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n. 04 – aprile 2015
Sommario
Pagina
NEWS
Ambiente, antincendio, appalti, edilizia e urbanistica, energia, lavoro e previdenza, Pubblica
Amministrazione, rifiuti
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RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione
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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Appalti, edilizia e urbanistica, Pubblica Amministrazione, pubblico impiego
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APPROFONDIMENTI
Appalti
L'ITALIA SI AFFIDA ALL'EUROPA PER VINCERE LA SFIDA DELLE INFRASTRUTTURE
Le proposte progettuali inviate a Bruxelles sono 71 per un costo totale di € 6 miliardi e 822
milioni da spendere entro il 2020. Se i progetti verranno accolti, la differenza di oltre € 34,3
miliardi dopo il contributo comunitario sarà a carico delle finanze pubbliche e di investitori
privati nazionali.
Elisabetta Mariotti, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 31 marzo 2015,
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Appalti
IL MILLEPROROGHE IN PILLOLE
Una sintesi delle novità che interessano il settore immobiliare contenute nel D.L. 192 del
31 dicembre 2014, convertito con modifiche dalla legge 11 del 27 febbraio 2015 (pubblicata
sulla G.U. 49 del 28 febbraio 2015.
Flavio Guidi e Paolo Duranti, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 31
marzo 2015, n. 972
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Catasto
COME ACCATASTARE IMPIANTI E PARCHI EOLICI
In una recente pronuncia la Cassazione precisa che l’attribuzione della rendita catastale
effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA non necessita di una particolare
motivazione, mentre le turbine eoliche devono essere classificate nella categoria catastale
D/1 poiché costituiscono centrali elettriche.
Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 15 aprile 2015, n.
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Edilizia e urbanistica
IMPOSTA FISSA DI REGISTRO IN CASO DI CESSIONE DI AREE PEEP CONCESSE DAL COMUNE
Con la ris. n. 17 del 16 febbraio 2015, l’Agenzia delle entrate risponde a un’istanza di
interpello e chiarisce che nel caso in cui un comune ceda ai proprietari del diritto di superficie
su alloggi di edilizia popolare l’area di sedime sottostante, occorre applicare l’imposta di
registro in misura fissa e vi è esenzione dalle imposte ipotecarie e catastali.
Elena Ferrari, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, Edizione del 15 aprile 2015, n. 973
Edilizia e urbanistica
LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA DEVE RISPETTARE LA FEDELE RICOSTRUZIONE DELLA SAGOMA
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70
72
2
Secondo il Consiglio di Stato, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti
la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione
planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e
orizzontale - configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia.
Gian Luca Ballabio, Il Sole 24 ORE – Urbanistica24, 13 aprile 2015
Professionisti
COMPETENZE PROFESSIONALI: FERRI CORTI TRA GEOMETRA E INGEGNERE/ARCHITETTO
Il Tar prova a tracciare i confini delle competenza professionali dei tecnici.
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Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973
Professionisti
L'ALBO DEI CONSULENTI TECNICI
La consulenza tecnica è sempre stata attività importante e delicata. Invero, nel momento
peritale si incontrano, con le proprie regole e linguaggi, due mondi: quello giuridico e quello
tecnico; diventa perciò essenziale l’apporto di professionalità e conoscenze dell’ausiliario
giudiziario affinché la fase peritale sia svolta correttamente e in conformità alle norme del
codice di rito.
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Paolo Frediani, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973
Pubblica amministrazione/Enti locali
LINEE
GUIDA
APRILE
ANAC:
TUTTE LE MISURE IN SINTESI IN CONSULTAZIONE PUBBLICA FINO AL
15
2015
Contenuto in sintesi dello schema di delibera Anac, in consultazione pubblica sul sito
dell'Anticorruzione dal 25 marzo 2015, relativo alle “Linee guida per l'attuazione della
normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e
degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli
enti pubblici economici”.
Corrado Anna, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, Edizione del 18 aprile 2015, n. 17
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Pubblico impiego
DELEGA MADIA, COPERTURA A RISCHIO PER DIRIGENTI ESTERNI E SEGRETARI COMUNALI
La barriera dell'art. 81 Cost. è stata sollevata sull'emendamento-compromesso che prevede
una fase transitoria di tre anni per l'abolizione della figura dei segretari comunali. Ma lo
stop per mancanza di copertura è scattato anche per altre correzioni significative alla delega
Pa, come quella che introduce il dirigente responsabile della gestione digitale delle
procedure amministrative, l'impegno assunto per ridurre il divario digitale per tutti i cittadini
che si rivolgono a un'amministrazione e quelle sul superamento degli automatismi di
carriera dei dirigenti.
Davide Colombo e Marco Rogari, Il Sole 24 ORE – Quotidiano degli Enti locali & Pa, 15 aprile
2015
Rifiuti
LA CORTE COSTITUZIONE LEGITTIMA GLI ABBRUCIAMENTI IN LOCO DEI RESIDUI VEGETALI
La Corte Costituzionale, la pensa diversamente, e con la sentenza n.16/15 chiarisce che il
legislatore statale ha annoverato, pure anteriormente all’introduzione del comma 6-bis
all’art. 182 del codice dell’ambiente, tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della
normativa sui rifiuti l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, considerato ordinaria
pratica applicata in agricoltura e nella selvicoltura.
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Ulderico Rizzo, Il Sole 24 ORE – Rifiuti24, 2 aprile 2015
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L’ESPERTO RISPONDE
Appalti, edilizia e urbanistica, Pubblica Amministrazione
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 Ambiente
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VIA: pubblicate le linee guida per la verifica di assoggettabilità dei progetti
Con decreto 30 marzo 2015 (G.U. Serie Generale, n. 84 del 11/4/2015) il Ministero dell’Ambiente ha
emanato specifiche linee guida per la verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale
dei progetti di competenza delle regioni e province autonome, previsto dall'articolo 15 del decretolegge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
Le linee guida:
- entrano in vigore nel 15° giorno successivo alla data di pubblicazione nella GU (quindi il 26 aprile
p.v.) e trovano diretta applicazione su tutto il territorio nazionale anche nelle more dell'eventuale
adeguamento degli ordinamenti delle regioni e delle province autonome;
- si applicano anche a tutti i progetti per i quali la procedura di verifica di assoggettabilità o la
procedura autorizzativa è in corso alla data di entrata in vigore del decreto.
Le linee guida forniscono indirizzi e criteri per l'espletamento della procedura di verifica di
assoggettabilità a VIA (Cfr., art. 20 del decreto legislativo n. 152/2006) dei progetti, relativi ad opere
o interventi di nuova realizzazione, elencati nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo
n. 152/2006, al fine di garantire una uniforme e corretta applicazione su tutto il territorio nazionale
delle disposizioni dettate dalla direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell'impatto
ambientale di determinati progetti pubblici e privati (Cfr., art. 4, allegato II, allegato III).
In estrema sintesi ricordiamo che il Legislatore nazionale, per superare le censure mosse dalla
Comunità europea all’ Italia, ha introdotto nella Legge n. 116/14 un articolo 15 nell’ambito del quale
si prevede che, in attesa dell’emanazione del decreto ministeriale (oggetto, appunto, della presente
circolare) l’Autorità competente regionale, per verificare l’assoggettabilità di un determinato progetto
industriale a VIA (tra quelli previsti ovviamente dal D.Lgs. n. 152/06) procede con una valutazione
"caso per caso". Proprio la previsione della modalità “caso per caso” aveva creato non poca
preoccupazione tra gli operatori in quanto potenzialmente foriera di diverse modalità di applicazione
a livello locale.
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Il Ministero, con successiva nota esplicativa, aveva chiarito che la modalità “caso per caso” era stata
introdotta temporaneamente dal Legislatore solo per sopperire all'esigenza di rispettare le
disposizioni comunitarie nel periodo transitorio in cui le soglie e i criteri già definiti nel D.Lgs 152/
2006 non possono essere utilizzati in quanto non coerenti con le disposizioni comunitarie.
Con il decreto in commento il Ministero stabilisce che le Regioni e le province autonome debbano
adeguare i propri ordinamenti per uniformare le proprie disposizioni locali alle Linee guida ivi
contenute.
Le linee guida integrano i criteri tecnico-dimensionali e localizzativi utilizzati per la fissazione delle
soglie già stabilite nell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006 per le diverse
categorie progettuali, individuando ulteriori criteri contenuti nell'allegato V alla parte seconda del
decreto legislativo n. 152/2006, ritenuti rilevanti e pertinenti ai fini dell'identificazione dei progetti da
sottoporre a verifica di assoggettabilità a VIA.
L'applicazione di tali ulteriori criteri comporterà una riduzione percentuale delle soglie dimensionali
già fissate nel citato allegato IV, ove presenti, con conseguente estensione del campo di applicazione
delle disposizioni in materia di VIA a progetti potenzialmente in grado di determinare effetti negativi
significativi sull'ambiente.
Le linee guida sono rivolte sia alle autorità cui compete l'adozione del provvedimento di verifica di
assoggettabilità per i progetti dell'allegato IV alla parte seconda del decreto legislativo n. 152/2006
(regioni e province autonome, ovvero enti locali), sia ai soggetti proponenti.
(Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Affidamento "in house" del servizio idrico integrato: un'eccezione tassativa
Chiarendo i confini del proprio costante orientamento, la Corte Costituzionale, con la pronuncia della
Sentenza del 12 marzo 2015 n.32, ha statuito come alla materia dell’affidamento “in house” debba
ritenersi certamente applicabile la normativa europea e l'interpretazione della stessa da parte della
Corte di Giustizia dell'UE, senza fare alcun riferimento a leggi interne, ma ricordando che la stessa
consente, non impone, agli Stati Membri di prevedere, soltanto in via di eccezione e per alcuni casi
determinati, la gestione diretta del servizio pubblico di rilevanza economica da parte dell’ente locale.
I giudici della Consulta, infatti, negano che dalla applicabilità diretta del diritto europeo discenda una
assoluta libertà nella scelta dell’affidamento in house del Servizio Idrico Integrato (SII), alla luce del
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sistema normativo interno basato sull’art. 113 del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti
Locali (Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successiva modificazioni), al contrario, “i casi di
affidamento in house, quale modello organizzativo succedaneo della (vietata) gestione diretta da
parte dell’ente pubblico, debbono ritenersi eccezionali e tassativamente previsti”.
La Sentenza n.32/2015 trae origine dal giudizio di legittimità costituzionale su alcune norme della
Legge della Regione Liguria 24 febbraio 2014, n. 1 (Norme in materia di individuazione degli ambiti
ottimali per l’esercizio delle funzioni relative al servizio idrico integrato e alla gestione integrata dei
rifiuti), promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la violazione delle competenze
esclusive statali in materia di tutela della Concorrenza e tutela dell'Ambiente, ai sensi dell'Art. 117,
comma 2, lett. e) e s) della Costituzione.
La questione di legittimità costituzionale ha investito le norme della L.R. n.1/2014 che, attuando il
dettato legislativo nazionale ed europeo di definizione degli ambiti ottimali per l’esercizio delle
funzioni concernenti il servizio idrico integrato e la gestione integrata dei rifiuti e disponendo il
trasferimento delle competenze dei Comuni al costituendo “ente d'Ambito”, prevedevano, nel Piano
d’ambito da emanare entro 4 mesi, agevolazioni tariffarie e adeguati interventi a sostegno dei piccoli
comuni; il riconoscimento, per i Comuni delle Comunità montane con popolazione inferiore o uguale
a tremila abitanti, della facoltà di gestione autonoma il Servizio Idrico Integrato (SII), in forma
singola o associata; la regolamentazione dell’esercizio dei poteri sostitutivi regionali nei confronti
degli enti d’ambito e dei Comuni inadempienti nel predisporre i piani d’ambito nei termini previsti e
nel realizzare le opere previste dai piani d’ambito e necessarie a garantire il rispetto degli obblighi
derivanti dall’appartenenza all’Unione europea; infine, in tema di gestione dei rifiuti, l'attribuzione al
Comitato d’ambito della funzione di definire l’articolazione degli standard di costo intesi come servizi
minimi da garantire al territorio omogeneo e i criteri di determinazione delle tariffe da applicare a
fronte della erogazione dei servizi nelle aree territoriali omogenee.
Dichiarata cessata la materia del contendere su quasi tutte le censure sollevate, a seguito
dell'intervento su tali materie da parte della Legge della Regione Liguria 5 agosto 2014, n. 21 recante
“Modifiche alla legge regionale 24 febbraio 2014, n. 1”, la Corte ha dichiarato incostituzionale la
disposizione dell'art. 10 che attribuisce ai Comuni già appartenenti alle Comunità montane e con
popolazione inferiore o uguale a tremila residenti, fatta salva la partecipazione all’Ente di Ambito, la
facoltà, in forma singola o associata, di gestire autonomamente l’intero servizio idrico integrato.
Complessa e articolata la ricostruzione che la sentenza offre della disciplina della gestione del Servizio
Idrico Integrato, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità, partendo innanzitutto dal
dettato dell'art. 147 del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006 n.152, cd Codice dell'Ambiente, a norma
del quale i servizi idrici sono organizzati sulla base degli Ambiti Territoriali Ottimali, come definiti
dalle Regioni, riconoscendo alle stesse la facoltà di modificarne le delimitazioni allo scopo di
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migliorare la gestione del SII, assicurandone lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed
economicità, nel rispetto dei principi di unitarietà della gestione e superamento della frammentazione
verticale delle gestioni, nonché di adeguatezza delle dimensioni gestionali in base a parametri fisici,
demografici e tecnici.
Secondo la costante giurisprudenza della Consulta, il Servizio Idrico Integrato è qualificabile come
servizio pubblico locale di rilevanza economica, quindi anche la materia dell’affidamento della
gestione dei servizi pubblici, inclusa la forma di gestione e le procedure di affidamento della stessa,
come anche la disciplina della tariffa del SII, è ricompresa nell’ambito delle competenze esclusive
statali “tutela della Concorrenza” e “tutela dell’Ambiente” di cui all'Art. 117, co.2, lett. e) e s) Cost.,
pertanto va regolata da norme dirette ad assicurare la concorrenzialità nella gestione del servizio
idrico integrato, disciplinando le modalità del suo conferimento e i requisiti soggettivi del gestore, al
precipuo scopo di garantire la trasparenza, l’efficienza, l’efficacia e l’economicità della gestione
medesima, così come a proteggere l'ambiente in quanto, prosegue la Corte, l’attribuzione all’Autorità
d’Ambito Territoriale ottimale delle competenze sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle
risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa come
sistema nel suo aspetto dinamico.
Proseguono i giudici ricordando come, a norma dell’art. 2, comma 186-bis, della Legge 23 dicembre
2009, n. 191 Legge Finanziaria 2010 (comma inserito dall’Art. 1, comma 1-quinquies, del D.L.
n.2/2010 Interventi urgenti concernenti enti locali e regioni, convertito, con modificazioni, dalla L.
42/2010), allo scopo di attuare la razionalizzazione della gestione del servizio idrico integrato, con il
superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, siano state
soppresse le Autorità d’Ambito Territoriale previste dall'art. 148 del D.Lgs. 152/2006, affidando alle
Regioni il compito di istituire nuovi strutture, siano esse enti, comitati o autorità, cui attribuire le
funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e
adeguatezza e fermo restando l'obbligo di partecipazione da parte degli enti locali interessati.
Ricordiamo, inoltre, che l'art. 7, comma 1, lett. b), numero 4 del Decreto Legge 12 settembre 2014,
n. 133, cd Sblocca Italia (recante “Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del
dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, convertito, con modificazioni, dalla
Legge 11 novembre 2014, n. 164) ha rafforzato le modalità attuative della definizione degli Ambiti
Territoriali Ottimali da parte delle regioni, inserendo il comma 2-bis nel testo dell'art. 147 del Codice
dell'Ambiente, a norma del quale, nel caso in cui l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero
territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale
ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato
in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle
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città metropolitane, facendo soltanto salve le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti
nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti.
Così ricostruita la normativa, alla legge regionale spetterebbe esclusivamente di disporre
l’attribuzione delle funzioni delle soppresse Autorità, senza poter provvedere direttamente
all’esercizio di tali funzioni affidandone la gestione del SII o a stabilire i requisiti generali dei soggetti
affidatari di tale gestione, determinando, seppure indirettamente, anche le forme di gestione.
Viene pertanto dichiarata incostituzionale la norma dettata dall'art. 10 della Legge Liguria n.1/2014,
poiché questa direttamente provvede in ordine ad una modalità di gestione autonoma del servizio
idrico da parte dei Comuni montani, prevaricando le funzioni attribuite dalla legge all'apposito ente
individuato dalla Regione come successore delle Autorità di Ambito, anche introducendo soglie
dimensionali di carattere demografico superiori a quelle, già eccezionali, di deroga all'unicità della
gestione del servizio, previste dalla normativa richiamata in considerazione delle peculiarità dei
parametri fisici e tecnici dei territori montani, ma sempre previo consenso della ex Autorità d'Ambito
competente.
Così definito l'ambito di competenza esclusiva dello Stato in materia di servizi pubblici locali a
rilevanza economica, quindi, i giudici di legittimità riconoscono alle Regioni la facoltà di prevedere
interventi con effetti “pro-concorrenziali”, in materie di competenza concorrente o residuale, soltanto
indiretti e marginali e non in contrasto con gli obiettivi posti dalle norme statali che tutelano e
promuovono la concorrenza,
Proseguendo nella propria ricostruzione, la Corte ha richiamato l'esito del Referendum popolare che
ha abrogato l’art. 23-bis del D.L. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla Legge 133/2008,
recante “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”) in tema di affidamento diretto dei
servizi pubblici locali di rilevanza economica “in deroga” all’affidamento in via ordinaria, la cosiddetta
gestione “in house”, cui ha fatto seguito l’adozione dell’art. 4 del D.L. n.138/2011, recante le
disposizioni in materia di adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum
popolare e alla normativa dall’Unione europea, a sua volta dichiarato incostituzionale con la Sentenza
n. 199 del 2012, con il risultato di escludere l’applicazione delle norme contenute nell’art. 23-bis che
limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di
gestione "in house" di tutti i servizi pubblici di rilevanza economica, e di quello idrico in particolare,
comportando altresì l’applicazione diretta della normativa e della giurisprudenza europee in materia,
senza alcun riferimento a leggi interne.
Tuttavia, il ragionamento della Corte si completa, rispetto alle precedenti pronunce, interpretate a
favore di un indiscriminata libertà di scelta dell'affidamento in house del servizio idrico, ribadendo
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però che la normativa comunitaria consente, ma non impone, agli Stati membri di prevedere, in via
di eccezione e per alcuni casi determinati, la gestione diretta del servizio pubblico da parte dell’ente
locale e che il sistema previsto dal Testo Unico degli Enti Locali comporta che i casi di affidamento
appunto in house, quale modello organizzativo succedaneo della (vietata) gestione diretta da parte
dell’ente pubblico, debbono ritenersi eccezionali e tassativamente previsti.
(Mauro Calabrese, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 2 aprile 2015)

Regime di tutela delle acque minerali: i pozzi di captazione vanno tutelati come gli
acquedotti pubblici
Si può ritenere che i pozzi di captazione dell’acqua minerale vadano tutelati come gli acquedotti
pubblici, salva la possibilità per l’amministrazione di individuare altre soluzioni, meno penalizzanti
per gli interessati, quando si possa raggiungere e mantenere un livello di sicurezza equivalente.
Con la sentenza n. 419/2015, la I Sezione del TAR di Brescia ha chiarito che, in materia ambientale,
quando gli atti amministrativi autorizzano attività prolungate nel tempo, il rinvio ai limiti di
inquinamento è sempre dinamico. Devono quindi essere applicate le norme sopravvenute, anche se
più restrittive, salva la possibilità di ottenere un ragionevole termine per l’adeguamento degli
impianti.
Questo vale certamente per le attività inquinanti, ma anche per le attività che producono beni esposti
all’inquinamento. Queste ultime devono quindi fare in modo che i beni immessi sul mercato soddisfino
il più elevato livello di tutela previsto dalle nuove norme, anche in questo caso con un ragionevole
termine di adeguamento. Se le attività inquinanti sono esercitate da soggetti terzi, i produttori di
beni esposti all’inquinamento possono chiedere che tali soggetti adeguino la loro attività alle nuove
norme.
Nella specie, dunque, la disciplina sopravvenuta dell’art. 7 comma 1-a del Dlgs. 176/2011 – che
equipara formalmente la protezione delle acque minerali contro l’inquinamento a quella del resto
delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano – risulta applicabile. Questo
implica la facoltà di chiedere l’applicazione dell’art. 94 del Dlgs. 152/2006, non rilevando in senso
contrario la soggezione alla disciplina ex art. 105 del Dlgs. 152/2006 sugli scarichi di acque reflue
industriali in acque superficiali, in quanto la tutela delle acque destinate al consumo umano è
aggiuntiva e non alternativa. Del resto, se lo scarico nel canale può avvenire anche nei giorni di
asciutta, non vi è differenza sostanziale tra questa operazione e le attività vietate nella zona di
rispetto ex art. 94 comma 4 del Dlgs. 152/2006.
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Tuttavia, proprio perché normalmente lo scarico avviene nel corpo idrico, che è in grado di diluire e
trasportare rapidamente gli inquinanti verso il fiume, non è possibile stabilire una piena
corrispondenza con la dispersione delle acque reflue vietata dalla predetta norma. Il punto di
equilibrio non è definito dal legislatore e deve quindi essere individuato caso per caso
dall’amministrazione ai sensi dell’art. 94 comma 2 del Dlgs. 152/2006. In proposito occorre fare una
precisazione. Il rinvio contenuto nell’art. 7 comma 1-a del Dlgs. 176/2011 è rivolto evidentemente
all’intera disciplina dell’art. 94 del Dlgs. 152/2006 (zona di tutela assoluta, zona di rispetto, divieti),
mentre la possibilità di deroga contenuta nel comma 2 di quest’ultima norma si riferisce ad
approvvigionamenti diversi da quelli ottenuti con gli acquedotti pubblici. Coordinando tutte queste
disposizioni, si può ritenere che i pozzi di captazione dell’acqua minerale vadano tutelati come gli
acquedotti pubblici, salva la possibilità per l’amministrazione di individuare altre soluzioni, meno
penalizzanti per gli interessati, quando si possa raggiungere e mantenere un livello di sicurezza
equivalente.
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 25 marzo 2015)


Antincendio
Nuovo quesito dei VV.F.
Con la lettera circolare 12 marzo 2015, n. 3043, la Direzione centrale ha definito che l’attività di
gommista svolta all’interno di un locale che supera i 300 mq rientri nell’attività 53 dell’Allegato I del
D.P.R. 151/2011; inoltre se il quantitativo di gomme in deposito sia superiore a 10.000 kg, l’attività
rientra anche nel n. 43 del medesimo allegato.
La questione è stata sollevata da un quesito pervenuto da un professionista al Comando provinciale
di Ferrara, che rispondeva affermando che l’attività non era assoggettata alle norme di prevenzione
di
incendi,
ma
solo
a
quelle
di
sicurezza
sul
lavoro
(D.Lgs.
81/2008).
La Direzione generale ha, invece, ritenuto che le norme di prevenzione incendi siano applicabili anche
all’attività oggetto del quesito.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 10 aprile 2015)

Nuova circolare dei Vigili del Fuoco
Con la circolare 18 marzo 2015, n. 3396 i Vigili del Fuoco forniscono dei chiarimenti in merito alla
classificazione di resistenza al fuoco di partizioni vetrate mediante metodo sperimentale.
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In questo caso la norma di riferimento è la EN 1364-1:1999, recepita dall’UNI mediante la UNI EN
1364-1:2002 (punto A.4.1 dell’Allegato al d.m. 16 febbraio 2007.
Per le partizioni vetrate, il campo di applicazione diretta dei risultati di prova è riportato nell’allegato
A del d.m., mentre nel documento si evidenzia il divieto di aumento dell’altezza del prodotto in
oggetto rispetto al campione provato e le limitazioni alle variazioni dimensionali delle lastre vetrate.
Nel caso sia necessario realizzare una partizione vetrata con caratteristiche diverse da quelle
previste, il d.m. 16 febbraio 2007 prevede la possibilità di ricorrere al fascicolo tecnica previsto nel
punto B.8 dell’Allegato B; la predisposizione del fascicolo tecnica può essere fatta seguendo le norme:
- CEN/TS 15117:2005 "Guidance on direct and extended application" (UNI CEN/TS 15117:2006
("Guida sull'applicazione diretta ed estesa").
- EN 15254-4:2008+A1:2011 "Extended application of results frani tire resistance tests - Nonloadbearing walls - Part 4: Glazed constructions" (UNI EN 15254-4:2011 "Applicazione estesa dei
risultati di prove di resistenza al fuoco - Pareti non portanti - Parte 4: Costruzioni vetrate").
Inoltre la marcatura CE potrà essere effettuata mediante la Valutazione Tecnica Europea (ETA)
prevista dal Regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo
2011. All'articolo 3 comma 2 del d.m. 16 febbraio 2007 per tali prodotti si specifica che la classe di
resistenza al fuoco è riportata nelle informazioni che accompagnano la marcatura CE e nella
documentazione ulteriore prevista a corredo dove sono specificate, in particolare, le condizioni di
impiego a garanzia della resistenza al fuoco.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015)

Pubblicato l'aggiornamento della regola tecnica per le strutture sanitarie
Sulla G.U. Serie Generale n. 70 del 25 marzo 2015 è stata pubblicata la nuova regola tecnica
progettazione, la costruzione e l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private: d.m. 19 marzo
2015.
Il provvedimento si compone di 5 articoli e 3 allegati.
All’articolo 1 si prevede che i titoli III e IV del precedente d.m. 18 settembre 2002 sono sostituiti
dalle disposizioni contenute negli allegati III e IV del nuovo decreto.
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L’articolo 2 prescrive l’adeguamento alle disposizioni previste nella nuova regola tecnica per le
strutture sanitarie che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero ovvero in regime
residenziale a ciclo continuativo ovvero diurno, con oltre i 25 posti letto, esistenti alla data di entrata
in vigore del decreto del Ministro dell'interno 18 settembre 2002, che non abbiano completato
l'adeguamento alle disposizioni ivi previste, fatti salvi gli obblighi stabiliti dalla vigente legislazione
in materia di sicurezza. L’adeguamento deve seguire i tempi e modi previsti nell’allegato I del nuovo
provvedimento.
L’articolo 3 detta l’adeguamento (sempre nei tempi e nei modi) per le strutture che erogano
prestazioni di assistenza specialistica in regime ambulatoriale, aventi superficie maggiore di 500 mq
e fino a 1.000 mq, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.
L’articolo 4 è riservato alla definizione, caratteristiche e impiego dei materiali impiegati per
l’adeguamento previsto dalla nuova regola tecnica.
L’ultimo articolo è dedicato alle disposizioni finali prevedendo che “1. È fatta salva la facoltà di optare
per l'applicazione del presente decreto per le strutture esistenti di cui all'art. 2 per le quali siano stati
pianificati o siano in corso lavori di adeguamento al decreto del Ministro dell'interno del 18 settembre
2002 sulla base di un progetto approvato dal competente Comando, ovvero sulla base di un progetto
approvato in data antecedente all'entrata in vigore del decreto del Ministro dell'interno del 18
settembre 2002. 2. In caso di mancato esercizio di tale opzione, gli enti e i privati responsabili delle
strutture di cui all'art. 2 presentano al Comando la segnalazione certificata relativa al completo
adeguamento antincendio della struttura, che deve comunque avvenire entro il termine massimo di
cui all'art. 2, e adempiono a quanto ivi previsto al comma 1, lettera b)”.
Le norme contenute negli allegati sono così suddivise:
Allegato I: Titolo III - Strutture esistenti che erogano prestazioni in regime di ricovero ospedaliero
e/o in regime residenziale a ciclo continuativo e/o diurno;
Allegato II: Titolo IV - Strutture, sia esistenti che di nuova costruzione, non soggette ai controlli dei
vigili del fuoco ai sensi dell’allegato I al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n.
151;
Allegato III: Titolo V - Sistema di gestione della sicurezza finalizzato all’adeguamento antincendio.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015)
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 Appalti

Cantieri in Comune: il CIPE ha assegnato 198,6 milioni di euro a 137 Comuni
Il CIPE ha definitivamente assegnato circa 198,6 milioni di euro per il completamento di opere in 137
Comuni, distribuiti sull’insieme del territorio nazionale, che hanno segnalato interventi di
completamento appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015, a seguito
della ricognizione degli interventi segnalati dai sindaci alla Presidenza del Consiglio in risposta
all’invito del Presidente Renzi del 2 giugno 2014.
Il finanziamento è a valere sulle risorse di cui all’articolo 3, commi 1 e 1-bis, del decreto legge 12
settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 (decreto legge “Sblocca
Italia”), come ripartite dal decreto interministeriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle
Infrastrutture e dei Trasporti del 28 gennaio 2015 che, nell’ambito di uno stanziamento complessivo
di 500 milioni di euro a favore degli interventi di cui all’art. 3, comma 2, lettera c) e comma 3, ha
specificamente destinato 200 milioni di euro alle opere oggetto della odierna decisione del CIPE.
Il provvedimento prevede che siano rispettati gli obblighi di acquisizione del Codice Unico di Progetto
per l’identificazione univoca dei progetti e la tracciabilità dei flussi finanziari, nonché l’adesione al
monitoraggio fisico e finanziario dello stato di avanzamento degli interventi.
È stato anticipato l’elenco dei Comuni e degli interventi di completamento di opere, in attesa della
registrazione della delibera CIPE che sarà efficace dopo il controllo da parte della Corte dei Conti.
Viene anche anticipata la bozza del disciplinare che fissa obblighi e adempimenti a carico dei Comuni
e che dovrà essere firmato con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per ottenere l’erogazione
del finanziamento.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Trasparenza e prevenzione della corruzione IPAB e ASP devono osservare le regole
della legge 190/2012
Gli Istituti pubblici di assistenza e beneficienza (IPAB) e le Aziende pubbliche di servizi alla persona
(ASP), nei casi in cui mantengono la personalità giuridica di diritto pubblico, devono osservare le
regole in materia di trasparenza e di prevenzione della corruzione, come previsto dalla l. 190/2012
e dai successivi decreti attuativi.
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È quanto stabilito con il Comunicato del Presidente del 10 aprile 2015. Da un monitoraggio effettuato
dall’Autorità è emerso infatti un quadro di diffusa inosservanza delle suddette norme. Gli istituti
indicati devono adeguarsi alle regole di trasparenza e prevenzione della corruzione entro 30 giorni
dalla data di pubblicazione del Comunicato nel sito dell’A.N.AC.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Revoca dell'aggiudicazione e rispetto del patto di stabilità
È illegittima la revoca dell’aggiudicazione provvisoria giustificata dalla necessità di rispettare il patto
di stabilità, ove i fondi destinati alla realizzazione di quell’opera siano destinati ad altri fini.
Questo, il principio sancito dal T.A.R. Toscana, con la sentenza 30 marzo 2015, n. 546, nell’ambito
di una gara per la realizzazione di lavori stradali.
Nel caso in esame, l’amministrazione provinciale aveva revocato l’aggiudicazione provvisoria
ritenendo genericamente che il vigente patto di stabilità non consentisse di sostenere quell’impegno
di spesa.
La decisione della Provincia, è stata ritenuta illegittima dai Giudici amministrativi, per le seguenti
ragioni:
 il provvedimento amministrativo di revoca non era stato adeguatamente motivato;
 i fondi destinati per quei lavori erano stati dirottati per la realizzazione di altre opere;
 il piano triennale delle opere pubbliche provinciale, di recente adozione, prevede lo
stanziamento di ben 14 milioni di euro per la realizzazione di nuove infrastrutture.
L’unico appalto a essere stato revocato, inoltre, era stato proprio quello aggiudicato alla società
ricorrente.
Il provvedimento di revoca è stato dunque annullato e, qualora l’amministrazione non individui delle
nuove e pertinenti ragioni (di cui all’art. 21-quinquies della L. 241/1990 - Legge sul procedimento
amministrativo) che le impediscano di sostenere la spesa per la realizzazione di quell’opera, dovrà
necessariamente provvedere all’aggiudicazione definitiva della gara alla società prima classificata.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 2 aprile 2015)

