d’istinti sociali molto spiccati debba inevitabilmente acquistare
un senso morale o coscienza, appena le sue facoltà intellettuali siansi sviluppate
tanto o almeno approssimativamente quanto nell’uomo. Perché in primo luogo,
gli istinti sociali fanno sì che un animale prova piacere nella compagnia del suo
simile, sente un certo grado di simpatia per esso, e fa per lui qualche servizio.
Questi servizi possono essere di una natura definita ed evidentemente istintiva;
o vi può essere solo un desiderio e una premura, come nella maggior parte degli
animali superiori, ad aiutare i propri compagni in certi modi generali. Ma questi
sentimenti e questi servigi non si estendono menomamente a tutti gli individui
della medesima specie, ma solo a quelli della stessa associazione. In secondo
luogo, appena le facoltà mentali si saranno molto sviluppate, le immagini di
tutte le azioni e i movimenti passati attraverseranno incessantemente il cervello
di ogni individuo: e quel sentimento di scontento che risulta invariabilmente,
77
LA BIBBIA ha ragione
come vedremo in seguito, da ogni istinto insoddisfatto, verrà in campo
ogniqualvolta apparirà che l’istinto sociale persistente e sempre presente abbia
voluto cedere il posto a qualche altro istinto, attualmente più forte, ma non
tenace nella sua natura, e non tale da lasciare dietro a sé nessuna impressione
molto vivace. È bene evidente che molti desiderî istintivi, come la fame, sono
per loro stessi di breve durata; e, dopo essere stati soddisfatti, non lasciano vive
e pronte rimembranze. In terzo luogo, dopo che è stata acquistata la facoltà del
linguaggio ed i membri di una stessa società hanno potuto comunicarsi
distintamente i loro desiderî, deve essersi naturalmente estesa l’opinione che
ogni membro doveva avere per scopo delle sue azioni il pubblico bene. Ma gli
istinti sociali saranno ancora per dare l’impulso all’operare pel bene della
comunità, quando questo impulso venga rinforzato, diretto, e talora anche
deviato dalla pubblica opinione, la forza della quale riposa, come vedremo ora,
sulla istintiva simpatia. Infine, l’abitudine nell’individuo avrà in ultimo luogo
una parte importantissima nella condotta di ogni membro; perché gli istinti e gli
impulsi sociali, come ogni altro istinto, acquisteranno grande forza
dall’abitudine, come sarebbe l’obbedienza ai desiderî ed ai giudizi della
comunità. Ora dobbiamo discutere intorno a queste varie proposizioni
subordinate, e intorno ad alcune anche con una certa estensione. Prima di tutto
sarà bene premettere che non voglio asserire che qualunque animale puramente
sociale, qualora le sue facoltà morali fossero per divenire attive ed elevate
quanto quelle dell’uomo, potrebbe acquistare esattamente lo stesso senso
morale che possediamo noi. Nello stesso modo che vari animali hanno un certo
sentimento della bellezza, sebbene ammirino in complesso oggetti differenti,
così possono avere un sentimento del bene e del male, sebbene li conduca poi a
seguire una linea di condotta grandemente diversa. Se, per esempio, per
prendere un caso estremo, gli uomini fossero allevati precisamente nelle stesse
condizioni di un alveare di api, non c’è guari [nessun] dubbio che le nostre
femmine nubili crederebbero essere loro sacro dovere, come le api operaie,
quello di uccidere i loro fratelli, e le madri tenterebbero di trucidare le loro
figliuole feconde; e nessuno penserebbe ad opporvisi. Nondimeno l’ape, o
qualunque altro animale sociale acquisterebbe, a me pare, nel nostro supposto
caso, un certo senso del bene e del male, ossia una coscienza. Perché ogni
individuo avrebbe un senso intimo di possedere certi istinti più forti o più
tenaci, ed altri meno forti o meno tenaci; cosicché vi sarebbe sempre una lotta
cui terrebbe dietro l’impulso; e si proverebbe soddisfazione o scontento, quando
le impressioni del passato fossero messe in confronto durante il loro continuo
passaggio attraverso la mente. In questo caso un interno ammonimento direbbe
all’animale che sarebbe stato meglio seguire quell’impulso invece di quell’altro.
Una linea di condotta doveva venire seguita; l’una sarebbe stata la buona, l’altra
la cattiva: ma avrò da tornare su questo.>> pp. 44-46. Secondo Darwin sarebbe
possibile ritrovare negli animali il senso morale di bene e male, così come si
trova nell’uomo, se si avverassero certe condizioni. Devo ripetere quanto detto
sopra, sottolineando l’enorme differenza con il bene e il male presente nella
natura umana. Per Darwin è da attribuire al linguaggio il diffondersi del senso
morale. Il linguaggio umano è fondato sulla parola e quindi sulla lingua. Il
linguaggio inteso in senso generico, invece, definito da WITTGENSTEIN nelle
Ricerche filosofiche come “una struttura unitaria che rappresenta un insieme di
relazioni che si caratterizza in un insieme di relazioni collegate nei rapporti e nei
significati”, è evidente che è altra cosa rispetto alla lingua e alla parola. Il
linguaggio da solo non è sufficiente per spiegare la comunicazione umana,
mentre è sufficiente per spiegare la comunicazione nella natura animale, il
78
LA BIBBIA ha ragione
quale sviluppa solo un insieme di relazioni che proprio per questo non può
avere la stessa concezione morale sia concreta che astratta di bene e di male
presente nell’uomo. Il linguaggio, da solo, senza una lingua e una parola, non
può produrre idee e collegamenti fra le idee, che sono il requisito per il favorire
delle scelte morali responsabili. Il linguaggio animale resterà solo una forma di
comunicazione che non può superare l’elemento istintuale, anche se nelle
relazioni che sviluppa c’è un significato; significato che possiamo ricondurre alla
comunicazione dei bisogni primari. Secondo Darwin, se nell’animale si
sviluppassero le stesse capacità sociali umane, non dovute solo al linguaggio, e
aggiungiamo, ma alla lingua e alla parola, e alle altre “altissime facoltà” di cui lui
parla, sarebbe simile all’uomo anche nel senso del bene e del male. Ma ciò non è
ancora avvenuto.
67. Anche la conoscenza occupa capitoli interi dei trattati di psicologia.
In filosofia il mito della caverna ci parla di conoscenza come reminiscenza del
mondo dell’iperuranio nel quale si trovava l’anima prima di incarnarsi: le anime
erano nel mondo delle idee. Si pensi se questo non fosse un mito ma una realtà,
che concatenata alla ipotesi di Jung… quali possono essere le conseguenze? Il
“mito della caverna”, che costituisce uno dei punti chiave del pensiero di Platone
(428-348 a.C.), descrive degli uomini incatenati in una caverna sotterranea
costretti a guardare solo davanti a sé. Sul fondo della caverna si riflettono
immagini di statuette, che sporgono al di sopra di un muricciolo alle spalle dei
prigionieri e raffigurano tutti i generi di cose. Dietro si muovono, senza essere
visti, i portatori delle statuette e più in là brilla un fuoco che rende possibile il
proiettarsi delle immagini sul fondo. I prigionieri scambiano le ombre per la
sola realtà esistente; ma se uno di essi riuscisse a liberarsi dalle catene,
voltandosi si accorgerebbe delle statuette e capirebbe che esse, e non le ombre,
sono la realtà. Se egli riuscisse in seguito a risalire all’apertura della caverna
scoprirebbe, con ulteriore stupore, che la vera realtà non sono nemmeno le
statuette, poiché queste ultime sono a loro volta imitazioni di cose reali, nutrite
e rese possibili dall’astro solare. Dapprima, abbagliato da tanta luce, non
riuscirà a distinguere bene gli oggetti e cercherà di guardarli riflessi nelle acque.
Solo in un secondo tempo li scruterà direttamente, ma, ancora incapace di
volgere gli occhi verso il sole, guarderà le costellazioni e il firmamento durante
la notte. Dopo un po’ sarà finalmente in grado di fissare il sole di giorno e di
ammirare lo spettacolo scintillante delle cose reali. Ovviamente lo schiavo
vorrebbe rimanere sempre là, a godere, rapito, di quel mondo di superiore
bellezza, tanto che “preferirebbe soffrire tanto piuttosto che tornare alla vita
precedente”. Ma se egli per far partecipi i suoi antichi compagni di schiavitù di
ciò che ha visto, tornasse nella caverna, i suoi occhi sarebbero offuscati
dall’oscurità e non saprebbero più discernere le ombre: perciò sarebbe deriso e
spregiato dai compagni, che accusandolo di avere gli occhi “guasti”,
continuerebbero ad attribuire i massimi onori a coloro che sanno più
acutamente vedere le ombre della caverna. E alla fine infastiditi del suo
tentativo di scioglierli e di portarli fuori dalla caverna, lo ucciderebbero. La
simbologia filosofica di questo mito è ricchissima: La caverna oscura
simboleggia il nostro mondo; Gli schiavi incatenati - gli uomini; Le catene –
l’ignoranza e le passioni che ci inchiodano a questa vita; Le ombre delle
statuette – le cose del mondo sensibile corrispondenti al grado della credenza;
Il fuoco – il principio fisico con cui i primi filosofi spiegarono le cose; La
liberazione dello schiavo – l’azione della conoscenza e della filosofia; Il mondo
fuori della caverna – le idee; Le immagini delle cose riflesse nell’acqua – le idee
79
LA BIBBIA ha ragione
matematiche che preparano alla filosofia; Il sole – l’idea del Bene che tutto
rende possibile e conoscibile; La contemplazione delle cose e del sole – la
filosofia ai suoi massimi livelli; Lo schiavo che vorrebbe starsene sempre là – la
tentazione del filosofo di chiudersi in una torre d’avorio; Lo schiavo che ritorna
nella caverna – il dovere del filosofo di far partecipi gli altri delle proprie
conoscenze; L’ex schiavo che non riesce più a vedere le ombre – il filosofo che
per essersi troppo concentrato sulle idee si è disabituato alle cose; Lo schiavo
deriso – la sorte dell’uomo di pensiero di venir scambiato per pazzo da coloro
che sono attaccati ai pregiudizi e ai modi di vita volgari; I grandi onori attribuiti
a coloro che sanno vedere le ombre – il premio offerto dalla società ai falsi
sapienti; L’uccisione del filosofo – la sorte toccata a Socrate. La luce del fuoco
quindi rappresenta la condizione di conoscenza della verità parziale in quanto ci
permette di vedere le ombre delle Idee (ossia le ombre della realtà vera); la luce
del sole invece simboleggia l’idea del Bene che tutto rende possibile e
conoscibile, permettendo così all’uomo “liberato” di ammirare lo spettacolo
scintillante delle cose reali. In: http://www.lacaverna.it/caverna/mito.htm. E
aggiungo: l’uomo che potrebbe essere sceso dall’alto, ha la reminiscenza di
queste cose sottoforma di archetipi, tradotti in racconti simbolici, però ancora
non sa come tradurle da archetipi e simboli a categorie storiche. E la figura dello
schiavo potrebbe riportarci, sempre come archetipo, al biblico Servo di JHWH,
arrestato, deriso e ucciso. Senza voler far dire a Platone cose che non ha mai
pensato, ma risalendo con la teoria degli archetipi alle nostre origini, anche
Platone vede nel filosofo il portatore della verità che non viene riconosciuto da
coloro che ancora vivono nelle tenebre della caverna. Volendo, perciò, si
potrebbe trovare appigli dalle categorie di Platone, non solo, ma anche da quelle
di Jung, per risalire a categorie contenute nella Bibbia sotto forma di racconto
simbolico. Che noi oggi potremmo tradurre in categorie storiche.
68. Mi rendo conto che sto dicendo qualcosa che va contro corrente: dico
che nella Bibbia l’uomo afferma la sua libertà di scelta che esercita anche contro
la volontà del suo Creatore, mentre si pensa all’uomo biblico solo come ad un
uomo sottomesso ai capricci di JHWH. Si pensi alla situazione femminile, alla
storia di Abramo in Egitto e così via, che evocano una morale molto
approssimativa da una parte, e un Dio esigente dall’altra. Il giudizio universale,
Sodoma e Gomorra, la conquista della terra promessa dopo il ritorno dall’Egitto.
Temi di cui ci occupiamo, direttamente o indirettamente, durante il prosieguo
del testo. Essi rappresentano questa ribellione dell’uomo, che va oltre la
semplice cultura. Ma è questa la novità.
69. Cfr. I Sam. 8, 1-9.
70. Questo modo di pensare appartiene solo a un modo di fare
divulgazione scientifica, ma chi vuole fare divulgazione un po’ più seria scrive:
<<Affermare ad esempio che l’uomo discende dalla scimmia, come spesso si
sente dire, è infatti un errore grossolano e gravissimo che commettono coloro
che ignorano i dettagli di questa importante conquista del genere umano. Le
scimmie e l’uomo (nonostante condividano gran parte del corredo genetico)
appartengono infatti a due rami evolutivi diversi (e separati) con un antenato
comune (!?) [anche questo mi sembra ancorarsi ancora in una teoria
indimostrabile ma comunque fa una affermazione chiara, almeno inizialmente]
che oggi non esiste più in quanto tale. Ed è indubbio che comprendere la teoria
in tutte le sue sfaccettature è una impresa ardua per molti, ma che potrebbe
80
LA BIBBIA ha ragione
essere affrontata per esempio fin da giovani in un ambiente scolastico idoneo,
come gli ultimi anni del livello superiore di studi.>> In http://www.gravitazero.org/2009/02/buon-bicentenario-mr-arwin.html. Il pensiero di Darwin
circa lo sviluppo delle facoltà mentali è questo: << In qual modo siansi
sviluppate dapprima le potenze della mente negli organismi inferiori, è una
ricerca senza speranza, al par di quella intorno al modo in cui siasi sviluppata la
vita. Questi sono problemi serbati per un lontano avvenire, se pure l’uomo
riuscirà mai a scioglierli.>> In DARWIN C. L’origine dell’uomo e la scelta in
rapporto col sesso, p. 24.
71. Tralascio volutamente le disquisizioni tra il plurale Elohim e il
singolare JHWH, che occupa parte del libro di Odifreddi, non ritengo questa
analisi del testo necessaria ai fini di quanto vengo dicendo. Il monoteismo
biblico è un dato di fatto.
72. Anche se nella Bibbia leggiamo che JHWH è un Dio geloso. E’ un
chiaro antropologismo attribuito dallo scrittore a Dio.
73. Qualcuno si scandalizza dei comportamenti immorali di alcuni
personaggi biblici, ma se teniamo presente questo passaggio tutto diventa più
accettabile, e forse più ragionevole. E si può accettare il monoteismo come
progresso evolutivo. Vedi cap. II su Dawkins.
74. Il primo tentativo di monoteismo è quello del Faraone Akenaton che
fondò appunto la città di Eliopoli e tentò di far adorare soltanto il sole durante il
suo periodo di regno. Un altro tentativo è l’adorazione del dio Mitra (il sole).
75. Oltre che nella Bibbia questo concetto lo ritroviamo nella “metafisica”
di Aristotele e in Platone e in tutta la storia della filosofia, anche se con
connotazioni diverse.
76.
E’ chiaro che il mio intento non è quello di dimostrare la veridicità
assoluta della storia di Abramo fino a coinvolgerlo come diretto antenato di
Cristo. Per quanto riguarda l’intento di questo libro, questi particolari sono
assolutamente irrilevanti.
77.
JHWH, nome che la Bibbia ci dice essere stato rivelato da Dio stesso
a Mosè, ha un significato molto profondo che da solo ci può spiegare la
trascendenza, la causa–effetto e quant’altro: il significato è “IO SONO”, tradotto
più semplicemente IO SONO L’ESISTENZA, IO SONO LA VITA, IO SONO LA
CAUSA ULTIMA DI TE UOMO E DI TUTTO IL CREATO. L’autore biblico come
ha potuto concepire un concetto così lontano, per quei tempi, da una cultura
basata sull’immanentismo?
78. Nell’ultima Cena Gesù richiama questa parola ed afferma: <<Questo
è il calice della nuova ed Eterna Alleanza>> (Liturgia) come raccontano sia i
Vangeli che S. Paolo.
79. E’ un linguaggio antropomorfo dire abitato, in quanto Dio è una
dimensione non un luogo e un tempo fisico.
80.
Abramo era originario di Ur nella Caldea, approssimativamente
nell’attuale Kwait: << Io sono il Signore che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei
per darti in possesso questo paese.>> (Gen. 15, 7. e anche versetti precedenti:
Gen. 11, 28 e 31).
81
LA BIBBIA ha ragione
81. Dico in senso ampio perché sia la storia di Adamo ed Eva, di Caino ed
Abele, del diluvio e della torre di Babele, non appartengono al genere storico con
il quale noi oggi definiamo questo genere. Ma è altrettanto ovvio che credo che
tutto questo non è frutto di pura fantasia. In questo linguaggio sono contenuti
simboli che risalgono sia il tempo che lo spazio; tenendo presente la teoria di
Jung degli archetipi, che esistono comunque al di là del tempo e dello spazio,
come afferma lo stesso Jung.
82. <<Di Platone possiamo subito affermare che l’intero sistema di questo
filosofo gravita intorno al concetto di “necessarietà”. E come il mio amico [vedi
note precedenti], il filosofo greco appare profondamente preoccupato da questa
unica idea: di trovare un posto adeguato al concetto “di qualcosa che dovrebbe
essere”. Sappiamo come egli cercò di risolvere il problema. “Gli uomini
avvertono degli obblighi morali”, egli soleva dire, “riconoscono degli ideali,
parlano di verità. Benché non abbiano molta chiarezza a proposito di tali
obblighi, ci deve tuttavia essere un’origine anche per le convinzioni imperfette di
questo genere. Intorno a noi comunque esiste il mondo empirico denso di eventi
piuttosto confusi. Questi da soli non potrebbero aver indotto gli uomini a
scoprire dei concetti come quello di verità e di obbligo. Deve esserci quindi
un’altra fonte di conoscenza. Se tratterete gli uomini con particolare arte, potete
ricavare dalla loro stessa mente una nuova cognizione delle cose quali esse
dovrebbero essere. Ciò può accadere anche quando non abbiano mai avuto nella
loro vita questa specifica cognizione e anche se, con certezza, non l’apprendono
direttamente attraverso l’esperienza esterna. Tutto ciò si spiegherebbe
facilmente se questa nuova cognizione non fosse dopo tutto completamente
nuova, se fosse un caso di reminiscenza o di memoria di fatti non certo
sperimentati in questa vita ma in una vita precedente, in un mondo migliore e
inalterabile, dove gli esseri fossero circondati da cose “quali dovrebbero essere”.
In un certo senso anche i fatti confusi del mondo circostante sembrano
risvegliare in noi il ricordo di questo mondo superiore; altrimenti non
potremmo capire l’ansia degli uomini che lottano alla ricerca del meglio, degli
uomini i quali sanno che qualcosa “è richiesto”, che dovrebbe essere.>> In
KÖLER, WOLFANG, Il posto del valore in un mondo di fatti, p. 31. Chi vuole
ragionare può arrivare molto in là, oltre la materia, con la verità, anche se è uno
scienziato.
83. Sul DIZIONARIO ITALIANO del Sabatini-Coletti: <<Ciò che non
esiste>>, termine filosofico: <<Il non essere>> alla voce Nulla. Esattamente
creare dal nulla significa far diventare essere ciò che un attimo prima era nonessere.
84. Odifreddi si appiglia al doppio nome di ELOHIM e JHWH per dire
che nella Bibbia si parla di politeismo, o perlomeno che c’è un po’ di confusione.
85. In genere la usiamo per dire ”non è successo nulla”, “non c’è nulla” e
così via.
86. DAWKINS R., L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, p. 152
87.
Gen. 1,3.
82
LA BIBBIA ha ragione
88.
Una premessa d’obbligo. La parola non è la stessa cosa di lingua e di
linguaggio. Il linguaggio, come già detto, è una struttura unitaria che
rappresenta un insieme di relazioni collegate nei rapporti e nei significati,
secondo Wittgenstein. La lingua è, invece, il codice base sulla quale si innesta la
parola. Vedi anche Appendice 2.
89. <<L’uomo usa la parola parlata o scritta per esprimere il significato
di quello che egli vuole comunicare. Il suo linguaggio è pieno di simboli, ma egli
spesso fa uso anche di segni o di immagini che non sono descrittivi in senso
stretto. (…) Ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine, un nome, o anche una
rappresentazione che può essere familiare nella vita di tutti i giorni e che
tuttavia possiede connotati specifici oltre al suo significato ovvio e
convenzionale. Esso implica qualcosa di vago, di sconosciuto o di inaccessibile
per noi. (…) Perciò una parola o un’immagine è simbolica quando implica
qualcosa che sta al di là del suo significato ovvio e immediato. Essa [la parola
riferita alla spiegazione di un simbolo] possiede un aspetto più ampio,
“inconscio” che non è mai definito con precisione o compiutamente spiegato. Né
si può sperare di definirlo o spiegarlo. Quando la mente esplora il simbolo, essa
viene portata a contatto con idee che stanno al di là delle capacità razionali.>>
In JUNG, C.G., L’uomo e i suoi simboli. Ed. TEA Milano,2009 pp. 5-6. Ho citato
per evidenziare il fatto che Jung affronta l’argomento “che cosa è la parola in sé”
e afferma che non ci potrà mai essere una spiegazione perché possiede un
aspetto “inconscio”.
90. <<La logica è lo studio del logos - cioè del pensiero e del linguaggio e poiché le più profonde realizzazioni del pensiero e le più sofisticate espressioni
del linguaggio si trovano nella filosofia e nella matematica, la logica permea le
storie di queste due discipline.>> Da una recensione a “Il diavolo in cattedra” di
Odifreddi. Anche lui, però, non sa dire cosa sono in sé il pensiero, la parola e la
coscienza.
91. Questa idea è già contenuta nel “De Corpore” di Hobbes.
92. Mi sembra ovvio pensare che in Dio la parola non equivale né a una
lingua né a un linguaggio, ma è la coincidenza perfetta con il creato. E’ chiaro
che queste affermazioni non le ritengo scientifiche, in quanto non credo si possa
dimostrare Dio scientificamente, ma solo consequenziali a un ragionamento che
suppone vere le premesse… contenute nella Bibbia.
93.
Come ho già detto, non sono incompatibili il concetto di creazione
biblica e l’ipotesi Bing Bang. La Parola di Dio poteva, o ha potuto, creare prima
l’energia e poi farla esplodere. L’una non annulla l’altra, semmai si completano.
94.
Gli uomini si sono chiesti l’origine della parola… Ci sono opere
classiche come quella di De Saussure, e altre, che se ne occupano. Chi vuole può
approfondire questa materia molto importante per conoscere l’uomo. Cfr.
SAUSSURE, FERDINAND DE, Corso di linguistica generale. Introduzione,
traduzione e commento di Tullio De Mauro. Ed. Laterza, Bari 1972. E inoltre
Chomsky, Sapir, Wittgenstein, La Scuola di Francoforte, De Mauro…
95. Quello che sto affermando può benissimo essere confutato, spiegato
e approfondito dagli etologi. Il discorso è aperto a qualsiasi tipo di
83
LA BIBBIA ha ragione
approfondimento ed essere anche smentito. Servirebbe a non farmi affermare
cose inesatte e a dare un contributo fattivo a questa ricerca.
96.
Proprio qualche tempo fa ho sentito che, secondo gli etologi,
bisognerebbe conoscere circa 100 parole per comprendere il linguaggio dei gatti,
che è l’animale che usa più suoni degli altri (Rai Uno-L’eredità-dic. 2009).
97.
Dopo aver citato Jung che parla della parola come simbolo ma non
ne dà una definizione, rimando, per la mia definizione di parola e la mia teoria,
all’Appendice 2.
98.
<<Termine greco d’uso assai vasto e dai significati molteplici,
essenzialmente significa parola, ma, più originariamente, pensiero, atto e
principio ordinatore della realtà, legge che struttura l’universo.>> Vedi
Enciclopedia del cristianesimo, De Agostini, Novara 1977, voce Logos.
99.
Il Vangelo di Giovanni inizia appunto con queste parole:<<In
principio era il Verbo>> (“Logos”, parafrasando l’inizio della Genesi:<<In
principio Dio creò>> (con la Parola; anzi Dio, secondo S. Giovanni è la
“Parola”).
100. Non dimentichiamo che nella storia si è verificato sia un patriarcato
che un matriarcato. Comunque il pensiero di Darwin è il seguente:<<Così
gl’istinti sociali, che debbono essere stati acquistati dall’uomo quando era in uno
stato molto rozzo, o forse anche da’ suoi primi progenitori simili alle scimmie, lo
spingono a compiere le sue migliori azioni; ma le sue azioni sono grandemente
determinate dai desideri e dai giudizi espressi da’ suoi simili, e disgraziatamente
anche più spesso dai suoi forti ed egoistici desiderî. Ma siccome l’abitudine
rinvigorisce i sensi d’amore e di simpatia e il potere di padroneggiarsi, e siccome
la forza della ragione diviene più chiara per modo che l’uomo può apprezzare
quanto giusti siano i giudizi de’ suoi confratelli, egli sarà indotto a seguire una
data linea di condotta indipendentemente da ogni piacere o dolore che potrebbe
provare in quel momento. Egli allora può dire: sono il giudice supremo della
mia condotta, e colle parole di Kant io non voglio violare nella mia persona la
dignità del genere umano.>> In DARWIN, C. L’origine dell’uomo e la scelta in
rapporto col sesso, p.54. La socievolezza umana dipende anch’essa dalla
evoluzione, però a differenza del regno animale ha una sua dignità. E
continua:<<Gl’istinti sociali più durevoli vincono i meno persistenti. – Abbiamo
tuttavia da considerare ancora il punto principale che è il pernio sul quale riposa
tutta la questione del senso morale. Perché un uomo si sente spinto ad obbedire
ad un desiderio istintivo piuttosto che ad un altro? Perché sente egli un amaro
rincrescimento per aver ceduto al forte senso della propria conservazione,
invece di arrischiare la vita per salvare quella di un suo simile, o perché gli
rincresce di aver rubato qualche alimento spinto da una fame crudele? In primo
luogo è evidente che gl’impulsi istintivi hanno nel genere umano differenti gradi
di forza; una giovane e timida madre, spinta dall’istinto materno, si getterà
senza la menoma esitazione, incontro al maggior pericolo per amore del suo
nato, ma non per salvare un suo simile. [Non credo sia una legge generale
applicabile a tutte le madri]. Molte volte un uomo, od anche un ragazzo, che non
si erano mai esposti a perdere la vita per altri, ma nei quali erano bene
sviluppati il coraggio e la simpatia, si sono slanciati, contro l’istinto della propria
conservazione, di colpo in un torrente, per salvare un loro simile prossimo a
perire annegato. In questo caso l’uomo è spinto dallo stesso istintivo movente
che fece sì che quella eroica scimmietta americana, di cui abbiamo parlato
84
LA BIBBIA ha ragione
sopra, aggredisse il temuto babbuino per salvare il suo custode. Azioni come
quelle da noi menzionate sembrano essere il semplice effetto della maggior
potenza degli istinti sociali e materno sopra qualunque altro istinto o movente;
perché vengono compiute troppo istantaneamente per essere opera della
riflessione, o della sensazione di piacere o di pena; sebbene, qualora non fossero
state compiute, sarebbero causa di dolore.>>. p. 54. In un gesto eroico la
componente istintuale è determinante, anche nell’uomo. Comunque l’essere
socievole con regole e leggi ben precise è una prerogativa umana.
101. Basta pensare al mito di Deucalione e Pirra. Nel secondo racconto
della creazione dell’uomo (Gen. 2, 4-7), già citato, io intravedo l’apparizione
dell’uomo sulla terra, come cellula, e l’inizio della vita affidata all’evoluzione.
102. Odifreddi prende questi due racconti come due cosmogonie, e le
liquida con molta fretta, in coerenza con le sue idee…
103. Nella prima parte della Critica della ragion pura, Kant studia i
princìpi a priori della sensibilità cioè lo spazio e il tempo. In quel periodo
Newton aveva supposto l’esistenza di uno spazio e di un tempo assoluti, mentre
Leibniz aveva negato che spazio e tempo avessero una realtà in se stessi e aveva
proposto di considerarli come semplici relazioni tra corpi. Kant affronta questo
problema tentando di conciliare le due ipotesi e giunge alla soluzione che spazio
e tempo non sono né una realtà oggettiva in se stessa, né semplici relazioni tra
oggetti, ma piuttosto forme a priori della sensibilità umana. Esse condizionano
ogni nostra esperienza sensibile in quanto le cose ci sono presentate sempre
situate all’interno di uno spazio e di un tempo. Da un lato questi, dunque,
operano solo in presenza dei dati dell’esperienza, ma dall’altro sono ricavati per
astrazione dalla sensazione. Non credo si possa aggiungere altro a quanto
ipotizzato da Kant. Integra con nota 40.
104. A questo punto, il mio assunto è: la Bibbia e la scienza non possono
fare a pugni, se una contiene delle affermazioni che in se stesse non contrastano
con la scienza circa la natura delle cose e dell’uomo stesso, non è possibile che
venga smentita poi dai fatti, occorre trovare una via d’uscita. O altrimenti una
delle due racconta il falso. Non è, comunque, possibile liquidare la Bibbia come
un libro pieno di favole o menzogne, e neppure la scienza come fosse detentrice
solo di ipotesi fantasiose.
105. Il peccato originale qui viene inteso come la condizione di debolezza
fisica, psicologica e morale dell’uomo successiva a un momento precedente in
cui l’uomo era integro e perfetto nella sua natura. Vedi Genesi, cap. 3.
106. Se così non fosse, il racconto biblico fa a pugni con le conoscenze
scientifiche sull’uomo delle origini e le origini dell’uomo. O se ci riferiamo alla
nota 5, possiamo chiederci: la scienza da dove trae le prove per affermare che
l’apparizione dell’uomo sulla terra è contenuta nella teoria dell’evoluzione, visto
che neanche Darwin lo afferma?
107. <<Poiché la coscienza fornisce essenzialmente percezioni di
eccitamenti che provengono dal mondo esterno, e di sensazioni di piacere e
dispiacere che possono derivare dall’interno dell’apparato psichico, si può
85
LA BIBBIA ha ragione
assegnare al sistema P-C [P=Piacere e C=Coscienza] una precisa collocazione
spaziale. Esso dovrà trovarsi al confine tra l’esterno e l’interno, essere rivolto al
mondo esterno e includere gli altri sistemi psichici.>> E ancora:<<Se pensiamo
alle scarse conoscenze che si ricavano da altre fonti sull’origine della coscienza,
ammetteremo che la tesi secondo cui la coscienza sorge al posto di una traccia
mnestica merita di essere presa in considerazione, se non altro perché è
formulata in termini piuttosto precisi.>> In FREUD S., Al di là del principio del
piacere. Paolo Boringhieri, Torino, 1975. Trad. di A.M. Marietti e R. Colorni.
pp. 41-56. <<Si può altresì pensare che le prime origini delle capacità riflessive
dell’uomo siano derivate dalle conseguenze dolorose di violenti conflitti emotivi.
(…) Non siamo in grado di sapere se questo tipo di esperienza costituì
veramente la causa iniziale dello sviluppo della coscienza umana.>> In JUNG,
C.G., L’uomo e i suoi simboli. Ed. TEA, Milano, 2009. p. 59.
108.
Ecco ciò che Jung scrive sugli archetipi (cito per intero per il solito
motivo): <<In questi casi [si riferisce all’interpretazione dei sogni] dobbiamo
prendere in considerazione il fatto (osservato e commentato originariamente da
Freud) che in un sogno ricorrono spesso elementi non individuali e non
ricavabili dall’esperienza personale del sognante. Tali elementi, come ho
indicato precedentemente, sono quelli che Freud chiamava “resti arcaici”, cioè
forme mentali la cui presenza non può essere spiegata da alcun elemento della
vita individuale del paziente e che si rivelano come dati primordiali, innati ed
ereditari della mente umana. Come il corpo umano costituisce un complesso
museo di organi, ciascuno dei quali possiede una lunga storia evolutiva dietro di
sé, così dobbiamo prevedere che la mente sia organizzata in modo simile. Essa
deve essere un prodotto storico alla stessa stregua del corpo in cui si trova ad
esistere. Per “storia” non intendo il fatto che la mente si venga sviluppando da
sola attraverso riferimenti coscienti al passato tramite il linguaggio e altre
tradizioni culturali. Io mi riferisco bensì allo sviluppo biologico, preistorico e
inconscio della mente dell’uomo arcaico, la cui psiche era altrettanto chiusa di
quella dell’animale. Questa psiche straordinariamente antica costituisce la base
della nostra mente (…) Lo studioso sperimentato della mente può ugualmente
rinvenire analogie equivalenti fra le raffigurazioni oniriche dell’uomo moderno e
i prodotti della mente primitiva, le sue “immagini collettive” e i suoi motivi
mitologici. (…) La mia teoria sui “resti arcaici” da me definiti “archetipi” o
“immagini primordiali”, è stata sempre criticata da coloro che non hanno una
conoscenza appropriata dei sogni e della mitologia. Il termine “archetipo” è
spesso frainteso in quanto viene identificato con certe immagini definite o
precisi motivi mitologici. Questi, in realtà non sono altro che rappresentazioni
consce sarebbe assurdo pensare che tali rappresentazioni variabili fossero
ereditarie. L’archetipo invece è la tendenza a formare singole rappresentazioni
di uno stesso motivo che, pur nello loro variazioni individuali anche sensibili,
continuano a derivare dal medesimo modello fondamentale. Esistono, per
esempio, molte rappresentazioni del motivo dei fratelli nemici, ma il motivo
rimane sempre lo stesso. I miei critici hanno sempre erroneamente sostenuto
che io presupponga l’esistenza di “rappresentazioni ereditarie” e su questa base
hanno liquidato l’idea di archetipo come mera superstizione. Essi non hanno
preso in considerazione il fatto che se gli archetipi fossero veramente
rappresentazioni create (o acquisite) dalla nostra coscienza, noi dovremmo
essere sicuramente in grado di comprenderle senza trovarci stupefatti e
perplessi quando essi si presentano alla coscienza. Essi, in realtà sono tendenze
istintive altrettanto marcate quanto lo è l’impulso degli uccelli a costruire il
86
LA BIBBIA ha ragione
nido, o quello delle formiche a dar vita a colonie organizzate. A questo punto è
necessario chiarire la relazione fra istinto e archetipi. Quelli che noi chiamiamo
propriamente istinti, sono costituiti da stimoli fisiologici e risultano percepibili
dai sensi. Essi però si manifestano contemporaneamente anche in veste di
fantasie e spesso rivelano la loro presenza solo per mezzo di immagini
simboliche. Queste manifestazioni sono ciò che io chiamo archetipi. La loro
origine è ignota e si riproducono in ogni tempo e in qualunque parte del
mondo, anche laddove bisogna escludere qualsiasi fattore di trasmissione
ereditaria diretta o per “incrocio”>> In JUNG C.G., L’uomo e i suoi simboli, pp.
51-52. A me preme sottolineare soprattutto la riflessione di Jung che dice “la
loro origine è ignota”, in quanto questa sottolineatura avvalora la teoria
dell’origine a-spaziale e a-temporale della storia dell’uomo, che, unita alla
riflessione di Freud della a-temporalità dell’inconscio, come vedremo, mi porta
a dire che in fondo i due maggiori psicanalisti si incontrano nel dire che questo
inconscio che essi hanno accertato esistere nel “fenomeno” umano, e cioè
l’uomo, non sanno spiegarne l’origine. Esattamente come l’uomo comune
(ognuno di noi), non sa spiegare l’origine di se stesso in quanto uomo. Darwin
individua l’archetipo con “l’antico progenitore”:<<Se noi supponiamo che
l’antico progenitore, l’archetipo, come potrebbe chiamarsi, di tutti i mammiferi,
avesse le sue estremità costrutte sul modello generale attuale, qualunque ne
fosse l’uso, possiamo tosto comprendere la significazione chiara della
costruzione omologa delle membra in tutta la classe.>> p. 250. E, a sua volta,
cita un altro autore che parla di archetipo:<<L’idea archetipa, scrisse nel 1849 il
prof. Owen, è stata manifestata nel regno animale del nostro pianeta sotto forme
diverse molto tempo prima della esistenza delle specie animali che oggi la
rappresentano. A quali leggi naturali o cause secondarie possa essere stato
sottoposto l’ordine di successione e di progressione di tali fenomeni organici noi
l’ignoriamo.>> In DARWIN, C. Sulla origine delle specie per elezione naturale
ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l’esistenza, p. 4
Come si può notare nelle riflessioni di questi autori, questa idea di una entità
preliminare che precede anche l’esistenza delle forme di vita, è presente come
una categoria a priori, per esprimerci come Kant, di cui si ignorano le origini.
109. <<L’uomo ha sviluppato la coscienza con lentezza e laboriosamente
in un processo che condusse dopo numerosissimi secoli allo stadio della civiltà
(che arbitrariamente vien fatta risalire all’invenzione della scrittura intorno al
4000 a.C.). Questa evoluzione è tutt’altro che completa dal momento che larghe
zone della mente umana sono ancora avvolte dall’oscurità. Ciò che noi
chiamiamo <<psiche>> non corrisponde affatto alla coscienza e ai suoi
contenuti.>> In JUNG, C.G., L’uomo e i suoi simboli. Ed. TEA , Milano 2009, p.
