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INSEGNAMENTO DI
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE II
LEZIONE I
“IL PROCEDIMENTO DI COGNIZIONE DI PRIMO
GRADO INNANZI AL TRIBUNALE”
PROF. LUDOVICO M ONTERA
Diritto Processuale Civile II
Lezione I
Indice
1 2 Il procedimento di cognizione di primo grado innanzi al tribunale ---------------------------- 3 1.1. Premessa ---------------------------------------------------------------------------------------------- 3 1.2. Caratteristiche generali ------------------------------------------------------------------------------ 3 1.3. Struttura e fasi. --------------------------------------------------------------------------------------- 5 1.4. Svolgimento del processo. -------------------------------------------------------------------------- 6 La fase introduttiva -------------------------------------------------------------------------------------- 8 2.1 L’atto di citazione e i suoi requisiti. ------------------------------------------------------------------ 8 2.2 I termini per comparire. ------------------------------------------------------------------------------ 11 2.3 La notificazione dell’atto di citazione. ------------------------------------------------------------- 12 2.4 Nullità dell’atto di citazione. ------------------------------------------------------------------------ 14 2.5 La costituzione dell’attore. -------------------------------------------------------------------------- 16 2.6 La costituzione del convenuto. ---------------------------------------------------------------------- 16 2.7 Iscrizione della causa a ruolo, formazione del fascicolo d’ufficio, notificazioni e
comunicazioni nel corso del procedimento. ------------------------------------------------------------- 18 2.8 Designazione del giudice istruttore. Differimento d’ufficio della prima udienza. ----------- 20 2.9 Ritardata o mancata costituzione di entrambe le parti o di una di esse. ----------------------- 21 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Diritto Processuale Civile II
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Lezione I
Il procedimento di cognizione di
primo grado innanzi al tribunale
1.1.
Premessa
Con la legge 14 maggio 2005, n. 80 di conversione, con modificazioni, del decreto legge 14
marzo 2005, n. 35, il Legislatore italiano ha dettato il piano di azione per lo sviluppo economico,
sociale e territoriale al fine di realizzare un progetto articolato di interventi e di misure volte ad
imprimere una positiva inversione di tendenza all'interno del sistema giustizia con particolare
riferimento alla durata dei procedimenti civili.
In particolare, la legge contiene le nuove norme sul giudizio di cognizione ordinario in
vigore dal 1° marzo 2006 che determinano una contrazione delle fasi processuali attraverso una più
razionale gestione delle udienze da parte del giudice consentitagli da un più ampio potere di sancire
la decadenza delle parti qualora formulino istanze difensive e istruttorie tardive.
1.2.
Caratteristiche generali
Il processo di ordinaria cognizione, disciplinato dalle norme contenute negli articoli 163 e
seguenti del libro secondo del codice di procedura civile,costituisce la tutela “normale” del nostro
sistema giurisdizionale. Esso costituisce, cioè, quella forma di tutela che, essendo resa dal giudice
nella pienezza di esercizio dei suoi poteri cognitivi, è destinata a concludersi, almeno di norma, con
provvedimento avente forza di sentenza.
Il processo di cognizione ordinario può essere definito, pertanto, come quel processo in cui
il giudice è chiamato:
-
ad accertare la situazione di fatto esistente tra le parti in controversia;
-
ad individuare la norma giuridica che deve essere applicata nella fattispecie;
-
a decidere, con sentenza, definendo la questione controversa tra le parti.
Si parla, quindi, di processo di cognizione per indicare l’attività con cui si accertano le
condizioni ed i presupposti di diritto e di fatto per pervenire all’accoglimento o al rigetto della
domanda.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Lezione I
La disciplina contenuta nel libro secondo del codice di procedura civile è una disciplina di
tipo descrittivo:consiste,quindi, in una serie di norme che prescrivono e descrivono come può o
deve svolgersi il processo di cognizione, disciplinando dettagliatamente la serie degli atti che
costituiscono il processo nell’ordine e secondo la linea che potrebbe dirsi normale della sua
evoluzione, salvo poi integrare tale disciplina con quella di talune vicende che potremmo dire
anormali rispetto al suddetto svolgimento normale.
Nell’assolvere al compito di disciplinare e descrivere in concreto la serie successiva degli
atti nei quali si realizza il processo di cognizione, il legislatore ha dovuto superare la difficoltà
consistente nel fatto che tale processo può svolgersi davanti a ben quattro (in precedenza cinque)
organi giurisdizionali (Giudice di Pace, Tribunale, Corte d’Appello, Corte di Cassazione), ed in
gradi diversi (di primo grado,secondo grado o appello, cassazione, rinvio, revocazione, opposizione
di terzo).
La soluzione adottata non poteva che essere quella di una disciplina-tipo, valida per ogni
processo di cognizione davanti a ciascun giudice in tutti i gradi, integrata con le regole specifiche
richieste dalle particolarità proprie dei singoli tipi di giudice o del singolo grado di giudizio, nonché
integrata con la disciplina, completamente autonoma, dettata per il giudizio davanti alla Corte di
Cassazione.
Per tale disciplina tipo, il legislatore ha scelto il giudizio di gran lunga più frequente, che si
svolge davanti al giudice la cui sfera di competenza è più ampia, ossia il giudizio di primo grado
innanzi al Tribunale,dedicandovi il titolo primo del libro secondo del Codice, ed includendo in esso
la disciplina delle eventuali vicende anormali del processo.
In questo quadro, vediamo così seguire al primo titolo, un titolo secondo dedicato al
procedimento davanti al Giudice di Pace, e condensato in pochi articoli (da 311 a 322), il primo dei
quali (art. 311 c.p.c.) enuncia testualmente così: “ il procedimento davanti al giudice di pace, per
tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme
relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabili”. 1
1
La tecnica di cui il legislatore di è servito è evidente: il procedimento davanti al giudice di pace (che è giudice cd.
“unipersonale” o “unico”) è retto dalle norme che disciplinano il procedimento davanti al tribunale se ed in quanto non
si verifichi una delle seguenti circostanze: a) che il singolo istituto sia regolato espressamente “nel presente titolo o in
altre espresse disposizioni”; b) che la disciplina del singolo istituto, in quanto contrastante con le caratteristiche generali
della disciplina o della funzione dei giudici unipersonali, risulti in pratica non applicabile.