Incompatibilità dei componenti la commissione di gara
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Le ipotesi di incompatibilità dei componenti la commissione di gara, previste dall’art. 84, D.Lgs.
163/2006, devono essere interpretate in maniera restrittiva.
Questo, il principio ribadito dal Consiglio di Stato, con la sentenza 23 marzo 2015, n. 1565,
nell’ambito di una gara per l’affidamento della gestione e lo smaltimento di rifiuti solidi urbani.
Nel caso in esame, l’operatore economico secondo classificato aveva proposto ricorso contro
l’aggiudicazione perché, tra gli altri motivi, riteneva che uno dei componenti della commissione di
gara fosse incompatibile con quella posizione, per aver svolto precedenti attività collegate a
quell’appalto nell’ambito dell’amministrazione aggiudicatrice.
La sentenza in commento, rigettando l’appello, afferma che quando si lamenta l’incompatibilità di
un’attività non ci si può riferire “genericamente ad incarichi amministrativi o tecnici genericamente
riferiti ad altri appalti (Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2011, n. 4450; Sez. III, 28 febbraio 2014, n.
942)” e, di tale situazione di incompatibilità “deve essere fornita adeguata e ragionevole prova, non
essendo sufficiente in tal senso il mero sospetto di una possibile situazione di incompatibilità
(dovendo la disposizione in questione, in quanto limitativa delle funzioni proprie dei funzionari
dell’amministrazione, essere interpretata in senso restrittivo)”.
La mancanza di una prova specifica, in ordine all’effettiva predisposizione degli atti di gara da parte
del commissario che si presumeva essere incompatibile, ha portato a ritenere legittimo l’operato
dell’amministrazione.
Perché vi possa essere incompatibilità del commissario, è quindi necessario che vi sia stato un suo
autonomo e concreto intervento nella definizione del contenuto degli atti di gara.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 30 marzo 2015)

Illegittimo il "cartello" tra i concorrenti
È illegittima l’offerta presentata da quelle imprese che hanno dimostrato, attraverso elementi precisi
e concordanti, di essere collegate da un punto di vista sostanziale. Questo, il principio ribadito dal
Consiglio di Stato 23 marzo 2015, n. 1549.
Nel caso di specie, relativo a una gara per l’affidamento in concessione di servizi di soccorso stradale,
l’amministrazione aggiudicatrice aveva annullato in autotutela la procedura perché le società
classificatesi al primo e al secondo posto mostravano elementi da cui poteva dedursi un loro
collegamento sostanziale.
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I Giudici amministrativi, sia in primo grado sia in appello, ritengono legittima la decisione
dell’amministrazione, ed esistente un vero e proprio accordo tra le imprese interessate, finalizzato
all’aggiudicazione della gara.
Gli elementi presi in considerazione sono stati:
•Offerte consegnate lo stesso giorno e alla medesima ora;
•Polizze fideiussorie rilasciate dalla medesima compagnia e nel medesimo giorno e ora;
•Alla seduta pubblica i due concorrenti erano rappresentati dal medesimo soggetto.
A ciò si aggiunga che il rappresentante comune, durante la seduta di gara, aveva avanzato richiesta
di aggiudicazione congiunta, senza neppure consultarsi con i suoi rappresentati.
In ogni ipotesi in cui tra le società concorrenti sia dimostrato un accordo precedente alla gara,
finalizzato a falsare la concorrenza e la scelta del miglior offerente, è legittimo l’intervento
dell’amministrazione diretto a escludere i concorrenti interessati, e ad annullare la procedura qualora
questi siano gli unici partecipanti.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 25 marzo 2015)

Necessario l'invito del gestore uscente del servizio
L’amministrazione deve invitare alla nuova gara il gestore uscente del servizio, salvo il caso in cui
dimostri il venir meno del rapporto di fiducia con il soggetto privato.
Questo, il principio ribadito dal Tar Roma, con la sentenza 12 marzo 2015, n. 4063, nell’ambito di
una gara per l’affidamento del servizio di pulizia.
Nel caso di specie, l’amministrazione aveva indetto una nuova gara omettendo di invitare il gestore
uscente del servizio, motivando “sommariamente” tale scelta con i presunti inadempimenti della
società nel corso dell’affidamento.
Il “vecchio” aggiudicatario, impugnava quindi gli atti della gara, e lamentava in particolare di non
essere stato invitato alla nuova procedura.
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I Giudici amministrativi, accogliendo il ricorso, affermano che, non avendo l’amministrazione fornito
prova sufficiente del venir meno del rapporto di fiducia con il soggetto privato, il gestore uscente
sarebbe dovuto essere necessariamente invitato alla nuova gara.
La rilevata illegittimità, fa quindi sorgere in capo al gestore uscente il diritto al risarcimento del danno
connesso alla perdita di chance.
In questo caso, il risarcimento, applicabile a prescindere dalla colpa dell’amministrazione, deve
essere quantificato in via equitativa, tenendo in considerazione l’utile conseguibile in caso di vittoria,
scontato percentualmente in base al numero dei partecipanti alla gara o concorso.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 19 marzo 2015)

Varianti in corso d'opera: i chiarimenti sulle informazioni e la documentazione da
trasmettere all'Autorità
Pubblicato il Comunicato del Presidente del 17 marzo 2015: Art. 37, D.L. 24 giugno 2014, n. 90
convertito in legge 114/2014 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa
e per l’efficienza degli uffici giudiziari). Riordino e aggiornamento delle modalità di trasmissione
all’A.N.AC. delle varianti in corso d’opera.
Il Comunicato del Presidente dell’Anac fornisce dei chiarimenti sulla qualità degli accertamenti del
Responsabile del procedimento in tema di varianti. Al comunicato è allegato un modulo per assicurare
la chiarezza e la coerenza delle informazioni e degli atti da trasmettere.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 19 marzo 2015)


Catasto
Irregolarità catastali, le sanzioni si pagano con il mod. F24
Anche le spese per eventuali irregolarità catastali viaggiano con il mod. F24. Dal prossimo 1° giugno,
infatti, le somme dovute dai contribuenti a seguito di notifica di accertamento per inosservanza della
normativa catastale, fattispecie tra cui rientrano, tra le altre, le sanzioni amministrative, gli interessi
sui tributi speciali catastali e il recupero delle spese per volture, saranno versate seguendo la
modalità semplificata prevista per il versamento unificato tramite mod. F24.
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A stabilirlo è il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 24 marzo scorso.
L’estensione del modello di pagamento con F24 interessa i seguenti versamenti, tutti conseguenti ad
accertamenti per inosservanza della normativa catastale: tributi speciali catastali, sanzioni
amministrative, interessi sui tributi speciali catastali, imposta di bollo correlata ad adempimenti per
accertamenti catastali, recupero spese volture, spese di notifica di atti catastali, oneri accessori e
altre spese per operazioni catastali.
Per il pagamento delle somme relative al procedimento di attribuzione della rendita presunta, restano
invece ferme le disposizioni contenute nel provvedimento interdirigenziale del 24 febbraio 2012.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Da giugno on-line tutti i documenti del Catasto fabbricati
«Da giugno tutti i documenti del Catasto fabbricati dovranno essere trasmessi per via telematica:
stiamo preparando il provvedimento, il sistema DOCFA è pronto e funziona, siamo al 75% di
documenti, vogliamo arrivare al 100%». Lo ha detto il direttore dell’Agenzia delle entrate, Rossella
Orlandi, a un convegno sul Catasto organizzato dall’Ordine degli architetti, spiegando che «serve più
trasparenza e più uniformità sul territorio. Non si capisce perché qualcuno deve ancora venire in
ufficio, ferma restando l’assistenza», ha detto. Orlandi ha anche riferito l’intenzione di «fare la
successione on-line: grava su 1 milione di cittadini ed è molto fastidiosa. Oggi si fa in due momenti
e in due uffici diversi: vogliamo che si faccia con un atto unico».
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Inosservanza normativa catastale: modalità di pagamento
Il provvedimento dell'Agenzia delle Entrate del 23.3.2015
dispone l’estensione delle modalità di
pagamento delle somme dovute dal contribuente a seguito di notifica di avviso di accertamento per
inosservanza della normativa catastale, secondo quanto disposto dall’art. 17, D.Lgs. 241/1997, in
materia di versamento unitario delle imposte, dei contributi dovuti e delle altre somme a favore dello
Stato.
Specificamente, a decorrere dall’1.6.2015, il Mod. F24 deve essere utilizzato, a seguito di notifica di
avvisi di accertamento per inosservanza della normativa catastale, prodotti successivamente alla
predetta data, per il pagamento di: tributi speciali catastali (Titolo III, Tabella A, D.L. 533/1954);
sanzioni amministrative, irrogate in attuazione delle disposizioni previste nell’ordinamento catastale;
interessi sui tributi speciali catastali; imposta di bollo correlata ad adempimenti per accertamenti
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catastali; recupero spese per volture; spese di notifica di atti catastali; oneri accessori per operazioni
catastali; altre spese per operazioni catastali.
Si precisa, inoltre, che resta esclusa la possibilità di utilizzare in compensazione eventuali crediti
derivanti dai versamenti eccedenti in relazione alle predette somme; per il pagamento delle somme
correlate al procedimento di attribuzione della rendita presunta restano ferme le disposizioni
contenute nel Provv. Agenzia Entrate 24.2.2012.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 30 marzo 2015)

Tassazione a base catastale: nuovo elenco dei beni oggetto per attività agricole
connesse
A seguito della richiesta di conferma delle attività allegate al Decreto del 17 giugno 2011, con nota
n. 0015043 e nota n. 0027364 del 1° dicembre 2014 da parte del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale (GU n.62 del 16-3-2015) il Decreto del
MEF del 13 febbraio 2015 contenente l'aggiornamento dell'elenco dei beni che possono essere
oggetto delle attività agricole connesse, la cui decorrenza ha effetto dal periodo di imposta 2014.
Le attività in considerazione, in quanto produttive di reddito agrario, prevedono una tassazione a
base
catastale
così
come
introdotto
dalla
Legge
di
Stabilità
2014.
In dettaglio, le voci inserite ex novo nel decreto di aggiornamento sono: produzione di paste
alimentari fresche e secche (ex 10.73.0); produzione di sciroppi di frutta (ex 10.81.0); manipolazione
dei prodotti derivanti dalla silvicoltura comprendenti la segagione e la riduzione in tondelli, tavole,
travi ed altri prodotti similari, compresi i sottoprodotti, i semilavorati e gli scarti di segagione delle
piante (02.10.0 - 02.20.0).
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 23 marzo 2015)

L'aggiudicazione definitiva non è un atto dovuto
All’aggiudicazione
provvisoria
non
deve
necessariamente
seguire
quella
definitiva.
L’amministrazione aggiudicatrice, può ritenere non conveniente procedere alla conclusione del
procedimento,
per
evidenti
e
giustificate
ragioni
di
natura
economica.
Questo, il principio ribadito dal T.A.R. Sardegna, con la sentenza 14 marzo 2015, n. 442, nell’ambito
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di
una
gara
per
la
fornitura
di
dispositivi
di
protezione
individuale.
Nel caso di specie, a seguito dell’aggiudicazione provvisoria, la Stazione Appaltante aveva ritenuto
non conveniente l’offerta dell’impresa prima classificata, ed aveva deciso di non dichiarare
l’aggiudicazione definitiva.
I Giudici amministrativi, hanno fatto propri gli insegnamenti della giurisprudenza maggioritaria,
secondo la quale:
“a) la possibilità che ad un’aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del
tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d.lgs. 163/2006,
inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non
sussista alcuna illegittimità nell’operato dell’Amministrazione;
b) l’atto che, dopo l’aggiudicazione provvisoria di una gara di appalto, dichiara di non procedere
all’aggiudicazione definitiva della gara, costituisce non già una “revoca” in senso tecnico
dell’aggiudicazione, ma la dichiarazione di mancata conclusione della procedura; in tal caso non è
dovuto neppure l’indennizzo di cui all’art. 21 quinquies l. n. 241/1990, ipotesi che presuppone la
“revoca” in senso tecnico (Cons. Stato, Sez. III, 28 febbraio 2014, n. 942)”.
Qualora le motivazioni avanzate dall’amministrazione siano congrue e legate ad elementi
sopravvenuti rispetto all’indizione della gara, non è configurabile alcun tipo di responsabilità
precontrattuale
della
p.a.
e
nessun
risarcimento
per
l’operatore
economico
interessato.
(Marco Porcu, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 23 marzo 2015)
 Economia e fisco

Il portale ENEA apre alle comunicazioni per il bonus energetico 2015
E' ora aperto lo sportello telematico dell'Enea, tramite cui è possibile trasmettere direttamente
all'ente pubblico la documentazione necessaria al fine di beneficiare del bonus sul risparmio
energetico per gli interventi sostenuti nel 2015. La legge di stabilità 2015, infatti, ha prorogato
la detraibilità nella misura del 65% sulle spese per interventi di riqualificazione energetica degli
edifici, sostenute da persone fisiche e imprese fino al 31 dicembre 2015. La medesima legge ha,
inoltre, esteso l'agevolazione ad altri tipi di interventi: schermature solari (fino a 60.000 euro) e
impianti di climatizzazione invernale alimentati da biomasse combustibili (fino a 30.000 euro).
La documentazione da acquisire per poter richiedere l'agevolazione, rilasciata da tecnici abilitati
alla progettazione di edifici e impianti, iscritti ai rispettivi ordini professionali, è la seguente:
asseverazione del tecnico abilitato (o in sostituzione dichiarazione del direttore dei lavori);
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attestato di certificazione (o qualificazione) energetica; scheda informativa degli interventi
realizzati, in cui vanno indicati i dati identificativi del soggetto che ha sostenuto le spese, dati
relativi all'edificio, la tipologia di intervento ed il risparmio energetico conseguente. Entro 90
giorni dalla data di collaudo lavori (non data di pagamento), il contribuente invia all'ENEA copia
dell'attestato di certificazione (o qualificazione) energetica e la scheda informativa. La
trasmissione deve avvenire per via telematica, accedendo al portale dell'ente, registrandosi e
inserendo dati ed allegati richiesti.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)

Modello di dichiarazione per pagamento TASI
Premesso che l'art. 1, co. 687, L. 27.12.2013, n. 147 dispone che ai fini della dichiarazione relativa
alla Tasi si applicano le disposizioni concernenti la presentazione della dichiarazione relativa all'Imu,
anche il modello di dichiarazione Tasi dev'essere unico e valido su tutto il territorio nazionale, non
riscontrando nella disciplina generale del tributo norme da cui è possibile desumere la facoltà per i
Comuni di predisporre autonomamente modelli di dichiarazione Tasi.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015)

Fabbricati del gruppo catastale «D»: coefficienti per il 2015
Il D.M. 25.3.2015 fissa i coefficienti di aggiornamento per la determinazione del valore dei fabbricati,
classificabili nel gruppo catastale «D», non iscritti in Catasto, interamente posseduti da imprese e
distintamente contabilizzati, di cui all'art. 5, co. 3, D.Lgs. 30.12.1992, n. 504, ai fini dell'applicazione
dell'Imu e della Tasi dovute per il 2015.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015)

ZFU: istruzioni per l'utilizzo delle agevolazioni
In data 3 aprile 2015 è stata pubblicata la Risoluzione n. 36/E dell'Agenzia delle entrate, in materia
di applicabilità delle agevolazioni fiscali e contributive previste per le Zone Franche Urbane (ZFU). Le
agevolazioni previste consistono in esenzioni da IRES/IRPEF (sul reddito prodotto nella ZFU), IMU
(per gli immobili posseduti e siti nei comuni appartenenti alla ZFU in cui l'impresa svolge la propria
attività economica), IRAP (sul valore della produzione netta generato nella ZFU), contributi
previdenziali sulle retribuzioni da lavoro dipendente di cui l'impresa fruisce attraverso la riduzione
dei versamenti dovuti (imposte e contributi per cui l'impresa beneficia di esenzione), tramite utilizzo
dei relativi crediti in compensazione.
In particolare, l'Amministrazione finanziaria chiarisce che non si applica l'obbligo di apposizione del
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visto di conformità per l'utilizzo in compensazione di crediti superiori a euro 15.000. Allo stesso
modo, il divieto previsto dall'art. 31, co.1, Dl n. 78/2010, secondo cui, in presenza di debiti iscritti a
ruolo superiori a euro 1.500 e scaduti, non si possono utilizzare crediti in compensazione tramite
modello F24, non si applica alle compensazioni di tipo verticale e comunque alle agevolazioni
concesse tramite crediti d'imposta.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 9 aprile 2015)

IVA Reverse charge: i chiarimenti della Circolare 14/E (II parte)
Con la Circolare n. 14/E l'Agenzia delinea in quali casi si applica l'inversione contabile nel settore
edile, energetico e in caso di cessioni di pallet. Non si applicano sanzioni per gli inadempimenti
commessi fino al 27 marzo 2015.
Settore energetico. La norma ha esteso, dall'1.1.2015 al 31.12.2018, l'applicazione del reverse
charge allo scambio di certificati e altre unità finalizzate ad incentivare l'efficienza energetica o la
produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta non solo dei trasferimenti di quote di emissioni di
gas a effetto serra (scambio istituito dalla Direttiva 2003/87/CE per limitare le emissioni inquinanti
in atmosfera), ma anche dei trasferimenti di certificati verdi (produzione di energia elettrica tramite
fonti rinnovabili), certificati bianchi (risparmio di gas ed energia elettrica tramite sistemi di
efficientamento), garanzie di origine (quota di produzione di energia elettrica tramite fonti rinnovabili
nel proprio mix produttivo), unità di riduzione delle emissioni (ERU), riduzioni certificate delle
emissioni (CER). Le cessioni di gas e di energia elettrica, invece, per essere sottoposte a reverse
charge, devono avvenire nei confronti di soggetto passivo-rivenditore (ai sensi dell'art.7-bis, co. 3,
lett. a), DPR n. 633/1972), inteso come soggetto la cui attività principale è quella di acquistare gas,
energia elettrica, calore o freddo al fine di rivenderli ed il cui consumo di tali prodotti si considera
trascurabile. Sono, quindi, escluse le cessioni di tali beni a consumatori finali. Resta esclusa dalle
nuove disposizioni IVA la cessione di GPL (gas petrolio liquefatto).
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 1° aprile 2015)

Reverse charge: i chiarimenti della Circolare 14/E
In data 27 marzo 2015 è stata pubblicata sul sito dell'Agenzia delle Entrate la Circolare n. 14/E
recante chiarimenti in merito all'estensione del meccanismo del reverse charge a nuove fattispecie,
a seguito della modifica dell'art. 17 e dell'art. 74, DPR n. 633/1972, con la Legge di Stabilità 2015.
Settore edile.
L'applicazione del reverse charge in caso di prestazioni di servizi di pulizia,
demolizione, installazione e completamento in relazione ad edifici, si applica, a partire dal 1°gennaio
2015, a prescindere dal rapporto contrattuale tra le parti e della tipologia di attività esercitata. Esso
riguarda, dunque, tutte le prestazioni B2B anche da prestatori o verso committenti che non operano
nel settore edile (es. servizio di pulizia presso uno studio professionale). Si sottolinea che le nuove
fattispecie elencate applicano il meccanismo del reverse charge solo in relazione a prestazioni su
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edifici, intesi come fabbricati ad uso abitativo o strumentale, anche in corso di costruzione. Sono
quindi da escludersi prestazioni aventi ad oggetto terreni, parcheggi, piscine, giardini, a meno che
non costituiscano parti integranti dell'edificio.
Pallet. La Legge di Stabilità 2015 ha modificato l'art.74, co. 7, DPR n. 633/1972, estendendo il
reverse charge alle cessioni di bancali in legno in tutte le fasi successive alla prima
(indipendentemente dalla loro inutilizzabilità o meno al termine del primo ciclo di utilizzo).
Sono comunque non sanzionabili tutte le inadempienze commesse fino alla data di pubblicazione
della circolare, quindi 27 marzo 2015.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015)

Credito d'imposta del 30% sui costi sostenuti per lo sviluppo dei servizi web
Il ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo detta le regole per la fruizione del bonus
fiscale destinato a agli esercizi ricettivi, agenzie di viaggi e tour operato per i servizi web.
Con decreto 12 febbraio 2015 (pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» 68 del 23 marzo 2015), il
dicastero ha infatti tracciato le linee guida del credito d'imposta disciplinato dall'articolo 9 del decreto
legge 83/2014, soffermandosi in particolare sulla tipologia e il limite massimo di spesa ammissibile,
la procedura di ammissione al beneficio e le modalità di recupero dell'incentivo indebitamente fruito.
Beneficiari della misura di aiuto sono gli esercizi ricettivi singoli o aggregati. Nel primo caso - spiega
il decreto - si tratta di strutture alberghiere con almeno sette camere ed extra-alberghiere
(affittacamere, ostelli, case vacanze, eccetera). Quanto agli esercizi aggregati, gli stessi si riferiscono
a strutture singole con servizi extra-ricettivi o ancillari (ristorazione, trasporto, eccetera), riunite in
consorzi, reti di impresa, Ati od organismi similari. Sono parimenti agevolati le agenzia di viaggio e i
tour operator, purché appartenenti al cluster 10 - Agenzie intermediarie specializzate in turismo
incoming, o al cluster 11 - Agenzie specializzate in turismo incoming degli studi di settore.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015)
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Edilizia e urbanistica
Immobili pubblici: Agenzia del demanio avvia gare per manutenzione per circa 800
milioni di euro
L’Agenzia del Demanio ha avviato la procedura per la selezione di operatori con i quali stipulare
specifici Accordi Quadro, riferiti al biennio 2016-2017, per la realizzazione di lavori di manutenzione
degli immobili in uso alle Amministrazioni dello Stato per un importo di quasi 800 milioni di euro.
Alle imprese così individuate si dovranno rivolgere, per l’esecuzione di eventuali interventi necessari,
le stazioni appaltanti interessate: l’Agenzia stessa, i Provveditorati alle Opere Pubbliche, il Ministero
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dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e il Ministero della Difesa.
In particolare, le Direzioni Regionali dell’Agenzia del Demanio di Abruzzo e Molise, Emilia Romagna,
Friuli Venezia Giulia, Liguria, Piemonte e Valle D'Aosta, Marche e Veneto hanno indetto 7 gare, per
un totale di 27 lotti, per selezionare 189 operatori. Il valore complessivo stimato degli interventi da
realizzare nel biennio è di 241.383.000 euro.
I bandi, con scadenza il 5 maggio 2015, sono consultabili sul sito dell’Agenzia del Demanio nella
sezione Gare, Aste e Avvisi.
Nelle prossime settimane, inoltre, l’Agenzia pubblicherà i bandi di gara per le Regioni restanti, per
un valore totale che arriverà così a 787.800.000 euro per lavori su tutto il territorio nazionale.
La procedura avviata rientra nell’ambito di quanto stabilito dal D.L. 98/2011, che attribuisce
all’Agenzia del Demanio la funzione di centrale di committenza per la stipula di Accordi Quadro riferiti
ad ambiti territoriali predefiniti. La selezione degli operatori avviene mediante procedure ad evidenza
pubblica (ex art. 55 comma 5 del D.Lgs 163/2006), al fine di realizzare gli interventi di manutenzione
ordinaria e straordinaria di cui al sistema accentrato di manutenzioni degli immobili in uso alle
Amministrazioni centrali dello Stato, il cosiddetto Manutentore Unico.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 13 aprile 2015)
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La Liguria approva la nuova legge urbanistica
Nella seduta dell'Assemblea legislativa di martedì 24 marzo è stato approvato il disegno di legge 330
Modifiche della legge regionale 4 settembre 1997 numero 36 e successiva modificazione (Legge
urbanistica
regionale).
La
revisione
della
legge
urbanistica
consiste
nella
rivisitazione,
razionalizzazione e semplificazione, sia di alcuni contenuti degli strumenti di pianificazione del
territorio previsti per il livello regionale, provinciale e comunale, con contestuale introduzione della
pianificazione della Città metropolitana, sia, soprattutto, delle procedure di formazione di questi
piani.
È stato approvato, anche, l'ordine del giorno, primo firmatario Antonino Miceli (Partito Democratico)
e sottoscritto da consiglieri di tutti i gruppi, per far fronte alla crisi dell'edilizia e, in particolare, per
rivedere appalti, recuperare il patrimonio esistente e le periferie.
Nella stessa seduta il Consiglio regionale ha approvato, inoltre, il disegno di legge 389 Disposizioni
di adeguamento della normativa regionale, che interviene con una serie di adeguamenti della
normativa regionale rispetto al quadro legislativo nazionale, soprattutto in materia di servizi
sociosanitari, edilizia, aree protette, settore turistico-alberghiero, tutela ambientale, rifiuti.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 26 marzo 2015)
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Beni culturali: coniugare tutela con riuso
“Serve una nuova politica di tutela dei monumenti, dei beni architettonici e paesaggistici che tenga
conto dei nuovi paradigmi di riduzione del consumo del suolo e di riuso delle aree urbane, di confort
abitativo ma anche di innovazione tecnologica e della necessità, improrogabile, del risparmio
energetico. Così come cambiano l'urbanistica e l'architettura, deve cambiare anche l'approccio alla
tutela, valorizzando i principi di riuso dell'esistente e coniugando la tutela di edifici e paesaggi con la
vita contemporanea”.
Così Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e
Conservatori.
“Non è più tempo di contrapposizioni ideologiche tra chi vuole demolire e chi considera intoccabile
qualunque preesistenza: è tempo, invece, di una discussione aperta e senza pregiudizi culturali nella quale gli architetti sono impegnati in prima linea - che tenga anche conto del fatto che senza
la collaborazione dei cittadini, la tutela dei centri e dei borghi storici è impossibile. Per rendere
partecipe dello sviluppo il meraviglioso sistema dei centri storici minori italiani che sono stati
abbandonati per costruire orribili sobborghi, si deve incentivare - anche fiscalmente - il loro riuso,
così come creare le condizioni perché in quei luoghi si torni a vivere e a lavorare”.
“Dove c'è la vita normale dei cittadini - continua Freyrie - devono esserci tutela e manutenzione, ma
anche le condizioni tecniche, scientifiche e culturali perché la vita contemporanea riusi la storia: il
rischio - altrimenti - è quello della museificazione e di comportamenti simili a quelli delle comunità
hamish degli Stati Uniti che continuano a vivere in un passato che intorno a loro nemmeno esiste
più”.
“Tra le priorità - secondo il presidente degli architetti italiani - quelle che le Soprintendenze tornino
a indirizzare energie e competenze sui progetti di tutela vera e propria e che si liberino dal controllo
delle minuzie e dei piccoli interventi reversibili, che rappresentano attualmente
il 70% del loro
lavoro; e che, per garantire la conservazione e la valorizzazione del nostro sterminato patrimonio dei
beni culturali si ricorra alla collaborazione dei privati perché nessun bilancio pubblico è in grado
sostenerne gli immensi costi”.
“Con un lavoro intelligente e aperto di educazione civica - conclude Freyrie - di linee guida per i
progetti, di formazione dei progettisti e di dialogo culturale, si può rinnovare il modello della tutela
dei beni architettonici e ambientali che oggi hanno bisogno di meno sottoscrizioni e di appelli sui
quotidiani e di un maggiore e concreto coinvolgimento della comunità dei cittadini”.
(www.awn.it, 24 marzo 2015)
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Emergenza abitativa: il Piemonte adotta misure straordinarie
Contro l’emergenza abitativa collegata alla crisi, la Regione Piemonte concede ai Comuni la possibilità
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di prorogare per due anni le assegnazioni provvisorie in corso di case popolari e di rinnovare per due
anni quelle già scadute. A consentire l’operazione è un disegno di legge proposto dall’assessore alla
Casa, Augusto Ferrari, e approvato il 3 marzo all'unanimità dal Consiglio regionale. (L.R. 11 marzo
2015, n. 4 - B.U. n. 10 - S.O. n. 2).
“Il provvedimento - puntualizza Ferrari - nasce dalla constatazione di una trasformazione profonda
nelle assegnazioni temporanee extra-bando, divenute uno degli strumenti principali con cui i Comuni
hanno provato ad affrontare la piaga della morosità incolpevole. Abbiamo scelto di dare uno
strumento chiaro e trasparente ai Comuni, evitando singole risposte a ciascuna singola richiesta".
“In questo modo - aggiunge - abbiamo posto un altro tassello del nostro progetto complessivo sulla
casa, dopo la riforma delle Atc, le misure a sostegno della locazione e il disegno di legge
sull’autorecupero, che sarà presto in aula. La prossima tappa sarà la revisione complessiva delle
legge che regola l’assegnazione delle case popolari. È, infatti, giunto il momento in cui abbiamo tutti
gli elementi strutturali per affrontare in modo complessivo il tema dell'edilizia sociale in Piemonte".
(www.regione.piemonte.it, 24 marzo 2015)
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Energia
In arrivo il nuovo decreto sui requisiti minimi di certificazione energetica
Dopo un lungo iter legislativo, sembra finalmente giunto nella sua fase finale il decreto ministeriale
che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche
degli edifici, ivi incluso l’utilizzo delle fonti rinnovabili, nonché le prescrizioni e i requisiti minimi in
materia di prestazioni energetiche degli edifici e unità immobiliari.
Il decreto, non ancora pubblicato in Gazzetta, si applica agli edifici pubblici e privati, siano essi edifici
di nuova costruzione o edifici esistenti sottoposti a ristrutturazione.
Il provvedimento citato è composto dai seguenti 9 articoli:

Ambito di intervento e finalità;

Definizioni;

Criteri e metodologie di calcolo della prestazione energetica degli edifici;

Criteri generali e requisiti delle prestazioni energetiche degli edifici;

Criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, manutenzione e ispezione degli
impianti;

Funzioni delle Regioni e delle Province autonome;

Strumenti di calcolo;

Abrogazioni e disposizioni finali;

Entrata in vigore.
Il decreto contiene, inoltre, un allegato che disciplina i criteri generali e requisiti delle prestazioni
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energetiche degli edifici.
In particolare nell’allegato viene delineato il quadro comune generale per il calcolo della prestazione
energetica degli edifici e per la loro classificazione in base alla destinazione d’uso.
Il capitolo 3 dell’allegato detta i requisiti e le prescrizioni specifiche per gli edifici di nuova costruzione
o soggetti a ristrutturazioni importanti di primo livello, nonché i requisiti degli edifici a energia quasi
zero.
Per ristrutturazione importante di primo livello si intende l’intervento, il quale, oltre ad interessare
l’involucro edilizio con un’incidenza superiore al 50% della superficie disperdente lorda complessiva
dell’edificio,
comprende
anche
la
ristrutturazione
dell’impianto
termico
per
il
servizio
di
climatizzazione invernale e/o estiva asservito all’intero edificio. In tali casi i requisiti di prestazione
energetica si applicano all’intero edificio e si riferiscono alla sua prestazione energetica relativa al
servizio o servizi interessati.
Il successivo capitolo 4 detta invece i requisiti e le prescrizioni per gli edifici soggetti a ristrutturazioni
importanti di secondo livello. Con questa definizione si intendono gli interventi che interessano
l’involucro edilizio con un incidenza superiore al 25% della superficie disperdente lorda complessiva
dell’edificio e può interessare l’impianto termico per il servizio di climatizzazione invernale e/o estiva.
In tali casi, i requisiti di prestazione energetica da verificare riguardano caratteristiche termo-fisiche
delle sole porzioni e delle quote di elementi e componenti dell’involucro dell’edificio interessati dai
lavori di riqualificazione energetica e il coefficiente globale di scambio termico per trasmissione,
determinato per l’intera parete, comprensiva di tutti i componenti sui cui si è intervenuti.
Sono esclusi dell’applicazione dei requisiti minimi di prestazione energetica:
1) gli interventi di ripristino dell’involucro dell’edilizio che coinvolgono unicamente strati di finitura,
interni o esterni, ininfluenti dal punto di vista termico (quali la tinteggiatura), o rifacimento di porzioni
di intonaco che interessino una superficie inferiore al 10 per cento della superficie disperdente lorda
complessiva dell’edificio;
2) gli interventi di manutenzione ordinaria sugli impianti termici.
Infine il capitolo 5 è dedicato ai requisiti e alle prescrizione specifiche per gli edifici esistenti sottoposti
a riqualificazione energetica.
Il decreto dovrebbe entrare in vigore a decorrere dal 1 luglio 2015.
(Fausto Indelicato, Il Sole 24ORE – Tecnici24, 31 marzo 2015)
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Approvazione definitiva del Decreto sui Requisiti minimi
Il Decreto Requisiti Minimi, che definisce le modalità di applicazione della metodologia di calcolo
delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili negli edifici, nonché dell’applicazione
di prescrizione e requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici è stato approvato
dalla Conferenza unificata nella seduta del 25 marzo scorso. Si attende ora la pubblicazione sulla
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Gazzetta Ufficiale. Le disposizioni del decreto entreranno in vigore a partire dal 1° luglio 2015.
(Il Sole 24ORE – Tecnici24, 27 marzo 2015)
 Pubblica amministrazione/Enti locali

Consorzi e piano operativo di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni
Il Sindaco di un Ente locale rivolgeva alla Sezione regionale di controllo per il Veneto della Corte dei
conti richiesta di parere circa l’applicabilità del piano operativo di razionalizzazione delle società e
delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute - previsto dall’art. 1, comma
612, della legge 23 dicembre 2014 n. 190 (c.d. legge di stabilità 2015) - alle partecipazioni ai
“consorzi di servizi” tra enti locali ex art. 31 decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (per i quali
l’art. 35, comma 8, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 prevede la trasformazione in società di
capitali); chiedeva, inoltre, se nel piano di razionalizzazione dovevano essere contemplate (oltre che
le partecipazioni dirette ai consorzi di servizi) anche le partecipazioni a società di capitali
indirettamente possedute dal Comune per il tramite della partecipazione ai predetti consorzi.
Secondo la recente Corte dei conti, sez. reg. contr. Veneto, 30 marzo 2015, n. 205/2015/PAR, l’art.
1, commi 611 e ss., della c.d. legge di stabilità 2015, nel richiamare espressamente le disposizioni
contenute nell’art. 3, commi da 27 a 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in tema di dismissione
delle società e delle partecipazioni possedute dalle PA, rinnova l’obbligo di valutare l’inerenza di esse
rispetto alle funzioni istituzionali dell’ente o amministrazione pubblica socia o partecipante; il quid
novi del precetto in questione è dato dal fatto che dette partecipazioni non sono più connotate da
una stringente relazione di diretta inerenza, a differenza della versione definitiva dell’art. 3, co. 27,
della legge n. 244/2007 e delineata (con la soppressione dell’inciso “o indirettamente”) dall’art. 71,
comma 1, lett. b), della legge 18 giugno 2009, n. 69: in guisa che le partecipazioni contemplate dal
piano di razionalizzazione sono, expressis verbis, sia quelle direttamente detenute dall’ente che
quelle indirettamente.
L’universo dei consorzi
La risposta all’interrogativo se il piano operativo di razionalizzazione delle società e delle
partecipazioni societarie pubbliche debba concernere anche i consorzi previsti dall’art. 31 del Dlgs n.
267/2000 non può non prendere avvio dalla distinzione fra due categorie di consorzi, quelli di
“funzioni” (nei cui confronti sono state dettate norme limitative) e quelli di “servizi”; questi ultimi
sono finalizzati alla gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica e non (Corte conti, Sez.
Autonomie, 5 marzo 2015, del. n. 9/SEZAUT/2015/QMIG), così che il consorzio fra enti locali
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costituisce una delle possibili forme associative (alla pari di convenzioni e unioni), per la cui disciplina
il legislatore richiama, in quanto compatibili, le norme previste per le aziende speciali.
In tal senso, la giurisprudenza ha in più occasioni evidenziato che il consorzio tra enti locali è definibile
come un’azienda speciale di ognuno degli enti associati e, dunque, un ente strumentale per l’esercizio
in forma associata di servizi pubblici o funzioni; ne discende che troveranno applicazione le norme
che valgono per le aziende speciali per quanto riguarda l’attività di erogazione del servizio, mentre
saranno applicabili quelle dei consorzi ove si tratti di regolamentare la vita associativa fra i comuni
consorziati, come palesato dall’inciso legislativo “in quanto compatibili”.
Orbene, il fatto che sia stata riconosciuta ai consorzi ex art. 31 del Dlgs n. 267/2000 tale natura
induce a ritenere che il suddetto piano operativo di razionalizzazione non può concernere i consorzi
di servizi di enti locali, proprio perché tale figura non appare identificabile con quella del consorzio
d’imprese (art. 2602 c.c.). Ciò evidentemente non toglie che tale piano operativo di razionalizzazione
possa riguardare la partecipazione in un consorzio se costituito in forma di società, potendo l’oggetto
sociale tipico del consorzio (l’organizzazione in comune di determinate fasi delle rispettive imprese)
essere perseguito anche mediante la costituzione di società di persone o di capitali (sul punto cfr.
ancora Corte conti, Sez. Autonomie, 5 marzo 2015, del. n. 9/SEZAUT/2015/QMIG).
La distinzione tra enti e società non può, ai fini della redazione del piano operativo, essere obliterata
ed, anzi, trova rinnovata conferma, sia per l’esplicito richiamo alle regole già contenute nell’art. 3,
comma 27, legge n. 244/2007, sia per il dato testuale contenuto nell’art. 1, comma 611, della c.d.
legge di stabilità 2015, che fa riferimento unicamente alle società e alle partecipazioni societarie
(anche indirette).
In tale direzione, del resto, si era mossa la giurisprudenza in vigenza della norma contenuta nell’art.
3, comma 27 e ss., legge n. 244/2007.
Le partecipazioni indirette
Il piano operativo di razionalizzazione, a differenza di quanto avvenuto con legge n. 244/2007 - ed
è questo uno degli elementi di novità della più recente disciplina - non deve limitarsi alle società ed
alle partecipazioni societarie direttamente possedute dalle PA richiamate nella norma (tra cui, gli enti
locali), ma dovrà estendersi anche a quelle indirette. Proprio per questo motivo, alla luce
dell’inequivoco dato testuale (per l’appunto di novità), ove il consorzio detenga partecipazioni
societarie deve ritenersi che si debba operare la prescritta verifica di compatibilità della
partecipazione detenuta con il fine per il quale è stato costituito, cioè “la gestione associata di uno o
più servizi e l’esercizio associato di funzioni” degli enti che lo costituiscono.
(Giovanni Dato, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 9 aprile 2015)
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Società partecipate: il Comune deve sempre effettuare un costante ed effettivo
monitoraggio sull'andamento gestionale
Un’interessante pronuncia della Corte dei Conti in sede di controllo -
delibera 19/03/2015
n.181/2015/PRSP, sezione di controllo per la regione Veneto - pone l’accento sulla necessità, da
parte del Comune ovvero di altro ente territoriale titolare della partecipazione azionaria totalitaria,
di effettuare un effettivo e costante monitoraggio sull’andamento gestionale della propria
partecipata.
Il giudice del controllo, nell’esaminare il rendiconto della gestione di un comune veneto, ha accertato
seri problemi circa la governance degli organismi partecipati, evidenziando criticità in ordine alla
effettiva tenuta degli equilibri di bilancio dell’ente locale, causa l’omissione della nota informativa
prevista dall’articolo 6, comma 4 del decreto legge 6 luglio 2012 n.95 ( c.d. decreto spending review).
La predetta disposizione normativa, in vigore fino al 31/12/2014, disponeva l’obbligo per i Comuni,
titolari di partecipazioni azionarie o di capitali, di redigere ed allegare al rendiconto della gestione
una nota informativa attestante la veridicità dei crediti e debiti reciproci tra ente locale e società
partecipata, nota che deve evidenziare analiticamente eventuali discordanze fornendone adeguata
motivazione.
In tal caso il Comune deve adottare senza indugio, e comunque non oltre il termine dell'esercizio
finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e
creditorie.
Correttamente, la Corte contabile territoriale evidenzia che, in relazione al complesso rapporto che
si pone, a legislazione vigente, tra ente locale e organismi comunque partecipati, l'utilizzo di risorse
pubbliche impone particolari cautele e obblighi in capo a tutti coloro che - direttamente o
indirettamente - concorrono alla gestione di tali risorse.
La cattiva gestione del danaro pubblico, oltre al danno che si riflette sulla comunità locale, genera
sia la giurisdizione che il controllo della Corte dei conti.
Le cautele e gli obblighi, cui il giudice del controllo si riferisce, sono quelli inscindibilmente connessi
alla natura pubblica delle risorse finanziarie impiegate e, pertanto, non vengono meno neanche a
fronte di scelte politiche volte a porre a carico degli organismi partecipati, e dunque indirettamente
a carico degli enti locali che partecipano al capitale di tali società, i costi di attività e servizi che,
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sebbene non remunerativi per il soggetto che li svolge si prefiggono tuttavia il perseguimento di
obiettivi di promozione economica e sociale a vantaggio dell'intera collettività.
Tali scelte politiche, per il negativo e ingente impatto che esse producono sulle finanze e sul
patrimonio dell'ente partecipante non presuppongono soltanto che quest'ultimo sia in grado di
sopportarne i relativi oneri senza pregiudizi per il proprio equilibrio finanziario e patrimoniale, ma
richiedono, a monte, approfondite valutazioni in merito alla coerenza dell'attività societaria rispetto:
a. alla missione istituzionale dell'ente;
b. all'effettiva produzione di servizi di interesse generale, nonché in merito ai relativi
costi/benefici;
c. all'appropriatezza del modulo gestionale;
d. alla comparazione con i vantaggi/svantaggi e con i risparmi/ costi/ risultati offerti da possibili
moduli alternativi;
e. alla capacità della gestione di perseguire in modo efficace, economico ed efficiente, in un'ottica
di lungo periodo, i risultati assegnati, anche in termini di promozione economica e sociale.
Inoltre, l’ente locale non può non effettuare un costante e attento monitoraggio in ordine all'effettiva
permanenza dei presupposti valutativi che hanno determinato la scelta partecipativa iniziale nonché
adottare tempestivi interventi correttivi in reazione ad eventuali mutamenti che intercorrano, nel
corso della vita dell’organismo, negli elementi originariamente valutati.
É palese, quindi, la necessità per il Comune, indipendentemente dalla consistenza più o meno ampia
delle proprie partecipazioni, di effettuare un effettivo monitoraggio sull’andamento gestionale delle
stesse, tale da prevenire fenomeni patologici e ricadute negative sul bilancio dell’ente.
Infatti, la necessità in altri termini di effettuare una seria indagine sui costi e ricavi e sulla stessa
pertinenza dell’oggetto sociale alle finalità dell’ente, non può prescindere da un’azione preventiva di
verifica e controllo da parte del Comune in merito alle attività svolte.
In tale prospettiva, l'intera durata della partecipazione deve essere accompagnata dal diligente
esercizio di quei compiti di vigilanza (es., sul corretto funzionamento degli organi, sull'adempimento
degli obblighi contrattuali), d'indirizzo (es., attraverso la determinazione degli obiettivi di fondo e
delle scelte strategiche) e di controllo (es, sotto l'aspetto dell'analisi economico finanziaria dei
documenti di bilancio) che la natura pubblica del servizio (e delle correlate risorse), e la qualità di
socio comportano.
(Ulderico Izzo, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 8 aprile 2015)
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Dovere di custodia dei fascicoli da parte della PA
Con la sentenza n. 792/2015, il Tar di Milano si è pronunciato sulla vicenda di una studentessa che,
superata la selezione per l’ammissione alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Pavia,
effettuava il pagamento delle tasse di iscrizione e tuttavia non veniva immatricolata per la mancata
produzione in tempo utile di un documento. Interpellata, l’Università rispondeva che “gli Uffici non
dispongono di alcun fascicolo riferibile alla sopra citata né di alcuna documentazione ufficiale”.
Avverso il sostanziale diniego l’interessata proponeva ricorso chiedendone l’annullamento oltre che
la condanna dell’Amministrazione a consentire l’accesso agli atti richiesti.
Muovendo dalla premessa che il superamento della selezione rende poco verosimile che l’Università
non abbia aperto un fascicolo (cartaceo o elettronico) sulla ricorrente, soggetto che ha intrattenuto
rapporti qualificati con l’Ateneo, in forza del superamento della selezione, i giudici amministrativi
milanesi hanno ricordato anzitutto che ai sensi dell’art. 22 comma 1 lett. d) della L. 241/1990 per
documento
amministrativo
si
intende
“ogni
rappresentazione
grafica,
fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno
specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico
interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina
sostanziale”.
Ciò detto, l’affermazione dell’Università circa la non disponibilità, oltre che del fascicolo della
ricorrente, di alcuna documentazione ufficiale, da un lato, non trova conferma nelle circostanze di
fatto sopra evidenziate, dall’altro si presenta non coerente con la definizione di documento
amministrativo previsto dalla norma richiamata, in cui sono ricompresi anche atti interni.
In ogni caso va rilevato che laddove la documentazione richiesta non venga rinvenuta
dall'amministrazione, la stessa è tenuta ad indicare quantomeno le concrete ragioni dell'impossibilità
di reperire gli atti, evidenziando la specifica attività di ricerca operata a tal fine ovvero le disposizioni
organizzative interne che disciplinano la custodia dei documenti e che consentono la dismissione
degli stessi ovvero, ancora, la denuncia di smarrimento.
In mancanza di giustificazioni, supportate da oggettivi elementi di riscontro, il diniego di accesso che
si fondi sulla mera affermazione dell’insussistenza della documentazione richiesta deve ritenersi non
motivato e quindi illegittimo (Tar Cagliari sez. II, 8 aprile 2013 n. 276; Cons. Stato, sez. VI, 13
febbraio 2013, n. 892).
Deve aggiungersi che ai sensi dell’art. 10 comma 2 lett. b) del Dlgs 42/2004 i singoli documenti dello
Stato, delle Regioni, degli altri Enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico
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sono da considerarsi beni culturali ai fini dell’applicazione delle disposizioni del citato decreto
legislativo, ed in particolare, per quanto qui rileva, dell’osservanza degli obblighi conservativi dei
documenti stessi.
Sotto ulteriore e concorrente profilo va rimarcato che la consegna dei documenti ad una PA, per fini
connessi all'esercizio delle funzioni proprie di quest'ultima, come avvenuto nel caso di specie in sede
di domanda di preiscrizione (in occasione della quale l’interessata ha prodotto vari documenti), va
qualificata come un deposito che onera la PA di obblighi di diligente custodia (Tar Reggio Calabria 9
febbraio 2010 n. 64), rispetto ai quali la mera asserzione di “non disponibilità” si pone come palese
inadempimento. (Tar Lombardia-Milano, sez. III, Sentenza 23 marzo 2015, n. 792).
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 8 aprile 2015)

PA, open data, trasparenza e condivisione delle informazioni: come orientarsi senza
violare la legge?
L’innovazione, la gestione digitalizzata delle comunicazioni e dei processi, la trasparenza e
l’interattività con il cittadino sono gli elementi che hanno reso gli Open data un perno delle strategie
di e-Government.
Condivisione di dati
Tuttavia occorre distinguere la condivisione dei dati tra le PA dai dati “aperti”, gratuitamente
utilizzabili e riutilizzabili da tutti, anche per fini commerciali.
La condivisione del patrimonio informativo pubblico subentra nel nostro ordinamento grazie
all’articolo 52 del Cad: la norma stabilisce che le amministrazioni, i gestori di pubblici servizi e le
società partecipate a maggioranza pubblica, inserite nel conto economico consolidato della PA,
devono pubblicare nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale il catalogo
dei dati, dei metadati e delle relative banche dati in loro possesso e i regolamenti che ne disciplinano
l’esercizio della facoltà di accesso telematico e il riutilizzo, fatti salvi i dati presenti in Anagrafe
tributaria.
La condivisione di dati, quindi, riguarda un ambito ristretto, costituito dalle pubbliche amministrazioni
o dagli enti con finalità pubbliche e può avere ad oggetto dati personali.
Dati aperti
I dati aperti, definiti dall’articolo 1, comma 1 lett. n), del Cad, invece, sono dati:

conoscibili da chiunque (pubblici);

disponibili (liberamente usabili);

accessibili (disponibili in formato aperto);

gratuiti.
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Il requisito essenziale dell’accessibilità che contraddistingue il dato aperto richiede la presenza dei
relativi metadati. I metadati hanno un ruolo di fondamentale importanza nella comprensione e nella
ricerca dei dati, poiché facilitano lo scambio di informazioni, lo sviluppo di servizi e applicazioni e il
riuso dei dati contenuti nei dataset della pubblica amministrazione.
In considerazione della loro importanza, si delineano due dimensioni relative alla qualità dei
metadati: la prima riguarda la forza del legame fra dato e metadato, la seconda il livello di dettaglio,
ossia la “granularità” della descrizione dei metadati.
A tal proposito è importante anche la distinzione che intercorre tra formato dei dati di tipo aperto e
dati di tipo aperto, puntualmente sottolineata dall’articolo 68, comma 3, del Cad.
In applicazione del principio di matrice europea dell’“Open data by default”, i dati e i documenti
pubblicati dalle amministrazioni senza i termini di un’apposita licenza rientrano fra i dati di tipo aperto
di cui alla lett. b) del comma 3 dell’articolo 68 del Cad.
La tipologia dei dati di tipo aperto è caratterizzata dall’assenza di dati personali e dalla pubblicazione
secondo le modalità indicate dal già citato articolo 68 del Cad, differenziandosi pertanto
sostanzialmente dal concetto di “formato di dati di tipo aperto”, in cui le amministrazioni devono
pubblicare, ad esempio, i dati per finalità di trasparenza.
Con il cosiddetto decreto Trasparenza, infatti, si è previsto che la pubblicazione dei documenti, delle
informazioni e dei dati oggetto di pubblicazione obbligatoria segua il formato di tipo aperto e che tali
dati siano riutilizzabili a condizione che venga citata la fonte dalla quale sono stati attinti e sia
rispettata la loro integrità, ovvero gli stessi non siano modificati.
Ad onor del vero, il Garante ritiene che queste due limitazioni al riutilizzo non siano le uniche
apponibili e individua in casi specifici ulteriori paletti al riutilizzo.
In effetti, considerando che i dati di obbligatoria pubblicazione da parte delle PA contengono spesso
dati personali, il rischio di una violazione della privacy è sempre dietro l’angolo.
Trasparenza e privacy sono conciliabili?
E allora, come conciliare gli obblighi previsti dal decreto Trasparenza con l’altrettanto fondamentale
protezione dei dati personali?
L’amministrazione può pubblicare dati personali e identificativi sul proprio sito web istituzionale solo
se autorizzata in tal senso da una norma di legge o di regolamento e in ottemperanza dei principi di
finalità, necessità, pertinenza e non eccedenza contenuti nel Codice della privacy.
Talvolta però, per agire in conformità alle disposizioni in materia di protezione dei dati personali da
un lato e agli obblighi di trasparenza dall’altro, è necessario che le pubbliche amministrazioni e gli
altri enti tenuti adottino determinati comportamenti.
Alcuni di questi adempimenti sono stati individuati dal Garante che, nelle Linee guida sulla
trasparenza delle PA sui siti web, individua come punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze di
privacy e di trasparenza, un atteggiamento accorto della pubblica amministrazione.
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Ad esempio, il soggetto pubblico dovrà scegliere, a seconda delle circostanze, i dati da pubblicare e
quelli da oscurare, ferma la loro rimozione nel momento in cui gli effetti del provvedimento che ne
ha giustificato la pubblicazione volgano al termine.
Pertanto, è chiaro come la pubblica amministrazione non pubblichi online solo dati di tipo open.
A seconda delle finalità della pubblicazione, i dati si distingueranno tra dati di tipo aperto e dati da
pubblicare in formato di tipo aperto, distinzione non scevra di effetti nella pratica in quanto, come si
è detto, il soggetto pubblico sarà tenuto ad adoperare determinate precauzioni per non compiere
una violazione dei dati personali dell’interessato, a differenza di quanto accade con gli Open data che
non comportano problematiche relative al trattamento dei dati personali.
(Andrea Lisi, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 2 aprile 2015)
 Il contenzioso elettorale compete all'ente locale
Con la sentenza n. 522/2015, la Sezione I del Tar Puglia-Bari, ha affermato che la legittimazione
passiva nel giudizio elettorale spetta all'Ente cui i risultati della consultazione elettorale oggetto della
lite sono giuridicamente imputati e non all'Amministrazione statale o ad altri organi, quale l'Ufficio
elettorale, che pur avendo svolto compiti, anche di primaria importanza, nel procedimento elettorale,
sono destinati a sciogliersi subito dopo effettuata la proclamazione degli eletti e che, in ogni caso,
non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei propri atti (cfr.
Consiglio di Stato, sez. V, 17 marzo 2015, 1376; 21 dicembre 2012, n. 6607).
Né in senso contrario può argomentarsi adducendo che vi sarebbe un evidente conflitto d’interessi,
atteso che l’Ente locale finirebbe per tutelare solo gli interessi della maggioranza politica eletta, pur
quando, come nella specie, venga contestata proprio la legittimità della sua proclamazione.
Ciò perché la partecipazione dell’Ente locale al processo elettorale consente che esso si svolga con
un contraddittorio quanto più rispettoso degli interessi dell’intera comunità di riferimento, che non
possono che essere rappresentati dalla persona giuridica interessata, cui i risultati della competizione
sono imputati e i cui organi, nella loro attuale composizione, sono sottoposti a giudizio di validità.
Senza tralasciare di evidenziare che il bene della vita che parte ricorrente intende conseguire, ovvero
che la rappresentanza politica rispecchi il volere del corpo elettorale, secondo le regole fissate
dall’ordinamento, è proprio di ogni cittadino elettore e richiede una rappresentazione unitaria
espressa proprio dall’Ente, la cui composizione, risultante all’esito dello svolgimento democratico
delle operazioni elettorali, è posta in discussione.
Le riferite considerazioni trovano conferma, oltre che nella pacifica giurisprudenza (ex multis Cons.
Stato , sez. V., 19 giugno 2012, n. 3557), anche nel dettato normativo che individua espressamente
nell'ente locale interessato dalle elezioni la parte pubblica necessaria nel giudizio elettorale. In
particolare, l'articolo 130, comma 3, Cpa stabilisce che il ricorso relativo alle operazioni elettorali
riguardanti le consultazioni amministrative debba essere notificato "all'ente della cui elezione si
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tratta", oltre che alle altre parti che vi abbiano interesse.
(Massimiliano Atelli, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 2 aprile 2015)

Agli amministratori locali non spetta il rimborso delle spese legali
La prima sezione della Corte di cassazione con la recente pronuncia n. 5264 del 17 marzo 2015 si è
occupata della tematica riguardante il rimborso delle spese legali richiesto da un Sindaco di un
comune milanese, il quale riteneva che fosse a lui applicabile la disposizione normativa dell’art. 67
del Dpr 268/1987 secondo il quale “L'ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi
l'apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per
fatti o atti direttamente connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei compiti d'ufficio,
assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa
sin dall'apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune
gradimento”.
La questione della spettanza del rimborso delle spese legali, limitatamente, agli amministratori locali
(Sindaci, Assessori, Consiglieri), è stata, in origine, materia di dibattito, in quanto, in passato, il
giudice amministrativo riteneva che la norma in parola, anche se espressamente riguardanti il
personale, era da ritenersi estensibili anche agli amministratori degli enti locali. (Consiglio di Stato,
sezione V – Sentenza 17 luglio 2001 n. 3946).
La questione, poi, è stata affrontata, per i profili attinenti alla finanza pubblica, dalla Corte dei conti,
la quale poneva le condizioni legittimanti il rimborso.
In più sentenze la Corte contabile ha precisato che per ottenere da parte dell’ente locale il rimborso
delle spese legali sostenute nel corso di un procedimento penale, è condizione necessaria che sia
stata riconosciuta l’assenza del dolo o della colpa grave e che il procedimento giudiziario si sia
concluso con una sentenza di assoluzione con formula piena per il pubblico amministratore e non con
una sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione.
In assenza di tali condizioni, sussiste la responsabilità amministrativa di coloro che hanno disposto il
rimborso delle spese legali in favore di un amministratore che è stato assolto in sede penale per
intervenuta prescrizione. (Corte dei conti, sezione giur. Regione Abruzzo – sentenza 17 maggio 2004
n. 428)
La sentenza in commento è in linea, invece, con quell’orientamento giurisprudenziale della stessa
Corte di legittimità che ritiene, non si applicabile agli amministratori degli enti locali. l’articolo 67 del
Dpr 15 maggio 1987 n. 268.
Infatti il diritto al rimborso delle spese legali relative ai giudizi di responsabilità civile, penale o
amministrativa a carico di dipendenti di amministrazioni statali o di enti locali per fatti connessi
all’espletamento del servizio o comunque all’assolvimento di obblighi istituzionali, conclusi con
l’accertamento dell’esclusione della loro responsabilità, non compete all’assessore comunale, né al
consigliere comunale o al sindaco, non essendo configurabile tra costoro (i quali operano
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nell’amministrazione pubblica ad altro titolo) e l’ente un rapporto di lavoro dipendente, non potendo
estendersi nei loro confronti la tutela prevista per i dipendenti, né trovare applicazione la disciplina
privatistica in tema di mandato.
Il Sindaco o altro amministratore locale è un funzionario onorario, il cui rapporto con la PA è connesso
all'attribuzione di funzioni pubbliche, e si distingue sia dai rapporti di pubblico impiego, sia dai
rapporti di parasubordinazione o di collaborazione continuativa e coordinata, atteso che il funzionario
onorario non è esterno all'Ente pubblico, ma si identifica funzionalmente con l'Ente medesimo e
agisce per esso e il compenso allo stesso dovuto non ha carattere sinallagmatico - retributivo ma
indennitario.
Il diritto al rimborso delle spese legali, quindi, spetta solo a coloro che sono legati con l’ente pubblico
da un rapporto di lavoro dipendente.
(Ulderico Izzo, Il Sole 24ORE – Pubblica Amministrazione24, 31 marzo 2015)
 Rifiuti

REACH: modificato il Regolamento per lo studio esteso di tossicità per la riproduzione
su una generazione
Sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n°L50 del 21/02/2015 è stato pubblicato il Regolamento
(UE) 2015/282 della Commissione, del 20 febbraio 2015, recante modifica degli allegati VIII, IX e X
del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la
registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per
quanto
riguarda
lo
studio
esteso
di
tossicità
per
la
riproduzione
su
una
generazione.
Gli allegati così aggiornati sono in vigore dal 13 marzo 2015.
(Francesca Sartori, Il Sole 24 Ore – Tecnici24, 23 marzo 2015)
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Legge e prassi
(G.U. 18 aprile 2015, n. 90)