7.
110. <<A questo punto mi permetterò di toccare un argomento che in
verità meriterebbe di essere trattato nel modo più approfondito. Sulla base di
alcune scoperte psicoanalitiche, oggi la tesi kantiana che il tempo e lo spazio
sono forme necessarie [suppongo voglia dire “a priori”] del nostro pensiero può
essere messa in discussione. Abbiamo imparato che i processi psichici inconsci
sono di per sé “atemporali”. Ciò significa in primo luogo che questi processi
psichici inconsci non presentano un ordine temporale, che il tempo non li
modifica in alcun modo, che la rappresentazione del tempo non può essere loro
applicata. [Se capisco bene sta dicendo che esso, l’inconscio, non rientra nella
categoria a priori “tempo”!] Sono queste caratteristiche negative, che possono
essere capite chiaramente solo se i processi psichici inconsci sono confrontati
87
LA BIBBIA ha ragione
con quelli consci. La rappresentazione astratta che noi abbiamo del tempo pare
derivare interamente dal metodo di lavoro del sistema P-C e corrisponde alla
percezione che questo metodo ha di se stesso. Questo modo di funzionare può
forse costituire un’altra forma di protezione contro gli stimoli. So che tali
affermazioni suonano molto oscure, ma devo limitarmi a questi cenni.>> In
FREUD S., Al di là del principio del piacere. Paolo Boringhieri, Torino, 1975.
Trad. di A.M. Marietti e R. Colorni. pp. 64-66. Dopo quanto detto credo che
anche al sig. Sigmund le sue intuizioni potrebbero apparire meno oscure. In
teoria ciò che chiamiamo inconscio potrebbe essere la reminiscenza dell’uomo
prima della sua apparizione nel tempo e nello spazio. Sarebbe interessante fare
uno studio approfondito su tutta la mitologia greco-romana e su tutte le opere
che contengono l’esplicitazione dei miti nelle opere letterarie greche e latine,
alla ricerca della conferma di queste ipotesi.
111. Per storia intendo un susseguirsi di elementi documentati con sui si
può ricostruire un evento, collocato nel tempo e nello spazio.
112. Per dimensione intendo “modo di essere”, Kant le invoca come
categorie a priori. In fondo, forse, è la stessa cosa. Come d’altronde ragionando
con le categorie kantiane sono “a priori” l’eternità e l’infinito in Dio.
113. Per Odifreddi l’infinito rientra nella categoria “paradosso”. In
ODIFREDDI, PIERGIORGIO, C’era un volta il paradosso. Storie di illusioni e
verità rovesciate, Einaudi, 2006. Se ci limitiamo al mondo immanente è chiaro
che il concetto di infinito è un paradosso, in quanto l’immanenza comprende
solo la categoria del finito. Ma se andiamo oltre e accettiamo le categorie
kantiane e un aspetto metafisico, non è un paradosso.
114. Ricordare Lipton.
115. Un altro elemento importante è la memoria che, però, non appartiene
solo alla specie “homo” ma anche agli altri animali. La memoria di cui si parla
qui, però, non è questa memoria frutto della percezione, qui stiamo parlando di
una memoria che risale all’origine della specie. E’ la domanda che si pone Köler
nel capitolo “Memoria e trascendenza” del suo libro già citato KÖLER,
WOLFANG, Il posto del valore in un mondo di fatti, nel quale cerca di prendere
le distanze dal trascendente con queste parole:<<Se esistono delle tracce che si
interpongono tra la mia precedente vita mentale e un ricordo presente, tali
tracce appartengono a un regno posto al di fuori del mondo fenomenico. Fuori
di questo regno ho già posto la natura, più in particolare nel quale si sono
formati i correlati della precedente esperienza. Sembra quindi buona regola
cercare di non moltiplicare questi mondi oltre lo stretto necessario e cercare di
costruire le tracce dell’esperienza passata come entità del mondo fisico, cioè del
sistema nervoso. Poiché ancora non è stata appurata l’inutilità di questo
tentativo, sarebbe illogico assumere che queste tracce appartengono a un terzo
mondo mentale mai sperimentato.>> p. 181. Proprio queste ultime parole ci
stanno ad indicare che uno scienziato che voglia portare fino alle ultime
conseguenze i suoi ragionamenti e le sue ricerche a un certo punto sente che le
risposte che vengono dal solo mondo fenomenico non soddisfano in modo
completo le sue domande. Ma la deontologia di scienziato non gli permette di
credere in un mondo oltre il fenomenico, e allora è costretto a fermarsi. Vedi
Freud, Jung, Levi, Dennett e Linden, e adesso Köler. Io, però, non posso
88
LA BIBBIA ha ragione
fermarmi al solo fenomeno perché trovo nelle parole della Bibbia l’esistenza di
un trascendente che non sembra pura invenzione della fantasia umana, come
sto cercando di dimostrare man mano che vado avanti.
116. <<Il mistero della vita mi affascina. L’esistenza del creato è un dato
di fatto ma l’uomo si affannerà chissà fino a quando per dargli una spiegazione.
Chi, come, quando, perché questo mondo è stato creato… se è stato creato,
oppure…Ci riuscirà? Io so quello che credo io: e cioè che ciò che esiste, esiste e
basta, il contrario ormai non si può più dare poiché equivarrebbe alla nonesistenza. Si può anche affermare che di quest’esistenza nulla è immutabile, al
contrario, tutto è in continua, lenta o veloce, evoluzione. Verso dove? Di
quest’evoluzione l’uomo è l’ultimo arrivato? Certamente è la vetta consapevole:
è l’unico che riesce a capire di esistere e di capire. L’uomo è l’unico osservatore
di ciò che lo circonda e di se stesso. Il suo potere è meraviglioso in quanto è
riuscito a dare un nome a tutto… però una cosa gli manca: il filo d’Arianna per
ritornare indietro fino alla sua origine. Il primo uomo che ha capito di capire è
arrivato che era già tardi.>> Così scrivevo durante gli anni di liceo, in un
quaderno di appunti. Ma ero molto lontano, allora, dal trarre le conclusioni di
oggi. Mi rendevo conto soltanto che gli interrogativi li avevo. Questa ipotesi
potrebbe essere il capo del “filo di Arianna”? Scusate se mi sono auto citato. Ma
forse in questa citazione va fatto risalire l’origine di questo libro.
117. <<Secondo una felice espressione di Arthur Schnitzle resistono in
realtà tre virtù: l’oggettività, il coraggio ed il senso di responsabilità. E mi
sembra non poco attraente ricollegare a ciascuna di queste virtù uno degli
orientamenti psicoterapeutici fioriti nel suolo viennese. E’ di per se stesso chiaro
che la virtù del “coraggio” deve essere attribuita alla psicologia individuale di
Adler. (…) Allo stesso modo è possibile attribuire alla psicanalisi un’altra delle
suddette virtù, ossia l’”oggettività”. (…) Tuttavia, al merito di aver reso omaggio
all’oggettività bisogna aggiungere il rimprovero di esserne divenuta schiava:
l’oggettività ha infatti condotto la psicanalisi a cosificare, a reificare ciò che
propriamente è la “persona”. La psicanalisi, infatti, vede il paziente dominato da
“meccanismi”, e nella sua ottica il medico è come colui che cerca di maneggiare
tali meccanismi, dominando quindi le tecniche che lo aiutano a rimetterli in
ordine, non appena subiscono qualche guasto. Quale cinismo si nasconde dietro
una tale concezione della psicoterapia intesa come tecnica, come “psicotecnica”! Riflettiamoci bene: possiamo pensare al medico come un puro tecnico
solo se in precedenza abbiamo inteso il malato come una specie di macchina.
Solo un homme machine ha bisogno di un médecin technicien. Come giunse la
psicanalisi ad una tale concezione tecnico-meccanicistica? Si è già accennato che
tale dottrina deve essere compresa partendo dall’epoca storica in cui nacque e si
sviluppò; ma non solo da essa, bensì anche dall’ambiente sociale di quel tempo:
un ambiente pervaso da un notevole senso di pruderie. La psicanalisi
rappresenta appunto una reazione a tale spirito di puritanesimo esasperato; una
reazione, ovviamente, che – per lo meno in certi aspetti – oggi [1973] viene
ritenuta del tutto superata, reazionaria. Eppure Freud non solo ha “reagito” al
suo tempo; egli ha anche “agito”, partendo proprio da esso: allorché egli ha
elaborato la sua dottrina, sottostava completamente all’influsso dell’allora
crescente, e più tardi dominante, psicologia dell’associazione. Ebbene, questa
era in tutto e per tutto un prodotto del naturalismo del XIX secolo. Ciò risalta
immediatamente quando si considerano le due direttrici fondamentali della
dottrina psicanalitica: la concezione atomistica e quella energetica. La
89
LA BIBBIA ha ragione
psicanalisi ha osservato l’animo umano, nella sua totalità, in prospettiva
atomistica, in quanto l’ha pensato come frutto di accostamento di parti diverse:
gli impulsi, a loro volta formati da impulsi parziali o componenti impulsive. In
questo modo, tutto ciò che è psichico viene non solo atomizzato, ma
completamente ana-tomizzato l’analisi della psiche si è trasformata con l’andar
del tempo nella sua anatomia. Così è venuta distruggendo la persona umana
nella sua totalità: la psicanalisi “spersonalizza” del tutto l’uomo; ovviamente non
senza personificare, a sua volta, le singole istanze – spesso in lotta tra loro –
nell’ambito dell’intera compagine psichica, e cioè il cosiddetto Es, oppure i
“complessi” per associazione. In tal modo le singole istanze sono state rese
indipendenti, entità pseudo personali fornite di forza propria: si potrebbe quasi
dire che vennero demonificate. Così facendo la psicanalisi distrusse la persona
umana nella sua unità e totalità, per vedersi poi alla fine posta di fronte al
compito di ricostruirla da capo, partendo dai frammenti. Questo appare in
forma molto chiara in quella concezione psicanalitica che considera l’io come
costruito da “impulsi dell’io”. Ciò che allora reprime gli impulsi, in fondo
dev’essere la stessa impulsività. Si potrebbe, con un esempio, dire che il
muratore, il quale ha edificato con i mattoni una casa, è fatto egli stesso di
mattoni. Proprio sulla scia di questo paragone così calzante, vediamo come sia
autenticamente materialistico il modo di pensare della psicanalisi, come cioè
parta dal materiale grezzo (e non dalla vera e propria sostanza). Su questo si
basa ovviamente ed ultimamente anche la sua “atomistica”. Dicevamo, però, che
la psicanalisi, oltre ad essere atomistica, è anche energetica impulsiva e
dinamica affettiva. Gli impulsi e le componenti impulsive agiscono, secondo la
psicanalisi, alla stessa stregua di un parallelogramma di forze. Qual è l’oggetto
di tali forze? Si risponde: l’Io. Ciò vuol dire che, nella prospettiva psicanalitica,
l’Io costituisce in fin dei conti lo zimbello degli impulsi; oppure, secondo la
stessa espressione di Freud: l’Io non è padrone in casa sua. Osserviamo allora
che lo psichico non solo viene ridotto geneticamente all’impulsività, ma viene
anche determinato causalmente partendo dall’impulsività, ed entrambe le cose
in senso totalitaristico. L’essere umano viene interpretato a priori dalla
psicanalisi come un essere-spinto. In questo sta anche il motivo ultimo per cui
l’Io umano deve in seguito essere ricostruito a partire dagli impulsi. Secondo
una tale concezione atomizzante, energetica e meccanicistica (fu lo stesso Freud
ad indicare gli psicanalisti come “incorreggibili meccanici e materialisti”, in
Schriften, Londoner Ausgabe XVII, p. 29), la psicanalisi vede nell’uomo
nient’altro che l’automatismo di un apparato psichico.>> In FRANKL, VIKTOR
E., Dio nell’inconscio. Psicoterapia e religione. Morcelliana, 1977, pp. 9-14. La
citazione l’ho fatta per intero perché non è solo un pensiero mio ma trova
sostenitori anche tra gli psicanalisti stessi, e non viene accettato per ovvi motivi.
L’atomismo scientifico lotta con il dualismo per via del trascendente presente
nell’uomo, secondo la visione dualistica. Polemica presente anche in Dennett e
in altri scienziati.
118. FREUD S., Al di là del principio del piacere, p. 7.
119. Leggendo e rileggendo “Al di là del principio del piacere”, mi sono
reso conto che le conoscenze mediche di Freud sul cervello ha delle intuizioni
che lo portano a considerare la realtà non solo come tale ma come una visione
assolutamente immanente e materialistica, come lui si definisce. Senza volerlo,
però, va al di là della materia. Invito il lettore a leggere bene tutto quanto segue,
anche se è lungo e di difficile comprensione per i non addetti ai lavori:<<Quello
90
LA BIBBIA ha ragione
che segue ora è speculazione, spesso una speculazione che spinge molto lontano,
e che il lettore potrà apprezzare o trascurare secondo le sue predilezioni. E’
anche il tentativo di svolgere coerentemente un’idea, per curiosità di vedere
dove può portare. La speculazione psicoanalitica prende le mosse
dall’impressione, suscitata dall’indagine dei processi inconsci, che la coscienza
non possa essere il più universale attributo dei processi psichici, ma solo una
loro funzione particolare. Esprimendosi in termini metapsicologici, essa afferma
che la coscienza è la funzione di un particolare sistema che chiama C. Poiché la
coscienza fornisce essenzialmente percezioni di eccitamenti che provengono dal
mondo esterno, e di sensazioni di piacere e dispiacere che possono derivare
dall’interno dell’apparato psichico, si può assegnare al sistema P-C una precisa
collocazione spaziale. Esso dovrà trovarsi al confine tra l’esterno e l’interno,
essere rivolto al mondo esterno e includere gli altri sistemi psichici. Osserviamo
che queste nostre ipotesi non rappresentano affatto un’audace novità, ma si
ricollegano all’anatomia cerebrale, che localizza la “sede” della coscienza nella
corteccia, e cioè nello strato superiore e più esterno dell’organo centrale da cui
gli altri strati sono avvolti. L’anatomia cerebrale non ha bisogno di preoccuparsi
del perché – in termini anatomici – la coscienza sia collocata proprio alla
superficie del cervello, invece di trovarsi bene al sicuro nella sua parte più
interna. Forse noi riusciremo a rendere ragione di una posizione siffatta per il
nostro sistema P-C. La coscienza non è l’unico sistema peculiare che
attribuiamo ai processi che hanno luogo in questo sistema. Sulla base di
impressioni ricavate dalla nostra esperienza psicoanalitica, formuliamo l’ipotesi
che tutti processi di eccitamento che avvengono negli altri sistemi lascino in essi
tracce permanenti che costituiscono la base della memoria: residui mnestici
dunque, che nulla hanno a che fare con la coscienza. [Il sistema memoria, per
Freud è indipendente dal sistema Coscienza]. Tali residui sono spesso assai
marcati e durevoli se il processo dal quale sono risultati non ha mai raggiunto la
coscienza. Ma troviamo difficile credere che l’eccitamento lasci tracce
permanenti siffatte anche nel sistema P-C. Se rimanessero sempre consce, ben
presto limiterebbero la capacità del sistema di ricevere nuovi eccitamenti; se
invece diventassero inconsce, ci metterebbero di fronte al problema di spiegare
l’esistenza di processi inconsci in un sistema il cui funzionamento è per il resto
caratterizzato dai fenomeni propri della coscienza. [Il dubbio gli viene che i due
sistemi forse hanno una correlazione]. Con la nostra ipotesi che situa il processo
del diventare cosciente in un particolare sistema non avremmo per così dire
cambiato nulla né guadagnato nulla. Pur ammettendo che questa
considerazione non sia probante in modo assoluto, essa può tuttavia indurci a
supporre che il diventare cosciente e il lasciare dietro di sé una traccia mnestica
siano processi tra loro incompatibili all’interno di uno stesso sistema.
Potremmo allora dire che nel sistema C il processo di eccitamento diventa
conscio, ma non lascia tracce permanenti; che l’eccitamento viene invece
trasmesso ai sistemi interni adiacenti, e lascia in questi sistemi le tracce che
costituiscono il fondamento del ricordo. [Fondamentalmente si potrebbe dire
che è come un comune nostro registratore: è un meccanismo magnetico. La
differenza che Freud non poteva tener presente è che in un normale registratore
le tracce fino a quando sono presenti sul nastro o altro supporto elettronico
sono sempre e per sempre le stesse, per la memoria no…] (…) Se pensiamo alle
scarse conoscenze che si ricavano da altre fonti sull’origine della coscienza,
ammetteremo che la tesi secondo cui la coscienza sorge al posto di una traccia
mnestica merita di essere presa in considerazione, se non altro perché è
formulata in termini piuttosto precisi. Il sistema C avrebbe dunque la peculiare
91
LA BIBBIA ha ragione
caratteristica che in esso – diversamente da quanto accade negli altri sistemi
psichici – i processi di eccitamento non lasciano dietro di sé una durevole
trasformazione degli elementi del sistema, esaurendosi, per così dire, nel
fenomeno del diventare cosciente. Una siffatta eccezione alla regola esige di
essere spiegata con un fattore che si riscontra esclusivamente in questo sistema;
questo fattore assente negli alti sistemi potrebbe consistere verosimilmente
nella posizione esposta del sistema C, il quale confina direttamente con il
mondo esterno. Rappresentiamo l’organismo vivente nella sua forma più
semplificata possibile come una vescichetta indifferenziata di una sostanza
suscettibile di stimolazione; in questo caso la superficie dell’organismo rivolta
verso il mondo esterno sarà differenziata in virtù della sua stessa posizione, e
funzionerà come organo che riceve gli stimoli. L’embriologia, che ripercorre le
stesse tappe della storia dell’evoluzione, mostra effettivamente che il sistema
nervoso centrale deriva dall’ectoderma; la sostanza grigia della corteccia
cerebrale è ancora un residuo della superficie primitiva dell’organismo, e
potrebbe aver ereditato alcune delle sue proprietà essenziali. Verrebbe dunque
da pensare che l’incessante urto degli stimoli esterni sulla superficie della
vescichetta determini una continua trasformazione della sua sostanza fino a una
certa profondità, sicché i processi di eccitamento si svolgerebbero in essa
diversamente da come si svolgono negli strati più profondi. Si sarebbe così
formata una corteccia che la continua stimolazione ha talmente temprato che
alla fine essa presenta le migliori condizioni possibili per la ricezione degli
stimoli, e non è più suscettibile di ulteriori modificazioni. Applicata al sistema C,
questa ipotesi significherebbe che il passaggio di un eccitamento non può più
produrre nessuna modificazione permanente degli elementi del sistema, perché
da questo punto di vista essi sono già stati modificati al massimo. Ma allora essi
hanno acquistato la capacità di generare la coscienza. [In fondo la coscienza
viene generata da questi ripetuti eccitamenti della materia che la rendono
“consapevole”. Questo passaggio produrrebbe, però, uno stato immateriale qual
è la consapevolezza!] Sulla natura di questa modificazione della sostanza e del
processo di eccitamento si possono avanzare varie ipotesi che per il momento
non possono essere sottoposte a verifica. Si può supporre che nel suo passaggio
da un elemento all’altro l’eccitamento debba superare una resistenza, e che
questa diminuzione della resistenza produca appunto la traccia permanente
dell’eccitamento (istituisca cioè una facilitazione); dunque nel sistema C tale
resistenza al passaggio da un elemento all’altro non esisterebbe più. Questa
ipotesi può essere messa in rapporto con la distinzione stabilita da Breuer fra
l’energia di investimento quiescente (legata) e l’energia liberamente mobile
negli elementi dei sistemi psichici (Vedi di Freud e Breuer, studi sull’isteria, del
1892-95); gli elementi del sistema C non porterebbero energia legata, ma solo
energia libera idonea scarica. Penso che per il momento sia preferibile che ci
esprimiamo su queste cose con la massima cautela. In ogni modo possiamo dire
che queste speculazioni ci hanno permesso di porre la nascita della coscienza in
una certa correlazione con la posizione del sistema C e con le particolari
caratteristiche che devono essere attribuite ai processi di eccitamento che in
questo sistema si verificano>>. In FREUD S., Al di là del principio del piacere,
pp. 41-46. Il tentativo di Freud sembrerebbe essere quello di dimostrare la
materialità del processo che genera la coscienza, e che questa sia solo frutto
dell’evoluzione, ma si rende conto che non è proprio così. C’è qualcosa che gli
sfugge ma non sa cos’è, o non vuole ammetterlo. Io sto con la prima ipotesi.
D’altra parte Freud non tiene presente la Bibbia. Sarebbe stato interessante
92
LA BIBBIA ha ragione
sapere, se fosse stato possibile, cosa avrebbe detto Freud di questa
interpretazione di un suo scritto.
120. La Bibbia in questi primi capitoli contiene anche un messaggio
“religioso” (quello che noi percepiamo solo come religioso, ma è solo così?), dal
peccato alla salvezza. Ma, se fosse vero quanto detto, è solo un messaggio
religioso? O si può riferire a un messaggio insito nella stessa natura dell’uomo e
quindi all’intero sistema umano, presente come “tracce mnestiche”?
Affronteremo anche questo argomento. Anzi è l’argomento principale di questo
libro. Per Barth e Bultmann questo è il “messaggio” che va al di là di qualsiasi
altra considerazione, cioè la Bibbia è solo Fede.
121. Quello volterriano e post-volteriano, cattivo, per intenderci. Dico
questo in quanto se ne parla in un dibattito avvenuto nel 2000, il 21 Settembre,
nel Teatro Quirino di Roma tra l’allora Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto
della S.C. per la Fede, e il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais sul tema
“Dio esiste?”. In questo libro si parla appunto di questi due aspetti
dell’Illuminismo. In Il fondaco di MicroMega, Dio esiste? Joseph Ratzinger,
Paolo Flores d’Arcais. Un confronto su verità, fede, ateismo moderato da Gad
Lerner. Suppl. al n. 2/2005 di MicroMega (rivista bimestrale). Gruppo
editoriale l’Espresso. Testo già più volte citato.
122. Cito ancora il libro di MicroMega alla pagina 11: <<In S. Paolo si
trova molte volte la pretesa che la ragione possa arrivare a Dio, e certamente
questo era il suo confronto anche con i filosofi, ma mai che ciò che è distintivo
del cristianesimo, e cioè la fede in Cristo risorto, possa essere dimostrato con la
ragione. D’altro canto, se non fosse così, la fede non sarebbe un dono, la fede
sarebbe qualche cosa alla portata del ragionamento di ciascuno. (…) Quanto alla
domanda di Gad Lerner: si può vivere senza fede? Basta intendersi sulla parola
fede. Se per fede si intende una qualsiasi passione esistenziale per alcuni valori
che appunto facciano della propria esistenza qualcosa di sensato, e della propria
relazione con gli altri qualcosa di sensato, no, ma questa sarebbe davvero una
definizione di fede davvero generica. Se per fede si intende una credenza
religiosa, io rispondo tranquillamente sì, si può vivere senza fede, la fede non è
affatto necessaria per dare senso alla propria esistenza, si può dare senso alla
propria esistenza in tanti modi. Pascal usava questo argomento per impostare la
sua idea della scommessa. E cioè Pascal, il più grande pensatore cristiano
dell’epoca moderna, e che sosteneva: non si può dimostrare l’esistenza di Dio,
l’esistenza dell’anima, eccetera, in termini esclusivamente umani (ecco anche in
lui c’è questo elemento di qualche cosa nella fede che non è riducibile alla
ragione, anzi che può essere in contrato con la ragione) e però diceva ai suoi
amici dell’epoca, scettici di un mondo ricco che era abituato a giocare d’azzardo:
provate a scommettere, che cosa vi conviene scommettere, sulla vostra
immortalità e sulla verità della religione cattolica o sul fatto che non vi sia più
nulla dopo? Il suo ragionamento, come capite, era: in fondo, se dopo non c’è
nulla, che cosa avete perduto scommettendo sulla immortalità? Niente. Ma se
dopo c’è qualcosa, scommettendo sulla mortalità, avete perso tutto. Ecco, in
questo ragionamento c’è un elemento che non funziona, che non è vero che ad
avere una fede si abbia solo qualcosa in più, e non si perda nulla, io penso che
una fede dà certamente qualcosa in più in termini di speranza o di
illusione….>> In Il fondaco di MicroMega, Dio esiste? Joseph Ratzinger, Paolo
Flores d’Arcais. Un confronto su verità, fede, ateismo. Suppl. al n. 2/2005 di
93
LA BIBBIA ha ragione
MicroMega (rivista bimestrale). Gruppo editoriale l’Espresso. In fondo il dubbio
è che dietro la fede non ci sia nulla. E sarebbe così se veramente non ci fosse
nulla… l’illusione può aiutare a vivere meglio, ma resta comunque un’illusione…
e per nessuno può bastare. Il tentativo di questo scritto è di riempire la fede con
un contenuto razionale. A che serve illudersi che Cristo è risorto se non fosse
vero? Appunto come dice S. Paolo.
123. Come è stato citato sopra, Platone è contro il determinismo perché
non vede una finalità nel mondo, al contrario di Aristotele che porta come
prova dell’esistenza di Dio proprio il fine della creazione.
124. Vedi più avanti la teoria di Vladimir Levi.
125. Considerando che l’autore materiale della Bibbia non è uno solo ma
tanti, il filo conduttore chi lo guida?
126. Se fosse così la Fede potrebbe essere anche peggio di una illusione,
addirittura un’alienazione dalla realtà. Intendo dire se fosse una Fede priva di
riscontri reali. Ma anche se la realtà Dio, nella sua essenza, fosse avvolta nel
Mistero, la Fede non può essere illusione, ma fa da supporto al mistero, che non
va contro la razionalità, anzi, la supera senza contraddirla perché la causaeffetto è una realtà ragionevole…
127. Per laico intendo neutrale, al di sopra delle parti, e non contrario di
religioso. Per la sua origine storica vedi COCCIA E., I nipotastri di Voltaire.
Fango sulla Chiesa, p. 131.
128. La prima iniziativa è la sua creazione.
129. A proposito di sacrifici alla divinità, è un uso costante di tutte le
civiltà, anche dell’uomo preistorico. Perché non poterlo riferire a quel desiderio
inconscio di purificazione, di espiazione di una colpa di cui l’uomo sapeva ma
non riusciva a rendersene conto? Vedi VANNICELLI, PRIMO LUIGI, Storia
delle Religioni. Introduzione generale. L’offerta delle primizie a Dio Essere
Sommo. Editrice Civiltà Brescia, 1973.
130. Intendo dire che la libera adesione dell’uomo al progetto di salvezza
di Dio, è una accettazione individuale, che automaticamente, diventa un fatto
sociale, proprio per la natura sociale dell’uomo. Per cui la scelta individuale di
accettazione introduce l’uomo all’interno della comunità di salvezza che è la
Chiesa. La frase Extra ecclesia nulla salus, va interpretata appunto in questo
senso. Anche chi non sa che cosa sia l’ Alleanza, la Chiesa, e quindi non conosce
il “progetto di salvezza”, ma vive come se lo avesse accettato e conosciuto,
automaticamente appartiene a questa comunità. Secondo me, come recitava il
catechismo di S. Pio X, e il nuovo catechismo della Chiesa Cattolica, si auto
esclude dal progetto di salvezza inscritto nel DNA dell’intera umanità, solo chi
intenzionalmente e in piena malafede, cioè sa e non vuole, e quindi non
permetterà al sacrificio di Cristo di essere efficace nei suoi confronti. In questo
senso si può interpretare il titolo del libro di BAGET BOZZO, Il cristianesimo
non è una religione, ma una proposta.
131. Vedi Appendice 1.
94
LA BIBBIA ha ragione
132. Nell’opera di Milton “Il Paradiso perduto” si esprime questo
rimpianto, che aprì una nuovo prospettiva all’uomo. Il fine di Milton, espresso
nel primo libro, è “svelare all’uomo la Provvidenza eterna” (I, 26) e spiegare il
conflitto tra tale Provvidenza eterna e il libero arbitrio.
133. Ri-trasmettere perché l’uomo era già felice all’inizio della sua storia.
134. Anche la storia dei dinosauri e la loro distruzione, visti dal punto di
vista della “Provvidenza” di cui parla Milton può rientrare in questa visione di
un “progetto intelligente”.
135. Per scienza si intende un principio scoperto e acquisito di cui non si
può più discutere, in quanto è dimostrata la sua assoluta e inconfutabile verità.
E’ quello che nella religione cristiana si chiama dogma.
136. Che cosa è la vita? Si dovrebbe iniziare un nuovo libro per dire che
cosa è, come diceva lo stesso Darwin. Credo che per ora sia sufficiente
aggiungerla a una categoria a priori di kantiana memoria. Cito ancora da
Agnoli:<<Secondo Boncinelli – che come abbiamo visto esclude a priori la
dimensione spirituale, l’esistenza di Dio e dell’anima, e pone l’universo a caso –
riguardo all’origine della vita l’ipotesi di Oparin è oggi scientificamente
insostenibile, e la “generazione spontanea per accostamento casuale dei
componenti chimici” è “assolutamente improbabile”. Di più: della vita non
sappiamo neppure dare una vera ‘definizione’. Essa rimane per noi un
mistero.>> In AGNOLI F., Perché non possiamo essere atei, p. 1.
137. Mi spiego: il bambino appena concepito, e dico concepito e non nato,
volutamente, contiene già in sé tutte le caratteristiche umane, cosa cambierà
con il suo sviluppo? Non certo la sua natura ma con il processo di accrescimento
fisico e il processo educativo si svilupperanno le caratteristiche che rende
l’uomo un individuo unico e irripetibile, pur restando “uomo”.
138. L’istinto è, secondo la psicanalisi, un impulso di origine psichica che
spinge un essere vivente ad agire per la realizzazione di un particolare obiettivo,
mediante schemi d’azione “istintivi”, e perciò innati. Sono comportamenti
automatici, non sono frutto di apprendimento né di scelta personale. L’istinto
ha un rapporto piuttosto rigido con ciò che desidera e a cui mira, difficilmente
ottenendo soddisfazione da un oggetto diverso. Si distingue dalla pulsione in
quanto questa mira alla soddisfazione dei propri bisogni (fame, sonno, sesso)
basandosi su schemi appresi tramite interazione continua tra individuo ed
ambiente e senza obiettivi particolari. Caratteristiche peculiari dell’azione
istintiva sono la mancanza di basi derivanti da esperienze passate, ma sembra
essere un comportamento innato della natura animale, come se derivasse da
una caratteristica insita nel suo patrimonio genetico, e che viene compiuta in
modo del tutto analogo da diversi individui, spesso senza che ne sia chiaro lo
scopo. Esempi di comportamento istintivo sono le migrazioni degli uccelli,
l’attrazione sessuale umana ed animale, gli stessi meccanismi della nostra vita
sociale. La definizione di istinto si estende anche ad azioni puramente psichiche
e mentali. Intesa come processo innato, persino la stessa attività cognitiva, il cui
obiettivo è la formulazione di pensieri, piani e significati, può essere considerata
come un istinto naturale. Istinti fondamentali nell’uomo, sui quali si basano
95
LA BIBBIA ha ragione
tutti gli altri impulsi umani, sono l’istinto di vita (Eros), l’innato bisogno di
creare, mantenere in vita ed ottenere gioia e piacere, legato al significato di
libido, principale fonte nell’uomo di energia creativa e positiva, e l’istinto di
morte (Thanatos), l’innato bisogno di distruggere, uccidere e rivivere le
esperienze di tristezza e dolore, oltre al bisogno di morire, legato al significato di
distruzione, fonte di energia distruttiva e negativa. Ci si riferisce all’istinto
riferendosi ad intuizioni improvvise e senza fondamento che, con il termine
“sesto senso”. Ultimamente, lo studio dell’istinto si è esteso all’endocrinologia,
per verificare la correlazione tra azione istintiva ed ormoni, ed all’etologia, per
studiare le implicazioni etiche e comportamentali negli istinti animali ed umani.
Secondo Konrad Lorenz l’istinto è come una grande forza all’interno
dell’organismo che deve incanalarsi da qualche parte.
139. In Köler la frase che l’interlocutore ripete allo scienziato in difficoltà
è “Null’altro che”, frase che lo scienziato ripete sempre per superare problemi di
ordine metafisico. Vedi il I capitolo. KÖLER, WOLFANG, Il posto del valore in
un mondo di fatti, pp. 3-27.
140. DELAY J., PICHOT P., Compendio di psicologia. Ed. GiuntiG.Barbera 1975, Firenze.
141. Dizionario di Psicologia, a cura di WILHELM A., EYSENCK H.J.,
MEILI R.. Ed. Paoline. 1975. Voce: Pensiero.
142. HILGARD E.R., Psicologia, corso introduttivo. Ed. Giunti-Barbera.
1971, Firenze. Glossario: Pensiero.
143. <<Mi ha sempre colpito il fatto che un numero sorprendentemente
elevato di individui non facciano uso della mente se possono farne a meno e che
un numero equivalente di essi usano la mente in un modo sorprendentemente
stupido. (…) Io cerco qui di fornire al lettore un rapido panorama delle prime
impressioni da me provate quando cominciai a osservare le molte persone che si
presentavano alla mia attenzione. Mi apparve subito chiaro, tuttavia, che a usare
la mente erano solo le persone che pensavano, cioè quelle che applicavano le
loro facoltà intellettuali nel tentativo di adattarsi alle altre persone e alle
circostanze. Coloro che, pur essendo dotati della medesima intelligenza, non ne
facevano uso, cercavano e trovavano la loro strada al livello del sentimento
(feeling). (…) Il sentimento come l’intendo io, è (come il pensiero) una funzione
razionale (cioè imperativa), mentre l’intuizione è una funzione irrazionale (cioè
percettiva). (…) Questi quattro tipi funzionali corrispondono ai mezzi naturali
tramite i quali la coscienza viene orientandosi nel corso dell’esperienza [Non
sono funzioni a priori, come direbbe Kant, ma si formano con l’esperienza, e lo
sviluppo]. La sensazione (cioè la percezione sensoriale) ci dice che qualcosa
esiste; il pensiero ci mette al corrente di che cosa si tratta; il sentimento ci rivela
se si tratta di una cosa più o meno piacevole; l’intuizione ci fa capire la
provenienza e il fine di essa.>> In JUNG, C.G., L’uomo e i suoi simboli. Ed.
TEA, Milano, 2009, p. 43. Per la parola mente vedi, più avanti, la nota 148.
144. <<”Non riesco a liberarmi dalla smania di sapere come si formi il
pensiero. Per quanto dica, per quanto faccia, per quanto pensi, ho sempre
un’ossessione in testa: come si forma il pensiero… come si forma… come…”.
Ascoltando le lamentele della malata, mi ricordai che durante l’ultimo anno di
96
LA BIBBIA ha ragione
scuola secondaria, la stessa idea, forse meno ossessiva ma abbastanza ostinata,
esercitò una certa influenza sulla scelta della mia professione. Bastava, così mi
sembrava, che la scienza arrivasse ad “afferrare il pensiero”, a delucidarne il
meccanismo, perché sparisse la reciproca incomprensione degli uomini. Tutto il
mondo sarebbe stato d’accordo per pensare nel miglior modo possibile. [Come
dire, basterebbe ingabbiare il pensiero perché esso reso come una cosa
materiale uguale per tutti, potrebbe essere in grado di risolvere tutte le
incomprensioni]. Si imparerebbe a pensare a scuola. Si organizzerebbero anche
corsi speciali di durata ridotta per l’insegnamento del pensiero degli adulti. Gli
uomini sarebbero tutti geni, le sole eccezioni alla regola sarebbero i supergeni.
Questa idea utopistica della mia gioventù mi sembrava ora piuttosto
semplicistica, ma, a dire il vero, non ne sono del tutto convinto. Che sappiamo
oggi del processo del pensiero? Quando avevo l’età dei “perché”, mio nonno non
smetteva mai di ripetermi che un imbecille poteva fare tante e tante domande,
che dieci sapienti sarebbero stati incapaci di rispondere. Concepii da allora un
certo rispetto per gli imbecilli. La domanda è legittima? Si può in un modo
rigorosamente preciso definire quel che si intende esattamente per pensiero? Si
arriva a capire che si tratta della funzione suprema, la più complessa, del nostro
cervello. Ma quali ne sono i limiti? Non è certo molto difficile dire quando
stiamo pensando, ma tentate un po’ di decidere quand’è che non pensiamo,
quando si sa bene che è possibile arrivare alla soluzione di un problema di
matematica dormendo? Chi potrebbe dire in quale preciso momento nasca il
primo pensiero di un bimbo? Ad analizzarle da vicino, le frontiere del pensiero
sono piuttosto convenzionali. Sarebbe altrettanto difficile per un viaggiatore che
si sposta a piedi dal sud al nord, determinare dove finisce il caldo e dove
comincia il freddo. E’ evidente però, che atterrando al polo nord dopo essere
partiti in aereo dall’equatore, si avvertirà una certa differenza di temperatura.>>
In LEVI V., I misteri del cervello. Appunti di uno psichiatra, pp. 155-156. La
conclusione si trova alla nota 157. Pur di non arrendersi all’evidenza preferisce
paragonare l’uomo a una macchina, della quale il motore è nel cervello, inteso
solo come materia. Ma forse è da capire l’autore: era sotto il regime comunista,
per definizione stessa materialista e atea, anche se l’autore avesse voluto
concludere in modo logico gli era impossibile per via del regime. Mi viene da
riflettere. Immaginiamo pure che l’uomo sia come una macchina. Ogni
macchina per avviarsi ha bisogno di qualcosa (una energia esterna che ne
permetta l’avvio), l’uomo fin dal primo istante del suo concepimento, e forse
prima (pensiamo alla corsa dei cromosomi!) nasce già avviata. La prima energia
è già insita nella sua natura. Allora, anche se volessimo paragonarlo a una
macchina, gli dobbiamo concedere che l’avvio è, perlomeno, originale!