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Il titolo terzo, intitolato “delle impugnazioni”, contiene le norme relative ai diversi ed
ulteriori gradi del giudizio, ivi comprese, in un capo autonomo, quelle concernenti il giudizio
innanzi alla Corte di Cassazione.
In particolare, nel titolo terzo, la disciplina dell’appello, che costituisce oggetto del capo
secondo, è limitata alle particolarità proprie di questa fase di giudizio, ed è integrata da una norma
di richiamo generale (l’art. 359 c.p.c.) che dispone testualmente così: “Nei procedimenti davanti
alla Corte o al tribunale si osservano, in quanto applicabili, le norme dettate per il procedimento in
primo grado davanti al tribunale, se non sono incompatibili con le disposizioni del presente capo” 2 .
L’ultimo titolo (quarto) del libro secondo è infine dedicato alle controversie in materia di
lavoro nonché di previdenza e assistenza.
1.3.
Struttura e fasi.
Il Codice di procedura civile distingue nettamente tre fasi del processo di cognizione innanzi
al Tribunale:
A)
fase preparatoria o introduttiva, caratterizzata dalla domanda di parte;
B)
fase istruttoria, in cui si distingue:
B1) la fase di trattazione, consistente nell’attività svolta per esporre e discutere le
domande o le eccezioni;
B2) la fase probatoria, dove si realizza la raccolta e la valutazione delle prove; tale fase è
soltanto eventuale, perché già in sede di trattazione la causa potrebbe risultare matura per la
decisione, senza il bisogno dell’acquisizione di altri elementi;
C)
la fase decisoria, caratterizzata dall’emissione della sentenza da parte del
giudice.
Vi è da precisare che la ripartizione in questione ha carattere puramente convenzionale, in
quanto il Codice non attribuisce a ciascuna di dette fasi una vera e propria autonomia,ma individua
semplicemente in ciascuna di esse una serie di atti con riguardo alla loro particolare funzione, alla
quale corrisponde la prevalenza di determinate caratteristiche strutturali.
In particolare, tali fasi non si susseguono sempre rigorosamente nel loro logico ordine
naturale (ad es., una domanda può essere proposta per la prima volta nel processo già pendente,
2
La tecnica è praticamente quella stessa di cui il legislatore si è servito per i giudizi innanzi ai giudici unipersonali.
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dopo che si è aperta la fase istruttoria, oppure alcune questioni possono essere decise mentre la fase
istruttoria è in corso, per riprendere poi, dopo la interruzione, il suo svolgimento);inoltre, una delle
suddette fasi talvolta può anche mancare ( ad es. non vi è alcuna fase probatoria, quando la causa è
matura per la decisione senza il bisogno di assunzione di alcun mezzo di prova; non vi è la fase
decisoria, quando il processo si estingue, in caso di rinuncia o inattività delle parti).
In realtà la caratteristica fondamentale del procedimento davanti al tribunale consiste nella
distinzione netta e precisa fra due momenti:
• l’istruzione, che è sempre affidata a un giudice monocratico: il giudice
istruttore;
• la decisione, originariamente collegiale, oggi è affidata (tranne eccezioni) al
giudice monocratico.
Già la riforma del ’90 aveva istituito il giudice istruttore in funzione di giudice unico,
prevedendo all’art. 48 ord. giud. le eccezioni per le quali permaneva la decisione collegiale.
In seguito, con il D.lgs 51/1998, l’intero assetto dell’ordinamento giudiziario è stato
modificato. L’art. 48 ord. giud. è stato sostituito, ed attualmente esiste un solo giudice togato di
primo grado: il Tribunale.
Esso decide generalmente in composizione monocratica ed assomma in sé le funzioni di
giudice istruttore ed organo giudicante.
Nei casi previsti dal nuovo art. 50bis c.p.c., invece, il Tribunale decide in composizione
collegiale: in questo caso sopravvivono la figura e le funzioni del giudice istruttore, mentre la
decisione è presa dal Tribunale in composizione collegiale in funzione di organo giudicante.
L’intera materia è trattata dal legislatore nei nuovi Capo IIIbis e IIIter introdotti nel Codice
di procedura civile dal D.Lgs. 51/1998.
1.4.
Svolgimento del processo.
Relativamente allo svolgimento, il processo di cognizione può essere così sintetizzato:
a) l’attore introduce il processo citando in giudizio il convenuto (vocatio in ius);
b) la causa viene iscritta a ruolo e viene designato il giudice istruttore;
c) viene svolta dalle parti l’attività istruttoria per affermare le rispettive ragioni e per
fornire le prove delle loro rispettive pretese;
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d) conclusa l’istruttoria, le parti concludono, precisando le loro richieste;
e) infine, la causa viene riservata a sentenza dal giudice unico ovvero rimessa al
Collegio che, in camera di consiglio, emetterà la sentenza.
Con l’istituzione del Tribunale ordinario in composizione monocratica, con il quale il D.Lgs
19.2.1998n.51 ha sostituito il soppresso ufficio del Pretore, tale ultimo procedimento vale solo per i
casi tassativamente elencati dall’art. 50bis, nei quali il Tribunale decide in composizione collegiale.
Infatti, come con la legge del 1990, la rimessione al Collegio diventò un’ipotesi eccezionale
poiché di regola era lo stesso giudice istruttore che provvedeva alla decisione entro il termine
previsto dall’art. 190bis, così attualmente tale meccanismo è rimasto sostanzialmente identico anche
con l’efficacia del D.Lgs 51/1998.
L’abrogazione del suddetto art. 190bis ad opera di tale decreto, infatti, si correla
all’introduzione del Capo IIIbis al Libro II del Codice, che disciplina compiutamente il
procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica.
Il processo civile, di regola, ha carattere dispositivo. Esso, infatti, viene introdotto dalla
volontà di parte, ha per oggetto solo materie che le parti gli assegnano e la sua continuazione è, per
lo più, subordinata all’esercizio dei poteri-oneri di propulsione che la legge assegna alle parti.
