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Il Sole 24 Ore - UNITELNews24 Le Newsletter de Il Sole 24 ORE Percorsi di informazione ed approfondimento per professionisti, aziende e Pubblica Amministrazione Servizio di informazione ed approfondimento in tema di ambiente, appalti, edilizia, urbanistica e sicurezza Chiuso in redazione il 18 aprile 2015 04 © 2015 Il Sole 24 ORE S.p.a. I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze Sede legale e Amministrazione: via Monte Rosa, 91 – 20149 Milano a cura della Redazione Edilizia e PA de Il Sole 24 ORE e-mail: [email protected] tecnici24.ilsole24ore.com n. 04 – aprile 2015 Sommario Pagina NEWS Ambiente, antincendio, appalti, edilizia e urbanistica, energia, lavoro e previdenza, Pubblica Amministrazione, rifiuti 4 RASSEGNA DI NORMATIVA Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione 38 RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Appalti, edilizia e urbanistica, Pubblica Amministrazione, pubblico impiego 50 APPROFONDIMENTI Appalti L'ITALIA SI AFFIDA ALL'EUROPA PER VINCERE LA SFIDA DELLE INFRASTRUTTURE Le proposte progettuali inviate a Bruxelles sono 71 per un costo totale di € 6 miliardi e 822 milioni da spendere entro il 2020. Se i progetti verranno accolti, la differenza di oltre € 34,3 miliardi dopo il contributo comunitario sarà a carico delle finanze pubbliche e di investitori privati nazionali. Elisabetta Mariotti, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 31 marzo 2015, n. 972 60 Appalti IL MILLEPROROGHE IN PILLOLE Una sintesi delle novità che interessano il settore immobiliare contenute nel D.L. 192 del 31 dicembre 2014, convertito con modifiche dalla legge 11 del 27 febbraio 2015 (pubblicata sulla G.U. 49 del 28 febbraio 2015. Flavio Guidi e Paolo Duranti, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 31 marzo 2015, n. 972 62 Catasto COME ACCATASTARE IMPIANTI E PARCHI EOLICI In una recente pronuncia la Cassazione precisa che l’attribuzione della rendita catastale effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA non necessita di una particolare motivazione, mentre le turbine eoliche devono essere classificate nella categoria catastale D/1 poiché costituiscono centrali elettriche. Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 15 aprile 2015, n. 973 Edilizia e urbanistica IMPOSTA FISSA DI REGISTRO IN CASO DI CESSIONE DI AREE PEEP CONCESSE DAL COMUNE Con la ris. n. 17 del 16 febbraio 2015, l’Agenzia delle entrate risponde a un’istanza di interpello e chiarisce che nel caso in cui un comune ceda ai proprietari del diritto di superficie su alloggi di edilizia popolare l’area di sedime sottostante, occorre applicare l’imposta di registro in misura fissa e vi è esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali. Elena Ferrari, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, Edizione del 15 aprile 2015, n. 973 Edilizia e urbanistica LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA DEVE RISPETTARE LA FEDELE RICOSTRUZIONE DELLA SAGOMA UNITELNews24 66 70 72 2 Secondo il Consiglio di Stato, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale - configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia. Gian Luca Ballabio, Il Sole 24 ORE – Urbanistica24, 13 aprile 2015 Professionisti COMPETENZE PROFESSIONALI: FERRI CORTI TRA GEOMETRA E INGEGNERE/ARCHITETTO Il Tar prova a tracciare i confini delle competenza professionali dei tecnici. 74 Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973 Professionisti L'ALBO DEI CONSULENTI TECNICI La consulenza tecnica è sempre stata attività importante e delicata. Invero, nel momento peritale si incontrano, con le proprie regole e linguaggi, due mondi: quello giuridico e quello tecnico; diventa perciò essenziale l’apporto di professionalità e conoscenze dell’ausiliario giudiziario affinché la fase peritale sia svolta correttamente e in conformità alle norme del codice di rito. 84 Paolo Frediani, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973 Pubblica amministrazione/Enti locali LINEE GUIDA APRILE ANAC: TUTTE LE MISURE IN SINTESI IN CONSULTAZIONE PUBBLICA FINO AL 15 2015 Contenuto in sintesi dello schema di delibera Anac, in consultazione pubblica sul sito dell'Anticorruzione dal 25 marzo 2015, relativo alle “Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”. Corrado Anna, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, Edizione del 18 aprile 2015, n. 17 87 Pubblico impiego DELEGA MADIA, COPERTURA A RISCHIO PER DIRIGENTI ESTERNI E SEGRETARI COMUNALI La barriera dell'art. 81 Cost. è stata sollevata sull'emendamento-compromesso che prevede una fase transitoria di tre anni per l'abolizione della figura dei segretari comunali. Ma lo stop per mancanza di copertura è scattato anche per altre correzioni significative alla delega Pa, come quella che introduce il dirigente responsabile della gestione digitale delle procedure amministrative, l'impegno assunto per ridurre il divario digitale per tutti i cittadini che si rivolgono a un'amministrazione e quelle sul superamento degli automatismi di carriera dei dirigenti. Davide Colombo e Marco Rogari, Il Sole 24 ORE – Quotidiano degli Enti locali & Pa, 15 aprile 2015 Rifiuti LA CORTE COSTITUZIONE LEGITTIMA GLI ABBRUCIAMENTI IN LOCO DEI RESIDUI VEGETALI La Corte Costituzionale, la pensa diversamente, e con la sentenza n.16/15 chiarisce che il legislatore statale ha annoverato, pure anteriormente all’introduzione del comma 6-bis all’art. 182 del codice dell’ambiente, tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura. 94 Ulderico Rizzo, Il Sole 24 ORE – Rifiuti24, 2 aprile 2015 95 L’ESPERTO RISPONDE Appalti, edilizia e urbanistica, Pubblica Amministrazione 99 UNITELNews24 3 Ambiente VIA: pubblicate le linee guida per la verifica di assoggettabilità dei progetti Con decreto 30 marzo 2015 (G.U. Serie Generale, n. 84 del 11/4/2015) il Ministero dell’Ambiente ha emanato specifiche linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo 15 del decretolegge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. Le linee guida: - entrano in vigore nel 15° giorno successivo alla data di pubblicazione nella GU (quindi il 26 aprile p.v.) e trovano diretta applicazione su tutto il territorio nazionale anche nelle more dell'eventuale adeguamento degli ordinamenti delle regioni e delle province autonome; - si applicano anche a tutti i progetti per i quali la procedura di verifica di assoggettabilità o la procedura autorizzativa è in corso alla data di entrata in vigore del decreto. Le linee guida forniscono indirizzi e criteri per l'espletamento della procedura di verifica di assoggettabilità a VIA (Cfr., art. 20 del decreto legislativo n. 152/2006) dei progetti, relativi ad opere o interventi di nuova realizzazione, elencati nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, al fine di garantire una uniforme e corretta applicazione su tutto il territorio nazionale delle disposizioni dettate dalla direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Cfr., art. 4, allegato II, allegato III). In estrema sintesi ricordiamo che il Legislatore nazionale, per superare le censure mosse dalla Comunità europea all’ Italia, ha introdotto nella Legge n. 116/14 un articolo 15 nell’ambito del quale si prevede che, in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale (oggetto, appunto, della presente circolare) l’Autorità competente regionale, per verificare l’assoggettabilità di un determinato progetto industriale a VIA (tra quelli previsti ovviamente dal D.Lgs. n. 152/06) procede con una valutazione "caso per caso". Proprio la previsione della modalità “caso per caso” aveva creato non poca preoccupazione tra gli operatori in quanto potenzialmente foriera di diverse modalità di applicazione a livello locale. UNITELNews24 4 Il Ministero, con successiva nota esplicativa, aveva chiarito che la modalità “caso per caso” era stata introdotta temporaneamente dal Legislatore solo per sopperire all'esigenza di rispettare le disposizioni comunitarie nel periodo transitorio in cui le soglie e i criteri già definiti nel D.Lgs 152/ 2006 non possono essere utilizzati in quanto non coerenti con le disposizioni comunitarie. Con il decreto in commento il Ministero stabilisce che le Regioni e le province autonome debbano adeguare i propri ordinamenti per uniformare le proprie disposizioni locali alle Linee guida ivi contenute. Le linee guida integrano i criteri tecnico-dimensionali e localizzativi utilizzati per la fissazione delle soglie già stabilite nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 per le diverse categorie progettuali, individuando ulteriori criteri contenuti nell'allegato V alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006, ritenuti rilevanti e pertinenti ai fini dell'identificazione dei progetti da sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA. L'applicazione di tali ulteriori criteri comporterà una riduzione percentuale delle soglie dimensionali già fissate nel citato allegato IV, ove presenti, con conseguente estensione del campo di applicazione delle disposizioni in materia di VIA a progetti potenzialmente in grado di determinare effetti negativi significativi sull'ambiente. Le linee guida sono rivolte sia alle autorità cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilità per i progetti dell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 (regioni e province autonome, ovvero enti locali), sia ai soggetti proponenti. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Affidamento "in house" del servizio idrico integrato: un'eccezione tassativa Chiarendo i confini del proprio costante orientamento, la Corte Costituzionale, con la pronuncia della Sentenza del 12 marzo 2015 n.32, ha statuito come alla materia dell’affidamento “in house” debba ritenersi certamente applicabile la normativa europea e l'interpretazione della stessa da parte della Corte di Giustizia dell'UE, senza fare alcun riferimento a leggi interne, ma ricordando che la stessa consente, non impone, agli Stati Membri di prevedere, soltanto in via di eccezione e per alcuni casi determinati, la gestione diretta del servizio pubblico di rilevanza economica da parte dell’ente locale. I giudici della Consulta, infatti, negano che dalla applicabilità diretta del diritto europeo discenda una assoluta libertà nella scelta dell’affidamento in house del Servizio Idrico Integrato (SII), alla luce del UNITELNews24 5 sistema normativo interno basato sull’art. 113 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successiva modificazioni), al contrario, “i casi di affidamento in house, quale modello organizzativo succedaneo della (vietata) gestione diretta da parte dell’ente pubblico, debbono ritenersi eccezionali e tassativamente previsti”. La Sentenza n.32/2015 trae origine dal giudizio di legittimità costituzionale su alcune norme della Legge della Regione Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di individuazione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei rifiuti), promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la violazione delle competenze esclusive statali in materia di tutela della Concorrenza e tutela dell'Ambiente, ai sensi dell'Art. 117, comma 2, lett. e) e s) della Costituzione. La questione di legittimità costituzionale ha investito le norme della L.R. n.1/2014 che, attuando il dettato legislativo nazionale ed europeo di definizione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle funzioni concernenti il servizio idrico integrato e la gestione integrata dei rifiuti e disponendo il trasferimento delle competenze dei Comuni al costituendo “ente d'Ambito”, prevedevano, nel Piano d’ambito da emanare entro 4 mesi, agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei piccoli comuni; il riconoscimento, per i Comuni delle Comunità montane con popolazione inferiore o uguale a tremila abitanti, della facoltà di gestione autonoma il Servizio Idrico Integrato (SII), in forma singola o associata; la regolamentazione dell’esercizio dei poteri sostitutivi regionali nei confronti degli enti d’ambito e dei Comuni inadempienti nel predisporre i piani d’ambito nei termini previsti e nel realizzare le opere previste dai piani d’ambito e necessarie a garantire il rispetto degli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Unione europea; infine, in tema di gestione dei rifiuti, l'attribuzione al Comitato d’ambito della funzione di definire l’articolazione degli standard di costo intesi come servizi minimi da garantire al territorio omogeneo e i criteri di determinazione delle tariffe da applicare a fronte della erogazione dei servizi nelle aree territoriali omogenee. Dichiarata cessata la materia del contendere su quasi tutte le censure sollevate, a seguito dell'intervento su tali materie da parte della Legge della Regione Liguria 5 agosto 2014, n. 21 recante “Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1”, la Corte ha dichiarato incostituzionale la disposizione dell'art. 10 che attribuisce ai Comuni già appartenenti alle Comunità montane e con popolazione inferiore o uguale a tremila residenti, fatta salva la partecipazione all’Ente di Ambito, la facoltà, in forma singola o associata, di gestire autonomamente l’intero servizio idrico integrato. Complessa e articolata la ricostruzione che la sentenza offre della disciplina della gestione del Servizio Idrico Integrato, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità, partendo innanzitutto dal dettato dell'art. 147 del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n.152, cd Codice dell'Ambiente, a norma del quale i servizi idrici sono organizzati sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali, come definiti dalle Regioni, riconoscendo alle stesse la facoltà di modificarne le delimitazioni allo scopo di UNITELNews24 6 migliorare la gestione del SII, assicurandone lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto dei principi di unitarietà della gestione e superamento della frammentazione verticale delle gestioni, nonché di adeguatezza delle dimensioni gestionali in base a parametri fisici, demografici e tecnici. Secondo la costante giurisprudenza della Consulta, il Servizio Idrico Integrato è qualificabile come servizio pubblico locale di rilevanza economica, quindi anche la materia dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici, inclusa la forma di gestione e le procedure di affidamento della stessa, come anche la disciplina della tariffa del SII, è ricompresa nell’ambito delle competenze esclusive statali “tutela della Concorrenza” e “tutela dell’Ambiente” di cui all'Art. 117, co.2, lett. e) e s) Cost., pertanto va regolata da norme dirette ad assicurare la concorrenzialità nella gestione del servizio idrico integrato, disciplinando le modalità del suo conferimento e i requisiti soggettivi del gestore, al precipuo scopo di garantire la trasparenza, l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione medesima, così come a proteggere l'ambiente in quanto, prosegue la Corte, l’attribuzione all’Autorità d’Ambito Territoriale ottimale delle competenze sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa come sistema nel suo aspetto dinamico. Proseguono i giudici ricordando come, a norma dell’art. 2, comma 186-bis, della Legge 23 dicembre 2009, n. 191 Legge Finanziaria 2010 (comma inserito dall’Art. 1, comma 1-quinquies, del D.L. n.2/2010 Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, convertito, con modificazioni, dalla L. 42/2010), allo scopo di attuare la razionalizzazione della gestione del servizio idrico integrato, con il superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, siano state soppresse le Autorità d’Ambito Territoriale previste dall'art. 148 del D.Lgs. 152/2006, affidando alle Regioni il compito di istituire nuovi strutture, siano esse enti, comitati o autorità, cui attribuire le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza e fermo restando l'obbligo di partecipazione da parte degli enti locali interessati. Ricordiamo, inoltre, che l'art. 7, comma 1, lett. b), numero 4 del Decreto Legge 12 settembre 2014, n. 133, cd Sblocca Italia (recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 novembre 2014, n. 164) ha rafforzato le modalità attuative della definizione degli Ambiti Territoriali Ottimali da parte delle regioni, inserendo il comma 2-bis nel testo dell'art. 147 del Codice dell'Ambiente, a norma del quale, nel caso in cui l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle UNITELNews24 7 città metropolitane, facendo soltanto salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti. Così ricostruita la normativa, alla legge regionale spetterebbe esclusivamente di disporre l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità, senza poter provvedere direttamente all’esercizio di tali funzioni affidandone la gestione del SII o a stabilire i requisiti generali dei soggetti affidatari di tale gestione, determinando, seppure indirettamente, anche le forme di gestione. Viene pertanto dichiarata incostituzionale la norma dettata dall'art. 10 della Legge Liguria n.1/2014, poiché questa direttamente provvede in ordine ad una modalità di gestione autonoma del servizio idrico da parte dei Comuni montani, prevaricando le funzioni attribuite dalla legge all'apposito ente individuato dalla Regione come successore delle Autorità di Ambito, anche introducendo soglie dimensionali di carattere demografico superiori a quelle, già eccezionali, di deroga all'unicità della gestione del servizio, previste dalla normativa richiamata in considerazione delle peculiarità dei parametri fisici e tecnici dei territori montani, ma sempre previo consenso della ex Autorità d'Ambito competente. Così definito l'ambito di competenza esclusiva dello Stato in materia di servizi pubblici locali a rilevanza economica, quindi, i giudici di legittimità riconoscono alle Regioni la facoltà di prevedere interventi con effetti “pro-concorrenziali”, in materie di competenza concorrente o residuale, soltanto indiretti e marginali e non in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e promuovono la concorrenza, Proseguendo nella propria ricostruzione, la Corte ha richiamato l'esito del Referendum popolare che ha abrogato l’art. 23-bis del D.L. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 133/2008, recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”) in tema di affidamento diretto dei servizi pubblici locali di rilevanza economica “in deroga” all’affidamento in via ordinaria, la cosiddetta gestione “in house”, cui ha fatto seguito l’adozione dell’art. 4 del D.L. n.138/2011, recante le disposizioni in materia di adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall’Unione europea, a sua volta dichiarato incostituzionale con la Sentenza n. 199 del 2012, con il risultato di escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione "in house" di tutti i servizi pubblici di rilevanza economica, e di quello idrico in particolare, comportando altresì l’applicazione diretta della normativa e della giurisprudenza europee in materia, senza alcun riferimento a leggi interne. Tuttavia, il ragionamento della Corte si completa, rispetto alle precedenti pronunce, interpretate a favore di un indiscriminata libertà di scelta dell'affidamento in house del servizio idrico, ribadendo UNITELNews24 8 però che la normativa comunitaria consente, ma non impone, agli Stati membri di prevedere, in via di eccezione e per alcuni casi determinati, la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente locale e che il sistema previsto dal Testo Unico degli Enti Locali comporta che i casi di affidamento appunto in house, quale modello organizzativo succedaneo della (vietata) gestione diretta da parte dell’ente pubblico, debbono ritenersi eccezionali e tassativamente previsti. (Mauro Calabrese, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 2 aprile 2015) Regime di tutela delle acque minerali: i pozzi di captazione vanno tutelati come gli acquedotti pubblici Si può ritenere che i pozzi di captazione dell’acqua minerale vadano tutelati come gli acquedotti pubblici, salva la possibilità per l’amministrazione di individuare altre soluzioni, meno penalizzanti per gli interessati, quando si possa raggiungere e mantenere un livello di sicurezza equivalente. Con la sentenza n. 419/2015, la I Sezione del TAR di Brescia ha chiarito che, in materia ambientale, quando gli atti amministrativi autorizzano attività prolungate nel tempo, il rinvio ai limiti di inquinamento è sempre dinamico. Devono quindi essere applicate le norme sopravvenute, anche se più restrittive, salva la possibilità di ottenere un ragionevole termine per l’adeguamento degli impianti. Questo vale certamente per le attività inquinanti, ma anche per le attività che producono beni esposti all’inquinamento. Queste ultime devono quindi fare in modo che i beni immessi sul mercato soddisfino il più elevato livello di tutela previsto dalle nuove norme, anche in questo caso con un ragionevole termine di adeguamento. Se le attività inquinanti sono esercitate da soggetti terzi, i produttori di beni esposti all’inquinamento possono chiedere che tali soggetti adeguino la loro attività alle nuove norme. Nella specie, dunque, la disciplina sopravvenuta dell’art. 7 comma 1-a del Dlgs. 176/2011 – che equipara formalmente la protezione delle acque minerali contro l’inquinamento a quella del resto delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano – risulta applicabile. Questo implica la facoltà di chiedere l’applicazione dell’art. 94 del Dlgs. 152/2006, non rilevando in senso contrario la soggezione alla disciplina ex art. 105 del Dlgs. 152/2006 sugli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, in quanto la tutela delle acque destinate al consumo umano è aggiuntiva e non alternativa. Del resto, se lo scarico nel canale può avvenire anche nei giorni di asciutta, non vi è differenza sostanziale tra questa operazione e le attività vietate nella zona di rispetto ex art. 94 comma 4 del Dlgs. 152/2006. UNITELNews24 9 Tuttavia, proprio perché normalmente lo scarico avviene nel corpo idrico, che è in grado di diluire e trasportare rapidamente gli inquinanti verso il fiume, non è possibile stabilire una piena corrispondenza con la dispersione delle acque reflue vietata dalla predetta norma. Il punto di equilibrio non è definito dal legislatore e deve quindi essere individuato caso per caso dall’amministrazione ai sensi dell’art. 94 comma 2 del Dlgs. 152/2006. In proposito occorre fare una precisazione. Il rinvio contenuto nell’art. 7 comma 1-a del Dlgs. 176/2011 è rivolto evidentemente all’intera disciplina dell’art. 94 del Dlgs. 152/2006 (zona di tutela assoluta, zona di rispetto, divieti), mentre la possibilità di deroga contenuta nel comma 2 di quest’ultima norma si riferisce ad approvvigionamenti diversi da quelli ottenuti con gli acquedotti pubblici. Coordinando tutte queste disposizioni, si può ritenere che i pozzi di captazione dell’acqua minerale vadano tutelati come gli acquedotti pubblici, salva la possibilità per l’amministrazione di individuare altre soluzioni, meno penalizzanti per gli interessati, quando si possa raggiungere e mantenere un livello di sicurezza equivalente. (Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 25 marzo 2015) Antincendio Nuovo quesito dei VV.F. Con la lettera circolare 12 marzo 2015, n. 3043, la Direzione centrale ha definito che l’attività di gommista svolta all’interno di un locale che supera i 300 mq rientri nell’attività 53 dell’Allegato I del D.P.R. 151/2011; inoltre se il quantitativo di gomme in deposito sia superiore a 10.000 kg, l’attività rientra anche nel n. 43 del medesimo allegato. La questione è stata sollevata da un quesito pervenuto da un professionista al Comando provinciale di Ferrara, che rispondeva affermando che l’attività non era assoggettata alle norme di prevenzione di incendi, ma solo a quelle di sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008). La Direzione generale ha, invece, ritenuto che le norme di prevenzione incendi siano applicabili anche all’attività oggetto del quesito. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 10 aprile 2015) Nuova circolare dei Vigili del Fuoco Con la circolare 18 marzo 2015, n. 3396 i Vigili del Fuoco forniscono dei chiarimenti in merito alla classificazione di resistenza al fuoco di partizioni vetrate mediante metodo sperimentale. UNITELNews24 10 In questo caso la norma di riferimento è la EN 1364-1:1999, recepita dall’UNI mediante la UNI EN 1364-1:2002 (punto A.4.1 dell’Allegato al d.m. 16 febbraio 2007. Per le partizioni vetrate, il campo di applicazione diretta dei risultati di prova è riportato nell’allegato A del d.m., mentre nel documento si evidenzia il divieto di aumento dell’altezza del prodotto in oggetto rispetto al campione provato e le limitazioni alle variazioni dimensionali delle lastre vetrate. Nel caso sia necessario realizzare una partizione vetrata con caratteristiche diverse da quelle previste, il d.m. 16 febbraio 2007 prevede la possibilità di ricorrere al fascicolo tecnica previsto nel punto B.8 dell’Allegato B; la predisposizione del fascicolo tecnica può essere fatta seguendo le norme: - CEN/TS 15117:2005 "Guidance on direct and extended application" (UNI CEN/TS 15117:2006 ("Guida sull'applicazione diretta ed estesa"). - EN 15254-4:2008+A1:2011 "Extended application of results frani tire resistance tests - Nonloadbearing walls - Part 4: Glazed constructions" (UNI EN 15254-4:2011 "Applicazione estesa dei risultati di prove di resistenza al fuoco - Pareti non portanti - Parte 4: Costruzioni vetrate"). Inoltre la marcatura CE potrà essere effettuata mediante la Valutazione Tecnica Europea (ETA) prevista dal Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011. All'articolo 3 comma 2 del d.m. 16 febbraio 2007 per tali prodotti si specifica che la classe di resistenza al fuoco è riportata nelle informazioni che accompagnano la marcatura CE e nella documentazione ulteriore prevista a corredo dove sono specificate, in particolare, le condizioni di impiego a garanzia della resistenza al fuoco. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015) Pubblicato l'aggiornamento della regola tecnica per le strutture sanitarie Sulla G.U. Serie Generale n. 70 del 25 marzo 2015 è stata pubblicata la nuova regola tecnica progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private: d.m. 19 marzo 2015. Il provvedimento si compone di 5 articoli e 3 allegati. All’articolo 1 si prevede che i titoli III e IV del precedente d.m. 18 settembre 2002 sono sostituiti dalle disposizioni contenute negli allegati III e IV del nuovo decreto. UNITELNews24 11 L’articolo 2 prescrive l’adeguamento alle disposizioni previste nella nuova regola tecnica per le strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero ovvero in regime residenziale a ciclo continuativo ovvero diurno, con oltre i 25 posti letto, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno 18 settembre 2002, che non abbiano completato l'adeguamento alle disposizioni ivi previste, fatti salvi gli obblighi stabiliti dalla vigente legislazione in materia di sicurezza. L’adeguamento deve seguire i tempi e modi previsti nell’allegato I del nuovo provvedimento. L’articolo 3 detta l’adeguamento (sempre nei tempi e nei modi) per le strutture che erogano prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 500 mq e fino a 1.000 mq, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. L’articolo 4 è riservato alla definizione, caratteristiche e impiego dei materiali impiegati per l’adeguamento previsto dalla nuova regola tecnica. L’ultimo articolo è dedicato alle disposizioni finali prevedendo che “1. È fatta salva la facoltà di optare per l'applicazione del presente decreto per le strutture esistenti di cui all'art. 2 per le quali siano stati pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell'interno del 18 settembre 2002 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando, ovvero sulla base di un progetto approvato in data antecedente all'entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 18 settembre 2002. 2. In caso di mancato esercizio di tale opzione, gli enti e i privati responsabili delle strutture di cui all'art. 2 presentano al Comando la segnalazione certificata relativa al completo adeguamento antincendio della struttura, che deve comunque avvenire entro il termine massimo di cui all'art. 2, e adempiono a quanto ivi previsto al comma 1, lettera b)”. Le norme contenute negli allegati sono così suddivise: Allegato I: Titolo III - Strutture esistenti che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno; Allegato II: Titolo IV - Strutture, sia esistenti che di nuova costruzione, non soggette ai controlli dei vigili del fuoco ai sensi dell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151; Allegato III: Titolo V - Sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015) UNITELNews24 12 Appalti Cantieri in Comune: il CIPE ha assegnato 198,6 milioni di euro a 137 Comuni Il CIPE ha definitivamente assegnato circa 198,6 milioni di euro per il completamento di opere in 137 Comuni, distribuiti sull’insieme del territorio nazionale, che hanno segnalato interventi di completamento appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015, a seguito della ricognizione degli interventi segnalati dai sindaci alla Presidenza del Consiglio in risposta all’invito del Presidente Renzi del 2 giugno 2014. Il finanziamento è a valere sulle risorse di cui all’articolo 3, commi 1 e 1-bis, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (decreto legge “Sblocca Italia”), come ripartite dal decreto interministeriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture e dei Trasporti del 28 gennaio 2015 che, nell’ambito di uno stanziamento complessivo di 500 milioni di euro a favore degli interventi di cui all’art. 3, comma 2, lettera c) e comma 3, ha specificamente destinato 200 milioni di euro alle opere oggetto della odierna decisione del CIPE. Il provvedimento prevede che siano rispettati gli obblighi di acquisizione del Codice Unico di Progetto per l’identificazione univoca dei progetti e la tracciabilità dei flussi finanziari, nonché l’adesione al monitoraggio fisico e finanziario dello stato di avanzamento degli interventi. È stato anticipato l’elenco dei Comuni e degli interventi di completamento di opere, in attesa della registrazione della delibera CIPE che sarà efficace dopo il controllo da parte della Corte dei Conti. Viene anche anticipata la bozza del disciplinare che fissa obblighi e adempimenti a carico dei Comuni e che dovrà essere firmato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per ottenere l’erogazione del finanziamento. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Trasparenza e prevenzione della corruzione IPAB e ASP devono osservare le regole della legge 190/2012 Gli Istituti pubblici di assistenza e beneficienza (IPAB) e le Aziende pubbliche di servizi alla persona (ASP), nei casi in cui mantengono la personalità giuridica di diritto pubblico, devono osservare le regole in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione, come previsto dalla l. 190/2012 e dai successivi decreti attuativi. UNITELNews24 13 È quanto stabilito con il Comunicato del Presidente del 10 aprile 2015. Da un monitoraggio effettuato dall’Autorità è emerso infatti un quadro di diffusa inosservanza delle suddette norme. Gli istituti indicati devono adeguarsi alle regole di trasparenza e prevenzione della corruzione entro 30 giorni dalla data di pubblicazione del Comunicato nel sito dell’A.N.AC. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Revoca dell'aggiudicazione e rispetto del patto di stabilità È illegittima la revoca dell’aggiudicazione provvisoria giustificata dalla necessità di rispettare il patto di stabilità, ove i fondi destinati alla realizzazione di quell’opera siano destinati ad altri fini. Questo, il principio sancito dal T.A.R. Toscana, con la sentenza 30 marzo 2015, n. 546, nell’ambito di una gara per la realizzazione di lavori stradali. Nel caso in esame, l’amministrazione provinciale aveva revocato l’aggiudicazione provvisoria ritenendo genericamente che il vigente patto di stabilità non consentisse di sostenere quell’impegno di spesa. La decisione della Provincia, è stata ritenuta illegittima dai Giudici amministrativi, per le seguenti ragioni: il provvedimento amministrativo di revoca non era stato adeguatamente motivato; i fondi destinati per quei lavori erano stati dirottati per la realizzazione di altre opere; il piano triennale delle opere pubbliche provinciale, di recente adozione, prevede lo stanziamento di ben 14 milioni di euro per la realizzazione di nuove infrastrutture. L’unico appalto a essere stato revocato, inoltre, era stato proprio quello aggiudicato alla società ricorrente. Il provvedimento di revoca è stato dunque annullato e, qualora l’amministrazione non individui delle nuove e pertinenti ragioni (di cui all’art. 21-quinquies della L. 241/1990 - Legge sul procedimento amministrativo) che le impediscano di sostenere la spesa per la realizzazione di quell’opera, dovrà necessariamente provvedere all’aggiudicazione definitiva della gara alla società prima classificata. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 2 aprile 2015) Incompatibilità dei componenti la commissione di gara UNITELNews24 14 Le ipotesi di incompatibilità dei componenti la commissione di gara, previste dall’art. 84, D.Lgs. 163/2006, devono essere interpretate in maniera restrittiva. Questo, il principio ribadito dal Consiglio di Stato, con la sentenza 23 marzo 2015, n. 1565, nell’ambito di una gara per l’affidamento della gestione e lo smaltimento di rifiuti solidi urbani. Nel caso in esame, l’operatore economico secondo classificato aveva proposto ricorso contro l’aggiudicazione perché, tra gli altri motivi, riteneva che uno dei componenti della commissione di gara fosse incompatibile con quella posizione, per aver svolto precedenti attività collegate a quell’appalto nell’ambito dell’amministrazione aggiudicatrice. La sentenza in commento, rigettando l’appello, afferma che quando si lamenta l’incompatibilità di un’attività non ci si può riferire “genericamente ad incarichi amministrativi o tecnici genericamente riferiti ad altri appalti (Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2011, n. 4450; Sez. III, 28 febbraio 2014, n. 942)” e, di tale situazione di incompatibilità “deve essere fornita adeguata e ragionevole prova, non essendo sufficiente in tal senso il mero sospetto di una possibile situazione di incompatibilità (dovendo la disposizione in questione, in quanto limitativa delle funzioni proprie dei funzionari dell’amministrazione, essere interpretata in senso restrittivo)”. La mancanza di una prova specifica, in ordine all’effettiva predisposizione degli atti di gara da parte del commissario che si presumeva essere incompatibile, ha portato a ritenere legittimo l’operato dell’amministrazione. Perché vi possa essere incompatibilità del commissario, è quindi necessario che vi sia stato un suo autonomo e concreto intervento nella definizione del contenuto degli atti di gara. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 30 marzo 2015) Illegittimo il "cartello" tra i concorrenti È illegittima l’offerta presentata da quelle imprese che hanno dimostrato, attraverso elementi precisi e concordanti, di essere collegate da un punto di vista sostanziale. Questo, il principio ribadito dal Consiglio di Stato 23 marzo 2015, n. 1549. Nel caso di specie, relativo a una gara per l’affidamento in concessione di servizi di soccorso stradale, l’amministrazione aggiudicatrice aveva annullato in autotutela la procedura perché le società classificatesi al primo e al secondo posto mostravano elementi da cui poteva dedursi un loro collegamento sostanziale. UNITELNews24 15 I Giudici amministrativi, sia in primo grado sia in appello, ritengono legittima la decisione dell’amministrazione, ed esistente un vero e proprio accordo tra le imprese interessate, finalizzato all’aggiudicazione della gara. Gli elementi presi in considerazione sono stati: •Offerte consegnate lo stesso giorno e alla medesima ora; •Polizze fideiussorie rilasciate dalla medesima compagnia e nel medesimo giorno e ora; •Alla seduta pubblica i due concorrenti erano rappresentati dal medesimo soggetto. A ciò si aggiunga che il rappresentante comune, durante la seduta di gara, aveva avanzato richiesta di aggiudicazione congiunta, senza neppure consultarsi con i suoi rappresentati. In ogni ipotesi in cui tra le società concorrenti sia dimostrato un accordo precedente alla gara, finalizzato a falsare la concorrenza e la scelta del miglior offerente, è legittimo l’intervento dell’amministrazione diretto a escludere i concorrenti interessati, e ad annullare la procedura qualora questi siano gli unici partecipanti. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 25 marzo 2015) Necessario l'invito del gestore uscente del servizio L’amministrazione deve invitare alla nuova gara il gestore uscente del servizio, salvo il caso in cui dimostri il venir meno del rapporto di fiducia con il soggetto privato. Questo, il principio ribadito dal Tar Roma, con la sentenza 12 marzo 2015, n. 4063, nell’ambito di una gara per l’affidamento del servizio di pulizia. Nel caso di specie, l’amministrazione aveva indetto una nuova gara omettendo di invitare il gestore uscente del servizio, motivando “sommariamente” tale scelta con i presunti inadempimenti della società nel corso dell’affidamento. Il “vecchio” aggiudicatario, impugnava quindi gli atti della gara, e lamentava in particolare di non essere stato invitato alla nuova procedura. UNITELNews24 16 I Giudici amministrativi, accogliendo il ricorso, affermano che, non avendo l’amministrazione fornito prova sufficiente del venir meno del rapporto di fiducia con il soggetto privato, il gestore uscente sarebbe dovuto essere necessariamente invitato alla nuova gara. La rilevata illegittimità, fa quindi sorgere in capo al gestore uscente il diritto al risarcimento del danno connesso alla perdita di chance. In questo caso, il risarcimento, applicabile a prescindere dalla colpa dell’amministrazione, deve essere quantificato in via equitativa, tenendo in considerazione l’utile conseguibile in caso di vittoria, scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 19 marzo 2015) Varianti in corso d'opera: i chiarimenti sulle informazioni e la documentazione da trasmettere all'Autorità Pubblicato il Comunicato del Presidente del 17 marzo 2015: Art. 37, D.L. 24 giugno 2014, n. 90 convertito in legge 114/2014 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari). Riordino e aggiornamento delle modalità di trasmissione all’A.N.AC. delle varianti in corso d’opera. Il Comunicato del Presidente dell’Anac fornisce dei chiarimenti sulla qualità degli accertamenti del Responsabile del procedimento in tema di varianti. Al comunicato è allegato un modulo per assicurare la chiarezza e la coerenza delle informazioni e degli atti da trasmettere. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 19 marzo 2015) Catasto Irregolarità catastali, le sanzioni si pagano con il mod. F24 Anche le spese per eventuali irregolarità catastali viaggiano con il mod. F24. Dal prossimo 1° giugno, infatti, le somme dovute dai contribuenti a seguito di notifica di accertamento per inosservanza della normativa catastale, fattispecie tra cui rientrano, tra le altre, le sanzioni amministrative, gli interessi sui tributi speciali catastali e il recupero delle spese per volture, saranno versate seguendo la modalità semplificata prevista per il versamento unificato tramite mod. F24. UNITELNews24 17 A stabilirlo è il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 24 marzo scorso. L’estensione del modello di pagamento con F24 interessa i seguenti versamenti, tutti conseguenti ad accertamenti per inosservanza della normativa catastale: tributi speciali catastali, sanzioni amministrative, interessi sui tributi speciali catastali, imposta di bollo correlata ad adempimenti per accertamenti catastali, recupero spese volture, spese di notifica di atti catastali, oneri accessori e altre spese per operazioni catastali. Per il pagamento delle somme relative al procedimento di attribuzione della rendita presunta, restano invece ferme le disposizioni contenute nel provvedimento interdirigenziale del 24 febbraio 2012. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Da giugno on-line tutti i documenti del Catasto fabbricati «Da giugno tutti i documenti del Catasto fabbricati dovranno essere trasmessi per via telematica: stiamo preparando il provvedimento, il sistema DOCFA è pronto e funziona, siamo al 75% di documenti, vogliamo arrivare al 100%». Lo ha detto il direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella Orlandi, a un convegno sul Catasto organizzato dall’Ordine degli architetti, spiegando che «serve più trasparenza e più uniformità sul territorio. Non si capisce perché qualcuno deve ancora venire in ufficio, ferma restando l’assistenza», ha detto. Orlandi ha anche riferito l’intenzione di «fare la successione on-line: grava su 1 milione di cittadini ed è molto fastidiosa. Oggi si fa in due momenti e in due uffici diversi: vogliamo che si faccia con un atto unico». (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Inosservanza normativa catastale: modalità di pagamento Il provvedimento dell'Agenzia delle Entrate del 23.3.2015 dispone l’estensione delle modalità di pagamento delle somme dovute dal contribuente a seguito di notifica di avviso di accertamento per inosservanza della normativa catastale, secondo quanto disposto dall’art. 17, D.Lgs. 241/1997, in materia di versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti e delle altre somme a favore dello Stato. Specificamente, a decorrere dall’1.6.2015, il Mod. F24 deve essere utilizzato, a seguito di notifica di avvisi di accertamento per inosservanza della normativa catastale, prodotti successivamente alla predetta data, per il pagamento di: tributi speciali catastali (Titolo III, Tabella A, D.L. 533/1954); sanzioni amministrative, irrogate in attuazione delle disposizioni previste nell’ordinamento catastale; interessi sui tributi speciali catastali; imposta di bollo correlata ad adempimenti per accertamenti UNITELNews24 18 catastali; recupero spese per volture; spese di notifica di atti catastali; oneri accessori per operazioni catastali; altre spese per operazioni catastali. Si precisa, inoltre, che resta esclusa la possibilità di utilizzare in compensazione eventuali crediti derivanti dai versamenti eccedenti in relazione alle predette somme; per il pagamento delle somme correlate al procedimento di attribuzione della rendita presunta restano ferme le disposizioni contenute nel Provv. Agenzia Entrate 24.2.2012. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 30 marzo 2015) Tassazione a base catastale: nuovo elenco dei beni oggetto per attività agricole connesse A seguito della richiesta di conferma delle attività allegate al Decreto del 17 giugno 2011, con nota n. 0015043 e nota n. 0027364 del 1° dicembre 2014 da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU n.62 del 16-3-2015) il Decreto del MEF del 13 febbraio 2015 contenente l'aggiornamento dell'elenco dei beni che possono essere oggetto delle attività agricole connesse, la cui decorrenza ha effetto dal periodo di imposta 2014. Le attività in considerazione, in quanto produttive di reddito agrario, prevedono una tassazione a base catastale così come introdotto dalla Legge di Stabilità 2014. In dettaglio, le voci inserite ex novo nel decreto di aggiornamento sono: produzione di paste alimentari fresche e secche (ex 10.73.0); produzione di sciroppi di frutta (ex 10.81.0); manipolazione dei prodotti derivanti dalla silvicoltura comprendenti la segagione e la riduzione in tondelli, tavole, travi ed altri prodotti similari, compresi i sottoprodotti, i semilavorati e gli scarti di segagione delle piante (02.10.0 - 02.20.0). (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 23 marzo 2015) L'aggiudicazione definitiva non è un atto dovuto All’aggiudicazione provvisoria non deve necessariamente seguire quella definitiva. L’amministrazione aggiudicatrice, può ritenere non conveniente procedere alla conclusione del procedimento, per evidenti e giustificate ragioni di natura economica. Questo, il principio ribadito dal T.A.R. Sardegna, con la sentenza 14 marzo 2015, n. 442, nell’ambito UNITELNews24 19 di una gara per la fornitura di dispositivi di protezione individuale. Nel caso di specie, a seguito dell’aggiudicazione provvisoria, la Stazione Appaltante aveva ritenuto non conveniente l’offerta dell’impresa prima classificata, ed aveva deciso di non dichiarare l’aggiudicazione definitiva. I Giudici amministrativi, hanno fatto propri gli insegnamenti della giurisprudenza maggioritaria, secondo la quale: “a) la possibilità che ad un’aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non sussista alcuna illegittimità nell’operato dell’Amministrazione; b) l’atto che, dopo l’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, dichiara di non procedere all’aggiudicazione definitiva della gara, costituisce non già una “revoca” in senso tecnico dell’aggiudicazione, ma la dichiarazione di mancata conclusione della procedura; in tal caso non è dovuto neppure l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/1990, ipotesi che presuppone la “revoca” in senso tecnico (Cons. Stato, Sez. III, 28 febbraio 2014, n. 942)”. Qualora le motivazioni avanzate dall’amministrazione siano congrue e legate ad elementi sopravvenuti rispetto all’indizione della gara, non è configurabile alcun tipo di responsabilità precontrattuale della p.a. e nessun risarcimento per l’operatore economico interessato. (Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 23 marzo 2015) Economia e fisco Il portale ENEA apre alle comunicazioni per il bonus energetico 2015 E' ora aperto lo sportello telematico dell'Enea, tramite cui è possibile trasmettere direttamente all'ente pubblico la documentazione necessaria al fine di beneficiare del bonus sul risparmio energetico per gli interventi sostenuti nel 2015. La legge di stabilità 2015, infatti, ha prorogato la detraibilità nella misura del 65% sulle spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici, sostenute da persone fisiche e imprese fino al 31 dicembre 2015. La medesima legge ha, inoltre, esteso l'agevolazione ad altri tipi di interventi: schermature solari (fino a 60.000 euro) e impianti di climatizzazione invernale alimentati da biomasse combustibili (fino a 30.000 euro). La documentazione da acquisire per poter richiedere l'agevolazione, rilasciata da tecnici abilitati alla progettazione di edifici e impianti, iscritti ai rispettivi ordini professionali, è la seguente: asseverazione del tecnico abilitato (o in sostituzione dichiarazione del direttore dei lavori); UNITELNews24 20 attestato di certificazione (o qualificazione) energetica; scheda informativa degli interventi realizzati, in cui vanno indicati i dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese, dati relativi all'edificio, la tipologia di intervento ed il risparmio energetico conseguente. Entro 90 giorni dalla data di collaudo lavori (non data di pagamento), il contribuente invia all'ENEA copia dell'attestato di certificazione (o qualificazione) energetica e la scheda informativa. La trasmissione deve avvenire per via telematica, accedendo al portale dell'ente, registrandosi e inserendo dati ed allegati richiesti. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) Modello di dichiarazione per pagamento TASI Premesso che l'art. 1, co. 687, L. 27.12.2013, n. 147 dispone che ai fini della dichiarazione relativa alla Tasi si applicano le disposizioni concernenti la presentazione della dichiarazione relativa all'Imu, anche il modello di dichiarazione Tasi dev'essere unico e valido su tutto il territorio nazionale, non riscontrando nella disciplina generale del tributo norme da cui è possibile desumere la facoltà per i Comuni di predisporre autonomamente modelli di dichiarazione Tasi. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015) Fabbricati del gruppo catastale «D»: coefficienti per il 2015 Il D.M. 25.3.2015 fissa i coefficienti di aggiornamento per la determinazione del valore dei fabbricati, classificabili nel gruppo catastale «D», non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, di cui all'art. 5, co. 3, D.Lgs. 30.12.1992, n. 504, ai fini dell'applicazione dell'Imu e della Tasi dovute per il 2015. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015) ZFU: istruzioni per l'utilizzo delle agevolazioni In data 3 aprile 2015 è stata pubblicata la Risoluzione n. 36/E dell'Agenzia delle entrate, in materia di applicabilità delle agevolazioni fiscali e contributive previste per le Zone Franche Urbane (ZFU). Le agevolazioni previste consistono in esenzioni da IRES/IRPEF (sul reddito prodotto nella ZFU), IMU (per gli immobili posseduti e siti nei comuni appartenenti alla ZFU in cui l'impresa svolge la propria attività economica), IRAP (sul valore della produzione netta generato nella ZFU), contributi previdenziali sulle retribuzioni da lavoro dipendente di cui l'impresa fruisce attraverso la riduzione dei versamenti dovuti (imposte e contributi per cui l'impresa beneficia di esenzione), tramite utilizzo dei relativi crediti in compensazione. In particolare, l'Amministrazione finanziaria chiarisce che non si applica l'obbligo di apposizione del UNITELNews24 21 visto di conformità per l'utilizzo in compensazione di crediti superiori a euro 15.000. Allo stesso modo, il divieto previsto dall'art. 31, co.1, Dl n. 78/2010, secondo cui, in presenza di debiti iscritti a ruolo superiori a euro 1.500 e scaduti, non si possono utilizzare crediti in compensazione tramite modello F24, non si applica alle compensazioni di tipo verticale e comunque alle agevolazioni concesse tramite crediti d'imposta. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015) IVA Reverse charge: i chiarimenti della Circolare 14/E (II parte) Con la Circolare n. 14/E l'Agenzia delinea in quali casi si applica l'inversione contabile nel settore edile, energetico e in caso di cessioni di pallet. Non si applicano sanzioni per gli inadempimenti commessi fino al 27 marzo 2015. Settore energetico. La norma ha esteso, dall'1.1.2015 al 31.12.2018, l'applicazione del reverse charge allo scambio di certificati e altre unità finalizzate ad incentivare l'efficienza energetica o la produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta non solo dei trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra (scambio istituito dalla Direttiva 2003/87/CE per limitare le emissioni inquinanti in atmosfera), ma anche dei trasferimenti di certificati verdi (produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili), certificati bianchi (risparmio di gas ed energia elettrica tramite sistemi di efficientamento), garanzie di origine (quota di produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili nel proprio mix produttivo), unità di riduzione delle emissioni (ERU), riduzioni certificate delle emissioni (CER). Le cessioni di gas e di energia elettrica, invece, per essere sottoposte a reverse charge, devono avvenire nei confronti di soggetto passivo-rivenditore (ai sensi dell'art.7-bis, co. 3, lett. a), DPR n. 633/1972), inteso come soggetto la cui attività principale è quella di acquistare gas, energia elettrica, calore o freddo al fine di rivenderli ed il cui consumo di tali prodotti si considera trascurabile. Sono, quindi, escluse le cessioni di tali beni a consumatori finali. Resta esclusa dalle nuove disposizioni IVA la cessione di GPL (gas petrolio liquefatto). (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 1° aprile 2015) Reverse charge: i chiarimenti della Circolare 14/E In data 27 marzo 2015 è stata pubblicata sul sito dell'Agenzia delle Entrate la Circolare n. 14/E recante chiarimenti in merito all'estensione del meccanismo del reverse charge a nuove fattispecie, a seguito della modifica dell'art. 17 e dell'art. 74, DPR n. 633/1972, con la Legge di Stabilità 2015. Settore edile. L'applicazione del reverse charge in caso di prestazioni di servizi di pulizia, demolizione, installazione e completamento in relazione ad edifici, si applica, a partire dal 1°gennaio 2015, a prescindere dal rapporto contrattuale tra le parti e della tipologia di attività esercitata. Esso riguarda, dunque, tutte le prestazioni B2B anche da prestatori o verso committenti che non operano nel settore edile (es. servizio di pulizia presso uno studio professionale). Si sottolinea che le nuove fattispecie elencate applicano il meccanismo del reverse charge solo in relazione a prestazioni su UNITELNews24 22 edifici, intesi come fabbricati ad uso abitativo o strumentale, anche in corso di costruzione. Sono quindi da escludersi prestazioni aventi ad oggetto terreni, parcheggi, piscine, giardini, a meno che non costituiscano parti integranti dell'edificio. Pallet. La Legge di Stabilità 2015 ha modificato l'art.74, co. 7, DPR n. 633/1972, estendendo il reverse charge alle cessioni di bancali in legno in tutte le fasi successive alla prima (indipendentemente dalla loro inutilizzabilità o meno al termine del primo ciclo di utilizzo). Sono comunque non sanzionabili tutte le inadempienze commesse fino alla data di pubblicazione della circolare, quindi 27 marzo 2015. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015) Credito d'imposta del 30% sui costi sostenuti per lo sviluppo dei servizi web Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo detta le regole per la fruizione del bonus fiscale destinato a agli esercizi ricettivi, agenzie di viaggi e tour operato per i servizi web. Con decreto 12 febbraio 2015 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 68 del 23 marzo 2015), il dicastero ha infatti tracciato le linee guida del credito d'imposta disciplinato dall'articolo 9 del decreto legge 83/2014, soffermandosi in particolare sulla tipologia e il limite massimo di spesa ammissibile, la procedura di ammissione al beneficio e le modalità di recupero dell'incentivo indebitamente fruito. Beneficiari della misura di aiuto sono gli esercizi ricettivi singoli o aggregati. Nel primo caso - spiega il decreto - si tratta di strutture alberghiere con almeno sette camere ed extra-alberghiere (affittacamere, ostelli, case vacanze, eccetera). Quanto agli esercizi aggregati, gli stessi si riferiscono a strutture singole con servizi extra-ricettivi o ancillari (ristorazione, trasporto, eccetera), riunite in consorzi, reti di impresa, Ati od organismi similari. Sono parimenti agevolati le agenzia di viaggio e i tour operator, purché appartenenti al cluster 10 - Agenzie intermediarie specializzate in turismo incoming, o al cluster 11 - Agenzie specializzate in turismo incoming degli studi di settore. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015) Edilizia e urbanistica Immobili pubblici: Agenzia del demanio avvia gare per manutenzione per circa 800 milioni di euro L’Agenzia del Demanio ha avviato la procedura per la selezione di operatori con i quali stipulare specifici Accordi Quadro, riferiti al biennio 2016-2017, per la realizzazione di lavori di manutenzione degli immobili in uso alle Amministrazioni dello Stato per un importo di quasi 800 milioni di euro. Alle imprese così individuate si dovranno rivolgere, per l’esecuzione di eventuali interventi necessari, le stazioni appaltanti interessate: l’Agenzia stessa, i Provveditorati alle Opere Pubbliche, il Ministero UNITELNews24 23 dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il Ministero della Difesa. In particolare, le Direzioni Regionali dell’Agenzia del Demanio di Abruzzo e Molise, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte e Valle D'Aosta, Marche e Veneto hanno indetto 7 gare, per un totale di 27 lotti, per selezionare 189 operatori. Il valore complessivo stimato degli interventi da realizzare nel biennio è di 241.383.000 euro. I bandi, con scadenza il 5 maggio 2015, sono consultabili sul sito dell’Agenzia del Demanio nella sezione Gare, Aste e Avvisi. Nelle prossime settimane, inoltre, l’Agenzia pubblicherà i bandi di gara per le Regioni restanti, per un valore totale che arriverà così a 787.800.000 euro per lavori su tutto il territorio nazionale. La procedura avviata rientra nell’ambito di quanto stabilito dal D.L. 98/2011, che attribuisce all’Agenzia del Demanio la funzione di centrale di committenza per la stipula di Accordi Quadro riferiti ad ambiti territoriali predefiniti. La selezione degli operatori avviene mediante procedure ad evidenza pubblica (ex art. 55 comma 5 del D.Lgs 163/2006), al fine di realizzare gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui al sistema accentrato di manutenzioni degli immobili in uso alle Amministrazioni centrali dello Stato, il cosiddetto Manutentore Unico. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015) La Liguria approva la nuova legge urbanistica Nella seduta dell'Assemblea legislativa di martedì 24 marzo è stato approvato il disegno di legge 330 Modifiche della legge regionale 4 settembre 1997 numero 36 e successiva modificazione (Legge urbanistica regionale). La revisione della legge urbanistica consiste nella rivisitazione, razionalizzazione e semplificazione, sia di alcuni contenuti degli strumenti di pianificazione del territorio previsti per il livello regionale, provinciale e comunale, con contestuale introduzione della pianificazione della Città metropolitana, sia, soprattutto, delle procedure di formazione di questi piani. È stato approvato, anche, l'ordine del giorno, primo firmatario Antonino Miceli (Partito Democratico) e sottoscritto da consiglieri di tutti i gruppi, per far fronte alla crisi dell'edilizia e, in particolare, per rivedere appalti, recuperare il patrimonio esistente e le periferie. Nella stessa seduta il Consiglio regionale ha approvato, inoltre, il disegno di legge 389 Disposizioni di adeguamento della normativa regionale, che interviene con una serie di adeguamenti della normativa regionale rispetto al quadro legislativo nazionale, soprattutto in materia di servizi sociosanitari, edilizia, aree protette, settore turistico-alberghiero, tutela ambientale, rifiuti. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015) UNITELNews24 24 Beni culturali: coniugare tutela con riuso “Serve una nuova politica di tutela dei monumenti, dei beni architettonici e paesaggistici che tenga conto dei nuovi paradigmi di riduzione del consumo del suolo e di riuso delle aree urbane, di confort abitativo ma anche di innovazione tecnologica e della necessità, improrogabile, del risparmio energetico. Così come cambiano l'urbanistica e l'architettura, deve cambiare anche l'approccio alla tutela, valorizzando i principi di riuso dell'esistente e coniugando la tutela di edifici e paesaggi con la vita contemporanea”. Così Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. “Non è più tempo di contrapposizioni ideologiche tra chi vuole demolire e chi considera intoccabile qualunque preesistenza: è tempo, invece, di una discussione aperta e senza pregiudizi culturali nella quale gli architetti sono impegnati in prima linea - che tenga anche conto del fatto che senza la collaborazione dei cittadini, la tutela dei centri e dei borghi storici è impossibile. Per rendere partecipe dello sviluppo il meraviglioso sistema dei centri storici minori italiani che sono stati abbandonati per costruire orribili sobborghi, si deve incentivare - anche fiscalmente - il loro riuso, così come creare le condizioni perché in quei luoghi si torni a vivere e a lavorare”. “Dove c'è la vita normale dei cittadini - continua Freyrie - devono esserci tutela e manutenzione, ma anche le condizioni tecniche, scientifiche e culturali perché la vita contemporanea riusi la storia: il rischio - altrimenti - è quello della museificazione e di comportamenti simili a quelli delle comunità hamish degli Stati Uniti che continuano a vivere in un passato che intorno a loro nemmeno esiste più”. “Tra le priorità - secondo il presidente degli architetti italiani - quelle che le Soprintendenze tornino a indirizzare energie e competenze sui progetti di tutela vera e propria e che si liberino dal controllo delle minuzie e dei piccoli interventi reversibili, che rappresentano attualmente il 70% del loro lavoro; e che, per garantire la conservazione e la valorizzazione del nostro sterminato patrimonio dei beni culturali si ricorra alla collaborazione dei privati perché nessun bilancio pubblico è in grado sostenerne gli immensi costi”. “Con un lavoro intelligente e aperto di educazione civica - conclude Freyrie - di linee guida per i progetti, di formazione dei progettisti e di dialogo culturale, si può rinnovare il modello della tutela dei beni architettonici e ambientali che oggi hanno bisogno di meno sottoscrizioni e di appelli sui quotidiani e di un maggiore e concreto coinvolgimento della comunità dei cittadini”. (www.awn.it, 24 marzo 2015) Emergenza abitativa: il Piemonte adotta misure straordinarie Contro l’emergenza abitativa collegata alla crisi, la Regione Piemonte concede ai Comuni la possibilità UNITELNews24 25 di prorogare per due anni le assegnazioni provvisorie in corso di case popolari e di rinnovare per due anni quelle già scadute. A consentire l’operazione è un disegno di legge proposto dall’assessore alla Casa, Augusto Ferrari, e approvato il 3 marzo all'unanimità dal Consiglio regionale. (L.R. 11 marzo 2015, n. 4 - B.U. n. 10 - S.O. n. 2). “Il provvedimento - puntualizza Ferrari - nasce dalla constatazione di una trasformazione profonda nelle assegnazioni temporanee extra-bando, divenute uno degli strumenti principali con cui i Comuni hanno provato ad affrontare la piaga della morosità incolpevole. Abbiamo scelto di dare uno strumento chiaro e trasparente ai Comuni, evitando singole risposte a ciascuna singola richiesta". “In questo modo - aggiunge - abbiamo posto un altro tassello del nostro progetto complessivo sulla casa, dopo la riforma delle Atc, le misure a sostegno della locazione e il disegno di legge sull’autorecupero, che sarà presto in aula. La prossima tappa sarà la revisione complessiva delle legge che regola l’assegnazione delle case popolari. È, infatti, giunto il momento in cui abbiamo tutti gli elementi strutturali per affrontare in modo complessivo il tema dell'edilizia sociale in Piemonte". (www.regione.piemonte.it, 24 marzo 2015) Energia In arrivo il nuovo decreto sui requisiti minimi di certificazione energetica Dopo un lungo iter legislativo, sembra finalmente giunto nella sua fase finale il decreto ministeriale che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche degli edifici, ivi incluso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, nonché le prescrizioni e i requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici e unità immobiliari. Il decreto, non ancora pubblicato in Gazzetta, si applica agli edifici pubblici e privati, siano essi edifici di nuova costruzione o edifici esistenti sottoposti a ristrutturazione. Il provvedimento citato è composto dai seguenti 9 articoli: Ambito di intervento e finalità; Definizioni; Criteri e metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici; Criteri generali e requisiti delle prestazioni energetiche degli edifici; Criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti; Funzioni delle Regioni e delle Province autonome; Strumenti di calcolo; Abrogazioni e disposizioni finali; Entrata in vigore. Il decreto contiene, inoltre, un allegato che disciplina i criteri generali e requisiti delle prestazioni UNITELNews24 26 energetiche degli edifici. In particolare nell’allegato viene delineato il quadro comune generale per il calcolo della prestazione energetica degli edifici e per la loro classificazione in base alla destinazione d’uso. Il capitolo 3 dell’allegato detta i requisiti e le prescrizioni specifiche per gli edifici di nuova costruzione o soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello, nonché i requisiti degli edifici a energia quasi zero. Per ristrutturazione importante di primo livello si intende l’intervento, il quale, oltre ad interessare l’involucro edilizio con un’incidenza superiore al 50% della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, comprende anche la ristrutturazione dell’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva asservito all’intero edificio. In tali casi i requisiti di prestazione energetica si applicano all’intero edificio e si riferiscono alla sua prestazione energetica relativa al servizio o servizi interessati. Il successivo capitolo 4 detta invece i requisiti e le prescrizioni per gli edifici soggetti a ristrutturazioni importanti di secondo livello. Con questa definizione si intendono gli interventi che interessano l’involucro edilizio con un incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio e può interessare l’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva. In tali casi, i requisiti di prestazione energetica da verificare riguardano caratteristiche termo-fisiche delle sole porzioni e delle quote di elementi e componenti dell’involucro dell’edificio interessati dai lavori di riqualificazione energetica e il coefficiente globale di scambio termico per trasmissione, determinato per l’intera parete, comprensiva di tutti i componenti sui cui si è intervenuti. Sono esclusi dell’applicazione dei requisiti minimi di prestazione energetica: 1) gli interventi di ripristino dell’involucro dell’edilizio che coinvolgono unicamente strati di finitura, interni o esterni, ininfluenti dal punto di vista termico (quali la tinteggiatura), o rifacimento di porzioni di intonaco che interessino una superficie inferiore al 10 per cento della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio; 2) gli interventi di manutenzione ordinaria sugli impianti termici. Infine il capitolo 5 è dedicato ai requisiti e alle prescrizione specifiche per gli edifici esistenti sottoposti a riqualificazione energetica. Il decreto dovrebbe entrare in vigore a decorrere dal 1 luglio 2015. (Fausto Indelicato, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015) Approvazione definitiva del Decreto sui Requisiti minimi Il Decreto Requisiti Minimi, che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, nonché dell’applicazione di prescrizione e requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici è stato approvato dalla Conferenza unificata nella seduta del 25 marzo scorso. Si attende ora la pubblicazione sulla UNITELNews24 27 Gazzetta Ufficiale. Le disposizioni del decreto entreranno in vigore a partire dal 1° luglio 2015. (Il Sole 24ORE – Tecnici24, 27 marzo 2015) Pubblica amministrazione/Enti locali Consorzi e piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni Il Sindaco di un Ente locale rivolgeva alla Sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei conti richiesta di parere circa l’applicabilità del piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute - previsto dall’art. 1, comma 612, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 (c.d. legge di stabilità 2015) - alle partecipazioni ai “consorzi di servizi” tra enti locali ex art. 31 decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (per i quali l’art. 35, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 prevede la trasformazione in società di capitali); chiedeva, inoltre, se nel piano di razionalizzazione dovevano essere contemplate (oltre che le partecipazioni dirette ai consorzi di servizi) anche le partecipazioni a società di capitali indirettamente possedute dal Comune per il tramite della partecipazione ai predetti consorzi. Secondo la recente Corte dei conti, sez. reg. contr. Veneto, 30 marzo 2015, n. 205/2015/PAR, l’art. 1, commi 611 e ss., della c.d. legge di stabilità 2015, nel richiamare espressamente le disposizioni contenute nell’art. 3, commi da 27 a 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in tema di dismissione delle società e delle partecipazioni possedute dalle PA, rinnova l’obbligo di valutare l’inerenza di esse rispetto alle funzioni istituzionali dell’ente o amministrazione pubblica socia o partecipante; il quid novi del precetto in questione è dato dal fatto che dette partecipazioni non sono più connotate da una stringente relazione di diretta inerenza, a differenza della versione definitiva dell’art. 3, co. 27, della legge n. 244/2007 e delineata (con la soppressione dell’inciso “o indirettamente”) dall’art. 71, comma 1, lett. b), della legge 18 giugno 2009, n. 69: in guisa che le partecipazioni contemplate dal piano di razionalizzazione sono, expressis verbis, sia quelle direttamente detenute dall’ente che quelle indirettamente. L’universo dei consorzi La risposta all’interrogativo se il piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie pubbliche debba concernere anche i consorzi previsti dall’art. 31 del Dlgs n. 267/2000 non può non prendere avvio dalla distinzione fra due categorie di consorzi, quelli di “funzioni” (nei cui confronti sono state dettate norme limitative) e quelli di “servizi”; questi ultimi sono finalizzati alla gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e non (Corte conti, Sez. Autonomie, 5 marzo 2015, del. n. 9/SEZAUT/2015/QMIG), così che il consorzio fra enti locali UNITELNews24 28 costituisce una delle possibili forme associative (alla pari di convenzioni e unioni), per la cui disciplina il legislatore richiama, in quanto compatibili, le norme previste per le aziende speciali. In tal senso, la giurisprudenza ha in più occasioni evidenziato che il consorzio tra enti locali è definibile come un’azienda speciale di ognuno degli enti associati e, dunque, un ente strumentale per l’esercizio in forma associata di servizi pubblici o funzioni; ne discende che troveranno applicazione le norme che valgono per le aziende speciali per quanto riguarda l’attività di erogazione del servizio, mentre saranno applicabili quelle dei consorzi ove si tratti di regolamentare la vita associativa fra i comuni consorziati, come palesato dall’inciso legislativo “in quanto compatibili”. Orbene, il fatto che sia stata riconosciuta ai consorzi ex art. 31 del Dlgs n. 267/2000 tale natura induce a ritenere che il suddetto piano operativo di razionalizzazione non può concernere i consorzi di servizi di enti locali, proprio perché tale figura non appare identificabile con quella del consorzio d’imprese (art. 2602 c.c.). Ciò evidentemente non toglie che tale piano operativo di razionalizzazione possa riguardare la partecipazione in un consorzio se costituito in forma di società, potendo l’oggetto sociale tipico del consorzio (l’organizzazione in comune di determinate fasi delle rispettive imprese) essere perseguito anche mediante la costituzione di società di persone o di capitali (sul punto cfr. ancora Corte conti, Sez. Autonomie, 5 marzo 2015, del. n. 9/SEZAUT/2015/QMIG). La distinzione tra enti e società non può, ai fini della redazione del piano operativo, essere obliterata ed, anzi, trova rinnovata conferma, sia per l’esplicito richiamo alle regole già contenute nell’art. 3, comma 27, legge n. 244/2007, sia per il dato testuale contenuto nell’art. 1, comma 611, della c.d. legge di stabilità 2015, che fa riferimento unicamente alle società e alle partecipazioni societarie (anche indirette). In tale direzione, del resto, si era mossa la giurisprudenza in vigenza della norma contenuta nell’art. 3, comma 27 e ss., legge n. 244/2007. Le partecipazioni indirette Il piano operativo di razionalizzazione, a differenza di quanto avvenuto con legge n. 244/2007 - ed è questo uno degli elementi di novità della più recente disciplina - non deve limitarsi alle società ed alle partecipazioni societarie direttamente possedute dalle PA richiamate nella norma (tra cui, gli enti locali), ma dovrà estendersi anche a quelle indirette. Proprio per questo motivo, alla luce dell’inequivoco dato testuale (per l’appunto di novità), ove il consorzio detenga partecipazioni societarie deve ritenersi che si debba operare la prescritta verifica di compatibilità della partecipazione detenuta con il fine per il quale è stato costituito, cioè “la gestione associata di uno o più servizi e l’esercizio associato di funzioni” degli enti che lo costituiscono. (Giovanni Dato, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 9 aprile 2015) UNITELNews24 29 Società partecipate: il Comune deve sempre effettuare un costante ed effettivo monitoraggio sull'andamento gestionale Un’interessante pronuncia della Corte dei Conti in sede di controllo - delibera 19/03/2015 n.181/2015/PRSP, sezione di controllo per la regione Veneto - pone l’accento sulla necessità, da parte del Comune ovvero di altro ente territoriale titolare della partecipazione azionaria totalitaria, di effettuare un effettivo e costante monitoraggio sull’andamento gestionale della propria partecipata. Il giudice del controllo, nell’esaminare il rendiconto della gestione di un comune veneto, ha accertato seri problemi circa la governance degli organismi partecipati, evidenziando criticità in ordine alla effettiva tenuta degli equilibri di bilancio dell’ente locale, causa l’omissione della nota informativa prevista dall’articolo 6, comma 4 del decreto legge 6 luglio 2012 n.95 ( c.d. decreto spending review). La predetta disposizione normativa, in vigore fino al 31/12/2014, disponeva l’obbligo per i Comuni, titolari di partecipazioni azionarie o di capitali, di redigere ed allegare al rendiconto della gestione una nota informativa attestante la veridicità dei crediti e debiti reciproci tra ente locale e società partecipata, nota che deve evidenziare analiticamente eventuali discordanze fornendone adeguata motivazione. In tal caso il Comune deve adottare senza indugio, e comunque non oltre il termine dell'esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie. Correttamente, la Corte contabile territoriale evidenzia che, in relazione al complesso rapporto che si pone, a legislazione vigente, tra ente locale e organismi comunque partecipati, l'utilizzo di risorse pubbliche impone particolari cautele e obblighi in capo a tutti coloro che - direttamente o indirettamente - concorrono alla gestione di tali risorse. La cattiva gestione del danaro pubblico, oltre al danno che si riflette sulla comunità locale, genera sia la giurisdizione che il controllo della Corte dei conti. Le cautele e gli obblighi, cui il giudice del controllo si riferisce, sono quelli inscindibilmente connessi alla natura pubblica delle risorse finanziarie impiegate e, pertanto, non vengono meno neanche a fronte di scelte politiche volte a porre a carico degli organismi partecipati, e dunque indirettamente a carico degli enti locali che partecipano al capitale di tali società, i costi di attività e servizi che, UNITELNews24 30 sebbene non remunerativi per il soggetto che li svolge si prefiggono tuttavia il perseguimento di obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell'intera collettività. Tali scelte politiche, per il negativo e ingente impatto che esse producono sulle finanze e sul patrimonio dell'ente partecipante non presuppongono soltanto che quest'ultimo sia in grado di sopportarne i relativi oneri senza pregiudizi per il proprio equilibrio finanziario e patrimoniale, ma richiedono, a monte, approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell'attività societaria rispetto: a. alla missione istituzionale dell'ente; b. all'effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito ai relativi costi/benefici; c. all'appropriatezza del modulo gestionale; d. alla comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/ costi/ risultati offerti da possibili moduli alternativi; e. alla capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un'ottica di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale. Inoltre, l’ente locale non può non effettuare un costante e attento monitoraggio in ordine all'effettiva permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato la scelta partecipativa iniziale nonché adottare tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel corso della vita dell’organismo, negli elementi originariamente valutati. É palese, quindi, la necessità per il Comune, indipendentemente dalla consistenza più o meno ampia delle proprie partecipazioni, di effettuare un effettivo monitoraggio sull’andamento gestionale delle stesse, tale da prevenire fenomeni patologici e ricadute negative sul bilancio dell’ente. Infatti, la necessità in altri termini di effettuare una seria indagine sui costi e ricavi e sulla stessa pertinenza dell’oggetto sociale alle finalità dell’ente, non può prescindere da un’azione preventiva di verifica e controllo da parte del Comune in merito alle attività svolte. In tale prospettiva, l'intera durata della partecipazione deve essere accompagnata dal diligente esercizio di quei compiti di vigilanza (es., sul corretto funzionamento degli organi, sull'adempimento degli obblighi contrattuali), d'indirizzo (es., attraverso la determinazione degli obiettivi di fondo e delle scelte strategiche) e di controllo (es, sotto l'aspetto dell'analisi economico finanziaria dei documenti di bilancio) che la natura pubblica del servizio (e delle correlate risorse), e la qualità di socio comportano. (Ulderico Izzo, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 8 aprile 2015) UNITELNews24 31 Dovere di custodia dei fascicoli da parte della PA Con la sentenza n. 792/2015, il Tar di Milano si è pronunciato sulla vicenda di una studentessa che, superata la selezione per l’ammissione alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Pavia, effettuava il pagamento delle tasse di iscrizione e tuttavia non veniva immatricolata per la mancata produzione in tempo utile di un documento. Interpellata, l’Università rispondeva che “gli Uffici non dispongono di alcun fascicolo riferibile alla sopra citata né di alcuna documentazione ufficiale”. Avverso il sostanziale diniego l’interessata proponeva ricorso chiedendone l’annullamento oltre che la condanna dell’Amministrazione a consentire l’accesso agli atti richiesti. Muovendo dalla premessa che il superamento della selezione rende poco verosimile che l’Università non abbia aperto un fascicolo (cartaceo o elettronico) sulla ricorrente, soggetto che ha intrattenuto rapporti qualificati con l’Ateneo, in forza del superamento della selezione, i giudici amministrativi milanesi hanno ricordato anzitutto che ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. d) della L. 241/1990 per documento amministrativo si intende “ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”. Ciò detto, l’affermazione dell’Università circa la non disponibilità, oltre che del fascicolo della ricorrente, di alcuna documentazione ufficiale, da un lato, non trova conferma nelle circostanze di fatto sopra evidenziate, dall’altro si presenta non coerente con la definizione di documento amministrativo previsto dalla norma richiamata, in cui sono ricompresi anche atti interni. In ogni caso va rilevato che laddove la documentazione richiesta non venga rinvenuta dall'amministrazione, la stessa è tenuta ad indicare quantomeno le concrete ragioni dell'impossibilità di reperire gli atti, evidenziando la specifica attività di ricerca operata a tal fine ovvero le disposizioni organizzative interne che disciplinano la custodia dei documenti e che consentono la dismissione degli stessi ovvero, ancora, la denuncia di smarrimento. In mancanza di giustificazioni, supportate da oggettivi elementi di riscontro, il diniego di accesso che si fondi sulla mera affermazione dell’insussistenza della documentazione richiesta deve ritenersi non motivato e quindi illegittimo (Tar Cagliari sez. II, 8 aprile 2013 n. 276; Cons. Stato, sez. VI, 13 febbraio 2013, n. 892). Deve aggiungersi che ai sensi dell’art. 10 comma 2 lett. b) del Dlgs 42/2004 i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri Enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico UNITELNews24 32 sono da considerarsi beni culturali ai fini dell’applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo, ed in particolare, per quanto qui rileva, dell’osservanza degli obblighi conservativi dei documenti stessi. Sotto ulteriore e concorrente profilo va rimarcato che la consegna dei documenti ad una PA, per fini connessi all'esercizio delle funzioni proprie di quest'ultima, come avvenuto nel caso di specie in sede di domanda di preiscrizione (in occasione della quale l’interessata ha prodotto vari documenti), va qualificata come un deposito che onera la PA di obblighi di diligente custodia (Tar Reggio Calabria 9 febbraio 2010 n. 64), rispetto ai quali la mera asserzione di “non disponibilità” si pone come palese inadempimento. (Tar Lombardia-Milano, sez. III, Sentenza 23 marzo 2015, n. 792). (Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 8 aprile 2015) PA, open data, trasparenza e condivisione delle informazioni: come orientarsi senza violare la legge? L’innovazione, la gestione digitalizzata delle comunicazioni e dei processi, la trasparenza e l’interattività con il cittadino sono gli elementi che hanno reso gli Open data un perno delle strategie di e-Government. Condivisione di dati Tuttavia occorre distinguere la condivisione dei dati tra le PA dai dati “aperti”, gratuitamente utilizzabili e riutilizzabili da tutti, anche per fini commerciali. La condivisione del patrimonio informativo pubblico subentra nel nostro ordinamento grazie all’articolo 52 del Cad: la norma stabilisce che le amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e le società partecipate a maggioranza pubblica, inserite nel conto economico consolidato della PA, devono pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale il catalogo dei dati, dei metadati e delle relative banche dati in loro possesso e i regolamenti che ne disciplinano l’esercizio della facoltà di accesso telematico e il riutilizzo, fatti salvi i dati presenti in Anagrafe tributaria. La condivisione di dati, quindi, riguarda un ambito ristretto, costituito dalle pubbliche amministrazioni o dagli enti con finalità pubbliche e può avere ad oggetto dati personali. Dati aperti I dati aperti, definiti dall’articolo 1, comma 1 lett. n), del Cad, invece, sono dati: conoscibili da chiunque (pubblici); disponibili (liberamente usabili); accessibili (disponibili in formato aperto); gratuiti. UNITELNews24 33 Il requisito essenziale dell’accessibilità che contraddistingue il dato aperto richiede la presenza dei relativi metadati. I metadati hanno un ruolo di fondamentale importanza nella comprensione e nella ricerca dei dati, poiché facilitano lo scambio di informazioni, lo sviluppo di servizi e applicazioni e il riuso dei dati contenuti nei dataset della pubblica amministrazione. In considerazione della loro importanza, si delineano due dimensioni relative alla qualità dei metadati: la prima riguarda la forza del legame fra dato e metadato, la seconda il livello di dettaglio, ossia la “granularità” della descrizione dei metadati. A tal proposito è importante anche la distinzione che intercorre tra formato dei dati di tipo aperto e dati di tipo aperto, puntualmente sottolineata dall’articolo 68, comma 3, del Cad. In applicazione del principio di matrice europea dell’“Open data by default”, i dati e i documenti pubblicati dalle amministrazioni senza i termini di un’apposita licenza rientrano fra i dati di tipo aperto di cui alla lett. b) del comma 3 dell’articolo 68 del Cad. La tipologia dei dati di tipo aperto è caratterizzata dall’assenza di dati personali e dalla pubblicazione secondo le modalità indicate dal già citato articolo 68 del Cad, differenziandosi pertanto sostanzialmente dal concetto di “formato di dati di tipo aperto”, in cui le amministrazioni devono pubblicare, ad esempio, i dati per finalità di trasparenza. Con il cosiddetto decreto Trasparenza, infatti, si è previsto che la pubblicazione dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria segua il formato di tipo aperto e che tali dati siano riutilizzabili a condizione che venga citata la fonte dalla quale sono stati attinti e sia rispettata la loro integrità, ovvero gli stessi non siano modificati. Ad onor del vero, il Garante ritiene che queste due limitazioni al riutilizzo non siano le uniche apponibili e individua in casi specifici ulteriori paletti al riutilizzo. In effetti, considerando che i dati di obbligatoria pubblicazione da parte delle PA contengono spesso dati personali, il rischio di una violazione della privacy è sempre dietro l’angolo. Trasparenza e privacy sono conciliabili? E allora, come conciliare gli obblighi previsti dal decreto Trasparenza con l’altrettanto fondamentale protezione dei dati personali? L’amministrazione può pubblicare dati personali e identificativi sul proprio sito web istituzionale solo se autorizzata in tal senso da una norma di legge o di regolamento e in ottemperanza dei principi di finalità, necessità, pertinenza e non eccedenza contenuti nel Codice della privacy. Talvolta però, per agire in conformità alle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da un lato e agli obblighi di trasparenza dall’altro, è necessario che le pubbliche amministrazioni e gli altri enti tenuti adottino determinati comportamenti. Alcuni di questi adempimenti sono stati individuati dal Garante che, nelle Linee guida sulla trasparenza delle PA sui siti web, individua come punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze di privacy e di trasparenza, un atteggiamento accorto della pubblica amministrazione. UNITELNews24 34 Ad esempio, il soggetto pubblico dovrà scegliere, a seconda delle circostanze, i dati da pubblicare e quelli da oscurare, ferma la loro rimozione nel momento in cui gli effetti del provvedimento che ne ha giustificato la pubblicazione volgano al termine. Pertanto, è chiaro come la pubblica amministrazione non pubblichi online solo dati di tipo open. A seconda delle finalità della pubblicazione, i dati si distingueranno tra dati di tipo aperto e dati da pubblicare in formato di tipo aperto, distinzione non scevra di effetti nella pratica in quanto, come si è detto, il soggetto pubblico sarà tenuto ad adoperare determinate precauzioni per non compiere una violazione dei dati personali dell’interessato, a differenza di quanto accade con gli Open data che non comportano problematiche relative al trattamento dei dati personali. (Andrea Lisi, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 2 aprile 2015) Il contenzioso elettorale compete all'ente locale Con la sentenza n. 522/2015, la Sezione I del Tar Puglia-Bari, ha affermato che la legittimazione passiva nel giudizio elettorale spetta all'Ente cui i risultati della consultazione elettorale oggetto della lite sono giuridicamente imputati e non all'Amministrazione statale o ad altri organi, quale l'Ufficio elettorale, che pur avendo svolto compiti, anche di primaria importanza, nel procedimento elettorale, sono destinati a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti e che, in ogni caso, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 17 marzo 2015, 1376; 21 dicembre 2012, n. 6607). Né in senso contrario può argomentarsi adducendo che vi sarebbe un evidente conflitto d’interessi, atteso che l’Ente locale finirebbe per tutelare solo gli interessi della maggioranza politica eletta, pur quando, come nella specie, venga contestata proprio la legittimità della sua proclamazione. Ciò perché la partecipazione dell’Ente locale al processo elettorale consente che esso si svolga con un contraddittorio quanto più rispettoso degli interessi dell’intera comunità di riferimento, che non possono che essere rappresentati dalla persona giuridica interessata, cui i risultati della competizione sono imputati e i cui organi, nella loro attuale composizione, sono sottoposti a giudizio di validità. Senza tralasciare di evidenziare che il bene della vita che parte ricorrente intende conseguire, ovvero che la rappresentanza politica rispecchi il volere del corpo elettorale, secondo le regole fissate dall’ordinamento, è proprio di ogni cittadino elettore e richiede una rappresentazione unitaria espressa proprio dall’Ente, la cui composizione, risultante all’esito dello svolgimento democratico delle operazioni elettorali, è posta in discussione. Le riferite considerazioni trovano conferma, oltre che nella pacifica giurisprudenza (ex multis Cons. Stato , sez. V., 19 giugno 2012, n. 3557), anche nel dettato normativo che individua espressamente nell'ente locale interessato dalle elezioni la parte pubblica necessaria nel giudizio elettorale. In particolare, l'articolo 130, comma 3, Cpa stabilisce che il ricorso relativo alle operazioni elettorali riguardanti le consultazioni amministrative debba essere notificato "all'ente della cui elezione si UNITELNews24 35 tratta", oltre che alle altre parti che vi abbiano interesse. (Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 2 aprile 2015) Agli amministratori locali non spetta il rimborso delle spese legali La prima sezione della Corte di cassazione con la recente pronuncia n. 5264 del 17 marzo 2015 si è occupata della tematica riguardante il rimborso delle spese legali richiesto da un Sindaco di un comune milanese, il quale riteneva che fosse a lui applicabile la disposizione normativa dell’art. 67 del Dpr 268/1987 secondo il quale “L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”. La questione della spettanza del rimborso delle spese legali, limitatamente, agli amministratori locali (Sindaci, Assessori, Consiglieri), è stata, in origine, materia di dibattito, in quanto, in passato, il giudice amministrativo riteneva che la norma in parola, anche se espressamente riguardanti il personale, era da ritenersi estensibili anche agli amministratori degli enti locali. (Consiglio di Stato, sezione V – Sentenza 17 luglio 2001 n. 3946). La questione, poi, è stata affrontata, per i profili attinenti alla finanza pubblica, dalla Corte dei conti, la quale poneva le condizioni legittimanti il rimborso. In più sentenze la Corte contabile ha precisato che per ottenere da parte dell’ente locale il rimborso delle spese legali sostenute nel corso di un procedimento penale, è condizione necessaria che sia stata riconosciuta l’assenza del dolo o della colpa grave e che il procedimento giudiziario si sia concluso con una sentenza di assoluzione con formula piena per il pubblico amministratore e non con una sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione. In assenza di tali condizioni, sussiste la responsabilità amministrativa di coloro che hanno disposto il rimborso delle spese legali in favore di un amministratore che è stato assolto in sede penale per intervenuta prescrizione. (Corte dei conti, sezione giur. Regione Abruzzo – sentenza 17 maggio 2004 n. 428) La sentenza in commento è in linea, invece, con quell’orientamento giurisprudenziale della stessa Corte di legittimità che ritiene, non si applicabile agli amministratori degli enti locali. l’articolo 67 del Dpr 15 maggio 1987 n. 268. Infatti il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non compete all’assessore comunale, né al consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano UNITELNews24 36 nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né trovare applicazione la disciplina privatistica in tema di mandato. Il Sindaco o altro amministratore locale è un funzionario onorario, il cui rapporto con la PA è connesso all'attribuzione di funzioni pubbliche, e si distingue sia dai rapporti di pubblico impiego, sia dai rapporti di parasubordinazione o di collaborazione continuativa e coordinata, atteso che il funzionario onorario non è esterno all'Ente pubblico, ma si identifica funzionalmente con l'Ente medesimo e agisce per esso e il compenso allo stesso dovuto non ha carattere sinallagmatico - retributivo ma indennitario. Il diritto al rimborso delle spese legali, quindi, spetta solo a coloro che sono legati con l’ente pubblico da un rapporto di lavoro dipendente. (Ulderico Izzo, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 31 marzo 2015) Rifiuti REACH: modificato il Regolamento per lo studio esteso di tossicità per la riproduzione su una generazione Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n°L50 del 21/02/2015 è stato pubblicato il Regolamento (UE) 2015/282 della Commissione, del 20 febbraio 2015, recante modifica degli allegati VIII, IX e X del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda lo studio esteso di tossicità per la riproduzione su una generazione. Gli allegati così aggiornati sono in vigore dal 13 marzo 2015. (Francesca Sartori, Il Sole 24 Ore – Tecnici24, 23 marzo 2015) UNITELNews24 37 Legge e prassi (G.U. 18 aprile 2015, n. 90) Ambiente MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 12 febbraio 2015, n. 31 Regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei punti vendita carburanti, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validità 2011-2015, del Parco nazionale della Sila, ricadente nei territori della regione Calabria. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione dei Piani antincendio boschivo, con periodo di validità 2012-2016, delle Riserve naturali statali «Iona-Serra della Guardia», «Serra Nicolino-Piano d'Albero», «Cropani-Micone» e «Marchesale», ricadenti nei territori della regione Calabria. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validità 2013-2017, del Parco Nazionale dell'Aspromonte, ricadente nei territori della regione Calabria. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12 marzo 2015 Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel territorio della regione Emilia-Romagna nei giorni dal 4 al 7 febbraio 2015. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 16 marzo 2015 Proroga delle contabilità speciali n. 3233 e n. 5235. Ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 34 del 31 dicembre 2012 e n. 47 del 6 febbraio 2013. (Ordinanza n. 230). UNITELNews24 38 (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 10 marzo 2015 Adozione delle misure tecniche di cui ai Piani di gestione locali inerenti la regione Calabria. (G.U. 26 marzo 2015, n. 71) MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 10 marzo 2015 Linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette. (G.U. 26 marzo 2015, n. 71, S.O. n. 16) DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 febbraio 2015 Indirizzi operativi inerenti la predisposizione della parte dei piani di gestione relativa al sistema di allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile di cui al decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 di recepimento della Direttiva 2007/60/CE. (G.U. 31 marzo 2015, n. 75) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE DECRETO 2 febbraio 2015 Indicazioni, alle componenti e alle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile, inerenti l'aggiornamento delle pianificazioni di emergenza ai fini dell'evacuazione cautelativa della popolazione della «Zona Rossa» dell'area vesuviana. (G.U. 31 marzo 2015, n. 75) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 17 febbraio 2015, n. 37 Regolamento recante modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul prodotto denominato biodiesel, nell'ambito del programma pluriennale 2007-2010, da adottare ai sensi dell'art. 22-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504. (G.U. 1 aprile 2015, n. 76) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, DELIBERA 10 novembre 2014 Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001). Progetto per la salvaguardia della laguna e della città di Venezia: Sistema Mo.S.E. (CUP D51B02000050001) 11° assegnazione, 1° e 2° atto aggiuntivo al 43° atto attuativo alla Convenzione generale 4 ottobre 1991, rep. n. 7191 tra Magistrato alle acque di Venezia e Consorzio Venezia nuova, aggiornamento della tabella di cui all'allegato 3 della delibera 21 dicembre 2012, n. 137. (Delibera n. 42/2014). (G.U. 17 aprile 2015, n. 89) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 28 gennaio 2015 Regione Siciliana - Riprogrammazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2007-2013 per concorso agli obiettivi di finanza pubblica e per la bonifica ambientale nella valle del Belice. (Delibera n. 6/2015). (G.U. 18 aprile 2015, n. 90) Appalti DECRETO LEGISLATIVO 31 marzo 2015, n. 42 Attuazione della direttiva 2008/8/CE, che modifica la direttiva 2006/112/CE, per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi. (G.U. 18 aprile 2015, n. 90) UNITELNews24 39 AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DETERMINA 25 febbraio 2015 Rapporto tra stazione unica appaltante e soggetto aggregatore (centrale unica di committenza) prime indicazioni interpretative sugli obblighi di cui all'art. 33, comma 3-bis, decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii. (Determina n. 3). (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) Economia e Fisco MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO DECRETO 12 febbraio 2015 Disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta agli esercizi ricettivi, agenzie di viaggi e tour operator. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 11 marzo 2015 Adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e della stima delle capacità fiscali per singolo comune delle regioni a statuto ordinario. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO DECRETO 12 febbraio 2015 Disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta alle piccole e medie imprese dell'esercizio cinematografico. (G.U. 24 marzo 2015, n. 69) MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO DECRETO 5 febbraio 2015 Disposizioni applicative per l'estensione ai produttori indipendenti di dell'attribuzione del credito d'imposta per le attività cinematografiche. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) opere audiovisive MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 16 marzo 2015 Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2008, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 16 marzo 2015 Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2009, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. (15A02187) (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE UNITELNews24 40 DECRETO 16 marzo 2015 Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2010, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 16 marzo 2015 Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'anno 2011, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA FAMIGLIA COMUNICATO Rivalutazione, per l'anno 2015, della misura e dei requisiti economici dell'assegno per il nucleo familiare numeroso e dell'assegno di maternità. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) LEGGE 24 marzo 2015, n. 33 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70, S.O., n. 15) LEGGE 24 marzo 2015, n. 34 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70, S.O., n. 15) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 20 marzo 2015 Fondazioni Bancarie. Misure dell'accantonamento alla riserva obbligatoria e dell'accantonamento patrimoniale facoltativo per l'esercizio 2014. (G.U. 27 marzo 2015, n. 72) BANCA D'ITALIA PROVVEDIMENTO 22 dicembre 2014 Istruzioni per la redazione dei bilanci e dei rendiconti degli Intermediari finanziari ex art. 107 del TUB, degli Istituti di pagamento, degli IMEL, delle SGR e delle SIM. (G.U. 27 marzo 2015, n. 72, S.S. n. 4) BANCA D'ITALIA CIRCOLARE 22 dicembre 2005, n. 262 Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione - 3° aggiornamento del 22 dicembre 2014 Ristampa integrale. (G.U. 27 marzo 2015, n. 72, S.S. n. 4) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 13 marzo 2015 Certificazione del rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno degli enti locali per l'anno 2014. (G.U. 28 marzo 2015, n. 73) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 9 dicembre 2014 UNITELNews24 41 Aggiornamenti relativi all'anno 2015, delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime. (G.U. 28 marzo 2015, n. 73) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 20 gennaio 2015 Determinazione della misura del contributo dovuto dalle Società cooperative e i loro consorzi, dalle Banche di credito cooperativo e dalle Società di mutuo soccorso per le spese relative alla revisione biennio 2015/2016. (G.U. 30 marzo 2015, n. 74) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 febbraio 2015 Attuazione dell'articolo 1, comma 541, della legge n. 190 del 2014, concernente la concessione di un contributo in conto interessi alle regioni a statuto ordinario su operazioni di indebitamento attivate nell'anno 2015. (G.U. 1 aprile 2015, n. 76) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 25 marzo 2015 Concessione del contributo in conto interessi sui mutui assunti dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane, nell'anno 2015. (G.U. 2 aprile 2015, n. 77) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 10 novembre 2014 Assegnazione delle risorse non utilizzate del fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), per il finanziamento agevolato dei contratti di filiera e di distretto. (Delibera n. 57/2014). (G.U. 2 aprile 2015, n. 77) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 marzo 2015 Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato per il settore fondiario-edilizio, per l'anno 2015. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 marzo 2015 Maggiorazione forfettaria da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato per il settore turistico-alberghiero, per l'anno 2015. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 marzo 2015 Maggiorazione forfettaria da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito agevolato alle imprese artigiane, per l'anno 2015. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 marzo 2015 Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri relativi alle operazioni di credito agevolato per i settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato tessili, dell'editoria e delle zone sinistrate dalla catastrofe del Vajont, per l'anno 2015. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE UNITELNews24 42 DECRETO 26 marzo 2015 Determinazione della commissione onnicomprensiva da riconoscersi, per l'anno 2015, alle banche per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di esercizio. (G.U. 7 aprile 2015, n. 80) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 marzo 2015 Determinazione della commissione onnicomprensiva da riconoscersi, per l'anno 2015, alle banche per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di miglioramento. (G.U. 7 aprile 2015, n. 80) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, DECRETO 3 aprile 2015 Individuazione e modalità di invio al Ministero dell'economia e delle finanze dei dati rilevanti ai fini dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche. (G.U. 15 aprile 2015, n. 87) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 13 marzo 2015 Riparto degli spazi finanziari tra gli enti territoriali per sostenere pagamenti di debiti in conto capitale, in attuazione del comma 6 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 133 del 2014 e del comma 466, punto 1), dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014. (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 2 aprile 2015 Criteri e modalità di ripiano dell'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011. (G.U. 17 aprile 2015, n. 89) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 30 ottobre 2014 Assegnazione di risorse ad interventi per la riqualificazione delle attività industriali e portuali e per il recupero ambientale nell'area di crisi industriale complessa di Trieste, nell'ambito del relativo accordo di programma sulla messa in sicurezza del sito. (Delibera n. 40/2014). (G.U. 17 marzo 2015, n. 63) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 10 novembre 2014 Ripartizione dei contributi previsti per l'anno 2012 a favore dei siti che ospitano centrali nucleari ed impianti del ciclo del combustibile nucleare (decreto-legge n. 314/2003, articolo 4, comma 1-bis, come convertito dalla legge n. 368/2003 e successive modifiche e integrazioni). (Delibera n. 65/2014). (G.U. 17 marzo 2015, n. 63) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 6 marzo 2015 Modifica del decreto 25 luglio 2014, recante i termini e le modalita' di presentazione delle domande per l'accesso alle agevolazioni del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale negli ambiti tecnologici individuati dal programma «Horizon 2020.». (G.U. 18 marzo 2015, n. 64) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20 febbraio 2015, n. 29 Regolamento recante norme attuative delle disposizioni in materia di liquidazione del TFR come parte integrante della retribuzione per il periodo di paga decorrente da marzo 2015 a giugno 2018. UNITELNews24 43 (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) BANCA D'ITALIA PROVVEDIMENTO 19 gennaio 2015 Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio. (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA' E LA BORSA DELIBERA 8 gennaio 2015 Modifiche ai regolamenti di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la disciplina degli emittenti e degli intermediari adottati rispettivamente con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999 e con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e successive modificazioni. (Delibera n. 19094) (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) Immobili MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, DECRETO 19 marzo 2015 Indicazione dei dati da inserire nella nota di iscrizione a ruolo del processo esecutivo per espropriazione. (G.U. 23 marzo 2015, n. 68) MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 26 febbraio 2015, n. 32 Regolamento recante le regole tecniche e operative per lo svolgimento della vendita dei beni mobili e immobili con modalita' telematiche nei casi previsti dal codice di procedura civile, ai sensi dell'articolo 161-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile. (G.U. 24 marzo 2015, n. 69) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 25 marzo 2015 Aggiornamento dei coefficienti per i fabbricati a valore contabile, per l'anno 2015. (15A02401) (G.U. 30 marzo 2015, n. 74) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 26 febbraio 2015 Trasferimento di immobili alla CONI Servizi S.p.A. (G.U. 3 aprile 2015, n. 78) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 11 marzo 2015 Individuazione di beni immobili di proprietà dello Stato. (15A02117) (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 11 marzo 2015 Rettifica del decreto 3 novembre 2014 relativo all'individuazione di beni immobili di proprietà dello Stato. (G.U. 19 marzo 2015, n. 65) UNITELNews24 44 Pubblica Amministrazione MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 12 marzo 2015 Proroga dei termini di decadenza per il compimento di atti per l'irregolare funzionamento dell'Ufficio NEP presso la Corte di appello di Roma. (G.U. 27 marzo 2015, n. 72) MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 11 marzo 2015, n. 36 Regolamento recante la struttura e la composizione dell'ufficio del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. (G.U. 31 marzo 2015, n. 75) MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 11 marzo 2015, n. 38 Regolamento concernente disposizioni relative alle forme di pubblicità del codice deontologico e dei suoi aggiornamenti emanati dal Consiglio nazionale forense, a norma dell'articolo 3, comma 4, della legge 31 dicembre 2012, n. 247. (G.U. 2 aprile 2015, n. 77) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20 dicembre 2014 Definizione dei criteri di utilizzo e modalità di gestione delle risorse del fondo destinato al miglioramento dell'allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 30, comma 2.3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (G.U. 3 aprile 2015, n. 78) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 gennaio 2015 Approvazione dello schema di «allegato conoscitivo» al disegno di legge di bilancio relativo alle gestioni fuori bilancio, in attuazione dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 54. (G.U. 3 aprile 2015, n. 78) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 4 febbraio 2015 Individuazione dei soggetti destinatari delle disposizioni recate dall'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 4 febbraio 2015 Individuazione dei soggetti destinatari delle disposizioni recate dall'articolo 1, comma 353, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. (G.U. 4 aprile 2015, n. 79) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 marzo 2015 Criteri per la designazione dei rappresentanti delle Associazioni familiari a carattere nazionale, nominati componenti della Commissione per le adozioni internazionali. (G.U. 7 aprile 2015, n. 80) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Avviso pubblico per la presentazione di progetti da finanziare a valere sul Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020 Assistenza Emergenziale 2014 «Miglioramento della capacità del territorio italiano di accogliere minori stranieri non accompagnati». (G.U. 7 aprile 2015, n. 80) UNITELNews24 45 COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 28 gennaio 2015 Fondo sanitario nazionale 2012. Ripartizione tra le Regioni delle risorse destinate al finanziamento di interventi per la prevenzione e la lotta all'AIDS (legge 5 giugno 1990, n. 135). (Delibera n. 12/2015). (15A02756) (G.U. 13 aprile 2015, n. 85) COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELIBERA 28 gennaio 2015 Fondo sanitario nazionale 2011. Ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento di interventi per la prevenzione e la lotta all'AIDS (legge 5 giugno 1990, n. 135). (Delibera n. 11/2015). (G.U. 13 aprile 2015, n. 85) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA FAMIGLIA COMUNICATO Avviso concernente la II fase della diffusione su base nazionale dello standard Family Audit (G.U. 15 aprile 2015, n. 87) CORTE DEI CONTI DELIBERA 9 marzo 2015 Linee guida e relativi questionari per gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali per l'attuazione dell'articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Rendiconto della gestione 2014. (Delibera n. 13/SEZAUT/2015/INPR). (G.U. 15 aprile 2015, n. 87, S.O. n. 18) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 18 febbraio 2015, n. 41 Regolamento concernente l'individuazione delle finalità, degli obiettivi, dell'organizzazione, nonché delle modalità concorsuali per l'accesso al corso superiore di polizia tributaria. (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 8 aprile 2015 Approvazione dei modelli di certificazione del rendiconto al bilancio 2014 delle amministrazioni provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni. (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI DELIBERA 15 aprile 2015 Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali, nonché dei consigli circoscrizionali, fissate per il giorno 31 maggio 2015. (Delibera n. 165/15/CONS). (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI DELIBERA 15 aprile 2015 Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale delle regioni Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia, indette per il giorno 31 maggio 2015. (Delibera n. 166/15/CONS). (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI UNITELNews24 46 PROVVEDIMENTO 14 aprile 2015 Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni del Presidente della Giunta regionale e per il rinnovo del Consiglio regionale delle regioni Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto, indette per il giorno 31 maggio 2015. (Documento n. 6). (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI PROVVEDIMENTO 14 aprile 2015 Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso ai mezzi di informazione relative alle campagne per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli comunali, fissate nel mese di maggio 2015. (Documento n. 7). (G.U. 16 aprile 2015, n. 88) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 17 marzo 2015 Riparto dell'anticipazione del 60 per cento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato, agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario - anno 2015. (G.U. 17 aprile 2015, n. 89) ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE COMUNICATO Adozione del Regolamento «Regole dell'Aria Italia» Edizione 2 (G.U. 17 aprile 2015, n. 89) ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE COMUNICATO Adozione del Regolamento «Requisiti specifici per i fornitori di servizi per l'addestramento e la verifica della competenza del personale tecnico ATSEP». (G.U. 17 aprile 2015, n. 89) MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI DECRETO 14 gennaio 2015 Riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali. (G.U. 18 aprile 2015, n. 90) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29 gennaio 2015 Definizione del regime delle incompatibilità per i componenti degli organi di vertice e per i dirigenti della Banca d'Italia e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) cessati dall'incarico. (G.U. 17 marzo 2015, n. 63) AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI DELIBERA 6 novembre 2014 Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per l'anno 2015. (Delibera n. 567/14/CONS). (G.U. 17 marzo 2015, n. 63) GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI COMUNICATO Avviso pubblico sull'avvio della consultazione su «Bozza di Codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di informazione commerciale». (G.U. 17 marzo 2015, n. 63) DECRETO-LEGGE 17 marzo 2015, n. 27 UNITELNews24 47 Disposizioni urgenti per lo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali ed amministrative. (G.U. 18 marzo 2015, n. 64) DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 2015, n. 28 Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67. (G.U. 18 marzo 2015, n. 64) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONFERENZA UNIFICATA ACCORDO 22 gennaio 2015 Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento «Linee guida in materia di modalita' di erogazione dell'assistenza sanitaria negli Istituti penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali». (Rep. n. 3/CU). (G.U. 18 marzo 2015, n. 64) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 dicembre 2014 Disposizioni per il rispetto dei limiti delle spese di personale e delle spese di indebitamento da parte delle università, per il triennio 2015-2017, a norma dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49. (G.U. 20 marzo 2015, n. 66) CORTE DEI CONTI DELIBERA 17 febbraio 2015 Integrazione delle linee guida e dei criteri per l'istruttoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) come introdotto dall'art. 3, comma 1, lettera r) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213, approvati con delibera n. 16/SEZAUT/2012/INPR. (Delibera n. 8/SEZAUT/2015/INPR). (G.U. 20 marzo 2015, n. 66) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Comunicato relativo al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2015, n. 26, concernente: «Regolamento recante attuazione dell'articolo 5, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, in materia di riconoscimento dei figli naturali». (G.U. 20 marzo 2015, n. 66) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 16 marzo 2015 Differimento dal 31 marzo 2015 al 31 maggio 2015 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2015 degli enti locali. (15A02205) (G.U. 21 marzo 2015, n. 67) Sicurezza MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 19 marzo 2015 Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002. (G.U. 25 marzo 2015, n. 70) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, DECRETO 24 febbraio 2015 UNITELNews24 48 Deroga alle disposizioni di cui al decreto 10 gennaio 2013, n. 20, concernente «Norme in materia di approvazione nazionale di sistemi ruote, nonché procedure idonee per la loro installazione quali elementi di sostituzione o di integrazione di parti di veicoli sulle autovetture nuove o in circolazione». (G.U. 26 marzo 2015, n. 71) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 20 marzo 2015 Approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive per l'anno 2015. (15A02349) (G.U. 30 marzo 2015, n. 74, S.O., n. 17) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 16 gennaio 2015 Recepimento della direttiva 2014/103/UE della Commissione del 21 novembre 2014 che adegua per la terza volta al progresso scientifico e tecnico gli allegati della direttiva 2008/68/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al trasporto interno di merci pericolose. (G.U. 3 aprile 2015, n. 78) UNITELNews24 49 Giurisprudenza Appalti Tar Lazio, Sez. II, sentenza 30 marzo 2015, n. n. 4713 NOTA Appalti, equivalenza ampia tra le categorie di opere ai fini dei requisiti di partecipazione Il Tar Lazio torna sul tema dell'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, affrontando la questione della qualificazione per la partecipazione ad una gara, con riferimento alla valutazione delle categorie e alla complessità degli incarichi svolti precedentemente. Con la sentenza n. 4713 del 2015, il Tribunale amministrativo, in applicazione dell'art. 8 del Dm 143 del 2013 per l'affidamento di contratti pubblici di servizi relativi all'architettura e all'ingegneria, ha riconosciuto la corrispondenza delle categorie dei lavori effettuati e quelli da effettuare da parte di una concorrente esclusa, conseguentemente ritenendo soddisfatti i requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis di gara. Più precisamente il Tar ha precisato che i servizi prestati antecedentemente all'entrata in vigore del citato decreto ministeriale che abbiano le categorie Id della legge 143/1949 e Ib del Dm 18 novembre 1971 con grado di complessità 1.20 siano idonei a comprovare il requisito relativo alla ID Opere E.13 grado di complessità 1.20, richiesto da un bando pubblicato successivamente all'entrata in vigore del Dm 143/2013. Il caso L'appalto ha ad oggetto la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria delle coperture, adeguamento alle normative per la prevenzione incendi, per gli impianti elettrici e per il superamento della barriere architettoniche. Tra i requisiti richiesti dal bando in ordine alla capacità tecnica, vi è l'aver eseguito negli ultimi 10 anni servizi relativi a prestazioni concernenti UNITELNews24 50 lavori che attengono alle categorie di opere, di cui alla tavola Z-1 allegata al decreto ministeriale 143 del 2013, categoria Edilizia, destinazione funzionale Cultura, Vita sociale, Sport, Culto, ID Opere E.13 (per la progettazione di tutte le opere di manutenzione straordinaria di carattere edilizio) corrispondenti rispettivamente alla classe Id della legge 143 del 1949. La Stazione appaltante ha dunque escluso la ricorrente ritenendo insussistenti i requisiti tecnici di partecipazione. L'esclusione è dunque stata impugnata dalla ricorrente che ha lamentato la non applicazione del secondo comma dell'art. 8 del Dm 143/2013, in ragione del quale, per la classificazione delle prestazioni rese prima dell'entrata in vigore del decreto, si fa riferimento alle corrispondenze indicate nella tavola Z-1 allegata, ovvero alla mera corrispondenza tra ciascun "ID Opere" di cui alla terza colonna della tavola Z-1, con le rispettive classi e categorie previste dalla legge n. 143 del 1949, di cui alla colonna successiva. Secondo la ricorrente, dunque, allo specifico "ID Opere" contraddistinto dal codice alfanumerico E.13 sarebbero riconducibili tutte le prestazioni professionali svolte, in data antecedente all'entrata in vigore del Dm 143/2013, con riferimento a qualsivoglia opera compresa nell'elenco di cui alla classe I categoria d) della legge 143/1949. Il Dm 143/2013 avrebbe dunque istituito una mera relazione di corrispondenza del nuovo criterio di classificazione basato sulla "ID Opere" con la sola classe e categoria alla quale l'opera appartiene e non anche con la specifica tipologia di quest'ultima. La decisione del Tar Il Tribunale amministrativo ha preliminarmente richiamato la lex specialis, precisando che il requisito in essa previsto è indubbiamente relativo alla categoria Edilizia, destinazione funzionale Cultura, Vita sociale, Sport, Culto, ID opere E.13, ma la stessa disciplina di gara indica che i lavori devono attenere alle dette categorie di opere come specificato nella tabella Z-1 allegata al decreto ministeriale 31 ottobre 2013, n. 143. A mente dell'art. 8 del Dm n. 143 del 2013, la classificazione delle prestazioni professionali relative ai servizi di architettura e ingegneria è stabilita nella tavola Z-1 allegata, tenendo conto della categoria d'opera e del grado di complessità, fermo restando che gradi di complessità maggiore qualificano anche per opere di complessità inferiore all'interno della stessa categoria d'opera. Il secondo comma della stessa norma dispone che, per la classificazione delle prestazione rese prima dell'entrata in vigore del decreto, si fa riferimento alle corrispondenze indicate nella stessa tavola Z1. Ebbene, la tavola Z-1 per la categoria Edilizia, alla destinazione funzionale Cultura, Vita Sociale, Sport Culto ID opere E.13, indica come corrispondenze classi e categorie I/d della legge 143/1949 e I/b del Dm 18 novembre 1971 con grado di complessità 1.20. UNITELNews24 51 Pertanto, conclude il Collegio, occorre ritenere che i servizi prestati antecedentemente all'entrata in vigore del Dm 143 del 2013 che abbiano le categorie Id della legge 143/1949 e Ib del Dm 18 novembre 1971 con grado di complessità 1.20 siano idonei a comprovare il requisito relativo alla ID Opere E.13 grado di complessità 1.20 richiesto da un bando pubblicato successivamente all'entrata in vigore del Dm 143/2013. Nel caso di specie, inoltre, i professionisti indicati dal Consorzio hanno svolto per un valore complessivo Id ampiamente superiore a quello richiesto dalla lex specialis di gara servizi prima dell'entrata in vigore del Dm 143 del 2013. Tali prestazioni devono essere ricomprese nell'attuale categoria Edilizia E.10 che, nell'ambito della destinazione funzionale Sanità, Istruzione e Ricerca, identifica le opere "Poliambulatori, Ospedali, Istituto di Ricerca, Centri di riabilitazione, poli Scolastici, Università, Accademie, Istituti di ricerca universitaria" in categorie I/d (legge n. 143 del 1949) e 1/b (Dm 18 novembre 1971) e gradi di complessità 1.20. Il Tar del Lazio conclude affermando che la contestuale presenza delle corrispondenze tra i lavori effettuati almeno con