145. B.PASCAL, Pensèes n. 82.
146. Non inteso come massa cerebrale e basta, ovviamente, o macchina
come la intende il Levi. E neanche come lo intende il Linden.
147. <<1.Capacità di pensare, attività psichica e intellettuale attraverso la
quale l’uomo elabora concetti, finge situazioni diverse dalla realtà, formula
ipotesi ecc.: il p. distingue l’uomo dall’animale…>> In Dizionario della Lingua
Italiana. Copyright 1997, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, voce Pensiero.
148. Abbiamo usato parecchie volte questa parola: Mente, anche Jung la
usa; è arrivato il momento di approfondire: <<Mente! Il concetto di ‘mente’
97
LA BIBBIA ha ragione
comporta gradi varianti di indeterminatezza intenzionale. Si riferisce a qualcosa
di così complesso e intangibile che preferiamo non farci spingere a una
definizione che potremmo dover difendere. Parliamo costantemente di ‘mente
inconscia’ ma non sappiamo affatto con chiarezza che cosa intendiamo per
mente conscia o inconscia. Il termine contiene residui di innumerevoli filosofie
e psicologie che continuano ad assillarci. Da sempre l’uomo ha meditato su se
stesso, si è lambiccato il cervello su quell’attributo intangibile che gli permette
di dirigere il suo comportamento, che lo distingue, di quando in quando, dalle
bestie, gli conferisce la divina capacità di riordinare la natura, e gli consente di
superare la dura o dolorosa realtà attraverso la fantasia, o di annotare
l’amarezza della sua esperienza nella poesia o nel canto. E’ stato capace di
considerare la sua mente come separata dal corpo, e anche come elemento
distintivo dalla materia. Descartes rafforzò la dicotomia mente-corpo e ottenne
una pace, ma senza requie, con la Chiesa, col considerare la mente un attributo
conferito da Dio e influenzato dall’anima che si insinuava nel cervello attraverso
la glandola pineale; pretese il corpo e la materia per la scienza e lasciò l’anima e
la mente alla Chiesa e alla filosofia.>> In LIDZ T., La Persona umana. Suo
sviluppo attraverso il ciclo della vita. Astrolabio, Roma, 1971. p. 39-40. Ma
l’autore, tra il serio e il faceto, seguita:<<Negli ultimi cinquant’anni, gli studiosi
della mente, gli psicologi, gelosi delle tangibili fondamenta fisiche e chimiche
delle scienze biologiche, hanno talvolta insistito che il funzionamento della
mente potrebbe essere compreso in termini di impulsi neurali nel cervello.
Alcuni si sono convinti che mente e cervello sono sinonimi. Alcuni hanno
studiato l’uomo attraverso l’esame degli animali inferiori e non hanno trovato
posto per una ‘mente’. Alcuni hanno cercato di risolvere il problema sostenendo
che siamo stati semplicemente intrappolati in antiquate speculazioni religiose e
filosofiche nel cercare di situare e definire la mente. La stessa parola ‘mente’
puzza di decadentismo, e qualsiasi rispettabile scienziato che usi il termine deve
essere uscito di mente. Possiamo mettere fuori legge la parola; possiamo usare
altri termini; possiamo cantare quotidianamente all’unisono che “il corpo e la
mente sono una cosa sola” così da esorcizzare la dicotomia espellendola dal
nostro pensiero, ma in certo senso nessuna di queste manovre riesce del tutto.
‘Mente’ non è un arcaismo; abbiamo bisogno di tale concetto, comunque lo si
possa definire, e nessun pensatore serio può rinchiudere la mente nel cranio
come parte del cervello>>. p. 40.
149. E’ il meccanismo chimico delle trasmissioni di “ordini”, sensoriali e
non, che partono dal cervello verso i gangli della spina dorsale e da lì
raggiungono tutti gli organi del corpo, per mezzo di secrezioni chimiche. Vedi il
citato Linden per un aspetto scientifico molto dettagliato.
150. <<Lo studio del comportamento umano, sulla base del concetto di
“scatola nera”, ci porta a considerare l’uscita di una ‘scatola’ come l’ingresso di
un’altra. Ma stabilire se tale scambio di informazione sia consapevole o no è un
quesito che non ha più quella importanza che invece conserva in una struttura
psicodinamica.>> In WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D.,
Pragmatica della comunicazione umana, p. 37. In questo libro il cervello viene
paragonato a una “scatola nera” di cui sappiamo i dati che entrano, quelli che
escono, ma non sappiamo come questi dati vengano elaborati. Come si vede lo
studio di ciò che è il prodotto ultimo dell’attività umana, il pensiero, riguarda la
scienza in generale. Ma una risposta “scientifica” ancora non c’è.
98
LA BIBBIA ha ragione
151. Quello che chiamo trascendente, per altri è il “dualismo” materiaspirito. A questo dualismo la scienza si oppone e cerca di superarlo cercando
risposte solo nel materialismo. Cfr. DENNETT, DANIEL C., Coscienza. Che
cos’è, pp. 45-54.
152. Al pensiero, nel senso di reazione personale unica e irripetibile, si
può applicare la negazione di causa-effetto ipotizzato da Hume, nel senso di
reazione (effetto) imprevedibile data la stessa causa. E si può applicare il
concetto di “scatola nera” di cui sopra. E, infine, si può applicare anche il
concetto di retroattività del Watzlawick e Köler.
153. Per avvalorare quanto appena detto cito Jung:<<Ci sono, poi, aspetti
inconsci della nostra percezione della realtà. Il primo è costituito dal fatto che
anche quando i nostri sensi reagiscono a fenomeni reali, a visioni, a suoni, essi
vengono in qualche modo tradotti dal piano della realtà a quello della mente.
Qui essi diventano eventi psichici la cui sostanziale natura è inconoscibile in
quanto la psiche non può conoscere la propria sostanza psichica. In tal modo
ogni esperienza contiene un numero infinito di fattori sconosciuti, per non dire
del fatto che ogni oggetto concreto è sempre sconosciuto sotto certi aspetti dal
momento che non siamo in grado di conoscere la natura sostanziale della
materia in sé. Perciò esistono certi eventi che noi non abbiamo registrato
consapevolmente: essi sono rimasti, per così dire, al di sotto della soglia della
coscienza. Essi sono accaduti ma sono stati assorbiti sub liminalmente senza la
partecipazione della nostra conoscenza consapevole. Noi possiamo prendere
coscienza di questi avvenimenti solo in un momento di intuizione o tramite un
processo profondo di pensiero che ci porti in un secondo momento alla
consapevolezza del fatto che essi debbono essersi necessariamente realizzati. E
benché si possa averne inizialmente ignorata l’importanza emotiva e vitale, essa
riaffiora dall’inconscio come una specie di fenomeno riflesso. Essa può apparire,
ad esempio, sotto forma di un sogno. Di regola, l’aspetto inconscio di ogni
evento si rivela a noi nei sogni, dove esso appare non come pensiero razionale
ma sotto forma di immagine simbolica. Storicamente è stato lo studio dei sogni
a porre gli psicologi in condizione di investigare l’aspetto inconscio degli eventi
psichici manifestantisi a livello di coscienza. E’ sulla base di questa evidenza che
gli psicologi suppongono l’esistenza di una psiche inconscia, sebbene molti
scienziati e filosofi neghino la sua esistenza. Essi argomentano ingenuamente
che una posizione di questo tipo implica l’esistenza di due <<soggetti>>, o, per
dirla in linguaggio comune, di due personalità all’interno dello stesso individuo.
Ma è proprio questa la sua precisa implicazione ed è una delle più drammatiche
caratteristiche dell’uomo moderno il fatto che egli soffra di questa divisione
della propria personalità. Non si tratta assolutamente di un sintomo patologico:
è un fatto perfettamente normale che può essere osservato ovunque e in ogni
tempo. Non accade solo al nevrotico che la propria destra non sappia cosa fa la
sinistra. Questa drammatica situazione è un sintomo della condizione generale
di incoscienza che costituisce l’innegabile eredità comune di tutto il genere
umano. L’uomo ha sviluppato la coscienza con lentezza e laboriosamente in un
processo che condusse dopo numerosissimi secoli allo stadio della civiltà (che
arbitrariamente viene fatta risalire all’invenzione della scrittura intorno al 4000
a. C.). Questa evoluzione è tutt’altro che completa dal momento che larghe zone
della mente umana sono ancora avvolte dall’oscurità. Ciò che noi chiamiamo
<<psiche>> non corrisponde affatto alla coscienza e ai suoi contenuti. (…) La
nostra psiche è parte della natura e i suoi enigmi sono infiniti.>> In JUNG, C.G.,
99
LA BIBBIA ha ragione
L’uomo e i suoi simboli, pp. 6-8. Ho citato per intero sempre per il solito motivo,
favorire la lettura del brano senza andare in cerca del libro. Ci sono elementi che
non affronto in questo scritto, ad esempio il sogno. Forse lo potrei fare in
seguito. E’ presente anche il concetto di “dualismo” accettato da Jung anche se
non ne definisce la natura.
154. La percezione, secondo la teoria gestaltica dello figura-sfondo, non è
che la trasformazione in figura delle infinite sensazioni che noi avvertiamo in
maniera indistinta. Esempio: quando sto seduto avverto sensazioni di freddo o
di calore, di fastidio o di piacere, e così via, che si risolvono nella figura
percettiva “sto seduto”. Questo non avviene sempre coscientemente, ma avviene
comunque: se io chiedo a una persona seduta “come stai adesso” risponderà
“seduto”, anche senza sapere che un istante prima non ne aveva consapevolezza.
Quindi noi abbiamo un “database” enorme di percezioni che diventano consce
solo al momento opportuno. Questa figura appena realizzata passa nello sfondo,
per dare vita ad una nuova figura, e così via. E’ il meccanismo della conoscenza
applicato al “qui e ora”. In pratica, è come se avessi una cassetta di tanti attrezzi
che uso scegliendo quello giusto al momento giusto.
155. TART C.T., Stati di coscienza. Astrolabio, Roma, 1977, pp. 25-26.
156. Ma non tutti la pensano come Lidtz. Cito per esteso da Dennett:<<2.
Il mistero della coscienza. In che cosa consiste, dunque, il mistero? Che cosa
potrebbe essere più ovvio o certo per ciascuno di noi del fatto che egli o ella è un
soggetto che gode di percezioni e di sensazioni, che soffre per il dolore, che
concepisce idee e che consciamente delibera? Ciò sembra innegabile, ma cosa
mai può essere la coscienza in se stessa? Come possono dei corpi fisici viventi
nel mondo fisico produrre tali fenomeni? Questo è il mistero. Il mistero della
coscienza ha diverse maniere di presentarsi e recentemente mi ha colpito di
nuovo con una forza particolare una mattina mentre leggevo un libro seduto su
una sedia a dondolo. (segue lunga descrizione). Il mio pensiero cosciente, e
specialmente la gioia che provavo per quella combinazione di luce solare, di
solari violini di Vivaldi, di rami ondulanti – più il piacere delle mie riflessioni su
ciò – come poteva tutto questo essere solo qualcosa di fisico che avveniva nel
mio cervello? Come poteva qualsiasi combinazione di avvenimenti elettrochimici nel mio cervello equivalere in qualche modo alla piacevolezza di quelle
centinaia di ramoscelli che si inginocchiavano di fronte a me a tempo di musicacome poteva qualche evento che elaborava informazioni nel mio cervello essere
il calore delicato della luce solare che mi accarezzava? A tale proposito, come
poteva un evento nel mio cervello essere la mia abbozzata immagine mentale
di… qualche altro evento che elabora informazioni nel mio cervello? Sembra
davvero impossibile. Sembra davvero che gli avvenimenti che sono i miei
pensieri e le mie esperienze coscienti non possano essere avvenimenti cerebrali,
ma debbano esse qualcos’altro, qualcosa causato o prodotto dagli avvenimenti
cerebrali, senza dubbio, ma qualcosa di aggiuntivo, fatto di una sostanza
differente situato in uno spazio differente. Beh, perché no? 3. Le attrattive della
sostanza mentale. Vediamo cosa avviene quando prendiamo questa strada
innegabilmente attraente. Per prima cosa, dovresti effettuare un piccolo
esperimento [segue esperimento]. (…) La risposta è ovvia: la prima mucca
immaginata è viola e la seconda è gialla. Ci potrebbero essere altre differenze,
ma questa è quella essenziale. Il guaio è che, essendo queste mucche solo
immaginate e non reali o dipinte su qualche tela o rappresentate su qualche
100
LA BIBBIA ha ragione
schermo televisivo a colori, è difficile capire che cosa potrebbe essere viola nel
primo caso e giallo nel secondo. Nulla nel tuo cervello (o nel tuo globo oculare)
che sia anche solo vagamente della forma di una mucca diventa viola in un caso
e giallo nell’altro, e, anche se ciò avvenisse, non servirebbe a nulla, poiché
l’interno del tuo cranio è nero come la pece e, inoltre, lì non hai occhi con cui
vedere i colori. Nel tuo cervello ci sono degli eventi strettamente collegati con le
tue specifiche immagini mentali, così non è impossibile che in un prossimo
futuro un neuro scienziato, esaminando i processi che avvengono nel tuo
cervello in risposta alle mie istruzioni, possa decifrarli talmente bene da poter
confermare o smentire le tue risposte alle domande da 1 a 4: <<La mucca
mostrava il fianco sinistro? Sembra di sì. La configurazione di eccitamento
neuronale “testa della mucca” è coerente con una presentazione nella parte alta
sinistra del quadrante visivo; inoltre, si sono potuti osservare dei segnali
rivelatori di un movimento oscillatorio di un hertz che suggeriscono la
ruminazione, ma non è stato possibile rilevare alcuna attività nei gruppi di
rappresentazione del complesso mammario; per quanto riguarda il colore, dopo
la calibratura dei potenziali evocati con i profili di rivelazione dei colori del
soggetto, si può avanzare l’ipotesi che il soggetto menta sul colore: la mucca
immaginata era quasi sicuramente marrone.>> supponi che tutto ciò sia vero;
supponi che la lettura scientifica della mente sia giunta a queste raffinatezza.
Anche così, però, il mistero sembrerebbe inalterato: cosa è marrone quando
immagini una mucca marrone? Non l’evento nel cervello che lo scienziato ha
calibrato con la tua esperienza del marrone. I tipi e la posizione dei neuroni
implicati, le loro connessioni con altre parti del cervello, la frequenza o
l’ampiezza dell’attività, il neuro trasmettitore chimico rilasciato – nessuna di
quelle proprietà è veramente la proprietà della mucca <<nella tua
immaginazione>>. E poiché tu hai effettivamente immaginato una mucca (non
stai mentendo – lo scienziato ha perfino confermato), una mucca immaginata è
venuta all’esistenza in quel momento; qualcosa, in qualche luogo, deve aver
avuto quella proprietà in quel momento. Il mezzo in cui la mucca immaginata
deve prendere forma non è costituito da sostanza cerebrale, ma da… sostanza
mentale. Cos’altro potrebbe essere? La sostanza mentale, allora, deve essere
quella <<di cui sono fatti i sogni>> e evidentemente ha alcune proprietà
notevoli. In una di queste ci siamo già imbattuti [l’ectoplasma] (…). In prima
approssimazione possiamo dire che la sostanza mentale ha sempre un
testimone. Il guaio con gli eventi cerebrali, abbiamo visto, è che, per quanto essi
possano <<collimare>> da vicino con i nostri flussi di coscienza, hanno un
inconveniente palesemente fatale: non c’è nessuno che li osserva. Gli eventi che
avvengono nel tuo cervello, così quelli che avvengono nel tuo stomaco o nel tuo
fegato, normalmente non sono osservati da nessun testimone, e, per di più, la
presenza di un eventuale testimone non modifica il modo in cui essi avvengono.
Gli eventi nella coscienza, invece, hanno <<per definizione>> un testimone; essi
rientrano nell’esperienza di qualcuno che li esperisce ed è proprio il fatto di
rientrare nell’esperienza di qualcuno che fa di loro ciò che sono: eventi coscienti.
Un evento di cui si fa esperienza non può avvenire per conto proprio; deve
costituire l’esperienza di qualcuno. Affinché un pensiero si presenti qualcuno
(qualche mente) deve pensarlo, affinché un dolore si verifichi qualcuno deve
sentirlo, e così se una mucca viola viene ad esistere <<nell’immaginazione>>,
qualcuno deve averla immaginata. Il guaio con i cervelli è che, quando ci guardi
dentro, scopri che non c’è nessuno in casa. Nessuna parte del cervello è il
pensatore che effettivamente pensa o lo sventurato che sente il dolore, e il
cervello nel suo insieme non sembra essere un candidato migliore per questo
101
LA BIBBIA ha ragione
ruolo speciale. Questo è un argomento infido. I cervelli pensano? Gli occhi
vedono? O le persone vedono con i loro occhi e pensano con i loro cervelli? C’è
una differenza? E’ solo un banale puntiglio <<grammaticale>> o rivela una
fonte importante di confusione? L’idea di un sé (o di una persona o, anche di
un’anima) distinto dal cervello o dal corpo è profondamente radicata nel nostro
modo di parlare, e quindi nel nostro modo di pensare. Io ho un cervello. Questo
sembra un modo di esprimersi completamente accettabile. E non sembra
significare semplicemente Questo corpo ha un cervello (e un cuore, e due
polmoni, ecc.) o questo cervello ha se stesso. E’ piuttosto naturale pensare a
<<l’io e il suo cervello>> Poppert e Eccles, 1977) come due cose distinte, con
differenti proprietà, per quanto strettamente possano dipendere l’uno dall’altro.
Se il sé è distinto dal cervello, sembra che debba essere fatto di sostanza
mentale. (…) Così abbiamo scoperto due specie di cose che si potrebbero voler
fare con la sostanza mentale: la mucca viola che non è nel mio cervello e la cosa
che effettua il pensare. Ma ci sono altri poteri che potremmo voler attribuire alla
sostanza mentale. [porta l’esempio di un assaggiatore di vino] (…) stando alle
varie teorie raggruppate sotto l’etichetta di funzionalismo, riuscire a riprodurre
l’intera <<struttura funzionale>> del sistema cognitivo di un assaggiatore
umano di vino (inclusi la sua memoria, i suoi scopi, le sue avversioni innate,
ecc.) significa riprodurre anche tutte le proprietà mentali che lo riguardano,
incluso quel godimento, quella delizia, quel gusto che rende una buona bevuta
qualcosa che molti di noi apprezzano. In linea di principio, dice il funzionalista,
non c’è differenza tra un sistema fatto di molecole organiche e uno fatto di
silicio, fintanto che svolgono lo stesso compito. I cuori artificiali non devono
essere fatti di tessuto organico, e neppure i cervelli artificiali - almeno in linea
di principio. Se riesci a riprodurre nei chip al silicio tutte le funzioni di controllo
ci un cervello di un assaggiatore umano di vino, avrai riprodotto ipso facto
anche il godimento. (…) Sembra che nessuna mera macchina, non importa
quanto meravigliosamente imiti i processi cerebrali dell’assaggiatore umano di
vino, possa essere in grado di apprezzare un vino o una sonata di Beethoven o
una partita di pallacanestro. Per poter apprezzare qualcosa serve la coscienza –
proprio ciò che manca a qualsiasi mera macchina. (…) Sembra che proprio
questo ci obblighi a dire che non è il cervello che apprezza; la responsabilità (o il
privilegio) di questo atto spetta alla mente. (…) Così la mente cosciente non è
solo il luogo dove si trovano i colori e gli odori presentati ad un testimone e non
è la sola cosa che pensa. E’ anche il luogo dove avvengono gli apprezzamenti.
Forse, in un certo senso, ciò segue anche dal fatto che la mente cosciente è
ritenuta essere la fonte delle nostre azioni intenzionali. E’ conforme a ragione –
non è così? – che se fare qualcosa che è importante per noi dipende dalla
coscienza, anche questa importanza (questo gioire, apprezzare, soffrire,
preoccuparsi) dovrebbe dipendere dalla coscienza. (…) Per riassumere abbiamo
trovato quattro ragioni per credere nella sostanza mentale. La mente cosciente,
a quanto pare, non può essere semplicemente il cervello, o nessuna parte
propria di esso, giacché nulla nel cervello potrebbe 1. essere il mezzo in cui viene
resa la mucca viola; 2. essere la cosa pensante, il soggetto del <<cogito, ergo
sum>>; 3. apprezzare il vino, odiare il razzismo, amare qualcuno, ritenere
importante qualcosa; 4. agire con responsabilità morale. Una teoria accettabile
della coscienza umana deve dare una spiegazione a questi quattro motivi
stringenti che ci spingono a pensare che debba esistere una sostanza mentale.
L’idea che la mente sia un’entità così separata dal cervello e composta non da
materia ordinaria, ma da qualche altra sostanza speciale, viene chiamata
dualismo. (Oggigiorno esso gode, meritatamente, di una cattiva reputazione,
102
LA BIBBIA ha ragione
malgrado gli argomenti appena esaminati.) (…) Uno dei compiti principali di
questo libro è quello di spiegare la coscienza senza mai arrendersi al canto delle
sirene del dualismo.>> In DENNETT, DANIEL C., Coscienza. Che cos’è, pp. 3654. Come si può constatare dalla lettura del lungo brano citato, l’autore si rende
conto che il materialismo non può spiegare la coscienza, ma lo scopo dell’autore
è quello di non cadere nella tentazione del “dualismo” cioè della componente
trascendente. Restiamo in attesa che qualcuno spieghi il cervello e la mente con
una teoria sincretica che annulli il ricorso a qualcosa di immateriale, così da
poter dire che anche la coscienza è insita nella materia. Non nel senso inteso da
T. De Chardin, che comunque ricorre a un Creatore e quindi al trascendente.
Forse T. De Chardin, se avesse ancora la possibilità di leggere questo scritto
converrebbe che il significato di coscienza insita nella materia, può coincidere
con l’ipotesi della cellula che ha in sé inscritto il senso ultimo della sua
creazione. Alla fine della sua esposizione, il Dennett, lancia la sfida che riuscirà
a dimostrare che la coscienza appartiene esclusivamente al mondo materiale.
157. <<Ebbi un giorno una conversazione molto interessante con lo
scrittore sovietico Gleb Anfilov. Mi disse Anfilov: -tutti discutono per sapere se
una macchina può pensare. E io, da parte mia mi chiedo: l’uomo, può pensare?
E rispondo: no , l’uomo non pensa. –E come sarebbe? – gli domandai. –L’uomo
non fa altro che vivere. L’uomo sente, ma è una macchina quella che pensa per
lui. – Quale macchina? –Quella che c’è nel cervello. Non ho ancora capito se
Anfilov scherzasse o dicesse sul serio. Tutto dipende da senso che si dà alla
nozione di “uomo”>>. In LEVI, V., I misteri del cervello. Appunti di uno
psichiatra, p. 156. E seguitando a p. 160: <<Dopo aver stabilito questa
correlazione tra i concetti di “macchina” e di “uomo”, arriviamo alla conclusione
che chiedersi chi dei due, l’uomo o la macchina pensi, è semplicemente assurdo.
Rispondiamo anche al quesito: la macchina può possedere quel che si chiama
“qualità soggettiva”? Oppure, che è la stesa cosa, la macchina può possedere una
“personalità”, un “io”? La risposta è sì, perché altrimenti, bisognerebbe
ammettere l’esistenza di un’anima immateriale.>> Il ragionamento ci fa capire
che negli scienziati (alcuni, in verità) c’è il pregiudizio deformante che tutto è
materia e meccanicismo e non si arrendono nemmeno di fronte all’evidenza,
tanto da portarli all’affermazione che la macchina ha un’anima, perché
altrimenti dovrebbero concludere che l’uomo ha un’anima immateriale!
158. Secondo Jung l’anima è <<intesa come quella componente interiore
della psiche che è necessaria per ogni vera operazione creativa. (…) Nei sogni le
immagini di città situate in regioni significative possono essere spesso simboli
dell’anima>>. In JUNG C.G., L’uomo e i suoi simboli, p. 109. <<Questa psiche
straordinariamente antica costituisce la base della nostra mente. E ciò che noi
chiamiamo “psiche” non corrisponde affatto alla coscienza e ai suoi contenuti.
Mentre <<ora, dice il sogno, la liberazione è compiuta dall’<<anima>> (la
psiche del sognante)…>> afferma MARIE-LOUISE VON FRANZ in Il processo
di individuazione, contenuto nel libro di JUNG L’uomo e i suoi simboli, p. 202.
Queste definizioni si commentano da sé. Di anima comunque si parla come una
componente della psiche.
159. <<Ciò che muove se stesso incessantemente, è eterno [si riferisce,
probabilmente, al motore immobile di Aristotele]; ciò che, invece, trasmette il
moto ad altro e a sua volta trae impulso da una forza esterna, poiché ha un
termine del movimento, deve avere necessariamente un termine della vita.
103
LA BIBBIA ha ragione
Pertanto, solo ciò che muove se stesso, in quanto da se stesso non viene mai
abbandonato, non cessa mai neppure di muoversi; anzi, per tutte le altre cose
che si muovono è la fonte, è il principio del moto. Non vi è origine per tale
principio; dal principio si genera ogni cosa, ma esso non può nascere da
null’altro; se fosse generato dall’esterno non potrebbe, infatti, essere il
principio; e come non è mai nato, così non muore mai. Il principio infatti, una
volta estinto, non rinascerà da altro né creerà altro da sé, se è vero che da un
principio deve nascere ogni cosa. Ne consegue che il principio del moto deriva
da ciò che si muove da sé; non può, quindi, né nascere né morire, altrimenti è
inevitabile che tutto il cielo crolli e che tutta la natura, da un lato, si fermi e,
dall’altro, non trovi alcuna forza da cui ricevere l’impulso iniziale per il
movimento. [Concetto delle regole immanenti nell’universo da cui trae la sua
esistenza, noi oggi conosciamo il contenuto di queste regole ma la filosofia non
può che essere la stessa]. Siccome, quindi, risulta evidente che è eterno ciò che
si muove da sé, chi potrebbe sostenere che questa natura non è stata attribuita
all’anima? È inanimato infatti tutto ciò che trae impulso da un urto esterno; ciò
che è animato, invece, viene sospinto da un moto interiore e proprio; tale è
infatti la natura peculiare dell’anima, la sua essenza; se, dunque, tra tutte le cose
l’anima è l’unica a muoversi da sé, significa certamente che non è nata ed è
eterna.>> In CICERONE, De Republica, Somnium Scipionis. Per Cicerone
perciò l’anima è quella che muove il corpo, e per questo l’anima è eterna. Ma se
tra l’anima e il pensiero non c’è nessuna differenza ecco perché allora il pensiero
è unico come unica è l’anima. E’ chiaro che noi ci distacchiamo da Cicerone sul
concetto di “non è nata” attribuita all’anima, e crediamo nella creazione diretta
da parte di Dio.
160. <<1Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro
madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine
proibite. 2Uno di essi, facendosi interprete di tutti, disse: “Che cosa cerchi di
indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le
patrie leggi”. 3Allora il re irritato comandò di mettere al fuoco padelle e caldaie.
4Diventate queste subito roventi, il re comandò di tagliare la lingua, di scorticare
e tagliare le estremità a quello che era stato loro portavoce, sotto gli occhi degli
altri fratelli e della madre. 5Quando quegli fu mutilato di tutte le membra,
comandò di accostarlo al fuoco e di arrostirlo mentre era ancora vivo. Mentre il
fumo si spandeva largamente all’intorno della padella, gli altri si esortavano a
vicenda con la loro madre a morire da forti, esclamando: 6”Il Signore Dio ci vede
dall’alto e in tutta verità ci dà conforto, precisamente come dichiarò Mosè nel
canto della protesta: Egli si muoverà a compassione dei suoi servi”. 7Venuto
meno il primo, in egual modo traevano allo scherno il secondo e, strappatagli la
pelle del capo con i capelli, gli domandavano: “Sei disposto a mangiare, prima
che il tuo corpo venga straziato in ogni suo membro?”. 8Egli rispondendo nella
lingua paterna protestava: “No”. Perciò anch’egli si ebbe gli stessi tormenti del
primo. 9Giunto all’ultimo respiro, disse: “Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita
presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci
risusciterà a vita nuova ed eterna”. 10Dopo costui fu torturato il terzo, che alla
loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani 11°
disse dignitosamente: “Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le
disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo”; 12così lo stesso re e i suoi
dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto, che non teneva in nessun
conto le torture. 13Fatto morire anche costui, si misero a straziare il quarto con
gli stessi tormenti. 14Ridotto in fin di vita, egli diceva: “È bello morire a causa
104
LA BIBBIA ha ragione
degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere da lui
di nuovo risuscitati; ma per te la resurrezione non sarà per la vita”. 15Subito
dopo, fu condotto avanti il quinto e fu torturato. 16Ma egli, guardando il re,
diceva: “Tu hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma
non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. 17Quanto a te,
aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua
discendenza”. 18Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per morire, egli disse:
“Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per causa nostra, perché
abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono cose che muovono a
meraviglia. 19Ma tu non credere di andare impunito dopo aver osato di
combattere contro Dio”.20La madre era soprattutto ammirevole e degna di
gloriosa memoria, perché vedendo morire sette figli in un sol giorno, sopportava
tutto serenamente per le speranze poste nel Signore. 21Esortava ciascuno di essi
nella lingua paterna, piena di nobili sentimenti e, sostenendo la tenerezza
femminile con un coraggio virile, diceva loro: 22”Non so come siate apparsi nel
mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra
di ciascuno di voi. 23Senza dubbio il creatore del mondo, che ha plasmato alla
origine l’uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia
vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi
curate di voi stessi”. 24Antioco, credendosi disprezzato e sospettando che quella
voce fosse di scherno, esortava il più giovane che era ancora vivo e non solo a
parole, ma con giuramenti prometteva che l’avrebbe fatto ricco e molto felice se
avesse abbandonato gli usi paterni, e che l’avrebbe fatto suo amico e gli avrebbe
affidato cariche. 25Ma poiché il giovinetto non badava affatto a queste parole il
re, chiamata la madre, la esortava a farsi consigliera di salvezza per il ragazzo.
26Dopo che il re la ebbe esortata a lungo, essa accettò di persuadere il figlio;
27chinatasi verso di lui, beffandosi del crudele tiranno, disse nella lingua
paterna: “Figlio, abbi pietà di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho
allattato per tre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa età e ti ho dato il
nutrimento. 28Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi
è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine
del genere umano. 29Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei
tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli
nel giorno della misericordia”. 30Mentre essa finiva di parlare, il giovane disse:
“Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della
legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. 31Ma tu, che ti fai autore
di tutte le sventure degli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. 32Per i nostri
peccati noi soffriamo. 33Se per nostro castigo e correzione il Signore vivente si
adira per breve tempo con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. 34Ma
tu, o sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano, agitando
segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo; 35perché non sei
ancora al sicuro dal giudizio dell’onnipotente Dio che tutto vede. 36Già ora i
nostri fratelli, che hanno sopportato breve tormento, hanno conseguito da Dio
l’eredità della vita eterna. Tu invece subirai per giudizio di Dio il giusto castigo
della tua superbia. 37Anche io, come già i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita
per le patrie leggi, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e
che tu fra dure prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; 38con me
invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l’ira dell’Onnipotente, giustamente
attirata su tutta la nostra stirpe”. 39Il re, divenuto furibondo, si sfogò su costui
più crudelmente che sugli altri, sentendosi invelenito dallo scherno. 40Così
anche costui passò all’altra vita puro, confidando pienamente nel Signore.
105
LA BIBBIA ha ragione
41Ultima
dopo i figli, anche la madre incontrò la morte. 42Ma ora basti quanto s’è
esposto circa i pasti sacrificali e le incredibili crudeltà.>>
161. E’ di questi giorni (Settembre 2010) la notizia che in Svizzera nel
laboratorio di Ginevra hanno fatto esplodere una particella che ha provocato un
fenomeno fino ad oggi sconosciuto. Occorre ribadire che l’atomo (o qualsiasi
altra cosa) immesso nella macchina è un qualcosa di preesistente, che provoca
un nuovo fenomeno. Il fenomeno non è creato dal nulla. E quindi non simula la
creazione, ma l’attimo successivo, al massimo. E aggiungo che oggi (16
novembre 2010), è uscito su “Nature” la notizia che a Ginevra hanno
“intrappolato” l’antimateria. Le conseguenze credo che la scienza le tirerà in
seguito.
106
LA BIBBIA ha ragione
Capitolo II.
A proposito di R. Dawkins e il suo libro “L’illusione di
Dio”.
Mi sono occupato indirettamente di questo libro e del suo
autore. Ora intendo affrontarlo direttamente.
In questo libro l’autore dichiara apertamente che Dio non è
altro, forse,1 che una illusione, l’unica realtà che esiste è solo la
scoperta darwiniana dell’evoluzione, la selezione naturale. Una
dimostrazione di questa sua certezza è che è impossibile, secondo
lui, rispondere alla domanda: “Se il creatore ha creato, chi ha creato
il creatore?” perché questa domanda instaurerebbe un processo
all’infinito. Il motivo di questo suo pensare è il rifiuto a priori (come
per tutto l’ordine degli scienziati, fatte le dovute eccezioni) del
principio di causa-effetto.
A questo ho già ampiamente risposto nel capitolo precedente.
1. Nel I capitolo del suo libro: “Un non credente profondamente
religioso”, l’autore racconta come dalla contemplazione della natura
un suo professore divenne sacerdote. Ma dalla stessa
contemplazione della natura l’autore fu portato a diventare un non
credente abbracciando il darwinismo. E si chiede: perché la
contemplazione della stessa natura ha portato questi due risultati
così diversi? Dichiara che non è facile risolvere il dilemma.
Qualche lettore ricorderà che quando abbiamo parlato della
percezione, del pensiero e della consapevolezza abbiamo risposto già
a questa domanda. Ognuno di noi è un essere irripetibile. Dio non ci
fa con lo stampo. Non è quindi una prova né dell’esistenza di Dio né
della non esistenza. Dipende dalla percezione non solo fisica delle
cose, ma dal significato che poi ciascuno dà a quello che ha
percepito. Non sono queste prove di cui ci possiamo servire per
dimostrare la scientificità della non esistenza di Dio. Questo aspetto
percettivo della natura umana è un aspetto affascinante che presiede
la conoscenza, e mette in evidenza le possibilità infinite del pensiero.
Applicate alla dimostrazione della non esistenza di Dio è solo un
argomento suggestivo ed emotivo.
2. Lo sforzo che l’autore, [definito etologo, biologo e divulgatore
scientifico, quindi uno scienziato; e che da quando ha pubblicato il
suo libro <<non è più soltanto uno scienziato famoso, un brillante
divulgatore e uno degli intellettuali più influenti del nostro tempo: è
diventato l’ateo più celebre del mondo>>3] fa per non credere
nell’esistenza di un progetto intelligente è molto grande.
107
LA BIBBIA ha ragione
I suoi argomenti, alla fine, non sono quelli scientifici, tolto il
riferimento costante al darwinismo, (ammesso che Darwin volesse
dire quello che gli hanno da sempre attribuito… e ammesso che il
darwinismo sia una teoria scientifica inconfutabile… ma sarà poi così
vero? Mi pare di no facendo riferimento a quanto scritto in
precedenza).
Prima di andare avanti vorrei riproporre il brano di Darwin
citato da Dawkins per analizzarlo sotto questa nuova luce:<<Così,
dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte,
direttamente deriva il più alto risultato che si possa concepire, cioè
la produzione degli animali superiori. Vi è qualcosa di grandioso in
questa concezione della vita, con le sue diverse forze,
originariamente impresse [dal Creatore]4 in poche forme, o in una
forma sola; e nel fatto che, mentre il nostro pianeta ha continuato a
ruotare secondo l’immutabile legge della gravità, da un così
semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose, si
sono evolute e continuano ad evolversi.>> 5
Questo brano, proprio a causa di quella parentesi quadra, ci dice
che Darwin nella contemplazione della natura si rende conto
immediatamente, in quell’attimo di riflessione che si può
assomigliare all’istinto, che questo motore è stato messo in moto da
qualcuno. L’autore, pur citandolo per tirare acqua al suo mulino, in
fondo ammette che il suo è uno sforzo molto intellettuale. Anche lui,
come già ho mostrato, è stato costretto a ricorrere al fatto che
qualcuno deve aver acceso il motore. (Vedi nota 18 del I cap.).
Ripeto, la scienza si può chiamare tale, solo quando scopre leggi
esistenti in natura, o realtà nuove, che possono essere dichiarate
verità inconfutabili, e sottostà quindi alla prova della ripetizione
all’infinito di quel principio e di quell’esperimento, come la legge di
gravità, la radio e così via.