Il governo del processo, però, è assunto dal giudice che, dopo aver diretto, secondo il suo
prudente apprezzamento, la fase istruttoria, conduce la causa alla decisione, assicurando al processo
medesimo quella elasticità che gli permette di adeguarsi alle diverse esigenze di ogni singola
controversia.
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2 La fase introduttiva
2.1
L’atto di citazione e i suoi requisiti.
Il processo ha inizio con la proposizione della domanda, ossia l’atto col quale un soggetto –
che col proporre la domanda diviene l’”attore” – chiede la tutela giurisdizionale.
Gli elementi della domanda giudiziale sono tre:
• le personae, e cioè la specifica indicazione delle parti. Essa deve essere
effettuata sempre con la massima precisione, allo scopo di escludere
omonimie ed incertezze sulle persone;
• il petitum, e cioè l’oggetto della domanda;
• la causa pretendi, e cioè l’indicazione del motivo per cui la domanda è stata
proposta.
Tali elementi sono di fondamentale importanza, in quanto è ad essi che occorre fare
riferimento per stabilire l’esistenza di una litispendenza fra due o più cause nonché per determinare
i limiti oggettivi e soggettivi della cosa giudicata.
In linea generale, e salvo eccezioni, la domanda si propone con le forme proprie dell’atto di
citazione 3 , che è un atto scritto (redatto e sottoscritto dal difensore-procuratore), tipicamente e
doppiamente recettizio, in quanto si rivolge a due destinatari:
a) il soggetto o i soggetti nei cui confronti l’attore vuol proporre la domanda e
che, appunto in quanto “regolarmente citato”, diviene il “convenuto” (o i
convenuti);
b) il soggetto al quale l’attore vuol rivolgere la domanda, ossia il giudice.
Essendo due i destinatari dell’atto, duplice è il contenuto e la funzione dell’atto stesso: da un
lato, quella di citare, o chiamare, o convenire in giudizio colui nei cui confronti si propone la
domanda (cd. vocatio in ius), e , dall’altro lato, quella di rivolgere al giudice la domanda di tutela
giurisdizionale mediante cognizione, previa affermazione del diritto di cui si chiede la tutela (ossia
3
Nei casi eccezionali nei quali la domanda non viene proposta con atto di citazione l’atto col quale si propone la
domanda è il ricorso. Questa forma di proposizione della domanda è eccezionale perché non contemplata nella
disciplina del processo di cognizione innanzi al tribunale e per ciò lasciata a taluni procedimenti speciali sia di
cognizione (ad es. il procedimento ingiuntivo) e sia di giurisdizione volontaria. Inoltre la forma del ricorso è prevista
anche nel giudizio ordinario per la proposizione della domanda introduttiva di un mezzo di impugnazione (es. il ricorso
per cassazione).
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dei relativi fatti costitutivi ed eventualmente lesivi) con la conseguente determinazione dell’oggetto
del processo (cd. editio actionis).
Naturalmente, questo unico atto che si rivolge a due destinatari, va portato a conoscenza di
entrambi nei modi predeterminati dalla legge; ed appunto in questo senso è atto doppiamente
recettizio.
Gli elementi nei quali si articola il duplice contenuto dell’atto di citazione sono indicati
nell’art. 163 comma 3° c.p.c.
Tali elementi concernono innanzi tutto l’individuazione dei tre soggetti fondamentali del
processo ( giudice, attore – o attori-, convenuto – o convenuti)( n.1, n.2 e n. 6); quindi la
formulazione della domanda, previa determinazione del suo oggetto con l’allegazione dei fatti e
l’offerta dei mezzi di prova (n.3 ,n.4, n.5) ed infine la citazione in senso stretto o vocativo in ius
(n.7).
Più specificamente, tali elementi sono:
n°1) L’indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta.
Tale requisito assolve alla funzione di individuare il giudice al quale si propone la domanda.
Di solito questa indicazione è compiuta nell’intestazione dell’atto, ma potrebbe anche essere
contenuta nel contesto dell’atto stesso, purchè sia in equivoca.
n°2) Il nome, il cognome e la residenza dell’attore e del convenuto e delle persone che
rispettivamente li rappresentano o li assistono.
Se attore o convenuto è una persona giuridica, un’associazione non riconosciuta o un
comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta con l’indicazione dell’organo o
ufficio al quale fa capo il potere di stare in giudizio. 4
Questo requisito assolve alla funzione di individuare sia l’attore che il convenuto;
n°3) la determinazione della cosa oggetto della domanda. “Cosa” qui ha il senso generico di
“bene della vita”; in altri termini sta ad indicare il cd. petitum mediato 5 , che peraltro non può essere
considerato del tutto avulso sia dal petitum mediato e sia dalla causa pretendi.
4
Non è necessaria l’indicazione della persona fisica del titolare dell’organo, purchè però sia individuabile il
sottoscrittore della procura al difensore; questa indicazione può risultare dalla procura, ma se la sottoscrizione di questa
è illeggibile e il nome e cognome del sottoscrittore non risulta neppure dal contesto dell’atto, la procura .
Se invece si tratta di ditta individuale, essenziale è il nome della persona fisica del suo titolare, al quale spetta la qualità
di parte, salava la facoltà di indicarlo col nome della ditta. L’erronea designazione del titolare è pertanto motivo di
nullità della citazione, sempre che, nonostante l’errore, non sia possibile individuare la persona effettivamente citata.
L’indicazione della residenza(o della sede) dell’attore e del convenuto è di solito untesa in funzione di un’ulteriore
precisazione dell’indicazione delle parti, con la conseguenza che la relativa mancanza non pregiudica la validità della
citazione, salva l’eventualità che l’erronea indicazione della sede dia luogo a incertezza o nullità della notificazione.
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n°4) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda
con le relative conclusioni. L’esposizione dei fatti è l’affermazione o allegazione dei fatti costituivi
e lesivi: precisamente, qui fatti che, in quanto riconducibili in astratto ad una o più norme,
costituiscono la causa pretendi, che naturalmente va intesa con riguardo alla sua diversa portata a
seconda che si tratti di domande cd. autodeterminate o eterodeterminate e che, nel linguaggio del
codice, è indicata talora come “ragione della domanda” e talore come “titolo”.
