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Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 © Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 2007 ISSN 0392-0534 Ricostruzioni climatico-ambientali per l’Olocene da tufo calcareo e latte di monte in grotte del Trentino Andrea BORSATO1*, Silvia FRISIA1, Renza MIORANDI1, Klaas VAN DER BORG2, Christoph SPÖTL3 & Flavio CORRADINI4 1 Sezione di Geologia, Museo Tridentino di Scienze Naturali, Via Calepina 14, 38100 Trento, Italia Department of Sub-Atomic Physics, Universiteit Utrecht, Pleinlan, Postbus 8000, Utrecht, The Netherlands 3 Institut für Geologie und Paläontologie, Universität Innsbruck, Innrain 52, 6020 Innsbruck, Austria 4 Dipartimento Valorizzazione delle Risorse Naturali, Istituto Agrario di San Michele all’Adige, Via E. Mach 1, 38010 San Michele all’Adige (TN), Italia * E-mail dell’Autore per la corrispondenza: [email protected] 2 RIASSUNTO - Ricostruzioni climatico-ambientali per l’Olocene da tufo calcareo e latte di monte in grotte del Trentino - Si presentano i risultati dello studio microstratigrafico e isotopico delle colate di tufo calcareo del Bus de la Spia e di latte di monte della Grotta Cesare Battisti datate attraverso analisi 14C e conteggio delle lamine. La colata di tufo del Bus de la Spia, il cui fattore determinante per la crescita è la disponibilità d’acqua, iniziò a formarsi circa 10.890 ±150 anni cal. BP, poco dopo la fine del Dryas recente, con un tasso di crescita di 90 µm l’anno rimasto pressoché costante fino alla cessazione della deposizione avvenuta intorno a 4470 ±200 anni cal. BP. Nell’intervallo tra 11.000 e 8000 anni il record del δ13C del tufo, e in minor misura del δ18O, è contraddistinto da una serie di picchi positivi della durata di 50-150 anni, spaziati in modo più o meno regolare ogni 300 anni. I picchi sono legati alla presenza di particolato fine carbonatico, che testimonia un generale periodo di elevata piovosità con variazioni secolari nell’intensità del contrasto stagionale. La colata di latte di monte nella Grotta Battisti iniziò a formarsi circa 8070 ±150 anni cal. BP con un tasso di crescita di 275 µm l’anno, che scese a 35 µm l’anno intorno a 6000 ±150 anni cal. BP, per cessare completamente intorno a 3090 ±300 anni cal. BP. La causa prima della riduzione del tasso di crescita fino alla sua completa cessazione è legata al progressivo abbassamento delle temperature, come testimoniato dal progressivo incremento dei valori del δ13C. Confronti con serie isotopiche di speleotemi dell’area alpina e mediterranea corroborano l’interpretazione paleoclimatica che emerge dai due record studiati, e confermano che i depositi di latte di monte e tufo calcareo possono essere utilizzati per ricostruzioni paleoclimatiche ad alta risoluzione. SUMMARY - Holocene climate and environmental reconstruction from calcareous tufa and moonmilk deposits in Trentino caves - We present a microstratigraphic and isotopic study of the Bus de la Spia calcareous tufa flowstone and the Grotta Cesare Battisti moonmilk deposit, dated by 14C and lamina counting. Growth of the Bus de la Spia flowstone, limited by water availability, started around 10,890 ±150 cal. yrs BP soon after the end of the Younger Dryas, with an axial growth rate of 90 µm yr-1 that remained nearly constant until growth ceased around 4,470 ±200 cal. yrs BP. In the interval between 11,000 and 8000 yrs the δ13C values of the tufa, and to a minor extent also the δ18O values, are characterized by several positive excursions lasting 50 to 150 years and spaced around 300 yrs apart. These peaks are related to the presence of fine carbonate detritus which indicate a period of overall high rainfall with secular fluctuations in seasonality. The Grotta Cesare Battisti moonmilk started to form around 8070 ±150 cal. yrs BP with an axial growth rate of 275 µm yr-1 which decreased to 35 µm yr-1 at 6000 ±150 cal. yrs BP and ceased at 3090 ±300 cal. yrs BP. The main reason for the reduction and subsequent growth cessation is thought to be the progressive temperature decrease as shown also by the increase in the δ13C values. The comparison with speleothem isotope series from the Alpine and Mediterranean area supports this reconstruction and confirms that calcareous tufa and moonmilk can be utilized for high-resolution paleoclimatic studies. Parole chiave: tufo calcareo, latte di monte, Olocene, ambiente, paleoclima, Trentino Key words: calcareous tufa, moonmilk, Holocene, environment, paleoclimate, Trentino 240 Borsato et al. 1. INTRODUZIONE Il latte di monte e il tufo calcareo sono due depositi di carbonato di calcio caratteristici di molte grotte delle Alpi. Depositi di latte di monte sotto forma di efflorescenze, veli e colate, sono comuni a molte cavità del Trentino, e particolarmente frequenti nelle grotte della Paganella e del Gruppo di Brenta (Borsato 1995). La maggior parte dei depositi è fossile e numerose colate mostrano evidenze di erosione da parte delle acque di percolazione. Nello studio di Borsato et al. (2000) il latte di monte in tutti i depositi analizzati è costituito da sottilissime fibre di calcite (nanofibre) del diametro medio di 0,04÷0,10 µm che si intrecciano intrappolando grandi quantità di acqua. Il contenuto medio in acqua è, infatti, solitamente superiore all’85% in peso, mentre la composizione mineralogica della frazione solida è costituita da oltre il 92% di calcite (Borsato et al. 2000). I depositi più consistenti di latte di monte si rinvengono in cavità ad andamento sub-orizzontale che si aprono a quote comprese tra i 1500 e i 2100 metri, caratterizzate da temperature tra 3,0 e 5,5 °C, basso grado di saturazione dell’acqua di percolazione, e umidità relativa dell’atmosfera ipogea prossima alla saturazione (Borsato 1997; Miorandi & Borsato 2007). Il tufo calcareo si forma tipicamente in prossimità degli ingressi delle grotte (Gascoyne 1992) che sono spesso caratterizzate da variazioni stagionali e giornaliere di temperatura, e da correnti d’aria. La combinazione di queste caratteristiche microclimatiche comporta un aumento dello stato di saturazione della calcite nelle acque di percolazione che ne promuove la precipitazione. Nella maggior parte dei casi si tratta di depositi teneri – si rigano facilmente con l’unghia –, molto porosi – la porosità totale può superare il 60% del volume – e leggeri – il peso specifico del sedimento asciutto è di solito intorno a 1 g cm-3 rispetto a 2,7 g cm-3 della calcite macrocristallina (Borsato 1997; Frisia et al. 2000). Questi depositi formano colate e/o strutture mammellonari a duomo spesse anche più di 2 metri, che mostrano una micro-stratificazione interna. Nei tratti piani di galleria il tufo calcareo forma spesso dighe ad andamento sinuoso (rimstone dams) che danno luogo a terrazzamenti e vaschette. L’ambiente di formazione, le caratteristiche tessiturali e microstrutturali, e il chimismo delle acque associate ai depositi di latte di monte e tufo calcareo in Trentino sono stati oggetto di numerosi studi precedenti (Borsato 1995, 1997; Borsato et al. 2000b; Frisia et al. 2000; Borsato et al. 2007; Miorandi & Borsato 2007). In particolare, in Borsato et al. (2000b) vengono illustrate le particolari microstrutture di crescita delle fibre singole e composite nel deposito di latte di monte della Grotta Cesare Battisti e sono riportate anche alcune datazioni 14C che ne hanno fatto intuire il valore paleoclimatico. In Frisia et al. (2000) sono Tufo calcareo e latte di monte in Trentino state confrontate le caratteristiche tessiturali del tufo calcareo del Bus de la Spia, riconoscendone lo specifico significato ambientale in termini di flusso e stato di saturazione dell’acqua di alimentazione rispetto ad altri depositi ipogei. Infine, in Miorandi & Borsato (2007) viene presentata una sintesi riguardante la distribuzione e l’ambiente di formazione di questi due particolari speleotemi. Nel presente lavoro si esplorano per la prima volta le potenzialità paleoambientali e paleoclimatiche di questi due tipi di depositi attraverso un approccio microstratigrafico, geochimico e isotopico. Si rimanda invece a Miorandi & Borsato (2007) per la discussione riguardo la loro distribuzione geografica e altitudinale in Trentino. 