Ambiente
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
DECRETO 12 febbraio 2015, n. 31
Regolamento recante criteri semplificati per la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica dei
punti vendita carburanti, ai sensi dell'articolo 252, comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validità 2011-2015, del Parco nazionale della
Sila, ricadente nei territori della regione Calabria.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Adozione dei Piani antincendio boschivo, con periodo di validità 2012-2016, delle Riserve naturali
statali «Iona-Serra della Guardia», «Serra Nicolino-Piano d'Albero», «Cropani-Micone» e
«Marchesale», ricadenti nei territori della regione Calabria.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
COMUNICATO
Adozione del Piano antincendio boschivo, con periodo di validità 2013-2017, del Parco Nazionale
dell'Aspromonte, ricadente nei territori della regione Calabria.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
DELIBERA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 12 marzo 2015
Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche
verificatesi nel territorio della regione Emilia-Romagna nei giorni dal 4 al 7 febbraio 2015.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
ORDINANZA 16 marzo 2015
Proroga delle contabilità speciali n. 3233 e n. 5235. Ordinanze del Capo del Dipartimento della
protezione civile n. 34 del 31 dicembre 2012 e n. 47 del 6 febbraio 2013. (Ordinanza n. 230).
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(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 10 marzo 2015
Adozione delle misure tecniche di cui ai Piani di gestione locali inerenti la regione Calabria.
(G.U. 26 marzo 2015, n. 71)
MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
DECRETO 10 marzo 2015
Linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione
dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi nei Siti Natura 2000 e nelle aree naturali protette.
(G.U. 26 marzo 2015, n. 71, S.O. n. 16)
DIRETTIVA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 febbraio 2015
Indirizzi operativi inerenti la predisposizione della parte dei piani di gestione relativa al sistema di
allertamento nazionale, statale e regionale, per il rischio idraulico ai fini di protezione civile di cui al
decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49 di recepimento della Direttiva 2007/60/CE.
(G.U. 31 marzo 2015, n. 75)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE
DECRETO 2 febbraio 2015
Indicazioni, alle componenti e alle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile,
inerenti l'aggiornamento delle pianificazioni di emergenza ai fini dell'evacuazione cautelativa della
popolazione della «Zona Rossa» dell'area vesuviana.
(G.U. 31 marzo 2015, n. 75)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 17 febbraio 2015, n. 37
Regolamento recante modalità di applicazione dell'accisa agevolata sul prodotto denominato
biodiesel, nell'ambito del programma pluriennale 2007-2010, da adottare ai sensi dell'art. 22-bis del
decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.
(G.U. 1 aprile 2015, n. 76)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA,
DELIBERA 10 novembre 2014
Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443/2001). Progetto per la salvaguardia della
laguna e della città di Venezia: Sistema Mo.S.E. (CUP D51B02000050001) 11° assegnazione, 1° e
2° atto aggiuntivo al 43° atto attuativo alla Convenzione generale 4 ottobre 1991, rep. n. 7191 tra
Magistrato alle acque di Venezia e Consorzio Venezia nuova, aggiornamento della tabella di cui
all'allegato 3 della delibera 21 dicembre 2012, n. 137. (Delibera n. 42/2014).
(G.U. 17 aprile 2015, n. 89)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 28 gennaio 2015
Regione Siciliana - Riprogrammazione delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC)
2007-2013 per concorso agli obiettivi di finanza pubblica e per la bonifica ambientale nella valle del
Belice. (Delibera n. 6/2015).
(G.U. 18 aprile 2015, n. 90)

Appalti
DECRETO LEGISLATIVO 31 marzo 2015, n. 42
Attuazione della direttiva 2008/8/CE, che modifica la direttiva 2006/112/CE, per quanto riguarda il
luogo delle prestazioni di servizi.
(G.U. 18 aprile 2015, n. 90)
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AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE
DETERMINA 25 febbraio 2015
Rapporto tra stazione unica appaltante e soggetto aggregatore (centrale unica di committenza) prime indicazioni interpretative sugli obblighi di cui all'art. 33, comma 3-bis, decreto legislativo 12
aprile 2006, n. 163 e ss.mm.ii. (Determina n. 3).
(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)

Economia e Fisco
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
DECRETO 12 febbraio 2015
Disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta agli esercizi ricettivi, agenzie di viaggi
e tour operator.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 11 marzo 2015
Adozione della nota metodologica relativa alla procedura di calcolo e della stima delle capacità fiscali
per singolo comune delle regioni a statuto ordinario.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
DECRETO 12 febbraio 2015
Disposizioni applicative per l'attribuzione del credito d'imposta alle piccole e medie imprese
dell'esercizio cinematografico.
(G.U. 24 marzo 2015, n. 69)
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITA' CULTURALI E DEL TURISMO
DECRETO 5 febbraio 2015
Disposizioni applicative per l'estensione ai produttori indipendenti di
dell'attribuzione del credito d'imposta per le attività cinematografiche.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
opere
audiovisive
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 16 marzo 2015
Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del
minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e
di Bolzano, per l'anno 2008, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 16 marzo 2015
Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del
minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e
di Bolzano, per l'anno 2009, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296. (15A02187)
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
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DECRETO 16 marzo 2015
Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del
minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e
di Bolzano, per l'anno 2010, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 16 marzo 2015
Determinazione del maggior gettito della tassa automobilistica da riservare allo Stato, al netto del
minor gettito dello stesso tributo da riconoscere alle regioni ed alle province autonome di Trento e
di Bolzano, per l'anno 2011, ai sensi dell'articolo 1, commi 235 e 322, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA
FAMIGLIA
COMUNICATO
Rivalutazione, per l'anno 2015, della misura e dei requisiti economici dell'assegno per il nucleo
familiare numeroso e dell'assegno di maternità.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
LEGGE 24 marzo 2015, n. 33
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, recante misure
urgenti per il sistema bancario e gli investimenti.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70, S.O., n. 15)
LEGGE 24 marzo 2015, n. 34
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure
urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia
di revisione del sistema fiscale.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70, S.O., n. 15)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 20 marzo 2015
Fondazioni Bancarie. Misure dell'accantonamento alla riserva obbligatoria e dell'accantonamento
patrimoniale facoltativo per l'esercizio 2014.
(G.U. 27 marzo 2015, n. 72)
BANCA D'ITALIA
PROVVEDIMENTO 22 dicembre 2014
Istruzioni per la redazione dei bilanci e dei rendiconti degli Intermediari finanziari ex art. 107 del
TUB, degli Istituti di pagamento, degli IMEL, delle SGR e delle SIM.
(G.U. 27 marzo 2015, n. 72, S.S. n. 4)
BANCA D'ITALIA
CIRCOLARE 22 dicembre 2005, n. 262
Il bilancio bancario: schemi e regole di compilazione - 3° aggiornamento del 22 dicembre 2014 Ristampa integrale.
(G.U. 27 marzo 2015, n. 72, S.S. n. 4)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 13 marzo 2015
Certificazione del rispetto degli obiettivi del patto di stabilita' interno degli enti locali per l'anno 2014.
(G.U. 28 marzo 2015, n. 73)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 9 dicembre 2014
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Aggiornamenti relativi all'anno 2015, delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali
marittime.
(G.U. 28 marzo 2015, n. 73)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 20 gennaio 2015
Determinazione della misura del contributo dovuto dalle Società cooperative e i loro consorzi, dalle
Banche di credito cooperativo e dalle Società di mutuo soccorso per le spese relative alla revisione biennio 2015/2016.
(G.U. 30 marzo 2015, n. 74)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 febbraio 2015
Attuazione dell'articolo 1, comma 541, della legge n. 190 del 2014, concernente la concessione di
un contributo in conto interessi alle regioni a statuto ordinario su operazioni di indebitamento attivate
nell'anno 2015.
(G.U. 1 aprile 2015, n. 76)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 25 marzo 2015
Concessione del contributo in conto interessi sui mutui assunti dai comuni, dalle province e dalle città
metropolitane, nell'anno 2015.
(G.U. 2 aprile 2015, n. 77)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 10 novembre 2014
Assegnazione delle risorse non utilizzate del fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli
investimenti in ricerca (FRI), per il finanziamento agevolato dei contratti di filiera e di distretto.
(Delibera n. 57/2014).
(G.U. 2 aprile 2015, n. 77)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 marzo 2015
Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di
credito agevolato per il settore fondiario-edilizio, per l'anno 2015.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 marzo 2015
Maggiorazione forfettaria da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito
agevolato per il settore turistico-alberghiero, per l'anno 2015.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 marzo 2015
Maggiorazione forfettaria da riconoscere alle banche per gli oneri connessi con le operazioni di credito
agevolato alle imprese artigiane, per l'anno 2015.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 marzo 2015
Commissione onnicomprensiva da riconoscere alle banche per gli oneri relativi alle operazioni di
credito agevolato per i settori dell'industria, del commercio e dell'artigianato tessili, dell'editoria e
delle zone sinistrate dalla catastrofe del Vajont, per l'anno 2015.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
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DECRETO 26 marzo 2015
Determinazione della commissione onnicomprensiva da riconoscersi, per l'anno 2015, alle banche
per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di esercizio.
(G.U. 7 aprile 2015, n. 80)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 marzo 2015
Determinazione della commissione onnicomprensiva da riconoscersi, per l'anno 2015, alle banche
per gli oneri connessi alle operazioni agevolate di credito agrario di miglioramento.
(G.U. 7 aprile 2015, n. 80)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE,
DECRETO 3 aprile 2015
Individuazione e modalità di invio al Ministero dell'economia e delle finanze dei dati rilevanti ai fini
dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche.
(G.U. 15 aprile 2015, n. 87)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 13 marzo 2015
Riparto degli spazi finanziari tra gli enti territoriali per sostenere pagamenti di debiti in conto capitale,
in attuazione del comma 6 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 133 del 2014 e del comma 466, punto
1), dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014.
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 2 aprile 2015
Criteri e modalità di ripiano dell'eventuale maggiore disavanzo di amministrazione derivante dal
riaccertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al fondo crediti di dubbia
esigibilità, di cui all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 118 del 2011.
(G.U. 17 aprile 2015, n. 89)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 30 ottobre 2014
Assegnazione di risorse ad interventi per la riqualificazione delle attività industriali e portuali e per il
recupero ambientale nell'area di crisi industriale complessa di Trieste, nell'ambito del relativo accordo
di programma sulla messa in sicurezza del sito. (Delibera n. 40/2014).
(G.U. 17 marzo 2015, n. 63)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 10 novembre 2014
Ripartizione dei contributi previsti per l'anno 2012 a favore dei siti che ospitano centrali nucleari ed
impianti del ciclo del combustibile nucleare (decreto-legge n. 314/2003, articolo 4, comma 1-bis,
come convertito dalla legge n. 368/2003 e successive modifiche e integrazioni). (Delibera n.
65/2014).
(G.U. 17 marzo 2015, n. 63)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 6 marzo 2015
Modifica del decreto 25 luglio 2014, recante i termini e le modalita' di presentazione delle domande
per l'accesso alle agevolazioni del Fondo per la crescita sostenibile a favore di progetti di ricerca
industriale e di sviluppo sperimentale negli ambiti tecnologici individuati dal programma «Horizon
2020.».
(G.U. 18 marzo 2015, n. 64)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20 febbraio 2015, n. 29
Regolamento recante norme attuative delle disposizioni in materia di liquidazione del TFR come parte
integrante della retribuzione per il periodo di paga decorrente da marzo 2015 a giugno 2018.
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(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)
BANCA D'ITALIA
PROVVEDIMENTO 19 gennaio 2015
Regolamento sulla gestione collettiva del risparmio.
(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)
COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA' E LA BORSA
DELIBERA 8 gennaio 2015
Modifiche ai regolamenti di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la
disciplina degli emittenti e degli intermediari adottati rispettivamente con delibera n. 11971 del 14
maggio 1999 e con delibera n. 16190 del 29 ottobre 2007 e successive modificazioni. (Delibera n.
19094)
(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)

Immobili
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA,
DECRETO 19 marzo 2015
Indicazione dei dati da inserire nella nota di iscrizione a ruolo del processo esecutivo per
espropriazione.
(G.U. 23 marzo 2015, n. 68)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 26 febbraio 2015, n. 32
Regolamento recante le regole tecniche e operative per lo svolgimento della vendita dei beni mobili
e immobili con modalita' telematiche nei casi previsti dal codice di procedura civile, ai sensi
dell'articolo 161-ter delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile.
(G.U. 24 marzo 2015, n. 69)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 25 marzo 2015
Aggiornamento dei coefficienti per i fabbricati a valore contabile, per l'anno 2015. (15A02401)
(G.U. 30 marzo 2015, n. 74)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 26 febbraio 2015
Trasferimento di immobili alla CONI Servizi S.p.A.
(G.U. 3 aprile 2015, n. 78)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 11 marzo 2015
Individuazione di beni immobili di proprietà dello Stato. (15A02117)
(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)
AGENZIA DEL DEMANIO
DECRETO 11 marzo 2015
Rettifica del decreto 3 novembre 2014 relativo all'individuazione di beni immobili di proprietà dello
Stato.
(G.U. 19 marzo 2015, n. 65)
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
Pubblica Amministrazione
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 12 marzo 2015
Proroga dei termini di decadenza per il compimento di atti per l'irregolare funzionamento dell'Ufficio
NEP presso la Corte di appello di Roma.
(G.U. 27 marzo 2015, n. 72)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 11 marzo 2015, n. 36
Regolamento recante la struttura e la composizione dell'ufficio del Garante nazionale dei diritti delle
persone detenute o private della libertà personale.
(G.U. 31 marzo 2015, n. 75)
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
DECRETO 11 marzo 2015, n. 38
Regolamento concernente disposizioni relative alle forme di pubblicità del codice deontologico e dei
suoi aggiornamenti emanati dal Consiglio nazionale forense, a norma dell'articolo 3, comma 4, della
legge 31 dicembre 2012, n. 247.
(G.U. 2 aprile 2015, n. 77)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 20 dicembre 2014
Definizione dei criteri di utilizzo e modalità di gestione delle risorse del fondo destinato al
miglioramento dell'allocazione del personale presso le pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo
30, comma 2.3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
(G.U. 3 aprile 2015, n. 78)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 gennaio 2015
Approvazione dello schema di «allegato conoscitivo» al disegno di legge di bilancio relativo alle
gestioni fuori bilancio, in attuazione dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 54.
(G.U. 3 aprile 2015, n. 78)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 4 febbraio 2015
Individuazione dei soggetti destinatari delle disposizioni recate dall'articolo 14, comma 1, del
decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.
80.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 4 febbraio 2015
Individuazione dei soggetti destinatari delle disposizioni recate dall'articolo 1, comma 353, della
legge 23 dicembre 2005, n. 266.
(G.U. 4 aprile 2015, n. 79)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 13 marzo 2015
Criteri per la designazione dei rappresentanti delle Associazioni familiari a carattere nazionale,
nominati componenti della Commissione per le adozioni internazionali.
(G.U. 7 aprile 2015, n. 80)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Avviso pubblico per la presentazione di progetti da finanziare a valere sul Fondo Asilo Migrazione e
Integrazione 2014-2020 Assistenza Emergenziale 2014 «Miglioramento della capacità del territorio
italiano di accogliere minori stranieri non accompagnati».
(G.U. 7 aprile 2015, n. 80)
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COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 28 gennaio 2015
Fondo sanitario nazionale 2012. Ripartizione tra le Regioni delle risorse destinate al finanziamento di
interventi per la prevenzione e la lotta all'AIDS (legge 5 giugno 1990, n. 135). (Delibera n. 12/2015).
(15A02756)
(G.U. 13 aprile 2015, n. 85)
COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA
DELIBERA 28 gennaio 2015
Fondo sanitario nazionale 2011. Ripartizione tra le regioni delle risorse destinate al finanziamento di
interventi per la prevenzione e la lotta all'AIDS (legge 5 giugno 1990, n. 135). (Delibera n. 11/2015).
(G.U. 13 aprile 2015, n. 85)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO PER LE POLITICHE DELLA
FAMIGLIA
COMUNICATO
Avviso concernente la II fase della diffusione su base nazionale dello standard Family Audit
(G.U. 15 aprile 2015, n. 87)
CORTE DEI CONTI
DELIBERA 9 marzo 2015
Linee guida e relativi questionari per gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali per
l'attuazione dell'articolo 1, commi 166 e seguenti della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Rendiconto
della gestione 2014. (Delibera n. 13/SEZAUT/2015/INPR).
(G.U. 15 aprile 2015, n. 87, S.O. n. 18)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 18 febbraio 2015, n. 41
Regolamento concernente l'individuazione delle finalità, degli obiettivi, dell'organizzazione, nonché
delle modalità concorsuali per l'accesso al corso superiore di polizia tributaria.
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 8 aprile 2015
Approvazione dei modelli di certificazione del rendiconto al bilancio 2014 delle amministrazioni
provinciali, dei comuni, delle comunità montane e delle unioni di comuni.
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERA 15 aprile 2015
Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso
ai mezzi di informazione relative alle campagne per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli
comunali, nonché dei consigli circoscrizionali, fissate per il giorno 31 maggio 2015. (Delibera n.
165/15/CONS).
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERA 15 aprile 2015
Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso
ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni del Presidente della Giunta regionale
e del Consiglio regionale delle regioni Liguria, Veneto, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia,
indette per il giorno 31 maggio 2015. (Delibera n. 166/15/CONS).
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA DEI
SERVIZI RADIOTELEVISIVI
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PROVVEDIMENTO 14 aprile 2015
Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso
ai mezzi di informazione relative alle campagne per le elezioni del Presidente della Giunta regionale
e per il rinnovo del Consiglio regionale delle regioni Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana,
Umbria e Veneto, indette per il giorno 31 maggio 2015. (Documento n. 6).
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA DEI
SERVIZI RADIOTELEVISIVI
PROVVEDIMENTO 14 aprile 2015
Disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parità di accesso
ai mezzi di informazione relative alle campagne per l'elezione diretta dei sindaci e dei consigli
comunali, fissate nel mese di maggio 2015. (Documento n. 7).
(G.U. 16 aprile 2015, n. 88)
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE
DECRETO 17 marzo 2015
Riparto dell'anticipazione del 60 per cento del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato,
agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario - anno
2015.
(G.U. 17 aprile 2015, n. 89)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Adozione del Regolamento «Regole dell'Aria Italia» Edizione 2
(G.U. 17 aprile 2015, n. 89)
ENTE NAZIONALE PER L'AVIAZIONE CIVILE
COMUNICATO
Adozione del Regolamento «Requisiti specifici per i fornitori di servizi per l'addestramento e la verifica
della competenza del personale tecnico ATSEP».
(G.U. 17 aprile 2015, n. 89)
MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI
DECRETO 14 gennaio 2015
Riduzione dei premi e contributi per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e malattie
professionali.
(G.U. 18 aprile 2015, n. 90)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 29 gennaio 2015
Definizione del regime delle incompatibilità per i componenti degli organi di vertice e per i dirigenti
della Banca d'Italia e dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS) cessati dall'incarico.
(G.U. 17 marzo 2015, n. 63)
AUTORITA' PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
DELIBERA 6 novembre 2014
Misura e modalità di versamento del contributo dovuto all'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni, per l'anno 2015. (Delibera n. 567/14/CONS).
(G.U. 17 marzo 2015, n. 63)
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
COMUNICATO
Avviso pubblico sull'avvio della consultazione su «Bozza di Codice di deontologia e di buona condotta
per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di informazione commerciale».
(G.U. 17 marzo 2015, n. 63)
DECRETO-LEGGE 17 marzo 2015, n. 27
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Disposizioni urgenti per lo svolgimento contemporaneo delle elezioni regionali ed amministrative.
(G.U. 18 marzo 2015, n. 64)
DECRETO LEGISLATIVO 16 marzo 2015, n. 28
Disposizioni in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, a norma dell'articolo 1,
comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67.
(G.U. 18 marzo 2015, n. 64)
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI CONFERENZA UNIFICATA
ACCORDO 22 gennaio 2015
Accordo, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lett. c) del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul
documento «Linee guida in materia di modalita' di erogazione dell'assistenza sanitaria negli Istituti
penitenziari per adulti; implementazione delle reti sanitarie regionali e nazionali». (Rep. n. 3/CU).
(G.U. 18 marzo 2015, n. 64)
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 31 dicembre 2014
Disposizioni per il rispetto dei limiti delle spese di personale e delle spese di indebitamento da parte
delle università, per il triennio 2015-2017, a norma dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo
29 marzo 2012, n. 49.
(G.U. 20 marzo 2015, n. 66)
CORTE DEI CONTI
DELIBERA 17 febbraio 2015
Integrazione delle linee guida e dei criteri per l'istruttoria del piano di riequilibrio finanziario
pluriennale ex art. 243-quater del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) come introdotto
dall'art. 3, comma 1, lettera r) del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 7
dicembre 2012, n. 213, approvati con delibera n. 16/SEZAUT/2012/INPR. (Delibera n.
8/SEZAUT/2015/INPR).
(G.U. 20 marzo 2015, n. 66)
MINISTERO DELL'INTERNO
COMUNICATO
Comunicato relativo al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2015, n. 26, concernente:
«Regolamento recante attuazione dell'articolo 5, comma 1, della legge 10 dicembre 2012, n. 219, in
materia di riconoscimento dei figli naturali».
(G.U. 20 marzo 2015, n. 66)
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 16 marzo 2015
Differimento dal 31 marzo 2015 al 31 maggio 2015 del termine per la deliberazione del bilancio di
previsione per l'anno 2015 degli enti locali. (15A02205)
(G.U. 21 marzo 2015, n. 67)

Sicurezza
MINISTERO DELL'INTERNO
DECRETO 19 marzo 2015
Aggiornamento della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, la costruzione e
l'esercizio delle strutture sanitarie pubbliche e private di cui al decreto 18 settembre 2002.
(G.U. 25 marzo 2015, n. 70)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI,
DECRETO 24 febbraio 2015
UNITELNews24
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Deroga alle disposizioni di cui al decreto 10 gennaio 2013, n. 20, concernente «Norme in materia di
approvazione nazionale di sistemi ruote, nonché procedure idonee per la loro installazione quali
elementi di sostituzione o di integrazione di parti di veicoli sulle autovetture nuove o in circolazione».
(G.U. 26 marzo 2015, n. 71)
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
DECRETO 20 marzo 2015
Approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione
riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive per l'anno 2015. (15A02349)
(G.U. 30 marzo 2015, n. 74, S.O., n. 17)
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
DECRETO 16 gennaio 2015
Recepimento della direttiva 2014/103/UE della Commissione del 21 novembre 2014 che adegua per
la terza volta al progresso scientifico e tecnico gli allegati della direttiva 2008/68/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio relativa al trasporto interno di merci pericolose.
(G.U. 3 aprile 2015, n. 78)
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49
Giurisprudenza
 Appalti

Tar Lazio, Sez. II, sentenza 30 marzo 2015, n. n. 4713
 NOTA
Appalti, equivalenza ampia tra le categorie di opere ai fini dei requisiti di partecipazione
Il Tar Lazio torna sul tema dell'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria,
affrontando la questione della qualificazione per la partecipazione ad una gara, con riferimento alla
valutazione
delle
categorie
e
alla
complessità
degli
incarichi
svolti
precedentemente.
Con la sentenza n. 4713 del 2015, il Tribunale amministrativo, in applicazione dell'art. 8 del Dm 143
del 2013 per l'affidamento di contratti pubblici di servizi relativi all'architettura e all'ingegneria, ha
riconosciuto la corrispondenza delle categorie dei lavori effettuati e quelli da effettuare da parte di
una concorrente esclusa, conseguentemente ritenendo soddisfatti i requisiti tecnici richiesti dalla lex
specialis di gara. Più precisamente il Tar ha precisato che i servizi prestati antecedentemente
all'entrata in vigore del citato decreto ministeriale che abbiano le categorie Id della legge 143/1949
e Ib del Dm 18 novembre 1971 con grado di complessità 1.20 siano idonei a comprovare il requisito
relativo alla ID Opere E.13 grado di complessità 1.20, richiesto da un bando pubblicato
successivamente all'entrata in vigore del Dm 143/2013.
Il caso
L'appalto ha ad oggetto la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori di manutenzione
straordinaria delle coperture, adeguamento alle normative per la prevenzione incendi, per gli impianti
elettrici e per il superamento della barriere architettoniche. Tra i requisiti richiesti dal bando in ordine
alla capacità tecnica, vi è l'aver eseguito negli ultimi 10 anni servizi relativi a prestazioni concernenti
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lavori che attengono alle categorie di opere, di cui alla tavola Z-1 allegata al decreto ministeriale 143
del 2013, categoria Edilizia, destinazione funzionale Cultura, Vita sociale, Sport, Culto, ID Opere E.13
(per la progettazione di tutte le opere di manutenzione straordinaria di carattere edilizio)
corrispondenti rispettivamente alla classe Id della legge 143 del 1949. La Stazione appaltante ha
dunque
escluso
la
ricorrente
ritenendo
insussistenti
i
requisiti
tecnici
di
partecipazione.
L'esclusione è dunque stata impugnata dalla ricorrente che ha lamentato la non applicazione del
secondo comma dell'art. 8 del Dm 143/2013, in ragione del quale, per la classificazione delle
prestazioni rese prima dell'entrata in vigore del decreto, si fa riferimento alle corrispondenze indicate
nella tavola Z-1 allegata, ovvero alla mera corrispondenza tra ciascun "ID Opere" di cui alla terza
colonna della tavola Z-1, con le rispettive classi e categorie previste dalla legge n. 143 del 1949, di
cui alla colonna successiva.
Secondo la ricorrente, dunque, allo specifico "ID Opere" contraddistinto dal codice alfanumerico E.13
sarebbero riconducibili tutte le prestazioni professionali svolte, in data antecedente all'entrata in
vigore del Dm 143/2013, con riferimento a qualsivoglia opera compresa nell'elenco di cui alla classe
I categoria d) della legge 143/1949. Il Dm 143/2013 avrebbe dunque istituito una mera relazione di
corrispondenza del nuovo criterio di classificazione basato sulla "ID Opere" con la sola classe e
categoria alla quale l'opera appartiene e non anche con la specifica tipologia di quest'ultima.
La decisione del Tar
Il Tribunale amministrativo ha preliminarmente richiamato la lex specialis, precisando che il requisito
in essa previsto è indubbiamente relativo alla categoria Edilizia, destinazione funzionale Cultura, Vita
sociale, Sport, Culto, ID opere E.13, ma la stessa disciplina di gara indica che i lavori devono attenere
alle dette categorie di opere come specificato nella tabella Z-1 allegata al decreto ministeriale 31
ottobre 2013, n. 143.
A mente dell'art. 8 del Dm n. 143 del 2013, la classificazione delle prestazioni professionali relative
ai servizi di architettura e ingegneria è stabilita nella tavola Z-1 allegata, tenendo conto della
categoria d'opera e del grado di complessità, fermo restando che gradi di complessità maggiore
qualificano anche per opere di complessità inferiore all'interno della stessa categoria d'opera. Il
secondo comma della stessa norma dispone che, per la classificazione delle prestazione rese prima
dell'entrata in vigore del decreto, si fa riferimento alle corrispondenze indicate nella stessa tavola Z1.
Ebbene, la tavola Z-1 per la categoria Edilizia, alla destinazione funzionale Cultura, Vita Sociale,
Sport Culto ID opere E.13, indica come corrispondenze classi e categorie I/d della legge 143/1949 e
I/b del Dm 18 novembre 1971 con grado di complessità 1.20.
UNITELNews24
51
Pertanto, conclude il Collegio, occorre ritenere che i servizi prestati antecedentemente all'entrata in
vigore del Dm 143 del 2013 che abbiano le categorie Id della legge 143/1949 e Ib del Dm 18
novembre 1971 con grado di complessità 1.20 siano idonei a comprovare il requisito relativo alla ID
Opere E.13 grado di complessità 1.20 richiesto da un bando pubblicato successivamente all'entrata
in vigore del Dm 143/2013.
Nel caso di specie, inoltre, i professionisti indicati dal Consorzio hanno svolto per un valore
complessivo Id ampiamente superiore a quello richiesto dalla lex specialis di gara servizi prima
dell'entrata in vigore del Dm 143 del 2013. Tali prestazioni devono essere ricomprese nell'attuale
categoria Edilizia E.10 che, nell'ambito della destinazione funzionale Sanità, Istruzione e Ricerca,
identifica le opere "Poliambulatori, Ospedali, Istituto di Ricerca, Centri di riabilitazione, poli Scolastici,
Università, Accademie, Istituti di ricerca universitaria" in categorie I/d (legge n. 143 del 1949) e 1/b
(Dm 18 novembre 1971) e gradi di complessità 1.20.
Il Tar del Lazio conclude affermando che la contestuale presenza delle corrispondenze tra i lavori
effettuati almeno con riferimento a quelli afferenti al settore ospedaliero, e quelli da effettuare, tutti
relativi alle categorie 1/d e 1/b ed aventi un identico grado di complessità delle lavorazioni,
coefficiente 1.20, determina che il Consorzio ricorrente, in ragione dell'art. 8, comma 2, Dm n. 143
del 2013, abbia soddisfatto i requisiti tecnici richiesti dalla lex specialis di gara. Tanto basta anche a
prescindere dalla valutazione degli altri servizi prestati dalla progettista per ritenere illegittimo il
primo motivo di esclusione.
La determina dell'Autorità
Sul tema affrontato dalla pronuncia del Tar, peraltro, sembra opportuno richiamare la recente
determina dell'Autorità Anticorruzione del 25 febbraio scorso che, tracciando le linee guida per
l'affidamento dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, ha precisato che ai fini della
qualificazione per la partecipazione alla gara, nell'ambito della stessa categoria edilizia, le attività
svolte per opere analoghe a quelle oggetto dei servizi da affidare (non necessariamente di identica
destinazione funzionale) sono da ritenersi idonee a comprovare i requisiti quando il grado di
complessità sia almeno pari a quello dei servizi da affidare, così come, peraltro, precisato dall'art. 8
del Dm 143 del 2013.
Tuttavia, tali considerazioni, applicabili alle opere inquadrabili nelle attuali categorie "edilizia",
"strutture", "viabilità", non appaiono estensibili ad ulteriori categorie ("impianti", "idraulica", ecc.),
in quanto nell'ambito della medesima categoria convivono destinazioni funzionali caratterizzate da
diverse specificità.
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In relazione alla comparazione, ai fini della dimostrazione dei requisiti, tra le attuali classificazioni e
quelle della legge n. 143/1949, si rileva l'esigenza che le stazioni appaltanti evitino interpretazioni
eccessivamente formali che possano determinare ingiustificate restrizioni alla partecipazione alle
gare. L'Autorità dunque conclude affermando che in caso di incertezze nella comparazione, deve in
ogni caso prevalere, in relazione alla identificazione delle opere, il contenuto oggettivo della
prestazione professionale svolta, senza dunque incorrere in restrizioni alla partecipazione.
(Giulia Laddaga, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 9 aprile 2015)
 Tar Campania, sez. II, sentenza 23 marzo 2015, n. 663