Gli argomenti di questo scienziato, e non solo, sono alla fine,
argomenti di una qualsiasi persona normale che afferma di non
credere per suoi svariatissimi argomenti personali, spesso, frutto di
esperienza negativa (ad esempio con delle generalizzazioni: i preti
non fanno quello che dicono), e questa esperienza personale diventa
un meccanismo di difesa, che porta l’individuo a chiudere
l’argomento come se questo fosse un argomento inconfutabile. Tutti
i preti sono così, quindi la Chiesa non dice la verità, non serve, non
può essere di origine divina come essa afferma di se stessa e quindi
ciò che afferma è certamente falso. Conseguenza: Dio non esiste.
Aggiungo: il fatto che esiste la religione non è un argomento per
dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Dio. Dio, come ho già
detto nella premessa, o esiste di proprio, a prescindere dalla
coerenza dei suoi credenti, o non esiste. Lo stesso argomento che ho
108
LA BIBBIA ha ragione
portato circa “la gelosia” attribuita a JHWH riguardo agli altri dei.
Quindi questo è soltanto un argomento di ordine emotivo, personale
e non scientifico.
3. A parte questo riferimento polemico, l’autore identifica,
spesso e volentieri, l’esistenza di Dio con la “religione”.
Questo equivoco purtroppo è un pregiudizio di molti.
In tale equivoco quando vi cade una persona normale, può dirsi
un fatto “normale”; sorprende che vi cada uno scienziato.
Mi sarei aspettato, da uno scienziato, una capacità di distinzione
tra l’esistenza di un Creatore, e l’istituzione della religione, ad
esempio.
Mi spiego meglio.
L’autore dedica un intero capitolo a Le origini della religione
(cap. V). Cerca di dimostrare che la religione non trova spiegazione
nelle teorie darwiniane (la selezione naturale). Facendo tutte le
ipotesi possibili da quelle psicologiche a quelle sociologiche e
politiche, non c’è assolutamente posto per la religione nella verità
darwiniana, a suo dire.6 Quindi se la religione non ha nulla a che fare
col darwinismo essa non può essere che “il risvolto di un particolare
meccanismo irrazionale inscritto nel cervello: la tendenza a
innamorarsi che ha presumibilmente vantaggi genetici” che è
“l’ipotesi affascinante di Dennett”. Quindi procede con il metodo di
mettere in correlazione la religione con l’innamoramento, citando se
stesso: <<Misi a confronto l’innamoramento con la religione nel
1993, quando notai che i sintomi di un individuo contagiato dalla
fede ricordano in modo sorprendente quelli che di solito si
associano all’amore sessuale. L’amore sessuale è una forza assai
potente nel cervello e non c’è da stupirsi se alcuni virus si sono
evoluti per sfruttarlo.>>7
E’ un modo di procedere logoro e che non ha niente di
scientifico. Quando si parla di innamoramento, gli psicologi
distinguono tra gli effetti persistenti e quelli transitori di questo
stato d’animo, tra vero amore e infatuazione. Altrettanto quando si
parla di uomo religioso, si deve distinguere: chi ha una mente sana e
usa la religione in modo coerente e consapevole, da colui che si
“rifugia” nella religione perché senza quel bastone le sue sicurezze
crollano. In questo caso si parla di rifugio, si parla di infatuazione,
di frustrazione… e non del senso religioso normale. E’ chiara la
distinzione. Anche il Dawkins avrebbe dovuto tener presente questa
distinzione.
L’esistenza di Dio, comunque, non dipende dalla religione. Le
religioni sono tante, Dio, non può che essere uno.
109
LA BIBBIA ha ragione
Questo sta a dimostrare che non è l’istituzione religiosa che
determina l’esistenza di Dio. Non posso arrivare a dire che “Dio non
esiste” solo, ad esempio, se il Papa della Chiesa cattolica fosse una
persona non perbene; così come affermare il contrario. Questi sono
argomenti dovuti all’aspetto emotivo, lo ripeto, e non toccano la
scienza. L’argomento per provare l’esistenza o la non esistenza di
Dio, non può attingere all’emotività, o a fatti contingenti.
Nella morale “cattolica” questo atteggiamento viene definito
“scandalo dei pusilli” (piccoli di vedute), cioè di coloro che, in modo
superficiale, si scandalizzano e considerano una cosa non vera
perché chi lo predica poi non lo fa. Questo vale per tutte le istituzioni
sociali, politiche e quant’altro.
Proclamare un valore, se esso viene riconosciuto tale, non
dipende da chi lo asserisce, ma dalla sua intrinsecità. Affermare che
non si deve uccidere, faccio un esempio al limite, è vero, anche se
viene detto da un assassino.
Non mi sembrano, ripeto, argomenti da scienziato, piuttosto da
sociologo che vuole spiegare che una determinata categoria di
persone o un’istituzione (leggi Chiesa cattolica-cristiana, in modo
particolare) sono quantomeno inutili, se non addirittura dannosi,
all’aspetto sociale e morale dell’uomo, e della vita dell’uomo sulla
terra. Dal punto di vista sociale questa è una tesi sostenibile, sempre
che, chi la sostiene, riesca a provarla con argomenti validi.
L’esistenza della religione rientra nel mondo fenomenologico non in
quello trascendente. Questo aspetto andrebbe sostenuto e provato
per altri fini e non per dimostrare la non esistenza o esistenza di
Dio. Comunque questo è un argomento d’uso assai comune, ma non
prova assolutamente nulla. Ultimamente è diventata una moda,
come dimostra la moltitudine di libri già citati che riguardano la
manomissione della Bibbia, la storia dei mali del Vaticano, e
possiamo aggiungerci anche la storia di quei Papi che non hanno
onorato né se stessi né la Chiesa. Ma è solo uno sforzo intellettuale
per trovare a tutti i costi, anche contro l’evidenza, l’inesistenza di un
Creatore del Creato.
4. La religione, secondo me, ha origine dall’esigenza dell’uomo
primitivo che non sa spiegarsi la maggioranza dei fenomeni
naturali8. Mentre per noi oggi è normale sapere perché piove, grazie
agli scienziati, per l’uomo primitivo era un fenomeno
“soprannaturale” cioè superiore a lui; per spiegarsi il fenomeno
doveva evocare “qualcuno” che decidesse di far piovere o di non far
piovere, soprattutto se era un evento che non corrispondeva alle
reali esigenze che lui aveva in quel momento. Era in questi frangenti
che l’uomo primitivo entrava in fibrillazione.
110
LA BIBBIA ha ragione
La religione nasce quando nell’uomo si sviluppa il concetto di
un altro da sé, più grande di sé. Facendo un riferimento a quanto
finora detto, potrebbe essere la prima reminiscenza di un essere
superiore, anche se inizialmente immanente. Nasce l’esigenza di
credere che esiste qualcuno, anzi, più di qualcuno che fa girare
quello che c’è e che io vedo, sento, tocco ecc. ma questa realtà non è
una realtà “trascendente”, essa è immanente, sta dentro il sistema,
anche se non cade sotto i sensi. Ed è anche il risultato di una
semplice riflessione: non sono stato io a fare tutto ciò che mi
circonda e allora chi è stato? Ogni fenomeno naturale, inspiegabile,
diventa una divinità. Pensiamo alle religioni animiste, feticiste, alla
religione egiziana, a quelle mesopotamiche, e via via fino alla
mitologia greca - romana. E’ quella che gli studiosi chiamano
“Religione naturale”.
La religione nasce, perciò, come esigenza di conoscenza. L’uomo
vuole sapere il perché dei fenomeni, e li spiega con una struttura
sociale che fa riferimento al sacro come struttura gerarchica: il re, il
faraone non sono che incarnazioni, figli di divinità superiori, ad
esempio il sole. Infine, conseguenza di questo, è l’attribuzionedelega di poteri magici-divini agli stregoni, ai maghi, e a quanti altri
si appropriano, del tutto arbitrariamente, qualche volta in buona
fede, spesso in malafede, di poteri pseudo soprannaturali, sfruttando
le paure e i disagi. Questo esiste ancora oggi. Purtroppo.
Più tardi, circa 4000 anni fa nasce una religione che non adora
più un’infinità di divinità, ma una sola: è il monoteismo ebraico.
Nasce il concetto di “trascendente”, “invisibile”, “creatore”,
“onnipotente”, “onnisciente”. O semplicemente “Religione Rivelata”.
Questo passaggio è fondamentale. Nella Bibbia è ben visibile. E
tutta la Bibbia, V. e N.T. condanna ogni forma di magia.
Dell’origine del monoteismo ne ho già parlato nel I capitolo.
Il Dawkins scrive:
<<Esiste un’intelligenza sovrumana e soprannaturale che ha
deliberatamente progettato e creato l’universo con tutto quanto vi è
compreso, inclusi noi. In questo libro [il suo] io sosterrò un’altra
ipotesi: Qualsiasi intelligenza creativa abbastanza complessa da
progettare qualcosa è solo il prodotto finale di un lungo processo di
evoluzione graduale.>> (p. 39).
Il suo ragionamento, citato in una delle note (vedi nota 86 del I
cap.) di questo mio scritto, è che Dio, se esistesse, non potrebbe che
essere il prodotto finale dell’evoluzionismo, sarebbe un Essere
altamente complesso per cui, conclude, è impossibile la sua
esistenza. Ma come già detto, quando ho parlato della creazione
attraverso la Parola, Dio non è un Essere complesso, ma è semplice.
E’ anche quello che afferma Tommaso D’Aquino.8
111
LA BIBBIA ha ragione
L’intento del nostro è chiaro. Parla di intelligenza creativa
complessa che non è un Essere a se stante, ma il prodotto finale del
processo evolutivo, e dovendo arrivare, in ordine di tempo, per
ultimo, in quanto più complesso, è chiaro che non può essere il
creatore, da cui la sua conclusione: <<Siccome si sono evolute, le
intelligenze creative arrivano giocoforza tardi nell’universo e non
possono quindi averlo progettato. Dio, nel senso sopra definito, è
un’illusione; e, come dimostrerò negli ultimi capitoli, un’illusione
perniciosa.>> (p. 39)
E ancora parla delle religioni politeiste e del passaggio al
monoteismo:
<<Non c’è da stupirsi se, fondandosi su tradizioni locali di
rivelazioni private anziché su prove concrete, l’ipotesi di Dio si
presenta in varie versioni. Secondo gli storici delle religioni, l’idea
di divinità avrebbe compiuto un progresso, passando
dall’animismo delle tribù primitive al politeismo di greci, romani e
vichinghi, e dal politeismo al monoteismo dell’ebraismo e dei suoi
derivati, il cristianesimo e l’islamismo. Non si capisce perché il
passaggio dal politeismo al monoteismo sia ritenuto
automaticamente un progresso, ma tale è l’opinione prevalente.>>
(p. 39).
Non sto qui a ripetere quanto già detto sul monoteismo, sul
trascendente e la sua razionalità.
L’assunto del Dawkins, anzi il suo dogma, è l’immanenza.
Il suo darwinismo è di tipo dogmatico.
E per quanto riguarda la religione, tutte, lo vive come una
istituzione piena di privilegi, che vengono accordati ai suoi seguaci e
non a coloro che non sono religiosi. Cita le varie istituzioni religiose
che godono, in quanto tali, di privilegi statali… In fondo se la società
si basasse su una istituzione ateistica, i privilegi l’avrebbero gli atei e
non i fedeli. La storia del comunismo ce lo insegna. E la storia non
cambia. Ma non ne tiene conto.
Ma cosa c’entra questo con l’esistenza di Dio? Anche qui devo
ripetermi e citare i libri che parlano del Vaticano e delle
manomissioni della Bibbia a fini solo di potere, citati anche da lui.
Questo non c’entra con l’esistenza di Dio, al massimo con le varie
ipotesi di manomissioni della storia, approfittando di una posizione
di potere. Difficilmente volute a tavolino, come sostiene Augias, ma
dovute alla condizione umana in quanto tale. Per intenderci,
allargando il concetto, non possiamo equipararle ad associazioni
segrete o mafiose.9 Sarebbe frutto di un’intelligenza talmente fine e
perversa da essere paragonata a quella di una divinità cattiva. A
questo punto, anzi, sarebbe più giusto trovare argomenti per
dimostrare che è opera del maligno, o, per restare in tema biblico,
112
LA BIBBIA ha ragione
del “serpente”. Forse, se chi pensa e scrive tutto questo si rifacesse a
una mente superiore e non a una mente umana, sarebbe più
credibile.
5. Quando poi passa all’aspetto delle prove razionali portate dai
vari autori come Tommaso D’Aquino, Anselmo d’Aosta, e altre, il
Dawkins le classifica subito come prove e come elementi
<<codificati per secoli dai teologi e integrati dai non teologi, tra cui
gli alfieri di un malinteso “senso comune”>>. (p. 81.) Infatti,
parlando di S. Tommaso, lo liquida in modo sbrigativo affermando
che le sue “vie” <<non dimostrano niente e si può facilmente
provarne l’inconsistenza, anche se spiace dirlo, vista l’eminenza del
filosofo. Le prime tre10 sono solo modi diversi di affermare la stessa
cosa e converrà analizzarle in blocco. Riguardano il processo a
ritroso: la risposta a una domanda solleva una domanda
antecedente e così via ad infinitum.>> (p. 81)
La sua critica è questa: <<Tutte e tre le “vie” si basano su un
infinito processo a ritroso e invocano Dio come colui che vi pone
fine, partendo dal presupposto arbitrario che Dio stesso sia
immune da tale processo.>> (p.82)
Ma perché è arbitrario invocare Dio per porre fine a un processo
altrimenti infinito?
Ecco la sua risposta:<<Anche se ci concediamo il dubbio lusso
di far comparire arbitrariamente un essere che pone fine a un
processo infinito e di dargli un nome solo perché ci serve, non c’è
nessun motivo di attribuirgli le proprietà di norma attribuite a Dio:
onnipotenza, onniscienza, bontà, progettualità, nonché attributi
umani come l’esaudimento di preghiere, il perdono dei peccati e la
lettura dei pensieri più riposti. Per inciso, non è sfuggito all’occhio
dei logici che onniscienza e onnipotenza sono reciprocamente
incompatibili. Se Dio è onnisciente, deve sapere in anticipo come
modificherà il corso della storia usando la sua onnipotenza ma ciò
significa che non può cambiare parere e quindi che non è
onnipotente.>> (p. 82)
Affronto un argomento alla volta.
Il primo è che lui non spiega né logicamente, né
scientificamente il motivo per il quale invocare Dio per chiudere
questi processi, altrimenti infiniti, è arbitrario. Non ha il coraggio di
dire esplicitamente che nega il principio di causa-effetto. Potrebbe
essere stato un argomento, perlomeno, logico secondo lui. Ma non
spiega perché sarebbe un arbitrio invocare qualcuno più grande
dell’uomo stesso che chiude questo il processo. Anche Russell ci ha
provato. Sorvola su una motivazione anche piccola e scivola subito
verso gli attributi di Dio che sono il secondo argomento.
113
LA BIBBIA ha ragione
Se Dio sa in anticipo il futuro, questo è immodificabile,
altrimenti va all’aria la sua onnipotenza. Il ragionamento in sé è
logico. Ma da quale episodio della storia risulta che Dio ha fatto
marcia indietro?
In questo potrei dargli una mano citando la Bibbia, quando dice
che Dio “si pentì” di aver creato l’uomo, prima del diluvio, e quindi
voleva annientare la sua creatura. Ma neanche questo potrebbe
aiutarlo, perché nella sua onniscienza Dio aveva anche previsto la
libertà dell’uomo, come dimostra l’episodio del peccato originale.
(Vedere Appendice 1).
Dio, nel “progetto” ha investito contemporaneamente sia la sua
onnipotenza che la sua onniscienza. Dio non agisce col dubbio e con
l’incertezza.
Comunque, non contento, di questa apparente logicità, ne
invoca un’altra: <<Per tornare al processo infinito e all’inutilità di
ricorrere a Dio per arrestarlo, non sarebbe più pratico, per
esempio, evocare la “singolarità del Big Bang” o qualche altro
concetto fisico ancora sconosciuto? Chiamare Dio a svolgere questa
funzione è, nella migliore delle ipotesi, inutile e, nella peggiore,
pericolosamente fuorviante.>> (p. 82)
Il nostro autore non vuole rassegnarsi e continua a non citare il
processo di causa-effetto dimostrandoci scientificamente, o
razionalmente, come a suo tempo fece Hume, la presunta
inconsistenza dell’argomento. Seguita ad elaborare concetti che si
rifanno alle ipotesi scientifiche come il Big Bang che potrebbe,
secondo lui, mettere fine al processo. Non mi resta che rinviare il
lettore al I capitolo dove ho già affrontato questo argomento. E
seguitando, il Dawkins, cita la “scoperta” dell’atomo che pone fine
all’ultima divisione possibile della materia. Anche qui occorre
ragionare con altre categorie. L’uomo non ha “inventato” l’atomo,
con la sua intelligenza ha solo “scoperto” l’atomo. Una volta scoperto
ha applicato le sue conseguenze. L’atomo è anch’esso parte del
“progetto intelligente”, comunque si giri l’argomento. L’intima
consistenza della materia fa parte del “progetto intelligente”. Non è
una creazione dell’uomo. L’atomo è la quintessenza della materia. Il
concetto Dio, resta comunque in piedi, sempre perché la ragione
dell’uomo non è che il riflesso di quella di Dio. La ragione non
“inventa” o “crea”, la ragione “scopre”. Voglio di nuovo citare il
versetto del Genesi 1, 28:
<<28Dio li benedisse e disse loro:
“Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra;
soggiogatela e dominate
sui pesci del mare
114
LA BIBBIA ha ragione
e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente,
che striscia sulla terra”>>.
E’ questo il compito dell’uomo: scoprire, conoscere se stesso e
ciò che lo circonda.
Tralascio le altre due “vie” criticate dal nostro per passare
all’argomento “ontologico” di Anselmo d’Aosta:
<<L’argomento di Anselmo ha una curiosa peculiarità: in
origine non si rivolgeva agli uomini, ma a Dio stesso sotto forma di
preghiera (è mai possibile che un’entità capace di ascoltare una
preghiera abbia bisogno di farsi convincere della propria
esistenza?).9 Si può concepire un essere così grande che niente di
più grande possa essere concepito, sosteneva Anselmo. Perfino un
ateo può figurarsi tale essere superlativo, anche se ne negherebbe
l’esistenza nel mondo reale; ma, prosegue l’argomento, un essere
che non esiste nel mondo reale è per ciò stesso meno che perfetto.
Dunque, vi è una contraddizione e – oplà – Dio esiste!>> (pp. 8485)
Intanto è da premettere la logica di Anselmo che si esprime in
questi termini: il primo logico è il primo ontologico. Perché Dio è il
primo logico? L’argomento tante volte ripetuto: se esiste un mondo
non fatto dall’uomo, è logico che deve esistere qualcuno più grande
dell’uomo stesso che abbia potuto farlo. O se non vogliamo accettare
l’aggettivo “più grande”, dobbiamo accettare comunque una realtà
temporale che viene prima di tutte le cose. Dal momento che questo
argomento è logico, la conseguenza è che l’Essere che ha fatto tutto
questo appartiene ad un’altra dimensione: il trascendente,
l’ontologico, o per restare nella categoria tempo, deve averlo fatto
prima dell’esistenza dell’uomo. Quindi non è una creazione
fantasiosa.
Non c’è nulla di scandaloso, di ridicolo o fantastico.
E’ vero che chiunque può costruirsi nella fantasia un essere
inventato che non esiste nella realtà, ad esempio King Kong. E’
chiaro che è un essere fantastico, e l’autore ne è pienamente
consapevole; non ha nulla a che vedere con un ragionamento logico
qual è quello di Anselmo. Anselmo non crea dalla fantasia,
argomenta e deduce.
Il nostro autore si sente offeso per la citazione biblica usata da
Anselmo:
<<Anselmo d’Aosta citò infatti il primo verso del Salmo 14, “lo
stolto pensa:”Non c’è Dio!”, ed ebbe l’impudenza di usare l’aggettivo
“stolto “ (in latino insipiens) per il suo ipotetico ateo.
115
LA BIBBIA ha ragione
Quindi , perfino lo stolto è convinto che, almeno nell’intelletto,
esiste qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore,
poiché egli lo intende, quando lo sente dire, e tutto ciò che si intende
esiste nell’intelletto. Ma certamente ciò di cui non può pensarsi
nessuna cosa maggiore non può resistere nel solo intelletto. Infatti,
se esiste nel solo intelletto, si può pensarlo esistente anche nella
realtà e questo allora sarebbe maggiore>> (Anselmo d’Aosta,
Prosologion, Milano, Rizzoli, 2005) (p. 85.)
A S. Anselmo, giova ricordarglielo, va aggiunto anche Paolo,
nella Lettera ai Romani, capitolo 1, 18, 22:
<<18In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà
e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia,
19poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso
lo ha loro manifestato. 20Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le
sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto
nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità;
21essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli
hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno
vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente
ottusa. 22Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 23°
hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la
figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili.>>
Il salmo 14, S. Anselmo e S. Paolo, se siamo in grado di andare
oltre la semplice espressione, parlano di chi non vuole fare i conti
con la realtà, e non offendono personalmente chi non crede, cosa che
è contro i principi della Bibbia.12 Dichiarano come ragionamento
logico ciò che una mente sgombra da pregiudizi, da sola può arrivare
a pensare. E cioè che se esiste un creato deve esistere un creatore.
L’aggettivo stolto non è un’offesa alla dignità dell’uomo, e neanche
vuole offendere la libertà, ma è dire che è impossibile non vedere
l’evidenza. Si riferisce a chi, pur vedendo nega di vedere. Il nostro
autore, pur avendo gli strumenti per arrivare a chiudere quello che
lui definisce un processo ad infinitum, quando arriva al dunque fa
marcia indietro. Però, suo malgrado, almeno due volte chiude
l’argomento “logicamente”. Uno quando cita Darwin con la parola
tra parentesi quadre “Creatore”, due quando deve ammettere che il
processo della vita non può nascere dal nulla. (p. 143)
Potrebbe essere un altro motivo di riflessione. Non vorrei dire
eresie, ma il principio di Einstein che asserisce che l’Energia
equivale alla massa moltiplicato l’accelerazione al quadrato,
potrebbe arrivare al punto da identificarsi con l’infinito e l’eternità.
Cioè va fuori del tempo e dello spazio. E’ possibile affermare che
l’Energia pura può corrispondere alle dimensioni eternità e infinito?
Se vogliamo, si può fare un esempio, in cui la massa è una pallina da
116
LA BIBBIA ha ragione
tennis. Primo caso la pallina da tennis viene lanciata a bassissima
velocità e mi arriva in faccia non mi fa male. Ma se viene lanciata a
200 km all’ora e mi colpisce, potrebbe uccidermi. Ora immaginiamo
una velocità infinita, questa massa a quella velocità si annulla per
diventare energia pura. Anche un principio di fisica, quando è
scientifico, può portarci fino all’ontologico. In fondo è l’esperimento
in atto a Zurigo con l’accelerazione dell’”atomo”.
Le altre prove dell’esistenza di Dio che il nostro autore confuta
sono ancora l’argomento della bellezza, l’argomento dell’esperienza
personale, l’argomento delle Scritture, la scommessa di Pascal, e gli
Argomenti bayesiani.
Lascio al lettore di approfondire da solo, qualora lo volesse.
Comunque l’argomento delle Scritture è un argomento che
porto come pregiudiziale di questo libro, per cui le ho citate, o le
citerò, quando è stato o sarà necessario.
6. Perché è quasi certo che Dio non esiste. Questo è il titolo del
capitolo IV. La prima cosa che debbo dire è il “quasi”. Lo dice per
convinzione, o è solo ironico?
Il capitolo si apre con una citazione del Presidente Jefferson
sulla paura degli ecclesiastici per il progresso della scienza. Siamo
nell’ ’800 e la scienza credeva di poter sostituire Dio da un momento
all’altro. Cosa che non è avvenuta con buona pace di Jefferson e
tranquillità degli ecclesiastici.
Il primo argomento che usa l’autore è quello dell’improbabilità,
usata dai teisti per dimostrare che ciò che esiste, esiste non per via
del “caso” ma per l’esistenza di un progetto intelligente. Secondo il
Dawkins questo stesso argomento è invece più efficace per
dimostrare il contrario.
L’argomento principe è sempre il darwinismo come spiegazione
di tutto. Ma mi debbo ripetere e dire ancora che, a mio modo di
vedere, se sgomberiamo la mente dai pregiudizi, sia il Big Bang che il
darwinismo, sono ipotesi compatibili e consequenziali al
creazionismo. Il mio “creazionismo”, come ho già detto è di tipo
deterministico, non un creazionismo diretto, usato dal Dawkins che
lo porta a pensare un Dio complicato.
Un aspetto nuovo nel suo argomentare è quello del “culto delle
lacune” (p. 127). In definitiva è l’argomento che si usa quando una
cosa non si capisce allora si ricorre all’espressione “è così perché così
vuole Dio”. Cita il Bonhoeffer che scrive: <<non dobbiamo
attribuire a Dio il ruolo di tappabuchi nei confronti
dell’incompletezza delle nostre conoscenze; se infatti i limiti della
conoscenza continueranno ad allargarsi - il che è oggettivamente
inevitabile - con essi anche Dio viene continuamente sospinto via, e
117
LA BIBBIA ha ragione
di conseguenza si trova in una continua ritirata.>> (Tratto da
Resistenza e Resa).13
Questo argomento, che è un’ammissione di ignoranza e di
incertezza temporanea di argomenti, è importante per la scienza
perché spinge lo scienziato ad andare sempre più avanti, mentre per
i creazionisti è “una tremenda disdetta”. La cosa non mi sembra
rilevante per quello che vengo dicendo: non mi pare che
nell’argomentare cerco di delegare Dio a riempire i vuoti con la sua
onnipotenza e onniscienza. Il principio che mi guida è esattamente
l’opposto, è Gen. 1,28. In ogni caso, se il creazionista è quello
descritto dall’autore, certamente quello non sono io.
Un altro argomento usato dall’autore è il principio “antropico”
di cui mi sono già occupato.
Nel suo libro si occupa anche di un convegno a Cambridge
organizzato da Templeton Foundation, nel quale lui era stato
invitato come rappresentante del mondo ateo contro altri illustri
scienziati credenti e teologi di cui cita brani delle loro conferenze per
dimostrare che non sono argomenti che dimostrano l’esistenza di
Dio.
E alla fine del capitolo riassume in sei punti. Eccoli:
Per secoli, una delle più grandi sfide per l’intelletto umano è
stato spiegare come mai l’universo sia così complesso e improbabile
da apparire frutto di un progetto.
La tentazione naturale è quella di attribuire all’apparenza lo
statuto di realtà. Nel caso dei manufatti umani, come un orologio da
polso, il progettista è davvero un tecnico intelligente; perciò si è
tentati di applicare la stessa logica a un occhio, un’ala, un ragno o
una persona.
La tentazione è fuorviante, perché l’ipotesi del progettista
solleva immediatamente il problema più vasto di chi abbia
progettato il progettista. Il problema da cui eravamo partiti era
quello di spiegare l’improbabilità statistica e, ovviamente, non è una
soluzione postulare qualcosa di ancora più improbabile. Abbiamo
bisogno di una <<gru>>, non di un <<gancio appeso al cielo>>,
perché solo una gru può permetterci di passare in maniera graduale
e plausibile dalla semplicità a una complessità altrimenti
improbabile.
La gru più ingegnosa e potente che sia stata scoperta finora è
l’evoluzione per selezione naturale. Darwin e i suoi successori hanno
dimostrato che, con la loro incredibile improbabilità statistica e
un’apparenza che suggerisce il progetto, le creature viventi si sono
evolute per gradi molto lenti da organismi più semplici. Ora
possiamo affermare con sicurezza che l’impressione di un progetto è
solo un’illusione.
118
LA BIBBIA ha ragione
Non c’è ancora una gru equivalente in fisica. In linea di
principio, alcune teorie del multiverso potrebbero svolgere in questo
campo la stessa funzione esplicativa che il darwinismo svolge in
ambito biologico. Il multiverso appare meno soddisfacente del
darwinismo, perché fa maggiore assegnamento sulla fortuna, ma il
principio antropico ci autorizza a postulare più fortuna di quella che
la nostra limitata intuizione umana si sente di auspicare.
Cerchiamo di non abbandonare la speranza che si presenti
anche in fisica una gru migliore, potente quanto il darwinismo in
biologia. Ma, anche in mancanza di uno strumento soddisfacente
come l’evoluzione, le gru relativamente deboli che abbiamo al
momento attuale sono, soprattutto se sostenute dal principio
antropico, assai migliori dell’illusorio gancio appeso al cielo
rappresentato dal progettista intelligente. (pp. 360-61)
Conclusione.
In questi sei punti l’autore riassume il suo pensiero. Ho cercato
di dimostrare che i suoi argomenti non sono tratti da prove
scientifiche ma da considerazioni emotive e sociologiche; d’altra
parte l’unico argomento scientifico usato dal Dawkins è il
darwinismo. Quando arriva ad affrontare un vero argomento
scientifico come quello dell’origine della vita, pur ammettendo che
essa non può venire dal nulla, poi non argomenta di conseguenza.
Il mio assunto, invece, è quello che tra la Bibbia e la scienza è
possibile trovare un punto d’incontro, anzi la scienza ha il compito di
“conoscere” la realtà. Questa non può essere spiegata con la sola
immanenza. La scienza, giustamente, limita il suo campo, al
fenomeno, ma non deve e non può, escludere “ a priori” il
“noumeno” di kantiana memoria. Quando la Bibbia invoca il
trascendente, sia per la creazione che per le qualità prettamente
umane, la Bibbia dice che questo ha il suo fondamento nella realtà
fisica, ma non è sufficiente perché senza il ricorso al trascendente, la
realtà fisica resta monca. La frase di Lidtz che la mente non può
essere contenuta dentro il cranio, è un buon motivo realistico per
non escludere il trascendente. E d’altronde il “fenomeno” uomo non
può essere ridotto a una macchina. Lo sforzo, secondo il mio modo
di vedere le cose, deve diventare uno sforzo comune per arrivare alla
“Verità”.
Anche Jung nell’opera più volte citata dice: <<Secondo me la
fede non esclude la ragione (che è l’arma più potente dell’uomo), ma
disgraziatamente molti credenti sembrano così impauriti dalla
scienza (e, incidentalmente dalla psicologia) da essere
119
LA BIBBIA ha ragione
completamente ciechi di fronte alle forze psichiche soprannaturali
che dominano incessantemente il destino degli uomini.>> (p. 76). Si
sottolinea la resistenza del credente a una dimostrazione ragionevole
della fede per la paura che la fede non possa reggere la prova della
ragione. Ma non è così.
Nella Bibbia è contenuto sia il fenomeno che il noumeno.
Acquisire il “trascendente” è l’inizio di una consapevolezza
nuova, una forma di evoluzione del pensiero. Esiste una realtà che
non cade sotto i nostri sensi. E’ il passaggio dallo “spiritismo” delle
religioni magiche, che concepivano lo spirito invisibile, ma
immanente nelle cose, che di per se stesse sarebbero state
inanimate, a uno spiritismo trascendente, che esiste da solo senza il
supporto della materia e che alla materia infonde la vita. E’
fondamentale per lo sviluppo del concetto di uomo, per capire la sua
origine.
Questo passaggio, che piaccia o no, al signor Dawkins, esiste
solo nella Bibbia. Credo che l’importanza della Bibbia sia soprattutto
questo: il passaggio da un mondo immanente nel quale c’era la
materialità che conviveva con lo spirito (basta pensare al Regno dei
Morti egiziano, all’Ade greco-romano), al passaggio ad un mondo
separato e distinto profondamente che non è più un “luogo” (Ade,
Campi Elisi e così via), ma una dimensione, cioè un modo di vivere
diverso.
La creazione dal nulla, il concetto di tempo-spazio in
contrapposizione eternità-infinito, un Dio che si definisce Io sono
l’esistenza,15 sono queste le nuove categorie introdotte dalla Bibbia.
Non solo la storia di un popolo. Non solo una visione maschilista e
repressiva della società. Non solo episodi che sembrano
contraddittori all’interno della Bibbia.
Il tempo e lo spazio sono le dimensioni vitali nelle quali siamo
inseriti noi uomini e tutto il resto del creato. L’eternità e l’infinito
sono le dimensioni dove si “colloca” il creatore.16 E queste
dimensioni non sono dimensioni religiose, sono dimensioni di cui si
deve occupare anche la scienza, la filosofia. Come del resto scienziati
e filosofi seri hanno già fatto.17
Del resto di cui si occupa il Dawkins, e cioè della organizzazione
del mondo ebraico da lui descritta in modo grottesco e non
scientifico, fa parte, in ogni caso, di una organizzazione, cioè della
“religione”, fa parte della storia di un “popolo” che non è “il solo
popolo”. A questo popolo fu affidata una missione che si è conclusa
con la Passione, Morte e la Resurrezione di Cristo. Questi valori
vanno ben al di là di una “religione”.
Se la religione la descriviamo così, essa non è che un fatto
sociale e sociologico, e come tutte le società sono destinate a
120
LA BIBBIA ha ragione
modifiche profonde nel corso dei secoli. Il popolo ebreo dell’A.T.
certamente non è paragonabile allo Stato di Israele di oggi. Le prime
comunità cristiane, non sono paragonabili al cristianesimo globale di
oggi.
Questo, è vero, è contenuto nella Bibbia come storia del popolo
ebreo prima e di quello cristiano dopo. Anche per questo, però,
esiste una spiegazione. In ogni religione ci sono dei principi che
vanno oltre l’organizzazione sociale e comunitaria e che persistono
nel tempo. Nella religione cristiana il punto fondamentale, il
principio discriminante è la salvezza.
Questa, appunto, è un’altra cosa.
E’ l’aspetto del trascendente che noi dobbiamo cercare nella
Bibbia e chiederci come sia avvenuto questo passaggio repentino
(storia di Abramo, non banalizzabile nei suoi episodi storici che
sicuramente tali non sono, nel senso che ho sempre detto);
passaggio non dovuto certamente all’influsso delle culture limitrofe
(mesopotamiche o egiziane), ma ad un intervento che la Bibbia
attribuisce a una Voce che dice ad Abramo di lasciare una terra per
andare in un’altra che sarà per lui la “terra promessa”. Questo è il
messaggio principale. Una terra promessa che non poteva essere
solo una terra usurpata, luogo che diventa storia di un popolo e che
serve a realizzare la Promessa. La terra promessa, oggi lo possiamo
dire, ha un messaggio universale. E’ la “terra” che chiamiamo
universo che è di tutti, non di un solo popolo. In questo messaggio il
contenuto è certamente simbolico, nell’accezione fin qui espressa
tenendo presente anche Jung. Ma, come sappiamo, la storia ha il suo
corso attraverso il tempo che cambia non solo l’aspetto biologico
dell’uomo, non solo l’aspetto sociale, ma anche il suo aspetto
interiore e metafisico. Il concetto di universalità è da sempre
contenuto nella Bibbia, come già detto. La Bibbia, è vero, contiene
gli espisodi che Dawkins cita nel suo libro, ma tutti sappiamo che
quegli episodi fanno parte della “storia”, quindi incarnazione nel
tempo che modifica gli usi, i costumi e la morale di un popolo; anche
se questo popolo crede nel suo Dio, che sembra avallare episodi al
limite o oltre il limite della moralità accettabile. Quale popolo non
deve annoverare nella sua storia fatti deprecabili? Anche se questi
fatti sembrano essere avallati da un riferimento a un Dio che per
definizione non potrebbe avallarli senza entrare in contraddizione
con se stesso? Sono episodi che, anche se fossero storicamente veri,
non sono avallati da una esplicita dichiarazione di moralità da parte
dello stesso Dio. L’intervento di Dio nella storia non è un intervento
come quello di un monarca che avalla con delle leggi anche fatti
esecrabili, l’intervento di Dio è solo “provvidenziale” ai fini di una
storia più ampia ed universale: la finalità è quella di permettere a
121
LA BIBBIA ha ragione
tutti di accedere liberamente alla salvezza. Di passi in avanti ne sono
stati fatti, anche grazie all’evoluzione (quella a 360 gradi di cui ho
parlato). Per fortuna. Oggi siamo anche in grado di distinguere
l’errore del singolo da una norma generale che potrebbe avallarne
l’errore.
Il problema di molti è quello di non accettare il concetto di
evoluzione nei costumi dettati dal determinismo insito nella
creazione. Dio ha creato l’uomo perfetto, ma poi decaduta questa
perfezione iniziale, l’uomo è alla continua ricerca di quel “Paradiso
perduto”. Se non si accetta questa visione “storicistica” è facile
perdersi nei meandri della critica ai vari episodi, e in quelli di una
casistica infinita.
Non critico il Dawkins per la sua lettura nuda e cruda dei fatti e
misfatti biblici. E’ scritto e sarebbe da sciocchi negarlo. Ma bisogna
cogliere nella Bibbia il messaggio dell’Alleanza che ne garantisce la
coerenza interna, al di là dell’episodio. Una mente libera da
pregiudizi, dovrebbe essere in grado di distinguere la “religione”
dall’esistenza di Dio, che vuole la felicità ultima dell’uomo. Così,
secondo me, va letta la Bibbia.
La storia del popolo ebraico rientra nel progetto salvifico di cui
stiamo parlando e che vedremo in seguito. Dio lo sceglie per una
finalità a beneficio di tutta l’umanità.