L’indicazione degli “elementi di diritto” non ha altra funzione che quella di prospettare la
suddetta riconducibilità dei fatti ad una o più norme e perciò può essere estremamente generica, o
addirittura implicita, oltre ad essere non vincolante e soggetta a modificazione secondo la regola
juria novit Curia. Infine le “conclusioni” costituiscono la formulazione sintetica e globale della
domanda al giudice nei suoi termini essenziali: petitum immediato e mediato ed eventualmente
anche causa pretendi.
Quanto disposto in questo n°4 implica, a carico dell’attore, una prima barriera preclusiva,
nel senso che nei successivi svolgimenti del giudizio non può più introdurre nuovi petita né nuove
causae petendi;
n°5) l’indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l’attore intende valersi e dei
documenti che offre in comunicazione. Il rilievo pratico di questo requisito dipende dal suo essere, o
meno assoggettato a preclusioni. Le quali preclusioni, configurate dal codice del 1940, praticamente
eliminate dalla novella del 1950 ed ancora reintrodotte dalla L. 353/1990, sono state, dalla L.
534/1995, differite fino all’udienza di trattazione di cui all’art. 183.
n°6) il nome e il cognome del procuratore e l’indicazione della procura, qualora questa sia
stata già rilasciata. Questo elemento completa quello di cui al n°2, con riguardo al difensoreprocuratore. La precisazione espressa con le parole “qualora questa sia stata già rilasciata” va posta
in relazione con la facoltà, prevista dall’art. 125, 2°comma c.p.c., di ritardare il rilascio della
procura alle lite fino al momento della costituzione.
n°7) l’indicazione del giorno dell’udienza di comparizione; l’invito al convenuto a
costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza indicata, ai sensi e nelle forme stabilite
dall’art. 166, ovvero di dieci giorni prima in caso di abbreviazione dei termini e a comparire
nell’udienza indicata dinanzi al giudice designato ai sensi dell’articolo 168bis, con l’avvertimento
5
Il petitum, cioè l’oggetto della domanda, può essere inteso in due modi: a) diretto o immediato è il provvedimento
giudiziale richiesto (sentenza di condanna, di accertamento, decreto ingiuntivo etc.); b) indiretto o mediato è invece il
bene o l’utilità che si intende ottenere attraverso il provvedimento (la somma di denaro, il trasferimento del bene, etc.).
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che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui all’art. 167. E’ questa la
citazione in senso stretto o vocativo in jus.
Relativamente a questa disposizione, l’attore cita il convenuto, invitandolo a due
adempimenti: quello di costituirsi e quello di comparire all’udienza indicata.
Proprio con questo invito l’attore assolve all’onere in cui si sostanzia la regola del
contraddittorio, ponendo il convenuto nella condizione di potersi difendere, in quanto lo voglia.
Che l’indicazione del giorno dell’udienza debba essere effettuata dall’attore risulta dalla
prime parole di questo punto n°7. L’udienza di cui qui si tratta è la prima udienza, ossia la prima di
quella serie di udienze nelle quali si articola il processo; pertanto, va tenuto presente che mentre le
udienze successive alla prima vengono di volta in volta fissate dal giudice istruttore, la prima è
invece già fissata nel momento in cui sorge il processo.
L’udienza, quindi, si svolgerà davanti al giudice istruttore che, alla data della citazione non è
stato ancora designato e che verrà poi nominato con le modalità di cui all’art. 168bis.
Ma oltre all’indicazione del giorno dell’udienza e all’invito al convenuto a costituirsi in un
termine che deve essere, ora, specificato (venti o dieci giorni prima dell’udienza), la disposizione in
esame prevede, sempre tra i requisiti della citazione, un avvertimento, e cioè l’avvertimento che la
costituzione oltre i termini stabiliti implica le decadenze di cui all’art. 167.
Queste decadenze sono quelle che costituiscono la prima barriera preclusiva a carico del
convenuto.
2.2
I termini per comparire.
È stato precisato, dunque, che il giorno della prima udienza davanti al giudice istruttore che
verrà designato in seguito viene scelto dall’attore e da questo indicato nel contesto dell’atto di
citazione.
All’inizio di ogni anno giudiziario, con riguardo a ciascun giudice, vengono individuati
determinati giorni destinati esclusivamente alla prima udienza di comparizione (art. 180).
Nella scelta della data della prima udienza si deve tener conto di due esigenze: quella del
convenuto che in presenza di un’udienza eccessivamente vicina alla data di citazione non può
preordinare la propria difesa; e quella dell’attore che ha interesse ad un procedimento più celere
possibile.
La legge, nel contemplare tali esigenze, fissa dei termini minimi per comparire, ossia un
numero minimo di giorni liberi che l’attore, nel fissare il giorno della prima udienza, deve lasciare
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interocorrere tra il giorno della notificazione della citazione e il giorno della prima udienza. Si tratta
di un termine con funzione tipicamente dilatoria.
Dal 30.04.1995 i termini a comparire sono stati ridotti a due: 60 giorni se il luogo della
notificazione si trova in Italia; 120 se si trova all’estero. Per le controversie instaurate
successivamente al 1° marzo 2006, invece i termini sono di novanta (90) giorni liberi per tutti i casi
in cui il luogo della notificazione si trova in Italia e in centocinquanta (150) se si trova all’estero.
Tuttavia, nelle cause in cui sussistono particolari ragioni d’urgenza, il presidente del tribunale può,
su istanza dell’attore, abbreviare questi termini fino alla metà, con decreto motivato in calce
all’originale dell’atto di citazione e da trascriversi sulle copie (art. 163 bis, 2° comma).
Allo stesso modo il convenuto può richiedere, allo stesso Presidente, l’anticipazione della
prima udienza.
I termini per comparire, debbono essere osservati con riguardo all’udienza originariamente
fissata, indipendentemente da eventuali successivi rinvii dell’udienza stessa.
2.3
La notificazione dell’atto di citazione.