NOTA
L’esclusione dell'impresa dagli appalti a causa del controllo elettronico
E' legittima l'esclusione dell'impresa che non si sia registrata al sistema di controllo telematico dei
requisiti di partecipazione agli appalti (Authority virtual company passport, Avcpass) o abbia prodotto
i relativi documenti di certificazione oltre i termini fissati per presentare le offerte. L'ha stabilito il Tar
di Salerno nella sentenza n. 663/2015 , depositata dalla Seconda sezione il 23 marzo scorso. I giudici
hanno respinto il ricorso di un'associazione temporanea di imprese (Ati) che contestava l'esclusione
da una gara per l'affidamento del servizio di mensa scolastica (valore 216mila euro) per la presunta
inidoneità della polizza cauzionale e, in particolare, per il mancato inserimento nella busta di offerta
del cosiddetto «Passoe», il documento che consente alla stazione appaltante di verificare su
un'interfaccia telematica i requisiti dell'operatore economico in gara - ordine generale, idoneità
professionale, capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria – accedendo direttamente ai
documenti firmati digitalmente dall'amministratore o dal legale rappresentante dell'impresa.
Secondo il collegio, l'esclusione dalla gara è tassativa in caso di mancata registrazione al sistema di
controllo informativo Avcpass in base a quanto fissato dal Codice degli appalti pubblici in tema di
“Documenti e informazioni complementari” (art. 46, Dlgs n. 163/2006) forniti, se necessario, alla
stazione appaltante dai concorrenti per completare o chiarire il contenuto dei documenti presentati.
L'Avcpass, come disposto dalla legge di conversione del cosiddetto decreto “Milleproroghe 2013”
(legge n. 15/2014, di conversione del Dl n. 150/2013), è obbligatorio dall'1 luglio 2014 e rientra tra
le funzioni della Banca dati nazionale dei contratti pubblici (art. 62-bis, Dlgs n. 82/2005, “Codice
dell'amministrazione digitale”) gestita dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), oggi
Autorità nazionale anticorruzione.
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Il sistema, come rilevato dal Tar, è «obbligatorio per la verifica telematica dei requisiti di
partecipazione delle imprese ad appalti pubblici nei settori ordinari di importo superiore ad €
40.000,00» ed è stato «avviato con Deliberazione Avcp n. 111 del 20 dicembre 2012, prevedendo
tuttavia che “è opportuno favorire una progressiva entrata in funzione ed evoluzione del sistema in
modo da consentire agli operatori economici ed alle stazioni appaltanti di adeguarsi gradualmente
alle nuove modalità di verifica dei requisiti”». L'impresa, hanno spiegato i giudici, «una volta
effettuata la registrazione al servizio Avcpass, indica a sistema il Codice identificativo gara Cig della
procedura di affidamento cui intende partecipare e riceve dal sistema un Passoe da inserire nella
busta contenente la documentazione amministrativa». Nel caso di specie, invece, il P. è giunto alla
stazione appaltante dopo la scadenza fissata dal bando per la presentazione delle offerte e, stando
a quanto accertato, con una registrazione al sistema oltre i termini.
Tale mancanza poi, come affermato in sentenza, non può «essere colmata mediante soccorso
istruttorio, pur ampliato nella sua latitudine applicativa dal comma 2-bis dell'articolo 38 del d.lgs. n.
163/2006 (“Requisiti di ordine generale”, ndr), non vertendosi in materia di “dichiarazioni” da
integrare o regolarizzare quanto piuttosto di mancato perfezionamento della procedura di
registrazione al sistema anzidetto».
(Francesco Clemente, Il Sole 24 Ore – Quotidiano del diritto, 10 aprile 2015)
 Edilizia e Urbanistica
 Cassazione, Sez. III pen., 13 aprile 2015, n. 14951
 NOTA
Vincoli artistici, il nulla osta a lavori ultimati non estingue il reato di intervento abusivo
L'autorizzazione
rilasciata
dalla
sovrintendenza
successivamente
all'esecuzione
dei
lavori
sull'immobile sottoposto a vincolo artistico, non salva il committente dal reato di intervento abusivo
perchè non ne prova la «mancanza di offensività della condotta».
I fatti
La vicenda vede protagonista l'amministratore di un edificio storico di Trieste, imputato del reato di
intervento abusivo a norma della lettera a) del comma 1 dell'articolo 169 del Dlgs 42/2004, per aver
effettuato lavori parte in assenza (sostituzione di due serrande e installazione di un sistema di
chiusura elettrico) e parte in difformità (installazione di griglie di areazione) dell'autorizzazione della
Sovrintendenza. A nulla è valso il nulla osta giunto a esecuzione dei lavori terminata che li riteneva
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compatibili con il vincolo culturale.
La decisione
La Corte riprende un proprio orientamento giurisprudenziale già consolidato in base al quale in tema
di tutela penale del patrimonio archeologico, storico o artistico, nè l'accertamento postumo di
compatibilità con il vincolo nè l'autorizzazione in sanatoria possono estinguere o escludere la
punibilità del reato.
Le ragioni di questa conclusione vanno ricercate nella natura dell'interesse tutelato che nello specifico
caso di violazione di legge per abusivo intervento su beni culturali è costituito «dall'interesse
strumentale al preventivo controllo da parte dell'autorità preposta alla tutela del bene culturale». Si
tratta dunque di un reato formale di pericolo presunto dato che si integra con il compimento dei
lavori senza preventivo controllo amministrativo diretto a evitare possibili pericoli e danni e che si
consuma, perciò anche se la condotta non produce concretamente una lesione del valore storicoartistico del bene. La natura dell'interesse tutelato spiega l'ampiezza della condotta incriminata che
si estende a qualunque intervento che abbia ad oggetto beni culturali. Fanno eccezione gli interventi,
da valutare comunque preventivamente, talmente trascurabili, marginali e minimi da escludere
anche il benchè minimo pericolo astratto per l'interesse protetto e perciò la necessità stessa
dell'autorizzazione preventiva.
La Corte conclude quindi ribadendo che l'accertamento postumo di compatibilità con il vincolo non
può essere argomento valido per ritenere il fatto penalmente inoffensivo.
(Daniela Casciola - Il Sole 24 Ore, Enti locali & PA, 14 aprile 2015)

Consiglio di Stato, VI sez., sentenza 4 marzo, n. 1064
 NOTA
Abusi edilizi, esproprio automatico
L'acquisizione gratuita al patrimonio comunale di quanto costruito con abuso edilizio non è un
provvedimento di autotutela, ma una sanzione che deriva dalla legge per il mancato adempimento
dell'ordine, impartito dal Comune, di demolire opere abusive e ripristinare lo stato dei luoghi.
Secondo il Consiglio di Stato (sentenza della Sesta sezione del 4 marzo, n. 1064), l'acquisizione
avviene di diritto, in quanto effetto ricondotto direttamente dalla legge, secondo l'articolo 31, commi
3 e 4, del Dpr 380/2001, all'inottemperanza dell'ordine di demolizione. Sicché, l'accertamento che il
Comune svolge coi propri tecnici, scaduti i 90 giorni per ottemperare, assume carattere dichiarativo
dell'effetto traslativo della proprietà già verificatosi con la scadenza del termine rimasto inadempiuto.
Questa scadenza – precisano i giudici – è quindi presupposto per l'operatività automatica della
sanzione amministrativa del trasferimento coattivo della proprietà.
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Il caso affrontato dal Consiglio di Stato riguardava l'acquisizione gratuita di un'opera abusiva (per
variazione essenziale dell'originaria concessione edilizia) e dell'area di sedime di proprietà. C'era
stato un permesso a costruire in sanatoria, rispetto al quale l'intervento si poneva, peraltro, in totale
difformità. Di fronte all'ordinanza di demolizione e ripristino, non si ripristinava lo stato progettuale
nei tempi previsti dalla legge.
La sentenza chiarisce, poi, che il termine di 90 giorni, stabilito dall'articolo 31 del Dpr 380/2001, ha
unicamente la funzione di consentire al responsabile dell'abuso di provvedere a eliminarlo entro un
tempo determinato. Invece, l'accertamento dell'inottemperanza è il «titolo per l'immissione nel
possesso e la trascrizione nei registri immobiliari», in base all'articolo 31, comma 4. Il che significa
che l'accertamento può avvenire sostanzialmente senza termine, avendo funzione meramente
strumentale rispetto ad acquisizione e ripristino dello stato dei luoghi.
(Francesco Longo, Il Sole 24 Ore, Diritto24, 26 marzo 2015)
 Pubblica Amministrazione/Enti locali

Tar Lombardia, Sez. I, sentenza 23 marzo 2015, n. 783
 NOTA
Per la Vas è ok anche l'esperto esterno incaricato
La Pubblica amministrazione è l'unica autorità che può rilasciare la Valutazione ambientale strategica
(Vas), ma se al suo interno è priva di professionalità competenti in materia è valida anche quella
emessa da un esperto esterno incaricato. L'ha stabilito il Tar di Milano nella sentenza n. 783/2015 ,
depositata dalla Prima sezione il 23 marzo. I giudici hanno bocciato il ricorso di un privato contro la
riclassificazione dei propri terreni disposta dal Comune nel passaggio dalla pianificazione urbanistica
del Piano regolatore generale (Prg) a quella del Piano di governo del territorio (Pgt). Il ricorrente
riteneva illegittima, tra le altre cose, la procedura di Vas affidata dall'Ente ad un agronomo esterno
- esperto in pianificazione urbanistica e ambientale - poiché, in base alle norme del “Codice
dell'ambiente” (art. 5, Dlgs n. 152/2006), è soltanto la Pa ad adottare il provvedimento di verifica di
assoggettabilità («autorità competente») e ad elaborare il piano («autorità procedente»).
Per il collegio, invece, anche «il soggetto designato acquisisce necessariamente la veste di organo
dell'Amministrazione, e a quest'ultima dovranno essere imputati gli atti compiuti dall'incaricato»
poiché tali disposizioni «non implicano affatto un divieto per il Comune di avvalersi di esperti esterni,
al fine dello svolgimento dei compiti propri dell'autorità competente della VAS, nel caso in cui non
siano rinvenibili adeguate professionalità al proprio interno». Così nel caso di specie: Ente dotato
anche di organico «esiguo» e senza la possibilità di affidarsi ad altre strutture pubbliche, non essendo
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compreso in unioni di Comuni né in comunità montane. Sulla Vas, afferma il Tar, il Codice ambiente
«si limita ad affermare che l'autorità competente assume una veste pubblicistica, senza però influire
sulle determinazioni organizzative che il Comune rimane libero di compiere», per cui «è irrilevante
che l'insieme dei compiti e delle prerogative pubblicistiche in cui si sostanzia il ruolo dell'autorità
competente sia attribuito a un ufficio della stessa o di altra amministrazione, ovvero a un soggetto
esterno, legato all'Ente da un rapporto di lavoro autonomo e non subordinato».
(Francesco Clemente, Il Sole 24 Ore – Quotidiano del Diritto, 9 aprile 2015)

Cassazione, Sez. IV pen., Sentenza 18 marzo 2015, n. 11397
 NOTA
Risponde di peculato anche il privato tenuto a prestare un servizio pubblico
Risponde del reato di peculato anche il soggetto privato che, tenuto a prestare un servizio pubblico,
utilizzi somme dell'amministrazione per soddisfare bisogni privati. È evidente quindi come il delitto
possa sconfinare i rigidi perimetri della pubblica amministrazione e andare a ricomprendere anche
quei soggetti privati che a qualunque titolo abbiano a che fare con l'amministrazione e che, per
l'appunto, si rendano protagonisti di azioni tali da integrare il reato di peculato. Lo precisa la
Cassazione con la sentenza n. 11397/2015.
I fatti
La Corte in particolare si è trovata alle prese con una vicenda in cui all'imputato - nella duplice veste
di amministratore della spa e al tempo stesso quale incaricato di pubblico servizio - erano state
contestate spese effettuate con fondi pubblici per finalità eminentemente private. Sul punto
l'imputato aveva provato a giustificarsi ritenendo di non poter essere qualificato come incaricato di
pubblico servizio facendo parte di una spa e di aver, inoltre, sempre fornito una rendicondazione
adeguata per le spese affrontate. Somme spese per effettuare missioni in Italia e all'estero al fine di
promuovere società pubbliche e private, esborsi per spese di rappresentanza che si riferivano a
colazioni di lavoro effettuate con collaboratori, consulenti e imprenditori collegati strettamente alla
spa di appartenenza.
Cosa dispone il codice penale
I Supremi giudici hanno respinto l'appello dell'imputato e riconosciuto il peculato dopo aver
attentamente esaminato quanto disposto dagli articoli 357 e 358 del cp. In particolare quest'ultimo
articolo definisce l'incaricato di un pubblico servizio come colui che a qualunque titolo presta un
servizio pubblico a prescindere da qualsiasi rapporto di impiego con un determinato ente pubblico,
poichè il Legislatore del 1990 (articolo 18 della legge n. 86/19990) nel delineare la nozione di
incaricato di pubblico servizio ha inteso privilegiare il criterio oggettivo-funzionale, utilizzando la
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locuzione a qualunque titolo ed eliminando ogni riferimento al rapporto di impiego con lo Stato o
altro ente pubblico.
Pertanto - si legge nella sentenza - non viene richiesto che l'attività svolta sia direttamente imputabile
a un soggetto pubblico, essendo sufficiente che il servizio, anche se concretamente attuato attraverso
organismi privati realizzi finalità pubbliche. In particolare i soggetti inseriti nella struttura
organizzativa di una società per azioni possono essere considerati incaricati di pubblico servizio
quando l'attività della spa medesima sia disciplinata da una normativa pubblicistica e persegua
finalità pubbliche, pur se con strumenti privatistici.
Conclusioni
L'imputato aveva agito attraverso meccanismi di autoliquidazione e «così da distorglielo al
soddisfacimento del fine suo proprio (spese di missione, trasferte e rappresentanza) e dirottarlo al
soddisfacimento dei propri interessi restando le condotte contestate nel perimetro del delitto di
peculato» poichè la successiva rendicontazione aveva avuto semplice carattere interno e meramente
formale, in quanto affidata a figure professionali di livello gerarchico inferiore e prive di effettivi poteri
di esclusione delle spese non giustificate.
(Giampaolo Piagnarelli, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 18 marzo 2015)


Pubblico impiego
Corte costituzionale, sentenza 17 marzo 2015, n. 37
 NOTA
Consulta, dirigenti: bocciato il reclutamento senza concorso dell'Agenzia entrate
Gli incarichi da dirigente nella pubblica amministrazione vanno conferiti per concorso, anche nei casi
di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio. Lo ha stabilito la Consulta dichiarando
illegittime le norme del decreto 16/2012 che autorizzavano Agenzia delle dogane, Agenzia delle
entrate e Agenzia del territorio ad attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con contratti di
lavoro a tempo determinato: la durata era legata al tempo necessario a indire i concorsi, ma è stata
seguita da proroghe 'bocciate' dalla Corte.
La legge era stata impugnata dal Consiglio di Stato nel corso di un giudizio che aveva riunito tre
ricorsi, proposti dall'Agenzia delle entrate, contro altrettante sentenze del Tar del Lazio. Il Tar, infatti,
già nel 2011 aveva bloccato le nomine a dirigenti presso l'Agenzia delle Entrate nei confronti di
numerosi funzionari che non avevano svolto il concorso. Le decisioni del Tar sono state impugnate
di fronte al Consiglio di Stato, ma nel frattempo il governo ha emanato il decreto 16/2012, poi
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convertito in legge, che tentava di sanare la situazione rispetto agli incarichi attribuiti.
Le norme bocciate
Ora la pronuncia della Corte Costituzionale, contenuta nella sentenza n. 37/2015 redatta dal giudice
Nicolò Zanon, dichiara l'illegittimità, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Costituzione, delle misure
contenute nel decreto, nello specifico, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito,
in quanto «ha contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione asseritamente
temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da
parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica».
Tuttavia, «posto che le ricordate proroghe di termini fanno corpo con la norma impugnata,
producendo unitamente ad essa effetti lesivi, ed anzi aggravandoli, in applicazione dell'art. 27 della
legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa all'art. 1, comma 14, del d.l. 30 dicembre
2013, n. 150, come convertito, e all'art. 1, comma 8, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192».
«E proprio perché tali disposizioni hanno carattere consequenziale e concorrono a integrare la
disciplina impugnata - conclude la sentenza -, non vi sono ostacoli ad estendere ad esse la
dichiarazione d'illegittimità costituzionale, pur trattandosi di disposizioni normative sopravvenute al
giudizio a quo». Infatti, «l'apprezzamento di questa Corte, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, non presuppone la rilevanza delle norme ai fini della decisione propria del processo
principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse si concatenano nell'ordinamento, con riguardo
agli effetti prodotti dalle sentenze dichiarative di illegittimità costituzionali» (sentenza n. 214 del
2010).
La validità degli atti
E si è aperto anche un problema circa la validità degli atti emessi in questi anni dai dirigenti ora
messi sotto scacco dalla Consulta. Così anche se il sottosegretario all'Economia e segretario di Scelta
civica Enrico Zanetti getta acqua sul fuoco: «la Consulta sembra tranquillizzare sulla validità degli
atti, dato che ammette la possibilità di delega del potere accertativo da parte del dirigente anche a
semplici funzionari», il rischio contenzioso rimane molto alto.
(Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 17 marzo 2015)
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Appalti

L'Italia si affida all'Europa per vincere la sfida delle infrastrutture
Elisabetta Mariotti, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, Edizione del 31 marzo 2015, n.
972
Le proposte progettuali inviate a Bruxelles sono 71 per un costo totale di € 6 miliardi e 822
milioni da spendere entro il 2020. Se i progetti verranno accolti, la differenza di oltre € 34,3
miliardi dopo il contributo comunitario sarà a carico delle finanze pubbliche e di investitori privati
nazionali.
Si tratta di infrastrutture volte, in particolare, a potenziare la rete ferroviaria: si va da noti
collegamenti internazionali come il tunnel del Brennero e la TAV Torino-Lione a importanti tratte
interne (il terzo valico dei Giovi, la Torino-Milano-Venezia, la Treviglio-Brescia, i nodi ferroviari
di Roma, Napoli, Bologna e Venezia, i collegamenti metropolitani con gli aeroporti di Venezia,
Milano, Roma e Genova). Una fetta importante del programma è riservata al settore marittimo
con il potenziamento dei porti di Ravenna, Trieste, Venezia, Vado Ligure, Livorno, Civitavecchia
e Cagliari.
Da ricordare anche gli interventi sulla logistica e l’intermodalità del traffico merci, con il
potenziamento degli interporti di Padova, Fernetti e Pordenone.
Si consideri, peraltro, che in gioco in questo momento vi sono le risorse del cosiddetto “Piano
Juncker”, così chiamato perché varato dal Presidente della Commissione Europea Jean-Claude
Juncker. Il progetto mette sul tavolo € 300 miliardi da destinare ai Paesi dell’Unione Europea per
rimetterne in moto l’economia. Il rilancio dell’Italia - come osserva, per esempio, il Fondo
Monetario Internazionale - passa attraverso il rilancio delle infrastrutture, peccato però che,
secondo l’ANCE (Associazione nazionale costruttori edili), servano € 120 miliardi da qui al 2020
per ripartire. Risorse che il nostro Paese non riuscirà a ottenere integralmente dall’Europa e
dovrà dunque cercare di ottenere attraverso finanziamenti privati.
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L’Europa, dal canto suo, non si sta interessando alle opere pubbliche in Italia solo dal punto di
vista del finanziamento dei progetti del nostro Paese, ma anche con una partecipazione attiva al
dibattito in corso in Parlamento per le nuove regole sugli appalti. Gli esperti della Direzione
Europea del mercato interno sono stati infatti ascoltati in Commissione lavori pubblici del Senato
nell’ambito delle audizioni sul recepimento delle recenti direttive comunitarie in materia di appalti
e concessioni. Tra i punti su cui si è concentrato l’interesse del Senato vi sono due questioni di
particolare interesse per il mercato e la concorrenza tra imprese.
In primo luogo, la possibilità di limitare il ricorso all’offerta economicamente più vantaggiosa
(criterio di aggiudicazione degli appalti che, oltre al prezzo, tiene conto di aspetti tecnici come le
migliorie al progetto, il tempo di esecuzione, l’organizzazione del cantiere) solo per gli appalti di
valore superiore alla soglia comunitaria di € 5,2 milioni. Gli appalti di valore inferiore, invece,
dovrebbero essere aggiudicati solo con l’altro criterio, quello del massimo ribasso, limitando così
il potere discrezionale delle Pubbliche amministrazioni appaltanti e favorendo anche la
partecipazione di imprese medie e piccole.
Nella stessa prospettiva di ampliare la concorrenza tra le imprese si pone anche un altro tema
affrontato con i funzionari europei, quello della suddivisione degli appalti in lotti per diminuirne
l’importo unitario. Secondo la normativa europea, la divisione di un lavoro pubblico per mettere
in gara lotti più piccoli si può fare, ma non è consentito il contrario, vale a dire il divieto di
frazionare gli appalti.
Nell’ambito delle audizioni in corso al Senato, va ricordato anche l’intervento delle società di
ingegneria rappresentate dall’OICE, la quale ritiene che vada superata l’attribuzione delle
funzioni di progettazione in capo alle Pubbliche amministrazioni. Queste ultime dovrebbero cioè
affidare la progettazione a progettisti professionisti, singoli o riuniti in società, e poi affidare
l’appalto del lavoro progettato selezionando l’impresa costruttrice. Anche i progettisti sembrano
preferire l’affidamento degli appalti con la formula del massimo ribasso e quindi senza consentire
variazioni progettuali. Nei casi di appalti integrati, vale a dire quando l’impresa costruttrice può
effettuare varianti e migliorie, l’OICE richiede che l’Amministrazione paghi comunque
separatamente il progettista rispetto al costruttore, per sottolineare la differenziazione dei ruoli
che dovrebbe caratterizzare la nuova legislazione.
In occasione degli approfondimenti in corso per la nuova disciplina degli appalti emerge quindi
un’articolazione delle posizioni delle varie componenti della filiera produttiva delle opere
pubbliche che tendono ciascuna a valorizzare il proprio apporto.
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La Federazione delle costruzioni FINCO, che rappresenta soprattutto aziende specializzate nella
componentistica, nelle forniture e nelle lavorazioni particolari, ha sottolineato la necessità di
superare l’attuale configurazione del subappalto, che penalizza e relega in secondo piano chi
effettua lavorazioni specializzate, campo in cui spesso le aziende italiane eccellono. Occorrerebbe
pertanto diffondere l’istituto delle associazioni temporanee di imprese, con partecipanti che
hanno parità di diritto, piuttosto che penalizzare aziende importanti considerandole semplici
subappaltatori.
Infine, anche le piccole aziende aderenti a Confartigianato e Confesercenti hanno sottolineato la
necessità di approvare una normativa che tenga conto del ruolo e della specializzazione di tutte
le imprese, riformando di conseguenza anche il sistema di qualificazione imperniato sulle SOA,
che ha mostrato molte lacune e distorsioni.
Appalti