In conclusione devo citare il libro di ALISTER & JOHANNA
MCGRATH, L’illusione di Dawkins. Il fondamentalismo ateo e la
negazione del divino. Alfa e Omega.
Il libro edito dalla stessa casa editrice di quello di A. Flew e nella
stessa collana “La Bussola”, viene così recensito:<<L’utopica visione
di Richard Dawkins di un mondo senza religione viene qui abilmente
smantellata dall’erudito discorso di MacGrath. Il suo collega di
Oxford dimostra con chiarezza le lacune, le inconsistenze e la
sorprendente mancanza di profondità nell’argomentazione di
Dawkins>> (Owen Gingerich, professore di astronomia presso
l’Università di Harvard).
122
LA BIBBIA ha ragione
Note Capitolo II.
1.
Un capitolo si intitola appunto “Perché è quasi certo che Dio non
esiste”. Anche se piccolo, il dubbio, comunque, gli resta.
2.
Questo argomento, in precedenza era già stato usato da Bertrand
Russel: <<L’ARGOMENTO DELLA CAUSA PRIMA. Forse è l’argomento più
semplice e facile da comprendere. Ogni cosa di questo mondo ha una causa e,
proseguendo nella catena di queste cause, si giunge ad una Causa Prima, cioè a
Dio. Oggi questo discorso non ha molta importanza pratica. Filosofi e scienziati
se ne sono occupati per confutarlo; ma il principio della Causa Prima non regge
da se stesso. Quando ero giovane e studiavo questi problemi con molta serietà,
ammisi per molto tempo il principio della Causa Prima. Un giorno, però, a
diciotto anni, leggendo l’autobiografia di John Stuart Mill, trovai questa
frase:<<Mio padre mi insegnò che la domanda:’Chi mi creò?’ non può avere
risposta, perché suggerisce immediatamente un nuovo interrogativo:’chi creò
Dio?’>> Compresi allora quanto fosse errato l’argomento della Causa Prima. Se
tutto deve avere una causa, anche Dio deve averla. Se niente può esistere senza
una causa, allora perché il mondo sì e Dio no? Questo principio della Causa
Prima non è migliore dell’analoga teoria indù, che afferma come il mondo poggi
sopra un elefante, e l’elefante sopra una tartaruga. Alla domanda:<<E la
tartaruga dove poggia?>> l’indù rispose:<<Vogliamo cambiare discorso?>>
Non c’è dunque motivo per sostenere che il mondo debba proprio avere una
causa e una origine. Potrebbe anche essere sempre esistito. E’ soltanto la nostra
scarsa immaginazione che vuole trovare una origine a tutto.>> In RUSSEL,
BERTRAND, Perché non sono cristiano. Ed. Longanesi & C. Firenze 1960, p. 15.
L’Indù cambia discorso, ma noi possiamo affrontarlo, e l’abbiamo già affrontato
tranquillamente.
3.
Così recita l’ultima pagina di copertina, in quanto ha preso il posto di
colui che lo aveva preceduto in questa classifica, Antony Flew, che nel frattempo
aveva capito che l’ateismo non poteva essere più sostenuto. Vedi il suo libro: Dio
esiste. Come l’ateo più famoso del mondo ha cambiato idea. Alfa e Omega,
Caltanisetta, 2010.
4.
In nota cita il libro di Darwin, L’origine della specie, e aggiunge di
suo:”Le parole <<dal Creatore>> erano assenti nella prima edizione.” Mi
sembrava impossibile, infatti, che citasse questo brano con la parola “Creatore”.
Comunque la parola Creatore (con la lettera maiuscola) viene usata da Darwin 9
volte e la parola creato/i/a/e ben 68 volte! Vedi il I capitolo.
5.
In DAWKINS R., L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, p.
22.
6.
Cito di nuovo le parole di Darwin per dire che lo stesso non aveva
nulla contro la religione, anzi:<<Io non trovo alcuna ragione per pensare che le
opinioni espresse in questo volume possano ferire i sentimenti religiosi di
chicchessia. Del resto per dimostrare quanto siano fugaci queste impressioni, ci
piace ricordare che la più grande scoperta che sia mai stata fatta dall'uomo, vale
a dire la legge dell'attrazione di gravità, fu anche attaccata dal Leibnitz (sic!)
«come sovversiva della religione naturale e, conseguentemente, della religione
123
LA BIBBIA ha ragione
rivelata». Un celebre autore ed eminente teologo mi scrisse «che egli aveva
gradatamente imparato a riconoscere che possiamo formarci un giusto e nobile
concetto della Divinità, pensando che Essa abbia create poche forme originali,
capaci di svilupparsi da se stesse in altre forme utili, anziché professando
l'opinione che Essa debba ricorrere a nuovi atti di creazione, per riempiere i
vuoti cagionati dall'azione delle sue leggi». DARWIN C., Sulla origine delle
specie per elezione naturale ovvero conservazione delle razze perfezionate
nella lotta per l’esistenza, pp. 273-274. In effetti i sentimenti religiosi non
possono essere offesi dalla sola esposizione di una teoria. Essa suscita solo un
confronto dialettico accettabile.
7.
In DAWKINS R., L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere, p.
187.
8. <<Volendo rimanere nel nostro argomento, non neghiamo che il
fenomeno religioso si possa utilmente avvicinare da punti di vista diversi; ma
importa anzitutto considerarlo in sé, in quel che ha di irriducibile e di originale.
L’impresa non è facile perché si tratta, se non di definire il fenomeno religioso
almeno di circoscriverlo e di collocarlo entro il complesso degli altri oggetti dello
spirito. E, come ha osservato Roger Caillois all’inizio del suo brillante volumetto
su “L’homme et le sacré”: ‘In fondo, la sola cosa che si possa validamente
affermare intorno al sacro in generale, è contenuta nella definizione stessa della
parola sacro: sacro è quel che si oppone al profano. Appena si tenta di precisare
la natura, la modalità di questa opposizione, si incontrano grandissimi ostacoli.
Per quanto elementare, nessuna formula riesce applicabile alla complessità
labirintica dei fatti’. Ora, nelle nostre ricerche, sono anzitutto i fatti che
interessano, quella complessità labirintica dei fatti che sfugge a qualsiasi
formula e a qualsiasi definizione. Un tabù, un rituale, un simbolo, un mito, un
demone, un dio eccetera, ecco alcuni di questi fatti religiosi. Ma presentare i
documenti in modo così lineare, sarebbe semplificazione abusiva. In realtà, ci
troviamo di fronte a una massa polimorfa, e spesso caotica, di gesti, credenze e
teorie, che formano quanto potrebbe chiamarsi il fenomeno religioso.>> In
MIRCEA, ELIADE, Trattato di storia delle Religioni, Editore Boringhieri,
Torino 1976, p. 5. Questa è l’opinione del Mircea, il quale ricercando i fatti si è
imbattuto in quel mondo fenomenico dai miti ai tabù che riguardano il mondo
del “sacro”, cioè di tutto ciò che non è “profano”. Quel mondo che ha a che fare
con lo “spirito”. La letteratura in merito è tanta, e altrettante le opinioni, ma mi
limiterò a citare Levy-Bruhl, Allport, James… i quali si occupano di questo tema
antropologico, sociologico, psicologico in riferimento al problema dell’origine
della religione. Un problema ancora aperto. Freud si occupa di questo problema
in “Totem e Tabù” (1913), “Un ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci” (1910),
“Il disagio della civiltà” (1929) :<<Nelle sue principali opere dedicate alla
religione Freud tenta di ricostruire la sequenza dei momenti decisivi che hanno
dato l’avvio verso la religione del padre. Non considera più a questo punto le
forme popolari e degradate della religione, svelatagli dall’esperienza clinica,
quelle medesime che egli denunzia in “Die Zukunft einer Illusion” [L’avvenire di
una illusione] (1927). Questa volta egli tenta di sottoporre a un esame
strettamente psicanalitico la religione grandiosa del totemismo e della
tradizione giudaico-cristiana. Per inquadrarla nella sua verità, Freud pone mano
a uno studio dei documenti storici e proprio in quelli scopre il simbolo paterno
in tutta la sua profondità e potenza drammatica>> In VERGOTE, ANTOINE,
Psicologia Religiosa, Borla Editore, Torino, 1967, p. 182. Il Vergote ha
124
LA BIBBIA ha ragione
sintetizzato bene, però devo riferirmi a quanto detto da Freud stesso circa
l’origine dell’inconscio, che anche se non è scientifico, certo ci pone più di un
interrogativo rapportando la sua teoria all’origine della religione. A questo
punto, in coerenza con quanto detto fin qui, io ribalterei il problema, e
rifacendomi alla “a-temporalità” dell’inconscio e agli archetipi di Jung che il
Vergote scarta:<<Scartiamo ugualmente il termine “archetipo” di Jung,
significante un simbolo innato, inconscio e collettivo, mentre l’immagine del
padre fa sempre capo alla cultura e alla costellazione familiare.>> (ibidem, p.
185), credo di poter dire che, se l’ipotesi psicanalitica è quella di riferire l’origine
della religione alla figura paterna (reale e simbolica), ribaltando il concetto,
possiamo dire che anche il concetto di un Padre universale era già inscritto nella
cellula primordiale, alla cui realtà può ricondursi il rapporto di sacralità con il
“creatore”. Il mio ragionare è una proposta semplice e certamente riduttiva, ma
spero, efficace.
9.
Nella collana “I GRANDI FILOSOFI.” Tommaso D’Aquino, vita,
pensiero, opere scelte. Ed Il sole 24 Ore, Officine grafiche Calderini, Ozzano
Emilia, 2006, a p. 304, leggiamo: <<16. In Dio ciò risulta inoltre evidente che il
primo movente deve essere semplice.>> Il D’Aquino espone poi le sue
argomentazioni.
10. Mi vengono in mente i Templari, secondo alcuni, detentori di chissà
quali segreti. In realtà sono disquisizioni teoriche, fanno audiens nei programmi
televisivi e fanno vendere libri, ma niente di dimostrato o dimostrabile, anche
perché ci sono sottese tesi esoteriche, misteriche che nulla hanno di scientifico
e, facilmente (dico facilmente per lasciare il beneficio di inventario come è mia
abitudine), di vero. Basta riflettere che molti credono nelle profezie di
Nostradamus e snobbano la Bibbia.
11. Che sono: 1. motore immobile. 2. Causa incausata. 3. L’argomento
cosmologico. Come ho detto in precedenza, questi argomenti, va detto, in
origine non sono di Tommaso ma di Aristotele. « Il primo motore dunque è un
essere necessariamente esistente, e in quanto la sua esistenza è necessaria si
identifica col bene, e sotto tale profilo è principio. […] Se, pertanto, Dio è
sempre in uno stato di beatitudine, che noi conosciamo solo qualche volta, un
tale stato è meraviglioso; e se la beatitudine di Dio è ancora maggiore essa deve
essere oggetto di meraviglia ancora più grande. Ma Dio, è appunto, in tale
stato! » (Aristotele, Metafisica XII (Λ), 1072, b 9-30). E’ un Dio metafisico non
biblico o religioso.
12. Questa riflessione contenuta tra parentesi, non tiene conto di una
categoria dell’animo umano, la contemplazione. L’uomo, di fronte a una
meraviglia della natura, di fronte a una intuizione della sua mente prova lo
stupore e sente la necessità di rivolgersi a qualcuno più grande di lui che
suppone essere l’autore di quella intuizione. Posso portare una mia esperienza
simile: quando mi accorsi di aver scritto una poesia in un lasso di tempo
brevissimo, provai uno stupore tale da mettermi in ginocchio e ringraziare Dio
per quello che avevo vissuto. Credo che la “preghiera” di Anselmo vada collocata
in questa dimensione e non in quella di convincere Dio della sua esistenza. Il
nostro, mi pare, essere fuori strada.
125
LA BIBBIA ha ragione
13. <<21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà
ucciso sarà sottoposto a giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il
proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà
sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della
Geenna.>>(Mt. 5, 21-22)
14.
In http://www.giovaniemissione.it/testimoni/botesti.htm.
15. <<10Ora va'! Io ti mando dal faraone. Fa' uscire dall'Egitto il mio
popolo, gli Israeliti!". 11Mosè disse a Dio: "Chi sono io per andare dal faraone e
per far uscire dall'Egitto gli Israeliti?". 12Rispose: "Io sarò con te. Eccoti il segno
che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete
Dio su questo monte". 13Mosè disse a Dio: "Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico
loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si
chiama? E io che cosa risponderò loro?". 14Dio disse a Mosè: "Io sono colui che
sono!". Poi disse: "Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi". 15Dio
aggiunse a Mosè: "Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di
Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio
nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in
generazione.>> (Es. 3, 10-15). In questo brano è contenuto il significato del
nome di Dio che, comunque lo si voglia leggere o interpretare, è un richiamo
diretto al trascendete. Io sono colui che sono senza arrampicarsi sugli specchi,
significa semplicemente Io sono l’esistenza in sé, Io sono la Vita, Io sono colui
che solo può dare la vita agli altri. Se vogliamo ancora tradurre meglio Io sono il
Creatore. La mia solita riflessione: questo concetto è così profondo che è lecito
domandarsi se l’autore materiale sta dandoci una sua riflessione o qualcosa che
passa per una ispirazione?
16. E leggiamo ancora nel Salmo 90 espresso il concetto di uno degli
attributi di Dio come l’eternità: <<2Prima che nascessero i monti /e la terra e il
mondo fossero generati, /da sempre e per sempre tu sei, Dio. /3Tu fai ritornare
l'uomo in polvere /e dici: "Ritornate, figli dell'uomo". 4Ai tuoi occhi, mille anni
/sono come il giorno di ieri che è passato, /come un turno di veglia nella
notte.>> (Salmo 90, 2-4). Nella Bibbia è contenuto in modo chiaro la
dimensione tempo-eternità, spiegato in modo semplicissimo.
17.
Cartesio, Leibniz, Kant, ecc.
126
LA BIBBIA ha ragione
APPENDICE 1
LA LIBERTA’.
Conquistata con una ribellione: il Peccato Originale.
Ho voluto intitolare “La Libertà” e non peccato originale questa
Appendice per il fatto che la libertà, secondo me, è la parola chiave
di questa storia.1
La parola appare semplice e anche il suo significato. Essere
libero significa non sottostare a niente e a nessuno. Questa, però, è la
libertà metafisica o libertà assoluta.
Distinguiamo questa libertà metafisica che, per definizione,
appartiene solo a un Essere metafisico, cioè Dio, dalla libertà
oggettivamente presente nella vita dell’uomo, che non può che
essere una libertà relativa.
La libertà assoluta di questo essere metafisico potrebbe
veramente condizionare la libertà di tutto: dell’universo e dell’uomo.
Sì, se questa libertà assoluta appartenesse a un despota o a un
essere irresponsabile, che facesse della sua onnipotenza, onniscienza
e quant’altro un uso dispotico, a seconda del suo umore. Per il creato
non ci sarebbe un ordine prestabilito e per l’uomo la possibilità di
scelte libere e possibilità di conoscenza.
Per quanto ne sappiamo, fenomenicamente, non è così.
Comunque provo a dire le prove a favore di un dispotismo di
Dio, e quelle della libertà dell’uomo.
Le prime sono quelle classiche che riguardano l’esistenza del
male fisico e morale. In fondo l’esistenza del male viene portato
come prova per dimostrare l’inesistenza di Dio.
Tra queste prove potrebbe esserci anche l’indisponibilità di
lasciar gestire all’uomo stesso la sua vita; di non dare all’uomo la
libertà di nascere e di morire quando e dove lui (l’uomo) avrebbe
voluto e vorrebbe; impedire all’uomo di sentirsi co-padrone
dell’universo.
Quelle a favore sono le considerazioni che le leggi dell’universo
non sono soggette a interventi cervellotici e casuali, per cui l’uomo
non ci avrebbe mai capito niente e non avrebbe mai avuto la
possibilità di scoprire nulla dell’universo e di se stesso, restando
disorientato e privo di conoscenza. Proprio da questa stabilità
l’uomo è riuscito a scoprire le leggi che governano l’universo (la
legge di gravità,
la composizione degli elementi, la stessa
evoluzione, ecc. ad esempio)
Perciò questi interventi nella creazione, sono, come già
ipotizzato, deterministici e irreversibili. Permettono all’uomo di
127
LA BIBBIA ha ragione
scoprire, conoscere. Anzi, secondo la Bibbia, Dio vuole proprio
questo.
Per quanto invece riguarda l’uomo, la sua senz’altro è una
libertà condizionata. Non può intervenire, ad esempio, sul suo male
fisico. Intendo dire che quando si ammala senza essere responsabile
del suo male, escludendo, perciò, quelle malattie che uno potrebbe
prevenire e consapevolmente non previene, ad esempio il fumo
come causa dei tumori specifici, l’alcol come causa di cirrosi, le
droghe ecc., questo va fuori del controllo umano. Per il resto, molto
è dovuto, almeno per ora, a quella che chiamiamo casualità allorché
si usano termini come fortuna/sfortuna o destino.
Volendo fare un ragionamento cinico, in conclusione, il fine
della libertà dell’uomo potrebbe essere la felicità eterna, ma questa
non si può ottenere se non passando attraverso la morte.
Esorcizzare la morte, aver paura della morte rientra nel comune
modo di sentire; questa realtà che nessuno riesce ad accettare, è
vista come la fine di tutto.
Se non fosse, al contrario, la fine di tutto e se fosse solo un
passaggio, allora anche il male fisico potrebbe acquistare un altro
significato.
Il suo esistere non è l’arbitrio di un essere crudele, ma rientra
nel determinismo di cui abbiamo parlato.
Possiamo quindi distinguere:
• male dovuto a una casualità contingente (visto come
capriccio di una divinità crudele, detta in genere destinofato, nella mitologia greca assurta a divinità al disopra
delle divinità stesse). Non è il nostro caso.
• male volontariamente procurato;
• male che arriva come deterioramento del corpo, vuoi per
incidente, malattia o dopo tanti anni di vita.
(Determinismo storico).
Al fine della storia, cinicamente parlando, il risultato non
cambia: è la morte. Fino a quando si dovesse scoprire l’eternità
immanente.
Mi pare, perciò, traendo qualche conclusione, che è più facile far
rientrare la libertà nel determinismo iniziale che a una volontà
cervellotica e capricciosa sempre in atto.
Allora in che cosa consiste la libertà dell’uomo? Che cosa si
intende per libero arbitrio?
Il discorso è molto complesso in quanto bisogna tirare in ballo il
concetto di normalità. Un concetto molto volubile e sottile.
128
LA BIBBIA ha ragione
Possiamo dire che è normale, semplificando, tutto ciò che
riguarda, statisticamente, il comportamento della maggioranza.
Come psicologo qui dovrei tirare in ballo un’enormità di
concetti a cominciare dall’inconscio di freudiana memoria, la
relazione oggettuale,2 la simbologia di cui facciamo uso
nell’interpretare la “nostra personale” realtà percepita nel
quotidiano, e così via.
Voglio subito specificare che non sono un relativista. Quello che
sto cercando di evidenziare è la grande difficoltà che noi abbiamo nel
descrivere questo concetto di libertà, apparentemente semplice, ma
in realtà molto complesso. Che fenomenologicamente esiste. Noi
siamo liberi. Di fare il bene e il male. Se vogliamo, di fare tutto. Ma
non tutto si può fare… e non sempre quello che si fa è frutto della
vera libertà… si esercita la “libertà”, paradossalmente, anche quando
si è dipendenti da qualcosa che ci costringe ad agire nostro malgrado
(le cosiddette “dipendenze”).
E’ evidente che per andare avanti è necessario fissare dei
parametri di normalità (l’unica accettabile è quella statistica, come
già detto, e del buon senso), e di accettazione di alcune limitazioni
obiettivamente esistenti. Cerco di farne un elenco, forse
insufficiente, ma capace di farci capire cosa voglio dire.
L’uomo:
• Non è libero di scegliere i propri genitori
• Non è libero di scegliere il luogo della sua nascita
• Non è libero di scegliere il tempo e l’epoca della vita
• Non è libero di scegliere la società di appartenenza
• Non è libero di scegliere il sesso di appartenenza
• Non è libero di decidere la durata della sua esistenza
(escluso il suicidio, tenendo presenti le modalità
contingenti).
Queste circostanze, ma potrebbero essercene altre, possono
farci riflettere abbastanza sul concetto di libertà condizionata di cui
ognuno di noi è dotato. Ho evitato di nominare la religione, le
opinioni, le scelte individuali, perché è evidente che nel corso della
vita, la storia ce lo insegna, chiunque è in grado di cambiarle.
Arrivati a questo punto, non è difficile ammettere che la libertà
assoluta non esiste, di fatto, all’interno del concetto e del fenomeno
“uomo”. Lo stesso uomo, per il fatto di essere anche un essere
sociale, attraverso le leggi, limita la sua libertà.
Ne deriva, come logica conseguenza, che l’uomo è dotato solo di
libertà condizionata. Vuoi per determinismo, vuoi per regole sociali.
Seguitando il ragionamento, occorre precisare che cosa l’uomo
può fare o non può fare invocando la propria libertà.3
129
LA BIBBIA ha ragione
Un passo indietro. Riprendiamo il passo biblico già citato, in cui
l’autore ci fa capire che, prima di quell’attimo simbolico, cioè di dare
un morso alla mela, l’uomo aveva un altro tipo di libertà.
Rileggiamo insieme il passo biblico:
<<La donna aveva osservato che l’albero era buono a
mangiarsi, piacevole all’occhio e desiderabile per acquistare il
sapere.4 Colse perciò del frutto, ne mangiò e ne dette anche a suo
marito che stava con lei ed egli ne mangiò. Si aprirono allora gli
occhi di tutti e due e s’avvidero che erano nudi: cucirono delle foglie
di fico e se ne fecero delle cinture.>> (Gn. 3,6-7)
Quello che appare subito evidente è che l’ordine imposto da Dio
non era impossibile da trasgredire. Non era l’ordine di un despota
che fa controllare dalle sue guardie il rispetto delle leggi, sarebbe
stato sufficiente farlo. Dopo aver sentito, infatti, dal serpente, che
mangiare di quell’albero non li avrebbe condotti alla morte (questa
era la conseguenza della trasgressione all’ordine di Dio: ricordatevi
che qualora voi ne mangiaste, morirete), e visto che in realtà era un
frutto bello a vedersi e buono da mangiare, osano, fidandosi più
delle parole del serpente che della paura della condanna. Ma il loro
osare li porta a una modifica della percezione della realtà: si
accorgono di essere nudi.
Cosa vuole farci capire lo scrittore? Credo semplicemente
questo: quell’atto di trasgressione libera, modifica il loro mondo
interiore. La realtà non è più, e mai più lo sarà, da lì in avanti, uguale
a quella di prima. Accorgersi di essere nudi equivale appunto a un
fatto di cambiamento percettivo irreversibile.5
Capirono immediatamente quello che era stato loro promesso
dal serpente: diventerete simili a Dio perché conoscerete il bene e il
male, e, di conseguenza, sarete per sempre condizionati da questa
conoscenza. Erano diventati sì, “liberi” di conoscere i due aspetti
della nuova realtà (bene e male), con la conseguenza, però, che
dovettero subito diventare responsabili delle loro scelte e delle
conseguenze che sapevano.
<<Udirono poi la presenza del Signore Dio, il quale
passeggiava per il giardino alla brezza del giorno, e Adamo e sua
moglie si nascosero dalla faccia del Signore Dio fra gli alberi del
giardino. Il Signore Dio chiamò Adamo e gli domandò: “Dove sei?”.
Egli rispose: “Ho sentito la tua presenza nel giardino ed ho avuto
paura perché ero nudo, e mi sono nascosto”. Il Signore riprese: “Chi
ti ha fatto conoscere [sapere] che eri nudo? Non hai forse mangiato
dell’albero che ti avevo proibito di mangiare?”. Adamo rispose:”E’
stata la donna che mi hai dato per compagna che mi ha presentato
del frutto dell’albero ed io ne ho mangiato.”Il Signore domandò alla
130
LA BIBBIA ha ragione
donna:”Che hai fatto?”. La donna rispose:”Il serpente mi ha
ingannata ed io ho mangiato”.>>. (Gn. 3, 8-13)
Il brano non è solo un susseguirsi logico di domande e risposte
letterariamente perfetto, ma soprattutto è fine dal punto di vista
psicologico.
Prima di tutto il senso di colpa simboleggiato dall’accorgersi
dell’essere nudi.
Poi l’interrogatorio discreto e non poliziesco da parte di Dio.
Le risposte a scaricabarile di Adamo nei confronti di Eva, il
quale Adamo prima e durante il peccato viene appellato “marito”;
dopo il peccato, invece, lui, Adamo, temendo le conseguenze, non
chiama Eva, per par condicio, moglie, ma “la donna che mi hai dato
per compagna”, dove la finezza psicologica sta nel definire Eva la
donna-compagna e non moglie, non solo, ma “che mi hai dato”, e
cioè, la colpa è tua (di Dio), perché se mi lasciavi da solo io non avrei
trasgredito.
Tipico comportamento dell’uomo-donna in paranoia che
attribuisce le proprie colpe sempre a qualcun altro.
Anche Eva segue la via di Adamo: la colpa non è mia, ma del
serpente che mi ha ingannata.
C’è molto da riflettere. Soprattutto, come ho già detto, sulla
finezza sia letteraria che psicologica.
Come non pensare, poi, a qualche cosa che invade lo scrittore
come se fosse un’illuminazione, o una reminiscenza di un fatto
veramente accaduto: ma dove, ma quando? fuori del tempo e dello
spazio? In fondo cosa si intende per rivelazione? In questo caso è
come se lo scrittore scrivesse non per conoscenza personale, come
un testimone del fatto, né come inventore dello stesso, ma come
un’induzione da parte di qualcun altro. Una specie di reminiscenza
tratta dall’inconscio. E’ pura fantasia?
Anche il comportamento di Dio è descritto con altrettanta forma
e contenuto stupendi.
<<Il Signore disse al serpente6:”Poiché hai fatto questo, sii
maledetto fra tutti gli animali e tutte le bestie della campagna:
striscerai sul tuo ventre e mangerai la polvere per tutti i giorni
della tua vita! Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua
discendenza e la sua: essa ti schiaccerà il capo e tu la insidierai al
calcagno”. Poi disse alla donna:”Moltiplicherò le doglie delle tue
gravidanze: partorirai i figli nel dolore, tuttavia ti sentirai attratta
con ardore verso tuo marito, ed egli dominerà su di te”. Infine disse
all’uomo:”Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato
dell’albero del quale ti avevo proibito di mangiare, sia maledetta la
terra a cagion tua: con fatica trarrai da essa il nutrimento per
131
LA BIBBIA ha ragione
tutto il tempo di tua vita; essa ti produrrà spine e triboli: ti nutrirai
dell’erba dei campi. Con il sudore della tua fronte mangerai il pane,
finché tornerai alla terra da cui sei stato tratto, poiché tu sei
polvere e in polvere ritornerai”>>. (Gn. 3, 14-19).
Il tribunale di Dio non poteva essere che perfetto.
Inizia dal responsabile dell’inganno, (come se già ci fosse un
contenzioso aperto), il serpente, e cioè l’antagonista, ma non un
antagonista alla pari. Satana non è il dio del male, né tantomeno dio,
per questo viene condannato per primo.
La condanna è una condanna che, in questo caso, appartiene al
serpente reale: strisciare per terra e mangiare polvere, d’altra parte il
serpente simbolo del male spirituale, creatura spirituale creata da
Dio e a lui ribellatosi, già aveva avuta la sua condanna di esclusione
per sempre dalla visone beatifica. Strisciare per terra equivale alla
impossibilità di levare gli occhi al cielo. Anche in questo caso, non ha
la possibilità di guardare in faccia il suo creatore. Forse per satana
quella condanna coincide con quanto dice Apocalisse 12, 3-4:
<<3Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso,
con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; 4la sua coda
trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla
terra.>> Precipita nel tempo anche lui per sperimentare la condanna
di essere l’eterno sconfitto, anche nei confronti dell’uomo.
Questo precipitare “simbolico” poi tanto simbolico non è se esso
diventa protagonista e antagonista anche durante la presenza di
Cristo sulla terra. I vangeli ci raccontano di questa interferenza tra il
maligno e la vita terrena di Cristo, non solo ma è protagonista degli
ultimi momenti della vita di Cristo:<< 52Poi Gesù disse a coloro che
gli eran venuti contro, sommi sacerdoti, capi delle guardie del
tempio e anziani: “Siete usciti con spade e bastoni come contro un
brigante? 53Ogni giorno ero con voi nel tempio e non avete steso le
mani contro di me; ma questa è la vostra ora, è l’impero delle
tenebre”.>> Lc. 22,52. Il richiamo a chi non vuole la salvezza
dell’uomo è evidente nelle parole di Gesù: questa è la tua ora, l’ora
delle tenebre, dello scontro finale; ma so che dipende solo da me. Se
risulterò vincitore tu sarai sconfitto per sempre. La storia ci ha detto
che Cristo ha vinto per noi. Tutti noi. Ora la vittoria del maligno può
soltanto far riferimento alla libertà del singolo, non più a quella
dell’intera umanità.
Nel Vangelo di Giovanni il maligno è identificato con il mondo,
espressione per dire che tutto ciò che è umano come desideri
pensieri e azioni dell’uomo sono cose di cui il maligno può ancora
disporre per indurre l’uomo alla ribellione e alla non accettazione
della salvezza; questo per garantire la libertà dell’uomo stesso in
132
LA BIBBIA ha ragione
coerenza con la scelta iniziale, e per dirci che questa lotta tra il bene
e il male, pur avendo Cristo sconfitto il male esistenziale, non nega a
nessuno la libertà di non accettare il suo sacrificio, e invita a non
aver paura della lotta perché Lui ha vinto e dà anche a noi la stessa
possibilità. Nel Vangelo di Giovanni (16, 7-10) leggiamo:
<<7Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada,
perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma
quando me ne sarò andato, ve lo manderò. 8° Quando sarà venuto,
egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al
giudizio. 9Quanto al peccato, perché non credono in me; 10quanto
alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; 11quanto
al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato.>>
Importante la sottolineatura che “il principe di questo mondo” è
stato giudicato. E più avanti aggiunge: <<15Non chiedo che tu li tolga
dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. 16Essi non sono del
mondo, come io non sono del mondo. 17Consacrali nella verità. La
tua parola è verità. 18Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li
ho mandati nel mondo; 19per loro io consacro me stesso, perché
siano anch’essi consacrati nella verità.>> (Gv. 17, 15-19).
Vuole dirci che la lotta continua con il maligno, ma la vittoria
esistenziale è certa. Quella del singolo uomo è lasciata alla sua scelta
libera.
Tornando al V.T., lo scrittore, pare voglia appunto identificare il
male assoluto con il serpente, animale infido e mortale per l’uomo,
che seguita a essere un pericolo anche nella vita reale, al di là del
simbolo, ricordando Jung.
Quindi passa a condannare Eva (la donna), perché non ha
trasgredito solo per l’inganno subito, ma perché, come avviene per
tutti noi, quando facciamo qualche cosa i responsabili restiamo
sempre noi; l’inganno attenua la responsabilità ma non l’elimina,
poiché l’ultimo a decidere resta sempre la persona con la sua libertà;
per questo Dio non può accettare la giustificazione di Eva.7 Ha
sbagliato e quindi anche lei deve pagare… qui Dio, in modo
inaspettato, introduce un elemento nuovo, non consequenziale con
la punizione. E’ un aspetto fondamentale per il prosieguo della
storia, che a causa di questa digressione, diventerà “storia della
salvezza”.
La donna sarà protagonista nella vittoria definitiva contro il
serpente: lei schiaccerà per sempre il capo del serpente, il quale
cercherà di morderla al calcagno, ma inutilmente. (Gen. 3, 15)
Qual è il significato di questa digressione? In una società
maschilista, come presumibilmente era quella dello scrittore, che
significato può avere questa elevazione della donna a salvare tutti gli
altri dalle insidie subdole del serpente? Perché proprio una donna e
133
LA BIBBIA ha ragione
non un uomo? Credo che la risposta è che JHWH non è un
irriducibile maschilista, e dimostra che l’elemento maschile e
femminile hanno un ruolo entrambi nell’economia della storia della
salvezza.
Bisogna tener presente che il ruolo della donna, anche in una
società come quella biblica, assolutamente maschilista, è un ruolo
non ridotto alla sola sottomissione8 e affatto secondario, comunque
la si pensi. In ogni caso questa condizione è stata determinata da una
evoluzione sociale e storica della società, dopo il peccato. Non solo
nella società ebraica. Nella mente di Dio, però, non può esistere
questa differenza. Le sue categorie non sono le nostre.
Arriviamo all’uomo che Dio ritiene più responsabile della
donna, in quanto a lui aveva dato l’ordine. La prima colpa è quella di
aver ascoltato la voce della moglie. Viene sottolineato non tanto il
ruolo in quanto maschio, ma in quanto responsabile di un mandato:
“a te, Adamo” avevo detto in modo esplicito di non mangiare di
quell’albero, quindi è a te che chiedo ragione come primo e
fondamentale responsabile.
Come fare a non pensare alla responsabilità di un capospedizione, di un comandante di una nave, di un capo di Stato, capo
famiglia ecc. L’importanza del ruolo e del suo significato è messo ben
in evidenza in questo episodio, e non ha origine dall’appartenenza
sessuale.
Tu sarai comunque responsabile in ultima analisi dell’errore che
vorresti attribuire alla donna, e questa, a sua volta, al serpente.
E’ questo il concetto di libertà di scelta, o libero arbitrio: ti
avevo avvertito di non mangiare di quell’albero (possiamo metterci
qualsiasi altro ordine corrispettivo), e non te l’ho impedito; eri
libero, lo sapevi che saresti stato destinato alla morte, e pertanto la
tua irresponsabilità non è perdonabile. La condanna è un atto
consequenziale e coerente: Dio esercita la funzione di giusto giudice.
Nella promessa che il serpente invano tenterà di avvelenare la
donna, si era già mostrato nella sua seconda natura: misericordioso.
Questo aspetto è sottolineato da una frase di rara potenza
intuitiva e paradossale contenuta nell’enciclica di Benedetto XVI
“Deus Caritas est”: <<L’amore appassionato di Dio per il suo popolo
– per l’uomo – è nello stesso tempo un amore che perdona. Esso è
talmente grande da rivolgere Dio contro se stesso, il suo amore
contro la sua giustizia. [Un paradosso!] Il cristiano vede, in questo,
già profilarsi velatamente il mistero della Croce: Dio ama tanto
l’uomo che, facendosi uomo Egli stesso, lo segue fin nella morte e in
questo modo riconcilia giustizia e amore>> (n. 10).9
Prima Adamo ed Eva conoscevano solo il bene (non si
accorgevano di essere nudi); con la trasgressione hanno perso la
134
LA BIBBIA ha ragione
condizione di libertà assoluta che equivaleva ad avere la possibilità
solo di fare il bene. Era implicito nella formulazione dell’ordine la
possibilità di trasgredire, senza che questo compromettesse
l’onniscienza di Dio. Era “previsto” che Adamo fosse capace di
seguitare a contentarsi di vivere nel bene e nella libertà assoluta, ed
era anche “prevista” la seconda possibilità di fare una scelta di
trasgressione, con la conseguenza annunciata: la morte. Quando uno
fa una scommessa le ipotesi, prima dell’accadimento del fatto, sono
entrambe possibili. Così per Adamo.
La libertà assoluta, quella di scegliere solo il Bene, ormai, è solo
la libertà di Dio. Sarebbe potuta restare libertà dell’uomo, se avesse
risposto in altro modo al serpente.
E’ questo il concetto di “paradiso perduto” che abbiamo
ritrovato anche in letteratura.10 L’uomo perde quella libertà assoluta
dove regna il bene assoluto, e trova una libertà che lo costringerà per
sempre ad operare delle scelte tra il “bene” e il “male”. Che lo
costringerà a combattere tutti i giorni con questa consapevolezza.
<<Non è vero che morirai ma diventerai simile a Dio
conoscendo il bene e il male>>.
Non sono parole messe lì tanto per completare un racconto.
Non è vero che morirai, parole che ci dicono la nostra eternità.
Questo, secondo la mia ipotesi, non può che essere avvenuto in
una fase a-temporale e a-spaziale. Quando l’uomo intraprende la sua
vita sulla terra ha già nella sua cellula questa storia. Possiamo dire
che il prosieguo della storia sarà la riconquista del “paradiso
perduto”. Fortunatamente questa riconquista non sarà per sempre,
(intendendo ad esempio il supplizio di Sisifo o di Tantalo della
mitologia greco-romana), perché grazie alla donna, simbolo della
trasmissione della vita, che sarà portatrice di una vita non
contaminata da quella colpa iniziale, questa riconquista arriverà in
modo definitivo, con la nascita del Salvatore. Allora in questa storia
ognuno di noi ha il suo ruolo “primario” e, quindi, “comprimario”
nel rispetto dei ruoli, quando esercita la propria libertà.
Nel N.T. troviamo questi riferimenti all’Antico in modo molto
dettagliato. Non sono riferimenti studiati a tavolino.
E’ contenuto nel discorso di Stefano davanti al Sinedrio prima
della sua condanna a morte.