2. DESCRIZIONE CAVITÀ E PUNTI DI CAMPIONAMENTO 2.1. Il deposito di latte di monte della Grotta Cesare Battisti La Grotta Cesare Battisti è caratterizzata da 7 differenti ingressi che si aprono tra 1880 e 1698 m di quota alla sommità della Paganella (Borsato 1995). La cavità si sviluppa per circa 2,4 km all’interno dei Calcari Grigi (Fig. 1) e presenta una complessa geometria freatica tridimensionale derivata da speleogenesi singenetica, ed evoluta successivamente mediante processi paragenetici, di crollo e circolazione di acqua a pelo libero (Bini et al. 1991). Il concrezionamento attuale è estremamente raro e limitato, mentre sono più comuni le concrezioni fossili di età comprese tra 100.000 e >500.000 anni, che si rinvengono fino nelle parti più profonde della grotta (Borsato et al. 2005). L’asse principale della cavità è caratterizzato da circolazione d’aria a tubo di vento e soltanto nei rami laterali si registrano temperature costanti intorno ai 3,76 ±0,25 °C (Borsato 2003; Miorandi et al. 2007). La circolazione idrica attuale è molto esigua e gli unici stillicidi e ruscellamenti perenni sono situati nei rami alti con portate medie valutate intorno a 0,1-0,5 L min-1. In corrispondenza di ciascun arrivo di acqua, si rinvengono colate più o meno spesse di latte di monte, molte delle quali ricoperte da sottili veli di argilla bruna. Nella Cripta (Fig. 1), l’intera parete sud è tappezzata da una colata verticale di latte di monte spessa fin oltre 0,5 m. Le acque di ruscellamento in corrispondenza dei depositi di latte di monte sono attualmente sottosature rispetto alla calcite (SIcalcite= -0,35 ±0,14), con un contenuto in Ca2+ di 44,1 ±2,3 mg L-1 e un rapporto molare Mg/Ca di 0,04 (Borsato et al. 2000b). Gli arrivi d’acqua sono ubicati a profondità comprese tra 20 e 50 m dalla superficie, dove la copertura vegetale è rappresentata da estese chiazze di pini mughi associati a erica e rododendri. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 241 Fig. 1 - Rilievo parziale della Grotta Cesare Battisti (Gruppo Speleologico Arco) con l’ubicazione dei depositi di latte di monte (modificato da Borsato 1995). Fig. 1 - Location map and partial cross-section of Grotta Cesare Battisti (Gruppo Speleologico Arco) with the location of the moonmilk deposits (modified from Borsato 1995). 2.2. Il deposito di tufo calcareo del Bus de la Spia Il Bus de la Spia, che si apre a quota 610 m alle propaggini orientali del Gruppo di Brenta nella formazione dei Calcari Grigi, consiste in un’unica galleria singenetica con dimensioni medie di 3-5 m e andamento discendente, che si sviluppa quasi completamente lungo un piano di faglia immergente verso l’interno del versante (Fig. 2). La grotta, evoluta come emergenza valchiusiana, alla profondità di -56 m raggiunge la falda freatica che costituisce l’estremità di un imponente sifone esplorato per oltre 300 m con tecniche speleosubacquee (Bombardelli 2004). Il livello della falda interna è caratterizzato da oscillazioni cicliche sub-giornaliere di diversi metri, con periodo di oscillazione variabile da 3 a 12 ore (Borsato 2004) dovuto alla presenza di un sifone auto-innescante (Fig. 3). Il sifone terminale è connesso idrologicamente con la Sorgente dell’Acqua Santa – che si apre a quota 477 m s.l.m. a 1200 m dall’ingresso della cavità, e che mostra identici cicli sub-giornalieri di portata (Borsato 2004) – e ha il suo bacino di alimentazione a quote comprese tra i 1500 e i 2400 m s.l.m. Durante la fusione della neve il livello del sifone si alza di oltre 10 m e le fluttuazioni di livello sub-giornaliere sono sostituite da cicli giornalieri che seguono l’andamento della temperatura dell’aria alla superficie esterna. A seguito delle piogge più intense il livello freatico risale di diverse decine di metri e, nei casi più estremi, si verifica l’allagamento completo della cavità, che si comporta come sorgente di troppo pieno dell’idrostruttura (Fig. 3). Questi episodi inten- Fig. 2 - Rilievo del Bus de la Spia (modificato da Gruppo Grotte Rovereto 2004) con la posizione della colata di tufo calcareo fossile (BS-T2) e la colata attiva (BS-21) (da Borsato 1995). Fig. 2 - Cross section of Bus de la Spia (modified after Gruppo Grotte Rovereto 2004) with the location of the fossil calcareous tufa flowstone (BS-T2) and of the active flowstone (BS-21) (modified from Borsato 1995). 242 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino Fig. 3 - Fluttuazioni di livello del sifone terminale del Bus de la Spia durante il semianno estivo 2002 e posizione dei depositi di tufo calcareo attivi (barra verde) e fossili (barra rossa) rispetto al livello della falda. Fig. 3 - Groundwater level fluctuations at Bus de la Spia during the 2002 warm season. The altitudinal position of the fossil and active deposits are shown on the right (red bar and green bar respectively). Fig. 4 - Temperatura e umidità relativa dell’aria lungo l’asse della grotta in estate (agosto) e inverno (marzo) con relative curve di attenuazione esponenziale e posizione dei depositi di tufo calcareo attivi (barra verde) e fossili (barra rossa). Fig. 4 - Air temperature and relative humidity in summer (August) and winter (March) along the main cave passage with their exponential best-fit curves. The position of the fossil and active calcareous tufa deposits are shown at the top of the figure (red bar and green bar respectively). Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 si avvengono attualmente 2-4 volte per decennio. Le oscillazioni di livello condizionano anche il regime termo-igrometrico della grotta, espellendo aria durante la risalita di livello e aspirandola durante la discesa, e la corrente d’aria fa sì che l’umidità relativa raggiunga la saturazione a 100 m dall’ingresso (Fig. 4). In tutta la cavità sono presenti numerose concrezioni sia fossili che attive, comuni soprattutto nel tratto orizzontale (Borsato 1995, 1997; Borsato et al. 2005). La parte terminale della grotta, interessata dalle oscillazioni sub-giornaliere di livello, presenta un complesso concrezionamento attivo alimentato da stalattiti di tufo calcareo alte più di un metro dalle quali si generano colate di calcite microcristallina e di tufo calcareo (Borsato et al. 2007). L’indice di saturazione per la calcite (SIcc) dell’acqua che percola da queste stalattiti è stato calcolato in 0,49 ±0,08, con un contenuto in Ca2+ di 75,2 ±2,8 mg L-1 e un rapporto molare Mg/Ca di 0,13. L’acqua del sifone risulta meno sovrassatura (SIcc= 0,14±0,06), con un contenuto in Ca2+ di 57,5 ±3,8 mg L-1 e un rapporto molare Mg/Ca di 0,30 (Borsato et al. 2007). Il pavimento dello scivolo d’ingresso è ricoperto quasi completamente da una colata di tufo calcareo fossile intaccata in diversi punti da marmitte di erosione (Fig. 5). Non essendoci importanti stalattiti a giustificare la copiosa alimentazione necessaria alla formazione della colata di tufo, è probabile che questa fosse alimentata anche dalla stessa acqua del sifone, in analogia a quanto succede attualmente nella sua zona di oscillazione. Pertanto, nel periodo di formazione del tufo, il livello medio del sifone doveva essere più alto di quello attuale e Fig. 5 - La marmitta di erosione lungo la colata di tufo calcareo nella galleria iniziale del Bus de la Spia con la traccia del campionamento. Fig. 5 - The erosional pothole in the calcareous tufa flowstone at the entrance passage of Bus de la Spia with the sampling track. 