Il Milleproroghe in pillole
Flavio Guidi e Paolo Duranti, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 31 marzo 2015,
n. 972
Reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga
(art. 3, comma 2)
Slitta al 31.3.2015 il termine fino al quale è possibile usufruire dei benefici fiscali previsti per la
realizzazione di reti di comunicazione elettronica a banda ultralarga, ai sensi dell’art. 33, comma
7- sexies , del D.L. 179 del 18.10.2012, convertito con modifiche dalla legge 221 del
17.12.2012. A tale fine, la legge descrive la relativa procedura, che prende avvio con la
prenotazione nel sito web del Ministero dello sviluppo economico. Il progetto esecutivo dovrà
essere inviato dall’operatore entro il 31.5.2015, mentre è stato prorogato al 15.6.2015 il
termine entro il quale il MISE dovrà pubblicare l’indicazione di tutte le aree oggetto di intervento
privato con richiesta di contributo e di tutte le aree bianche rimanenti.
Alberghi - Normativa antincendio
(art. 4, comma 2)
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È stato prorogato al 31.10.2015 il termine - precedentemente fissato al 30.4.2015 - entro il
quale le strutture ricettive turistico-alberghiere con oltre 25 posti letto dovranno completare
l’adeguamento alla normativa antincendio (art. 15, comma 7, del D.L. 216 del 29.12.2011,
convertito con modifiche dalla legge 14 del 24.2.2012; art. 11, comma 1, del D.L. 150 del
30.12.2013, convertito con modifiche dalla legge 15 del 27.2.2014).
Notabene - L’obbligo è previsto soltanto per le strutture: a. esistenti alla data di entrata in
vigore del D.M. 9.4.1994; b. in possesso, all’1.3.2015, dei requisiti per l’ammissione al piano
straordinario biennale di adeguamento antincendio (di cui al D.M. 16.3.2012).
Stabilimenti industriali - Normativa antincendio
(art. 4, comma 2- bis )
Fissato al 7.10.2016 il termine entro il quale i soggetti di cui all’art. 11, comma 4, del D.P.R.
151 dell’1.8.2011, che detengono determinate tipologie di stabilimenti (gas, tabacchi, carta,
metalli, taluni tipi di prodotti alimentari, mobilifici, officine ecc.) devono presentare l’istanza
preliminare di cui all’art. 3 e l’istanza di cui all’art. 4 del citato provvedimento (art. 38, comma
2, del D.L. 69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013).
Notabene - Tali soggetti sono comunque esentati dalla presentazione della richiamata istanza
preliminare, se già in possesso di atti abilitativi riguardanti anche la sussistenza dei requisiti di
sicurezza
antincendio.
Condizioni: la proroga in esame si applica ai soggetti che provvedono agli adempimenti di cui
all’art. 3 del D.P.R. 151 dell’1.8.2011, entro l’1.11.2015.
Interventi di manutenzione straordinaria – Finanziamenti
(art. 5, comma 1)
Si sposta dal 31.3.2015 al 30.9.2015 il termine entro il quale dev’essere assunto dai comuni
l’impegno finanziario al fine di potere usufruire dei finanziamenti disposti per la promozione
dell’offerta turistica. In via subordinata, possono essere finanziati anche interventi di
manutenzione straordinaria (art. 13, comma 24, del D.L. 145 del 23.12.2013, convertito con
modifiche dalla legge 9 del 21.2.2014).
Edilizia scolastica
(art. 6, comma 5)
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Per gli interventi di edilizia scolastica di cui all’art. 48, comma 2, del D.L. 66 del 24.4.2014,
convertito con modifiche dalla legge 89 del 23.6.2014, il termine per l’affidamento dei lavori è
prorogato al 28.2.2015.
Notabene - Prorogati anche i termini indicati all’art. 18, commi 8- ter e 8- quinquies , del D.L.
69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013.
Appalti pubblici
(art. 8, commi 3, 3- bis e 3- ter )
Per gli appalti pubblici di lavori soggetti al D.Lgs. 163 del 12.4.2006, affidati con gare avviate
dal 2.3.2015 al 31.12.2015, l’anticipo è aumentato al 20% dell’importo contrattuale (art. 26ter , comma 1, del D.L. 69 del 21.6.2013, convertito con modifiche dalla legge 98 del 9.8.2013).
Le nuove regole dettate per l’acquisizione di lavori, beni e servizi da parte dei comuni, contenute
nell’art. 33 del D.Lgs. 163 del 12.4.2006, entreranno in vigore l’1.9.2015 (art. 23- ter , comma
1, del D.L. 90 del 24.6.2014, convertito con modifiche dalla legge 114 dell’11.8.2014).
Notabene - La norma non si applica alle procedure già avviate all’1.3.2015.
Accessi su strade pubbliche
(art. 8, comma 4)
Per i nuovi accessi su strade la cui gestione è affidata all’ANAS, la cui richiesta di autorizzazione
è presentata dopo il 31.12.2014, ai fini dell’autorizzazione dev’essere versata a tale ente una
somma determinata sulla base dei criteri fissati con apposito decreto ministeriale da emanarsi
entro il 31.3.2015 (art. 55, comma 23- quinquies , della legge 449 del 27.12.1997 - Finanziaria
1998).
Appalti pubblici - Contraenti generali - Requisiti di idoneità
(art. 8, comma 8)
Negli appalti pubblici, per le iscrizioni richieste o rinnovate fino al 31.12.2015, il possesso dei
requisiti di adeguata idoneità tecnica e organizzativa richiesti ai contraenti generali può essere
sostituito dal possesso di attestazioni SOA, per un importo illimitato in almeno: a. 3 categorie
di opere generali per la Classifica I; b. 6 categorie, di cui almeno 4 di opere generali, per la
Classifica II e per la Classifica III; c. 9 categorie, di cui almeno 5 di opere generali (art. 189,
comma 5, del D.Lgs. 163 del 12.4.2006).
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Proroga degli sfratti
(art. 8, comma 10- bis )
Al fine di consentire ai soggetti interessati da una procedura di sfratto di cui all’art. 4, comma
8, del D.L. 150 del 30.12.2013, convertito con modifiche dalla legge 15 del 27.2.2014, il
passaggio da casa a casa, è previsto che il giudice dell’esecuzione, su richiesta della parte
interessata, possa disporre la sospensione dell’esecuzione di tali procedure fino al 29.6.2015.
La norma precisa che i benefici fiscali derivanti da tale sospensione non rilevino ai fini
dell’acconto IRPEF dovuto per il 2016.
SISTRI
(art. 9, comma 3)
Il termine iniziale di operatività del SISTRI e per i relativi adempimenti e gli obblighi per il
trasporto dei rifiuti pericolosi, nonché per le relative sanzioni, è stato prorogato al 31.12.2015.
Produzione combinata di energia elettrica e calore
(art. 10, comma 2)
Alla produzione combinata di energia elettrica e calore, si applicheranno, fino al 31.12.2015, i
coefficienti individuati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas con delib. n. 16/98
dell’11.3.1998, ridotti nella misura del 12% (art. 3- bis , comma 2, del D.L. 16 del 2.3.2012,
convertito con modifiche dalla legge 44 del 26.4.2012).
P.A. - Locazioni passive
(art. 10, comma 7)
Estesa a tutto il 2015 la regola contenuta nell’art. 3, comma 1, del D.L. 95 del 6.7.2012,
convertito con modifiche dalla legge 135 del 7.8.2012, secondo cui, per le locazioni passive
della P.A., l’aggiornamento relativo alla variazione degli indici ISTAT previsto dalla normativa
vigente non si applica al canone dovuto dalle Amministrazioni inserite nel conto economico
consolidato della P.A., di cui all’art. 1, comma 3, della legge 196 del 31.12.2009.
IMU “secondaria”
(art. 10, comma 11- bis )
l’IMU “secondaria” sarà introdotta soltanto a decorrere dal 2016 e non dal 2015 (art. 11, comma
1, del D.Lgs. 23 del 14.3.2011).
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TARI
(art. 10, comma 12- quinquiesdecies )
In deroga a quanto dispone l’art. 1, comma 169, della Finanziaria 2007 (legge 296 del
27.12.2006), per il 2014 sono valide le delibere adottate dai Comuni in materia di TARI (tassa
sui rifiuti) entro il 30.11.2014.
Notabene - I comuni che, entro tale data, non abbiano deliberato i regolamenti e le tariffe
della TARI, riscuotono i relativi importi sulla base delle tariffe applicate per il 2013. Le eventuali
differenze tra il gettito acquisito secondo le tariffe previgenti e il costo del servizio saranno
recuperate l’anno successivo.
Fonti rinnovabili – Agevolazioni
(art. 12, comma 1)
Il decreto “Milleproroghe” estende fino al 31.12.2015 il regime fiscale di favore introdotto
dall’art. 22, commi 1 e 1- bis , del D.L. 66 del 24.4.2014, convertito con modifiche dalla legge
89 del 23.6.2014, relativo alla produzione di energie da fonti rinnovabili agro-forestali e
fotovoltaiche e di carburanti ottenuti da produzioni vegetali. La norma precisa che, ai fini
dell’acconto delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta successivo a quello in
corso al 31.12.2015, le agevolazioni in commento rilevano.
Impianti termici civili - Libretti di centrale
(art. 12, comma 2- bis )
Fissato al 31.12.2015 il termine entro il quale dovranno essere integrati i libretti di centrale per
gli impianti termici civili previsti dall’art. 284, comma 2, del D.Lgs. 152 del 3.4.2006 (art. 11,
comma 7, del D.L. 91 del 24.6.2014, convertito con modifiche dalla legge 116 dell’11.8.2014).
Catasto
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Come accatastare impianti e parchi eolici
Antonio Piccolo, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare - Edizione del 15 aprile 2015, n. 973
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L’attribuzione della rendita catastale effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA non
necessita di una particolare motivazione, essendo sufficiente la mera indicazione dei dati oggettivi e
del classamento assegnato, mentre le turbine eoliche, come i parchi eolici, devono essere classificate
nella
categoria
catastale
D/1
(Opifici),
poiché
costituiscono
centrali
elettriche.
Questi i due principi di diritto riaffermati nella recente sent. n. 3354 del 19 febbraio 2015, pronunciata
dalla sezione sesta civile della Corte di Cassazione, che hanno consolidato anche la posizione
dell’Amministrazione finanziaria.
Prima di addentraci nello specifico, è opportuno rimarcare che gli impianti eolici e le centrali elettriche
a pannelli fotovoltaici vanno autonomamente classificati nella categoria catastale D/1 (Opifici),
oppure in quella D/10 (Fabbricati con funzioni produttive connesse all’attività agricola), se sussistono
i requisiti per il riconoscimento del carattere di ruralità, con conseguente applicazione delle discipline
tributarie e, in particolare, dell’ICI, dell’IMU e della TASI (Agenzia del territorio, ris. n. 3/T del 6
novembre 2008; Corte Cass., sez. trib., sentenze n. 4028, n. 4029, n. 4030 e n. 4031 del 14 marzo
2012; Comm. trib. reg. di Roma, sent. n. 11/27/07; Comm. trib. reg. di Bari, sent. n. 214/27/08;
Comm. trib. prov. di Piacenza, sent. n. 35/02/13; Comm. trib. prov. di Foggia, sent. n. 43/06/12;
Comm. trib. prov. di Bari, sent. n. 9/04/13).
Inoltre, prassi e giurisprudenza tributaria di merito hanno affermato che i terreni agricoli, risultanti
tali dal Piano di governo del territorio (PGT), oggetto di realizzazione di impianti fotovoltaici a
pannelli, conservano la natura agricola, tranne che la destinazione urbanistica degli stessi non venga
modificata dall’ente locale (Ag. entrate, ris. n. 112/E del 28 aprile 2009; Ag. territorio, circ. n. 14/T
del 22 novembre 2007; Comm. trib. prov. di Brindisi, sent. n. 1032/02/14).
Caso di specie
Una nota società del settore delle fonti rinnovabili aveva impugnato un avviso di classamento con il
quale l’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate-territorio competente aveva rettificato la rendita
“proposta” mediante utilizzo della procedura informatica DOCFA, ai sensi del D.M. 701/1994 (Corte
Cass., sez. trib., sent. n. 17818 del 21 agosto 2007; sez. VI civ., ord. n. 6411 del 19 marzo 2014 e
n. 3119 dell’8 febbraio 2013), relativamente a una turbina eolica censita nella categoria catastale
D/1.
Le Commissioni tributarie avevano respinto il ricorso introduttivo e l’appello della contribuente che,
con
diversi
motivi,
ha
proposto
ricorso
davanti
alla
Corte
Suprema
di
Cassazione.
In particolare, la società ha dedotto la carente motivazione dell’avviso di accertamento e
l’inappropriata classificazione della turbina eolica (aerogeneratore) nella categoria catastale D/1. I
giudici del Palazzaccio, con la citata sent. n. 3354 del 19 febbraio 2015, hanno accolto solamente la
censura concernente l’inapplicabilità del coefficiente di obsolescenza tecnologica e funzionale
dell’immobile. Gli Ermellini hanno, quindi, respinto le doglianze sull’assolvimento dell’obbligo di
motivazione dell’avviso e sulla classificazione catastale della turbina eolica nel gruppo E.
Essi, infatti, nel dare continuità ai principi già affermati in precedenza (sez. trib., fra tante, sent. n.
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23237 del 31 ottobre 2014 e n. 2268 del 3 febbraio 2014), hanno ritenuto che, qualora l’attribuzione
della rendita catastale sia stata effettuata a seguito della procedura informatica DOCFA, come
disciplinata dall’art. 2 del D.L. 16/1993 (convertito dalla legge 75/1993) e regolamentata dal citato
D.M. 701/1994, l’obbligo di motivazione dell’avviso di classamento è soddisfatto con l’indicazione dei
dati oggettivi e della classe assegnata solo se gli elementi di fatto riportati dal contribuente non siano
stati disattesi dall’ufficio e l’eventuale differenza tra rendita “proposta” e rendita “attribuita” derivi
da una valutazione tecnica sul valore economico dei beni censiti, come nel caso di specie (Ag.
territorio, circ. n. 7/T del 4 luglio 2005; Corte Cass., sez. VI civ., fra tante, ord. n. 3394 del 13
febbraio 2014 e n. 2709 del 6 febbraio 2014).
Inoltre, l’immobile in questione - così gli Ermellini - deve essere classificato nella categoria catastale
D/1, trattandosi di una centrale elettrica, e le pale eoliche vanno computate, ai fini della
determinazione della rendita, come le turbine di una centrale idroelettrica, perché anch’esse
costituiscono
una
componente
strutturale
ed
essenziale
della
centrale
stessa.
Secondo la Suprema Corte, infatti, poiché un parco eolico assolve una funzione analoga a quella di
una centrale idroelettrica, non possono che valere gli stessi principi affermati in tema di turbine delle
centrali elettriche (sez. trib., fra tante, sent. n. 21730 del 20 ottobre 2004) e fatti propri dal
legislatore con norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1- quinquies del D.L. 44/2005
(convertito dalla legge 88/2005).
In buona sostanza, non vi sono valide ragioni per attribuire a una turbina eolica, come quella in
esame, una classificazione catastale diversa dalla categoria D/1. Di conseguenza, tale turbina eolica
dovrà essere assoggettata, nell’ambito della fiscalità comunale, all’ICI (fino al 31 dicembre 2011),
all’IMU (a decorrere dal 1° gennaio 2012) e alla TASI (a decorrere dal 1° gennaio 2014), come
avviene per gli impianti e i parchi eolici finalizzati alla generazione di energia elettrica che, in virtù
della consolidata prassi e giurisprudenza tributaria di legittimità, devono essere censiti nella
medesima categoria catastale D/1.
Impianti e parchi eolici
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, gli impianti e i parchi eolici
devono essere classificati nella categoria catastale D/1 e quindi vanno assoggettati ai citati tributi
comunali.
Con le recenti sent. n. 2621 dell’11 febbraio 2015 e n. 1979 del 4 febbraio 2015, la sezione tributaria
della Corte di Cassazione ha ulteriormente confermato la posizione dell’Amministrazione finanziaria,
secondo cui gli impianti eolici e le centrali elettriche a pannelli fotovoltaici devono essere censiti nella
categoria catastale D/1.
In particolare, come si ricorderà, con ris. n. 3/T del 6 novembre 2008, l’Agenzia del territorio ha
ribadito che la destinazione d’uso e la compatibilità con le caratteristiche intrinseche degli impianti
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fotovoltaici e delle centrali eoliche consentono di attribuire agli stessi la categoria catastale D/1.
Al riguardo è utile ricordare anche le indicazioni fornite nella circ. n. 4/T del 13 aprile 2007, in virtù
delle quali:
- la categoria catastale E/3 comprende tutte le unità immobiliari nelle quali si esercitano le attività
finalizzate al soddisfacimento di esigenze pubbliche, con esclusione di quelle aventi fini
esclusivamente o prevalentemente commerciali e industriali;
- la categoria catastale E/9 comprende, in via residuale, tutte le altre costruzioni distinte dalla
singolarità tipologica e dalla stretta correlazione dell’uso al soddisfacimento di un pubblico servizio.
Tuttavia, non risultano compatibili con la destinazione in questione le unità immobiliari costruite per
le esigenze di un’attività commerciale o industriale, purché dotate di autonomia funzionale e
reddituale.
In seguito, con circ. n. 14/T del 22 novembre 2007, la stessa Agenzia del territorio, nel completare
i chiarimenti sulle modalità di classamento delle unità immobiliari urbane classificate nei gruppi
catastali D ed E, ha precisato fra l’altro che un impianto eolico è una struttura più complessa e
maggiormente articolata rispetto a beni similari, come, per esempio, un mulino o un frantoio che
sfrutta l’energia del vento o dell’acqua, ancorché quest’ultimo bene sia frequentemente caratterizzato
da una prevalente consistenza di manufatti edilizi.
L’art. 2, comma 1, del D.M. 28/1998 ha stabilito che l’unità immobiliare è costituita da una porzione
di fabbricato, da un fabbricato, da un insieme di fabbricati, o da un’area, che, nello stato in cui si
trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale. Il comma 3
dello stesso art. 2 ha disposto espressamente che sono considerate unità immobiliari anche:
- le costruzioni (o loro porzioni), ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale costituite, nonché
gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo, purché risultino verificate le
condizioni funzionali e reddituali;
- i manufatti prefabbricati, ancorché semplicemente appoggiati al suolo, quando siano stabili nel
tempo e presentino autonomia funzionale e reddituale.
In tale scenario normativo è opportuno rimarcare, ai fini della presentazione della denuncia catastale,
la disposizione di cui all’art. 10 della legge 843/1942, in forza della quale gli immobili devono essere
descritti in catasto mediante elencazione dei loro elementi costitutivi (edifici, aree, generatori, forza
motrice, dighe, canali adduttori o di scarico, rete di trasmissione e di distribuzione di merci, prodotti
o servizi, binari anche se posti su aree pubbliche o nel relativo soprassuolo o sottosuolo, gallerie,
ponti e simili).
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Sicché concorrono alla determinazione della rendita catastale (art. 10 del R.D.L. 652/1939,
convertito dalla legge 1249/1939) gli elementi costitutivi degli opifici e degli altri immobili costruiti
per le speciali esigenze dell’attività industriale, anche se fisicamente non incorporati al suolo
(conforme art. 1- quinquies , comma 1, del citato D.L. 44/2005; Corte cost., sent. n. 162 del 20
maggio 2008; Corte Cass., sez. trib., fra tante, sent. n. 13319 del 7 giugno 2006).
Ne discende che la stima catastale dell’impianto eolico, che va classificato nella categoria catastale
D/1, non può che prendere in considerazione tutti gli elementi idonei a qualificare la destinazione
d’uso dell’impianto stesso (centrale eolica).
Tabella 1 Altri documenti di prassi e di giurisprudenza tributaria di legittimità.
Ag. entrate, circ. n. 46/E del 19.7.2007
Ag. entrate, circ. n. 38/E dell’11.4.2008
Ag. territorio, nota 22.6.2012, prot. n. 31892
Ag. entrate, circ. n. 36/E del 19.12.2013
Corte Cass., sez. trib., sent. n. 1978 del 4.2.2015
Corte Cass., sez. trib., sent. da n. 24820 a n. 24815 del 21.11.2014
Corte Cass., sez. VI civ., ord. n. 21963 e n. 21961 del 16.10.2014
Corte Cass., sez. VI civ., ord. da n. 21886 a n. 21884 del 15.10.2014
Corte Cass., sez. VI civ., ord. n. 21722 e n. 21721 del 14.10.2014
Corte Cass., sez. VI civ., ord. da n. 21621 a n. 21618 del 13.10.2014
Edilizia e Urbanistica
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Imposta fissa di registro in caso di cessione di aree PEEP concesse dal
comune
Elena Ferrari, Il Sole 24 ORE – Consulente immobiliare, Edizione del 15 aprile 2015, n. 973
Il caso
L’art. 35 della legge 865/1971 prevede la possibilità che le aree da destinare a edilizia economica e
popolare (piani PEEP), di cui alla legge 167/1962, siano acquisite dai comuni per esproprio e vengano
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concesse in diritto di superficie a terzi allo scopo di edificare case di tipo economico e popolare e i
relativi servizi urbani e sociali.
Una norma di molti anni dopo, l’art. 31, comma 45, della legge 448/1998, prevede che le stesse
aree, già concesse in diritto di superficie in applicazione dell’art. 35, comma 4, della legge 865/1971,
possano essere cedute da parte dei comuni in proprietà.
Come previsto dal successivo comma 47, la trasformazione del diritto di superficie in diritto di piena
proprietà sulle aree può avvenire a seguito di proposta da parte del comune e di accettazione da
parte dei singoli proprietari degli alloggi, e loro pertinenze, per la quota millesimale corrispondente,
dietro pagamento di un corrispettivo.
Con un’istanza di interpello, viene ora posto all’attenzione dell’Agenzia delle entrate il caso di una
cooperativa che, in attuazione di un piano di zona consortile per l’edilizia economica e popolare
indetto da parte di un comune, ha ottenuto il diritto di superficie di un terreno dal comune. Nel 1988
ha realizzato un fabbricato e ha assegnato ai soci la proprietà superficiaria degli alloggi, mentre il
comune è rimasto proprietario dell’area di sedime.
Nel 2013 il comune, in applicazione dell’art. 31, commi 45-47, della legge 448/1998, ha offerto agli
assegnatari degli alloggi la possibilità di effettuare la trasformazione del diritto di superficie sulle aree
in diritto di proprietà, dietro pagamento di un corrispettivo.
Gli assegnatari della proprietà
superficiaria degli alloggi hanno quindi chiesto all’Agenzia delle entrate come inquadrare l’operazione
ai fini dell’imposta di registro e chiedono di appurare se nel caso di specie la cessione del terreno da
parte del comune possa essere effettuata applicando l’imposta di registro nella misura agevolata del
2%, prevista in caso di acquisto della “prima casa”.
Il parere delle Entrate
Tale possibilità viene esclusa a priori da parte dell’Agenzia delle entrate, sulla base della
considerazione che l’art. 1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986, riserva
l’agevolazione unicamente ai trasferimenti aventi a oggetto “case di abitazione, a eccezione di quelle
di categoria catastale A1, A8 e A9”. Sono quindi esclusi dal trattamento di favore tutti gli immobili
diversi dalle case di abitazione (tranne quelle di pregio), comprese le aree su cui tali fabbricati
insistono.
A questo proposito, peraltro, l’Agenzia ricorda che, come più volte chiarito da parte della Cassazione
(per esempio con la sent. n. 6925/2011), le norme che regolano agevolazioni o benefici fiscali sono
di stretta interpretazione e la loro applicazione non può essere estesa a fattispecie che il legislatore
non abbia contemplato.
UNITELNews24
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La ris. n. 17/E/2015 risolve la questione in un senso più favorevole ai contribuenti di quello da loro
prospettato, poiché sostiene che nel caso di specie possa soccorrere l’art. 32, comma 2, del D.P.R.
601/1973, a norma del quale gli atti di trasferimento della proprietà delle aree previste al titolo III
della legge 865/1971, fra cui sono ricomprese quelle destinate edilizia economica e popolare, e gli
atti di concessione del diritto di superficie sulle stesse aree sono soggetti a imposta di registro in
misura fissa e sono esenti dalle imposte ipotecarie e catastali.
Tale disposizione sopravvive alla soppressione di tutte le esenzioni e le agevolazioni previste ai fini
dell’imposta di registro operata da parte dell’art. 10 del D.Lgs. 23/2011, per effetto del comma 4
dello stesso art. 10.
A parere dell’Agenzia delle entrate, nell’ambito degli atti di trasferimento della proprietà delle aree
di cui al titolo III della legge 865/1971, possono essere ricompresi anche gli atti attraverso i quali i
comuni cedono, ai sensi dell’art. 31, comma 45, della legge 448/1998, le aree comprese in piani
PEEP approvati ai sensi della legge 167/1962, già concesse in diritto di superficie per effetto dell’art.
35 della legge 865/1971 e non rileva la circostanza che il trasferimento della proprietà dell’area
avvenga successivamente al trasferimento del diritto di superficie sulla stessa area (atto,
quest’ultimo, già agevolabile ex art. 32 del D.P.R. 601/1973).
La successiva cessione agli originari assegnatari degli alloggi delle aree sulle quali insistono gli alloggi
già realizzati e già concessi, al pari delle aree, in diritto di superficie concretizza, a parere dell’Agenzia
delle entrate, un atto senz’altro connesso con l’atto di concessione del diritto di superficie e
riconducibile alla medesima ratio agevolativa già sottesa alla disposizione di cui all’art. 32 del D.P.R.
601/1973.
Una conferma in tal senso viene dall’art. 31, comma 48, della legge 448/1998, secondo cui il
corrispettivo delle aree cedute in proprietà deve essere determinato dal comune al netto degli oneri
di concessione del diritto di superficie. In ragione di tutti questi elementi, è quindi ammesso ritenere
che gli atti attraverso i quali un comune ceda agli assegnatari di alloggi con diritto di superficie l’area
PEEP su cui tali alloggi insistono, possano essere ricondotti fra gli atti attuativi dei piani di edilizia
economica e popolare e quindi, come tali, siano soggetti a imposta fissa di registro (pari a € 200) e
siano esenti da imposte ipocatastali, per effetto dell’art. 32 del D.P.R. 601/1973.
Edilizia e Urbanistica
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La ristrutturazione edilizia deve rispettare la fedele ricostruzione della
sagoma
Gian Luca Ballabio, Il Sole 24 ORE – Urbanistica24, 13 aprile 2015
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Il Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763 si è recentemente pronunciato sulla richiesta di
annullamento di alcuni provvedimenti comunali e di un parere negativo della Soprintendenza che,
sulla base del piano paesaggistico vigente, hanno “denegato l’intervento di demolizione e successiva
ricostruzione di un immobile principale adibito a uso residenziale e di due comodi rurali di sua
proprietà, volto alla realizzazione di 10 unità abitative a schiera su tre livelli”.
Il giudizio
In seguito alla sentenza di primo grado, che aveva rigettato il ricorso, è stato proposto appello sulla
base, per quanto qui interessa, della “compatibilità dell’intervento richiesto, di mera ristrutturazione
edilizia, con le prescrizioni vincolistiche valevoli in area”.
Il Collegio, però, ha ritenuto che fosse dirimente ai fini della controversia la circostanza che
“l’intervento oggetto di autorizzazione paesaggistica e edilizia consiste nella demolizione di un
manufatto ad uso residenziale di quattro piani e di due comodi rurali e nella ricostruzione mediante
edificazione di dieci unità immobiliari di circa 60 mq ciascuna, disposte a schiera su tre livelli sfalsati,
usufruendo del premio volumetrico del 35%, previsto” dalle leggi regionali applicabili.
Intervento che quindi non poteva essere considerato come ristrutturazione edilizia, ma come nuova
edificazione.
L’orientamento giurisprudenziale in tema di ristrutturazione
Il Consiglio di Stato a fondamento della propria decisione ha osservato “che l'elemento che, in linea
generale, contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già
avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica
(sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un
organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente": art. 3, comma 1, lett. d) T.U. ovvero
la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione,
se non "fedele" (per effetto della modifica apportata al Testo Unico dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n.
301), comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente (da ultimo,
Consiglio di Stato, Sez. IV, 12 maggio 2014 n. 2397; id., Sez. IV, 30 marzo 2013, n. 2972)”.
Inoltre (Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 dicembre 2013, n. 5822) ai sensi della lettera d), comma 1
dell'art. 3 del T.U. edilizia sono inclusi nella definizione di "ristrutturazione edilizia", gli interventi di
demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all'edificio preesistente;
la successiva lettera e) classifica come interventi di "nuova costruzione" quelli di "trasformazione
edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti".
In base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che
non rispetti la sagoma dell'edificio preesistente - intesa quest'ultima come la conformazione
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planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia.
Pertanto, e contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, l’intervento edilizio oggetto di
contenzioso non rientra nel canone della ristrutturazione ma in quella della nuova edificazione che,
sulla base della normativa di settore, era del tutto precluso in zona, rendendo quindi inutile la lunga
prolusione contenuta in appello sulla situazione di avvenuta edificazione dell’area, circostanza che
consente unicamente altri tipi di intervento, sull’esistente, e non nuove edificazioni.
Conclusioni
L’art. 3 del D.P.R. 380/2001 è stato modificato dall’art. 30, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013,
n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98: “all' articolo 3 , comma 1, lettera
d), ultimo periodo, le parole: «e sagoma» sono soppresse e dopo la parola «antisismica» sono
aggiunte le seguenti: «nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati
o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente
consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs.
22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli
interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia
soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente”.
Al riguardo il T.A.R. Lombardia (Milano, sent. 16 marzo 2015, n. 720) ha sottolineato che le modifiche
“dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 introdotte dal decreto legge 69/2013 convertito con L. 98/2013 (in
ogni caso non applicabili ratione temporis alla presente fattispecie, trattandosi di novità normative
in vigore dal mese di agosto 2013), la demolizione e successiva ricostruzione di un edificio esistente
poteva qualificarsi come “ristrutturazione” solo nel caso di ricostruzione con rispetto della sagoma
dell’edificio preesistente.
Sulla questione occorre richiamare altresì la nota sentenza della Corte Costituzionale 309/2011, di
declaratoria di illegittimità dell’art. 27 della legge della Regione Lombardia 12/2005, laddove la
norma regionale consentiva invece la “ristrutturazione” senza il rispetto del vincolo di sagoma”.
Professionisti
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Competenze professionali: ferri corti tra geometra e ingegnere/architetto
Donato Palombella, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973
Tracciare i confini delle competenze professionali dei tecnici è sempre stato un argomento al centro
di aspri contrasti. La crisi economica in atto ha flagellato soprattutto il settore dell’edilizia e architetti,
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ingegneri e geometri hanno affilato le armi contendendosi un mercato sempre più asfittico,
esacerbando gli animi e accentuando i conflitti. Questa volta, a finire sotto i riflettori, è una delibera
con cui la Giunta comunale forniva «…i necessari indirizzi operativi al Responsabile dell’Area edilizia
privata e del responsabile dell’istruttoria, relativi ai procedimenti amministrativi in materia edilizia
chiarendo che, tra le competenze professionali dei geometri e dei geometri laureati iscritti al Collegio
professionale, possano rientrare la progettazione e la direzione dei lavori di modeste costruzioni
almeno fino a 1.500 mc adottando quindi il criterio tecnico-qualitativo in relazione alle caratteristiche
dell’opera da realizzare che deve avere caratteristiche strutturali semplici con moduli ripetitivi sia
pur con la presenza del cemento armato, che non richiedano competenze tecniche, particolari e
specifiche, riservate per legge a un diverso professionista, con esclusione di ogni ulteriore aggravio
procedimentale a carico del richiedente».
La delibera viene impugnata dal locale Ordine degli ingegneri che denuncia una vera e propria
“invasione di campo” da parte del comune. L’ente locale avrebbe esercitato funzioni a carattere
normativo in tema di competenze professionali invadendo la competenza legislativa statale. Il TAR
del Veneto (TAR Venezia, Sez. I, sent. n. 1312 del 20 novembre 2013) respinge il ricorso ritenendo
che la delibera di Giunta non abbia carattere normativo ma rappresenti un mero “atto di indirizzo
politico-amministrativo” con il quale gli organi politici dell’ente comunale hanno inteso fissare delle
linee generali cui gli uffici devono attenersi nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali. Trattandosi
di un mero atto di indirizzo, il provvedimento non assume carattere vincolante per gli uffici dell’ente
locale chiamati ovviamente ad applicare la normativa di riferimento in ordine alle attribuzioni dei
professionisti e alla qualità dell’opera.
Il TAR ribadisce i limiti alle competenze dei geometri
La competenza dei geometri, secondo il giudice amministrativo, trova il proprio limite invalicabile in
parametri di ordine tecnico-qualitativo in base ai quali a essi vengono devolute le opere di modesta
entità e meno complesse, per cui il progetto non deve implicare la soluzione di problemi particolari
che possono essere affrontati solo da professionisti di rango superiore. Secondo il TAR, la competenza
del geometra non sarebbe del tutto esclusa ma, più che altro, potrebbe essere esercitata entro limiti
ben definiti. La pronuncia del TAR veniva (ovviamente) impugnata dinanzi al Consiglio di Stato e
rimessa alla decisione della Sez. V, che con la sent. n. 883 del 23 febbraio 2015, ribaltava l’esito del
giudizio.
Il parere del Consiglio di Stato
Il giudice d’appello ritiene che la progettazione di costruzioni civili con strutture in cemento armato
esulino dalle competenze del geometra essendo riservate a ingegneri e architetti abilitati. Potrebbero
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rientrare nella competenza del geometra solo le opere in cemento armato relative a piccole
costruzioni accessorie che non richiedano la predisposizione di calcoli complessi. L’opera può dirsi
modesta
quando
la
sua
realizzazione
non
richiede
specifiche
capacità
tecniche.
La legge traccia i limiti al potere del Consiglio comunale
L’art. 42 “Attribuzioni dei consigli” del D.Lgs. 267 del 18 agosto 2000 Testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali , nel porre i paletti ai poteri dei Consigli comunali circoscrive tali
poteri agli atti fondamentali dell’ente ivi espressamente indicati ponendo a carico della Giunta una
competenza residuale per tutti gli atti che dalla legge non sono riservati al Consiglio comunale ovvero
che non ricadono, secondo le previsioni legislative o dello statuto, nelle competente del Sindaco.
La normativa di riferimento
È estremamente difficile trovare, all’interno della normativa, una netta linea di demarcazione tra le
competenze dei tecnici laureati (ingegneri e architetti) e quelle dei tecnici non laureati (geometri).
Per individuare le competenze professionali esclusive dei tecnici è necessario fissare le competenze
dei geometri e, procedendo a contrario, per esclusione, è possibile individuare le competenza
esclusive dei tecnici laureati.
La professione del geometra trova la propria regolamentazione nel R.D. 274 dell’ 11 febbraio 1929,
Regolamento per la professione di geometra ; l’art. 16, in particolare, stabilisce l’oggetto e i limiti
dell’esercizio professionale di geometra individuando tutta una serie di attività, indicate dalla lett. a)
alla lett. q ). In particolare, l’art. 16, lett. l ) devolve al geometra «progetto, direzione, sorveglianza
e liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non richiedono
particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non possono comunque implicare
pericolo per l’incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende agrarie, come
strade vicinali, senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica, provvista di acque per
le stesse aziende e reparto della spesa per opere consorziali relative, esclusa, comunque, la redazione
di progetti di bonifica idraulica e relativa direzione».
La successiva lett. m ) contempla, invece, le attività di “progetto, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili”. La norma, quindi, non contiene alcun riferimento alla possibilità che il geometra
possa progettare e realizzare anche strutture civili in cemento armato limitandosi a sottolineare che
deve trattarsi di “costruzioni modeste”. La norma, quindi, non esclude in radice le competenze del
geometra in ambito progettuale ma le limita agli edifici agricoli e alle piccole costruzioni accessorie
in cemento armato, che non richiedano calcoli complessi e che non possano risultare pericolose per
l’incolumità delle persone.
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Art. 16, R.D. 274/1929
L’oggetto e i limiti dell’esercizio professionale di geometra sono regolati come segue: a. operazioni
topografiche di rilevamento e misurazione, di triangolazioni secondarie a lati rettilinei e di
poligonazione, di determinazione e verifica di confini; operazioni catastali ed estimi relativi; b.
operazioni di tracciamento di strade poderali e consorziali e inoltre, quando abbiano tenue
importanza, di strade ordinarie e di canali di irrigazione e di scolo; c. misura e divisione di fondi
rustici; d. misura e divisione di aree urbane e di modeste costruzioni civili; e. stima di aree e di
fondi rustici, anche ai fini di mutui fondiari e di espropriazione, stima dei danni prodotti dalla
grandine o dagli incendi, e valutazione di danni colonici a culture erbacee, legnose, da frutto, da
foglia e da bosco. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza economica e per quelli che,
per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali cognizioni scientifiche e
tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie; f. stima, anche ai fini di mutui fondiari e di
espropriazione, di aree urbane e di modeste costruzioni civili; stima dei danni prodotti dagli
incendi; g. stima di scorte morte, operazioni di consegna e riconsegna dei beni rurali e relativi
bilanci e liquidazioni; stima per costituzione ed eliminazione di servitù rurali; stima delle acque
irrigue nei rapporti dei fondi agrari serviti. È fatta eccezione per i casi di notevole importanza
economica e per quelli che, per la complessità di elementi di valutazione, richiedano le speciali
cognizioni scientifiche e tecniche proprie dei dottori in scienze agrarie; h. funzioni puramente
contabili e amministrative nelle piccole e medie aziende agrarie; i. curatele di piccole e medie
aziende agrarie, in quanto non importino durata superiore a un anno e una vera e propria
direzione tecnica; assistenza nei vari contratti agrari; l. progetto, direzione, sorveglianza e
liquidazione di costruzioni rurali e di edifici per uso d’industrie agricole, di limitata importanza, di
struttura ordinaria, comprese piccole costruzioni accessorie in cemento armato, che non
richiedono particolari operazioni di calcolo e per la loro destinazione non possono comunque
implicare pericolo per la incolumità delle persone; nonché di piccole opere inerenti alle aziende
agrarie, come strade vicinali senza rilevanti opere d’arte, lavori d’irrigazione e di bonifica,
provvista d’acqua per le stesse aziende e riparto della spesa per opere consorziali relative,
esclusa, comunque, la redazione di progetti generali di bonifica idraulica e relativa direzione; m.
progetto, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili; n. misura, contabilità e liquidazione
delle costruzioni civili indicate nella lett. m.; o. misura, contabilità e liquidazione di lavori di
costruzioni rurali sopra specificate; p. funzioni peritali e arbitramentali in ordine alle attribuzioni
innanzi menzionate; q. mansioni di perito comunale per le funzioni tecniche ordinarie nei comuni
con popolazione fino a diecimila abitanti, esclusi i progetti di opere pubbliche d’importanza o che
implichino la risoluzione di rilevanti problemi tecnici.
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L’art. 1 del R.D. 2229 del 16 novembre 1939 , Norme per la esecuzione delle opere in conglomerato
cementizio semplice o armato prevedendo che «Ogni opera di conglomerato cementizio semplice o
armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita
in base a un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto all’albo»
metteva definitivamente fuori gioco i geometri, ma tale norma veniva abrogata dal D.Lgs. 212 del
13 dicembre 2010 Abrogazione di disposizioni legislative statali, a norma dell’art. 14, comma 14quater , della legge 246 del 28 novembre 2005 .
La materia delle opere in cemento armato è stata, quindi, ridisegnata dalla legge 1086 del 5
novembre 1971, Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e
precompresso e a struttura metallica che, abbandonando la rigida elencazione di competenze
contenute nel R.D. 274/1929 e nel R.D. 2229/1939, ha avuto la capacità di complicare ancora di più
le cose. L’ art. 2 della legge 1086/1971, nel ridisciplinare la progettazione e direzione lavori, prevede
che la costruzione delle opere di cui all’art. 1 (ovvero le opere in conglomerato cementizio armato
normale, conglomerato cementizio e armature che assolvono a una funzione statica; in conglomerato
cementizio armato precompresso) deve avvenire in base a un progetto esecutivo redatto da un
ingegnere o architetto o geometra o perito industriale edile iscritti nel relativo albo, nei limiti delle
rispettive competenze. L’esecuzione delle opere deve aver luogo sotto la direzione di un ingegnere
o architetto o geometra o perito industriale edile iscritto nel relativo albo, nei limiti delle rispettive
competenze.
La disciplina è poi confluita nell’art. 64, commi 2 e 3, del D.P.R. 380 del 6 giugno 2001, che, nel
disciplinare le competenze professionali relative alle opere in conglomerato cementizio, non contiene
nessun riferimento alla differenza tra tecnici laureati e non laureati e, in maniera alquanto generica,
richiede che le opere siano realizzate in base a un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato,
iscritto nel relativo albo, nei limiti delle proprie competenze stabilite dalle leggi sugli ordini e collegi
professionali.
Un ulteriore riferimento legislativo potremmo trovarlo nella legge 144 del 2 marzo 1949 Approvazione
della tariffa degli onorari per le prestazioni professionali dei geometri . L’art. 57 sembra complicare
ancora di più il problema in quanto, nel descrivere le prestazioni professionali del geometra,
sembrerebbe escludere i tecnici non laureati dalle progettazioni in zona sismica aprendo, quindi, le
porte alla progettazione nelle aree non soggette a rischio sismico. Peraltro, è ovvio che la disciplina
sulle tariffe professionali non può incidere sulle competenze professionali.
Il geometra laureato
Con sempre maggior frequenza un consistente numero di geometri ha conseguito la laurea triennale
seguendo il corso universitario nelle classi indicate nel D.P.R. 328 del 5 giugno 2001. Tali classi sono:
classe 4 scienze dell’architettura e dell’ingegneria edile, classe 7 urbanistica e pianificazione
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territoriale e ambientale, classe 8 ingegneria civile e ambientale. Si tratta delle classi di laurea per
l’architetto iunior , il pianificatore iunior e l’ingegnere iunior .
Ai sensi dell’art. 55, comma 4, del D.P.R. 328/2001 agli iscritti agli albi dei geometri che hanno
conseguito dette lauree, anche successivamente all’iscrizione all’Albo, spetta il titolo professionale di
“geometra laureato”. Occorre, peraltro, ricordare che, ai fini del campo di attività, non esiste alcuna
differenza tra il geometra laureato e quello non laureato in quanto entrambi hanno conseguito la
medesima abilitazione all’esercizio della professione e hanno le medesime competenze.
Questione decisa dalla Costituzione
Ai sensi dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, la materia delle professioni rientra nell’ambito
della legislazione concorrente tra Stato e regioni. In tale contesto, abbiamo numerose pronunce con
cui la Corte Costituzionale ha tracciato la linea di demarcazione tra le competenze dello Stato e delle
regioni. La Consulta ha precisato che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle
professioni deve rispettare il principio invalicabile di ordine generale, secondo cui l’individuazione
delle figure professionali, con i relativi profili e ordinamenti, è riservata allo Stato, potendo la potestà
legislativa regionale disciplinare solo quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con
la realtà regionale.
La Corte Costituzionale, con la sent. n. 178 del 18 giugno 2014, ha accolto il ricorso con cui il
Presidente del Consiglio dei Ministri aveva impugnato alcune norme della L.R. U mbria 13 del 12
luglio 2013 (T.U. in materia di turismo) perché contrastanti con l’art. 117, commi 1, 2, lett. e ), e 3,
della Costituzione. Il ricorso era avvallato dall’Avvocatura dello Stato che richiamava la consolidata
giurisprudenza costituzionale in base alla quale la potestà legislativa regionale nella materia
concorrente delle “professioni” deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure
professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente
unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle regioni la disciplina di quegli aspetti che
presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.
Con la sent. n. 98 del 23 maggio 2013, la Consulta ha bacchettato il legislatore della regione
Lombardia che, con la L.R. 3 del 27 febbraio 2012 (Disposizioni in materia di artigianato e commercio)
aveva disciplinato la professione di estetista e ancora con la sent. n. 40 dell’8 febbraio 2006, era
finita alla gogna la L.R. Liguria 18 del 25 ottobre 2004 (Norme regionali sulle discipline bionaturali
per il benessere), in quanto realizzano un intervento normativo regionale in materia di professioni
sanitarie la cui individuazione e regolamentazione spetta allo Stato.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato
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In passato il Consiglio di Stato è stato chiamato in varie occasioni a tracciare i confini tra le
competenze dei geometri e quelle degli ingegneri.
Con la sent. n. 2537 del 28 aprile 2011, la Sez. V aveva confermato la decisione del TAR Lombardia,
Brescia, Sez. I, sent. n. 630 del 23 luglio 2007, respingendo definitivamente il ricorso proposto dal
Collegio dei geometri. Quest’ultimo aveva impugnato un bando di progettazione per la riqualificazione
e messa in sicurezza di una strada provinciale che riservava la progettazione ai soli ingegneri,
architetti e geologi (nella specie la progettazione aveva a oggetto indagini geognostiche e di
prospezione, l’allargamento della strada, opere di risanamento e consolidamento dei terreni residuati
di una roggia, nonché la realizzazione di nove ponti in cemento armato anche precompresso, di cui
due in attraversamento alla strada provinciale).
Il collegio aveva sottolineato che esula dalla competenza dei geometri la progettazione di costruzioni
civili con strutture in cemento armato, trattandosi di attività che, qualunque ne sia l’importanza, è
riservata solo agli ingegneri e architetti iscritti nei relativi albi professionali.
Le competenza del geometra
In sostanza, ricadono nella competenza del geometra solo le opere relative a piccole costruzioni
accessorie, risultando ininfluente che il calcolo del cemento armato sia stato affidato a un ingegnere
o a un architetto.
La competenza dei geometri, quindi, è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste
costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione - anche parziale - di strutture in
cemento armato (TAR Campania, Sez II Napoli, sent. n. 3521 del 26 giugno 2014). Eccezionalmente
la competenza dei geometri può estendersi alle strutture in cemento armato, purché si tratti di piccole
costruzioni accessorie nell’ambito di edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano
particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone.
A questo punto sorge un problema: quando una costruzione può essere considerata
“modesta” e, quindi, può ricadere nelle competenze del geometra? Non è possibile dare una risposta
di massima al quesito essendo necessario valutare, caso per caso, le difficoltà tecniche che la
progettazione e l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità professionali occorrenti per
superarle. Occorre tener presente che anche l’utilizzo o meno del cemento armato non costituisce
un elemento scriminante. Potremmo avere, per esempio, l’ipotesi di strutture modeste che richiedano
calcoli complessi quando siano realizzate in zona sismica. In sostanza, in mancanza di un criterio
legislativo, spetterà al giudice amministrativo la valutazione sull’entità quantitativa e qualitativa della
costruzione, al fine di stabilire se la stessa, ancorché prevista con struttura in cemento armato, rientri
o meno nella nozione di “modesta costruzione civile”, alla cui progettazione è limitata la competenza
professionale del geometra, ai sensi degli artt. 16 e segg. R.D. 274/1929.
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Il Consiglio di Stato ha ricordato in via generale che un geometra non può effettuare la progettazione
di 5 villette a schiera perché non si è dinanzi a intervento edilizio di modesta dimensione e quindi
esula dalla competenza dei geometri come prevista dal R.D. 274/1929, dal R.D. 2229/1939, dalla
legge 144/1949 e dalla legge 1086/1971 (Cons. Stato, sent. n. 1526 del 14 marzo 2013).
La scriminante, quindi, è data dalla “modestia” dell’opera. A entrare in gioco sarà una valutazione
tecnico-qualitativo dell’opera che deve avere riguardo alla struttura dell’edificio e alle relative
modalità costruttive, che non devono implicare la soluzione di problemi tecnici particolari. Altri criteri,
come quello quantitativo, delle dimensioni e della complessità, nonché quello economico possono
rappresentare solo ulteriori indici di riconoscimento della “modestia dell’opera” ma con una valenza
complementare, in quanto indicativi delle caratteristiche costruttive e delle difficoltà tecniche presenti
nella realizzazione dell’opera. In parole povere, per valutare l’idoneità del geometra occorre
considerare le concrete caratteristiche dell’intervento; a tal fine, peraltro, non possono essere
prefissati criteri rigidi e fissi, ma è necessario considerare tutte le particolarità della concreta vicenda,
anche in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica ed economica che nel settore edilizio può
verificarsi nel tempo (Cons. Stato, Sez. V, sent. n. 5208 del 3 ottobre 2002).
Zona sismica preclusa al geometra
Un punto fermo, comunque, lo abbiamo. Secondo la giurisprudenza, al geometra è sempre preclusa
la progettazione in zona sismica in quanto l’intervento sarebbe assoggettato alla normativa di cui
alla legge 64 del 2 febbraio 1974, che impone calcoli complessi che esulano dalle competenze
professionali
dei
geometri.
Questo principio potrebbe mettere definitivamente fuori gioco il geometra in quanto, a seguito
dell’entrata in vigore del D.M. infrastrutture n. 29581 del 14 gennaio 2008 (recante Approvazione
delle nuove norme tecniche per le costruzioni ), in sostanza non esistono più aree non classificate
quali “zone sismiche”, ma solo “zone a basso rischio sismico”.
Rischia grosso anche il committente
Affidare la realizzazione di un’opera a un tecnico non abilitato può rivelarsi un vero e proprio
boomerang anche e soprattutto per il committente. C’è il rischio, infatti, che l’amministrazione annulli
in autotutela il titolo concessorio rendendo, quindi, l’opera abusiva, con quanto ne consegue (TAR
Lazio, Roma, Sez. II- bis , sent. n. 7670 del 3 ottobre 2011, confermata dal Consiglio di Stato, Sez.
VI, sent. n. 4751 del 22 settembre 2014, n. 4751). Il provvedimento di autotutela sarebbe legittimo
in quanto il titolo concessorio sarebbe nullo per incompetenza del geometra progettista.
Possibile la collaborazione tra geometra e ingegnere?
Spesso e volentieri i professionisti collaborano tra loro un po’ per economizzare sui costi di gestione
dello studio, un po’ per far fronte alla crescente necessità di “specializzazione”. Ci si chiede, in tale
contesto, se è possibile configurare una forma di collaborazione tra geometri, da un lato, e ingegneri
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o architetti, dall’altro.
In passato la giurisprudenza interpretava in maniera oltremodo restrittiva l’art. 3 della legge
1086/1971, che pone a carico del progettista la responsabilità diretta della progettazione di tutte le
strutture
dell’opera
comunque
realizzate.
Di
conseguenza,
un
geometra
incaricato
della
progettazione di un edificio non poteva delegare a un tecnico laureato l’elaborazione dei calcoli delle
strutture in conglomerato cementizio, in quanto spettava sempre al professionista principale (ovvero
quello che aveva ricevuto l’incarico dal committente) l’onere di assumersi la responsabilità di tutta
l’opera edilizia da realizzare, compresa la parte relativa ai calcoli strutturali (TAR Umbria, sent. n.
385 del 10 novembre 1981; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, sent. n. 71 del 17 febbraio 1995;
TAR Abruzzo, Pescara, sent. n. 82 dell’8 aprile 1982).
Più recentemente, la giurisprudenza sembra aver mutato il proprio orientamento; in tale contesto si
intende garantire la buona qualità dell’edificio in progetto con il chiaro intento di assicurare
l’incolumità delle persone che andranno a utilizzare l’edificio ultimato. Sotto questo profilo è
necessario e sufficiente garantire che i calcoli statici delle strutture siano esatti e che tutte le soluzioni
tecniche finalizzate alla pubblica sicurezza siano idonee. Per questa via si è giunti a sostenere che il
tecnico laureato effettui una concreta supervisione sul progetto e se ne assuma la relativa
responsabilità, dopo aver verificato la correttezza di tutti i calcoli statici, nonché l’idoneità di tutte le
soluzioni tecniche adottate, ai fini della tutela dell’incolumità degli esseri umani (Cons. Stato, Sez.
V, sent. n. 3068 del 4 giugno 2003; TAR Marche, sent. n. 1241 del 6 dicembre 2001; Cons. Stato,
Sez. V, sent. n. 83 del 29 gennaio 1999).
In tale ottica sarebbe quindi possibile la collaborazione tra un ingegnere/architetto a cui venga
affidata la progettazione e direzione lavori delle opere strutturali e quella del geometra incaricato
della sola parte architettonica dell’edificio, per il quale ruolo soltanto quest’ultimo professionista
doveva ritenersi responsabile.
Di recente il TAR ha precisato che se il legislatore ha richiesto l’intervento dell’ingegnere (o architetto)
al fine di tutelare direttamente la staticità dell’edificio e, indirettamente, la sicurezza pubblica; e se
- a tali fini - viene ritenuta sufficiente in giurisprudenza la “ratifica, con assunzione di responsabilità”
a opera di un ingegnere del progetto redatto da un geometra, allora si deve ritenere che - a maggior
ragione - sia legittimo e ammissibile il progetto che un geometra abbia redatto solo per la parte
architettonica, allorquando lo stesso contempli gli elaborati tecnico-strutturali firmati tutti da un
ingegnere (TAR Sicilia, Catania, Sez. I, sent. n. 1022 del 22 aprile 2011).
Il parere della Cassazione
Anche la Cassazione è stata chiamata a esprimersi in diverse occasioni sulle competenza del
geometra. Così è stato ritenuto illegittimo (e, quindi, non dovuto) il compenso professionale del
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geometra che aveva invaso le competenze dell’ingegnere (Cass., Sez. II civ., sent. n. 18038 del 2
settembre 2011).
Ribadito che tecnici diplomati (geometri e periti edili) possono eseguire solo progettazione, direzione
lavori e vigilanza delle opere di modeste dimensioni ove siano escluse le opere relative all’impiego di
strutture in cemento armato. Unica deroga, la realizzazione di piccoli manufatti accessori, nell’ambito
di fabbricati agricoli o destinati alle industrie agricole, qualora non siano richieste particolari
operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità pubblica.
Gli Ermellini, inoltre, sembrano sottolineare l’importanza dei titoli accademici, cosi, negano la
possibilità che un tecnico laureato (ingegnere e architetto) possa essere sottoposto a un
professionista dotato di un titolo professionale di grado inferiore (nel caso di specie, geometra); la
Cassazione, quindi, ponendosi in contrasto con la giustizia amministrativa, esclude la possibilità che
un geometra possa eseguire la progettazione delle opere mentre la successiva fase esecutiva venga
poi affidata a un tecnico laureato (ingegnere o architetto) (Cass. Sez. II civ., sent. n. 19292 del 7
settembre 2009).
Secondo Piazza Cavour, il criterio per accertare se una costruzione sia da considerare “modesta” e
quindi, se la sua progettazione rientri nella competenza professionale dei geometri, ai sen si dell’art.
16, lett. m ), del R.D. 274/1929, consiste nel valutare le difficoltà tecniche che la progettazione e
l’esecuzione dell’opera comportano e le capacità occorrenti per superarle; a questo fine non è
decisivo il mancato uso del cemento armato (ben potendo anche una costruzione “non modesta”
essere realizzata senza di esso). Assume significativa rilevanza, invece, il fatto che la costruzione
sorga in zona sismica, con conseguente assoggettamento di ogni intervento edilizio alla normativa
di cui alla legge 64 del 2 febbraio 1974, la quale impone calcoli complessi che esulano dalle
competenze professionali dei geometri. Nel caso in esame era stato affidato a un geometra l’incarico
relativo alla radicale trasformazione del fabbricato e al cambio di destinazione, da laboratorio
artigianale a otto appartamenti e relative autorimesse (Cass. civ., Sez. II, sent. n. 8543 dell’8 aprile
2009).
Ancora più severe le sezioni penali che basano la linea di demarcazione tra competenza del geometra
e quella di ingegneri e architetti sulla base del carattere dell’intervento. Sotto questo profilo, al
geometra sarebbe sempre preclusa la progettazione di un “intervento civile” essendo abilitati a
progettare e dirigere, ai sensi dell’art. 16 del R.D. 274/1929, solo “costruzioni rurali” e per industrie
agricole di limitata importanza, comprese piccole costruzioni che non implichino pericolo per
l’incolumità delle persone. Nel caso in esame è stata preclusa al geometra la progettazione di un
intervento di sopraelevazione, intervento che implica calcoli non semplici e equilibri statici non privi
di pericolosità (Cass. pen., Sez. III, sent. n. 11287 del 6 novembre 2000).
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Professionisti