L’atto di citazione, una volta steso (in almeno due copie per le esigenze proprie della
notificazione oltre ad almeno un’altra copia da inserirsi, poi, nel fascicolo d’ufficio) deve essere
naturalmente sottoscritto dal difensore, salvo il caso della parte che stia in giudizio personalmente.
A questo punto l’atto di citazione è perfetto nel suo duplice contenuto di domanda al giudice
e di vocatio al convenuto. Ma si tratta di una perfezione che ancora non dà luogo ad alcuna efficacia
giuridica, poiché, per tale efficacia, la natura recettizia dell’atto esige che esso sia portato a
conoscenza dei suoi due destinatari, nei modi stabiliti dalla legge.
L’ultimo comma dell’art.163 recita: “l’atto di citazione, sottoscritto a norma dell’art. 125, è
consegnato dalla parte o dal procuratore all’ufficiale giudiziario, il quale lo notifica a norma degli
artt. 137 e seguenti”.
Se i convenuti sono più di uno, la notificazione deve avvenire nei confronti di tutti, con la
consegna di una copia a ciascuno di essi. Su ciascuna di tali copie e sull’unico originale l’ufficiale
giudiziario stende la relazione di notificazione.
Anche la notificazione può incorrere in qualche nullità. Queste sono espressamente stabilite
dalla legge nell’art. 160 e vengono sanate dalla costituzione del destinatario. Se il convenuto non si
costituisce ed il giudice rileva la nullità della notifica dell’atto di citazione deve essere disposta la
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rinotifica di quest’ultimo (art. 291). La rinotifica non può invece essere disposta in caso di notifica
giuridicamente inesistente.
La domanda giudiziale, in quanto atto che dà vita al rapporto processuale, produce dal
momento della sua notificazione, una serie di effetti giuridici di varia natura: effetti processuali ed
effetti sostanziali.
Gli effetti processuali sono quegli effetti che la domanda giudiziale produce sul rapporto
processuale. Essi sono:
• la litispendenza, cioè la pendenza della lite, fra determinati soggetti, i quali
vengono ad assumere la qualità di parti in quel dato processo;
• la fissazione del momento in cui si determina l’esistenza dei presupposti
processuali;
• la determinazione della materia del contendere in quel dato processo, ossia
l’oggetto del processo;
• il radicarsi della lite dinanzi al giudice adito, che impedisce che essa sia
portata per la decisione avanti a un giudice diverso.
La domanda giudiziale produce taluni effetti sostanziali, in base al principio che il tempo
necessario per lo svolgimento del processo non deve danneggiare la pare che ha ragione.
Pertanto:
• dal giorno della domanda giudiziale è interrotta la prescrizione (art. 2943 co.
1 e 3 c.c.), anche se la domanda è proposta davanti a un giudice
incompetente. Il nuovo termine di prescrizione non decorre se non dal
momento del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio;
• se la legge assegna un termine per l’esercizio dell’azione, la notifica della
domanda, prima della scadenza di tale termine, impedisce la decadenza (art.
2966 c.c.);
• il possessore di buona fede, convenuto in azione di rivendicazione, è tenuto a
restituire i frutti che gli siano pervenuti dopo la domanda giudiziale(art. 1148
c.c.);
• il debitore di obbligazione senza termine prefissato, con la domanda è
costituito in mora (art. 1219 c.c.);
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione I
• gli interessi scaduti producono altri interessi dal giorno della domanda
giudiziale( cd. anatocismo: art. 1283 c.c.);
• il debitore di più creditori solidali cessa di poter pagare ad altro creditore
diverso sa quello che lo ha convenuto in giudizio(art. 1296 c.c.);
• le azioni personali e intrasmissibili con la domanda giudiziale diventano
trasmissibili, tranne che ineriscano alla persona (interidizione).
Talvolta la domanda deve essere trascritta per esigenze di pubblicità verso i terzi nei cui
confronti il processo potrebbe avere effetti. In tal caso l’efficacia della sentenza risale al momento
della domanda anche nei confronti dei terzi. I casi sono espressamente previsti dalla legge e
riguardano le domande giudiziali relative ai diritti reali sui beni immobili o dirette a risolvere e
rescindere contratti o ad ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre etc.(artt.
2652-2653 c.c.)
Dal momento in cui la domanda giudiziale è stata notificata al convenuto, si verifica la cd.
litispendenza.
2.4
Nullità dell’atto di citazione.
Gli scopi obiettivi dell’atto di citazione sono diversi in relazione alle diverse parti o settori
nei quali si articola l’atto di citazione e cioè essenzialmente la vocatio in jus e l’editio actionis;
scopo della vocatio in jus è quello di instaurare il contraddittorio col convenuto onde metterlo in
condizione di potersi difendere; scopo dell’editio actionis è quello di precisare al convenuto ciò che
si chiede contro di lui per consentirgli di difendersi sul merito ed inoltre quello di offrire al giudice
gli elementi per il giudizio.
La disciplina della nullità dell’atto di citazione tiene opportunamente conto delle diversità di
questi scopi e della diversità delle conseguenze della eventuale mancanza dei requisiti che si
riconducono all’uno piuttosto che all’altro dei due aspetti della citazione.
Ai sensi dell’art. 164, la citazione è nulla:
• se vi è omissione o incertezza assoluta sulla indicazione del giudice, sulla
individuazione delle parti o sull’oggetto della domanda;
• se sia assegnato al convenuto un termine di comparizione inferiore a quello
stabilito dalla legge;
• se è stata omessa l’indicazione della data dell’udienza di comparizione.
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Diritto Processuale Civile II
Lezione I
La legge 353/90 all’art. 164 ha previsto due nuove ipotesi di nullità della citazione, ferme
restando quelle già esistenti:
• l’omissione dell’avvertimento al convenuto delle decadenze determinate dalla
costituzione oltre i termini;
• l’omissione dell’esposizione dei fatti posti a fondamento della domanda e
mancata determinazione della cosa oggetto della domanda.
È facile vedere sotto questa espressa comminazione della nullità, le ragioni per le quali i
requisiti di cui si ipotizza la mancanza o la incertezza assoluta sono considerati indispensabili per lo
scopo della citazione.