243 la completa inondazione della grotta poteva verificarsi più frequentemente rispetto a oggi. 3. CAMPIONAMENTO, MATERIALI E METODI Sono state prelevate 6 carote di lunghezza variabile tra 250 e 400 mm (Fig. 6) nel latte di monte della Grotta Battisti alla base della colata della Cripta (cfr. Fig. 2 in Miorandi & Borsato 2007) tramite campionatori cilindrici in PVC trasparente del diametro di 55 mm infissi, tramite pressione manuale, perpendicolarmente alla direzione di crescita del deposito. La compressione esercitata dal campionatore ha comportato per alcune carote un raccorciamento assiale di diversi centimetri; a questo problema si è ovviato carotando a fianco di un foro eseguito in precedenza, in modo da ridurre la resistenza al taglio. Nella carota CB-L6 selezionata per questo studio il raccorciamento è stato di soli 30 mm. Alla base delle carote estratte vi era una crosta di pochi centimetri di deposito indurito, che il carotiere non è riuscito a penetrare. Le carote sono state trasportate in sacche termiche e successivamente conservate in cella frigorifera a 4 °C. Il campionamento del tufo calcareo al Bus de la Spia è stato effettuato sul fianco interno di una marmitta di erosione naturale situata a circa 25 metri dall’ingresso, tramite seghetto e spatole in acciaio (Figg. 2, 5). Si sono prelevate due sequenze di “mattoncini” rettangolari con sezione di 100 x 60 mm circa, per uno spessore complessivo di sedimento di 600 mm. Alla base della sequenza campionata (BS-T2) il deposito passava gradualmente a una colata calcitica più com- Fig. 6 - Le carote prelevate dalla colata di latte di monte nella Cripta nella Grotta Cesare Battisti. Fig. 6 - The moonmilk cores sampled at the Cripta chamber in Grotta Cesare Battisti. 244 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino Tab. 1 - Tabella riassuntiva dei campioni di tufo calcareo (BS-T2) e latte di monte (CBL-6) sui quali sono state effettuate le datazioni 14C. In tabella viene riportata la posizione dei campioni rispetto alla parte sommitale della carota. Tab. 1 - List of calcareous tufa (BS-T2) and moonmilk (CBL-6) samples used for radio carbon dating. In column 4 is specified the position of samples in relation to the core top. Campione BS-T2_A BS-T2_B BS-T2_D BS-T2_F BS-T2_G BS-T2_H BS-T2_I BS-T2_L CB-L6_81 CB-L6_88 CB-L6_89 CB-L6_86 CB-L6_82 CB-L6_83 CB-L6_84 CB-Bat_7 CB-L6_87 CB-L6_85 Lab. n° UtC 13913 13914 13915 14251 13916 13917 13918 14252 13919 14545 14546 14249 13920 13921 13922 3600 14250 13923 Frazione Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Org C-res Posizione mm dal top 54 ±5 118 ±5 253 ±5 322 ±8 390 ±12 449 ±6 533 ±4 548 ±5 22 ±5 33 ±5 46 ±5 70 ±5 100 ±4 153 ±6 247 ±7 255 ±13 302 ±7 316 ±7 patta e resistente, dello spessore di alcuni centimetri, con frequenti livelli detritici sabbioso-siltosi di colore marrone. Un totale di 18 campioni (8 per il tufo e 10 per il latte di monte) è stato datato con il metodo 14C AMS dal Laboratorio R.J. Van de Graaff dell’Università di Utrecht (Tab. 1). In tutti i campioni è stato analizzato il C-organico del residuo insolubile, ottenuto dissolvendo la componente carbonatica con HCl allo 0,5% fino a quando il pH della soluzione si stabilizzava a 2 unità. Il residuo è stato successivamente lavato in acqua bi-distillata fino a raggiungere un pH di 7, essiccato sotto vuoto e ossidato con CuO e O2 in eccesso. Il CO2 risultante è stato convertito in grafite (C) a 620 °C utilizzando polvere di Fe come catalizzatore per l’analisi con AMS. Le risultanti attività di radiocarbonio, convertite in età radiocarbonio, sono state calibrate utilizzando il programma Calib, versione 5 (Stuiver & Reimer 1993), con la curva di calibrazione IntCal04 (Reimer et al. 2004). Le analisi dei rapporti degli isotopi stabili di ossigeno e carbonio sono state effettuate nel laboratorio dell’Università di Innsbruck. Per il latte di monte si sono campionate delle fettine continue di sedimento dello spessore medio di 4 mm, che sono state essiccate Età C-14 anni 4490 ±60 5050 ±60 6390 ±70 5030 ±50 8060 ±90 7470 ±60 7510 ±80 7578 ±60 4073 ±45 4478 ±42 5050 ±60 5554 ±45 5910 ±70 6260 ±60 7160 ±90 6860 ±100 6870 ±47 6240 ±80 Età calibrata [cal BP] Anni ±2σ 5130 ±181 5788 ±129 7311 ±124 5780 ±121 8913 ±253 8286 ±103 8310 ±141 8404 ±114 4591 ±108 5143 ±137 5785 ±126 6334 ±65 6718 ±175 7141 ±137 7753 ±149 7726 ±152 7693 ±75 7120 ±196 singolarmente in forno a 40 °C per 120 h e successivamente polverizzate in mortaio. Per il tufo calcareo si è utilizzato un micro-scalpello con punta da 0,2 mm per prelevare 1 campione ogni 2 mm sulla carota preventivamente essiccata in forno a 40 °C. I campioni di polvere sono stati analizzati con un sistema di preparazione per carbonati on-line a flusso continuo (Gasbench II) collegato a uno spettrometro di massa Finnigan Delta Plus XL. I risultati sono stati riportati relativamente allo standard Vienna Pedee Belemnite (VPDB) e la precisione delle analisi è stata convalidata confrontando il rapporto isotopico ogni 10 campioni con il rapporto isotopico dello standard NBS19. La precisione dei valori δ18O e δ13C espressa come deviazione standard 1σ è inferiore a 0,10‰. Lo studio petrografico del latte di monte è stato effettuato esclusivamente con il Microscopio Elettronico a Scansione Ambientale (ESEM) che non richiede l’essiccazione del campione. Le osservazioni micromorfologiche della colata di tufo calcareo sono state effettuate in microscopia elettronica a scansione (SEM e ESEM), mentre lo studio petrografico e microstratigrafico è stato fatto su sezioni sottili al microscopio ottico ZEISS Axioscop e tramite stereoscopio LEICA MZ16A. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 Il contenuto in acqua dei depositi è stato determinato confrontando il peso umido con il peso del campione essiccato in forno a 72 °C; l’essicazione dei blocchetti di 8-10 mm di tufo calcareo è durata 48h, mentre quella dei blocchetti di latte di monte, spessi da 3 a 5 mm, ha richiesto 120 h. La densità apparente è stata misurata per confronto tra volume e peso dei blocchetti di tufo calcareo essiccato. La concentrazione di Calcio, Stronzio e Bario nei campioni di latte di monte è stata analizzata nel laboratorio di chimica dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. I campioni, di 0,1 g di peso, sono stati essiccati a 100 °C e polverizzati fino al completo passaggio su un setaccio di maglia 0,2 mm. La polvere è stata quindi dissolta in 0,5 ml di acido nitrico ultrapuro e concentrato, e portata a 20 ml con acqua distillata. Nella soluzione ottenuta (diluita 20 volte per l’analisi del Calcio) i tre elementi sono stati dosati per spettrofotometria di emissione al plasma con strumento Perkin Elmer ICP-OES 3300DV, usando Ittrio come standard interno. Sulla stessa soluzione, diluita 100 volte, il Calcio è stato parallelamente dosato anche per cromatografia ionica, con cromatografo DIONEX 320, colonna CS12A. Per tale elemento sono riportati i valori medi ottenuti con le due diverse tecniche analitiche, risultati peraltro coerenti fra loro, con piccole differenze casuali e uno scarto sistematico di circa 2%. Da tali valori medi è stato calcolato il contenuto di CaCO3. Il contenuto di Magnesio, non riportato perché risultato poco attendibile, è trascurabile (<0,5 %) rispetto a quello corrispondente di Calcio. I contenuti sono riferiti ai campioni essiccati. 