L'albo dei consulenti tecnici
Paolo Frediani, Il Sole 24 ORE – Consulente Immobiliare, 15 aprile 2015, n. 973
Come è suddiviso l’albo dei consulenti tecnici?
Secondo il dettato dell’art. 13 disp. att. cod. proc. civ., presso ogni tribunale è istituito un albo dei
consulenti tecnici diviso, perlomeno, nelle seguenti categorie:
- medico-chirurgica;
- industriale;
- commerciale;
- agricola;
- bancaria;
- assicurativa.
Le categorie possono contenere ulteriori sottocategorie corrispondenti alle diverse specializzazioni.
Chi si occupa materialmente di valutare le istanze per l’iscrizione?
Il comitato presieduto dal presidente del tribunale e di cui fanno parte il procuratore della Repubblica
o un suo sostituto e diversi soggetti costituiti dai presidenti dagli ordini e collegi professionali, o loro
delegati, e il funzionario della Camera di Commercio che sovrintende quei professionisti che non
hanno ordine né albo.
Il comitato, come riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione, pur operando in ambito
giurisdizionale, ha funzioni meramente amministrative. Lo stesso comitato è anche responsabile per
valutare la condotta del consulente tecnico e dell’ausiliario giudiziario e comminare eventuali sanzioni
disciplinari. Il ruolo del segretario del comitato è svolto dal cancellerie del tribunale.
Quali sono i requisiti fissati dalla norma per richiedere l’iscrizione all’albo?
È consentito ottenere l’iscrizione all’albo a tutti coloro che posseggono competenza tecnica in
particolari materie, hanno una specchiata condotta morale e risultano iscritti nei rispettivi ordini e
collegi professionali. La competenza tecnica, da considerarsi “speciale”, deve non solo trovare
spiegazione dal titolo di studio acquisito, dall’appartenenza a una categoria professionale, o ancora
dallo svolgimento di un’attività professionale, ma soprattutto dall’acquisizione di titoli, di
specializzazione, da percorsi di formazione particolari, dall’avere svolto pubblicazioni o attività di
insegnamento. Nella sostanza, non è sufficiente all’autorità giurisdizionale dimostrare il “poter fare”,
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ma occorre esprimere il “saper fare” in quel determinato settore.
Relativamente alla condotta morale , il riferimento della norma è da leggersi come generale condotta
morale e quindi, in concreto, formano condizioni limitanti non solo i casi di condanne penali o civili,
ma anche l’irrogazione di sanzioni disciplinari e amministrative per fatti non inerenti all’incarico di
CTU, ma che possono incidere sull’esercizio della professione o che comunque denotano, in chi le ha
subite, spregio della legalità o mancanza di senso civico. È da precisare, in ogni caso, che è precipuo
compito del comitato, in ordine all’esito della domanda, valutare la situazione particolare in relazione
alle singole circostanze.
Circa l’iscrizione nell’ordine professionale, vale per quelle categorie professionali organizzate in ordini
e collegi (architetti, ingegneri, commercialisti, geometri, periti industriali ecc.), non potendosi
richiedere a coloro che non sono dotati di ordini e albi professionali evidentemente di farne parte.
Nella specie, gli esperti vari (esperti del legno, grafologi, antiquari ecc.) debbono essere iscritti negli
appositi elenchi conservati presso le camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato della
provincia nella quale ricade la circoscrizione giudiziaria. In ogni caso, il soggetto qualificato in una
materia ha diritto a essere iscritto all’albo dei consulenti tecnici.
Occorre precisare che al consulente non è consentito essere iscritto a più di un albo; ne consegue
che, nell’ipotesi di un professionista residente in una circoscrizione giudiziaria con studio
professionale in un’altra, questi deve operare una scelta in riferimento all’albo in cui iscriversi, non
potendosi iscrivere all’albo di entrambi i tribunali.
Va precisato in ultimo che non possono essere iscritti all’albo dei consulenti tecnici, né nominati
coloro che risultano interdetti dai pubblici uffici, i sospesi dalla professione, ovvero i soggetti
sottoposti a misure di pubblica sicurezza.
Quali documenti è necessario allegare alla domanda?
Per richiedere l’iscrizione, è necessario presentare domanda al presidente del tribunale corredata da
alcuni documenti. Ormai tutte le cancellerie si sono dotate di stampati anche scaricabili dai siti
Internet
dei
tribunali
nei
quali
vengono
elencati
i
documenti
richiesti.
A solo titolo esemplificativo, possiamo precisare i seguenti:
- estratto dell’atto di nascita;
- certificato generale del casellario giudiziario;
- certificato di residenza;
- certificato di iscrizione all’ordine;
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- titoli e/o documenti che il richiedente intende esibire per dimostrare la sua competenza nella
materia.
Occorre precisare che alcuni di questi, tuttavia, sono stati superati dalla normativa in materia di
autocertificazione (D.P.R. 445 del 28 dicembre 2000, Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
Nelle disp. att. cod. proc. civ. sono previste anche forme di sanzioni disciplinari a carico
del consulente?
Sì. L’art. 19 disp. att. cod. proc. civ. ( Disciplina ) prevede che il presidente del tribunale, d’ufficio o
su istanza del procuratore della Repubblica o del presidente dell’associazione professionale, può
promuovere un procedimento disciplinare contro i consulenti che non hanno tenuto una condotta
morale specchiata o non hanno ottemperato agli obblighi derivanti dagli incarichi ricevuti.
Le
sanzioni
disciplinari
che
possono
essere
comminate
ai
consulenti
si
distinguono
in:
- avvertimento;
- sospensione dall’albo per un tempo non superiore a un anno;
- cancellazione dall’albo.
Della responsabilità disciplinare, come di quelle più ampiamente riferibili a quella civile e penale, ci
occuperemo nel prossimo numero.
Nell’albo sono anche previste norme sulla distribuzione degli incarichi?
Sì. Nell’art. 22 disp. att. cod. proc. civ. (Distribuzione degli incarichi ai consulenti) è espressamente
previsto che i giudici debbano affidare normalmente gli incarichi di consulente tecnico agli iscritti
nell’albo del tribunale medesimo. Ciò, tuttavia, non esclude la possibilità per un giudice di fare ricorso
a consulenti iscritti in albi di altri tribunali, ovvero a soggetti non iscritti in albi giudiziari. In tali casi,
tuttavia, il giudice deve sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta.
Le funzioni di consulente presso la corte d’appello sono normalmente affidate agli iscritti negli albi
dei tribunali del distretto.
Come viene effettivamente svolto il controllo sulla rotazione nell’affidamento degli
incarichi?
La vigilanza sulla distribuzione degli incarichi prevista dall’art. 23 è svolta dal presidente del tribunale.
Tale azione è svolta affinché, senza danno per l’amministrazione della giustizia, gli incarichi siano
equamente distribuiti tra gli iscritti nell’albo. Con l’art. 52, comma 1, della legge 69/2009, è stata
introdotta la seguente modifica «… in modo che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere
conferiti incarichi in misura superiore al 10% di quelli affidati dall’ufficio e garantisce che sia
assicurata l’adeguata trasparenza del conferimento degli incarichi anche a mezzo di strumenti
informatici».
UNITELNews24
86
La novità pone all’evidenza l’interesse del riformatore nell’ampliare il ricorso a un maggiore numero
di professionisti per l’attribuzione degli incarichi di consulenza. Tale necessità, peraltro già
manifestata nel recente passato da alcune direttive emanate dal Ministero della giustizia, è volta a
sfavorire talune forme di privilegio messe in atto da professionisti meglio inseriti nell’ambiente
forense tali da fare divenire gli incarichi giudiziari ad appannaggio di un nucleo ristretto di soggetti.
L’art. 23 disp. att. cod. proc. civ., nella sua parte innovata, inoltre introduce la necessità di conferire
trasparenza alle nomine «anche a mezzo di strumenti informatici». La modalità dell’attuazione di tale
innovazione è da ipotizzarsi - alla stregua di altre prassi ormai da qualche tempo in uso in enti e
amministrazioni dello Stato introdotte da precisi indirizzi normativi volti a conferire trasparenza nelle
attribuzioni d’incarico - con la pubblicazione degli incarichi ricevuti da ciascun consulente a mezzo di
sezione dedicata nei supporti informatizzati degli uffici giudiziari.
L’albo dei consulenti vale sia per il settore civile, sia per quello penale?
No. Per il settore penale, sempre presso ogni tribunale, secondo il dettato del codice di procedura
penale, è istituito l’albo dei periti, anch’esso suddiviso in categorie. Le categorie previste dall’art. 67
disp. att. cod. proc. pen. (Albo dei periti presso il tribunale) sono articolate in esperti in: medicina
legale, psichiatria, contabilità, ingegneria e relative specialità, infortunistica del traffico e della
circolazione stradale, balistica, chimica, analisi e comparazione della grafia.
Pubblica
amministrazione/Enti
locali