Stefano parte da Abramo per dimostrare che Cristo è il
Salvatore, e come questo è dimostrato dall’intera storia del popolo
ebraico. Fu solo per la testardaggine del popolo non riconoscere
questa storia di salvezza compiutasi con Cristo, quando, nel versetto
51, li apostrofa come “gente testarda e pagana nel cuore e nelle
orecchie.”12 Mi pare importante sottolineare la consapevolezza
presente nella prima comunità cristiana di questa storia che si
135
LA BIBBIA ha ragione
attualizza nella storia stessa di Cristo, che si compie con la sua
Passione Morte e Resurrezione. La lettera agli Ebrei ne parla ancora
in maniera esplicita, soprattutto quando parla del mediatore.
Ma allora come spiegare la condanna che appare come
definitiva:<<Polvere sei e polvere ritornerai.>>? Certo in questo
contesto sembra un po’ scombinare le carte in tavola, ma si può
ricomporre il tutto considerando che nella vita a-spaziale e atemporale non c’era la morte. Ora la morte corporale fa parte di
quella condanna, e quindi, per un argomento di convenienza,13 non
può essere una morte definitiva della persona. E, d’altronde la realtà
della morte corporale era contenuta nella conseguenza “se ne
mangerai morirai”.
Mi sembra che questi concetti espressi dallo scrittore biblico
non appartengono al mondo della mitologia, anche se i personaggi
sono (o meglio possono sembrare), per una storiografia fatta con
criteri scientifici di oggi, mitologici, nel senso che non hanno un
riscontro, neanche minimo, in una visione scientifica della storia.
Potrebbero coincidere con gli archetipi. Dove e quando è avvenuto?
Quali prove documentali abbiamo? Sono domande destinate a
restare per sempre senza risposte.
La conquista della libertà prevede la coscienza delle
responsabilità che essa comporta.
Nella definizione di uomo, perciò, non può mancare il
riferimento alla libertà.
Nel regno animale l’uomo è l’unico dotato di libertà, gli altri
esseri viventi sono condizionati dall’istinto14 che li costringe ad
azioni senza una vera autodeterminazione.
Conquistare la libertà ha significato anche l’acquisizione di
comportamenti tipici dell’uomo, anche se sbagliati: ad esempio,
scaricare le proprie colpe sugli altri, per evitare condanne, giudizi
negativi e quant’altro. Questo fa parte del complesso meccanismo
psicologico dell’uomo, che va ricondotto ai meccanismi di difesa
della psicanalisi che l’uomo deve re-imparare ad usare in modo
giusto, ricordando che è un mito pensare qualcuno o qualcosa può
farmi star bene o male. Ricordarsi che nessuno è responsabile delle
mie scelte giuste o sbagliate, se non io stesso. Questo
comportamento di autodifesa, anche se fa parte di un residuo
istintuale dell’uomo, sono comportamenti, facilmente comprensibili,
come inadeguati e definiti paranoici. Sono quei comportamenti che
vorrebbero eliminare la responsabilità che deriva dalla libertà per
attribuire ad altri le conseguenze delle nostre scelte.
Riportando queste considerazioni ai modi di pensare comune in
termini, per esempio, di laicità-religione, eutanasia-morte naturale,
136
LA BIBBIA ha ragione
aborto-vita, entro quali confini è possibile stabilire la libertà di una
scelta piuttosto che un’altra? Quale delle due viola la libertà?15
E’ su queste dimensioni e categorie che bisogna confrontarsi,
non solo sull’emotività e le considerazioni in termini di libertà
assoluta.
Non è possibile pensare che la libertà dell’uomo sia libertà
assoluta; non è possibile pensare di eliminare il dolore dalla vita
dell’uomo, eliminare le contraddizioni e quant’altro. Le possiamo
eliminare solamente in seguito a una formazione che ci aiuta a
capire e quindi razionalizzare o metabolizzare, e successivamente
accettare e sopportare, dolore e contraddizioni. Altrimenti c’è la
categoria della ribellione personale che spesso vorremmo tradurre in
legge. Troppe cose sono state stravolte in nome della libertà.
Lascio aperto, è ovvio, a qualsiasi considerazione e intervento,
questo aspetto.
Troppe persone offrono opinioni che sono solo risposte emotive,
non corroborate da idee oggettivamente valide, non solo, ma spesso
concetti usati in modo equivoco e condizionate dal proprio
tornaconto personale e, perciò, non in grado di generare una legge
universale.
In conclusione, mi pare di poter dire che la libertà dell’uomo è
una libertà relativa, che non può e soprattutto non deve inficiare
valori più grandi dell’uomo stesso, quando ci si affida a categorie
come l’emotività, la laicità (concetto in sé molto complesso, ma che
in definitiva dovrebbe corrispondere a una neutralità assoluta e non
a invocare un altro tipo di libertà in contrapposizione alla religione)
e si dichiara di non credere in certi valori, pensando che sia
sufficiente per poterli calpestare. Valori, sia ben chiaro, non imposti
dall’alto, ma appresi dal fatto di essere noi entità sociali e pensanti,
con l’uso della parola e della coscienza e del buon senso.
La libertà è stata una conquista (è chiaro che includo tutta la
storia dei diritti dell’uomo), ma essa, in termini assoluti, è solo
libertà di scegliere il bene o il male. Non è una libertà assoluta. Cioè
io posso scegliere di fare il male, ma so che questa scelta porta a
determinate conseguenze negative, ad esempio, la perdita della
libertà fisica con la prigione.
Mi rendo conto che le categorie “bene” e “male” sono soggette
non a leggi oggettive, e sono soggette soprattutto a una forte
emotività sia individuale che collettiva. Se riuscissimo a fare un
elenco dettagliato di ciò che è bene per me e per gli altri, e ciò che è
male per me e per gli altri, e non fossimo schiavi di pregiudizi,
riusciremmo a fare un elenco di beni che sono per tutti e per tutta la
società.
137
LA BIBBIA ha ragione
Faccio un esempio. Una società dove il problema della droga e
dell’alcol non esistessero sarebbe una società diversa. Una società
senza ladri e assassini sarebbe una società diversa. Proibire però
comporta subito un istinto di ribellione: nessuno può proibire
nessun comportamento, è una violazione della personale libertà,
anche se ammettiamo, oggettivamente, che questi comportamenti
turbano l’ordine sociale. Una società così fatta, piacerebbe a tutti,
ma la vorremmo solo come inserita in una società spontanea e non
regolata da leggi. Specialmente se sembrano leggi imposte
“dall’alto”.
Quella società, però, sarebbe potuta esistere come tale solo se
l’uomo avesse seguitato ad avere una libertà assoluta.
Apro una parentesi. 11 Settembre 2001: dei terroristi riescono
ad abbattere le Twin Tower di New York. Fatto deprecato da tutti.
Qualcuno deve fare qualcosa per far sapere a quei signori che hanno
perpretato un crimine intollerabile. Decisione presa, con
ponderazione, ma non condivisa da tutti: la guerra in Iraq. La
discussione è ancora aperta. Giusta questa ritorsione? Sbagliata?
Qualcuno è in grado di presentare una soluzione? Salvando il
principio della non tollerabilità di un’aggressione così vigliacca, e il
principio che qualsiasi vita umana deve essere rispettata, quindi
nessuna guerra è lecita? E’ chiaro che la guerra, per il cristianesimo,
rientra nel V comandamento non uccidere, quindi è proibita.
Tralascio l’uso storico della guerra anche all’interno della Chiesa, ci
porterebbe molto lontano.
Ecco la nostra libertà. Sopportare un’ingiustizia o qualsiasi cosa
si faccia per punire l’affronto, diventa libera discussione. Al
contrario, sembra che il “male” possa esprimersi liberamente. Quei
kamikaze hanno obbedito ciecamente a un indottrinamento all’odio.
Da quest’altra parte della civiltà la risposta è univoca solo a
parole: premesso che condanno il terrorismo, però… E’ questa la
libertà relativa e condizionata.
Dio condannò l’uomo, ma non definitivamente. Gli diede la
possibilità del riscatto. La domanda resta aperta: quale libertà?
La storia della salvezza parte proprio da questa conquista.
Secondo il Vangelo il male si deve “combattere” con il bene.
E’ questo il “peccato originale” da cui ha preso origine la storia
temporale dell’uomo. Le conseguenze sono la nostra vita personale e
sociale. Ci resta un lunghissimo cammino per arrivare a introiettare
tutti la Verità contenuta nella “storia della salvezza”, cristiani e non.
138
LA BIBBIA ha ragione
Note Appendice 1.
1.
<<Il mondo è governato, e lo dimostra la progressiva crescita
dell’organizzazione, riconosciuta più sopra anche da lei [Vito Mancuso]; ma è
governato da un principio ordinatore impersonale, il che costituisce l’unica
garanzia perché la libertà, il vero scopo della creazione, possa essere
effettivamente reale. Proprio perché il fine del mondo è la generazione dello
spirito, il mondo deve essere libero, ma non c’è modo di garantire la libertà se
non mediante ciò che io chiamo principio ordinatore impersonale, il quale nella
Bibbia, è noto, l’ho ricordato come “sapienza”, presso i cinesi il tao, presso gli
antichi egizi come maat, presso i greci come logos, presso gli indù e i buddhisti
come dharma>>, in AUGIAS C., MANCUSO V., Disputa su Dio e dintorni. Ed.
Mondadori, Milano, 2009, p. 145. In questo Augias ha visto bene. E’ la libertà
dell’uomo, come vengo dicendo, l’arbitro della nostra storia. Ma la libertà è la
conseguenza del peccato originale, responsabile anche della lotta tra il bene e il
male. E l’esigenza di spiritualità è l’archetipo della sua origine, che è contenuto
nelle parole della Bibbia <<facciamo l’uomo a nostra immagine e
somiglianza.>> La contraddizione dell’insegnamento di Papa Giovanni Paolo II
e Benedetto XVI, evocata dall’Augias, è solo apparente, in quanto la dottrina
della Chiesa sulla libertà dell’uomo non è assolutamente messa in dubbio, basta
pensare alla Lettera ai Romani, nella quale Paolo afferma che di fronte a Dio
siamo tutti uguali e quindi liberi, “giudei o greci”. Dio è Dio di tutti ed è uno
solo, che ha ratificato la scelta iniziale dell’uomo. La “sapienza” è quella di
questo Dio presente nella nostra natura immanente, ma trascendente nella sua
dimensione di Creatore. Che, però, nello stesso tempo, non è solo un “principio
ordinatore impersonale”. Dio è un Essere esistente, anzi è l’esistenza, la vita. Nel
libro di BAGET BOZZO, G., Profezia. Il cristianesimo non è una religione,
l’autore si chiede: <<È il Cristianesimo una variante della religione? O vi è nel
Cristianesimo qualcosa di assolutamente diverso dalle religioni? Il
Cristianesimo non ha posto l'uomo innanzi al divino, ma Dio all'interno
dell'uomo e l'uomo all'interno di Dio: porta dunque in sé un principio di
differenza dalla religione. Non a caso la parola più alta sia nel Cristianesimo che
nella civiltà che da esso è nata, l'Occidente, è la parola libertà.>> In
www.deastore.com
2.
Per relazione oggettuale si intende quella percezione di persone e
cose, distorta dagli stati emotivi che ne condizionano il significato. Porto un
esempio: se una persona trova difficoltà nel togliersi le scarpe per andare a letto,
cosa normale per tutti, per quella persona le scarpe rappresentano,
simboleggiano, ad esempio, la propria sicurezza. La scarpa, in questo caso, non
è più un semplice oggetto per facilitare la deambulazione, ma viene investita di
una carica emotiva che ne condiziona l’uso normale; separarsene anche
temporaneamente significa perdere la propria condizione di stabilità. Quella
persona, perciò, non è “libera”.
3.
Voglio citare J.S.Mill e precisamente il capitolo III del suo libro
Libertà:<<Abbiamo visto quali ragioni dettino categoricamente che gli uomini
siano liberi di formarsi le proprie opinioni e di esprimerle senza alcuna riserva;
e abbiamo anche visto quali siano le conseguenze deleterie per la natura
intellettuale dell’uomo, e attraverso di essa per quella morale, se non si concede
questa libertà o non lo si riafferma a dispetto di qualsiasi divieto. Vediamo ora
139
LA BIBBIA ha ragione
se le medesime ragioni non richiedano che gli uomini siano anche liberi di agire
secondo le proprie opinioni – liberi di applicarle cioè nella propria vita senza
venire intralciati dai loro simili, né fisicamente né moralmente, purché agiscano
solo a proprio rischio e pericolo. Quest’ultima, naturalmente, è una clausola
indispensabile. Nessuno pretende che le azioni debbano essere libere quanto le
opinioni: al contrario: anche le opinioni perdono la loro immunità, se uno le
esterna in circostanze tali da far diventare le sue parole una vera e propria
istigazione a qualche misfatto. L’opinione che i commercianti di grano sono
degli affamatori dei poveri, o che la proprietà privata è un furto, dovrebbe poter
circolare indisturbata finché viene solo diffusa sulla stampa, ma può diventare
legittimo punirla se la si esprime a voce in mezzo a una folla eccitata davanti alla
porta di un commerciante di grano, o se la si sbandiera con dei volantini fatti
circolare fra quella stessa folla.>> In Mill, J.S., La Libertà, Ed. Speciale Corriere
della Sera, Milano 2010, p. 68. E’ chiaro la relatività della libertà, e non solo, ma
l’aspetto morale della libertà, come afferma con l’esempio riportato, e come
confermerà poco appresso, che la libertà individuale non può ledere né la
dignità né la integrità fisica degli altri, che godono della stessa libertà
esistenziale.
4.
Mi pare, senza ombra di dubbio, che la questione “frutto” è solo una
questione simbolica e letteraria: il frutto non serve per acquistare il sapere. Qui
si sta parlando di acquisire un bene non commestibile, il sapere. Si può
riportare questo linguaggio al simbolo e all’archetipo.
5.
Voglio portare un esempio per far capire quanto detto. Non so se a
qualche lettore è capitato di fare qualche cosa da cui ci si aspettava un risultato
positivo e invece dopo aver fatto quella cosa (esempio un investimento che va a
male) uno seguiterà per sempre a dirsi “se non l’avessi fatto ora avrei ancora i
miei guadagni” e magari si dispera. Ma sa che non potrà mai più tornare alla
situazione precedente. La realtà è cambiata in modo irreversibile. E’ questo ciò
che è cambiato in quel momento per il futuro di Adamo ed Eva e tutti i loro
discendenti. Questo è il significato di “accorgersi di essere nudi”. Ed è anche
l’accorgersi che il tempo non torna indietro.
6.
Di questo animale la Bibbia si occupa in diversi altri libri con diversi
significati: Salmo 58,5; Siracide 12,13- 21,2-25,14; Isaia 21,1 – 34,15 - 65,25;
Geremia 46,22; Amos 5,19 – 9,3; Michea 7,17; Gv.3,15; 2Col. 11,3; e Apocalisse
12.E solo nell’Apocalisse riacquista il simbolo presente nel Genesi. Rileggere
quello che dice Jung del simbolo “Serpente”.
7.
Nell’analisi transazionale c’è un capitolo molto importante: i miti
insiti nel pensiero dell’uomo. Il primo: qualcuno può farmi star bene, qualcuno
può farmi star male. Secondo: quella circostanza può farmi star bene quell’altra
farmi star male. Sono detti miti perché non c’è nessuna persona e nessuna
circostanza, se noi non vogliamo, capace di cambiare il nostro modo di essere. E’
solo nell’illusione che qualcosa che non sia la mia volontà possa cambiare la mia
visione della vita.
8.
Il ruolo delle donne e la sua importanza lo troviamo, per esempio,
nella Lettera agli Ebrei, nelle eroine della Bibbia come Ruth, Giuditta, Ester…;
il cap. 11 della Lettera agli Ebrei fa una ottima sintesi di personaggi biblici che
hanno attualizzato la storia della salvezza, comprese le donne.
140
LA BIBBIA ha ragione
9.
LETTERA ENCICLICA Deus Caritas Est del sommo Pontefice
BENEDETTO XVI Ai Vescovi ai Presbiteri e ai Diaconi alle Persone consacrate e
a tutti i Fedeli laici sull’amore cristiano. Libreria Editrice Vaticana. Città del
Vaticano 2006.
10. Milton, il Paradiso perduto. Troviamo in letteratura la continua
tentazione a cui è sottoposto l’uomo da satana: potrai riavere ciò che hai perduto
e cioè l’eterna giovinezza. Vedi il Faust di Goethe, il Mefistofele e altre opere
che ricalcano questo tema.
11. <<8Stefano intanto, pieno di grazia e di fortezza, faceva grandi
prodigi e miracoli tra il popolo. 9Sorsero allora alcuni della sinagoga detta dei
"liberti" comprendente anche i Cirenei, gli Alessandrini e altri della Cilicia e
dell'Asia, a disputare con Stefano, 10ma non riuscivano a resistere alla sapienza
ispirata con cui egli parlava. 11Perciò sobillarono alcuni che dissero: "Lo
abbiamo udito pronunziare espressioni blasfeme contro Mosè e contro Dio". 12E
così sollevarono il popolo, gli anziani e gli scribi, gli piombarono addosso, lo
catturarono e lo trascinarono davanti al sinedrio. 13Presentarono quindi dei falsi
testimoni, che dissero: "Costui non cessa di proferire parole contro questo luogo
sacro e contro la legge. 14Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno
distruggerà questo luogo e sovvertirà i costumi tramandatici da Mosè".
15E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissando gli occhi su di lui, videro
il suo volto come quello di un angelo.
1Gli disse allora il sommo sacerdote: "Queste cose stanno proprio così?".
2Ed egli rispose: "Fratelli e padri, ascoltate: il Dio della gloria apparve al nostro
padre Abramo quando era ancora in Mesopotamia, prima che egli si stabilisse in
Carran, 3e gli disse: Esci dalla tua terra e dalla tua gente e va' nella terra che io
ti indicherò. 4Allora, uscito dalla terra dei Caldei, si stabilì in Carran; di là, dopo
la morte del padre, Dio lo fece emigrare in questo paese dove voi ora abitate,
5ma non gli diede alcuna proprietà in esso, neppure quanto l'orma di un piede,
ma gli promise di darlo in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui,
sebbene non avesse ancora figli. 6Poi Dio parlò così: La discendenza di Abramo
sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per
quattrocento anni. 7Ma del popolo di cui saranno schiavi io farò giustizia, disse
Dio: dopo potranno uscire e mi adoreranno in questo luogo. 8E gli diede
l'Alleanza della circoncisione. E così Abramo generò Isacco e lo circoncise
l'ottavo giorno e Isacco generò Giacobbe e Giacobbe i dodici patriarchi. 9Ma i
patriarchi, gelosi di Giuseppe, lo vendettero schiavo in Egitto. Dio però era con
lui 10e lo liberò da tutte le sue afflizioni e gli diede grazia e saggezza davanti al
faraone re d'Egitto, il quale lo nominò amministratore dell'Egitto e di tutta la
sua casa. 11Venne una carestia su tutto l'Egitto e in Canaan e una grande
miseria, e i nostri padri non trovavano da mangiare. 12Avendo udito Giacobbe
che in Egitto c'era del grano, vi inviò i nostri padri una prima volta; 13la seconda
volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e fu nota al faraone la sua
origine. 14Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua
parentela, settantacinque persone in tutto. 15E Giacobbe si recò in Egitto, e qui
egli morì come anche i nostri padri; 16essi furono poi trasportati in Sichem e
posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di
Emor, a Sichem. 17Mentre si avvicinava il tempo della promessa fatta da Dio ad
Abramo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, 18finché salì al trono d'Egitto
un altro re, che non conosceva Giuseppe. 19Questi, adoperando l'astuzia contro
141
LA BIBBIA ha ragione
la nostra gente, perseguitò i nostri padri fino a costringerli a esporre i loro figli,
perché non sopravvivessero. 20In quel tempo nacque Mosè e piacque a Dio; egli
fu allevato per tre mesi nella casa paterna, poi, 21essendo stato esposto, lo
raccolse la figlia del faraone e lo allevò come figlio. 22Così Mosè venne istruito
in tutta la sapienza degli Egiziani ed era potente nelle parole e nelle opere.
23Quando stava per compiere i quarant'anni, gli venne l'idea di far visita ai suoi
fratelli, i figli di Israele, 24e vedendone uno trattato ingiustamente, ne prese le
difese e vendicò l'oppresso, uccidendo l'Egiziano. 25Egli pensava che i suoi
connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi
non compresero. 26Il giorno dopo si presentò in mezzo a loro mentre stavano
litigando e si adoperò per metterli d'accordo, dicendo: Siete fratelli; perché vi
insultate l'un l'altro? 27Ma quello che maltrattava il vicino lo respinse, dicendo:
Chi ti ha nominato capo e giudice sopra di noi? 28Vuoi forse uccidermi, come
hai ucciso ieri l'Egiziano? 29Fuggì via Mosè a queste parole, e andò ad abitare
nella terra di Madian, dove ebbe due figli. 30Passati quarant'anni, gli apparve
nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto
ardente. 31Mosè rimase stupito di questa visione; e mentre si avvicinava per
veder meglio, si udì la voce del Signore: 32Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di
Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Esterrefatto, Mosè non osava guardare.
33Allora il Signore gli disse: Togliti dai piedi i calzari, perché il luogo in cui stai
è terra santa. 34Ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito il loro
gemito e sono sceso a liberarli; ed ora vieni, che ti mando in Egitto. 35Questo
Mosè che avevano rinnegato dicendo: Chi ti ha nominato capo e giudice?,
proprio lui Dio aveva mandato per esser capo e liberatore, parlando per mezzo
dell'angelo che gli era apparso nel roveto. 36Egli li fece uscire, compiendo
miracoli e prodigi nella terra d'Egitto, nel Mare Rosso, e nel deserto per
quarant'anni. 37Egli è quel Mosè che disse ai figli d'Israele: Dio vi farà sorgere
un profeta tra i vostri fratelli, al pari di me. 38Egli è colui che, mentre erano
radunati nel deserto, fu mediatore tra l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e i
nostri padri; egli ricevette parole di vita da trasmettere a noi. 39Ma i nostri padri
non vollero dargli ascolto, lo respinsero e si volsero in cuor loro verso l'Egitto,
40dicendo ad Aronne: Fa' per noi una divinità che ci vada innanzi, perché a
questo Mosè che ci condusse fuori dall'Egitto non sappiamo che cosa sia
accaduto. 41E in quei giorni fabbricarono un vitello e offrirono sacrifici all'idolo
e si rallegrarono per l'opera delle loro mani. 42Ma Dio si ritrasse da loro e li
abbandonò al culto dell'esercito del cielo, come è scritto nel libro dei Profeti:
43Mi avete forse offerto vittime e sacrifici
per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele?
Avete preso con voi la tenda di Mòloch,
e la stella del dio Refàn,
simulacri che vi siete fabbricati per adorarli!
Perciò vi deporterò al di là di Babilonia.
44I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come
aveva ordinato colui che disse a Mosè di costruirla secondo il modello che
aveva visto. 45E dopo averla ricevuta, i nostri padri con Giosuè se la portarono
con sé nella conquista dei popoli che Dio scacciò davanti a loro, fino ai tempi di
Davide. 46Questi trovò grazia innanzi a Dio e domandò di poter trovare una
dimora per il Dio di Giacobbe; 47Salomone poi gli edificò una casa. 48Ma
l'Altissimo non abita in costruzioni fatte da mano d'uomo, come dice il Profeta:
49Il cielo è il mio trono
e la terra sgabello per i miei piedi.
Quale casa potrete edificarmi, dice il Signore,
142
LA BIBBIA ha ragione
o quale sarà il luogo del mio riposo?
50Non forse la mia mano ha creato tutte queste cose?
51O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre
opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi.
52Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli
che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti
traditori e uccisori; 53voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non
l'avete osservata". 54All'udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano
i denti contro di lui. 55Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissando gli occhi al
cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra 56e disse: "Ecco, io
contemplo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio".
57Proruppero allora in grida altissime turandosi gli orecchi; poi si scagliarono
tutti insieme contro di lui, 58lo trascinarono fuori della città e si misero a
lapidarlo. E i testimoni deposero il loro mantello ai piedi di un giovane,
chiamato Saulo. 59E così lapidavano Stefano mentre pregava e diceva: "Signore
Gesù, accogli il mio spirito". 60Poi piegò le ginocchia e gridò forte: "Signore, non
imputar loro questo peccato". Detto questo, morì.>> At. 6, 8-15; 7, 1-60.
12. La domanda cosa c’è dopo la morte è una domanda pertinente, a
volte angosciante, soprattutto se rapportato a un senso di giustizia. Se ci sarà
un’altra vita per ciascuno di noi certamente sarà preceduto da un giudizio. Non
sarebbe giusto, infatti, che avessimo tutti lo stesso premio o castigo, come
d’altronde capita anche tra i vivi. Questo concetto di giustizia lo troviamo, ad
esempio, anche presso gli Egizi nella “pesatura dell’anima” del defunto. Perciò,
se esiste un’altra vita, e secondo me esiste per l’argomento di convenienza, non
dimostrabile scientificamente, può essere riassunto così: a che ci serve
conoscere, se poi questa conoscenza ritorna in polvere? Si potrebbe rispondere
che serve per il progresso dell’umanità. Ma al singolo individuo non può
importar di meno se la sua conoscenza ha contribuito al bene di tutti se poi la
fine è senza ritorno. Suppongo perciò che l’uomo non è destinato a una fine
definitiva. Ultimamente ho letto un libro di GRANT& JANE SALOMON dal
titolo Le prove scientifiche della vita dopo la morte, Mondolibri spa, Milano
2001. Pensavo fosse una cosa seria, ma in realtà sembra solo la descrizione di
sedute spiritiche senza un minimo di prova scientifica. Quindi non essendoci
prove scientifiche, resta sempre, per me, quella di convenienza.
13. Quello che penso della morte l’ho sintetizzato in questa
poesia:<<Morte,/realtà dal volto scuro/ incubo di chi vive,/a te io mi rivolgo/e
invoco,
alfine!/Non
ho
paura/della
tua
falce
inesorabile,/che
aspetto/liberatrice dei miei affanni./Quando s’aprirà su me/il tuo
sipario/finalmente troverò/risposta ai miei perché:/luce da te m’aspetto/e
libertà./Come vespro delicato/che sul giorno/da occidente scende,/così su me
verrai:/in quella sera/(atomo di tempo)/io tornerò com’ero/e sarò per
sempre./Delle emozioni/vedrò la fine/e coglierò i frutti./Delle mie
paure/vincerò i perché./Dei miei amori/scoprirò la dolcezza/di una
eternità./Disseterai,/come montana fonte,/del sapere la mia sete/e della
realtà/diventerò signore./<<Non hai timore/che a te appresso/tutto sia
vano/e ogni tua speranza/sol dal nulla sarà ricolmo?>>/Se dal dubbio/tutto
questo è avvolto,/anche allora di te/sarò sicuro/perché‚ tu, Morte,/non puoi
tradire./Il tuo lessico/(che sa di macabro)/tutt’altro acquisterà
significato:/MORTE sarà uguale a VITA/OMBRA sarà sinonimo di LUCE/E
GIUSTIZIA finalmente/Regnerà con LIBERTÀ’./T’invoco, Morte,/Mentre al
143
LA BIBBIA ha ragione
regno della Vita/Appartengo ancora./Come mortale non sfuggirò/all’angoscia
del tuo appressarti,/ma ho certezza della tua lealtà./Ti affronto a viso
aperto/e certo leale sarà il nostro incontro./T’aspetto, Morte,/come
s’attende/l’arrivo d’un’amante,/per saper completo/il mio sapere./T’aspetto
sulla cima/dove risplende LUCE/più luce della LUCE.>>
14.
Vedi capitolo I, nota 138.
15. Queste situazioni dovrebbero tener conto del concetto oggettivo di
libertà, non di un concetto emotivo della stessa libertà. E’ ovvio che se
prendiamo in esame l’accezione di libertà come “posso fare quello che voglio”,
allora posso uccidere o uccidermi, abortire, rubare… ma non si capisce perché ci
siamo dati una legge che proibisce di uccidere, per esempio. Volutamente non
faccio riferimento al Decalogo biblico. Se non possiamo uccidere per nessun
motivo, significa che non abbiamo ontologicamente la “libertà” di uccidere, e
questo basta per farci capire che la nostra non è libertà assoluta. Invocare il fatto
di legittimare l’aborto con la motivazione che non credo nei principi “religiosi”,
mi sembra riduttivo. Come se uccidere una vita, in embrione o adulta che sia,
rientri solo nel concetto religioso di peccato e non, invece, con una visione più
ampia, nel concetto umano di reato. Legge elaborata, cioè, dall’uomo sociale.
Pensiamo se potesse nascere un sindacato degli embrioni! Neanche credo che
portare argomenti pseudo-scientifici, che dicono che la vita ha inizio dopo un
certo periodo di tempo dal concepimento, come se fosse possibile cambiare la
sostanza delle cose, siano argomenti accettabili. Bisognerebbe avere il coraggio
di dire: “Mi fa comodo pensare e agire così”, e non trincerarsi dietro l’ipocrisia
di una pseudo-scienza. Come ho detto in precedenza, in teoria l’uomo può fare
tutto: la guerra, la pace, dare la vita e dare la morte. Ma se ne deve assumere la
completa responsabilità delle conseguenze, personali e sociali. Di questi
comportamenti può non renderne conto alla giustizia umana, ma non al giudizio
della propria coscienza, e al giudizio di Dio. La Chiesa, quando parla di bioetica,
ci ricorda solo questo. Poi, ciascuno è libero di ascoltare o non ascoltare.
(Ricordare l’esempio del volantino, lecito, che recita contro i panificatori,
distinto dai comportamenti violenti, proibiti, contro di essi, nel libro Libertà di
J. S. MILL).
144
LA BIBBIA ha ragione
APPENDICE 2
La Parola.
Come anticipato, la parola non è solo una parte naturale che
appartiene all’uomo, la parola è la prima fonte di conoscenza e
quindi di progresso e di sviluppo.
Gli studiosi dell’evoluzione ci possono spiegare come la cavità
orale dell’uomo si è evoluta nel tempo rendendolo capace di
articolare suoni differenziati.1 Gli studiosi di fisica possono spiegarci
il meccanismo fisiologico della parola: emettere dei suoni
differenziati che cavalcano le onde presenti nell’atmosfera,i quali si
trasmettono per via aerea, e poi, per mezzo della complicata
fisiologia dell’orecchio, ritornano al cervello dell’altro (o degli altri),
che elabora quei suoni percependoli così come sono stati emessi e
con lo stesso “significato acustico” dell’emittente, in un arco di un
tempo brevissimo. Non sempre, però, con lo stesso significato di
contenuto.2 Tutto opera delle sinapsi, invece, per quanto riguarda il
meccanismo del parlare e dell’ascoltare.
I grammatici ci possono spiegare come mai queste parole
vengono usate grammaticalmente in modo esatto attribuendo a
ogni parola una definizione particolare che le colloca in una parte
ben definita del discorso grammaticale e sintattico. Questo studio,
però, viene dopo la parola stessa. Tanto è vero che un bambino, non
in età scolare, pur non conoscendo la grammatica, quando parla sa
usare il soggetto, il verbo e il complemento nella maniera giusta.
Anche se i suoi genitori fossero degli analfabeti. Questa è la
dimostrazione che esistono leggi strutturali innate e appartengono
alla natura dell’uomo prima ancora dell’apprendimento. Le regole
che soprassiedono all’uso della parola e della lingua di riferimento
sono state codificate dopo, dagli studiosi. La parola e le sue regole,
invece, sono precedenti allo studio di essa.
Tutti gli studiosi della parola l’hanno sezionata in modo tale che
oggi alcune parole le conosciamo dall’origine fino all’evoluzione
odierna.3
Ma in definitiva, quello che si vuole sapere è il perché l’uomo
“parla” e gli altri animali emettono solo dei suoni. In una parola: che
significa parlare.4
In questa prima riflessione tralasciamo l’uso della scrittura e la
sua “invenzione” che ci ha consentito di non farci perdere le parole,
anche se qui è d’obbligo citare la distinzione del De Saussure tra la
langue e la parole: cioè ci sono pervenuti, ad esempio, i segni scritti
145
LA BIBBIA ha ragione
(la langue) delle lingue “morte”, ma non la realizzazione orale di quei
segni, cioè la parole.
Dopo queste premesse è possibile fare riferimento alla Bibbia.
Prima di tutto, nella Bibbia, Dio crea con la Parola.
<<In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era deserta e
vuota; le tenebre ricoprivano l’abisso e sulle acque aleggiava lo
Spirito di Dio. Dio disse:”sia la luce”, e la luce fu.>> (Gn. 1, 1-3)
Lo scrittore usa con una naturalezza tale la frase “Dio disse” da
sembrare una cosa normale che uno dica una cosa e quella cosa
incominci ad esistere.
In realtà, se ci fermiamo a pensare, quando parliamo, l’effetto
psicologico che abbiamo è che quelle parole che usiamo sembrano
oggetti con i quali stiamo riempiendo una stanza, uno spazio. Cioè
parlare, fare un discorso, può sembrare, come riempire un vuoto con
degli oggetti importanti, tanto è vero che pensiamo che l’altro abbia
saputo mettere al giusto posto quello che abbiamo detto. Anche noi
abbiamo, perciò, la sensazione che creiamo qualche cosa con le
parole: un concetto, un ordine, un discorso articolato, un libro.
Usiamo le parole per farci capire, per comunicare. Ad esempio,
le parole “Torno questa sera”, hanno l’effetto di tranquillizzare chi
riceve il messaggio, perché fino a questa sera deve stare tranquillo
anche se non lo vede. E il concetto di “tornare” e quello di “questa” e
ancora di “sera” sembra veramente riempire il tempo psicologico che
intercorre dal momento della pronuncia di quelle parole fino alla
sera, e si ha veramente l’impressione di aver riempito uno spaziotemporale che ci garantisce serenità. L’effetto di quelle parole
corrispondono a una rassicurazione e a una sicurezza. E’ un altro
aspetto psicologico.
Perciò, come ho detto, se non ci fermiamo a riflettere che Dio
dica “sia la luce” e la luce diventa luce, ci può sembrare o una cosa
normale, o leggere quella frase come si legge una favola. In realtà
dobbiamo tener presente che dire “Sia la luce” per Dio, nella Bibbia,
equivale non a descrivere un fenomeno, ma a dar vita a un
fenomeno, iniziare un fenomeno che sarà così per sempre.
La differenza tra la parola di Dio che “trae dal nulla” un
fenomeno, e la nostra parola è che la parola di Dio è ciò che evoca,
la nostra descrive solo il fenomeno, e lo simbolizza con un segno
orale o scritto con la finalità di rendere possibile orientarci nella
foresta delle cose che ci circondano e permetterci di classificarle.
E’ come il critico d’arte, l’artista e l’opera d’arte.
E allora di nuovo la domanda: cosa è la parola?
E ancora, lo scrittore biblico se ne rendeva conto?
Si potrebbe pensare che non ci sarebbe la parola se l’uomo non
avesse i sensi che gli fanno percepire la realtà. I sensi, però, ce
146
LA BIBBIA ha ragione
l’hanno anche gli animali, e non per questo parlano. Non sono
sufficienti i soli sensi per spiegarne l’esistenza.
Oltre alle definizioni date fin qui, possiamo aggiungere che la
parola è figlia del pensiero.
Non ci sarebbe parola se non ci fosse a monte un pensiero. Al
contrario di ciò che dice Darwin: <<Possiamo credere con piena
fede che l’uso continuato e il progresso di questa potenza [la parola]
deve aver reagito sulla mente rendendola atta sempre meglio a
formare una lunga catena di pensieri.>>
Il passaggio da ciò che esiste alla descrizione di ciò che esiste, da
parte dell’uomo, è il fenomeno che va spiegato.
Mentre Dio “dice”, e tra quello che “dice” e quello che
immediatamente “diventa” non c’è nessuna mediazione, per l’uomo
c’è:
• la mediazione dei sensi che raccolgono percezioni suoni e
immagini;
• del pensiero che elabora un comando;
• del meccanismo fisiologico che esplicita il tutto in un
suono articolato, orale o scritto e in genere con un
significato.
Però un conto è descrivere ciò che avviene, altra cosa è dire ciò
che la parola è in sé.
Ci potrebbe aiutare il fenomeno della percezione come è
descritta dalla Gestalt: mettere in evidenza una figura rispetto allo
sfondo. E cioè: la mente attraverso i sensi percepisce una forma, es.
albero, e ha la necessità di archiviare quella forma (metterla sullo
sfondo), per poi passare ad un’altra forma, esempio il colore
dell’albero, verde, e così via. Nasce il vocabolario, ma non ci
chiarisce ancora l’essenza.
La parola per l’uomo sembra non essere altro che la sintesi di un
oggetto trasformato in un simbolo, acustico o scritto, che ne contiene
il significato che resta comunque identico in quella lingua, fino a
quando la lingua stessa non si trasforma.
Ma perché questo accade per l’uomo e non per gli altri esseri
viventi?
Cosa ha di speciale l’uomo rispetto al resto del creato?
Per gli evoluzionisti la risposta è nella selezione naturale: ci
deve essere necessariamente una gerarchia naturale all’interno del
creato. E Darwin liquida l’argomento con queste parole:<< Il fatto
che le scimmie più elevate non adoperano i loro organi vocali per
parlare dipende senza dubbio dacché la loro intelligenza non ha
sufficientemente progredito. Il possesso per parte loro di organi che
con una lunga e continua pratica avrebbero potuto acconciarsi
147
LA BIBBIA ha ragione
all’uso della parola, sebbene non mai adoperati a questo scopo, può
esser messo a paro col fatto di tanti uccelli che posseggono gli
organi propri del canto, eppure non cantano mai. Così l’usignuolo
ed il corvo hanno organi vocali somigliantemente costrutti, il primo
li adopera in varie fogge di gorgheggi, e l’altro solo a
gracchiare.>>5 Secondo Darwin è una questione di intelligenza.