4. RISULTATI 4.1. Il deposito di latte di monte della Grotta Battisti 245 Fig. 7 - Datazioni 14C calibrate, modello di età e tasso di crescita calcolato per la carota di latte di monte CB-L6 della Grotta Cesare Battisti. Le due analisi 14C riportate in rosso sono state scartate in quanto presentano inversione stratigrafica. Fig. 7 - Calibrated 14C ages, age model and calculated growth rate for the CB-L6 moonmilk core from Grotta Cesare Battisti. The two 14C analyses in red have been discarded from the age model on the basis of their stratigraphic inversion. di concrezionamento scese poi in modo quasi lineare fino a 100 µm anno-1 intorno a 6750 ±150 anni cal. BP, per diminuire in maniera molto più sostenuta fino a 35 µm anno-1 intorno a 6000 ±150 anni cal. BP, e ridursi a soli 12 µm anno-1 nei 10 mm alla sommità. Data la mancanza di datazioni per la parte terminale, il momento di cessazione della deposizione non può essere determinato con accuratezza, ma si può stimare intorno alla data 3090 ±300 anni cal. BP. 4.1.1. Datazioni e modelli di età 4.1.2. Analisi petrografiche, chimico-fisiche e isotopiche Le 10 datazioni 14C hanno dato risultati stratigraficamente coerenti per i primi 8 campioni, mentre i 2 campioni alla base del deposito sono risultati caratterizzati da inversioni stratigrafiche (Tab. 1) e per questo motivo sono stati scartati nella costruzione del modello di età. Questo si è basato sul best-fitting tramite un polinomio di 4° grado per la parte più recente, combinato a una funzione di potenza per la parte più antica. Entrambe le curve sono state estrapolate oltre l’ultima datazione per ricostruire la possibile data di inizio e fine della carota. Il modello di età risultante e il tasso di crescita corrispondente sono riportati nella figura 7. Secondo il modello, il latte di monte iniziò a formarsi circa 8070 ±150 anni cal. BP con un tasso di crescita di 275 µm anno-1. La velocità Il latte di monte è costituito da filamenti di tipo batterico, cristalli di calcite molto allungati – di tipo fibroso (fibers) lunghi oltre il millimetro e larghi circa 20 μm –, cristalli di calcite costituiti da due o più fibre rigide associate (multiple paired rods o MA in Verrecchia & Verrecchia 1994) e cristalli compositi in cui romboedri appiattiti sono associati a cristalli MA (serrated edged crystals o MB in Verrecchia & Verrecchia 1994) o in cui i singoli romboedri sono impilati l’uno sull’altro (vedi Borsato et al. 2000b). Nei campioni osservati all’ESEM non è stata osservata microsparite diagenetica (Fig. 8); quindi il deposito non ha subito modificazioni post-deposizionali. Sulla base del confronto con la letteratura esistente su depositi analoghi, è probabile che i filamenti siano di 246 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino hanno permesso di distinguere tre unità, descritte di seguito dal basso verso l’alto (Fig. 9). Unità 1. Tra 335 e 285 mm (tra 8070 e 7880 anni cal. BP) La prima unità si contraddistingue dal resto della carota per un contenuto in acqua particolarmente basso, compreso tra 57% e 70% del peso totale nella parte basale, che risale poi velocemente verso il passaggio all’Unità 2. Questo fatto suggerisce possibili effetti di alterazione post-deposizionale (diagenesi) che potrebbero spiegare il “ringiovanimento” delle due datazioni effettuate a 302 e 316 mm (Tab. 1). Il CaCO3 equivalente presenta invece valori massimi, variando tra 95,2 e 98,3% del peso totale. I valori del δ18O e del δ13C sono piuttosto costanti e sono compresi tra -7,9 e -8,3 e tra -6,8 e -6,5‰ rispettivamente. Unità 2. Tra 285 e 75 mm (tra 7880 e 6420 anni cal. BP) Fig. 8 - Immagini ESEM del latte di monte dalla carota CB-L6. Il campione non è stato essiccato, e la struttura originale è stata mantenuta. Si notino i filamenti di origine batterica che si avvolgono attorno alle fibre (rod) e le collegano. I rapporti tra fibre calcitiche e filamenti batterici sono simili a quelli osservati da Freytet & Verrecchia (1998) nei tufi calcarei stromatolitici formatisi in acque dolci superficiali. Fig. 8 - ESEM images of the moonmilk core CB-L6 sampled in Grotta Cesare Battisti. The sample has not been desiccated and the original structure has been preserved. Note bacterial filaments which surround and connect the calcite rods. The observed relationship between calcite rods and bacterial filaments is similar to that illustrated by Freytet & Verrecchia (1998) in stromatolitic calcareous tufa formed in freshwater environments at the surface. origine batterica (Freytet & Verrecchia 1998), ma un rapporto causale diretto tra precipitazione della calcite e attività dei batteri deve essere ancora dimostrato (Borsato et al. 2000b). Gli 80 campioni, prelevati a intervalli di 4 mm lungo l’asse della carota, una volta essiccati sono stati utilizzati per le analisi chimico-fisiche e isotopiche che Il contenuto in acqua è comunemente tra 82 e 92% del peso totale, il CaCO3 equivalente presenta valori relativamente costanti tra 92 e 99% del peso totale. I valori del δ18O mostrano un leggero trend positivo passando da -8,0‰ nella parte bassa a -7,5‰ nella parte alta dell’unità, mentre il δ13C scende dapprima fino ai valori minimi di -7,5‰ intorno a 170 mm (7300 anni cal. BP) per poi risalire fino a circa -6,0‰ verso il passaggio all’Unità 3. Lo Sr mostra un leggero trend negativo da 24 a 22 µg g-1 interrotto da una serie di picchi positivi fino a 32-35 µg g-1, mentre il Ba mostra una tendenza opposta aumentando da 18 a 22 µg g-1, sebbene registri analoghi picchi positivi. Unità 3. Tra 75 e 0 mm (tra 6420 e 3090 anni cal. BP) In questa unità avviene la drastica riduzione del tasso di crescita che passa da 62 µm anno-1 alla base a 20 µm anno-1 a 30 mm (5150 ±150 anni cal. BP), per poi stabilizzarsi intorno a 12 µm anno-1 nei 20 mm terminali. La riduzione del tasso di crescita ha effetti su molti dei parametri chimico-fisici analizzati, e in particolare sul contenuto in CaCO3 che scende da 96 a 80% del peso totale. Questa diminuzione è dovuta alla presenza sempre più cospicua di impurità argillose, come testimonia il colore della carota, che diventa sempre più scuro. Lo Sr ha un trend negativo simile al CaCO3, mentre il Ba cresce in modo graduale, analogamente al δ18O. La variazione più evidente è però quella nel δ13C che registra il valore più alto (-3,3‰) a 43 mm (5680 ±150 anni cal. BP), scende a -6,8‰ intorno a 31 mm, per poi risalire fortemente fino a -3,9‰ alla sommità (Fig. 10). L’unico parametro che non risente della diminuzione del tasso di crescita è il contenuto in acqua che varia da 86 a 92% del peso totale e testimonia l’assenza di modificazioni diagenetiche. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 247 Fig. 9 - Modello di età, contenuto in acqua, CaCO3 equivalente, Sr, Ba e isotopi stabili della carota di latte di monte CB-L6 rappresentata all’estremità destra. Fig. 9 - Age model, water content, equivalent CaCO3, Sr and Ba content and stable isotopes composition of the CB-L6 moonmilk core whose picture is on the far right side. 4.2. La colata di tufo calcareo del Bus de la Spia formatisi entro il tufo calcareo, la componente non carbonatica deve provenire dall’esterno, indicando la 4.2.1. Analisi petrografiche e microstratigrafia Lo studio petrografico e microstratigrafico è stato effettuato su 16 sezioni sottili contigue. Tutta la sequenza è laminata, con lamine sub-millimetriche e una tessitura intralaminare relativamente omogenea di tipo stromatolitico. Ogni lamina è costituita da un livello microsparitico più chiaro e da un livello micritico che, talora, sembra incorporare piccoli grani di sedimento (Figg. 11A-F). In microscopia elettronica a trasmissione si notano cristalli euedrali di carbonato di calcio, di dimensioni variabili da 2 a 4 µm, immersi in un feltro di fibre tipo “calcite rod” (Borsato et al. 2000b). Nella figura 11B si nota, inoltre, che le lamine visibili nella figura 11A sono costituite da cristalli organizzati in domini di estinzione che partono da un centro comune e si irradiano verso l’esterno a ventaglio. Questi domini di estinzione attraversano le lamine di tipo stromatolitico e potrebbero indicare processi di diagenesi precoce. Sono presenti anche cristalli di sparite isodiametrica che forma bande chiare, spesse fino a 0,5 mm, tipo cementi di riempimento di vuoti (Fig 11 D). Nel deposito sono anche presenti peloidi micritici (Figg. 11D, E) e microparticolato non carbonatico. Mentre i peloidi micritici potrebbero essere derivati dall’aggregazione di cristalli primari di calcite Fig. 10 - Profili isotopici della carota CB-L6. I rombi in alto rappresentano le datazioni 14C calibrate con i relativi errori 2Σ utilizzate nel modello di età. Fig. 10 - Stable isotope time series of the CB-L6 moonmilk core. Diamonds indicate the calibrated 14C ages utilized in the age model with their 2Σ errors. 