Come potrebbe, infatti, il convenuto , essere messo in condizioni di difendersi senza sapere
con sicurezza davanti a quale giudice è citato o da chi è stato citato o ,peggio, se il soggetto citato è
proprio lui o senza conoscere il contenuto della domanda proposta nei suoi confronti?
Tuttavia la realtà concreta può smentire le previsioni astratte del legislatore circa
l’indispensabilità del requisito mancante.
Quanto alla sanatoria delle nullità,l’art.164, come modificato dalla legge 353/90 distingue
innanzitutto se la nullità riguarda la vocatio in jus o l’editio actionis; in secondo luogo se il
convenuto si è costituito o meno.
Quando la nullità colpisce la vocatio in jus (art.164,comma 1):
• se il convenuto non si costituisce, il giudice dispone d’ufficio la rinnovazione
della citazione entro un termine perentorio;
• se il convenuto si costituisce, i vizi della citazione sono ipso facto sanati.
Tuttavia, se il convenuto deduce l’inosservanza dei termini a comparire o la mancanza
dell’avvertimento previsto dal n.7 dell’art.163, il giudice deve fissare una nuova udienza nel rispetto
dei termini.
Sia la rinnovazione della citazione che la costituzione del convenuto sanano i vizi, e gli
effetti sostanziali e processuali della domanda si producono sin dal momento della prima
notificazione.
Quando la nullità, invece, colpisce l’editio actionis (art 164 comma 4):
• se il convenuto non si costituisce, il giudice fissa all’attore un termine
perentorio per rinnovare la citazione (da notificare al convenuto);
• se il convenuto si costituisce, il giudice fissa all’attore un termine perentorio
per integrare la domanda.
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Lezione I
In queste due ultime ipotesi, però “restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti
quesiti anteriormente alla rinnovazione o all’integrazione”.
E la ragione è evidente nella già rilevata intrinseca inidoneità dell’atto di citazione ad
assolvere alla sua funzione, con la conseguente sua inidoneità a salvare dalle decadenze e ad
interrompere la prescrizione. Se invece la rinnovazione o l’integrazione non avvengono, il dubbio(
determinato dalla mancata previsione di questa eventualità da parte della legge) se ciò dia luogo
all’estinzione analogicamente a quanto disposto nel 2° comma per i vizi di cui al 1° comma o se
debba sfociare nella nulla nullità da dichiararsi con sentenza, sembra debba risolversi in modo
differente nelle due ipotesi, ossia nel senso dell’estinzione nel caso della mancata rinnovazione e
della dichiarazione di nullità nel caso della mancata integrazione.
2.5
La costituzione dell’attore.
La costituzione in giudizio è l’atto con cui la parte si presente, tramite il suo difensore presso
l’organo giudiziario davanti al quale pende il processo dando l’impulso necessario affinché il
processo possa iniziare.
L’art. 165 c.p.c. stabilisce che l’attore entro dieci giorni dalla notificazione della citazione
al convenuto, ovvero entro cinque giorni nel caso di abbreviazione dei termini a norma dell’art.
163bis deve costituirsi in giudizio a mezzo di procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla
legge, depositando in cancelleria la nota di iscrizione a ruolo e il proprio fascicolo contente
l’originale della citazione, la procura ed i documenti offerti in comunicazione.
L’ulteriore atto di impulso che l’attore ha l’onere di compiere per far proseguire il processo
dopo la notificazione della citazione è dunque la sua costituzione.
Nella sua pratica concretezza, la costituzione non è altro che il deposito di un fascicolo (oltre
che della nota di iscrizione a ruolo).
Col suo costituirsi l’attore diviene ufficialmente ed attivamente presente nel processo,
poiché col depositare la citazione, egli rivolge la sua domanda al giudice così instaurando anche con
lui un rapporto diretto.
2.6
La costituzione del convenuto.
La costituzione non riguarda solo l’attore ma anche il convenuto.
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Diritto Processuale Civile II
Lezione I
Il soggetto che ha ricevuto l’atto di citazione ed a seguito di ciò è divenuto convenuto si
trova, a questo punto, nella condizione di dover scegliere tra il restare inerte o l’assumere invece
una partecipazione attiva al processo.
Pertanto, l’atto che il convenuto ha l’onere di compiere, se vuole assumere questa
partecipazione attiva al processo, è precisamente la sua costituzione.
La legge prevede che, per costituirsi, il convenuto deve incominciare col redigere un atto
difensivo scritto, contrapposto alla citazione e denominato comparsa di risposta, e quindi
depositare in cancelleria questo atto, in un proprio fascicolo, contenente anche la copia della
citazione che gli è stata consegnata al momento della notificazione.Il termine non coincide con
quello previsto per la costituzione dell’attore. È chiaro ,infatti, che, per poter redigere la comparsa
di risposta, il convenuto deve non solo conoscere il testo della citazione, ma anche poter
eventualmente esaminare i documenti prodotti dall’attore.
L’art. 166 c.p.c. dispone che il convenuto deve costituirsi a mezzo del procuratore o
personalmente nei casi consentiti dalla legge, almeno venti giorni prima dell’udienza di
comparizione, o almeno dieci giorni prima nel caso di abbreviazione dei termini a norma del 2°
comma dell’art. 163bis, ovvero venti giorni prima dell’udienza fissata a norma dell’art.168bis,
quinti comma, depositando in cancelleria il proprio fascicolo contenente la comparsa ci risposta,
con la copia della citazione notificata, la procura e i documenti che offre in comunicazione.
La comparsa di risposta, come atto difensivo scritto che si contrappone alla citazione e che,
come quest’ultima è atto doppiamente recettizio (rispetto al giudice e rispetto all’attore), deve
contenere tutti gli elementi propri della citazione, eccezion fatta per la vocatio in jus ( che è già
avvenuta).
Così come ,d’altra parte, risulta che, con riguardo all’oggetto del processo già determinato
dall’attore nell’atto di citazione (con la conseguente formulazione di conclusioni riferite a quelle
dell’attore). Salva, però, la possibilità, che ha il convenuto di allargare l’oggetto del processo (con
la proposizione di eccezioni) o addirittura di oltrepassare i limiti della domanda col proporre
domande riconvenzionali.