riferimento a quelli afferenti al settore ospedaliero, e quelli da effettuare, tutti relativi alle categorie 1/d e 1/b ed aventi un identico grado di complessità delle lavorazioni, coefficiente 1.20, determina che il Consorzio ricorrente, in ragione dell'art. 8, comma 2, Dm n. 143 del 2013, abbia soddisfatto i requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis di gara. Tanto basta anche a prescindere dalla valutazione degli altri servizi prestati dalla progettista per ritenere illegittimo il primo motivo di esclusione. La determina dell'Autorità Sul tema affrontato dalla pronuncia del Tar, peraltro, sembra opportuno richiamare la recente determina dell'Autorità Anticorruzione del 25 febbraio scorso che, tracciando le linee guida per l'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, ha precisato che ai fini della qualificazione per la partecipazione alla gara, nell'ambito della stessa categoria edilizia, le attività svolte per opere analoghe a quelle oggetto dei servizi da affidare (non necessariamente di identica destinazione funzionale) sono da ritenersi idonee a comprovare i requisiti quando il grado di complessità sia almeno pari a quello dei servizi da affidare, così come, peraltro, precisato dall'art. 8 del Dm 143 del 2013. Tuttavia, tali considerazioni, applicabili alle opere inquadrabili nelle attuali categorie "edilizia", "strutture", "viabilità", non appaiono estensibili ad ulteriori categorie ("impianti", "idraulica", ecc.), in quanto nell'ambito della medesima categoria convivono destinazioni funzionali caratterizzate da diverse specificità. UNITELNews24 52 In relazione alla comparazione, ai fini della dimostrazione dei requisiti, tra le attuali classificazioni e quelle della legge n. 143/1949, si rileva l'esigenza che le stazioni appaltanti evitino interpretazioni eccessivamente formali che possano determinare ingiustificate restrizioni alla partecipazione alle gare. L'Autorità dunque conclude affermando che in caso di incertezze nella comparazione, deve in ogni caso prevalere, in relazione alla identificazione delle opere, il contenuto oggettivo della prestazione professionale svolta, senza dunque incorrere in restrizioni alla partecipazione. (Giulia Laddaga, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 9 aprile 2015) Tar Campania, sez. II, sentenza 23 marzo 2015, n. 663 NOTA L’esclusione dell'impresa dagli appalti a causa del controllo elettronico E' legittima l'esclusione dell'impresa che non si sia registrata al sistema di controllo telematico dei requisiti di partecipazione agli appalti (Authority virtual company passport, Avcpass) o abbia prodotto i relativi documenti di certificazione oltre i termini fissati per presentare le offerte. L'ha stabilito il Tar di Salerno nella sentenza n. 663/2015 , depositata dalla Seconda sezione il 23 marzo scorso. I giudici hanno respinto il ricorso di un'associazione temporanea di imprese (Ati) che contestava l'esclusione da una gara per l'affidamento del servizio di mensa scolastica (valore 216mila euro) per la presunta inidoneità della polizza cauzionale e, in particolare, per il mancato inserimento nella busta di offerta del cosiddetto «Passoe», il documento che consente alla stazione appaltante di verificare su un'interfaccia telematica i requisiti dell'operatore economico in gara - ordine generale, idoneità professionale, capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria – accedendo direttamente ai documenti firmati digitalmente dall'amministratore o dal legale rappresentante dell'impresa. Secondo il collegio, l'esclusione dalla gara è tassativa in caso di mancata registrazione al sistema di controllo informativo Avcpass in base a quanto fissato dal Codice degli appalti pubblici in tema di “Documenti e informazioni complementari” (art. 46, Dlgs n. 163/2006) forniti, se necessario, alla stazione appaltante dai concorrenti per completare o chiarire il contenuto dei documenti presentati. L'Avcpass, come disposto dalla legge di conversione del cosiddetto decreto “Milleproroghe 2013” (legge n. 15/2014, di conversione del Dl n. 150/2013), è obbligatorio dall'1 luglio 2014 e rientra tra le funzioni della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (art. 62-bis, Dlgs n. 82/2005, “Codice dell'amministrazione digitale”) gestita dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), oggi Autorità nazionale anticorruzione. UNITELNews24 53 Il sistema, come rilevato dal Tar, è «obbligatorio per la verifica telematica dei requisiti di partecipazione delle imprese ad appalti pubblici nei settori ordinari di importo superiore ad € 40.000,00» ed è stato «avviato con Deliberazione Avcp n. 111 del 20 dicembre 2012, prevedendo tuttavia che “è opportuno favorire una progressiva entrata in funzione ed evoluzione del sistema in modo da consentire agli operatori economici ed alle stazioni appaltanti di adeguarsi gradualmente alle nuove modalità di verifica dei requisiti”». L'impresa, hanno spiegato i giudici, «una volta effettuata la registrazione al servizio Avcpass, indica a sistema il Codice identificativo gara Cig della procedura di affidamento cui intende partecipare e riceve dal sistema un Passoe da inserire nella busta contenente la documentazione amministrativa». Nel caso di specie, invece, il P. è giunto alla stazione appaltante dopo la scadenza fissata dal bando per la presentazione delle offerte e, stando a quanto accertato, con una registrazione al sistema oltre i termini. Tale mancanza poi, come affermato in sentenza, non può «essere colmata mediante soccorso istruttorio, pur ampliato nella sua latitudine applicativa dal comma 2-bis dell'articolo 38 del d.lgs. n. 163/2006 (“Requisiti di ordine generale”, ndr), non vertendosi in materia di “dichiarazioni” da integrare o regolarizzare quanto piuttosto di mancato perfezionamento della procedura di registrazione al sistema anzidetto». (Francesco Clemente, Il Sole 24 Ore – Quotidiano del diritto, 10 aprile 2015) Edilizia e Urbanistica Cassazione, Sez. III pen., 13 aprile 2015, n. 14951 NOTA Vincoli artistici, il nulla osta a lavori ultimati non estingue il reato di intervento abusivo L'autorizzazione rilasciata dalla sovrintendenza successivamente all'esecuzione dei lavori sull'immobile sottoposto a vincolo artistico, non salva il committente dal reato di intervento abusivo perchè non ne prova la «mancanza di offensività della condotta». I fatti La vicenda vede protagonista l'amministratore di un edificio storico di Trieste, imputato del reato di intervento abusivo a norma della lettera a) del comma 1 dell'articolo 169 del Dlgs 42/2004, per aver effettuato lavori parte in assenza (sostituzione di due serrande e installazione di un sistema di chiusura elettrico) e parte in difformità (installazione di griglie di areazione) dell'autorizzazione della Sovrintendenza. A nulla è valso il nulla osta giunto a esecuzione dei lavori terminata che li riteneva UNITELNews24 54 compatibili con il vincolo culturale. La decisione La Corte riprende un proprio orientamento giurisprudenziale già consolidato in base al quale in tema di tutela penale del patrimonio archeologico, storico o artistico, nè l'accertamento postumo di compatibilità con il vincolo nè l'autorizzazione in sanatoria possono estinguere o escludere la punibilità del reato. Le ragioni di questa conclusione vanno ricercate nella natura dell'interesse tutelato che nello specifico caso di violazione di legge per abusivo intervento su beni culturali è costituito «dall'interesse strumentale al preventivo controllo da parte dell'autorità preposta alla tutela del bene culturale». Si tratta dunque di un reato formale di pericolo presunto dato che si integra con il compimento dei lavori senza preventivo controllo amministrativo diretto a evitare possibili pericoli e danni e che si consuma, perciò anche se la condotta non produce concretamente una lesione del valore storicoartistico del bene. La natura dell'interesse tutelato spiega l'ampiezza della condotta incriminata che si estende a qualunque intervento che abbia ad oggetto beni culturali. Fanno eccezione gli interventi, da valutare comunque preventivamente, talmente trascurabili, marginali e minimi da escludere anche il benchè minimo pericolo astratto per l'interesse protetto e perciò la necessità stessa dell'autorizzazione preventiva. La Corte conclude quindi ribadendo che l'accertamento postumo di compatibilità con il vincolo non può essere argomento valido per ritenere il fatto penalmente inoffensivo. (Daniela Casciola - Il Sole 24 Ore, Enti locali & PA, 14 aprile 2015) Consiglio di Stato, VI sez., sentenza 4 marzo, n. 1064 NOTA Abusi edilizi, esproprio automatico L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di quanto costruito con abuso edilizio non è un provvedimento di autotutela, ma una sanzione che deriva dalla legge per il mancato adempimento dell'ordine, impartito dal Comune, di demolire opere abusive e ripristinare lo stato dei luoghi. Secondo il Consiglio di Stato (sentenza della Sesta sezione del 4 marzo, n. 1064), l'acquisizione avviene di diritto, in quanto effetto ricondotto direttamente dalla legge, secondo l'articolo 31, commi 3 e 4, del Dpr 380/2001, all'inottemperanza dell'ordine di demolizione. Sicché, l'accertamento che il Comune svolge coi propri tecnici, scaduti i 90 giorni per ottemperare, assume carattere dichiarativo dell'effetto traslativo della proprietà già verificatosi con la scadenza del termine rimasto inadempiuto. Questa scadenza – precisano i giudici – è quindi presupposto per l'operatività automatica della sanzione amministrativa del trasferimento coattivo della proprietà. UNITELNews24 55 Il caso affrontato dal Consiglio di Stato riguardava l'acquisizione gratuita di un'opera abusiva (per variazione essenziale dell'originaria concessione edilizia) e dell'area di sedime di proprietà. C'era stato un permesso a costruire in sanatoria, rispetto al quale l'intervento si poneva, peraltro, in totale difformità. Di fronte all'ordinanza di demolizione e ripristino, non si ripristinava lo stato progettuale nei tempi previsti dalla legge. La sentenza chiarisce, poi, che il termine di 90 giorni, stabilito dall'articolo 31 del Dpr 380/2001, ha unicamente la funzione di consentire al responsabile dell'abuso di provvedere a eliminarlo entro un tempo determinato. Invece, l'accertamento dell'inottemperanza è il «titolo per l'immissione nel possesso e la trascrizione nei registri immobiliari», in base all'articolo 31, comma 4. Il che significa che l'accertamento può avvenire sostanzialmente senza termine, avendo funzione meramente strumentale rispetto ad acquisizione e ripristino dello stato dei luoghi. (Francesco Longo, Il Sole 24 Ore, Diritto24, 26 marzo 2015) Pubblica Amministrazione/Enti locali Tar Lombardia, Sez. I, sentenza 23 marzo 2015, n. 783 NOTA Per la Vas è ok anche l'esperto esterno incaricato La Pubblica amministrazione è l'unica autorità che può rilasciare la Valutazione ambientale strategica (Vas), ma se al suo interno è priva di professionalità competenti in materia è valida anche quella emessa da un esperto esterno incaricato. L'ha stabilito il Tar di Milano nella sentenza n. 783/2015 , depositata dalla Prima sezione il 23 marzo. I giudici hanno bocciato il ricorso di un privato contro la riclassificazione dei propri terreni disposta dal Comune nel passaggio dalla pianificazione urbanistica del Piano regolatore generale (Prg) a quella del Piano di governo del territorio (Pgt). Il ricorrente riteneva illegittima, tra le altre cose, la procedura di Vas affidata dall'Ente ad un agronomo esterno - esperto in pianificazione urbanistica e ambientale - poiché, in base alle norme del “Codice dell'ambiente” (art. 5, Dlgs n. 152/2006), è soltanto la Pa ad adottare il provvedimento di verifica di assoggettabilità («autorità competente») e ad elaborare il piano («autorità procedente»). Per il collegio, invece, anche «il soggetto designato acquisisce necessariamente la veste di organo dell'Amministrazione, e a quest'ultima dovranno essere imputati gli atti compiuti dall'incaricato» poiché tali disposizioni «non implicano affatto un divieto per il Comune di avvalersi di esperti esterni, al fine dello svolgimento dei compiti propri dell'autorità competente della VAS, nel caso in cui non siano rinvenibili adeguate professionalità al proprio interno». Così nel caso di specie: Ente dotato anche di organico «esiguo» e senza la possibilità di affidarsi ad altre strutture pubbliche, non essendo UNITELNews24 56 compreso in unioni di Comuni né in comunità montane. Sulla Vas, afferma il Tar, il Codice ambiente «si limita ad affermare che l'autorità competente assume una veste pubblicistica, senza però influire sulle determinazioni organizzative che il Comune rimane libero di compiere», per cui «è irrilevante che l'insieme dei compiti e delle prerogative pubblicistiche in cui si sostanzia il ruolo dell'autorità competente sia attribuito a un ufficio della stessa o di altra amministrazione, ovvero a un soggetto esterno, legato all'Ente da un rapporto di lavoro autonomo e non subordinato». (Francesco Clemente, Il Sole 24 Ore – Quotidiano del Diritto, 9 aprile 2015) Cassazione, Sez. IV pen., Sentenza 18 marzo 2015, n. 11397 NOTA Risponde di peculato anche il privato tenuto a prestare un servizio pubblico Risponde del reato di peculato anche il soggetto privato che, tenuto a prestare un servizio pubblico, utilizzi somme dell'amministrazione per soddisfare bisogni privati. È evidente quindi come il delitto possa sconfinare i rigidi perimetri della pubblica amministrazione e andare a ricomprendere anche quei soggetti privati che a qualunque titolo abbiano a che fare con l'amministrazione e che, per l'appunto, si rendano protagonisti di azioni tali da integrare il reato di peculato. Lo precisa la Cassazione con la sentenza n. 11397/2015. I fatti La Corte in particolare si è trovata alle prese con una vicenda in cui all'imputato - nella duplice veste di amministratore della spa e al tempo stesso quale incaricato di pubblico servizio - erano state contestate spese effettuate con fondi pubblici per finalità eminentemente private. Sul punto l'imputato aveva provato a giustificarsi ritenendo di non poter essere qualificato come incaricato di pubblico servizio facendo parte di una spa e di aver, inoltre, sempre fornito una rendicondazione adeguata per le spese affrontate. Somme spese per effettuare missioni in Italia e all'estero al fine di promuovere società pubbliche e private, esborsi per spese di rappresentanza che si riferivano a colazioni di lavoro effettuate con collaboratori, consulenti e imprenditori collegati strettamente alla spa di appartenenza. Cosa dispone il codice penale I Supremi giudici hanno respinto l'appello dell'imputato e riconosciuto il peculato dopo aver attentamente esaminato quanto disposto dagli articoli 357 e 358 del cp. In particolare quest'ultimo articolo definisce l'incaricato di un pubblico servizio come colui che a qualunque titolo presta un servizio pubblico a prescindere da qualsiasi rapporto di impiego con un determinato ente pubblico, poichè il Legislatore del 1990 (articolo 18 della legge n. 86/19990) nel delineare la nozione di incaricato di pubblico servizio ha inteso privilegiare il criterio oggettivo-funzionale, utilizzando la UNITELNews24 57 locuzione a qualunque titolo ed eliminando ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o altro ente pubblico. Pertanto - si legge nella sentenza - non viene richiesto che l'attività svolta sia direttamente imputabile a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso organismi privati realizzi finalità pubbliche. In particolare i soggetti inseriti nella struttura organizzativa di una società per azioni possono essere considerati incaricati di pubblico servizio quando l'attività della spa medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua finalità pubbliche, pur se con strumenti privatistici. Conclusioni L'imputato aveva agito attraverso meccanismi di autoliquidazione e «così da distorglielo al soddisfacimento del fine suo proprio (spese di missione, trasferte e rappresentanza) e dirottarlo al soddisfacimento dei propri interessi restando le condotte contestate nel perimetro del delitto di peculato» poichè la successiva rendicontazione aveva avuto semplice carattere interno e meramente formale, in quanto affidata a figure professionali di livello gerarchico inferiore e prive di effettivi poteri di esclusione delle spese non giustificate. (Giampaolo Piagnarelli, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 18 marzo 2015) Pubblico impiego Corte costituzionale, sentenza 17 marzo 2015, n. 37 NOTA Consulta, dirigenti: bocciato il reclutamento senza concorso dell'Agenzia entrate Gli incarichi da dirigente nella pubblica amministrazione vanno conferiti per concorso, anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Lo ha stabilito la Consulta dichiarando illegittime le norme del decreto 16/2012 che autorizzavano Agenzia delle dogane, Agenzia delle entrate e Agenzia del territorio ad attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con contratti di lavoro a tempo determinato: la durata era legata al tempo necessario a indire i concorsi, ma è stata seguita da proroghe 'bocciate' dalla Corte. La legge era stata impugnata dal Consiglio di Stato nel corso di un giudizio che aveva riunito tre ricorsi, proposti dall'Agenzia delle entrate, contro altrettante sentenze del Tar del Lazio. Il Tar, infatti, già nel 2011 aveva bloccato le nomine a dirigenti presso l'Agenzia delle Entrate nei confronti di numerosi funzionari che non avevano svolto il concorso. Le decisioni del Tar sono state impugnate di fronte al Consiglio di Stato, ma nel frattempo il governo ha emanato il decreto 16/2012, poi UNITELNews24 58 convertito in legge, che tentava di sanare la situazione rispetto agli incarichi attribuiti. Le norme bocciate Ora la pronuncia della Corte Costituzionale, contenuta nella sentenza n. 37/2015 redatta dal giudice Nicolò Zanon, dichiara l'illegittimità, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Costituzione, delle misure contenute nel decreto, nello specifico, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, in quanto «ha contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica». Tuttavia, «posto che le ricordate proroghe di termini fanno corpo con la norma impugnata, producendo unitamente ad essa effetti lesivi, ed anzi aggravandoli, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa all'art. 1, comma 14, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150, come convertito, e all'art. 1, comma 8, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192». «E proprio perché tali disposizioni hanno carattere consequenziale e concorrono a integrare la disciplina impugnata - conclude la sentenza -, non vi sono ostacoli ad estendere ad esse la dichiarazione d'illegittimità costituzionale, pur trattandosi di disposizioni normative sopravvenute al giudizio a quo». Infatti, «l'apprezzamento di questa Corte, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non presuppone la rilevanza delle norme ai fini della decisione propria del processo principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse si concatenano nell'ordinamento, con riguardo agli effetti prodotti dalle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionali» (sentenza n. 214 del 2010). La validità degli atti E si è aperto anche un problema circa la validità degli atti emessi in questi anni dai dirigenti ora messi sotto scacco dalla Consulta. Così anche se il sottosegretario all'Economia e segretario di Scelta civica Enrico Zanetti getta acqua sul fuoco: «la Consulta sembra tranquillizzare sulla validità degli atti, dato che ammette la possibilità di delega del potere accertativo da parte del dirigente anche a semplici funzionari», il rischio contenzioso rimane molto alto. (Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 17 marzo 2015) UNITELNews24 59 Appalti L'Italia si affida all'Europa per vincere la sfida delle infrastrutture Elisabetta Mariotti, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 31 marzo 2015, n. 972 Le proposte progettuali inviate a Bruxelles sono 71 per un costo totale di € 6 miliardi e 822 milioni da spendere entro il 2020. Se i progetti verranno accolti, la differenza di oltre € 34,3 miliardi dopo il contributo comunitario sarà a carico delle finanze pubbliche e di investitori privati nazionali. Si tratta di infrastrutture volte, in particolare, a potenziare la rete ferroviaria: si va da noti collegamenti internazionali come il tunnel del Brennero e la TAV Torino-Lione a importanti tratte interne (il terzo valico dei Giovi, la Torino-Milano-Venezia, la Treviglio-Brescia, i nodi ferroviari di Roma, Napoli, Bologna e Venezia, i collegamenti metropolitani con gli aeroporti di Venezia, Milano, Roma e Genova). Una fetta importante del programma è riservata al settore marittimo con il potenziamento dei porti di Ravenna, Trieste, Venezia, Vado Ligure, Livorno, Civitavecchia e Cagliari. Da ricordare anche gli interventi sulla logistica e l’intermodalità del traffico merci, con il potenziamento degli interporti di Padova, Fernetti e Pordenone. Si consideri, peraltro, che in gioco in questo momento vi sono le risorse del cosiddetto “Piano Juncker”, così chiamato perché varato dal Presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker. Il progetto mette sul tavolo € 300 miliardi da destinare ai Paesi dell’Unione Europea per rimetterne in moto l’economia. Il rilancio dell’Italia - come osserva, per esempio, il Fondo Monetario Internazionale - passa attraverso il rilancio delle infrastrutture, peccato però che, secondo l’ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), servano € 120 miliardi da qui al 2020 per ripartire. Risorse che il nostro Paese non riuscirà a ottenere integralmente dall’Europa e dovrà dunque cercare di ottenere attraverso finanziamenti privati. UNITELNews24 60 L’Europa, dal canto suo, non si sta interessando alle opere pubbliche in Italia solo dal punto di vista del finanziamento dei progetti del nostro Paese, ma anche con una partecipazione attiva al dibattito in corso in Parlamento per le nuove regole sugli appalti. Gli esperti della Direzione Europea del mercato interno sono stati infatti ascoltati in Commissione lavori pubblici del Senato nell’ambito delle audizioni sul recepimento delle recenti direttive comunitarie in materia di appalti e concessioni. Tra i punti su cui si è concentrato l’interesse del Senato vi sono due questioni di particolare interesse per il mercato e la concorrenza tra imprese. In primo luogo, la possibilità di limitare il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa (criterio di aggiudicazione degli appalti che, oltre al prezzo, tiene conto di aspetti tecnici come le migliorie al progetto, il tempo di esecuzione, l’organizzazione del cantiere) solo per gli appalti di valore superiore alla soglia comunitaria di € 5,2 milioni. Gli appalti di valore inferiore, invece, dovrebbero essere aggiudicati solo con l’altro criterio, quello del massimo ribasso, limitando così il potere discrezionale delle Pubbliche amministrazioni appaltanti e favorendo anche la partecipazione di imprese medie e piccole. Nella stessa prospettiva di ampliare la concorrenza tra le imprese si pone anche un altro tema affrontato con i funzionari europei, quello della suddivisione degli appalti in lotti per diminuirne l’importo unitario. Secondo la normativa europea, la divisione di un lavoro pubblico per mettere in gara lotti più piccoli si può fare, ma non è consentito il contrario, vale a dire il divieto di frazionare gli appalti. Nell’ambito delle audizioni in corso al Senato, va ricordato anche l’intervento delle società di ingegneria rappresentate dall’OICE, la quale ritiene che vada superata l’attribuzione delle funzioni di progettazione in capo alle Pubbliche amministrazioni. Queste ultime dovrebbero cioè affidare la progettazione a progettisti professionisti, singoli o riuniti in società, e poi affidare l’appalto del lavoro progettato selezionando l’impresa costruttrice. Anche i progettisti sembrano preferire l’affidamento degli appalti con la formula del massimo ribasso e quindi senza consentire variazioni progettuali. Nei casi di appalti integrati, vale a dire quando l’impresa costruttrice può effettuare varianti e migliorie, l’OICE richiede che l’Amministrazione paghi comunque separatamente il progettista rispetto al costruttore, per sottolineare la differenziazione dei ruoli che dovrebbe caratterizzare la nuova legislazione. In occasione degli approfondimenti in corso per la nuova disciplina degli appalti emerge quindi un’articolazione delle posizioni delle varie componenti della filiera produttiva delle opere pubbliche che tendono ciascuna a valorizzare il proprio apporto. UNITELNews24 61 La Federazione delle costruzioni FINCO, che rappresenta soprattutto aziende specializzate nella componentistica, nelle forniture e nelle lavorazioni particolari, ha sottolineato la necessità di superare l’attuale configurazione del subappalto, che penalizza e relega in secondo piano chi effettua lavorazioni specializzate, campo in cui spesso le aziende italiane eccellono. Occorrerebbe pertanto diffondere l’istituto delle associazioni temporanee di imprese, con partecipanti che hanno parità di diritto, piuttosto che penalizzare aziende importanti considerandole semplici subappaltatori. Infine, anche le piccole aziende aderenti a Confartigianato e Confesercenti hanno sottolineato la necessità di approvare una normativa che tenga conto del ruolo e della specializzazione di tutte le imprese, riformando di conseguenza anche il sistema di qualificazione imperniato sulle SOA, che ha mostrato molte lacune e distorsioni. Appalti Il Milleproroghe in pillole Flavio Guidi e Paolo Duranti, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 31 marzo 2015, n. 972 Reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga (art. 3, comma 2) Slitta al 31.3.2015 il termine fino al quale è possibile usufruire dei benefici fiscali previsti per la realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, ai sensi dell’art. 33, comma 7- sexies , del D.L. 179 del 18.10.2012, convertito con modifiche dalla legge 221 del 17.12.2012. A tale fine, la legge descrive la relativa procedura, che prende avvio con la prenotazione nel sito web del Ministero dello sviluppo economico. Il progetto esecutivo dovrà essere inviato dall’operatore entro il 31.5.2015, mentre è stato prorogato al 15.6.2015 il termine entro il quale il MISE dovrà pubblicare l’indicazione di tutte le aree oggetto di intervento privato con richiesta di contributo e di tutte le aree bianche rimanenti. Alberghi - Normativa antincendio (art. 4, comma 2) UNITELNews24 62 È stato prorogato al 31.10.2015 il termine - precedentemente fissato al 30.4.2015 - entro il quale le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto dovranno completare l’adeguamento alla normativa antincendio (art. 15, comma 7, del D.L. 216 del 29.12.2011, convertito con modifiche dalla legge 14 del 24.2.2012; art. 11, comma 1, del D.L. 150 del 30.12.2013, convertito con modifiche dalla legge 15 del 27.2.2014). Notabene - L’obbligo è previsto soltanto per le strutture: a. esistenti alla data di entrata in vigore del D.M. 9.4.1994; b. in possesso, all’1.3.2015, dei requisiti per l’ammissione al piano straordinario biennale di adeguamento antincendio (di cui al D.M. 16.3.2012). Stabilimenti industriali - Normativa antincendio (art. 4, comma 2- bis ) Fissato al 7.10.2016 il termine entro il quale i soggetti di cui all’art. 11, comma 4, del D.P.R. 151 dell’1.8.2011, che detengono determinate tipologie di stabilimenti (gas, tabacchi, carta, metalli, taluni tipi di prodotti alimentari, mobilifici, officine ecc.) devono presentare l’istanza preliminare di cui all’art. 3 e l’istanza di cui all’art. 4 del citato provvedimento (art. 38, comma 2, del D.L. 69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013). Notabene - Tali soggetti sono comunque esentati dalla presentazione della richiamata istanza preliminare, se già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio. Condizioni: la proroga in esame si applica ai soggetti che provvedono agli adempimenti di cui all’art. 3 del D.P.R. 151 dell’1.8.2011, entro l’1.11.2015. Interventi di manutenzione straordinaria – Finanziamenti (art. 5, comma 1) Si sposta dal 31.3.2015 al 30.9.2015 il termine entro il quale dev’essere assunto dai comuni l’impegno finanziario al fine di potere usufruire dei finanziamenti disposti per la promozione dell’offerta turistica. In via subordinata, possono essere finanziati anche interventi di manutenzione straordinaria (art. 13, comma 24, del D.L. 145 del 23.12.2013, convertito con modifiche dalla legge 9 del 21.2.2014). Edilizia scolastica (art. 6, comma 5) UNITELNews24 63 Per gli interventi di edilizia scolastica di cui all’art. 48, comma 2, del D.L. 66 del 24.4.2014, convertito con modifiche dalla legge 89 del 23.6.2014, il termine per l’affidamento dei lavori è prorogato al 28.2.2015. Notabene - Prorogati anche i termini indicati all’art. 18, commi 8- ter e 8- quinquies , del D.L. 69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013. Appalti pubblici (art. 8, commi 3, 3- bis e 3- ter ) Per gli appalti pubblici di lavori soggetti al D.Lgs. 163 del 12.4.2006, affidati con gare avviate dal 2.3.2015 al 31.12.2015, l’anticipo è aumentato al 20% dell’importo contrattuale (art. 26ter , comma 1, del D.L. 69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013). Le nuove regole dettate per l’acquisizione di lavori, beni e servizi da parte dei comuni, contenute nell’art. 33 del D.Lgs. 163 del 12.4.2006, entreranno in vigore l’1.9.2015 (art. 23- ter , comma 1, del D.L. 90 del 24.6.2014, convertito con modifiche dalla legge 114 dell’11.8.2014). Notabene - La norma non si applica alle procedure già avviate all’1.3.2015. Accessi su strade pubbliche (art. 8, comma 4) Per i nuovi accessi su strade la cui gestione è affidata all’ANAS, la cui richiesta di autorizzazione è presentata dopo il 31.12.2014, ai fini dell’autorizzazione dev’essere versata a tale ente una somma determinata sulla base dei criteri fissati con apposito decreto ministeriale da emanarsi entro il 31.3.2015 (art. 55, comma 23- quinquies , della legge 449 del 27.12.1997 - Finanziaria 1998). Appalti pubblici - Contraenti generali - Requisiti di idoneità (art. 8, comma 8) Negli appalti pubblici, per le iscrizioni richieste o rinnovate fino al 31.12.2015, il possesso dei requisiti di adeguata idoneità tecnica e organizzativa richiesti ai contraenti generali può essere sostituito dal possesso di attestazioni SOA, per un importo illimitato