248 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino Fig. 11 - A-E: sezioni sottili di tufo calcareo del campione BS-T2. A-B: tessitura laminata a microstromatoliti nella parte alta della sequenza (BS-T2-T) (A: Nicol=, B: Nicol +). C: ingrandimento della foto A. D: tessitura laminata con livelli e inclusi micritici nella parte alta della sequenza (BS-T2-6) (Nicol=). E: tessitura laminata con livelli e inclusi micritici nella parte bassa della sequenza (BS-T2-15) (Nicol=). F: colata stalagmitica attiva BS21 a tessitura laminata ubicata in corrispondenza del livello di oscillazione del sifone (Nicol=). In tutte le foto la scala è 1 mm. G-I: immagini SEM di tufo calcareo. G: cristalli euedrali romboedrici di dimensioni variabili tra 2 e 4 µm in diametro immersi in un feltro sub-micrometrico di filamenti simili a quelli osservati nel latte di monte; l’immagine è leggermente sfocata, in quanto il campione non è stato seccato per non alterarne le caratteristiche. H: feltro di fibre che ingloba aggregati di cristalli irregolari (1) e romboedrici (2) (campione essiccato). I: aggregati di cristalli irregolari e romboedrici. Questi ultimi sono impilati regolarmente, e formano i monocristalli a estinzione uniforme che tagliano le lamine stromatolitiche osservabili in 11B (campione essiccato). In tutte le foto SEM la scala è 10 µm. Fig 11 - A-E: Thin sections of BS-T2 calcareous tufa. A-B: Laminated microstromatolitic fabric in the upper part of the sequence (BS-T2-T) (A: Nicol=, B: Nicol +). C: Enlargement of A. D: Laminated fabric with micritic layers and pellets in the upper part of the sequence (BS-T2-6) (Nicol=). E: Laminated fabric with micritic layers in the lower part of the sequence (BS-T2-15) (Nicol=). F: Laminated microcrystalline stalagmitic flowstone (BS21) located in the fluctuating water level zone in the deepest part of the cave (Nicol=). The scale bar in all the pictures is 1 mm. G-I: Scanning Electron Microscope(SEM) pictures of BS-T2 calcareous tufa. G: Euhedral calcium carbonate crystals (rhombs) of ca. 2 to 4 µm in diameter, surrounded by filaments (rods) similar to those typical of moonmilk deposits. The image is slightly out of focus as the specimen was not dried to avoid possible modifications. H: Fibers incorporate aggregates of irregularly stacked crystals (1) and rhombohedra (2) (desiccated sample). I: Aggregates of irregularly stacked crystals and rhombohedra that are regularly stacked to form single crystals with unit extinction which cross-cut the laminae, as it can be seen in figure 11B (desiccated sample). The scale bar in all SEM pictures is 10 µm. Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 249 possibilità della presenza di detrito nel tufo. Il segnale isotopico di un deposito così complesso deve quindi riflettere sia la precipitazione primaria, possibilmente mediata da batteri, sia la presenza di particolato detritico. Sulla base di osservazioni in travertini e tufi stromatolitici, sappiamo che la diagenesi avviene entro pochi mesi dalla deposizione, quindi i valori isotopici del tufo diagenizzato riflettono parametri climatici e ambientali quasi contemporanei al periodo di deposizione del livello analizzato. La maggiore o minore proporzione di particolato detritico, invece, potrebbe alterare il segnale isotopico aumentando i valori di δ18O e δ13C. La regolare laminazione ha permesso il conteggio di oltre 6000 lamine consecutive che, confrontate con le datazioni 14C, si sono dimostrate essere lamine annuali di deposizione e sono state pertanto utilizzate per raffinare il modello di età (§ 4.2.2). 4.2.2. Datazioni e modelli di età Le 8 datazioni 14C effettuate hanno dato risultati contrastanti, e 4 di esse, tra cui le tre più basse, appaiono fuori sequenza, dando un’età invertita rispetto alla loro posizione stratigrafica (Tab. 1). Questo fatto, già verificato per le datazioni del deposito di latte di monte della Grotta Battisti (§ 4.1.1), occorre sistematicamente anche per datazioni U/Th di speleotemi macrocristallini in grotte interessate da flussi d’acqua turbolenta e/o da acque di percolazione sottosature, come evidenziato da Borsato et al. (2005), e testimonia l’apertura del sistema nei confronti degli isotopi radiogenici utilizzati nelle datazioni. Pertanto, per verificare la coerenza delle altre datazioni 14C e costruire un modello di età affidabile, si è effettuato il conteggio delle lamine su tutta la sequenza. In particolare, nel tratto tra 54 mm e 390 mm, corrispondente all’intervallo temporale di 3783 ±210 anni (cfr. Tab. 1), si sono contate 3755 ±180 lamine, dimostrandone la loro annualità come previsto in analogia con altri speleotemi (stalagmiti laminate) di grotte poco profonde (Frisia et al. 2003, 2005). Per la costruzione del modello di età si sono quindi utilizzati i conteggi delle lamine di accrescimento annuali facendo corrispondere, attraverso il metodo dei minimi quadrati, le età desunte dalle lamine di accrescimento con le 4 età 14C calibrate (Fig. 12). Lo scostamento tra intervalli di età tra due datazioni 14C successive e numero di lamine di accrescimento nell’intervallo corrispondente varia da -26 a +76 anni, ben al di sotto dell’errore intrinseco della datazioni 14C. Si è quindi utilizzato il conteggio delle lamine annuali per datare gli intervalli esterni alle datazioni 14C, fino a coprire l’intera successione. Il modello di età è stato successivamente trasformato un polinomio di 6° grado; lo scarto tra età calcolata dal conteggio delle lamine e modello di età polinomiale è risultato sempre Fig. 12 - Datazioni 14C calibrate, modello di età desunto dalle lamine di crescita annuali e tasso di crescita calcolato per la sequenza di tufo calcareo BS-T2 del Bus de la Spia. Le analisi 14C riportate in rosso sono state scartate, in quanto presentano inversione stratigrafica. Fig. 12 - Calibrated 14C ages, age model derived from the annual laminae counting and calculated growth rate for the calcareous tufa sequence BS-T2 from Bus de la Spia. The 14 C analyses in red have been discarded from the age model on the basis of their stratigraphic inversion. inferiore a ±47 anni, con uno scarto medio del valore assoluto di 16 ±12 anni. Secondo il modello l’inizio della formazione della colata di tufo è avvenuto intorno a 10.890 ±150 anni cal. BP con un tasso di crescita di 97 µm l’anno (Fig. 12). Il tasso è poi diminuito progressivamente fino a 88 µm l’anno intorno a 8000 ±150 anni cal. BP, quindi la velocità di crescita del deposito è rimasta pressoché costante fino alla cessazione della deposizione avvenuta intorno a 4470 ±200 anni cal. BP. 4.2.3. Analisi chimico-fisiche e isotopiche Analisi fisiche relative alla densità apparente e contenuto in acqua del deposito sono state effettuate su 9 campioni prelevati dalla parte centrale della carota, utilizzati successivamente per le datazioni 14C. Le analisi fisiche e quelle isotopiche, effettuate ogni 2 mm per un totale di 286 campioni, hanno permesso di distinguere due unità descritte dal basso verso l’alto (Fig. 13): Unità 1. Tra 572 e 308 mm (tra 10.890 e 8000 anni cal. BP) La prima unità si contraddistingue per un contenuto in acqua relativamente alto, compreso tra 49% alla 250 