Tutto ciò risulta dal dettato dell’art. 167 c.p.c. il cui 1° comma dispone così: “Nella
comparsa di risposta, il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti
posti dall’attore a fondamento della domanda, i mezzi di prova di cui intende valersi, e i documenti
che offre in comunicazione e formulare le conclusioni. Se intende chiamare un terzo in causa deve
farne dichiarazione nella stessa comparsa”.
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Lezione I
Il 2° comma dell’art. 167 c.p.c., già modificato dalla L. 353/90 nel senso della
concentrazione nella comparsa di risposta della barriera preclusiva rispetto alla proposizione delle
eccezioni. Più precisamente, la preclusione che grava sul convenuto al momento della comparsa di
costituzione e risposta è ora limitata alle eventuali domande riconvenzionali. “A pena di decadenza
– recita il 2° comma – (il convenuto) deve proporre le eventuali domande riconvenzionali”.
Infine, il 3° comma dell’art. 167 c.p.c. dispone che il convenuto “se intende chiamare un
terzo in causa deve farne dichiarazione nella stessa comparsa e provvedere ai sensi dell’art. 269” e
contestualmente chiedere lo spostamento della prima udienza. Si configura così, a carico del
convenuto, un’altra preclusione.
2.7
Iscrizione della causa a ruolo, formazione del fascicolo
d’ufficio, notificazioni e comunicazioni nel corso del
procedimento.
Il meccanismo attraverso il quale l’atto di citazione viene portato a conoscenza del giudice
ha inizio, di solito, con la costituzione dell’attore, essendo appunto questo il primo atto di impulso,
successivo alla notificazione della citazione, di cui l’attore è onerato.
La costituzione, tuttavia, non è ancora sufficiente per completare l’incardinamento della
causa dinanzi al giudice, in quanto essa va integrata con l’iscrizione della causa a ruolo.
L’art. 168 c.p.c. stabilisce che : “ All’atto della costituzione dell’attore, o, se questi non si è
costituito, all’atto della costituzione del convenuto, su presentazione della nota d’iscrizione a ruolo,
il cancelliere iscriva la causa nel ruolo generale.
Contemporaneamente il cancelliere forma il fascicolo d’ufficio, nel quale inserisce la nota
d’iscrizione a ruolo, copia dell’atto di citazione, delle comparse e delle memorie in carta non
bollata, e successivamente, i processi verbali d’udienza, i provvedimenti del giudice, gli atti di
istruzione e la copia del dispositivo delle sentenze”.
Per comprendere cosa sia l’iscrizione a ruolo bisogna partire dal presupposto che se si tiene
presente che il più importante dei registri che il cancelliere ha l’obbligo di tenere è il “ruolo
generale degli affari contenziosi civili”, appare ovvio che l’iscrizione della causa a ruolo è l’atto col
quale il cancelliere provvede, appunto, ad iscrivere la causa su questo registro o ruolo.
L’iscrizione avviene in ordine cronologico e seguendo una numerazione progressiva che
attribuisce a ciascuna causa un numero di ruolo con la quale potrà,poi, essere più facilmente
individuata.
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Lezione I
Il D.P.R. 30.5.2002,n.115 (Testo Unico sulle spese di giustizia) recepisce e coordina tutte le
norme esistenti sulle spese del processo, compreso il contributo unificato, istituito dall’art. 9 della
L. 488/1999. Tale contributo sostituisce i bolli, le tasse d’iscrizione a ruolo ed i diritti di cancelleria.
Ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. 30.5.2002,n.115, infatti, è dovuto il contributo unificato di
iscrizione a ruolo, per ciascun grado di giudizio, nel processo civile, compresa la procedura
concorsuale e di volontaria giurisdizione, secondo gli importi previsti dall’art. 13 e salvo le
esenzioni previste dall’art. 10 dello stesso Testo Unico.
La parte che per prima si costituisce in giudizio (o che deposita il ricorso introduttivo,
ovvero che, nei processi esecutivi di espropriazione forzata, fa istanza per l’assegnazione o la
vendita dei beni pignorati) è tenuta al pagamento contestuale del contributo unificato. Il valore dei
processi, determinato ai sensi del codice di procedura civile, deve risultare da apposita
dichiarazione resa dalla parte nelle conclusioni dell’atto introduttivo. Se manca tale dichiarazione, il
processo si presume del valore più alto.
I fascicoli di parte sono custoditi in un’unica cartella col fascicolo d’ufficio e possono essere
ritirati soltanto con l’autorizzazione del giudice istruttore. In particolare, l’art. 169 c.p.c. prevede
che ciascuna parte può ottenere dal giudice istruttore l’autorizzazione a ritirare il proprio fascicolo
dalla cancelleria; ma il fascicolo deve essere di nuovo depositato ogni volta che il giudice lo
disponga.
Con la costituzione in giudizio la parte assume presenza ufficiale nel processo per mezzo del
suo difesore-procuratore, che compie l’autopresentazione. In correlazione con ciò, l’art. 170 c.p.c.
stabilisce che, salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti, “dopo la costituzione in giudizio, tutte
le notificazioni e le comunicazioni si fanno al procuratore costituito” al quale basterà consegnare
una sola copia dell’atto anche se costituito per più parti; mentre nel caso in cui la parte sia costituita
personalmente, le notificazioni e le comunicazioni si fanno nella residenza dichiarata o nel
domicilio eletto.
Tali disposizioni riguardano soltanto gli atti che debbono essere notificati o comunicati, ciò
che non è richiesto per tutti gli atti di parte, ancorché recettizi. Più precisamente, per le comparse e
le memorie consentite dal giudice, l’art. 170, 4° comma prevede, in alternativa alla notificazione, lo
scambio documentato col visto del procuratore o della parte,o, più semplicemente, il deposito in
cancelleria, insieme con l’originale dell’atto, di una copia per la controparte, oltre che della copia
per il fascicolo d’ufficio.
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Lezione I
2.8
Designazione del giudice istruttore. Differimento d’ufficio
della prima udienza.