Penso proprio di no, con tutto il rispetto per Darwin, come sto
dicendo.
E’ l’uomo che cerca le risposte. Alla maggioranza del genere
umano può anche non interessare tutto questo discorso, perché
inconsapevolmente ci si affida al corso naturale delle cose: si parla,
si agisce, si vede, si sente ecc. ma non ci si sta a preoccupare del
perché e del come.
Ma non per tutti è così, per fortuna.
Quando l’uomo entra in questa spirale della ricerca dei perché
allora vorrebbe conoscere tutto per dare una spiegazione a tutto. E’
come nella fase evolutiva del bambino quando entra nella fase del
perché.
Per cercare una risposta plausibile, però, dobbiamo tornare
ancora alla Bibbia. Se Dio usa la parola, ciò significa che ci deve
essere una specie di simbiosi tra la materia e ciò che la descrive e la
conosce.
Dio è un essere spirituale che attraverso la parola dà vita alla
materia, anzi pare che Lui sia la Parola. E’ come se il suo pensiero
con la parola si materializzasse.
Pensate a quanto sarebbe bello se potessimo inventare una
macchina che scrive disegna, dipinge e quant’altro, mentre noi
pensiamo, e lo faccia esattamente corrispondere al progetto, al
quadro, al libro così come il nostro pensiero lo genera.
In fondo è quanto è stato possibile a Dio: il pensiero crea, e la
parola materializza il pensiero.
Ma come ha fatto lo scrittore biblico a sintetizzare così bene
questo concetto? Io faccio fatica a cercare di descrivere i passaggi
che avvengono nel mio pensiero, voi certamente fate fatica a
seguirmi, lo scrittore biblico se la cava in due parole: “Dio disse”.
Per farci capire che non è stato solo un caso fortunato o
l’intuizione di un momento, lo scrittore biblico non elabora o spiega,
no, ma avanti in modo semplice e veloce, e ad ogni realtà diversa
ripete le stesse parole “Dio disse”.
Per completare, fa notare la differenza tra la parola di Dio e
quella dell’uomo, semplicemente, senza spiegazioni, quando più
avanti scrive:
<<Il Signore Dio disse:”Non è bene che l’uomo sia solo: gli farò
un aiuto simile a lui”. Il Signore Dio formò dalla terra tutti gli
148
LA BIBBIA ha ragione
animali della campagna e tutti gli uccelli del cielo e li condusse ad
Adamo per vedere con quale nome li avrebbe chiamati, poiché il
nome che egli avrebbe loro imposto sarebbe stato il loro nome.>>
(Gn. 1, 18-19).
Questa interpretazione non l’ho trovata scritta in nessun libro.
Questo passaggio biblico, però, è fondamentale.
La realtà ormai esiste, e l’uomo riceve da Dio la facoltà di
“chiamare” ogni cosa con il suo “nome”, anzi l’uomo è talmente
autonomo in questo uso della parola che non riceverà correzioni da
parte di Dio, perché Dio accetterà qualsiasi nome imposto a qualsiasi
cosa dall’uomo.
La stessa domanda: lo scrittore nello scrivere questo pensiero è
autonomo (cioè è frutto di una sua intuizione) o è veramente ispirato
da Dio che vuole farci conoscere come veramente sono andate le
cose?
In altre parole, perché la Bibbia, prima ci presenta un Dio che
crea con la parola, e poi la stessa parola viene affidata all’uomo per
designare le cose? Perché usata da Dio è parola creatrice, e poi, usata
dall’uomo, diventa solo designazione degli oggetti o delle idee?
Credo sia importante questo ricorso alla Bibbia, se vogliamo
aggiungere qualcosa di nuovo a quanto detto e scritto finora sulla
parola.
E’ vero che possiamo interpretare il racconto come se fosse un
racconto mitologico, ma i concetti, ripeto, non appartengono al mito
ma alla più complessa delle realtà umane: il pensiero, la parola e la
consapevolezza.
Nel mito di Deucalione e Pirra, le pietre lanciate dietro la
schiena dagli stessi personaggi si trasformano immediatamente e
diventano uomini. Non credo, onestamente, che potremmo
soffermarci a descrivere questo fenomeno come abbiamo fatto per la
parola, perché è evidente che non c’è nessun rapporto con la realtà
estrinseca o intrinseca della natura umana, ma solo un modo
fantastico per spiegare la nascita di tanti uomini. Non so se si
percepisce la differenza tra un racconto e l’altro. A me sembra
evidente.
La parola, che cos’è? Dico in se stessa nella sua essenza, non
nella descrizione del fenomeno.
Se dovessi prendere la Bibbia come libro rivelato6 bisognerebbe
dire che la parola, insieme al pensiero e alla coscienza, sono gli
elementi che garantiscono la veridicità dell’altra frase
biblica:<<Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza>>,
attribuita dallo scrittore a Dio nel momento di completare l’opera
della creazione, e cioè il “sesto giorno” quando creò l’uomo.
149
LA BIBBIA ha ragione
Leggendo le parole della Bibbia e tenendo presenti le cattiverie
pensate dette e fatte dagli uomini, facciamo fatica a pensare che
l’uomo, che usa la stessa parola, quella che all’inizio egli ha usata con
l’ordine di Dio, sia ancora la somiglianza e l’immagine di Dio, che
concepiamo (anche se non tutti) come un Essere capace solo di bene.
Se analizziamo meglio, però, la somiglianza non è, chiaramente,
nell’immagine fisica, non è nei comportamenti o nella facoltà
creatrice, ma nelle facoltà di pensare-dire-essere coscienti. E’ per
questo che le parole dell’uomo possono essere “pensieracci” e
“parolacce”, per via, sempre, della libertà, acquisita con la
conoscenza del bene e del male..
Sono questi gli elementi essenziali, le facoltà contenute nella
natura di Dio che sono stati trasferiti nella natura umana, a qualsiasi
essere vivente che possa essere annoverato in questa categoria.
Categorie che appartengono, quantomeno, a una riflessione di
sospensione da un giudizio definitivo, come abbiamo evidenziato nel
rispondere alla domanda: chi è l’uomo?
Anche queste riflessioni sono tratte da un linguaggio che può
essere mitologico, ma poi si rivela contenere non una favola ma
concetti reali e verificabili al vaglio della riflessione e delle scienze
linguistiche. Non c’è nulla di numinoso nel racconto biblico. Tutto
sembra semplice e naturale. E’ questa la caratteristica delle
affermazioni bibliche. La parola nella Bibbia non è solo fisicità
(flatus vocis), è anche trascendenza, pur nella sua semplicità
strutturale.
Per completare la nostra riflessione sulla parola, bisogna
affrontare l’argomento “segno-simbolo.”
Kant afferma che la parola è una categoria a priori che fonda la
società. Come sono categorie a priori tempo e spazio, pensiero e
quant’altro. Kant afferma che queste categorie essendo a priori,
sono caratterizzanti da sempre la specie “homo”. E’ vero, ma dà per
scontato, o meglio non se ne occupa, né de suoi meccanismi e né dei
suoi significati. Sono a priori, quasi fossero esclusi dalla ricerca
scientifica. Ci sono e basta.
Che cosa è un segno? Una definizione che può aiutarci a
sondare meglio il problema è quella che recita che il segno è “quella
cosa, vedendo la quale, ci fa pensare ad un’altra cosa.” L’esempio
potrebbe essere: se vedo il fumo, penso al fuoco.
• Questo segno lo cataloghiamo come segno naturale,
infatti sia il fumo che il fuoco esistono in natura. E allora
estrapoliamo già una prima categoria di segni: il “segno
naturale.”
• Abbiamo anche un’altra categoria di segni e sono quelli
inventati da noi, che chiamiamo “segni convenzionali.” Ad
150
LA BIBBIA ha ragione
esempio il codice stradale: sono segni inventati per
facilitare la realizzazione immediata di un concetto, di un
ordine, una informazione, ecc. altrimenti difficile da
capire con immediatezza con il solo uso della parola.
• Una terza categoria di segni è il “segno simbolico.” E’ quel
segno il cui significato è intrinseco all’oggetto preso come
simbolo. Ad esempio se regalo un fiore, non è tanto il fiore
in sé che conta, ma quanto il valore intrinseco che il fiore
rappresenta: “Ti voglio bene”.
• A questo punto possiamo affermare che la parola è un
segno sì, ma del tutto particolare.
A quale categoria, infatti, delle tre, essa appartiene?
Appartiene alla categoria dei segni naturali perché la parola fa
parte della natura stessa dell’uomo.
Appartiene alla categoria dei segni convenzionali in quanto,
come già detto in precedenza, non c’è nessun rapporto con la realtà
in quanto la parola non è un simbolo unico per tutti, ma varia a
secondo della lingua di appartenenza. E’ un codice inventato? La
lingua fa parte di quelle strutture innate nella natura stessa
dell’uomo, con la capacità di trasformarsi nel tempo. Anche se è
possibile inventare una lingua di sana pianta.7
E, infine, appartiene anche alla categoria del simbolo, sia
parlato che scritto.
Per quanto riguarda il simbolo parlato, la possiamo definire
come “immagine acustica”. Per quanto riguarda il simbolo scritto lo
possiamo riferire al segno convenzionale detta scrittura o “immagine
scritta”. Cioè significa che essa (la parola parlata o scritta) ha il
potere di evocare nella mente l’immagine o l’idea che essa contiene.
Simboli (parlati o scritti) che variano, però, da lingua a lingua, che
permette a noi uomini di non perderne il significato.
Perciò possiamo affermare che la parola è il segno per
eccellenza (riguardo alla sua realizzazione grafica o sonora), ed è
anche il simbolo per eccellenza (riguardo al significato).
A questo punto, propongo questa definizione:
La parola è un segno immediato ed economico che permette
all’uomo di rendere intelligibile la realtà, sia quella che cade sotto i
sensi, sia quella che esprimiamo con concetti astratti, elaborando il
nostro pensiero. Immediato in quanto la parola rende subito
intelligibile la realtà, sensoriale e non. Economico in quanto non ci
obbliga a portare con noi gli oggetti di cui vogliamo parlare.
Non solo, attraverso la parola posso trasformare la realtà. La
parola, infatti, è lo strumento principale della facoltà associativa
151
LA BIBBIA ha ragione
dell’intelligenza, che consente all’uomo di manipolare e trasformare
la realtà che lo circonda.
La definizione di parola che dà il De Saussure è questa:<<Una
porzione di sonorità che è, ad esclusione di ciò che precede e di ciò
che segue nella catena parlata, il significante di un certo
concetto.>>8
Gli strutturalisti parlano di una mente umana come tabula rasa
nella quale esistono solo le potenzialità di apprendere un linguaggio.
Questo è certamente vero perché se uno nasce in un paese e fin
da subito viene portato in un altro paese imparerà quella lingua,
come avrebbe appresa la sua lingua se fosse restato nel luogo
d’origine. Oppure può apprendere contemporaneamente le due o più
lingue. Questo significa che noi abbiamo fin da subito (portando il
concetto all’estremo, fin dalla vita embrionale, come d’altronde
afferma il Lipton) le capacità strutturali per l’apprendimento di
qualsiasi lingua e di qualsiasi cosa a prescindere da quello che
abbiamo appreso dopo, con l’esperienza. Perciò queste strutture
innate non sono legate al luogo d’origine, ma sono inizialmente fuori
del tempo e dello spazio. Queste strutture sono predisposte a che
tutta la realtà diventi intelligibile attraverso il segno e il simbolo. E’
nel determinismo della creazione.
Equivale all’ordine biblico dato ad Adamo: <<Ora io ti faccio
passare davanti tutte le cose e tu gli darai un nome.>> Cioè
renderai intelligibili le cose e i concetti attraverso dei simboli.
Possiamo azzardare che in queste parole bibliche, oltre la
trascendenza, possiamo intravvedere un principio scientifico? Io
ritengo di si.
La Bibbia parla ancora della Parola e della Lingua nell’episodio
della “Torre di Babele” con un significato piuttosto morale e non
strutturale come in Gn. 2,19.
Concludendo questa lunga riflessione sulla parola, mi pare di
poter dire che essa è l’elemento fondamentale nella complessa
struttura umana, che non appartiene alla semplice evoluzione della
materia, come già detto; non appartiene a un’entità che, per ripetere
ancora Lidtz, può essere collocata dentro il cranio. Si esplicita, è
vero, con meccanismo fisiologico ma non appartiene alla sola fisicità
e materialità. La facoltà di parlare viene localizzata spazialmente
nell’area di Broca, nel cervello, che chiaramente ne è il supporto.
Essa, in realtà, sintetizza l’intera capacità intellettiva e razionale
dell’uomo. E’ l’elemento senza il quale, l’uomo non sarebbe uomo. E’
l’elemento primordiale sul quale si costruisce tutto il resto della
categoria uomo. E’ la realizzazione simbolica, ma concreta nello
stesso tempo, del pensiero.
152
LA BIBBIA ha ragione
Con questo credo che ancora non ho risposto alla domanda che
cosa è la parola in sé, nella sua sostanza, così dicasi della coscienza, e
del pensiero. Posso affermare, però, che oltre che ad essere
caratteristiche dell’essere uomo, esse trovano un appiglio a ciò che
afferma il Genesi.
Che, in definitiva, è quello che cerco di provare con questo
scritto.
Richiamo, per comodità, il pensiero di Jung: <<L’uomo usa la
parola parlata o scritta per esprimere il significato di quello che
egli vuole comunicare. Il suo linguaggio è pieno di simboli, ma egli
spesso fa uso anche di segni o di immagini che non sono descrittivi
in senso stretto. (…) Ciò che noi chiamiamo simbolo è un termine,
un nome, o anche una rappresentazione che può essere familiare
nella vita di tutti i giorni e che tuttavia possiede connotati specifici
oltre al suo significato ovvio e convenzionale. Esso implica qualcosa
di vago, di sconosciuto o di inaccessibile per noi. (…) Perciò una
parola o un’immagine è simbolica quando implica qualcosa che sta
al di là del suo significato ovvio e immediato. Essa [la parola riferita
alla spiegazione di un simbolo] possiede un aspetto più ampio,
<<inconscio>> che non è mai definito con precisione o
compiutamente spiegato. Né si può sperare di definirlo o spiegarlo.
Quando la mente esplora il simbolo, essa viene portata a contatto
con idee che stanno al di là delle capacità razionali.>>9
La domanda, che cosa è la parola in sé, resta aperta. La Bibbia
ce ne dà una ragione assolutamente fuori del mito, e ben radicata
nella realtà oggettiva. E, se non ce ne scandalizziamo, scientifica.
CONCLUSIONE FINALE.
Arrivati alla fine di questo scritto le conclusioni che si possono
trarre sono queste:
Partendo dal presupposto che nella Bibbia è possibile ritrovare
la verità sulla storia del cosmo e dell’uomo, abbiamo argomentato
cercando nella realtà della ragione la prova dell’ipotesi. E cioè che
l’uomo possa essere arrivato sulla terra come cellula nella quale era
già inscritta la sua storia iniziale e le conseguenze di quella storia. E’
questo che abbiamo ravvisato nel libro della Genesi.
Abbiamo cercato di argomentare che la storia inscritta nella
cellula “uomo” corrisponde alla storia della salvezza contenuta
nell’intera Bibbia. Preparazione nell’A.T. e realizzazione nel N.T.
Questa storia, ormai compiuta con la storia di Cristo, è partita
dal Popolo Ebreo ed ha ancora una sua consequenzialità nella
Religione Cristiana, alla quale è passato il testimone per diffonderne
la conoscenza all’intera umanità.
153
LA BIBBIA ha ragione
Nel secondo capitolo abbiamo cercato di confutare la tesi del
Dawkins che sostiene che è possibile provare l’inesistenza di Dio.
Abbiamo visto come le sue prove, la maggior parte di ordine
emotivo e sociologico non hanno nulla di scientifico. Il suo
argomentare scientifico con la teoria darwiniana non produce un
argomento inoppugnabile. Quelle filosofiche non sono consistenti in
quanto non sembra riuscire a smontare S. Tommaso e S. Anselmo.
Così, anche per quanto riguarda la critica alla “Bibbia”, egli non
adduce assolutamente un argomento che si possa avvicinare a un
tentativo di smontarla dal punto di vista scientifico. Le prove
scientifiche sono prove ipotetiche, per cui anche lui a un certo punto
deve riconoscere che questa realtà non si può basare sul nulla. Noi,
al contrario, abbiamo accettato l’evoluzionismo e il Bing Bang come
parte sostanziale del determinismo storico della Creazione, e
rivalutato Darwin che cita non una sola volta la parola creatore, ben
9 volte e senza parentesi.
Una delle prove che, a nostro parere, è più efficace per
dimostrare la nostra tesi di fondo è quella del peccato consumato per
una libera scelta. La libertà è diventata l’arbitro della storia
dell’uomo da quel momento in poi. Fino ad oggi. Fino a che l’uomo
sarà presente sulla terra. Storia contenuta in elementi simbolici
riconducibili all’inconscio collettivo e agli archetipi di Freud e di
Jung.
La Parola. E’ l’elemento più importante, insieme al pensiero e
alla coscienza per dimostrare che l’uomo appartiene a una specie
particolare all’interno di tutto il creato. Sono elementi intrinseci
nella natura umana che non sono spiegabili con l’immanenza, il
meccanicismo e il materialismo del corpo umano. Non sono
pienamente spiegabili neanche con l’evoluzione, come si può vedere
leggendo Darwin. La frase che chiarisce il tutto è quella di
Lidtz:<<La mente non sta certamente dentro il cranio.>> Per noi,
queste altissime facoltà come le definisce Darwin, sono prove della
trascendenza dell’uomo. Aspettiamo una prova scientifica
inoppugnabile, simile, ad esempio, alla scoperta della radio di
Marconi, (che non è un’ipotesi), che possa smentire la trascendenza
presente nella natura umana. La ricerca in atto a Losanna potrebbe
smentire questa tesi. Siamo in attesa di una sua realizzazione
scientificamente seria come lo è stata la scoperta della radio. La
storia della Parola è tutta contenuta nella Bibbia, sia Antico che
Nuovo Testamento.
Saremo ben lieti, se i teoremi sulla inesistenza di Dio (Dawkins,
Augias e gli altri) venissero dimostrati con prove inconfutabili, prove
scientifiche, non supposizioni. Non prove sociologiche o emotive che
riguardano il Vaticano o le Religioni. Abbiamo cercato di distinguere
154
LA BIBBIA ha ragione
bene la Religione dall’esistenza scientifica di Dio. Non abbiamo
paura della Verità. E neanche del confronto. Ho più volte ricordato
che è il comando dato dal Creatore all’uomo è conoscere la nostra
origine e conoscere l’origine del tutto. Far questo significa obbedire
al Creatore. Nessuno può aver paura della Verità. Essa, afferma
Gesù, ci farà liberi.
Questo è il risultato di questo libro. Noi abbiamo cercato di
dimostrare che la Bibbia contiene il “progetto intelligente”. Agli altri
dimostrare seriamente che la Bibbia è solo un libro come tanti.
Riflettendo sul metodo annunciato all’inizio, dico che per
restargli fedele, ho cercato di spezzettare le affermazioni: cercare
piccole verità sulle quali poter essere tutti d’accordo e arrivare così a
trovare dei punti in comune. Anche se spesso questo può aver reso il
testo un po’ pesante e qualche volta ripetitivo. Non so se il tentativo
è stato centrato, ma l’intento era quello.
155
LA BIBBIA ha ragione
Note Appendice 2
1.
<<Il linguaggio [inteso come capacità dell’uomo di parlare] come
fatto evolutivo: Il linguaggio, da distinguersi dalla vocalizzazione, come mezzo
di comunicazione di concetti astratti, è una caratteristica tipicamente umana.
Anche se esiste un’indubbia correlazione fra linguaggio ed encefalo, è di
particolare interesse localizzare i centri cerebrali connessi con questa attività.
Tutti sanno che cos’è l’area del Broca ed è noto l’interesse che le nozioni
frenologiche hanno destato nella seconda metà del secolo scorso e nella prima
metà dell’attuale. Ma queste concezioni settoriali della suddivisione
dell’encefalo hanno fatto il loro tempo. Autorevoli ricerche hanno dimostrato
che il cervello è una rete di sistemi funzionalmente integrati e non una
collezione di subaree relativamente autonome. È difficile stabilire il tempo della
comparsa del linguaggio, in quanto non esistono prove archeologiche che
direttamente lo dimostrino. Il linguaggio deve tuttavia essere comparso quasi
improvvisamente quando sia lo sviluppo biologico sia quello sociale raggiunsero
un punto critico. Nell’evoluzione dell’encefalo degli Ominidi si possono
distinguere tre successivi eventi. Durante la prima fase australopitecina
dell’evoluzione umana (da 4 a 1 milione di anni fa) hanno predominato
cambiamenti nel comportamento sociale, legati principalmente all’acquisizione
della deambulazione bipede e a variazioni nella costituzione endocrina, dovuti
anche al variato regime alimentare. Una conseguenza delle variazioni endocrine
è stata l’estensione del periodo di maturazione postnatale, che, rispetto alle
Antropomorfe, doveva già essere incrementato di un terzo (da 8 a 12 anni).
Questi cambiamenti, specialmente l’ultimo, devono avere incrementato
l’influenza dell’ambiente sullo sviluppo del sistema nervoso centrale e ne
devono avere condizionato il processo di riorganizzazione. Queste variazioni
devono poi essersi rafforzate e raffinate durante il secondo periodo della fase
australopitecina dell’evoluzione umana, la cosiddetta fase dell’Homo habilis,
finché nella fase tarda dell’Homo erectus, fino alla fase neandertaliana e
sapiens, si svilupparono ulteriori capacità culturali, e il cervello subì un notevole
incremento di dimensioni. Durante questo periodo inoltre un’interazione
positiva fra adattamenti comportamentali all’ambiente e variazioni biologiche
deve aver accelerato l’evoluzione di entrambi. Tuttavia, perché una funzione così
intricata ed elaborata come il linguaggio possa divenire possibile, è necessario
che esista un substrato neurale sufficientemente complesso. Mentre questo deve
essersi creato attraverso un lungo processo di selezione naturale, le connessioni
neuroniche si sono stabilite sotto la pressione dell’ambiente sociale. Ma in che
modo l’ambiente sociale ha agito su una delle più importanti funzioni biologiche
del cervello umano e attraverso quale meccanismo queste si sono fissate durante
le ultime fasi dell’antropogenesi? In www.sapere.it. Ammesso che tutto ciò sia
scientificamente vero, questo processo ci spiegherebbe solo la capacità
fisiologica di articolare parole, ma non ci spiega cos’è la parola e per quale
meccanismo non fisiologico essa ci ha dato la capacità di rendere consapevole la
realtà
2.
Questa specificazione è d’obbligo, perché se riuscissimo a percepire
anche l’esatto significato inteso dall’emittente non ci sarebbero tanti fraintesi
che portano a litigi, drammi e tragedie dovute al fatto di non essersi capiti.
Questo è uno dei tanti aspetti psicologici della parola e anche un suo limite.
156
LA BIBBIA ha ragione
3.
Gli studiosi dell’origine del linguaggio umano, uno tra i primi,
Platone, ipotizzano che le parole hanno avuto origine per imitazione dei suoni
naturali. Ad esempio, dice Platone, le parole che contengono la “r” sono quelle
che danno il senso del movimento: correre, scorrere, ecc. E così via. Anche
Darwin prova a spiegare l’origine del linguaggio:<< La formazione di linguaggi
differenti e di specie distinte, e le prove che gli uni e le altre si sono andati
sviluppando con un graduato processo sono in singolar modo le stesse. Ma
possiamo segnare l’origine di molti vocaboli molto più indietro di quello che non
sia pel caso delle specie, perché possiamo vedere come siano veramente derivati
dall’imitazione di certi suoni. Noi trovammo in linguaggi distinti notevoli
omologie dovute alla comunanza di origine, ed analogie dovute ad un
somigliante processo di formazione. Il modo in cui certe lettere o suoni mutano
quando altri mutano è veramente come un accrescimento correlativo. In ambi i
casi noi abbiamo il raddoppiamento di parti, gli effetti di una lunga e continua
abitudine, e così avanti. La frequente presenza di rudimenti, tanto nelle lingue
quanto nelle specie, è ancor più notevole. Nella lingua inglese la lettera m nel
vocabolo am significa Io; cosicchè nell’espressione I am (io sono) si è
conservato un rudimento superfluo e inutile. Parimente nel sillabare le parole
sovente rimangono certe lettere come rudimenti di antiche forme di pronunzia.
Le lingue, come gli esseri organici, possono venire classificate in gruppi e sotto
gruppi; e si possono anche classificare naturalmente secondo l’origine ed
artificialmente per altri caratteri. Le lingue e i dialetti dominanti si sparsero
largamente e furono causa della graduata estensione di altre lingue.>> In
DARWIN, C., L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso, p.38. Ma se
questo può essere vero per alcune parole, per le altre no. Inoltre gli studiosi ci
dicono, ad esempio, che le attuali lingue romanze derivano originariamente
dalla lingua sanscrita, trasformata in greco e successivamente in latino.
Comunque per un corso di linguistica si rimanda ad autori come De Saussure, e
altri. E’ evidente che ci troviamo in difficoltà a dare la spiegazione vera a queste
domande. Per integrare il pensiero di Darwin aggiungo questa lunga
citazione:<< Per ciò che riguarda poi l’origine del linguaggio articolato, dopo
aver letto per una parte le interessantissime opere del signor Hensleigh
Wedgwood, del rev. F. Farrar, e del prof. Schleicher, e dall’altra le celebri letture
del professore Max Müller, non posso mettere in dubbio che il linguaggio deve
la sua origine alla imitazione e modificazione aiutata dai segni e dai gesti dei
vari suoni naturali, delle voci degli altri animali, e delle grida istintive dell’uomo.
Quando parleremo della scelta sessuale vedremo che l’uomo primitivo, o meglio
alcuni dei primi progenitori di esso, adoperavano grandemente la loro voce
come fanno oggi le scimmie ilobati, producendo cadenze musicali, cioè
cantando: potremo quindi conchiudere da una estesa analogia, che questa
attitudine si sarà esercitata particolarmente durante gli amori dei sessi,
servendo ad esprimere varie emozioni, come l’amore, la gelosia, il trionfo, e
venendo anche adoperata per sfidare i rivali. L’imitazione di grida musicali
fatta con suoni articolati deve avere dato origine a vocaboli esprimenti
svariate e complesse emozioni. Mentre la voce si andava sempre più
adoperando, gli organi vocali debbono essersi man mano rinforzati e
perfezionati pel principio degli effetti ereditari dell’esercizio, e ciò può avere
reagito sulla facoltà di parlare. Ma la relazione tra l’uso continuato del
linguaggio e lo sviluppo del cervello deve essere stata indubbiamente molto più
importante. Le potenze mentali di alcuni fra i primi progenitori dell’uomo
debbono essere state molto più sviluppate di quello che siano in nessuna
scimmia esistente oggi; prima anche che fosse adoperata qualunque, per quanto
157
LA BIBBIA ha ragione
imperfetta forma di linguaggio; ma possiamo credere con piena fede che l’uso
continuato e il progresso di questa potenza deve aver reagito sulla mente
rendendola atta sempre meglio a formare una lunga catena di pensieri. (…)
L’intimo legame che esiste fra il cervello come è oggi sviluppato in noi e la
facoltà di parlare è benissimo dimostrato in quelle curiose malattie del cervello
nelle quali vien lesa particolarmente la parola, come per esempio quando si
perde la memoria dei sostantivi, mentre le altre parole si pronunciano
correttamente. Non vi è maggior improbabilità a ciò che gli effetti dell’uso
continuo degli organi della voce e della mente siano ereditati, di quello che lo sia
la scrittura, che dipende in parte dalla conformazione della mano, e in parte
dalla disposizione della mente; ed è certo che la facoltà calligrafica si eredita. Le
lingue, come gli esseri organici, possono venire classificate in gruppi e sotto
gruppi; e si possono anche classificare naturalmente secondo l’origine ed
artificialmente per altri caratteri. Le lingue e i dialetti dominanti si sparsero
largamente e furono causa della graduata estensione di altre lingue. Una lingua,
come una specie, osserva sir C. Lyell, una volta estinta non ricompare più. La
stessa lingua non ha due patrie. Linguaggi distinti possono incrociarsi e
confondersi insieme. Noi osserviamo che ogni lingua varia sempre, e nuovi
vocaboli si formano continuamente; ma siccome vi è un limite alla potenza della
memoria, certi vocaboli isolati, come certi linguaggi interi, vanno gradatamente
estinguendosi. Come osserva con molta ragione Max Muller: “Ferve una
continua lotta per la vita fra i vocaboli di tutte le lingue. Le forme migliori più
brevi, più facili, acquistano sempre maggior credito, e vanno debitrici del loro
successo alla loro propria inerente virtù”. A queste cause più importanti della
prevalenza di certi vocaboli si potrebbe anche aggiungere la novità; perchè nella
mente dell’uomo v’ha un amore potente per mutare tutte le cose. Il sopravvivere
o il conservarsi di certi vocaboli fortunati nella lotta per l’esistenza è scelta
naturale. La costruzione perfettamente regolare e meravigliosamente complessa
delle lingue di molte nazioni barbare è stata sovente addotta come prova, o
dell’origine divina di quelle lingue, o dell’arte elevata e della primitiva civiltà dei
loro fondatori. Così F. di Schlegel scrive: “In quelle lingue che sembrano essere
nell’infimo grado di coltura intellettuale, noi osserviamo frequentemente un
altissimo ed elaborato grado di arte nella loro struttura grammaticale. Questo è
specialmente il caso coi Baschi ed i Lapponi, e molti dei linguaggi americani”.
Ma è certamente un errore considerare qualunque linguaggio come un’arte nel
senso che sia stato elaborato e metodicamente formato. Ora i filologi
ammettono che le coniugazioni, le declinazioni, ecc. esistevano in origine come
distinti vocaboli, e che poi furono riunite assieme; e siccome cosiffatti vocaboli
esprimevano le più ovvie relazioni fra gli oggetti e le persone, non dobbiamo
meravigliarci che siano stati adoperati dagli uomini di moltissime razze durante
i primi secoli. (…) Da queste poche ed imperfette osservazioni concludo che la
costruzione regolare e sommamente complessa di molte lingue barbare non è
una prova che esse siano state originate da un atto speciale di creazione.
Neppure, come abbiamo veduto, la facoltà di articolare la parola non offre in se
stessa una obiezione insuperabile alla credenza che l’uomo siasi sviluppato da
qualche forma inferiore.>> pp. 36-40 Darwin cerca, accostando ipotesi ad
osservazioni, che il linguaggio è spiegabile con l’evoluzione. Devo ripetere la
differenza che c’è tra linguaggio e parola. Darwin ipotizza che la parola nasce
per imitazione e per dare significato alle emozioni. Anche ammesso che sia così,
non spiega sufficientemente (il motivo è solo un fatto di intelligenza) perché
negli animali più evoluti non è avvenuto questo passaggio. Resta sempre
comunque da spiegare la nascita di questo simbolo acustico che non serve solo a
158
LA BIBBIA ha ragione
comunicare oggetti ma idee e concetti astratti. Darwin ipotizza che sono le
potenze mentali superiori dell’uomo rispetto agli altri animali il cui
continuativo ha permesso all’uomo di parlare. Finché si tratta di articolare
parole siamo d’accordo, ma la parola in sé non è solo articolazione di suoni.
Resta sempre e comunque difficile da spiegare il pensiero che Darwin accenna
appena e che, secondo lui, viene dopo la parola.
4.
Per integrare questa appendice fare riferimento a quanto scritto nel I
capitolo.
5.
DARWIN, C. L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso, p.
38.
6.
Io credo che la Bibbia, essendo un insieme di libri, soggetti a un
canone diverso secondo le varie religioni che lo adottano, essi contengono delle
idee che non sempre sono frutto solo di intuizioni umane, ma è un libro unico
nel suo genere che vuole comunicarci dei contenuti prossimi alla verità
trascendente e strutturale della natura umana. Anche se è insieme epopea,
storia e cultura di un popolo che crede di essere stato scelto da questo Dio… e
contiene anche un progetto: la salvezza.
7.
BAUSANI ALESSANDRO, Le lingue inventate. Ubaldini, Roma,
1974.
8.
In MILANI, GERARDO, Da Saussure a Jakobson. La teoria della
lingua e della poesia. www.filosofia.it.
9.
In JUNG, C.G., L’uomo e i suoi simboli. Ed. TEA, Milano 2009. pp. 5-
6.
159
LA BIBBIA ha ragione
BIBLIOGRAFIA.
AGNOLI FRANCESCO, Perché non possiamo essere atei. Il
fallimento dell’ideologia che ha rifiutato Dio, Ed. Piemme, Casale
Monferrato, 2009.
ARISTOTELE, Metafisica XII.
AUGIAS, C., I segreti del Vaticano. Storie, luoghi, personaggi
di un potere millenario, Mondadori, Milano 2010.
AUGIAS C., CACITTI R., Inchiesta sul Cristianesimo. Come si
costruisce una religione, Mondadori, Milano 2008.
AUGIAS C., MANCUSO V., Disputa su Dio e dintorni,
Mondadori, Milano 2009.
AUGIAS C., PESCE M., Inchiesta su Gesù, Mondadori, Milano
2006.
BAGET BOZZO, G., Profezia. Il cristianesimo non è una
religione, Mondadori, Milano 2002.
BART D. EHRMAN, Gesù non l’ha detto. Millecinquecento anni
di errori e manipolazioni nella traduzione dei vangeli, Mondadori,
Milano 2007.
BAUSANI ALESSANDRO, Le lingue inventate, Ubaldini, Roma,
1974.
BENEDETTO XVI. Lettera Enciclica “Deus Caritas Est” del
sommo Pontefice Benedetto XVI ai Vescovi ai Presbiteri e ai Diaconi
alle Persone consacrate e a tutti i Fedeli laici sull’amore cristiano.
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2006.
BENEDETTO XVI, Luce del mondo. Il papa, la Chiesa e i segni
dei tempi. Una conversazione con Peter Seewald, Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano, 2010.
COCCIA EDMONDO, I Nipotastri di Voltaire. Fango sulla
Chiesa, Fede & Cultura, Verona 2010.
BULTMANN, R.K. Nuovo testamento. Il manifesto della
demitizzazion,. Queriniana, Brescia 1970.
BULTMANN R., Nuovo Testamento e mitologia. Il manifesto
della demitizzazione. Saggio introduttivo di Italo Mancini. Oltre
Bultmann. 7˚ edizione. Queriniana [s.a., Brescia].
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA. Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 1992.
CICERONE, “Somnium Scipionis”. [nel De Republica]
DARWIN, C., Sulla origine delle specie per elezione naturale
ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per
l’esistenza. Traduzione di Giovanni Canestrini. Edizioni <<A.
Barion>> della Casa per Edizioni popolari – S.A. Sesto San Giovanni
(Milano), [s.a.]
160
LA BIBBIA ha ragione
DARWIN, C., L’origine dell’uomo e la scelta in rapporto col
sesso. Traduzione di Michele Lessona. A. Barion Editore, Sesto San
Giovanni 1926.
DAWKINS, R., L’illusione di Dio. Le ragioni per non credere,
trad. di Laura Serra, Mondadori, Milano 2008.
DELAY J., PICHOT P., Compendio di psicologia, GiuntiG.Barbera, Firenze 1975.
DENNETT DANIEL C., Coscienza. Che cos’è, trad. di Lauro
Colasanti, illustrazioni di Paul Weiner, Laterza, Roma-Bari 2009.
DESCARTES, RENÉ, Discorso sul metodo, La Nuova Italia,
Firenze, 1932.
DIZIONARIO DELLA LINGUA ITALIANA, Copyright 1997,
Giunti Gruppo Editoriale, Firenze.
DIZIONARIO DI PSICOLOGIA, a cura di Wilhelm A., Eysenck
H.J., Meili R.. Ed. Paoline. [s.c., 1975].
ENCICLOPEDIA DEL CRISTIANESIMO, De Agostini, Novara
1977.
ENCICLOPEDIA DELLA FILOSOFIA E DELLE SCIENZE
UMANE, Istituto Geografico De Agostini, Novara 2000.
ERIKSON, E. H.,
Il giovane Lutero. Studio storicopsicoanalitico, Roma 1967.
FLEW, ANTONY, Dio esiste. Come l’ateo più famoso del mondo
ha cambiato idea, Alfa e Omega, Caltanisetta 2010.
FRANKL, VIKTOR E., Dio nell’inconscio. Psicoterapia e
religione, Morcelliana, Brescia 1977, 2 Ed.
FREUD, S., Al di là del principio del piacere, trad. di A.M.
Marietti e R. Colorni, Boringhieri, Torino 1975.
FREUD, S., Totem e Tabù e altri saggi di antropologia. Saggio
introduttivo di Flavio Manieri, Newton Compton, Roma 1977.