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino Fig. 13 - Modello di età, caratteristiche fisiche e isotopi stabili della sequenza di tufo calcareo BS-T2 rappresentata all’estremità destra. Fig. 13 - Age model, water content, density and stable isotopes composition of BS-T2 calcareous tufa sequence represented on the far right side. base e 35% del peso totale verso il passaggio all’Unità 2. La densità apparente, calcolata sul peso secco, varia da 0,88 a 0,97 g cm-3 e sale fino a 1,15 g cm-3 verso il passaggio all’Unità 2. Il δ13C è contraddistinto da una sorta di valore di fondo intorno a -9,0‰ sul quale si inseriscono una serie di picchi positivi della durata di 50-150 anni spaziati in modo più o meno regolare ogni 300 anni circa e centrati intorno a 10.870, 10.580, 10.400, 9700, 9450, 9230, 8950, 8560, 8200 e 8050 anni cal. BP (Fig. 14). L’escursione dei picchi è massima (+5,5‰) alla base della sequenza e diminuisce progressivamente fino a +1,0‰ verso il passaggio all’Unità 2. Ai picchi del δ13C corrispondono analoghi picchi positivi del δ18O, sebbene la loro escursione sia leggermente minore. Al di fuori dei picchi, anche il δ18O è caratterizzato da valori più o meno costanti tra -8,5 e -8,0‰. Unità 2. Tra 308 e 0 mm (tra 8000 e 4470 anni cal. BP) La seconda unità si distingue per un contenuto in acqua minore, compreso tra 38% e 26% del peso totale, ma una maggiore densità apparente che varia da 1,07 a 1,36 g cm-3. Gli isotopi di carbonio e ossigeno non mostrano più i picchi positivi tipici dell’Unità 1, ma piuttosto una struttura ciclica con periodo intorno ai 1000 anni, articolata da brevi e meno definiti picchi positivi. Entrambi gli isotopi mostrano un generale trend positivo, evidente soprattutto nel δ18O (0,2‰ al millennio) e nella parte finale della sequenza tra 5000 e 4470 anni cal. BP. 5. DISCUSSIONE 5.1. Cenni sulla formazione di tufo stromatolitico in ambiente ipogeo La concrezione di tufo calcareo BS-T2 è simile, per aspetto tessiturale, alle tufa stromatolites (Andrews & Brasier 2005), nelle quali la micrite è bioprecipitata e intrappolata da alghe procariote e cianobatteri (Golubic 1973; Walter 1976). I romboedri osservati nel deposito hanno una morfologia che richiama precipitati primari, piuttosto che sedimento rimaneggiato, e potrebbero essere sia di origine inorganica che bioprecipitati in associazione a procarioti. Le fibre di calcite che incorporano i romboedri sono anch’esse spiegabili o con processi inorganici (Borsato et al. 2000b) o come precipitazione biomediata. Fibre analoghe a quelle Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 251 Età (anni cal. BP) Fig. 14 - Profili isotopici della sequenza di tufo calcareo BS-T2 con evidenziati in grigio i picchi positivi per entrambi gli isotopi. I rombi in alto rappresentano le datazioni 14C calibrate con i relativi errori 2Σ utilizzate nel modello di età. Fig. 14 - Stable isotope time series of BS-T2 calcareous tufa sequence. The gray vertical bars represent the positive peaks for the two isotopes. Diamonds indicate the calibrated 14C ages utilized in the age model with their 2Σ errors. della concrezione BS-T2, infatti, sono osservabili in alcuni depositi carbonatici di paleosuoli, dove sono state interpretate come il risultato di biomineralizzazione legata a funghi (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006). La presenza di domini di estinzione che “tagliano” le lamine di tipo stromatolitico indicherebbe fenomeni di riorganizzazione tessiturale, dovuta a diagenesi molto precoce (ricristallizzazione), analoghi a quelli descritti in depositi biogenici di acque dolci quali i travertini (Golubic et al. 1993). Le strutture a ventaglio illustrate nella figura 11B sono caratteristiche della diagenesi nei tufi stromatolitici per progressiva aggregazione dei microcristalli che formano un articolato edificio monocristallino (Figg. 11H-I). Durante la crescita della concrezione, la struttura dei filamenti batterici potrebbe creare ventagli di cristalliti di forma romboedrica tra un filamento e l’altro. I ventagli entrerebbero in coalescenza tra loro lateralmente formando dei monocristalli per crescita sintassiale caratterizzati dalla stessa estinzione quando osservati a Nicol incrociati (Fig. 11B). Fenomeni di diagenesi sono anche riconoscibili dalla presenza della sparite isodiametrica probabilmente cresciuta su originali nuclei costituiti da romboedri “primari” di piccole dimensioni associati ai procarioti (Freytet & Verrecchia 1998). Nella formazione dei tufi calcarei di acqua dolce di tipo stromatolitico, precipitazione biotica e abiotica sono associate (Pentecost 1978; Szulc & Smyk 1994). Tuttavia, l’ambiente ipogeo è caratterizzato da oscurità, per cui si può escludere biocristallizzazione da cianobatteri tipo Scytonema, Phormidium o Schizothrix, che formano comunemente le lamine stromatolitiche in ambiente acquatico superficiale. Non è da escludere a priori la presenza di funghi. I batteri, tuttavia, sono sicuramente presenti in grotta e potrebbero favorire la formazione del tufo calcareo. Recenti studi hanno rivelato la presenza di acidi con 3-idrossili, acidi alkenodioici e steroli, comunemente associati ai batteri, all’interno e tra i cristalli che costituiscono le concrezioni (Blyth et al. 2006). Al momento non sono noti i tipi di batteri che potrebbero avere favorito la formazione del tufo calcareo, o avere causato la bioprecipitazione della calcite, sebbene le lamine micritiche scure suggeriscono la presenza di materia organica, anche in forma di biofilm (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006). È probabile, comunque, che la crescita del tufo calcareo sia favorita da batteri, come ad esempio l’enzima urease (aminohydrolase urea) (Bachmeier et al. 2002), che svolgono un’azione di catalisi nella bioprecipitazione di calcite. La formazione di questo particolare tipo di concrezione di grotta, dunque, è sicuramente legata alla presenza di acqua corrente e all’azione di batteri che, invece di derivare energia dalla luce, la traggono da molecole organiche e, possibilmente, da elementi in traccia veicolati dall’acqua. 252 Borsato et al. 5.2. Condizioni di equilibrio isotopico e serie temporali di δ18O Per verificare le condizioni di precipitazione all’equilibrio nei confronti degli isotopi dell’ossigeno, si è confrontata la composizione media del δ18Oc della colata di tufo nelle parti non interessate dai picchi positivi (circa -8,5‰ PDB) con la composizione del δ18Ow dell’acqua. Non conoscendo la composizione originale dell’acqua nel periodo di formazione del tufo sono stati impiegati i valori isotopici medi del biennio 20022003 per due stillicidi attivi nella grotta (-9,4 ±0,3‰ V-SMOW), nonché dell’acqua del sifone terminale (10,14 ±0,22‰ V-SMOW). Utilizzando l’equazione di Hoefs (1987) è stata calcolata una temperatura media per il periodo di deposizione del tufo calcareo di 12,9 ±1,35 °C, introducendo come δ18Ow dell’acqua quello degli stillicidi. Se nell’equazione si inserisce il valore di δ18Ow dell’acqua del sifone si ottiene una temperatura media di 9,5 ±1,0 °C, che è simile alla temperatura media odierna misurata in grotta (8,9 °C). Questo suggerisce che la deposizione del tufo calcareo è avvenuta da parte dell’acqua del sifone e in condizioni di sostanziale equilibrio isotopico, con l’esclusione dei periodi caratterizzati da picchi positivi del δ18Oc. Come ipotizzato nel paragrafo 4.2.1, gli effetti della diagenesi precoce non hanno sostanzialmente alterato il segnale isotopico: calcite spatica e micrite costituita da piccoli romboedri primari molto probabilmente precipitarono da acque con composizione isotopica simile. L’ipotesi di formazione del tufo in equilibrio isotopico è corroborata dalla calibrazione con il presente. La composizione isotopica della calcite sulla superficie