L’art. 168bis disciplina la modalità di designazione del giudice istruttore.
Dispone, dunque, l’art. 168 bis,1° comma che “formato il fascicolo d’ufficio a norma
dell’articolo precedente, il cancelliere lo presenta senza indugio al presidente del tribunale, il
quale, con decreto scritto in calce alla nota d’iscrizione a ruolo, designa il giudice istruttore,
davanti al quale le parti debbono comparire, se non creda di procedere egli stesso all’istruzione.
Nei tribunali divisi in più sezioni, il presidente assegna la causa ad una di esse, e il presidente di
questa provvede, nelle stesse forme, alla designazione del giudice istruttore”.
La designazione del giudice istruttore appartiene alle funzioni di natura ordinatoria che
spettano al presidente del tribunale, il quale può anche, se lo ritiene opportuno, designare se stesso
quale giudice istruttore. La stessa cosa può fare il presidente della sezione, qualora si tratti di
tribunale diviso in più sezioni, e dopo che il primo presidente abbia assegnato la causa ad una di
esse.
Può accadere che nel giorno che la citazione indica per la prima comparizione, il giudice
designato non tenga udienza. Prevedendo, appunto, questa circostanza, il legislatore ha dettato il 4°
comma dell’art. 168bis, ove si dispone che “se nel giorno fissato per la comparizione il giudice
istruttore designato non tiene udienza, la comparizione delle parti è d’ufficio rimandata all’udienza
immediatamente successiva tenuta dal giudice designato”. In questo caso il termine di costituzione
del convenuto rimane ancora al giorno dell’udienza originariamente fissata.
Il 5° comma dell’art. 168 bis configura il potere del giudice istruttore di “differire con
decreto da emettere entro cinque giorni dalla presentazione del fascicolo, la data della prima
udienza fino ad un massimo di quarantacinque giorni”. Ciò allo scopo di consentire al giudice
istruttore di organizzare il suo ruolo. In questi casi la comunicazione della cancelleria circa la nuova
data dell’udienza è necessaria ed è stata perciò espressamente prevista dalla legge. Il convenuto,
pertanto, può costituirsi fino a venti giorni prima dell’udienza differita.
La designazione del giudice istruttore che è compiuta con riguardo a ciascuna causa dopo
l’iscrizione a ruolo, è operante per tutto il corso del giudizio. In altri termini, il giudice istruttore,
una volta designato, è immutabile.
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2.9
Ritardata o mancata costituzione di entrambe le parti o di
una di esse.
Si è visto che la legge stabilisce termini differenti per la costituzione rispettivamente
dell’attore e del convenuto, allo scopo di porre quest’ultimo nella condizione di predisporre la sua
difesa dopo la costituzione dell’attore.
Vi può essere, tuttavia, l’eventualità che si costituisca per primo il convenuto, il che
presuppone che l’attore non abbia rispettato il termine per la sua costituzione.
Il fatto che l’attore non si sia costituito nel suo termine, oltre a non impedire al convenuto di
costituirsi, consente a quest’ultimo di sostituirsi all’attore nell’onere di dare impulso al processo,
col chiedere l’iscrizione a ruolo così provocando la designazione del giudice istruttore.
Il 2° comma dell’art. 171 c.p.c. stabilisce che se una delle parti si è costituita entro il termine
rispettivamente a lei assegnato, l’altra può costituirsi successivamente fino alla prima udienza
davanti al giudice istruttore; e se non si costituisce neppure in tale udienza, è dichiarata contumace
con ordinanza del giudice istruttore. Nel corpo del 2° comma dell’art. 171 c.p.c. si riviene l’inciso “
ma restano ferme per il convenuto le decadenze di cui all’articolo 167”: ciò significherebbe che se
il convenuto non si è costituito nel termine stabilito per la sua costituzione non potrà più proporre
domande riconvenzionali né chiedere di chiamare un terzo, mentre potrà proporre eccezioni non
rilevabili d’ufficio, purchè si costituisca depositano la comparsa di risposta almeno all’udienza di
prima comparizione.
Il 3° comma del medesimo articolo stabilisce altrssì che: “La parte che non si costituisce
neppure in tale udienza è dichiarata contumace con ordinanza del giudice istruttore, salva la
disposizione dell’art. 291 c.p.c.”. Da ciò si desume che l’istituto della contumacia può riguardare
non soltanto il convenuto ma anche l’attore.
Rimane da vedere cosa accade se nessuna delle parti si costituisce.
Vi può essere una duplice eventualità: a) se nessuna delle due parti si è costituita, è mancata
pure l’iscrizione a ruolo, né è mai stato designato un giudice istruttore che debba o possa prendere
provvedimenti in una prima udienza che non sarà mai tenuta; b) se invece c’è stata l’iscrizione a
ruolo in correlazione con una costituzione tardiva, non seguita dalla costituzione dell’altra parte, il
giudice istruttore designato terrà la prima udienza , ma soltanto per ordinare la cancellazione della
causa dal ruolo, così dando lugo ad una situazione identica a quella della mancata iscrizione a ruolo
per mancata costituzione di entrambe le parti. La conseguenza di questa situazione di mancata
iscrizione a ruolo o di avvenuta cancellazione dal ruolo non è ancora l’estinzione ma è una tappa
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
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(L. 22.04.1941/n. 633)
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per il determinarsi di quella fine. Più precisamente, il processo entra in uno stato di quiescenza che
potrà durare fino ad un anno a partire dalla scadenza del termine stabilito per la costituzione del
convenuto o dalla data del provvedimento di cancellazione. Ed infatti entro quel termine il processo
può essere rimesso in moto dalla parte che vi ha interesse, attraverso la notificazione all’altra aprte
di un atto (la comparsa di riassunzione) che ha i caratteri propri di una nuova citazione, ma che ha la
sola funzione di rimettere in moto il medesimo processo quiescente. Verranno così a determinarsi
nuovi termini di costituzione il cui eventuale mancato rispetto da entrambe le parti darà luogo
all’estinzione immediata. La quale conseguenza si verificherà anche nel caso della mancata
riassunzione nel veduto termine di un anno.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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