Linee guida Anac: tutte le misure in sintesi in consultazione pubblica fino
al 15 aprile 2015
Corrado Anna, Il Sole 24 ORE – Guida al Diritto, Edizione del 18 aprile 2015, n. 17
IL PROVVEDIMENTO IN SINTESI
Contenuto in sintesi dello schema di delibera Anac, in consultazione pubblica sul sito
dell'Anticorruzione dal 25 marzo 2015, relativo alle “Linee guida per l'attuazione della normativa in
materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte delle società e degli enti di diritto
privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici”.
OGGETTO
CONTENUTO
Obiettivo
Le linee guida sono volte a orientare le società e gli enti di
diritto privato controllati e partecipati, direttamente e
UNITELNews24
87
OGGETTO
CONTENUTO
indirettamente da pubbliche amministrazioni e gli enti
pubblici economici nell’applicazione della normativa in
materia di prevenzione della corruzione e trasparenza di cui
alla legge 190/2012.
Contenuto
Ambito soggettivo
Sostituiscono integralmente i contenuti del Pna in materia di
misure di prevenzione della corruzione che devono essere
adottate degli enti pubblici economici, degli enti di diritto
privato in controllo pubblico e delle società a partecipazione
pubblica.
Le società direttamente o indirettamente controllate dalle
amministrazioni pubbliche, individuate ai sensi dell’articolo
2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile, e quelle solo
partecipate, ovvero quelle in cui la partecipazione pubblica
non è idonea a determinare una situazione di controllo. Dal
novero delle società controllate vanno escluse quelle di cui al
n. 3 del comma 1 dell’articolo 2359 del codice civile, atteso
che l’influenza dominante conseguita in virtù di vincoli
contrattuali non appare sufficiente per assicurare
all’amministrazione un adeguato potere di indirizzo.
Le Linee guida non si applicano alle società emittenti
strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e alle
loro controllate.
Il Piano è elaborato dal Responsabile della prevenzione della
corruzione in stretto coordinamento con l’organismo di
vigilanza, e adottato dall’organo di indirizzo della società,
individuato nel Consiglio di amministrazione, quale organo di
indirizzo, o in altro organo con funzioni equivalenti.
Piano di prevenzione
Contenuto del Piano
Le società in controllo pubblico che abbiano già approvato un
modello di organizzazione e gestione della specie di quello
disciplinato dal Dlgs n. 231 del 2001 sono tenute a
integrarlo con l’adozione delle misure idonee a prevenire
anche i fenomeni di corruzione e di illegalità all’interno delle
società in coerenza con le finalità della legge n. 190 del
2012.
Tra le attività esposte al rischio di corruzione vanno
considerate in prima istanza quelle elencate dall’articolo 1,
comma 16, della legge n. 190 del 2012 (autorizzazioni e
concessioni, appalti e contratti, sovvenzioni e finanziamenti,
selezione e gestione del personale), cui si aggiungono
ulteriori aree individuate da ciascun ente in base alla propria
specificità.
In ciascun Piano dovrà essere riportata una mappa delle
UNITELNews24
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OGGETTO
CONTENUTO
aree a rischio e dei connessi reati di corruzione nonché
l’individuazione delle misure di prevenzione.
Inconferibilità specifiche
per gli incarichi di
amministratore
e per gli incarichi dirigenziali
Ai soggetti condannati, anche con sentenza non passata in
giudicata, ovvero con sentenza di applicazione della pena
non possono essere attribuiti gli incarichi di amministratore
di ente di diritto privato in controllo pubblico e per i dirigenti
neanche gli incarichi dirigenziali.
- incompatibilità con lo svolgimento di attività professionali
finanziate, regolate o comunque retribuite
dall’amministrazione che conferisce l’incarico;
Incompatibilità specifiche
per gli incarichi di
amministratore
e per gli incarichi dirigenziali
- incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di
amministratore di ente pubblico e cariche di componenti
degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali,
regionali e locali;
- incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e
cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle
amministrazioni statali, regionali e locali;
- incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di
diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti
degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali,
regionali e locali;
- incompatibilità con gli incarichi di direttore generale,
sanitario e amministrativo di Asl nelle ipotesi specifiche
previste all’articolo 14 del Dlgs 39/2014.
Attività successiva alla
cessazione
del rapporto di lavoro dei
dipendenti pubblici
Rotazione del personale
Tutela del dipendente
che segnala illeciti
UNITELNews24
Le società adottano le misure organizzative necessarie a
evitare l’assunzione di dipendenti pubblici che, negli ultimi
tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o
negoziali per conto di pubbliche amministrazioni, nei
confronti delle società stesse.
Essa implica una più elevata frequenza del turnover di quelle
figure preposte alla gestione di processi più esposti al rischio
di corruzione. La rotazione non deve comunque tradursi
nella sottrazione di competenze professionali specialistiche a
uffici cui sono affidate attività a elevato contenuto tecnico.
Le amministrazioni controllanti promuovono l’adozione da
parte delle società di misure idonee a incoraggiare il
dipendente a denunciare gli illeciti di cui viene a conoscenza
nell’ambito del rapporto di lavoro, avendo cura di garantire
la riservatezza dell’identità del segnalante dalla ricezione e
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OGGETTO
CONTENUTO
in ogni contatto successivo alla segnalazione.
È nominato dall’organo di indirizzo della società tra i
dirigenti e predispone il Piano di prevenzione della
corruzione ai fini della successiva adozione da parte del
Consiglio di amministrazione.
Gli atti di revoca dell’incarico di Responsabile della
prevenzione della corruzione sono motivati e comunicati
all’Anac che, entro 30 giorni può formulare una richiesta di
riesame.
Nelle ipotesi in cui la società sia priva di dirigenti, o questi
siano in numero così limitato da poter svolgere
esclusivamente compiti gestionali nelle aree a rischio
Il Responsabile della prevenzione
corruttivo, il Responsabile della prevenzione della corruzione
della corruzione
potrà essere individuato in un profilo non dirigenziale che
garantisca comunque le idonee competenze.
Nelle società in cui l’organismo di vigilanza sia collegiale e si
preveda la presenza di un componente interno, è auspicabile
che tale componente svolga anche le funzioni di responsabile
della prevenzione della corruzione.
Nelle società di piccole dimensioni, nell’ipotesi in cui questa
si doti di un organismo di vigilanza monocratico composto
da un dipendente, la figura del responsabile della
prevenzione della corruzione può coincidere con quella
dell’organismo di vigilanza.
Trasparenza
Per le società in controllo pubblico la trasparenza deve
essere garantita sia relativamente alle attività di pubblico
interesse che all’organizzazione. Per le società solo
partecipate, invece, gli obblighi di trasparenza sono quelli di
cui ai commi da 15 a 33 della legge n. 190 del 2012 con
riferimento alle attività di pubblico interesse.
Società trasparente
Le società sono tenute a costituire sul proprio sito web una
apposita sezione denominata “Società trasparente” in cui
pubblicare i dati ai sensi del Dlgs n. 33 del 2013. Qualora le
società controllate non dispongano di un sito web, sarà cura
delle amministrazioni controllanti rendere disponibile una
sezione del proprio sito in cui le società controllate possano
pubblicare i dati.
Attestazione obblighi di
trasparenza
UNITELNews24
Ciascuna società individua, all’interno dei propri sistemi di
controllo, un soggetto che attesti l’assolvimento degli
obblighi di pubblicazione analogamente a quanto fanno gli
organismi indipendenti di valutazione per le amministrazioni
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OGGETTO
CONTENUTO
pubbliche. I riferimenti del soggetto individuato sono indicati
chiaramente nella sezione del sito web “Società Trasparente”
e nel Programma per la trasparenza e l’integrità.
Accesso civico
Le società controllate sono tenute ad adottare
autonomamente le misure organizzative necessarie al fine di
assicurare l’accesso civico e a pubblicare, nella sezione
«Società trasparente», le informazioni relative alle modalità
di esercizio di tale diritto e gli indirizzi di posta elettronica
cui gli interessati possano inoltrare le relative richieste.
Si considerano società a partecipazione pubblica quelle in cui
le amministrazioni detengono una partecipazione non idonea
a determinare una situazione di controllo ai sensi
dell’articolo 2359, comma 1, nn. 1 e 2, del codice civile.
Le società partecipate
In questi casi l’attuazione della normativa in materia di
prevenzione della corruzione comporta oneri minori rispetto
a quelli imposti alle società in controllo pubblico. Dette
società sono sottoposte alla disciplina in materia di
prevenzione della corruzione e della trasparenza per quel
che riguarda l’attività di pubblico interesse eventualmente
svolta.
Le società a partecipazione pubblica sono tenute ad adottare
un modello di organizzazione e gestione ai sensi del Dlgs n.
231 del 2001 integrato, preferibilmente in una sezione
apposita, con l’adozione di misure idonee a prevenire
ulteriori fatti corruttivi in danno alla società e alla pubblica
amministrazione, nel rispetto dei principi contemplati dalla
normativa in materia di prevenzione della corruzione.
Le misure di prevenzione
della corruzione
Le società a partecipazione pubblica minoritaria sono tenute
a rispettare le norme sulla incompatibilità degli incarichi, non
sono tenute ad elaborare un «Piano di prevenzione della
corruzione» né a nominare il Responsabile della prevenzione
della corruzione.
In tema di trasparenza si applicano le sole regole contenute
nell’articolo 1, commi da 15 a 33, della legge n. 190 del
2012, limitatamente «all’attività di pubblico interesse
disciplinata dal diritto nazionale o dell’Unione europea».
I dati sono pubblicati in una apposita sezione del sito
denominata “Società trasparente”. Le società partecipate
non sono tenute agli obblighi di pubblicità concernenti la
propria organizzazione, né sono tenute a nominare il
Responsabile della trasparenza e ad adottare il Programma
per la trasparenza. Si applica la normativa sull’accesso
UNITELNews24
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OGGETTO
CONTENUTO
civico.
Fondazioni e associazioni
Sono tenuti all’applicazione della normativa in materia di
prevenzione della corruzione anche gli altri enti di diritto
privato in controllo pubblico diversi dalle società, con
particolare riguardo agli enti costituiti in forma di
“fondazione” o di “associazione”.
Si deve trattare di enti rispetto ai quali sono riconosciuti in
capo alle amministrazioni pubbliche poteri di controllo che
complessivamente consentono di esercitare un potere di
ingerenza sull’attività con carattere di continuità ovvero
un’influenza dominante sulle decisioni dell’ente.
1. L’istituzione dell’ente in base alla legge o all'atto
dell’amministrazione interessata oppure la
predeterminazione, a opera della legge, delle finalità
istituzionali o di una disciplina speciale.
2. La nomina dei componenti degli organi di indirizzo e/o
direttivi e/o di controllo da parte dell’amministrazione.
3. Il prevalente o parziale finanziamento dell’attività
istituzionale con fondi pubblici o il riconoscimento agli enti
del diritto di percepire contributi pubblici. Ciò comporta che
la gestione finanziaria degli stessi sia soggetta al controllo
della Corte dei conti con le modalità previste dall’articolo 2
della legge n. 259 del 1958 per la gestione finanziaria degli
enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Criteri per identificare
gli enti soggetti alle linee guida
4. Il riconoscimento in capo all’amministrazione di poteri di
vigilanza, tra i quali, ad esempio:
- l’approvazione, da parte dell’amministrazione, dello
statuto, delle eventuali delibere di trasformazione e di
scioglimento;
- l’approvazione, da parte dell’amministrazione, delle altre
delibere più significative, come quelle di programmazione e
rendicontazione economico-finanziaria;
- l’attribuzione all’amministrazione di poteri di scioglimento
degli organi e di commissariamento e/o estinzione in caso di
impossibilità al raggiungimento dei fini statutari o in caso di
irregolarità o gravi violazioni di disposizioni legislative
nonché in altri casi stabiliti dallo statuto.
5. La limitazione, da parte della legge, dell’apporto di
capitale privato o della partecipazione dei privati.
UNITELNews24
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OGGETTO
CONTENUTO
6. Per le associazioni, la titolarità pubblica della maggioranza
delle quote.
Gli enti di diritto privato in controllo pubblico sono tenuti ad
applicare la normativa sulla prevenzione della corruzione
secondo le indicazioni formulate in relazione alle società
controllate.
Il Piano di prevenzione
della corruzione
Detti enti sono quindi tenuti ad adottare un autonomo
«Piano di prevenzione della corruzione», anche qualora
abbiano già adottato il modello previsto dal Dlgs n. 231 del
2001 e a nominare un Responsabile della prevenzione della
corruzione nell’ambito del personale in servizio.
Ai fini dell’attuazione del Dlgs n. 33 del 2013, gli enti di
diritto privato in controllo pubblico adottano il programma
per la trasparenza, nominano il Responsabile della
trasparenza, di norma coincidente con il Responsabile della
prevenzione della corruzione, assicurano l’esercizio
dell’accesso civico e istituiscono una sezione denominata
“Amministrazione trasparente”.
Enti di diritto privato partecipati
Nella categoria degli enti di diritto privato solo partecipati da
pubbliche amministrazioni rientrano, anche sulla base della
giurisprudenza, ordinaria e costituzionale, le fondazioni
bancarie, le casse di previdenza dei liberi professionisti, le
associazioni e le fondazioni derivanti dalla trasformazione
per legge di istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficienza.
Non sono tenuti ad adottare un Piano di prevenzione della
corruzione né a nominare un Responsabile della prevenzione
della corruzione.
La trasparenza
Enti pubblici economici
Per ragioni di coerenza complessiva nell’interpretazione
sistematica delle norme, le amministrazioni partecipanti,
sono tenute a promuovere, all’interno dei protocolli di
legalità, l’applicazione anche da parte di tali enti degli
obblighi di trasparenza individuati per le società a
partecipazione minoritaria.
Gli enti pubblici economici, ancorché svolgano attività di
impresa, sono da ritenersi, tra i soggetti destinatari della
normativa in materia di anticorruzione e trasparenza in
quanto enti che perseguono finalità pubbliche.
A tali enti, data la natura prevalentemente pubblicistica
dell’organizzazione, dovrebbero applicarsi tutte le misure di
prevenzione della corruzione previste per le pubbliche
UNITELNews24
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OGGETTO
CONTENUTO
amministrazioni.
La trasparenza
Sono tenuti a osservare la medesima disciplina in materia di
trasparenza prevista per le pubbliche amministrazioni, pur
con i necessari adattamenti dovuti alle specificità
organizzative previste dalla normativa di riferimento,
analogamente alle società in controllo pubblico.
Adottano il programma della trasparenza, nominano il
responsabile della trasparenza, di norma coincidente con il
responsabile della prevenzione della corruzione, assicurano
l’esercizio dell’accesso civico.
Pubblico
Impiego

Delega Madia, copertura a rischio per dirigenti esterni e segretari comunali
Davide Colombo e Marco Rogari, Il Sole 24 ORE – Quotidiano degli Enti locali & Pa, 15 aprile 2015
La barriera dell'articolo 81 della Costituzione è stata sollevata sull'emendamento-compromesso che
prevede una fase transitoria di tre anni per l'abolizione della figura dei segretari comunali. Ma lo stop
per mancanza di copertura è scattato anche per altre correzioni significative alla delega Pa, come
quella che introduce il dirigente responsabile della gestione digitale delle procedure amministrative,
l'impegno assunto per ridurre il divario digitale per tutti i cittadini che si rivolgono a
un'amministrazione e quelle sul superamento degli automatismi di carriera dei dirigenti.
Le obiezioni dell'Economia
È sulla base di una nota della Ragioneria generale dello Stato, presentata ieri dal viceministro
dell'Economia, Enrico Morando, che questa mattina la Commissione Bilancio del Senato voterà il
parere definitivo sulle correzioni all'articolato che è all'esame dell'Aula dove nel pomeriggio, dopo il
voto di fiducia sul decreto anti-terrorismo, è prevista la ripresa della discussione generale. Sembrano
invece superati altri problemi di copertura, come quelli relativi al riordino dei servizi pubblici locali e
delle società partecipate.
Nel dettaglio, la proposta presenta da Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio,
condiziona il via libera all'eliminazione della parte, approvata dalla commissione Affari Costituzionali
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e finita nel testo finale, che prevede una sorta di fase «ponte» di tre anni in cui i segretari comunali,
pur confluendo nel ruolo unico della dirigenza degli enti locali, verrebbero ripescati per esercitare lo
stesso ruolo. E per la Ragioneria la possibilità di reclutare dirigenti apicali al di fuori del ruolo unico
«va espunta» perché la clausola di invarianza finanziaria non è idonea a «scongiurare effetti onerosi»
(sul tema si veda anche l'approfondimento sul Quotidiano degli enti locali e della Pa di ieri).
Sugli scatti di carriera invece la questione sarebbe legata a un'incoerenza normativa , ecco perché si
propone la soppressione della parte della delega che prevede il superamento delle progressioni
automatiche per la dirigenza. Stop anche all'ipotesi di inserimento dei dirigenti delle Camere di
commercio nel ruolo unico dei dirigenti dello Stato: secondo la Ragioneria «l'ipotesi non è coerente
con il loro contratto, che è quello di Regioni e autonomie locali». Oggi alla ripresa dell'esame in Aula
è prevista una protesta dei segretari comunali. È annunciata una delegazione di 500 segretari a
Roma per dire no all'abolizione. A chiamare la categoria alla mobilitazione sono Fp-Cgil, Cisl-Fp UilFpl e Unscp.
Rifiuti

La Corte Costituzione legittima gli abbruciamenti in loco dei residui vegetali
Ulderico Rizzo, Il Sole 24 ORE – Rifiuti24, 2 aprile 2015
Lo scorso 22 febbraio è stata depositata presso la cancelleria della Corte Costituzionale la sentenza
n.16 (Presidente Criscuolo, relatore Cartabia), con la quale il giudice di legittimità costituzionale
ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal Governo nei confronti
dell’articolo 2 della legge Regione Friuli Venezia Giulia 28 marzo 2014 n.5, per violazione dell’articolo
117 Cost., commi 1 e 2 lett.s), e del decreto legislativo 3 aprile 2006 n.152.
Il legislatore regionale, facendo leva sulla potestà legislativa esclusiva, in materia di agricoltura e
foreste, sancita dall’articolo 4 dello statuto friulano, ha introdotto, nel testo della legge regionale 23
aprile 2007 n.9 recante norme in materia di risorse forestali, il comma 3 ter all’articolo 16 con cui si
stabilisce che ”Ferme restando le disposizioni regionali in materia di antincendio boschivo, è
ammesso il reimpiego nel ciclo colturale di provenienza dei residui lignocellulosici derivanti da attività
selvicolturali di cui all’articolo 14, comma 1, lettera a), da potature, ripuliture o da altri interventi
agricoli e forestali, previo rilascio, triturazione o abbruciamento in loco, entro 250 metri dal luogo di
produzione, purché il materiale triturato e le ceneri siano reimpiegate nel ciclo colturale, tramite
distribuzione, come sostanze concimanti o ammendanti e lo spessore del materiale distribuito non
superi i 15 centimetri nel caso della triturazione e i 5 centimetri nel caso delle ceneri”.
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Il Governo ha ritenuto che la norma legislativa regionale dovesse essere impugnata dinanzi alla Corte
Costituzionale per violazione dell'art. 117, comma 1 e comma 2 lettera s) della Costituzione.
Il decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (codice dell’ambiente), ed, in particolare, l'art. 185 comma
1 lettera f) prevede che sono esclusi dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti "...paglia,
sfalci e potature nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in
agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o
metodi
che
non
danneggiano
l'ambiente
ne'
mettono
in
pericolo
la
salute
umana".
Tali materiali vegetali, per poter essere esclusi dal campo di applicazione della parte IV del citato
d.lgs. n. 152/2006 dovranno essere riutilizzati in attività agricole o impiegati in impianti aziendali
per produrre energia, calore e biogas e soddisfare le condizioni previste dall'art. 184-bis del citato
d.lgs. n. 152/2006, che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 2008/98/CE. Sempre l'art. 185
del d.lgs. 152/2006, prevede l'utilizzo di processi o metodi che non danneggino l'ambiente ne'
mettano in pericolo la salute umana.
La legge regionale censurata si porrebbe in contrasto con la disciplina nazionale di riferimento in
materia di ambiente in quanto esclude i residui vegetali dalla disciplina sui rifiuti a priori ed in via
generale, i quali rientrano nella nozione di sottoprodotto, e, pertanto, esclusi dall'applicazione della
disciplina
sui
rifiuti,
nel
momento
in
cui
risultino
in
concreto,
contemporaneamente
e
cumulativamente, sussistenti tutti i requisiti e le condizioni elencate nell'art. 184-bis Dlgs 152/2006,
secondo
una
valutazione
effettuata
caso
per
caso
non
operabile
in
astratto.
Conseguentemente, la disposizione censurata, operando una esclusione dei residui vegetali
sottoposti ad abbruciamento dalla disciplina sui rifiuti a priori ed in via generale, contrasta con la
disciplina nazionale di riferimento contenuta nel d.lgs. n. 152/2006 e con la identica disciplina
comunitaria (Direttiva 2008/98/CE), per cui eccede dalle competenze statutarie in quanto viola l'art.
117, comma 1 e comma 2, lettera s) della Costituzione.
La Corte Costituzionale, la pensa diversamente, e con la sentenza n.16/15 chiarisce che il legislatore
statale ha annoverato, pure anteriormente all’introduzione del comma 6-bis all’art. 182 del codice
dell’ambiente, tra le attività escluse dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti
l’abbruciamento in loco dei residui vegetali, considerato ordinaria pratica applicata in agricoltura e
nella selvicoltura.
In questa chiave, dunque, si può ritenere che il legislatore regionale sia legittimamente intervenuto
sul punto, nell’esercizio della propria competenza nella materia «agricoltura», di carattere esclusiva
per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dell’art. 4, primo comma, numero 2), della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
Le conclusioni del giudice della legittimità costituzionale sono da condividere ampiamente, poiché
poggiano su un percorso logico giuridico puntuale e preciso nella ricostruzione dell’evoluzione del
quadro normativo relativo all’abbruciamento dei residui vegetali, in rapporto alla disciplina in materia
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di smaltimento dei rifiuti, adottata in attuazione delle direttive europee e collocata all’interno del
codice dell’ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006.
Il codice dell’ambiente, in origine (art. 185, comma 1, lettera e), del testo originario del d.lgs. n. 152
del 2006), stabiliva, infatti, che erano esclusi dall’ambito dell’applicazione della disciplina della
gestione dei rifiuti soltanto «le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze
naturali non pericolose utilizzate nelle attività agricole ed in particolare i materiali litoidi o vegetali e
le terre da coltivazione, anche sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal lavaggio dei
prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole e di conduzione dei fondi rustici, anche
dopo trattamento in impianti aziendali ed interaziendali agricoli che riducano i carichi inquinanti e
potenzialmente patogeni dei materiali di partenza».
Nella vigenza di tale normativa, poi, sono intervenute diverse pronunce penali della Corte di
cassazione.
La terza sezione penale, con sentenza 4 novembre 2008, n. 46213, aveva ritenuto che l’eliminazione,
mediante incenerimento, dei rami degli alberi tagliati fosse da considerarsi illecita, non potendo
essere qualificata come una forma di utilizzazione di tali materiali nell’ambito di un’attività produttiva.
Il quadro normativo, successivamente, è mutato a seguito dell’entrata in vigore del decreto
legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, il quale nell’attuare la direttiva 2008/98/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, all’art.
13, riscrive integralmente l’art. 185 del codice dell’ambiente ha previsto, al comma 1, lettera f), che
dall’applicazione della disciplina sui rifiuti sono escluse, tra l’altro, «le materie fecali, se non
contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o
forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di
energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono
in pericolo la salute umana». (riprende letteralmente quanto stabilito dall’art. 2, paragrafo 2, lettera
f),
della
direttiva
n.
2008/98/CE
del
Parlamento
europeo
e
del
Consiglio).
Alla luce di questo nuovo quadro normativo, è mutata anche la giurisprudenza di legittimità: sempre
la terza sezione penale della Corte di cassazione (sentenza 7 marzo 2013, n. 16474) ha, infatti,
ritenuto che la combustione degli sfalci e dei residui da potatura, ove non abbia determinato un
danno per l’ambiente o messo in pericolo la salute umana, rientri nella normale pratica agricola:
dunque, i materiali relativi devono essere esclusi dal novero dei rifiuti.
Nonostante l’avallo della Corte di cassazione, la suddetta interpretazione è stata contraddetta dalla
prassi facente capo alle «Linee guida dell’attività operativa 2013» del Corpo forestale dello Stato,
(dettate con nota del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 10 aprile 2013, prot.
n. 458), le quali pur consapevoli dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 205 del 2010, ne propongono una
interpretazione volta a sminuirne il contenuto innovativo, stabilendo che, salvo che vi sia un utilizzo
in agricoltura o per la produzione di energia, «la combustione sul campo di rifiuti vegetali configura
reato di illecito smaltimento dei rifiuti, sanzionato penalmente» dall’art. 256, comma 1, del d.lgs. n.
152 del 2006».
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Nonostante tale interpretazione adottata dal Corpo forestale dello Stato, sulla questione sono
intervenuti diversi legislatori regionali, con discipline di tenore diverso, ma tutte dirette a chiarire,
sulla scorta di quanto già affermato dalla Corte di cassazione, che l’abbruciamento dei residui
vegetali, ove rispetti determinate condizioni, rientra nella normale pratica agricola ed è perciò attività
sottratta alla disciplina dei rifiuti e alle relative sanzioni.
È in questo contesto ordinamentale che deve collocarsi e compresa la leggi regionale friulana, che è
stata approvata per superare talune interpretazioni della normativa del codice dell’ambiente
affermatesi in via amministrativa che sminuivano la portata innovativa delle modifiche al codice
dell’ambiente apportate, nel 2010, in conformità alla citata direttiva dell’Unione europea.
Il legislatore regionale ha inteso fornire elementi di certezza agli imprenditori agricoli, che altrimenti
si sarebbero trovati esposti al rischio di incorrere, nell’esercitare una tradizionale pratica agricola e
anche
per
piccoli
quantitativi
di
materiale
vegetale,
in
sanzioni
di
notevole
gravità.
Non può, altresì, sfiuggire che recentemente anche il legislatore statale è intervenuto sulla materia,
con l’art. 14, comma 8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 recante disposizioni
urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia
scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti
sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa
europea, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116.
Tale disposizione esplicita, con una novella al codice dell’ambiente, che «le attività di
raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri
steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all’articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel luogo
di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il reimpiego dei materiali come
sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei rifiuti» (art. 182, comma 6-bis, del
d.lgs.
n.
152
del
2006.
Al tempo stesso, il legislatore statale ha vietato la combustione di residui vegetali agricoli «nei periodi
di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni» e ha attribuito ai comuni e alle
altre amministrazioni competenti in materia ambientale «la facoltà di sospendere, differire o vietare
la combustione del materiale di cui al presente comma all’aperto in tutti i casi in cui sussistono
condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da tale attività
possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con particolare
riferimento
al
rispetto
dei
livelli
annuali
delle
polveri
sottili
(PM10)».
Con un ulteriore intervento di coordinamento, sempre ad opera del decreto-legge n. 91 del 2014,
come convertito si è, inoltre, disposto che la disciplina sulla combustione illecita dei rifiuti non si
applica «all’abbruciamento di materiale agricolo o forestale naturale, anche derivato da verde
pubblico o privato» e che resta fermo «quanto previsto dall’art. 182, comma 6-bis» del medesimo
codice dell’ambiente (comma introdotto dal già ricordato decreto-legge n. 91 del 2014, come
convertito).
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Casi pratici
 Appalti

SUL RITIRO DEI CARTONI L'IVA NEI MODI ORDINARI
D. In tema di novità 2015 per il reverse charge, si chiede se, oltre ai casi di pulizia in edifici a clienti
titolari di partita Iva, il nuovo reverse si applichi alle fatture emesse da aziende a titolari di partita
Iva, per servizi, presso loro immobili, di disinfestazione e per il ritiro e smaltimento di carta, cartoni
e rifiuti vari speciali non pericolosi.
----R. Il sistema del reverse charge interno (previsto dalla legge di stabilità 2015 - legge n. 190/2014)
torna applicabile nel caso in cui il committente del servizio sia un soggetto passivo Iva che acquista
tale servizio nella propria sfera commerciale/professionale. Inoltre, le prestazioni contemplate dal
nuovo articolo 17, comma 6, lettera a-ter) del Dpr 633/1972 torna applicabile nel caso in cui i servizi
siano relativi ad edifici. Ne deriva che le prestazioni in esame, se acquistate da titolari di partita Iva
nella propria sfera commerciale/professionale sono soggette a reverse charge, sempre che riferite
ad edifici. Con riferimento al caso in esame, in attesa degli opportuni/necessari chiarimenti
ministeriali, si ritiene che le prestazioni di disinfestazione rientrino nel meccanismo del reverse
charge. Invece, sembra che il ritiro e smaltimento di carta, cartoni e rifiuti vari speciali non pericolosi
non rientri in tale meccanismo, quindi, si applicherà l'Iva nei modi ordinari.
(Stefano Setti, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015)

I LIMITI DEL CONTRATTO DI CONCESSIONE
D. Tra un Comune e una società che presta servizi socio-assistenziali è in vigore un contratto di
concessione di pubblico servizio (in merito a servizi socio-assistenziali). Concedente è il Comune; la
società concessionaria è anche proprietaria dei locali. Nel contratto è previsto che il Comune può
chiedere alla società l'attivazione di nuovi servizi. Ora il Comune si è attivato autonomamente con
un soggetto terzo per iniziare una nuova attività socio-assistenziale nei locali del concessionario e
sta per firmare un accordo.Vorrei sapere se questo accordo deve essere sottoscritto anche dal
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concessionario. Oppure il concessionario deve adeguarsi senza partecipare in qualche modo a questo
accordo?
----R. Sulla base dei dati proposti non è possibile fornire una risposta univoca. In pratica, se nell’atto di
concessione era prevista la possibilità per il Comune di utilizzare i locali di proprietà del
concessionario, oltre che per le prestazioni oggetto della concessione, anche per altri servizi di
interesse comunale, allora nell’ambito dei patti sottoscritti, il Comune può utilizzare i predetti locali
nei termini, nei tempi e nei modi pattuiti. Nel silenzio sul punto dell’atto di concessione, il Comune
non ha alcun diritto di pretendere l’uso degli immobili del concessionario per svolgere servizi di
qualsiasi genere, specie se di natura socio assistenziale. Al riguardo, è da segnalare che il Comune
per l’attivazione di servizi analoghi a quelli della concessione aveva l’obbligo di invitare la società in
parola alla gara (o al confronto concorrenziale, se di importo inferiore a 40.000 euro), in ragione
dell’impegno che si era assunto con la società di che trattasi per l’attivazione di nuovi servizi.
(Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015)
 Edilizia e Urbanistica

AI FINI DELLE DISTANZE ANCHE LE CAVE SONO FOSSI
D. Un Comune ha autorizzato la coltivazione, fino alla profondità di 4,90 metri, di una cava di ghiaia
che confina con il mio terreno agricolo. Il provvedimento prevede che «durante la coltivazione siano
mantenute le distanze previste dall'articolo 891 del Codice civile, salvo specifico assenso da parte
dei proprietari confinanti». L'articolo 891 prevede che «chi vuole scavare fossi o canali presso il
confine, se non dispongono in modo diverso i regolamenti locali, deve osservare una distanza uguale
alla profondità del fosso canale. Dunque, l'articolo 891 parla di fossi o canali. Il termine "fosso"
incorpora concettualmente il termine "cava", visto che, di fatto, la cava è un grande fosso? Che senso
avrebbe, in caso contrario, inserire nel provvedimento comunale il richiamo all'articolo 891 del Codice
civile, prevedendo in alternativa lo specifico assenso del proprietario del terreno confinante?
----R. La giurisprudenza civile ha avuto modo di delimitare l’ambito di applicazione dell’articolo 891 del
Codice civile, relativo alle distanze per canali e fossi. Tale disposizione dev'essere osservata per tutte
le escavazioni non aventi carattere provvisorio, compresa quella effettuata al fine di estrarre da un
fondo materiali di qualunque specie, con la conseguenza che nell’esercizio delle cave debbono
osservarsi, in materia di distanze, anche le norme del Codice civile, ai fini della tutela degli interessi
dei proprietari dei fondi confinanti, che mantengono il diritto di pretendere che gli scavi siano
effettuati nel rispetto delle distanze legali (Cassazione civile, 11387/2006, 1061/1993 e 4796/1979,
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relativa alle cave di ghiaia). Pertanto, relativamente alle distanze delle cave dai confini, trova
applicazione l’articolo 891 del Codice civile, in quanto con la parola fosso si designa qualsiasi
escavazione di terreno, sia essa destinata o meno a raccogliere acque.
(Massimo Ghiloni, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 13 aprile 2015)
 Pubblica Amministrazione

I LAVORI STRADALI CON LO SPLIT PAYMENT
D. La nostra impresa realizza lavori per conto di enti pubblici (costruzione di infrastrutture quali
condotte idriche e fognarie, lavori stradali). In tema di fatture emesse, si chiede se si debba applicare
quanto previsto nell'articolo 1, comma 629 della legge 190/2014 (cosiddetto split payment) posto
che esso riguarda gli acquisti di beni e servizi effettuati dalle pubbliche amministrazioni. Si chiede se
la nostra attività rientri in tali fattispecie e se siamo obbligati a emettere le fatture con l'indicazione
"scissione dei pagamenti".
----R. La risposta è affermativa: i servizi di costruzione di infrastrutture e i lavori stradali fatturati alle
pubbliche amministrazioni, individuate nell'elenco previsto dall'articolo 17 ter del Dpr 26 ottobre
1972, n. 633, sono soggetti al regime dello "split payment". Pertanto, il fornitore dovà emettere
fattura con l'indicazione della locuzione "scissione dei pagamenti". Per individuare, con maggiore
precisione, le pubbliche amministrazioni interessate dallo "split payment" si rinvia ai chiarimenti
impartiti con la circolare dell'agenzia delle Entrate n. 1/E del 9 febbraio 2015.
(Giorgio Confente, Il Sole 24 ORE – L’Esperto Risponde, 30 marzo 2015)
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