di crescita attiva della colata nella zona di oscillazione invernale del sifone (campione BS21 – Fig. 2) ha valori di δ18Oc di -8,35 ±0,2 corrispondenti a una temperatura di formazione di 8,8 ±0,9 °C, molto simile alla temperatura attuale della grotta. Per calcolare la temperatura di deposizione del latte di monte si è seguito un approccio analogo, utilizzando il valore medio delle acque di percolazione per l’anno 1999 dell’Antro della Roda (δ18Ow= -10,2 ±0,12‰ (VSMOW), a poca distanza dalla Grotta Cesare Battisti (cfr. Borsato et al. 2000a). È stata così ottenuta una temperatura di 6,95 ±0,55 °C, sensibilmente superiore alla temperatura ipogea attuale (3,5 ±0,2 °C). La differenza tra la temperatura attuale e quella calcolata per l’Olocene medio è decisamente elevata, e in contraddizione con i risultati ottenuti per la colata BS-T2 che indicherebbero una temperatura simile a quella odierna. Si può quindi ipotizzare che anche per il latte di monte della Grotta Cesare Battisti il δ18Oc rifletta soprattutto la composizione originaria del δ18Ow delle precipitazioni meteoriche dell’Olocene medio. Ipotizzando una temperatura media simile a quella attuale e la formazione di latte di monte in equilibrio isotopico, la relazione tra δ18Oc e temperatura darebbe una composizione del Tufo calcareo e latte di monte in Trentino δ18Ow delle precipitazioni sulla cima della Paganella nell’intervallo tra 8000 e 7000 cal. BP di -10,95‰ (VSMOW). Questo valore è tipico delle precipitazioni invernali per il Trentino (Longinelli & Selmo 2003) e indicherebbe un contributo maggiore del segnale della stagione fredda rispetto a quella calda nel determinare il valore isotopico del latte di monte. 5.3. Gli isotopi del carbonio Nel tufo calcareo, nella parte di Unità 2 non interessata dai picchi positivi, la composizione isotopica del δ13C risulta di -8,7 ±0,6‰ (PDB). Questo valore medio è confrontabile con quello dei depositi di tufo calcareo del carso Dinarico, che variano da -8,3 ±1,0 (Laghi di Plitvice) a -10,1 ±0,5‰ (Fiume Zrmanja) (Horvatin i et al. 2003), e dei carbonati pedogenetici bioprecipitati ungheresi (Bajnóczi & Kovács-Kis 2006). Valori simili sono stati anche ottenuti nel tufo del carso della Boemia (-9,5 ±0,5‰, Žak et al. 2002). Questi valori indicano che nei tufi calcarei prevale incorporazione di CO2 arricchita nell’isotopo leggero, 12C, originatasi nel suolo (Cerling et al. 1989) dai processi di respirazione di piante di tipo C3 (cfr. Andrews 2006). Tuttavia, se il carbonio fosse esclusivamente derivato da CO2 di origine biologica, il δ13C che ci si aspetterebbe nella calcite dovrebbe essere in media -11‰ (Cerling et al. 1989). Pertanto il deposito potrebbero avere incorporato carbonio da altre fonti più arricchite in 13C, quali carbonio atmosferico (δ13C intorno a -7‰) o carbonio derivato dalla dissoluzione della roccia carsica. Infatti, valori positivi del δ13C in depositi di tufo calcareo, come in altri speleotemi, sono stati associati ad aree di alimentazione a quote relativamente elevate, dove la copertura vegetale e lo sviluppo del suolo sono molto limitati e il contributo del δ13C della roccia carsica diventa preponderante (Borsato 1995; Andrews et al. 1997; Horvatinčić et al. 2003; Andrews 2006). 5.4. Covarianze e significato dei proxy isotopici Esaminata nella sua interezza, la successione di latte di monte CB-L6 è caratterizzata dalla covarianza positiva tra δ18O e δ13C, indice di possibili effetti cinetici durante la precipitazione della calcite, e da una correlazione negativa tra i due isotopi stabili e il CaCO3 equivalente (Fig. 15). Le correlazioni sono dovute soprattutto all’Unità 3 dove si assiste a una forte diminuzione del CaCO3 equivalente accompagnata dall’aumento dei valori del δ13C (cfr. Fig. 9). La diminuzione del CaCO3 equivalente è senz’altro connessa alla drastica diminuzione della velocità di crescita della calcite. Di conseguenza, le impurità non carbonatiche in carico all’acqua possono diventare predominanti all’interno del deposito. La diminuzione della velocità di crescita è a sua volta legata a una diminuzione della produzione di CO2 nel suolo Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 Fig. 15 - Correlazione tra δ13C, δ18O e CaCO3 equivalente della carota di latte di monte CB-L6. Fig. 15 - Cross correlations between δ13C, δ18O and CaCO3 of the CB-L6 moonmilk core. al di sopra della cavità, che influenza lo stato di saturazione rispetto alla calcite delle acque di percolazione. Questo è il fattore limitante per la formazione di speleotemi alle alte quote (cfr. Borsato et al. 2007). A 1900 m s.l.m., nell’area della Grotta Cesare Battisti, al di sopra dell’attuale treeline, la produzione di CO2 nel suolo è funzione diretta della temperatura (Borsato & Miorandi 2003) e, più precisamente, della radiazione solare che giunge al suolo. Pertanto si può stabilire una relazione inversa tra δ13C e temperatura media in superficie o, quantomeno, con la temperatura media durante il semianno vegetativo estivo. Quindi, nel contesto climaticamente molto sensibile della Grotta Battisti, una diminuzione di temperatura in superficie comporta una aumento del δ13C del latte di monte dovuto al maggior contributo di δ13C della roccia e dell’atmosfera. Nell’Unità 3, a partire da 6500 anni cal. BP il tasso di crescita estremamente ridotto del latte di monte fa sì che si registrino anche modesti effetti cinetici nel δ13C e δ18O (Fig. 15) dovuti alla moderata ventilazione della grotta (Miorandi & Borsato 2007). Nella sequenza di tufo calcareo la covarianza positiva tra δ18O e δ13C, determinata soprattutto dai picchi positivi dei due isotopi nella parte più antica della sequenza (r2= 0,75), è molto più evidente e l’escursione del δ18O è molto più ampia (Fig. 16). Ciò suggerisce un diverso meccanismo alla base e si può spiegare con il trasporto di particolato carbonatico in sospensione da parte delle acque del sifone durante gli eventi di piena. Infatti, al termine del periodo freddo del Dryas 253 Fig. 16 - Correlazione tra δ13C e δ18O della sequenza di tufo calcareo BS-T2 nelle due unità riconosciute. La retta di regressione si riferisce ai soli punti dell’unità più antica (8000-11000 anni cal. BP). I triangoli rossi definiscono la mixing-line dovuta al contributo via via crescente di frazione detritica derivata dalla roccia incassante. Fig. 16 - Cross correlation between δ13C and δ18O of BST2 calcareous tufa sequence in the two recognized units. The regression line refers to the older unit (8000-11000 cal yrs BP). The red triangles identify mixing with different proportions of bedrock detrital contribution. recente (ca. 11.500 anni cal. BP) il suolo e la copertura vegetale nel bacino di alimentazione del sifone del Bus de la Spia, sviluppato tra le quote 1500 e 2400 m s.l.m., dovevano essere scarsi e discontinui favorendo l’infiltrazione di particolato carbonatico fine. Questa ipotesi è stata sottoposta a scrutinio costruendo un modello di mixing, per il quale sono stati utilizzati, come end member positivo, la composizione isotopica della roccia affiorante nel bacino di alimentazione (Calcari Grigi, Calcare di Zu e Dolomia Principale) che si aggira intorno a +2‰ δ13C e -1‰ δ18O (PDB) (Borsato et al. 1994) e, come end member negativo, il valore di -8,9‰ δ13C e di -8,3‰ δ18O (PDB) del tufo (Fig. 16). La mixing line così ottenuta coincide con la retta di regressione calcolata per l’unità più antica e descrive un contributo medio del 5% della frazione detritica nell’intervallo tra 11.000 e 8000 anni BP, con rari picchi oltre il 25%. La progressiva diminuzione dei picchi di δ13C, che da escursioni nei valori di circa +5,5‰ alla base della sequenza passa a +1,0‰ verso il passaggio all’Unità 2 (Fig. 14), si spiegherebbe come progressivo aumento della copertura pedologico-vegetale e della