in almeno: a. 3 categorie di opere generali per la Classifica I; b. 6 categorie, di cui almeno 4 di opere generali, per la Classifica II e per la Classifica III; c. 9 categorie, di cui almeno 5 di opere generali (art. 189, comma 5, del D.Lgs. 163 del 12.4.2006). UNITELNews24 64 Proroga degli sfratti (art. 8, comma 10- bis ) Al fine di consentire ai soggetti interessati da una procedura di sfratto di cui all’art. 4, comma 8, del D.L. 150 del 30.12.2013, convertito con modifiche dalla legge 15 del 27.2.2014, il passaggio da casa a casa, è previsto che il giudice dell’esecuzione, su richiesta della parte interessata, possa disporre la sospensione dell’esecuzione di tali procedure fino al 29.6.2015. La norma precisa che i benefici fiscali derivanti da tale sospensione non rilevino ai fini dell’acconto IRPEF dovuto per il 2016. SISTRI (art. 9, comma 3) Il termine iniziale di operatività del SISTRI e per i relativi adempimenti e gli obblighi per il trasporto dei rifiuti pericolosi, nonché per le relative sanzioni, è stato prorogato al 31.12.2015. Produzione combinata di energia elettrica e calore (art. 10, comma 2) Alla produzione combinata di energia elettrica e calore, si applicheranno, fino al 31.12.2015, i coefficienti individuati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas con delib. n. 16/98 dell’11.3.1998, ridotti nella misura del 12% (art. 3- bis , comma 2, del D.L. 16 del 2.3.2012, convertito con modifiche dalla legge 44 del 26.4.2012). P.A. - Locazioni passive (art. 10, comma 7) Estesa a tutto il 2015 la regola contenuta nell’art. 3, comma 1, del D.L. 95 del 6.7.2012, convertito con modifiche dalla legge 135 del 7.8.2012, secondo cui, per le locazioni passive della P.A., l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT previsto dalla normativa vigente non si applica al canone dovuto dalle Amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della P.A., di cui all’art. 1, comma 3, della legge 196 del 31.12.2009. IMU “secondaria” (art. 10, comma 11- bis ) l’IMU “secondaria” sarà introdotta soltanto a decorrere dal 2016 e non dal 2015 (art. 11, comma 1, del D.Lgs. 23 del 14.3.2011). UNITELNews24 65 TARI (art. 10, comma 12- quinquiesdecies ) In deroga a quanto dispone l’art. 1, comma 169, della Finanziaria 2007 (legge 296 del 27.12.2006), per il 2014 sono valide le delibere adottate dai Comuni in materia di TARI (tassa sui rifiuti) entro il 30.11.2014. Notabene - I comuni che, entro tale data, non abbiano deliberato i regolamenti e le tariffe della TARI, riscuotono i relativi importi sulla base delle tariffe applicate per il 2013. Le eventuali differenze tra il gettito acquisito secondo le tariffe previgenti e il costo del servizio saranno recuperate l’anno successivo. Fonti rinnovabili – Agevolazioni (art. 12, comma 1) Il decreto “Milleproroghe” estende fino al 31.12.2015 il regime fiscale di favore introdotto dall’art. 22, commi 1 e 1- bis , del D.L. 66 del 24.4.2014, convertito con modifiche dalla legge 89 del 23.6.2014, relativo alla produzione di energie da fonti rinnovabili agro-forestali e fotovoltaiche e di carburanti ottenuti da produzioni vegetali. La norma precisa che, ai fini dell’acconto delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31.12.2015, le agevolazioni in commento rilevano. Impianti termici civili - Libretti di centrale (art. 12, comma 2- bis ) Fissato al 31.12.2015 il termine entro il quale dovranno essere integrati i libretti di centrale per gli impianti termici civili previsti dall’art. 284, comma 2, del D.Lgs. 152 del 3.4.2006 (art. 11, comma 7, del D.L. 91 del 24.6.2014, convertito con modifiche dalla legge 116 dell’11.8.2014). Catasto Come accatastare impianti e parchi eolici Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 15 aprile 2015, n. 973 UNITELNews24 66 L’attribuzione della rendita catastale effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA non necessita di una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera indicazione dei dati oggettivi e del classamento assegnato, mentre le turbine eoliche, come i parchi eolici, devono essere classificate nella categoria catastale D/1 (Opifici), poiché costituiscono centrali elettriche. Questi i due principi di diritto riaffermati nella recente sent. n. 3354 del 19 febbraio 2015, pronunciata dalla sezione sesta civile della Corte di Cassazione, che hanno consolidato anche la posizione dell’Amministrazione finanziaria. Prima di addentraci nello specifico, è opportuno rimarcare che gli impianti eolici e le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici vanno autonomamente classificati nella categoria catastale D/1 (Opifici), oppure in quella D/10 (Fabbricati con funzioni produttive connesse all’attività agricola), se sussistono i requisiti per il riconoscimento del carattere di ruralità, con conseguente applicazione delle discipline tributarie e, in particolare, dell’ICI, dell’IMU e della TASI (Agenzia del territorio, ris. n. 3/T del 6 novembre 2008; Corte Cass., sez. trib., sentenze n. 4028, n. 4029, n. 4030 e n. 4031 del 14 marzo 2012; Comm. trib. reg. di Roma, sent. n. 11/27/07; Comm. trib. reg. di Bari, sent. n. 214/27/08; Comm. trib. prov. di Piacenza, sent. n. 35/02/13; Comm. trib. prov. di Foggia, sent. n. 43/06/12; Comm. trib. prov. di Bari, sent. n. 9/04/13). Inoltre, prassi e giurisprudenza tributaria di merito hanno affermato che i terreni agricoli, risultanti tali dal Piano di governo del territorio (PGT), oggetto di realizzazione di impianti fotovoltaici a pannelli, conservano la natura agricola, tranne che la destinazione urbanistica degli stessi non venga modificata dall’ente locale (Ag. entrate, ris. n. 112/E del 28 aprile 2009; Ag. territorio, circ. n. 14/T del 22 novembre 2007; Comm. trib. prov. di Brindisi, sent. n. 1032/02/14). Caso di specie Una nota società del settore delle fonti rinnovabili aveva impugnato un avviso di classamento con il quale l’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate-territorio competente aveva rettificato la rendita “proposta” mediante utilizzo della procedura informatica DOCFA, ai sensi del D.M. 701/1994 (Corte Cass., sez. trib., sent. n. 17818 del 21 agosto 2007; sez. VI civ., ord. n. 6411 del 19 marzo 2014 e n. 3119 dell’8 febbraio 2013), relativamente a una turbina eolica censita nella categoria catastale D/1. Le Commissioni tributarie avevano respinto il ricorso introduttivo e l’appello della contribuente che, con diversi motivi, ha proposto ricorso davanti alla Corte Suprema di Cassazione. In particolare, la società ha dedotto la carente motivazione dell’avviso di accertamento e l’inappropriata classificazione della turbina eolica (aerogeneratore) nella categoria catastale D/1. I giudici del Palazzaccio, con la citata sent. n. 3354 del 19 febbraio 2015, hanno accolto solamente la censura concernente l’inapplicabilità del coefficiente di obsolescenza tecnologica e funzionale dell’immobile. Gli Ermellini hanno, quindi, respinto le doglianze sull’assolvimento dell’obbligo di motivazione dell’avviso e sulla classificazione catastale della turbina eolica nel gruppo E. Essi, infatti, nel dare continuità ai principi già affermati in precedenza (sez. trib., fra tante, sent. n. UNITELNews24 67 23237 del 31 ottobre 2014 e n. 2268 del 3 febbraio 2014), hanno ritenuto che, qualora l’attribuzione della rendita catastale sia stata effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA, come disciplinata dall’art. 2 del D.L. 16/1993 (convertito dalla legge 75/1993) e regolamentata dal citato D.M. 701/1994, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con l’indicazione dei dati oggettivi e della classe assegnata solo se gli elementi di fatto riportati dal contribuente non siano stati disattesi dall’ufficio e l’eventuale differenza tra rendita “proposta” e rendita “attribuita” derivi da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni censiti, come nel caso di specie (Ag. territorio, circ. n. 7/T del 4 luglio 2005; Corte Cass., sez. VI civ., fra tante, ord. n. 3394 del 13 febbraio 2014 e n. 2709 del 6 febbraio 2014). Inoltre, l’immobile in questione - così gli Ermellini - deve essere classificato nella categoria catastale D/1, trattandosi di una centrale elettrica, e le pale eoliche vanno computate, ai fini della determinazione della rendita, come le turbine di una centrale idroelettrica, perché anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa. Secondo la Suprema Corte, infatti, poiché un parco eolico assolve una funzione analoga a quella di una centrale idroelettrica, non possono che valere gli stessi principi affermati in tema di turbine delle centrali elettriche (sez. trib., fra tante, sent. n. 21730 del 20 ottobre 2004) e fatti propri dal legislatore con norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1- quinquies del D.L. 44/2005 (convertito dalla legge 88/2005). In buona sostanza, non vi sono valide ragioni per attribuire a una turbina eolica, come quella in esame, una classificazione catastale diversa dalla categoria D/1. Di conseguenza, tale turbina eolica dovrà essere assoggettata, nell’ambito della fiscalità comunale, all’ICI (fino al 31 dicembre 2011), all’IMU (a decorrere dal 1° gennaio 2012) e alla TASI (a decorrere dal 1° gennaio 2014), come avviene per gli impianti e i parchi eolici finalizzati alla generazione di energia elettrica che, in virtù della consolidata prassi e giurisprudenza tributaria di legittimità, devono essere censiti nella medesima categoria catastale D/1. Impianti e parchi eolici Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli impianti e i parchi eolici devono essere classificati nella categoria catastale D/1 e quindi vanno assoggettati ai citati tributi comunali. Con le recenti sent. n. 2621 dell’11 febbraio 2015 e n. 1979 del 4 febbraio 2015, la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha ulteriormente confermato la posizione dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui gli impianti eolici e le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere censiti nella categoria catastale D/1. In particolare, come si ricorderà, con ris. n. 3/T del 6 novembre 2008, l’Agenzia del territorio ha ribadito che la destinazione d’uso e la compatibilità con le caratteristiche intrinseche degli impianti UNITELNews24 68 fotovoltaici e delle centrali eoliche consentono di attribuire agli stessi la categoria catastale D/1. Al riguardo è utile ricordare anche le indicazioni fornite nella circ. n. 4/T del 13 aprile 2007, in virtù delle quali: - la categoria catastale E/3 comprende tutte le unità immobiliari nelle quali si esercitano le attività finalizzate al soddisfacimento di esigenze pubbliche, con esclusione di quelle aventi fini esclusivamente o prevalentemente commerciali e industriali; - la categoria catastale E/9 comprende, in via residuale, tutte le altre costruzioni distinte dalla singolarità tipologica e dalla stretta correlazione dell’uso al soddisfacimento di un pubblico servizio. Tuttavia, non risultano compatibili con la destinazione in questione le unità immobiliari costruite per le esigenze di un’attività commerciale o industriale, purché dotate di autonomia funzionale e reddituale. In seguito, con circ. n. 14/T del 22 novembre 2007, la stessa Agenzia del territorio, nel completare i chiarimenti sulle modalità di classamento delle unità immobiliari urbane classificate nei gruppi catastali D ed E, ha precisato fra l’altro che un impianto eolico è una struttura più complessa e maggiormente articolata rispetto a beni similari, come, per esempio, un mulino o un frantoio che sfrutta l’energia del vento o dell’acqua, ancorché quest’ultimo bene sia frequentemente caratterizzato da una prevalente consistenza di manufatti edilizi. L’art. 2, comma 1, del D.M. 28/1998 ha stabilito che l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, da un fabbricato, da un insieme di fabbricati, o da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Il comma 3 dello stesso art. 2 ha disposto espressamente che sono considerate unità immobiliari anche: - le costruzioni (o loro porzioni), ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le condizioni funzionali e reddituali; - i manufatti prefabbricati, ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale. In tale scenario normativo è opportuno rimarcare, ai fini della presentazione della denuncia catastale, la disposizione di cui all’art. 10 della legge 843/1942, in forza della quale gli immobili devono essere descritti in catasto mediante elencazione dei loro elementi costitutivi (edifici, aree, generatori, forza motrice, dighe, canali adduttori o di scarico, rete di trasmissione e di distribuzione di merci, prodotti o servizi, binari anche se posti su aree pubbliche o nel relativo soprassuolo o sottosuolo, gallerie, ponti e simili). UNITELNews24 69 Sicché concorrono alla determinazione della rendita catastale (art. 10 del R.D.L. 652/1939, convertito dalla legge 1249/1939) gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti per le speciali esigenze dell’attività industriale, anche se fisicamente non incorporati al suolo (conforme art. 1- quinquies , comma 1, del citato D.L. 44/2005; Corte cost., sent. n. 162 del 20 maggio 2008; Corte Cass., sez. trib., fra tante, sent. n. 13319 del 7 giugno 2006). Ne discende che la stima catastale dell’impianto eolico, che va classificato nella categoria catastale D/1, non può che prendere in considerazione tutti gli elementi idonei a qualificare la destinazione d’uso dell’impianto stesso (centrale eolica). Tabella 1 Altri documenti di prassi e di giurisprudenza tributaria di legittimità. Ag. entrate, circ. n. 46/E del 19.7.2007 Ag. entrate, circ. n. 38/E dell’11.4.2008 Ag. territorio, nota 22.6.2012, prot. n. 31892 Ag. entrate, circ. n. 36/E del 19.12.2013 Corte Cass., sez. trib., sent. n. 1978 del 4.2.2015 Corte Cass., sez. trib., sent. da n. 24820 a n. 24815 del 21.11.2014 Corte Cass., sez. VI civ., ord. n. 21963 e n. 21961 del 16.10.2014 Corte Cass., sez. VI civ., ord. da n. 21886 a n. 21884 del 15.10.2014 Corte Cass., sez. VI civ., ord. n. 21722 e n. 21721 del 14.10.2014 Corte Cass., sez. VI civ., ord. da n. 21621 a n. 21618 del 13.10.2014 Edilizia e Urbanistica Imposta fissa di registro in caso di cessione di aree PEEP concesse dal comune Elena Ferrari, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, Edizione del 15 aprile 2015, n. 973 Il caso L’art. 35 della legge 865/1971 prevede la possibilità che le aree da destinare a edilizia economica e popolare (piani PEEP), di cui alla legge 167/1962, siano acquisite dai comuni per esproprio e vengano UNITELNews24 70 concesse in diritto di superficie a terzi allo scopo di edificare case di tipo economico e popolare e i relativi servizi urbani e sociali. Una norma di molti anni dopo, l’art. 31, comma 45, della legge 448/1998, prevede che le stesse aree, già concesse in diritto di superficie in applicazione dell’art. 35, comma 4, della legge 865/1971, possano essere cedute da parte dei comuni in proprietà. Come previsto dal successivo comma 47, la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente, dietro pagamento di un corrispettivo. Con un’istanza di interpello, viene ora posto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate il caso di una cooperativa che, in attuazione di un piano di zona consortile per l’edilizia economica e popolare indetto da parte di un comune, ha ottenuto il diritto di superficie di un terreno dal comune. Nel 1988 ha realizzato un fabbricato e ha assegnato ai soci la proprietà superficiaria degli alloggi, mentre il comune è rimasto proprietario dell’area di sedime. Nel 2013 il comune, in applicazione dell’art. 31, commi 45-47, della legge 448/1998, ha offerto agli assegnatari degli alloggi la possibilità di effettuare la trasformazione del diritto di superficie sulle aree in diritto di proprietà, dietro pagamento di un corrispettivo. Gli assegnatari della proprietà superficiaria degli alloggi hanno quindi chiesto all’Agenzia delle entrate come inquadrare l’operazione ai fini dell’imposta di registro e chiedono di appurare se nel caso di specie la cessione del terreno da parte del comune possa essere effettuata applicando l’imposta di registro nella misura agevolata del 2%, prevista in caso di acquisto della “prima casa”. Il parere delle Entrate Tale possibilità viene esclusa a priori da parte dell’Agenzia delle entrate, sulla base della considerazione che l’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, riserva l’agevolazione unicamente ai trasferimenti aventi a oggetto “case di abitazione, a eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9”. Sono quindi esclusi dal trattamento di favore tutti gli immobili diversi dalle case di abitazione (tranne quelle di pregio), comprese le aree su cui tali fabbricati insistono. A questo proposito, peraltro, l’Agenzia ricorda che, come più volte chiarito da parte della Cassazione (per esempio con la sent. n. 6925/2011), le norme che regolano agevolazioni o benefici fiscali sono di stretta interpretazione e la loro applicazione non può essere estesa a fattispecie che il legislatore non abbia contemplato. UNITELNews24 71 La ris. n. 17/E/2015 risolve la questione in un senso più favorevole ai contribuenti di quello da loro prospettato, poiché sostiene che nel caso di specie possa soccorrere l’art. 32, comma 2, del D.P.R. 601/1973, a norma del quale gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste al titolo III della legge 865/1971, fra cui sono ricomprese quelle destinate edilizia economica e popolare, e gli atti di concessione del diritto di superficie sulle stesse aree sono soggetti a imposta di registro in misura fissa e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali. Tale disposizione sopravvive alla soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni previste ai fini dell’imposta di registro operata da parte dell’art. 10 del D.Lgs. 23/2011, per effetto del comma 4 dello stesso art. 10. A parere dell’Agenzia delle entrate, nell’ambito degli atti di trasferimento della proprietà delle aree di cui al titolo III della legge 865/1971, possono essere ricompresi anche gli atti attraverso i quali i comuni cedono, ai sensi dell’art. 31, comma 45, della legge 448/1998, le aree comprese in piani PEEP approvati ai sensi della legge 167/1962, già concesse in diritto di superficie per effetto dell’art. 35 della legge 865/1971 e non rileva la circostanza che il trasferimento della proprietà dell’area avvenga successivamente al trasferimento del diritto di superficie sulla stessa area (atto, quest’ultimo, già agevolabile ex art. 32 del D.P.R. 601/1973). La successiva cessione agli originari assegnatari degli alloggi delle aree sulle quali insistono gli alloggi già realizzati e già concessi, al pari delle aree, in diritto di superficie concretizza, a parere dell’Agenzia delle entrate, un atto senz’altro connesso con l’atto di concessione del diritto di superficie e riconducibile alla medesima ratio agevolativa già sottesa alla disposizione di cui all’art. 32 del D.P.R. 601/1973. Una conferma in tal senso viene dall’art. 31, comma 48, della legge 448/1998, secondo cui il corrispettivo delle aree cedute in proprietà deve essere determinato dal comune al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie. In ragione di tutti questi elementi, è quindi ammesso ritenere che gli atti attraverso i quali un comune ceda agli assegnatari di alloggi con diritto di superficie l’area PEEP su cui tali alloggi insistono, possano essere ricondotti fra gli atti attuativi dei piani di edilizia economica e popolare e quindi, come tali, siano soggetti a imposta fissa di registro (pari a € 200) e siano esenti da imposte ipocatastali, per effetto dell’art. 32 del D.P.R. 601/1973. Edilizia e Urbanistica La ristrutturazione edilizia deve rispettare la fedele ricostruzione della sagoma Gian Luca Ballabio, Il Sole 24 ORE – Urbanistica24, 13 aprile 2015 UNITELNews24 72 Il Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763 si è recentemente pronunciato sulla richiesta di annullamento di alcuni provvedimenti comunali e di un parere negativo della Soprintendenza che, sulla base del piano paesaggistico vigente, hanno “denegato l’intervento di demolizione e successiva ricostruzione di un immobile principale adibito a uso residenziale e di due comodi rurali di sua proprietà, volto alla realizzazione di 10 unità abitative a schiera su tre livelli”. Il giudizio In seguito alla sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso, è stato proposto appello sulla base, per quanto qui interessa, della “compatibilità dell’intervento richiesto, di mera ristrutturazione edilizia, con le prescrizioni vincolistiche valevoli in area”. Il Collegio, però, ha ritenuto che fosse dirimente ai fini della controversia la circostanza che “l’intervento oggetto di autorizzazione paesaggistica e edilizia consiste nella demolizione di un manufatto ad uso residenziale di quattro piani e di due comodi rurali e nella ricostruzione mediante edificazione di dieci unità immobiliari di circa 60 mq ciascuna, disposte a schiera su tre livelli sfalsati, usufruendo del premio volumetrico del 35%, previsto” dalle leggi regionali applicabili. Intervento che quindi non poteva essere considerato come ristrutturazione edilizia, ma come nuova edificazione. L’orientamento giurisprudenziale in tema di ristrutturazione Il Consiglio di Stato a fondamento della propria decisione ha osservato “che l'elemento che, in linea generale, contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica (sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": art. 3, comma 1, lett. d) T.U. ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non "fedele" (per effetto della modifica apportata al Testo Unico dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2397; id., Sez. IV, 30 marzo 2013, n. 2972)”. Inoltre (Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 5822) ai sensi della lettera d), comma 1 dell'art. 3 del T.U. edilizia sono inclusi nella definizione di "ristrutturazione edilizia", gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all'edificio preesistente; la successiva lettera e) classifica come interventi di "nuova costruzione" quelli di "trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti". In base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione UNITELNews24 73 planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia. Pertanto, e contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, l’intervento edilizio oggetto di contenzioso non rientra nel canone della ristrutturazione ma in quella della nuova edificazione che, sulla base della normativa di settore, era del tutto precluso in zona, rendendo quindi inutile la lunga prolusione contenuta in appello sulla situazione di avvenuta edificazione dell’area, circostanza che consente unicamente altri tipi di intervento, sull’esistente, e non nuove edificazioni. Conclusioni L’art. 3 del D.P.R. 380/2001 è stato modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98: “all' articolo 3 , comma 1, lettera d), ultimo periodo, le parole: «e sagoma» sono soppresse e dopo la parola «antisismica» sono aggiunte le seguenti: «nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”. Al riguardo il T.A.R. Lombardia (Milano, sent. 16 marzo 2015, n. 720) ha sottolineato che le modifiche “dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 introdotte dal decreto legge 69/2013 convertito con L. 98/2013 (in ogni caso non applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, trattandosi di novità normative in vigore dal mese di agosto 2013), la demolizione e successiva ricostruzione di un edificio esistente poteva qualificarsi come “ristrutturazione” solo nel caso di ricostruzione con rispetto della sagoma dell’edificio preesistente. Sulla questione occorre richiamare altresì la nota sentenza della Corte Costituzionale 309/2011, di declaratoria di illegittimità dell’art. 27 della legge della Regione Lombardia 12/2005, laddove la norma regionale consentiva invece la “ristrutturazione” senza il rispetto del vincolo di sagoma”. Professionisti Competenze professionali: ferri corti tra geometra e ingegnere/architetto Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973 Tracciare i confini delle competenze professionali dei tecnici è sempre stato un argomento al centro di aspri contrasti. La crisi economica in atto ha flagellato soprattutto il settore dell’edilizia e architetti, UNITELNews24 74 ingegneri e geometri hanno affilato le armi contendendosi un mercato sempre più asfittico, esacerbando gli animi e accentuando i conflitti. Questa volta, a finire sotto i riflettori, è una delibera con cui la Giunta comunale forniva «…i necessari indirizzi operativi al Responsabile dell’Area edilizia privata e del responsabile dell’istruttoria, relativi ai procedimenti amministrativi in materia edilizia chiarendo che, tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio professionale, possano rientrare la progettazione e la direzione dei lavori di modeste costruzioni almeno fino a 1.500 mc adottando quindi il criterio tecnico-qualitativo in relazione alle caratteristiche dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e specifiche, riservate per legge a un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio procedimentale a carico del richiedente». La delibera viene impugnata dal locale Ordine degli ingegneri che denuncia una vera e propria “invasione di campo” da parte del comune. L’ente locale avrebbe esercitato funzioni a carattere normativo in tema di competenze professionali invadendo la competenza legislativa statale. Il TAR del Veneto (TAR Venezia, Sez. I, sent. n. 1312 del 20 novembre 2013) respinge il ricorso ritenendo che la delibera di Giunta non abbia carattere normativo ma rappresenti un mero “atto di indirizzo politico-amministrativo” con il quale gli organi politici dell’ente comunale hanno inteso fissare delle linee generali cui gli uffici devono attenersi nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali. Trattandosi di un mero atto di indirizzo, il provvedimento non assume carattere vincolante per gli uffici dell’ente locale chiamati ovviamente ad applicare la normativa di riferimento in ordine alle attribuzioni dei professionisti e alla qualità dell’opera. Il TAR ribadisce i limiti alle competenze dei geometri La competenza dei geometri, secondo il giudice amministrativo, trova il proprio limite invalicabile in parametri di ordine tecnico-qualitativo in base ai quali a essi vengono devolute le opere di modesta entità e meno complesse, per cui il progetto non deve implicare la soluzione di problemi particolari che possono essere affrontati solo da professionisti di rango superiore. Secondo il TAR, la competenza del geometra non sarebbe del tutto esclusa ma, più che altro, potrebbe essere esercitata entro limiti ben definiti. La pronuncia del TAR veniva (ovviamente) impugnata dinanzi al Consiglio di Stato e rimessa alla decisione della Sez. V, che con la sent. n. 883 del 23 febbraio 2015, ribaltava l’esito del giudizio. Il parere del Consiglio di Stato Il giudice d’appello ritiene che la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato esulino dalle competenze del geometra essendo riservate a ingegneri e architetti abilitati. Potrebbero UNITELNews24 75 rientrare nella competenza del geometra solo le opere in cemento armato relative a piccole costruzioni accessorie che non richiedano la predisposizione di calcoli complessi. L’opera può dirsi modesta quando la sua realizzazione non richiede specifiche capacità tecniche. La legge traccia i limiti al potere del Consiglio comunale L’art. 42 “Attribuzioni dei consigli” del D.Lgs. 267 del 18 agosto 2000 Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali , nel porre i paletti ai poteri dei Consigli comunali circoscrive tali poteri agli atti fondamentali dell’ente ivi espressamente indicati ponendo a carico della Giunta una competenza residuale per tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al Consiglio comunale ovvero che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco. La normativa di riferimento È estremamente difficile trovare, all’interno della normativa, una netta linea di demarcazione tra le competenze dei tecnici laureati (ingegneri e architetti) e quelle dei tecnici non laureati (geometri). Per individuare le competenze professionali esclusive dei tecnici è necessario fissare le competenze dei geometri e, procedendo a contrario, per esclusione, è possibile individuare le competenza esclusive dei tecnici laureati. La professione del geometra trova la propria regolamentazione nel R.D. 274 dell’ 11 febbraio 1929, Regolamento per la professione di geometra ; l’art. 16, in particolare, stabilisce l’oggetto e i limiti dell’esercizio professionale di geometra individuando tutta una serie di attività, indicate dalla lett. a) alla lett. q ). In particolare, l’art. 16, lett. l ) devolve al geometra «progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per l’incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali, senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista di acque per le stesse aziende e reparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti di bonifica idraulica e relativa direzione». La successiva lett. m ) contempla, invece, le attività di “progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili”. La norma, quindi, non contiene alcun riferimento alla possibilità che il geometra possa progettare e realizzare anche strutture civili in cemento armato limitandosi a sottolineare che deve trattarsi di “costruzioni modeste”. La norma, quindi, non esclude in radice le competenze del geometra in ambito progettuale ma le limita agli edifici agricoli e alle piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedano calcoli complessi e che non possano risultare pericolose per l’incolumità delle persone. UNITELNews24 76 Art. 16, R.D. 274/1929 L’oggetto e i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: a. operazioni topografiche di rilevamento e misurazione, di triangolazioni secondarie a lati rettilinei e di poligonazione, di determinazione e verifica di confini; operazioni catastali ed estimi relativi; b. operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali e inoltre, quando abbiano tenue importanza, di strade ordinarie e di canali di irrigazione e di scolo; c. misura e divisione di fondi rustici; d. misura e divisione di aree urbane e di modeste costruzioni civili; e. stima di aree e di fondi rustici, anche ai fini di mutui fondiari e di espropriazione, stima dei danni prodotti dalla grandine o dagli incendi, e valutazione di danni colonici a culture erbacee, legnose, da frutto, da foglia e da bosco. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie; f. stima, anche ai fini di mutui fondiari e di espropriazione, di aree urbane e di modeste costruzioni civili; stima dei danni prodotti dagli incendi; g. stima di scorte morte, operazioni di consegna e riconsegna dei beni rurali e relativi bilanci e liquidazioni; stima per costituzione ed eliminazione di servitù rurali; stima delle acque irrigue nei rapporti dei fondi agrari serviti. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie; h. funzioni puramente contabili e amministrative nelle piccole e medie aziende agrarie; i. curatele di piccole e medie aziende agrarie, in quanto non importino durata superiore a un anno e una vera e propria direzione tecnica; assistenza nei vari contratti agrari; l. progetto, direzione, sorveglianza e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica e relativa direzione; m. progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili; n. misura, contabilità e liquidazione delle costruzioni civili indicate nella lett. m.; o. misura, contabilità e liquidazione di lavori di costruzioni rurali sopra specificate; p. funzioni peritali e arbitramentali in ordine alle attribuzioni innanzi menzionate; q. mansioni di perito comunale per le funzioni tecniche ordinarie nei comuni con popolazione fino a diecimila abitanti, esclusi i progetti di opere pubbliche d’importanza o che implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici. UNITELNews24 77 L’art. 1 del R.D. 2229 del 16 novembre 1939 , Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato cementizio semplice o armato prevedendo che «Ogni opera di conglomerato cementizio semplice o armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base a un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto all’albo» metteva definitivamente fuori gioco i geometri, ma tale norma veniva abrogata dal D.Lgs. 212 del 13 dicembre 2010 Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’art. 14, comma 14quater , della legge 246 del 28 novembre 2005 . La materia delle opere in cemento armato è stata, quindi, ridisegnata dalla legge 1086 del 5 novembre 1971, Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica che, abbandonando la rigida elencazione di competenze contenute nel R.D. 274/1929 e nel R.D. 2229/1939, ha avuto la capacità di complicare ancora di più le cose. L’ art. 2 della legge 1086/1971, nel ridisciplinare la progettazione e direzione lavori, prevede che la costruzione delle opere di cui all’art. 1 (ovvero le opere in conglomerato cementizio armato normale, conglomerato cementizio e armature che assolvono a una funzione statica; in conglomerato cementizio armato precompresso) deve avvenire in base a un progetto esecutivo redatto da un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. L’esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive competenze. La disciplina è poi confluita nell’art. 64, commi 2 e 3, del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, che, nel disciplinare le competenze professionali relative alle opere in conglomerato cementizio, non contiene nessun riferimento alla differenza tra tecnici laureati e non laureati e, in maniera alquanto generica, richiede che le opere siano realizzate in base a un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato, iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi professionali. Un ulteriore riferimento legislativo potremmo trovarlo nella legge 144 del 2 marzo 1949 Approvazione della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri . L’art. 57 sembra complicare ancora di più il problema in quanto, nel descrivere le prestazioni professionali del geometra, sembrerebbe escludere i tecnici non laureati dalle progettazioni in zona sismica aprendo, quindi, le porte alla progettazione nelle aree non soggette a rischio sismico. Peraltro, è ovvio che la disciplina sulle tariffe professionali non può incidere sulle competenze professionali. Il geometra laureato Con sempre maggior frequenza un consistente numero di geometri ha conseguito la laurea triennale seguendo il corso universitario nelle classi indicate nel D.P.R. 328 del 5 giugno 2001. Tali classi sono: classe 4 scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile, classe 7 urbanistica e pianificazione UNITELNews24 78 territoriale e ambientale, classe 8 ingegneria civile e ambientale. Si tratta delle classi di laurea per l’architetto iunior , il pianificatore iunior e l’ingegnere iunior . Ai sensi dell’art. 55, comma 4, del D.P.R. 328/2001 agli iscritti agli albi dei geometri che hanno conseguito dette lauree, anche successivamente all’iscrizione all’Albo, spetta il titolo professionale di “geometra laureato”. Occorre, peraltro, ricordare che, ai fini del campo di attività, non esiste alcuna differenza tra il geometra laureato e quello non laureato in quanto entrambi hanno conseguito la medesima abilitazione all’esercizio della professione e hanno le medesime competenze. Questione decisa dalla Costituzione Ai sensi dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle professioni rientra nell’ambito della legislazione concorrente tra Stato e regioni. In tale contesto, abbiamo numerose pronunce con cui la Corte Costituzionale ha tracciato la linea di demarcazione tra le competenze dello Stato e delle regioni. La Consulta ha precisato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle professioni deve rispettare il principio invalicabile di ordine generale, secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà legislativa regionale disciplinare solo quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. La Corte Costituzionale, con la sent. n. 178 del 18 giugno 2014, ha accolto il ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva impugnato alcune norme della L.R. U mbria 13 del 12 luglio 2013 (T.U. in materia di turismo) perché contrastanti con l’art. 117, commi 1, 2, lett. e ), e 3, della Costituzione. Il ricorso era avvallato dall’Avvocatura dello Stato che richiamava la consolidata giurisprudenza costituzionale in base alla quale la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Con la sent. n. 98 del 23 maggio 2013, la Consulta ha bacchettato il legislatore della regione Lombardia che, con la L.R. 3 del 27 febbraio 2012 (Disposizioni in materia di artigianato e commercio) aveva disciplinato la professione di estetista e ancora con la sent. n. 40 dell’8 febbraio 2006, era finita alla gogna la L.R. Liguria 18 del 25 ottobre 2004 (Norme regionali sulle discipline bionaturali per il benessere), in quanto realizzano un intervento normativo regionale in materia di professioni sanitarie la cui individuazione e regolamentazione spetta allo Stato. La giurisprudenza del Consiglio di Stato UNITELNews24 79 In passato il Consiglio di Stato è stato chiamato in varie occasioni a tracciare i confini tra le competenze dei geometri e quelle degli ingegneri. Con la sent. n. 2537 del 28 aprile 2011, la Sez. V aveva confermato la decisione del TAR Lombardia, Brescia, Sez. I, sent. n. 630 del 23 luglio 2007, respingendo definitivamente il ricorso proposto dal Collegio dei geometri. Quest’ultimo aveva impugnato un bando di progettazione per la riqualificazione e messa in sicurezza di una strada provinciale che riservava la progettazione ai soli ingegneri, architetti e geologi (nella specie la progettazione aveva a oggetto indagini geognostiche e di prospezione, l’allargamento della strada, opere di risanamento e consolidamento dei terreni residuati di una roggia, nonché la realizzazione di nove ponti in cemento armato anche precompresso, di cui due in attraversamento alla strada provinciale). Il collegio aveva sottolineato che esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali. Le competenza del geometra In sostanza, ricadono nella competenza del geometra solo le opere relative a piccole costruzioni accessorie, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato a un ingegnere o a un architetto. La competenza dei geometri, quindi, è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione - anche parziale - di strutture in cemento armato (TAR Campania, Sez II Napoli, sent. n. 3521 del 26 giugno 2014). Eccezionalmente la competenza dei geometri può estendersi alle strutture in cemento armato, purché si tratti di piccole costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone. A questo punto sorge un problema: quando una costruzione può essere considerata “modesta” e, quindi, può ricadere nelle competenze del geometra? Non è possibile dare una risposta di massima al quesito essendo necessario valutare, caso per caso, le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità professionali occorrenti per superarle. Occorre tener presente che anche l’utilizzo o meno del cemento armato non costituisce un elemento scriminante. Potremmo avere, per esempio, l’ipotesi di strutture modeste che richiedano calcoli complessi quando siano realizzate in zona sismica. In sostanza, in mancanza di un criterio legislativo, spetterà al giudice amministrativo la valutazione sull’entità quantitativa e qualitativa della costruzione, al fine di stabilire se la stessa, ancorché prevista con struttura in cemento armato, rientri o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza professionale del geometra, ai sensi degli artt. 16 e segg. R.D. 274/1929. UNITELNews24 80 Il Consiglio di Stato ha ricordato in via generale che un geometra non può effettuare la progettazione di 5 villette a schiera perché non si è dinanzi a intervento edilizio di modesta dimensione e quindi esula dalla competenza dei geometri come prevista dal R.D. 274/1929, dal R.D. 2229/1939, dalla legge 144/1949 e dalla legge 1086/1971 (Cons. Stato, sent. n. 1526 del 14 marzo 2013). La scriminante, quindi, è data dalla “modestia” dell’opera. A entrare in gioco sarà una valutazione tecnico-qualitativo dell’opera che deve avere riguardo alla struttura dell’edificio e alle relative modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi tecnici particolari. Altri criteri, come quello quantitativo, delle dimensioni e della complessità, nonché quello economico possono rappresentare solo ulteriori indici di riconoscimento della “modestia dell’opera” ma con una valenza complementare, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti nella realizzazione dell’opera. In parole povere, per valutare l’idoneità del geometra occorre considerare le concrete caratteristiche dell’intervento; a tal fine, peraltro, non possono essere prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda, anche in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica ed economica che nel settore edilizio può verificarsi nel tempo (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 5208 del 3 ottobre 2002). Zona sismica preclusa al geometra Un punto fermo, comunque, lo abbiamo. Secondo la giurisprudenza, al geometra è sempre preclusa la progettazione in zona sismica in quanto l’intervento sarebbe assoggettato alla normativa di cui alla legge 64 del 2 febbraio 1974, che impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri. Questo principio potrebbe mettere definitivamente fuori gioco il geometra in quanto, a seguito dell’entrata in vigore del D.M. infrastrutture n. 29581 del 14 gennaio 2008 (recante Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni ), in sostanza non esistono più aree non classificate quali “zone sismiche”, ma solo “zone a basso rischio sismico”. Rischia grosso anche il committente Affidare la realizzazione di un’opera a un tecnico non abilitato può rivelarsi un vero e proprio boomerang anche e soprattutto per il committente. C’è il rischio, infatti, che l’amministrazione annulli in autotutela il titolo concessorio rendendo, quindi, l’opera abusiva, con quanto ne consegue (TAR Lazio, Roma, Sez. II- bis , sent. n. 7670 del 3 ottobre 2011, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. VI, sent. n. 4751 del 22 settembre 2014, n. 4751). Il provvedimento di autotutela sarebbe legittimo in quanto il titolo concessorio sarebbe nullo per incompetenza del geometra progettista. Possibile la collaborazione tra geometra e ingegnere? Spesso e volentieri i professionisti collaborano tra loro un po’ per economizzare sui costi di gestione dello studio, un po’ per far fronte alla crescente necessità di “specializzazione”. Ci si chiede, in tale contesto, se è possibile configurare una forma di collaborazione tra geometri, da un lato, e ingegneri UNITELNews24 81 o architetti, dall’altro. In passato la giurisprudenza interpretava in maniera oltremodo restrittiva l’art. 3 della legge 1086/1971, che pone a carico del progettista la responsabilità diretta della progettazione di tutte le strutture dell’opera comunque realizzate. Di conseguenza, un geometra incaricato della progettazione di un edificio non poteva delegare a un tecnico laureato l’elaborazione dei calcoli delle strutture in conglomerato cementizio, in quanto spettava sempre al professionista principale (ovvero quello che aveva ricevuto l’incarico dal committente) l’onere di assumersi la responsabilità di tutta l’opera edilizia da realizzare, compresa la parte relativa ai calcoli strutturali (TAR Umbria, sent. n. 385 del 10 novembre 1981; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, sent. n. 71 del 17 febbraio 1995; TAR Abruzzo, Pescara, sent. n. 82 dell’8 aprile 1982). Più recentemente, la giurisprudenza sembra aver mutato il proprio orientamento; in tale contesto si intende garantire la buona qualità dell’edificio in progetto con il chiaro intento di assicurare l’incolumità delle persone che andranno a utilizzare l’edificio ultimato. Sotto questo profilo è necessario e sufficiente garantire che i calcoli statici delle strutture siano esatti e che tutte le soluzioni tecniche finalizzate alla pubblica sicurezza siano idonee. Per questa via si è giunti a sostenere che il tecnico laureato effettui una concreta supervisione sul progetto e se ne assuma la relativa responsabilità, dopo aver verificato la correttezza di tutti i calcoli statici, nonché l’idoneità di tutte le soluzioni tecniche adottate, ai fini della tutela dell’incolumità degli esseri umani (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 3068 del 4 giugno 2003; TAR Marche, sent. n. 1241 del 6 dicembre 2001; Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 83 del 29 gennaio 1999). In tale ottica sarebbe quindi possibile la collaborazione tra un ingegnere/architetto a cui venga affidata la progettazione e direzione lavori delle opere strutturali e quella del geometra incaricato della sola parte architettonica dell’edificio, per il quale ruolo soltanto quest’ultimo professionista doveva ritenersi responsabile. Di recente il TAR ha precisato che se il legislatore ha richiesto l’intervento dell’ingegnere (o architetto) al fine di tutelare direttamente la staticità dell’edificio e, indirettamente, la sicurezza pubblica; e se - a tali fini - viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di responsabilità” a opera di un ingegnere del progetto redatto da un geometra, allora si deve ritenere che - a maggior ragione - sia legittimo e ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo per la parte architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico-strutturali firmati tutti da un ingegnere (TAR Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 1022 del 22 aprile 2011). Il parere della Cassazione Anche la Cassazione è stata chiamata a esprimersi in diverse occasioni sulle competenza del geometra. Così è stato ritenuto illegittimo (e, quindi, non dovuto) il compenso professionale del UNITELNews24 82 geometra che aveva invaso le competenze dell’ingegnere (Cass., Sez. II civ., sent. n. 18038 del 2 settembre 2011). Ribadito che tecnici diplomati (geometri e periti edili) possono eseguire solo progettazione, direzione lavori e vigilanza delle opere di modeste dimensioni ove siano escluse le opere relative all’impiego di strutture in cemento armato. Unica deroga, la realizzazione di piccoli manufatti accessori, nell’ambito di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, qualora non siano richieste particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità pubblica. Gli Ermellini, inoltre, sembrano sottolineare l’importanza dei titoli accademici, cosi, negano la possibilità che un tecnico laureato (ingegnere e architetto) possa essere sottoposto a un professionista dotato di un titolo professionale di grado inferiore (nel caso di specie, geometra); la Cassazione, quindi, ponendosi in contrasto con la giustizia amministrativa, esclude la possibilità che un geometra possa eseguire la progettazione delle opere mentre la successiva fase esecutiva venga poi affidata a un tecnico laureato (ingegnere o architetto) (Cass. Sez. II civ., sent. n. 19292 del 7 settembre 2009). Secondo Piazza Cavour, il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta” e quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sen si dell’art. 16, lett. m ), del R.D. 274/1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine non è decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta” essere realizzata senza di esso). Assume significativa rilevanza, invece, il fatto che la costruzione sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa di cui alla legge 64 del 2 febbraio 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle competenze professionali dei geometri. Nel caso in esame era stato affidato a un geometra l’incarico relativo alla radicale trasformazione del fabbricato e al cambio di destinazione, da laboratorio artigianale a otto appartamenti e relative autorimesse (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 8543 dell’8 aprile 2009). Ancora più severe le sezioni penali che basano la linea di demarcazione tra competenza del geometra e quella di ingegneri e architetti sulla base del carattere dell’intervento. Sotto questo profilo, al geometra sarebbe sempre preclusa la progettazione di un “intervento civile” essendo abilitati a progettare e dirigere, ai sensi dell’art. 16 del R.D. 274/1929, solo “costruzioni rurali” e per industrie agricole di limitata importanza, comprese piccole costruzioni che non implichino pericolo per l’incolumità delle persone. Nel caso in esame è stata preclusa al geometra la progettazione di un intervento di sopraelevazione, intervento che implica calcoli non semplici e equilibri statici non privi di pericolosità (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 11287 del 6 novembre 2000). UNITELNews24 83 Professionisti L'albo dei consulenti tecnici Paolo Frediani, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973 Come è suddiviso l’albo dei consulenti tecnici? Secondo il dettato dell’art. 13 disp. att. cod. proc. civ., presso ogni tribunale è istituito un albo dei consulenti tecnici diviso, perlomeno, nelle seguenti categorie: - medico-chirurgica; - industriale; - commerciale; - agricola; - bancaria; - assicurativa. Le categorie possono contenere ulteriori sottocategorie corrispondenti alle diverse specializzazioni. Chi si occupa materialmente di valutare le istanze per l’iscrizione? Il comitato presieduto dal presidente del tribunale e di cui fanno parte il procuratore della Repubblica o un suo sostituto e diversi soggetti costituiti dai presidenti dagli ordini e collegi professionali, o loro delegati, e il funzionario della Camera di Commercio che sovrintende quei professionisti che non hanno ordine né albo. Il comitato, come riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione, pur operando in ambito giurisdizionale, ha funzioni meramente amministrative. Lo stesso comitato è anche responsabile per valutare la condotta del consulente tecnico e dell’ausiliario giudiziario e comminare eventuali sanzioni disciplinari. Il ruolo del segretario del comitato è svolto dal cancellerie del tribunale. Quali sono i requisiti fissati dalla norma per richiedere l’iscrizione all’albo? È consentito ottenere l’iscrizione all’albo a tutti coloro che posseggono competenza tecnica in particolari materie, hanno una specchiata condotta morale e risultano iscritti nei rispettivi ordini e collegi professionali. La competenza tecnica, da considerarsi “speciale”, deve non solo trovare spiegazione dal titolo di studio acquisito, dall’appartenenza a una categoria professionale, o ancora dallo svolgimento di un’attività professionale, ma soprattutto dall’acquisizione di titoli, di specializzazione, da percorsi di formazione particolari, dall’avere svolto pubblicazioni o attività di insegnamento. Nella sostanza, non è sufficiente all’autorità giurisdizionale dimostrare il “poter fare”, UNITELNews24 84 ma occorre esprimere il “saper fare” in quel determinato settore. Relativamente alla condotta morale , il riferimento della norma è da leggersi come generale condotta morale e quindi, in concreto, formano condizioni limitanti non solo i casi di condanne penali o civili, ma anche l’irrogazione di sanzioni disciplinari e amministrative per fatti non inerenti all’incarico di CTU, ma che possono incidere sull’esercizio della professione o che comunque denotano, in chi le ha subite, spregio della legalità o mancanza di senso civico. È da precisare, in ogni caso, che è precipuo compito del comitato, in ordine all’esito della domanda, valutare la situazione particolare in relazione alle singole circostanze. Circa l’iscrizione nell’ordine professionale, vale per quelle categorie professionali organizzate in ordini e collegi (architetti, ingegneri, commercialisti, geometri, periti industriali ecc.), non potendosi richiedere a coloro che non sono dotati di ordini e albi professionali evidentemente di farne parte. Nella specie, gli esperti vari (esperti del legno, grafologi, antiquari ecc.) debbono essere iscritti negli appositi elenchi conservati presso le camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato della provincia nella quale ricade la circoscrizione giudiziaria. In ogni caso, il soggetto qualificato in una materia ha diritto a essere iscritto all’albo dei consulenti tecnici. Occorre precisare che al consulente non è consentito essere iscritto a più di un albo; ne consegue che, nell’ipotesi di un professionista residente in una circoscrizione giudiziaria con studio professionale in un’altra, questi deve operare una scelta in riferimento all’albo in cui iscriversi, non potendosi iscrivere all’albo di entrambi i tribunali. Va precisato in ultimo che non possono essere iscritti all’albo dei consulenti tecnici, né nominati coloro che risultano interdetti dai pubblici uffici, i sospesi dalla professione, ovvero i soggetti sottoposti a misure di pubblica sicurezza. Quali documenti è necessario allegare alla domanda? Per richiedere l’iscrizione, è necessario presentare domanda al presidente del tribunale corredata da alcuni documenti. Ormai tutte le cancellerie si sono dotate di stampati anche scaricabili dai siti Internet dei tribunali nei quali vengono elencati i documenti richiesti. A solo titolo esemplificativo, possiamo precisare i seguenti: - estratto dell’atto di nascita; - certificato generale del casellario giudiziario; - certificato di residenza; - certificato di iscrizione all’ordine; UNITELNews24 85 - titoli e/o documenti che il richiedente intende esibire per dimostrare la sua competenza nella materia. Occorre precisare che alcuni di questi, tuttavia, sono stati superati dalla normativa in materia di autocertificazione (D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa). Nelle disp. att. cod. proc. civ. sono previste anche forme di sanzioni disciplinari a carico del consulente? Sì. L’art. 19 disp. att. cod. proc. civ. ( Disciplina ) prevede che il presidente del tribunale, d’ufficio o su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’associazione professionale, può promuovere un procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una condotta morale specchiata o non hanno ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti. Le sanzioni disciplinari che possono essere comminate ai consulenti si distinguono in: - avvertimento; - sospensione dall’albo per un tempo non superiore a un anno; - cancellazione dall’albo. Della responsabilità disciplinare, come di quelle più ampiamente riferibili a quella civile e penale, ci occuperemo nel prossimo numero. Nell’albo sono anche previste norme sulla distribuzione degli incarichi? Sì. Nell’art. 22 disp. att. cod. proc. civ. (Distribuzione degli incarichi ai consulenti) è espressamente previsto che i giudici debbano affidare normalmente gli incarichi di consulente tecnico agli iscritti nell’albo del tribunale medesimo. Ciò, tuttavia, non esclude la possibilità per un giudice di fare ricorso a consulenti iscritti in albi di altri tribunali, ovvero a soggetti non iscritti in albi giudiziari. In tali casi, tuttavia, il giudice deve sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta. Le funzioni di consulente presso la corte d’appello sono normalmente affidate agli iscritti negli albi dei tribunali del distretto. Come viene effettivamente svolto il controllo sulla rotazione nell’affidamento degli incarichi? La vigilanza sulla distribuzione degli incarichi prevista dall’art. 23 è svolta dal presidente del tribunale. Tale azione è svolta affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo. Con l’art. 52, comma 1, della legge 69/2009, è stata introdotta la seguente modifica «… in modo che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10% di quelli affidati dall’ufficio e garantisce che sia assicurata l’adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti informatici». UNITELNews24 86 La novità pone all’evidenza l’interesse del riformatore nell’ampliare il ricorso a un maggiore numero di professionisti per l’attribuzione degli incarichi di consulenza. Tale necessità, peraltro già manifestata nel recente passato da alcune direttive emanate dal Ministero della giustizia, è volta a sfavorire talune forme di privilegio messe in atto da professionisti meglio inseriti nell’ambiente forense tali da fare divenire gli incarichi giudiziari ad appannaggio di un nucleo ristretto di soggetti. L’art. 23 disp. att. cod. proc. civ., nella sua parte innovata, inoltre introduce la necessità di conferire trasparenza alle nomine «anche a mezzo di strumenti informatici». La modalità dell’attuazione di tale innovazione è da ipotizzarsi - alla stregua di altre prassi ormai da qualche tempo in uso in enti e amministrazioni dello Stato introdotte da precisi indirizzi normativi volti a conferire trasparenza nelle attribuzioni d’incarico - con la pubblicazione degli incarichi ricevuti da ciascun consulente a mezzo di sezione dedicata nei supporti informatizzati degli uffici giudiziari. L’albo dei consulenti vale sia per il settore civile, sia per quello penale? No. Per il settore penale, sempre presso ogni tribunale, secondo il dettato del codice di procedura penale, è istituito l’albo dei periti, anch’esso suddiviso in categorie. Le categorie previste dall’art. 67 disp. att. cod. proc. pen. (Albo dei periti presso il tribunale) sono articolate in esperti in: medicina legale, psichiatria, contabilità, ingegneria e relative specialità, infortunistica del traffico e della circolazione stradale, balistica, chimica, analisi e comparazione della grafia. Pubblica amministrazione/Enti locali Linee guida Anac: tutte le misure in sintesi in consultazione pubblica fino al 15 aprile 2015 Corrado Anna, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, Edizione del 18 aprile 2015, n. 17 IL PROVVEDIMENTO IN SINTESI Contenuto in sintesi dello schema di delibera Anac, in consultazione pubblica sul sito dell'Anticorruzione dal 25 marzo 2015, relativo alle “Linee guida per l'attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”. OGGETTO CONTENUTO Obiettivo Le linee guida sono volte a orientare le società e gli enti di diritto privato controllati e partecipati, direttamente e UNITELNews24 87 OGGETTO CONTENUTO indirettamente da pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici economici nell’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza di cui alla legge 190/2012. Contenuto Ambito soggettivo Sostituiscono integralmente i contenuti del Pna in materia di misure di prevenzione della corruzione che devono essere adottate degli enti pubblici economici, degli enti di diritto privato in controllo pubblico e delle società a partecipazione pubblica. Le società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni pubbliche, individuate ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile, e quelle solo partecipate, ovvero quelle in cui la partecipazione pubblica non è idonea a determinare una situazione di controllo. Dal novero delle società controllate vanno escluse quelle di cui al n. 3 del comma 1 dell’articolo 2359 del codice civile, atteso che l’influenza dominante conseguita in virtù di vincoli contrattuali non appare sufficiente per assicurare all’amministrazione un adeguato potere di indirizzo. Le Linee guida non si applicano alle società emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e alle loro controllate. Il Piano è elaborato dal Responsabile della prevenzione della corruzione in stretto coordinamento con l’organismo di vigilanza, e adottato dall’organo di indirizzo della società, individuato nel Consiglio di amministrazione, quale organo di indirizzo, o in altro organo con funzioni equivalenti. Piano di prevenzione Contenuto del Piano Le società in controllo pubblico che abbiano già approvato un modello di organizzazione e gestione della specie di quello disciplinato dal Dlgs n. 231 del 2001 sono tenute a integrarlo con l’adozione delle misure idonee a prevenire anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del 2012. Tra le attività esposte al rischio di corruzione vanno considerate in prima istanza quelle elencate dall’articolo 1, comma 16, della legge n. 190 del 2012 (autorizzazioni e concessioni, appalti e contratti, sovvenzioni e finanziamenti, selezione e gestione del personale), cui si aggiungono ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alla propria specificità. In ciascun Piano dovrà essere riportata una mappa delle UNITELNews24 88 OGGETTO CONTENUTO aree a rischio e dei connessi reati di corruzione nonché l’individuazione delle misure di prevenzione. Inconferibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali Ai soggetti condannati, anche con sentenza non passata in giudicata, ovvero con sentenza di applicazione della pena non possono essere attribuiti gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico e per i dirigenti neanche gli incarichi dirigenziali. - incompatibilità con lo svolgimento di attività professionali finanziate, regolate o comunque retribuite dall’amministrazione che conferisce l’incarico; Incompatibilità specifiche per gli incarichi di