GIOVANNI PAOLO II, Redemptor Hominis, Veritatis
Splendor, Fides et Ratio, Università degli Studi di Roma Tor
Vergata, Roma, 1999.
GRANT& JANE SALOMON, Le prove scientifiche della vita
dopo la morte, Mondolibri, Milano, 2001].
HILGARD E.R., Psicologia, corso introduttivo, Giunti-Barbera,
Firenze 1971.
KANT, I., La fine di tutte le cose, Bollati-Boringhieri, 2006.
IL FONDACO DI MICROMEGA, DIO ESISTE? Joseph
Ratzinger, Paolo Flores d’Arcais. Un confronto su verità, fede,
ateismo. Suppl. al n. 2/2005 di MicroMega (rivista bimestrale).
Gruppo editoriale l’Espresso.
JUNG, C.G. L’uomo e i suoi simboli, TEA, Milano, 2009.
KÖLER, W., Il posto del valore in un mondo di fatti, GiuntiBarbera, Firenze 1969.
161
LA BIBBIA ha ragione
LA BIBBIA DI GERUSALEMME, Centro Editoriale Devoniano
(via Nosadella, 6 - Bologna – IT), Bologna 1991, (decima edizione).
LA BIBBIA CONCORDATA, Mondatori 1968, vol. I-II.
LEVY-BRUHL L., Psiche e società primitive. Introduzione di
Salvatore Lener. Newton Compton, Roma 1975.
LEVI V., I misteri del cervello. Appunti di uno psichiatra.
Editori Riuniti in coll. Con le Ed. Mir, Roma 1973.
LIDZ T., La Persona umana. Suo sviluppo attraverso il ciclo
della vita, Astrolabio, Roma, 1971.
LINDEN D. J., La mente casuale. Come l’evoluzione del cervello
ci ha dato l’amore, la memoria, i sogni e Dio. Centro Scientifico
Editori, Torino 2009.
LIPTON B.H., La biologia delle credenze. Come il pensiero
influenza il DNA, Macro Edizioni, Diegaro di Cesena 2008.
MILANI GERARDO, Da Saussure a Jakobson, La teoria della
lingua e della poesia. www.filosofia.it.
MILTON J., Il Paradiso perduto, Mondadori 2004.
MIRCEA ELIADE, Trattato di Storia delle Religioni,
Boringhieri, Torino 1976,
NUZZI G.L., Vaticano S.P.A., Ed. Chiare Lettere, Milano 2009.
ODIFREDDI P., Il Vangelo secondo la scienza. Le religioni alla
prova del nove, Einaudi, Torino 2005.
ODIFREDDI P., Perché non possiamo essere cristiani (e meno
che mai cattolici), Longanesi, Milano 2007.
ODIFREDDI P., In principio era Darwin. La vita, il pensiero, il
dibattito sull’evoluzionismo. Longanesi, Milano 2009.
ODIFREDDI P., Hai vinto, Galileo! La vita, il pensiero, il
dibattito su scienza e fede, Mondadori, Milano 2009.
ODIFREDDI P., SABELLI FIORETTI C., Perché Dio non esiste,
Aliberti, Reggio Emilia 2010.
ODIFREDDI P., C’era un volta il paradosso. Storie di illusioni e
verità rovesciate, Einaudi, Torino 2006.
RENDENA CLAUDIO, L’oro del Vaticano, New Compton,
Roma 2010.
RUSSEL BERTRAND, Perché non sono cristiano. Longanesi &
C., Firenze 1960.
SABATINI-COLLETTI, Dizionario italiano.
SAUSSURE, FERDINAND DE, Corso di linguistica generale.
Introduzione, traduzione e commento di Tullio De Mauro, Laterza,
Bari 1972.
STUART MILL J., La Libertà, prefazione di E. Galli della
Loggia, Corriere della Sera, RCS Libri, Milano 2010.
TART C.T, Stati di coscienza, Astrolabio, Roma 1977.
162
LA BIBBIA ha ragione
TEILHARD DE CHARDIN P., Il fenomeno umano, Ed. il
Saggiatore, Milano 1968.
TOMMASO D’AQUINO, Vita, pensiero, opere scelte. Collana “I
Grandi filosofi”. Ed. Il sole 24 Ore, Officine Grafiche Calderini,
Ozzano Emilia 2006.
VANNICELLI P. L., Storia delle Religioni. Introduzione
generale. L’offerta delle primizie a Dio Essere Sommo, Editrice
Civiltà, Brescia 1973.
VERGOTE. A., Psicologia Religiosa. Introduzione e traduzione
di Norberto Galli, Borla Editore, Torino 1967.
WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D., Pragmatica
della comunicazione umana, Astrolabio, Roma 1971.
WIENER N., “Time, communication, and the Nervous system”,
in <<Teleological Mechanism>>, a cura di R.W. Miner, Annals of
the N.Y. Academy af Sciences, vol. 50, Art. 4, pp. 197-219, 1947.
SITI INTERNET.
http://www.windoweb.it/guida/medicina/epigenetica.htm.
http://www.lacaverna.it/caverna/mito.htm.
http://www.windoweb.it/guida/medicina/epigenetica.htm.
http:/www.filosofia.it.
http://it.wikipedia.org/wiki/Psiche.
http://www.riflessioni.it/enciclopedia/empirismo.htm
http:/www.riflessioni.it/enciclopedia/empirismo.htm
http:/www.igor patruno.it
http:/www.sapere.it
http:/www.esistenza-dio.com/PaginaVideoDefinizioni.jsp
http://www.giovaniemissione.it/testimoni/botesti.htm
http://lgxserver.uniba.it/lei/rassegna/021207a.htm
http://digilander.libero.it/moses/habermasbase.html
http://digilander.libero.it/moses/habermas01.html
http://www.caffeeuropa.it/pensareeuropa/276habermas.html
http://www.gravita-zero.org/2009/02/buon-bicentenario-mrdarwin.html
http://www.deastore.com
http://zvanen.essedici.it/prosp_teol_protestante/biografie/lutero.h
tml
http://www.narkas.org/IT/index.php?option=com_content&task=v
iew&id=18&Itemid=27.
Nota:
Le parentesi quadre, all’interno delle note, indicano i miei
commenti .
163
LA BIBBIA ha ragione
INDICE ANALITICO
A
A.T.
5; 10; 23; 28; 40; 119
Abele
81
Aborto
74; 136; 143
Abram, personaggio biblico 26; 27
Abramo, personaggio biblico 4; 25;
26; 27; 40, 49; 80, 81; 120; 125;
134; 174
Accumulo 16; 18; 38; 52; 62; 64; 69
Adamo, personaggio biblico 4, 27;
31; 32; 33; 55; 76; 81; 129; 130;
133; 134; 139; 148; 151
Ade
38; 119
Adler A.
89
Aeterni Patris, Bolla pontificia 68
Agnoli F.
63; 35; 70; 95
Agnostico
69
Aialon
67
Akenaton, faraone
81
Alcolismo
60
Alighieri, Dante
20; 69
Alito Vitale
33
Alleanza 26; 27; 39; 40; 81; 94; 121;
140
Allport G.
123
Amore 17; 60; 61; 77; 84; 108; 133;
140; 156; 152
Amorreo
67
Amos, profeta
139
Anassagora
52
Anassimandro
52
Anassimene
52
Anfilov G.
103
Angela A.
52
Angeli
37; 49; 75; 142
Angelo
140; 141
Anglicana, Scuola
69
Anima 37; 38; 44; 46; 47; 48; 49;
50; 53; 61; 66; 74; 77; 79; 93; 95;
98; 101; 103; 104; 142
Animal rationale
42
Anime
26;54;79
Animismo
25; 111
Anselmo d’Aosta
112; 114; 115
Antimateria
105
Antropia
9; 29; 56; 70; 72
Antropico, principio,
16; 38; 60;
117; 118
Antropologia
11; 50
Antropologismo
25; 39; 81
Antropomorfi
42
Antropomorfismo
17; 74
Antropomorfo
81
Apocalisse
32; 75; 131; 139
Apokatastasis
76
Aran
26
Arca
48
Archeologia
11
Archetipo35; 38; 50; 76; 80; 86; 87;
124; 138; 139
Archetipa, idea
87
Archetipi 25; 35; 36; 37; 41; 76; 77;
80; 81; 86; 124; 135; 153
Arianna, filo di
36; 37; 50; 89
Aristotele
71; 81; 93; 103; 124
Aristotelismo
67
Aronne
141
Ascensione
5
Asia
140
A-spaziale34; 35; 36; 38; 39; 41; 42;
50; 86; 134; 135
Assiro-Babilonesi
24
Associazioni mentali
72
Astrazione
63; 72; 73; 85
Atarassia
39
Ateismo
56; 62; 74; 93; 122
A-temporale 34; 35; 36; 37; 38; 39;
41; 42; 50; 86; 134; 135
Atomistica, concezione
89; 90
Attenborough D.
9
Atti degli Apostoli
76
Augias C.
9; 55; 56; 111;
138; 153
164
LA BIBBIA ha ragione
Autodeterminazione
Autorità
Averno
35; 135
24; 28; 68
26
B
Babilonia
141
Baget Bozzo G.
94; 138
Bain A.
64
Barth K.
60; 92
Basilica di San Pietro
68
Bausani A.
158
Beavin J.H
59; 98
Behaviorismo
64
Benedetto XVI
133; 138; 140
Bereshit Barà Elohim
29
Bergson H.
71
Bersabea, personaggio biblico 48
Bertorelle G.
53
Boncinelli E.
95
Biester E.
68
Big Bang
62; 113; 116
Biologia 16; 17; 52; 58; 64; 65; 69;
70; 118
Blue Brain Project
61
Bobbio N.
74
Bohr N.
52; 71
Bonnot E., De Condillac,
63
Born M.
71
Boutroux E.
71
Brama, divinità
38
Breuer J.
92
Broca, area di
151
Brodo primordiale
42; 70; 71
Büchner G
73
Buddha
18
Bultmann, R.
5; 60; 92
C
Caillois R.
123
Caino, personaggio biblico
81
Caldei
26; 81; 140
Cambridge
69; 117
Campi Elisi
119
Canaan, località biblica 26; 27; 140
Caos
13; 14; 21; 23; 61
Carisma
28
Carran, località biblica
26; 140
Cartesio R.
19; 52; 71; 75; 125
Casualità 9; 12; 13; 56; 57; 59; 127
Categorie 4; 27; 29; 31; 50; 51; 63;
66; 73; 80; 88; 113; 119; 133; 136;
149
Cattolicesimo
67
Cattolici
28
Cattolico
53
Causa 9;11; 13; 16; 18; 19; 21; 27; 36;
38; 40; 41; 49; 54; 56; 57; 58; 59;
60; 65; 70; 71; 77; 81; 84; 85; 94;
98; 104; 106; 107; 112; 113; 122;
124; 127; 132; 156; 157
Causalità
12; 38; 56; 71
Cellula 17; 19; 22; 34; 36; 41; 42; 43;
44; 51; 65; 74; 75; 84; 103; 124;
134; 152
Cellule
9; 15; 17; 18; 65; 74
Cervello 44; 45; 47; 49; 52; 61; 74;
77; 90; 91; 97; 98; 100; 101; 102;
103; 108; 144; 151; 155; 157
Chiesa 4; 5; 9; 19; 20; 37; 53; 54; 55;
67; 68; 74; 76; 94; 98; 107; 108;
109; 137; 138; 143
Chomsky N.
83
Cicerone
47; 104
Cilicia
104
Cinismo
89
Circolo di Vienna
63
Circoncisione
140
Citomorfismo
17
Civiltà 87; 94; 99; 123; 137; 138; 157
Coccia E.
9; 94
Comportamenti. 15; 27; 49; 53; 84;
99; 139; 140
Comportamento 36; 43; 46; 57; 58;
59; 64; 68; 74; 95; 97; 98; 128;
130; 135; 137; 155
Concilio Vaticano I
20
Concilio Vaticano II
20
165
LA BIBBIA ha ragione
Conoscenza 22; 23; 24; 25; 41; 46;
52; 53; 58; 60; 63; 67; 75; 79; 82;
86; 99; 100; 106; 110; 116; 126;
129; 130; 142; 144; 149; 152
Consapevolezza 14; 17; 18; 24; 36;
42; 44; 46; 72; 73; 92; 99; 100;
106; 119; 134; 148
Copernico N.
19
Coscienza 10; 17; 22; 35; 36; 43; 46;
47; 50; 51; 52; 61; 72; 73; 74; 77;
78; 83; 85; 86; 87; 90; 91; 92; 96;
98; 99; 100; 101; 102; 103; 135;
136; 143; 148; 152
Cosmogonie
85
Cosmologia
69
Cournot A.
71
Creatore 5; 6; 12; 13; 19; 20; 26; 27;
29; 33; 35; 36; 38; 40; 41; 43; 53;
56; 65; 66; 69; 80; 102; 105; 106;
107; 108; 109; 110; 111; 115; 119;
122; 124; 125; 131; 138; 153; 154
Creazione 6; 10; 12; 13; 14; 19; 20;
21; 22; 23; 24; 27; 28; 29; 32; 33;
34; 37; 38; 39; 41; 43; 50; 54; 55;
62; 66; 67; 69; 70; 75; 76; 83; 84;
93; 94; 103; 104; 105; 110; 113;
114; 115; 118; 119; 121; 123; 126;
138; 148; 151; 153; 157
Creazionismo
13; 19; 21; 66; 116
Crick F.
15
Cristianesimo
46; 67; 69; 75; 83;
93; 94; 111; 119; 137; 138
Cristo 4; 5; 10; 23; 28; 32; 33; 40;
54; 61; 68; 76; 81; 93; 94; 119;
131; 132; 134; 135; 152
Croce
133
Cultura 5; 9; 47; 67; 80; 81; 86; 124;
155; 158
Culture
33; 48; 120
D
Darwin C. 12; 14; 15; 16; 18; 19; 20;
21; 35; 37; 50; 51; 54; 55; 56; 63;
64; 65; 69; 71; 72; 73; 77; 78; 80;
84; 85; 87; 106; 107; 115; 117; 122;
123; 146; 147; 153; 156; 158
Darwinismo 69; 106; 107; 108; 111;
116; 117; 118
Davide, re d’Israele 4; 40; 48; 142
Dawkins 7; 9; 16; 18; 21; 29; 39; 46;
52; 56; 59; 60; 62; 63; 64; 65; 69;
70; 74; 81; 82; 106; 107; 108; 110;
111; 112; 113; 116; 118; 119; 120;
121; 122; 123; 153
De Mauro T.
83
De Saussure F.
83; 144; 151; 156
Dei Filius, costituzione dogmatica
68
Delay J.
96
Demitizzazione
60
Democrito
52; 71
Dennett, D. C.
61; 65; 74; 88; 90;
100; 102; 103; 108
Descartes
67; 97
Determinismo
12; 13; 22; 31; 59;
60; 62; 71; 93; 121; 127; 128; 151;
153
Deucalione
84; 143
Deuteronomio
48
Diderot D.
71
Diluvio Universale 10; 26; 27; 81;
113
Dimensioni 33; 36; 39; 45; 63; 72;
115; 119; 136; 155
Dinosauri
52; 94
Disobbedienza
24; 35
Distorsione percettiva
36
Divina Commedia, la
69
Divinità 17; 18; 23; 24; 25; 28; 40;
67; 69; 94; 110; 111; 115; 123; 127;
141
DNA 15; 16; 17; 41; 42; 52; 53; 64;
69; 70; 94
Dogma
16; 17; 19; 28; 68; 95; 111
Dogmi
54; 74
Dolittle, dottor
17
Du Bois-Reymond E.
71
Dualismo
45; 48; 90; 98; 99; 102
166
LA BIBBIA ha ragione
E
Ebraica, cultura
47; 76
Ebraica, lingua
29
Ebraica, monarchia
24
Ebraica, religione
30; 40; 56
Ebraica, società
32; 133
Ebraismo
111
Eccles J.
101
Egitto
80; 125; 140; 141
Egiziana, religione
26; 110
Egiziana, storia
27
Einstein A.
52; 71; 115
Elia, profeta
48; 76
Eliopoli
61; 75; 81
Elohim
29; 80; 82
Embriologia
91
Embrione
34; 38; 74; 143
Emozioni
16; 45; 143; 156; 158
Empedocle
52
Empirismo
63; 64
Endocrinologia
95
Energia 50; 57; 58; 71; 83; 92; 97;
115
Entelechia
58
Epicuro
63
Epigenetica
17; 65
Eraclito
52
Eresia
21; 56; 74
Erfurt
60
Erikson E.H.
60
Eros
95
Es
89
Esperienza 23; 29; 52; 57; 63; 64;
82; 85; 86; 88; 91; 96; 97; 99;
101; 107; 116; 123; 124; 151
Essere Supremo
24
Ester, personaggio biblico
139
Eternità
5; 6; 26; 36; 68; 88; 115;
119; 125; 127; 134; 143
Etica
68
Etologia
95
Etrusca, religione
26
Eucariotica, cellula
75
Eutanasia
135
Eva, personaggio biblico 4; 33; 81;
130; 132; 133; 139
Evoluzionismo
14; 19; 20; 21; 54;
67; 71; 72; 110; 153
Eysenck H.J.
96
Ezechiele, profeta
49
F
Faraone
81; 110; 125; 140; 141
Faust
140
Fede 4, 5; 6; 9; 12; 18; 24; 28; 37;
39; 54; 55; 56; 60; 61; 62; 68; 69;
71; 74; 92; 93; 94; 108; 110; 118
Felicità 16; 17; 34; 38; 41; 47; 121;
127
Fenomeno 20; 22; 26; 42; 43; 44;
45; 46; 53; 54; 60; 65; 67; 70; 87;
88; 91; 95; 99; 105; 109; 110; 118;
119; 123; 128; 145; 146; 148
Ferrara, università di
52; 53
Fideismo
68
Fides et Ratio, enciclica
53
Filosofia 53; 58; 63; 71; 79; 81; 83;
98; 104; 119; 159
Fine, finalità 6; 32; 38; 40; 41; 47;
58; 68; 93; 96; 127; 138
Fisica 18; 42; 52; 57; 71; 75; 85; 106;
115; 117; 118; 136; 139; 144; 149
Flew A.
121; 122
Flores d’Arcais P.
62; 74; 93
Frankl V.
90
Franz Marie-Louise, von
103
Freud S. 23; 35; 36; 37; 46; 47; 57;
85; 86; 88; 89; 90; 91; 92; 123;
124; 153
G
Gabaon, località biblica
67
Galileo Galilei
19
Genesi
18; 35; 37; 48; 53; 64; 67;
69; 84; 85; 113; 139; 152
Genetica
16; 65
167
LA BIBBIA ha ragione
Geni
15; 16; 17; 18; 53; 65; 96
Geremia, profeta
139
Gestalt
64; 146
Gesù 4; 10; 18; 26; 28; 32; 40; 49;
81; 131; 140; 142; 154
Giacobbe, personaggio biblico 48;
49; 125; 140; 141; 142
Ginevra
71; 105
Gingerich O.
121
Giosuè, personaggio biblico 67; 141
Giovanni, evangelista 32; 40; 75;
84; 131; 132; 138
Giovanni Paolo II
53; 138
Giuda, regno di
24; 48
Giuditta, personaggio biblico 139
Giudizio 54; 77; 80; 105; 125; 132;
142; 143; 149
Giuseppe, personaggio biblico 140;
141
Giustizia 56; 132; 133; 140; 142; 143
Gnostici
31
Gomorra, località biblica
80
Gould S. J.
7; 62
Grant & Jane Salomon
142
Gravità 13; 46; 49; 66; 69; 107; 122;
126
Greci
58; 111; 138
H
Harvard, università
7; 121
Heisenberg W.
71
Hilgard E.R
96
Hobbes T.
83
Humani Generis, enciclica 54; 67
Hume D.
21; 56; 57; 59; 98; 113
Huxley J.
63
I
Illuminismo 19; 20; 21; 37; 67; 93
Immaginazione 57; 62; 73; 101; 122
Immagini simboliche
86
Immanente 25; 26; 38; 44; 45; 46;
47; 51; 59; 73; 88; 90, 109; 110;
119; 127; 138
Immanentismo
25; 81
Immanenza 44; 47; 51; 61; 88; 111;
118; 153
Immortalità
47; 48; 93
Impulsi
78; 84; 90; 95; 98
Impulsività
90
Impulso 18; 24; 48; 49; 68; 84; 98
Inconscio 35; 36; 37; 38; 41; 50; 83;
86; 87; 90; 94; 99; 124; 128; 130;
152; 153
Induismo
38
Infallibilità
28; 68
Infinito 21; 26; 36; 61; 65; 68; 88;
99; 106; 107; 112; 113; 115; 119
Inghilterra
31
Innatismo
64
Intelletto
68; 114; 115; 117
Intelligenza 14; 72; 96; 110; 111; 113;
146; 147; 151
Interazione
57; 58; 95; 155
Intrinseco
21; 29; 150
Iperuranio
26; 27; 34; 47; 79
Isacco, personaggio biblico 49; 125;
140; 141
Isaia, profeta
49; 139
Iside, divinità egizia
61
Islam
48
Ispirazione
28; 125
Israele
25; 27; 48; 67; 119; 141
Istinto
72; 73; 77; 78; 84; 86; 95;
107; 135; 137
Istituzione
4; 5; 28; 108; 105; 111
Italia
67, 70
J
Jackson D.D
59; 98
Jakobson R.
158
James W.
123
Jefferson T. Presidente degli Stati
Uniti
116
168
LA BIBBIA ha ragione
JHWH 24; 26; 27; 40; 80; 81; 82;
107; 133
Joab, personaggio biblico
48
Jung C.G 23; 25; 35; 36; 37; 43; 45;
47; 51; 58; 75; 76; 77; 79; 80; 81;
83; 85; 86; 87; 88; 96; 97; 99;
103; 118; 120; 124; 132; 139; 152;
153; 158
K
Kamikaze
137
Kant I. 63; 68; 77; 84; 85; 87; 88;
96; 125; 149
Keplero G.
71
Köler W. 21; 55; 59; 69; 82; 88, 96;
98
Königsberg
68
Kwait
81
L
Laico
39; 94
Lamentabili Sane Exitu, enciclica
67
Legge 9, 10; 13, 45; 65; 66; 68; 69;
70; 77; 83; 84; 98; 105; 107; 122;
126; 136; 140; 142; 143; 145
Lejeune J.
70
Leibniz G.W.
43; 71; 85; 125
Leonardo Da Vinci
53; 123
Lerner G.
62; 74; 93
Lettera ai Corinzi, prima
76
Lettera agli Ebrei 32; 135; 139; 140
Lettera ai Romani
60; 115; 138
Leucippo
71
Levy-Bruhl
123
Levi V.
43; 52; 97
Liberalismo
68
Libero arbitrio 12; 41; 60; 94; 127;
133
Libertà
10, 12; 25, 39; 40; 46; 55;
60; 61; 75; 80; 113, 115; 126, 127;
128; 129; 131; 132; 133, 134; 135,
136, 137; 138; 139; 142; 143; 149;
153
Lidtz T.
61; 100, 118; 151; 153
Linden D. J.
61; 74, 88; 97, 98
Lingua 29; 30; 31; 72; 78; 82; 83;
97; 104; 105; 144; 146; 150; 151;
156; 157; 158
Linguaggi
31, 41; 156; 157
Linguaggio 10; 22; 23; 24; 31; 33;
34; 36; 72; 75; 77; 78; 81; 82; 83;
86; 99; 139; 149; 151; 152; 155;
156; 157, 158
Lipton B.H 11; 15; 16; 21; 34; 41; 44;
47; 52; 64; 69; 70; 74; 88, 151
Liturgia
81
Logos
31, 32; 33; 53, 83; 84, 138
Lorenz K.
95
Losanna
61; 153
Lot, personaggio biblico
26
Lou Andreas-Salomè
37
Lutero M.
60
M
Maat
138
Maccabei
49
Macgrath A. E.
121
Mach E.
63; 64
Madian, località biblica
141
Magistero
54, 55; 67
Mancuso V.
55, 138
Marconi G.
25, 71; 153
Matematica
71; 83; 97
Materia 22, 26; 29; 30; 35; 36; 39;
44; 46; 49; 54; 55; 66; 73; 82; 90;
92; 97; 98; 99, 102; 103; 113; 119;
147; 151
Materialismo 38; 57; 68; 98; 102;
153
Matteo, evangelista
76
Meccanicismo
71; 103; 153
Mefisotfele
140
Meili R.
96
Memoria 36; 61; 63; 73; 82; 88; 91;
95; 102; 105; 118; 128; 157
169
LA BIBBIA ha ragione
Mente 7; 9, 18, 29; 35; 37; 39; 43;
46; 47; 49; 59; 60, 61; 62; 68; 72;
78; 80, 82; 83; 86; 87, 96; 97; 98,
99; 101; 102; 103; 108; 11; 118;
121; 124; 133; 146; 150; 151; 152;
153; 157
Mesopotamia
140
Metafisica
42; 81; 124; 126
Metapsicologia
37
Metariflessione
71
Metempsicosi
38
Metodo
66; 67; 72; 87; 108
Michea, profeta
139
Milani G.
158
Miller S.
70
Milton J.
94; 140
Miner R.W.
57
Mircea, E.
123
Mistero
4, 6; 60; 72; 88; 94; 95;
100; 101; 133
Mito
5; 23; 26; 36; 61; 75; 76; 79;
80; 84; 123; 135; 148; 152
Mito della caverna
26; 79; 80
Mitologia 4; 5; 23, 26; 86; 87; 110,
127; 134; 135
Mitra, divinità
81
Modello
17; 52; 57; 86; 87; 141
Modernismo
20; 67
Mòloch
141
Monarchia
24
Monod J.
62
Monogenismo
12; 34; 53; 54; 55
Monoteismo 25, 26; 27; 28; 80; 81;
110; 111
Moralità
46; 120
Morte
24, 28; 48; 49, 56; 60; 66;
68; 69; 76; 95; 105; 107; 119; 127;
129; 133; 134; 135; 140; 142; 143,
145
Mosè, personaggio biblico
4; 40;
49; 81; 104; 105; 125; 140; 141
Multiverso
117
Murri R.
67
N
N.T. 5; 23; 26; 33; 40; 49; 110; 134;
152
Natale, festa
75; 76
Naturalismo
89
Neanderthal
52; 53
Neopositivismo
64
Neurone
61
New York
137
New Orleans
61
Newton I.
52; 71; 85
Nilo, fiume
26
Noè, personaggio biblico
4; 40
Nostradamus
124
Noumeno
118; 119
Nulla 22; 29; 32; 33; 63; 82; 93;
105; 115; 118; 119; 143; 145; 153
Nuzzi G.L.,
9
O
Odifreddi P.
80; 82; 83; 85; 88
Onnipotenza
112; 113; 117; 126
Onniscienza 112; 113; 117; 126; 134
Ontologico
53; 114; 116
Oparin A.
70; 95
Origene
76
Oscurantismo
19; 37
Osiride, divinità
61
Oxford, università
121
P
Paleontologia
7; 11
Palestina
27
Paolo, apostolo 10; 56; 60; 81; 93;
115; 138
Paradiso
17
Paradiso Perduto 41; 94; 121; 134;
140
Paradiso Terrestre
33
Paradosso
88; 133
Parmenide
52
170
LA BIBBIA ha ragione
Parola 7; 22; 29; 30, 31, 32; 33; 35;
38; 39, 41; 43; 44; 45; 47; 48; 50;
51; 52; 65; 66; 69; 72; 78; 81; 82;
83; 84; 93; 96; 97; 98; 110; 115;
122; 123; 126; 132; 136; 138; 144;
145; 146; 147; 148; 149; 150; 151;
152; 153; 155; 156; 157; 158
Pascal B.
43; 93; 97; 116
Pascendi Dominici Gregis, enciclica
67
Pastor Aeternus,
costituzione
dogmatica
68
Patriarca
26; 27
Patriarchi
27; 140
Patto
26; 39; 40; 41
Peccato Originale
24; 33; 34; 35;
39; 40; 41; 50; 55; 85; 113; 126;
137; 138
Pentecoste
5
Percezione 45; 46; 64, 72; 87; 88;
96, 99; 106; 129; 138; 146
Percezioni
45; 85; 90; 100; 146
Personalità
4; 23; 24; 40; 46; 49;
55; 75; 93; 103
Piattelli Palmarini M.
65
Pichot P.
96
Pio IX, papa
68
Pio XII, papa
54
Pirra, personaggio mitologico 84;
148
Pitagora
52
Planck M.
71
Platone 26; 27; 34; 36; 38; 47; 71;
79; 80; 81; 93; 156
Poligenismo
12, 34; 55
Politeismo
25, 82; 111
Ponzio Pilato
59
Poppert K.
101
Preesistente 13, 20; 21; 29; 30; 54;
55; 61; 63; 105
Pre-evolutiva
34; 43
Pregiudizi
37; 55, 65; 69; 79; 115;
116; 121, 136
Pregiudizio
16; 103; 108
Preistorico
35; 47; 53; 86; 94
Pre-spaziale
34
Pre-temporale
34; 36
Principio di Indeterminazione
71
Processi inconsci
90; 91
Processi psichici
35; 87; 90
Progetto intelligente 5; 6; 9; 13; 20;
41; 56; 60; 61; 62; 66; 67, 70; 94;
106; 113; 116; 154;
Profeta
48; 141; 142
Profeti
40; 141; 142
Progenitore
55; 87
Protestante, teologia
60
Provvidenza
94
Psicanalisi 35; 37; 57; 58; 60; 89;
90; 95; 135
Psicanalisti
87; 90
Psiche
86, 87; 89; 99; 103
Psicologia 6; 37; 58; 64; 79; 89, 96;
118; 124
Pulsione
95
Purificazione
38; 48; 94
Puritanesimo
89
R
Radio
25; 63; 71; 107; 153
Ragione 6; 12; 17; 19; 21; 50; 53; 55;
57; 60; 68; 69; 72; 73; 76; 81, 84,
91, 93; 94; 102; 113; 118; 122; 133;
152; 157
Ratzinger J., papa
23; 74; 93
Razionale 5; 29; 34; 39; 41; 44; 65;
93; 96; 99; 108; 151
Razionalismo
68
Redentore
76
Refàn, divinità
141
Reincarnazione
38
Religione 7; 19; 25; 26; 30; 40; 54;
56; 67; 69; 90; 93; 94; 95; 107;
108; 109; 110; 111; 119; 120; 121;
122; 123; 124; 135; 136, 138; 152;
154
Religioni25, 29; 56; 62; 67; 94; 108;
110, 111; 119; 123; 138; 153; 158
171
LA BIBBIA ha ragione
Reminiscenza
34; 36; 38; 79; 80;
82; 87; 109; 130
Rendena C.,
9
Rengger J.R.
73
Resurrezione5; 40; 49; 76; 104; 119;
135
Retroattività
21; 98
Retroazione
59
Rivelazione 5; 12; 27; 39; 55; 67; 75;
101; 130
Roma
68; 93
Romanticismo
71
Rumi, poeta musulmano
18
Russel B.
21; 122
Ruth, personaggio biblico
139
S
S. Agostino
74
Sacrifici
94; 141
Sacrificio
40; 94; 132
Sacrorum Antistitum, motuproprio
67
Sadducei
49
Salvatore
76; 134
Salvezza
5; 6; 26; 32; 40; 50; 92;
94; 105; 120; 131; 134; 141; 158
Samuele, personaggio biblico 48
Sanscrita, lingua
156
Sapir E.
83
Sarai, personaggio biblico
26
Satana
131; 140
Saulo
142
Scrittura, Sacra
7; 54
Scrittura 39; 87; 99; 144; 150; 157
Scuola di Francoforte
83
Selezione naturale 9; 15; 16; 22; 29;
38; 56; 62; 63; 64; 65; 66; 70;
106; 108; 117; 146; 155
Sensazione
63; 84; 85; 96; 145
Sensazioni
63; 85; 90; 99; 100
Sensismo
63; 64
Serpente 23; 35; 75; 111; 129; 130;
131; 132; 133; 134; 139
Set, divinità egizia
61
Sichem, località biblica
141
Sillabo, enciclica
68
Simbolo 23; 30; 31; 35; 51; 82; 83;
123; 124; 131; 132; 134; 139; 146;
149; 150; 151; 152; 158
Sinagoga
140
Sinai, monte
141
Sinedrio
125; 134; 140
Siracide
139
Sisifo, personaggio mitologico 134
Sociologia
58
Sodoma, località biblica
80
Sostanza 14; 30; 32; 34; 58; 65; 74;
90; 91; 92; 100; 101; 102; 143; 152
Spazio
26; 33; 34; 35; 36; 37; 43;
50; 53; 61; 63; 66; 72; 81; 85; 87;
88; 100; 115; 119; 130; 145; 149;
151
Specie 14; 15; 16; 25; 32; 42; 44; 52;
54; 55; 59; 64; 65; 66; 69; 72; 77;
87; 88; 102; 122; 123; 149; 153;
156; 157
Speranza
5; 8; 80; 93; 118; 143
Spirito Santo
4; 142
SS.ma Trinità
4
Stanford University
16
Stati Uniti
64
Stefano, protomartire 134; 140; 142
Stoicismo
71
Storia della Salvezza 5; 11; 50; 132;
133; 137; 140; 152
Storicismo
71
Stuart Mill J.
64; 122
Svizzera
105
T
Talete di Mileto
52
Tantalo
134
Tarso
56
Tart C.T.
46; 49; 52; 100
Taylor Tim
18
Teilhard De Chardin 5; 12; 35; 54;
69; 102
Templari
124
172
LA BIBBIA ha ragione
Tempo 4; 11; 12; 22; 23; 24; 26; 33;
34; 35; 36; 37; 38; 39; 42; 43; 44;
50; 52; 57; 58; 61; 62; 63; 64; 66;
68; 72; 74; 75; 76; 79; 81; 85; 86;
87; 88; 89; 99; 100; 105; 106;
110; 113; 114; 115; 119; 120; 122;
124; 125; 128; 130; 131; 133; 138;
139; 141; 143; 144; 145; 149; 150;
151; 155
Teologia
6; 54; 60; 69
Terach, personaggio biblico
26
Tommaso d’Aquino 110; 112; 124;
153
Torre Di Babele
10; 27; 81; 151
Totem
123
Totemismo
123
Tracce mnestiche
36; 92
Traccia mnestica
85; 91
Tradizione
23; 54; 60; 76; 123
Trascendente 20; 23; 25; 26; 27; 28;
29; 45; 46; 47; 48; 50; 88; 90; 98;
102; 105; 110; 111; 114; 118; 119;
120; 138; 158
Trauma
35; 36; 37
Trento, Concilio di
55
U
Ulisse
Ur, località biblica
Urey H.
Uria, personaggio biblico
Utopia
52
26, 81
70
48
39
V
V.T
132
Vangeli
60; 81; 131
Vangelo 10; 32; 40; 61; 84; 131; 132;
137
Vannicelli, P.L.
94
Vaticano 4; 9; 20; 68; 109; 111; 140;
153
Verbo, logos
84; 144
Vergote A.
124
Verità4, 5; 6; 7; 11; 12; 14; 15; 17; 19;
20; 24; 26; 28; 34; 35; 37; 38; 50;
52; 53; 54; 55; 59; 60; 61; 62; 65;
67; 74; 75; 76; 79; 80; 82; 87; 88;
93; 95; 103; 104; 107; 108; 115;
118; 123; 132; 137; 152; 154; 158
Vichinghi
111
Voltaire
9; 94
W
Watson, J.D.
Watzlawick P.
Wiener N.
Wilhelm A.
Wisconsin
Wise K.
Wittgenstein L.
15
21; 57; 59; 98
57
96
16
7; 8
78; 82; 83
Z
Zaccaria, profeta
49
173
LA BIBBIA ha ragione
SOMMARIO
Premessa
4
Note Premessa.
9
Capitolo I. Storia Della Salvezza interpretata da me. La Bibbia al vaglio della
scienza.
11
1. Storia dell’umanità.
2 . Il Determinismo Storico. Causalità o Casualità?
3. Storia dell’uomo.
4. La Riflessione Scientifica e la Bibbia. Possono coesistere creazionismo e
evoluzionismo?
5. L’uomo nella Bibbia. E’ solo un linguaggio mitologico o è possibile
intravedere una realtà scientifica nelle affermazioni sulla natura umana?
6. Le conseguenze del monoteismo.
7. La Bibbia e il concetto di “creazione dal nulla”.
8. La Bibbia e la “Parola”.
9. Prime conclusioni.
A. CREAZIONE DELL’UOMO.
B. LE DIMENSIONI TEMPO-SPAZIO.
C. IL PENSIERO.
1. ASPETTO IMMANENTE.
2. ASPETTO TRASCENDENTE.
D. LA COSCIENZA O CONSAPEVOLEZZA.
E. L’ANIMA.
10. Conclusione.
11
12
14
22
25
29
30
33
33
33
43
45
45
46
47
50
Note Capitolo I.
52
19
CAPITOLO II. A proposito di R. Dawkins e il suo libro “L’illusione di Dio”. 107
Conclusione.
119
Note Capitolo II.
123
APPENDICE 1. La liberta’. Conquistata con una ribellione: il peccato
originale.
127
Note Appendice 1.
139
APPENDICE 2. La Parola.
145
174
LA BIBBIA ha ragione
Conclusione finale.
153
Note Appendice 2
156
BIBLIOGRAFIA.
160
INDICE ANALITICO
164
SOMMARIO
173
175