amministratore e per gli incarichi dirigenziali - incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali; - incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali; - incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali; - incompatibilità con gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo di Asl nelle ipotesi specifiche previste all’articolo 14 del Dlgs 39/2014. Attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici Rotazione del personale Tutela del dipendente che segnala illeciti UNITELNews24 Le società adottano le misure organizzative necessarie a evitare l’assunzione di dipendenti pubblici che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni, nei confronti delle società stesse. Essa implica una più elevata frequenza del turnover di quelle figure preposte alla gestione di processi più esposti al rischio di corruzione. La rotazione non deve comunque tradursi nella sottrazione di competenze professionali specialistiche a uffici cui sono affidate attività a elevato contenuto tecnico. Le amministrazioni controllanti promuovono l’adozione da parte delle società di misure idonee a incoraggiare il dipendente a denunciare gli illeciti di cui viene a conoscenza nell’ambito del rapporto di lavoro, avendo cura di garantire la riservatezza dell’identità del segnalante dalla ricezione e 89 OGGETTO CONTENUTO in ogni contatto successivo alla segnalazione. È nominato dall’organo di indirizzo della società tra i dirigenti e predispone il Piano di prevenzione della corruzione ai fini della successiva adozione da parte del Consiglio di amministrazione. Gli atti di revoca dell’incarico di Responsabile della prevenzione della corruzione sono motivati e comunicati all’Anac che, entro 30 giorni può formulare una richiesta di riesame. Nelle ipotesi in cui la società sia priva di dirigenti, o questi siano in numero così limitato da poter svolgere esclusivamente compiti gestionali nelle aree a rischio Il Responsabile della prevenzione corruttivo, il Responsabile della prevenzione della corruzione della corruzione potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che garantisca comunque le idonee competenze. Nelle società in cui l’organismo di vigilanza sia collegiale e si preveda la presenza di un componente interno, è auspicabile che tale componente svolga anche le funzioni di responsabile della prevenzione della corruzione. Nelle società di piccole dimensioni, nell’ipotesi in cui questa si doti di un organismo di vigilanza monocratico composto da un dipendente, la figura del responsabile della prevenzione della corruzione può coincidere con quella dell’organismo di vigilanza. Trasparenza Per le società in controllo pubblico la trasparenza deve essere garantita sia relativamente alle attività di pubblico interesse che all’organizzazione. Per le società solo partecipate, invece, gli obblighi di trasparenza sono quelli di cui ai commi da 15 a 33 della legge n. 190 del 2012 con riferimento alle attività di pubblico interesse. Società trasparente Le società sono tenute a costituire sul proprio sito web una apposita sezione denominata “Società trasparente” in cui pubblicare i dati ai sensi del Dlgs n. 33 del 2013. Qualora le società controllate non dispongano di un sito web, sarà cura delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una sezione del proprio sito in cui le società controllate possano pubblicare i dati. Attestazione obblighi di trasparenza UNITELNews24 Ciascuna società individua, all’interno dei propri sistemi di controllo, un soggetto che attesti l’assolvimento degli obblighi di pubblicazione analogamente a quanto fanno gli organismi indipendenti di valutazione per le amministrazioni 90 OGGETTO CONTENUTO pubbliche. I riferimenti del soggetto individuato sono indicati chiaramente nella sezione del sito web “Società Trasparente” e nel Programma per la trasparenza e l’integrità. Accesso civico Le società controllate sono tenute ad adottare autonomamente le misure organizzative necessarie al fine di assicurare l’accesso civico e a pubblicare, nella sezione «Società trasparente», le informazioni relative alle modalità di esercizio di tale diritto e gli indirizzi di posta elettronica cui gli interessati possano inoltrare le relative richieste. Si considerano società a partecipazione pubblica quelle in cui le amministrazioni detengono una partecipazione non idonea a determinare una situazione di controllo ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile. Le società partecipate In questi casi l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione comporta oneri minori rispetto a quelli imposti alle società in controllo pubblico. Dette società sono sottoposte alla disciplina in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza per quel che riguarda l’attività di pubblico interesse eventualmente svolta. Le società a partecipazione pubblica sono tenute ad adottare un modello di organizzazione e gestione ai sensi del Dlgs n. 231 del 2001 integrato, preferibilmente in una sezione apposita, con l’adozione di misure idonee a prevenire ulteriori fatti corruttivi in danno alla società e alla pubblica amministrazione, nel rispetto dei principi contemplati dalla normativa in materia di prevenzione della corruzione. Le misure di prevenzione della corruzione Le società a partecipazione pubblica minoritaria sono tenute a rispettare le norme sulla incompatibilità degli incarichi, non sono tenute ad elaborare un «Piano di prevenzione della corruzione» né a nominare il Responsabile della prevenzione della corruzione. In tema di trasparenza si applicano le sole regole contenute nell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge n. 190 del 2012, limitatamente «all’attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea». I dati sono pubblicati in una apposita sezione del sito denominata “Società trasparente”. Le società partecipate non sono tenute agli obblighi di pubblicità concernenti la propria organizzazione, né sono tenute a nominare il Responsabile della trasparenza e ad adottare il Programma per la trasparenza. Si applica la normativa sull’accesso UNITELNews24 91 OGGETTO CONTENUTO civico. Fondazioni e associazioni Sono tenuti all’applicazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione anche gli altri enti di diritto privato in controllo pubblico diversi dalle società, con particolare riguardo agli enti costituiti in forma di “fondazione” o di “associazione”. Si deve trattare di enti rispetto ai quali sono riconosciuti in capo alle amministrazioni pubbliche poteri di controllo che complessivamente consentono di esercitare un potere di ingerenza sull’attività con carattere di continuità ovvero un’influenza dominante sulle decisioni dell’ente. 1. L’istituzione dell’ente in base alla legge o all'atto dell’amministrazione interessata oppure la predeterminazione, a opera della legge, delle finalità istituzionali o di una disciplina speciale. 2. La nomina dei componenti degli organi di indirizzo e/o direttivi e/o di controllo da parte dell’amministrazione. 3. Il prevalente o parziale finanziamento dell’attività istituzionale con fondi pubblici o il riconoscimento agli enti del diritto di percepire contributi pubblici. Ciò comporta che la gestione finanziaria degli stessi sia soggetta al controllo della Corte dei conti con le modalità previste dall’articolo 2 della legge n. 259 del 1958 per la gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Criteri per identificare gli enti soggetti alle linee guida 4. Il riconoscimento in capo all’amministrazione di poteri di vigilanza, tra i quali, ad esempio: - l’approvazione, da parte dell’amministrazione, dello statuto, delle eventuali delibere di trasformazione e di scioglimento; - l’approvazione, da parte dell’amministrazione, delle altre delibere più significative, come quelle di programmazione e rendicontazione economico-finanziaria; - l’attribuzione all’amministrazione di poteri di scioglimento degli organi e di commissariamento e/o estinzione in caso di impossibilità al raggiungimento dei fini statutari o in caso di irregolarità o gravi violazioni di disposizioni legislative nonché in altri casi stabiliti dallo statuto. 5. La limitazione, da parte della legge, dell’apporto di capitale privato o della partecipazione dei privati. UNITELNews24 92 OGGETTO CONTENUTO 6. Per le associazioni, la titolarità pubblica della maggioranza delle quote. Gli enti di diritto privato in controllo pubblico sono tenuti ad applicare la normativa sulla prevenzione della corruzione secondo le indicazioni formulate in relazione alle società controllate. Il Piano di prevenzione della corruzione Detti enti sono quindi tenuti ad adottare un autonomo «Piano di prevenzione della corruzione», anche qualora abbiano già adottato il modello previsto dal Dlgs n. 231 del 2001 e a nominare un Responsabile della prevenzione della corruzione nell’ambito del personale in servizio. Ai fini dell’attuazione del Dlgs n. 33 del 2013, gli enti di diritto privato in controllo pubblico adottano il programma per la trasparenza, nominano il Responsabile della trasparenza, di norma coincidente con il Responsabile della prevenzione della corruzione, assicurano l’esercizio dell’accesso civico e istituiscono una sezione denominata “Amministrazione trasparente”. Enti di diritto privato partecipati Nella categoria degli enti di diritto privato solo partecipati da pubbliche amministrazioni rientrano, anche sulla base della giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, le fondazioni bancarie, le casse di previdenza dei liberi professionisti, le associazioni e le fondazioni derivanti dalla trasformazione per legge di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza. Non sono tenuti ad adottare un Piano di prevenzione della corruzione né a nominare un Responsabile della prevenzione della corruzione. La trasparenza Enti pubblici economici Per ragioni di coerenza complessiva nell’interpretazione sistematica delle norme, le amministrazioni partecipanti, sono tenute a promuovere, all’interno dei protocolli di legalità, l’applicazione anche da parte di tali enti degli obblighi di trasparenza individuati per le società a partecipazione minoritaria. Gli enti pubblici economici, ancorché svolgano attività di impresa, sono da ritenersi, tra i soggetti destinatari della normativa in materia di anticorruzione e trasparenza in quanto enti che perseguono finalità pubbliche. A tali enti, data la natura prevalentemente pubblicistica dell’organizzazione, dovrebbero applicarsi tutte le misure di prevenzione della corruzione previste per le pubbliche UNITELNews24 93 OGGETTO CONTENUTO amministrazioni. La trasparenza Sono tenuti a osservare la medesima disciplina in materia di trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni, pur con i necessari adattamenti dovuti alle specificità organizzative previste dalla normativa di riferimento, analogamente alle società in controllo pubblico. Adottano il programma della trasparenza, nominano il responsabile della trasparenza, di norma coincidente con il responsabile della prevenzione della corruzione, assicurano l’esercizio dell’accesso civico. Pubblico Impiego Delega Madia, copertura a rischio per dirigenti esterni e segretari comunali Davide Colombo e Marco Rogari, Il Sole 24 ORE – Quotidiano degli Enti locali & Pa, 15 aprile 2015 La barriera dell'articolo 81 della Costituzione è stata sollevata sull'emendamento-compromesso che prevede una fase transitoria di tre anni per l'abolizione della figura dei segretari comunali. Ma lo stop per mancanza di copertura è scattato anche per altre correzioni significative alla delega Pa, come quella che introduce il dirigente responsabile della gestione digitale delle procedure amministrative, l'impegno assunto per ridurre il divario digitale per tutti i cittadini che si rivolgono a un'amministrazione e quelle sul superamento degli automatismi di carriera dei dirigenti. Le obiezioni dell'Economia È sulla base di una nota della Ragioneria generale dello Stato, presentata ieri dal viceministro dell'Economia, Enrico Morando, che questa mattina la Commissione Bilancio del Senato voterà il parere definitivo sulle correzioni all'articolato che è all'esame dell'Aula dove nel pomeriggio, dopo il voto di fiducia sul decreto anti-terrorismo, è prevista la ripresa della discussione generale. Sembrano invece superati altri problemi di copertura, come quelli relativi al riordino dei servizi pubblici locali e delle società partecipate. Nel dettaglio, la proposta presenta da Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio, condiziona il via libera all'eliminazione della parte, approvata dalla commissione Affari Costituzionali UNITELNews24 94 e finita nel testo finale, che prevede una sorta di fase «ponte» di tre anni in cui i segretari comunali, pur confluendo nel ruolo unico della dirigenza degli enti locali, verrebbero ripescati per esercitare lo stesso ruolo. E per la Ragioneria la possibilità di reclutare dirigenti apicali al di fuori del ruolo unico «va espunta» perché la clausola di invarianza finanziaria non è idonea a «scongiurare effetti onerosi» (sul tema si veda anche l'approfondimento sul Quotidiano degli enti locali e della Pa di ieri). Sugli scatti di carriera invece la questione sarebbe legata a un'incoerenza normativa , ecco perché si propone la soppressione della parte della delega che prevede il superamento delle progressioni automatiche per la dirigenza. Stop anche all'ipotesi di inserimento dei dirigenti delle Camere di commercio nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato: secondo la Ragioneria «l'ipotesi non è coerente con il loro contratto, che è quello di Regioni e autonomie locali». Oggi alla ripresa dell'esame in Aula è prevista una protesta dei segretari comunali. È annunciata una delegazione di 500 segretari a Roma per dire no all'abolizione. A chiamare la categoria alla mobilitazione sono Fp-Cgil, Cisl-Fp UilFpl e Unscp. Rifiuti La Corte Costituzione legittima gli abbruciamenti in loco dei residui vegetali Ulderico Rizzo, Il Sole 24 ORE – Rifiuti24, 2 aprile 2015 Lo scorso 22 febbraio è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale la sentenza n.16 (Presidente Criscuolo, relatore Cartabia), con la quale il giudice di legittimità costituzionale ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal Governo nei confronti dell’articolo 2 della legge Regione Friuli Venezia Giulia 28 marzo 2014 n.5, per violazione dell’articolo 117 Cost., commi 1 e 2 lett.s), e del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152. Il legislatore regionale, facendo leva sulla potestà legislativa esclusiva, in materia di agricoltura e foreste, sancita dall’articolo 4 dello statuto friulano, ha introdotto, nel testo della legge regionale 23 aprile 2007 n.9 recante norme in materia di risorse forestali, il comma 3 ter all’articolo 16 con cui si stabilisce che ”Ferme restando le disposizioni regionali in materia di antincendio boschivo, è ammesso il reimpiego nel ciclo colturale di provenienza dei residui lignocellulosici derivanti da attività selvicolturali di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), da potature, ripuliture o da altri interventi agricoli e forestali, previo rilascio, triturazione o abbruciamento in loco, entro 250 metri dal luogo di produzione, purché il materiale triturato e le ceneri siano reimpiegate nel ciclo colturale, tramite distribuzione, come sostanze concimanti o ammendanti e lo spessore del materiale distribuito non superi i 15 centimetri nel caso della triturazione e i 5 centimetri nel caso delle ceneri”. UNITELNews24 95 Il Governo ha ritenuto che la norma legislativa regionale dovesse essere impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale per violazione dell'art. 117, comma 1 e comma 2 lettera s) della Costituzione. Il decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (codice dell’ambiente), ed, in particolare, l'art. 185 comma 1 lettera f) prevede che sono esclusi dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti "...paglia, sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana". Tali materiali vegetali, per poter essere esclusi dal campo di applicazione della parte IV del citato d.lgs. n. 152/2006 dovranno essere riutilizzati in attività agricole o impiegati in impianti aziendali per produrre energia, calore e biogas e soddisfare le condizioni previste dall'art. 184-bis del citato d.lgs. n. 152/2006, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2008/98/CE. Sempre l'art. 185 del d.lgs. 152/2006, prevede l'utilizzo di processi o metodi che non danneggino l'ambiente ne' mettano in pericolo la salute umana. La legge regionale censurata si porrebbe in contrasto con la disciplina nazionale di riferimento in materia di ambiente in quanto esclude i residui vegetali dalla disciplina sui rifiuti a priori ed in via generale, i quali rientrano nella nozione di sottoprodotto, e, pertanto, esclusi dall'applicazione della disciplina sui rifiuti, nel momento in cui risultino in concreto, contemporaneamente e cumulativamente, sussistenti tutti i requisiti e le condizioni elencate nell'art. 184-bis Dlgs 152/2006, secondo una valutazione effettuata caso per caso non operabile in astratto. Conseguentemente, la disposizione censurata, operando una esclusione dei residui vegetali sottoposti ad abbruciamento dalla disciplina sui rifiuti a priori ed in via generale, contrasta con la disciplina nazionale di riferimento contenuta nel d.lgs. n. 152/2006 e con la identica disciplina comunitaria (Direttiva 2008/98/CE), per cui eccede dalle competenze statutarie in quanto viola l'art. 117, comma 1 e comma 2, lettera s) della Costituzione. La Corte Costituzionale, la pensa diversamente, e con la sentenza n.16/15 chiarisce che il legislatore statale ha annoverato, pure anteriormente all’introduzione del comma 6-bis all’art. 182 del codice dell’ambiente, tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura. In questa chiave, dunque, si può ritenere che il legislatore regionale sia legittimamente intervenuto sul punto, nell’esercizio della propria competenza nella materia «agricoltura», di carattere esclusiva per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 4, primo comma, numero 2), della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). Le conclusioni del giudice della legittimità costituzionale sono da condividere ampiamente, poiché poggiano su un percorso logico giuridico puntuale e preciso nella ricostruzione dell’evoluzione del quadro normativo relativo all’abbruciamento dei residui vegetali, in rapporto alla disciplina in materia UNITELNews24 96 di smaltimento dei rifiuti, adottata in attuazione delle direttive europee e collocata all’interno del codice dell’ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006. Il codice dell’ambiente, in origine (art. 185, comma 1, lettera e), del testo originario del d.lgs. n. 152 del 2006), stabiliva, infatti, che erano esclusi dall’ambito dell’applicazione della disciplina della gestione dei rifiuti soltanto «le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, anche dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza». Nella vigenza di tale normativa, poi, sono intervenute diverse pronunce penali della Corte di cassazione. La terza sezione penale, con sentenza 4 novembre 2008, n. 46213, aveva ritenuto che l’eliminazione, mediante incenerimento, dei rami degli alberi tagliati fosse da considerarsi illecita, non potendo essere qualificata come una forma di utilizzazione di tali materiali nell’ambito di un’attività produttiva. Il quadro normativo, successivamente, è mutato a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il quale nell’attuare la direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, all’art. 13, riscrive integralmente l’art. 185 del codice dell’ambiente ha previsto, al comma 1, lettera f), che dall’applicazione della disciplina sui rifiuti sono escluse, tra l’altro, «le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana». (riprende letteralmente quanto stabilito dall’art. 2, paragrafo 2, lettera f), della direttiva n. 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio). Alla luce di questo nuovo quadro normativo, è mutata anche la giurisprudenza di legittimità: sempre la terza sezione penale della Corte di cassazione (sentenza 7 marzo 2013, n. 16474) ha, infatti, ritenuto che la combustione degli sfalci e dei residui da potatura, ove non abbia determinato un danno per l’ambiente o messo in pericolo la salute umana, rientri nella normale pratica agricola: dunque, i materiali relativi devono essere esclusi dal novero dei rifiuti. Nonostante l’avallo della Corte di cassazione, la suddetta interpretazione è stata contraddetta dalla prassi facente capo alle «Linee guida dell’attività operativa 2013» del Corpo forestale dello Stato, (dettate con nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 aprile 2013, prot. n. 458), le quali pur consapevoli dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 205 del 2010, ne propongono una interpretazione volta a sminuirne il contenuto innovativo, stabilendo che, salvo che vi sia un utilizzo in agricoltura o per la produzione di energia, «la combustione sul campo di rifiuti vegetali configura reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente» dall’art. 256, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006». UNITELNews24 97 Nonostante tale interpretazione adottata dal Corpo forestale dello Stato, sulla questione sono intervenuti diversi legislatori regionali, con discipline di tenore diverso, ma tutte dirette a chiarire, sulla scorta di quanto già affermato dalla Corte di cassazione, che l’abbruciamento dei residui vegetali, ove rispetti determinate condizioni, rientra nella normale pratica agricola ed è perciò attività sottratta alla disciplina dei rifiuti e alle relative sanzioni. È in questo contesto ordinamentale che deve collocarsi e compresa la leggi regionale friulana, che è stata approvata per superare talune interpretazioni della normativa del codice dell’ambiente affermatesi in via amministrativa che sminuivano la portata innovativa delle modifiche al codice dell’ambiente apportate, nel 2010, in conformità alla citata direttiva dell’Unione europea. Il legislatore regionale ha inteso fornire elementi di certezza agli imprenditori agricoli, che altrimenti si sarebbero trovati esposti al rischio di incorrere, nell’esercitare una tradizionale pratica agricola e anche per piccoli quantitativi di materiale vegetale, in sanzioni di notevole gravità. Non può, altresì, sfiuggire che recentemente anche il legislatore statale è intervenuto sulla materia, con l’art. 14, comma 8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116. Tale disposizione esplicita, con una novella al codice dell’ambiente, che «le attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti» (art. 182, comma 6-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006. Al tempo stesso, il legislatore statale ha vietato la combustione di residui vegetali agricoli «nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni» e ha attribuito ai comuni e alle altre amministrazioni competenti in materia ambientale «la facoltà di sospendere, differire o vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)». Con un ulteriore intervento di coordinamento, sempre ad opera del decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito si è, inoltre, disposto che la disciplina sulla combustione illecita dei rifiuti non si applica «all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde pubblico o privato» e che resta fermo «quanto previsto dall’art. 182, comma 6-bis» del medesimo codice dell’ambiente (comma introdotto dal già ricordato decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito). UNITELNews24 98 Casi pratici Appalti SUL RITIRO DEI CARTONI L'IVA NEI MODI ORDINARI D. In tema di novità 2015 per il reverse charge, si chiede se, oltre ai casi di pulizia in edifici a clienti titolari di partita Iva, il nuovo reverse si applichi alle fatture emesse da aziende a titolari di partita Iva, per servizi, presso loro immobili, di disinfestazione e per il ritiro e smaltimento di carta, cartoni e rifiuti vari speciali non pericolosi. ----R. Il sistema del reverse charge interno (previsto dalla legge di stabilità 2015 - legge n. 190/2014) torna applicabile nel caso in cui il committente del servizio sia un soggetto passivo Iva che acquista tale servizio nella propria sfera commerciale/professionale. Inoltre, le prestazioni contemplate dal nuovo articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr 633/1972 torna applicabile nel caso in cui i servizi siano relativi ad edifici. Ne deriva che le prestazioni in esame, se acquistate da titolari di partita Iva nella propria sfera commerciale/professionale sono soggette a reverse charge, sempre che riferite ad edifici. Con riferimento al caso in esame, in attesa degli opportuni/necessari chiarimenti ministeriali, si ritiene che le prestazioni di disinfestazione rientrino nel meccanismo del reverse charge. Invece, sembra che il ritiro e smaltimento di carta, cartoni e rifiuti vari speciali non pericolosi non rientri in tale meccanismo, quindi, si applicherà l'Iva nei modi ordinari. (Stefano Setti, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015) I LIMITI DEL CONTRATTO DI CONCESSIONE D. Tra un Comune e una società che presta servizi socio-assistenziali è in vigore un contratto di concessione di pubblico servizio (in merito a servizi socio-assistenziali). Concedente è il Comune; la società concessionaria è anche proprietaria dei locali. Nel contratto è previsto che il Comune può chiedere alla società l'attivazione di nuovi servizi. Ora il Comune si è attivato autonomamente con un soggetto terzo per iniziare una nuova attività socio-assistenziale nei locali del concessionario e sta per firmare un accordo.Vorrei sapere se questo accordo deve essere sottoscritto anche dal UNITELNews24 99 concessionario. Oppure il concessionario deve adeguarsi senza partecipare in qualche modo a questo accordo? ----R. Sulla base dei dati proposti non è possibile fornire una risposta univoca. In pratica, se nell’atto di concessione era prevista la possibilità per il Comune di utilizzare i locali di proprietà del concessionario, oltre che per le prestazioni oggetto della concessione, anche per altri servizi di interesse comunale, allora nell’ambito dei patti sottoscritti, il Comune può utilizzare i predetti locali nei termini, nei tempi e nei modi pattuiti. Nel silenzio sul punto dell’atto di concessione, il Comune non ha alcun diritto di pretendere l’uso degli immobili del concessionario per svolgere servizi di qualsiasi genere, specie se di natura socio assistenziale. Al riguardo, è da segnalare che il Comune per l’attivazione di servizi analoghi a quelli della concessione aveva l’obbligo di invitare la società in parola alla gara (o al confronto concorrenziale, se di importo inferiore a 40.000 euro), in ragione dell’impegno che si era assunto con la società di che trattasi per l’attivazione di nuovi servizi. (Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015) Edilizia e Urbanistica AI FINI DELLE DISTANZE ANCHE LE CAVE SONO FOSSI D. Un Comune ha autorizzato la coltivazione, fino alla profondità di 4,90 metri, di una cava di ghiaia che confina con il mio terreno agricolo. Il provvedimento prevede che «durante la coltivazione siano mantenute le distanze previste dall'articolo 891 del Codice civile, salvo specifico assenso da parte dei proprietari confinanti». L'articolo 891 prevede che «chi vuole scavare fossi o canali presso il confine, se non dispongono in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza uguale alla profondità del fosso canale. Dunque, l'articolo 891 parla di fossi o canali. Il termine "fosso" incorpora concettualmente il termine "cava", visto che, di fatto, la cava è un grande fosso? Che senso avrebbe, in caso contrario, inserire nel provvedimento comunale il richiamo all'articolo 891 del Codice civile, prevedendo in alternativa lo specifico assenso del proprietario del terreno confinante? ----R. La giurisprudenza civile ha avuto modo di delimitare l’ambito di applicazione dell’articolo 891 del Codice civile, relativo alle distanze per canali e fossi. Tale disposizione dev'essere osservata per tutte le escavazioni non aventi carattere provvisorio, compresa quella effettuata al fine di estrarre da un fondo materiali di qualunque specie, con la conseguenza che nell’esercizio delle cave debbono osservarsi, in materia di distanze, anche le norme del Codice civile, ai fini della tutela degli interessi dei proprietari dei fondi confinanti, che mantengono il diritto di pretendere che gli scavi siano effettuati nel rispetto delle distanze legali (Cassazione civile, 11387/2006, 1061/1993 e 4796/1979, UNITELNews24 100 relativa alle cave di ghiaia). Pertanto, relativamente alle distanze delle cave dai confini, trova applicazione l’articolo 891 del Codice civile, in quanto con la parola fosso si designa qualsiasi escavazione di terreno, sia essa destinata o meno a raccogliere acque. (Massimo Ghiloni, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 13 aprile 2015) Pubblica Amministrazione I LAVORI STRADALI CON LO SPLIT PAYMENT D. La nostra impresa realizza lavori per conto di enti pubblici (costruzione di infrastrutture quali condotte idriche e fognarie, lavori stradali). In tema di fatture emesse, si chiede se si debba applicare quanto previsto nell'articolo 1, comma 629 della legge 190/2014 (cosiddetto split payment) posto che esso riguarda gli acquisti di beni e servizi effettuati dalle pubbliche amministrazioni. Si chiede se la nostra attività rientri in tali fattispecie e se siamo obbligati a emettere le fatture con l'indicazione "scissione dei pagamenti". ----R. La risposta è affermativa: i servizi di costruzione di infrastrutture e i lavori stradali fatturati alle pubbliche amministrazioni, individuate nell'elenco previsto dall'articolo 17 ter del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633, sono soggetti al regime dello "split payment". Pertanto, il fornitore dovà emettere fattura con l'indicazione della locuzione "scissione dei pagamenti". Per individuare, con maggiore precisione, le pubbliche amministrazioni interessate dallo "split payment" si rinvia ai chiarimenti impartiti con la circolare dell'agenzia delle Entrate n. 1/E del 9 febbraio 2015. (Giorgio Confente, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015) UNITELNews24 101 © 2015 Il Sole 24 ORE S.p.a. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale e con qualsiasi strumento. I testi e l'elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze. 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