contemporanea rimozione 254 Borsato et al. Tufo calcareo e latte di monte in Trentino Fig. 17 - Confronto tra serie di δ13C di tufo calcareo BS-T2 e latte di monte CB-L6 con la serie δ18O COMNISPA da stalagmiti della Grotta di Spannagel in Tirolo (Vollweiler et al. 2006). I rombi in alto rappresentano le datazioni 14C calibrate (CB-L6 in rosso e BS-T2 in blu) con i relativi errori 2Σ utilizzate nel modello di età, mentre la freccia rossa indica la relazione negativa tra temperatura e δ18O nelle serie COMNISPA. Fig. 17 - Comparison between the δ13C series of BS-T2 calcareous tufa and CB-L6 moonmilk deposit with the composite δ18O stalagmite series (COMNISPA) from Spannagel Cave in Tirol (Vollweiler et al. 2006). Diamonds indicate the calibrated 14C ages utilized in the age model (CB-L6 in red, BS-T2 in blue) with their 2Σ errors, while the red arrow indicates the negative correlation between temperature and δ18O in the COMNISPA series. Fig. 18 - Confronto tra serie di δ13C della sequenza BS-T2 con il δ18O di ghiaccio groenlandese GISP2 (Grootes & Stuiver 1997, scala rovesciata) Fig. 18 - Comparison between the δ13C time series of BS-T2 calcareous tufa and the δ18O of the Greenland GISP2 ice core (Grootes & Stuiver 1997, inverted scale). Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 del particolato fine in superficie che risulterebbe stabilizzato intorno a 8000 anni cal. BP. A partire da questa data, l’interpretazione del δ13C nel tufo non si discosta da quanto discusso per il latte di monte, considerata la coincidenza altimetrica dei due bacini di alimentazione, e infatti la struttura delle due serie di δ13C è molto simile (Figg. 17, 18). Il maggiore trasporto di sedimento, a scala da decennale a secolare, da parte dell’acqua del sifone è probabilmente una risposta non-lineare a cambiamenti nelle caratteristiche del suolo e ad eventi piovosi molto intensi (Coulthard et al. 2000). Un aumento della frazione detritica nel tufo calcareo implica un incremento della portata del sifone, quindi una crescita del ricarico nel bacino di alimentazione. La mobilizzazione di sedimento carbonatico ad alta quota è legata a fenomeni erosivi e di dissoluzione-disgregazione connessi a processi bio-chimici e crioclastici (Borsato et al. 2000a). Pertanto, durante periodi caratterizzati da un aumento di fenomeni di precipitazione molto intensi, è ipotizzabile un incremento dell’infiltrazione nell’acquifero, con conseguente rialzo della portata del sifone e mobilizzazione del particolato fine presente sia in superficie che all’interno dell’acquifero. Dai dati relativi ai parametri orbitali, sappiamo che prima di 6000 anni fa il regime climatico era generalmente più piovoso, ma caratterizzato da un maggiore contrasto stagionale rispetto al presente (Crucifix et al. 2002; Bradley et al. 2003). Pertanto, i picchi positivi di δ13C e δ18O nel tufo calcareo indicherebbero periodi di durata secolare di forte contrasto idrologico. L’intervallo tra 11.000 e 8000 anni fa, quindi, sembrerebbe essere molto più instabile dal punto di vista idrologico rispetto agli ultimi 8000 anni, così come emerge anche nella ricostruzione proposta per il Mediterraneo orientale (Bar-Matthews et al. 1999). Il confronto con serie isotopiche da stalagmiti del Medio Oriente e del Mediterraneo (Neff et al. 2001; Fleitmann et al. 2003; Frisia et al. 2006) dà ulteriore supporto al quadro climatico ricostruito per il Trentino dalle due serie qui analizzate, evidenziando l’Olocene inferiore come un periodo idrologicamente instabile, ma complessivamente più piovoso dell’Olocene medio-superiore. Fleitmann et al. (2003), analizzando i valori del δ18O in stalagmiti dell’Oman, ipotizzarono che questa instabilità fosse legata a un regime climatico ancora di “tipo glaciale”, caratterizzato da un comportamento caotico (Burroughs 2005), a causa della persistenza delle calotte in Nord America e Siberia. Se così fosse, la fine del “regno del caos” non coinciderebbe con il passaggio Dryas recente - Olocene, come ipotizzato da Burroughs (2005), ma con quello tra Olocene inferiore e Olocene medio. Per le zone montuose del Trentino, il contrasto stagionale dovuto ai parameri orbitali dovrebbe avere avuto anche una componente legata alla temperatura, oltre che all’idrologia, in quanto è noto che le alte 255 quote sono più sensibili a variazioni nella radiazione solare. A titolo di esempio, la serie del δ18O COMNISPA da stalagmiti della Grotta di Spannagel in Tirolo (Vollweiler et al. 2006), situata a circa 2500 m s.l.m., è stata interpretata come prevalente segnale di temperatura, cui si correlerebbe una variazione nelle traiettorie che portavano umidità nella stagione invernale. Nel caso specifico, valori di δ18Oc più negativi corrisponderebbero a temperature medie più elevate, in quanto Spannagel riceverebbe con maggiore frequenza precipitazioni invernali da traiettorie di origine atlantica, più negative delle masse d’aria di provenienza meridionale o delle piogge estive (Fig. 17). Dal confronto tra le serie del δ13C di BS-T2 con quella del δ18Oc COMNISPA è interessante notare che i picchi positivi del δ13C nella curva del tufo calcareo, qui interpretati come aumento della portata, sembrano coincidere con picchi positivi del δ18Oc in COMNISPA, spiegati come maggiore influenza delle traiettorie di provenienza meridionale e minore precipitazione invernale a nord dello spartiacque alpino (Vollweiler et al. 2006). Se così fosse, si potrebbe ipotizzare che i periodi a maggiore piovosità fossero legati a variabilità secolare nella circolazione atmosferica e a una forte influenza di traiettorie di origine mediterranea. Per quanto riguarda le temperature, il confronto delle serie del δ13C di CB-L6 e BS-T2 e del δ18Oc in COMNISPA, sebbene la posizione dei relativi picchi a partire da 7200 anni cal. BP appaia leggermente anticipata in CB-L6, definirebbe due periodi caldi tra 7500 e 6450 e tra 5200 e 4500 anni cal. BP separati da un evento freddo tra 5900 e 5200 anni cal. BP. Il primo periodo corrisponderebbe in parte all’Optimum Climatico dell’Olocene, mentre il periodo tra 5900 e 5200 anni cal. BP sarebbe stato caratterizzato da un raffreddamento nell’Emisfero Settentrionale, osservato anche in serie lacustri peri-alpine e alpine (Magny & Haas 2004). 5.5. L’evento 8200 Nella serie isotopica del δ18O della carota di ghiaccio groenlandese GISP2 (Grootes & Stuiver 1997) l’Olocene inferiore è caratterizzato da un picco freddo a circa 8200 anni cal. BP (Fig. 18) denominato evento 8200. Questo episodio climatico è tuttora molto dibattuto, in quanto in molti record climatici ad alta risoluzione non è riconoscibile come “evento”, cioè un cambiamento brusco di forte intensità e breve durata (Rohling & Pälike 2005). L’evento 8200 sarebbe stato determinato dall’improvviso riversarsi delle acque dolci e fredde del Lago Agassiz, che occupava l’attuale regione dei Grandi laghi in Nord America, nell’Atlantico settentrionale, con conseguente blocco nella formazione di acque profonde e indebolimento nella circolazione oceanica, causando un raffredda- 256 Borsato et al. mento improvviso. In molti archivi di dati proxy, invece, l’evento 8200 appare come un periodo relativamente freddo durato 2-3 secoli, probabilmente legato a una diminuzione dell’attività solare (Rohling & Pälike 2005). L’evento 8200 coinciderebbe con uno degli ultimi picchi di piovosità evidenziato dai valori positivi del δ13C nella serie del tufo calcareo BS-T2. Altri picchi negativi minori registrati nella serie del δ18O del GISP2 corrispondono a picchi positivi del δ13Cc nel tufo calcareo. Questo, da un lato corrobora l’interpretazione di un Olocene inferiore climaticamente instabile, dall’altro indica che nelle Alpi e in Italia l’evento 8200 non ebbe un impatto particolarmente importante, mentre sicuramente si registrò un periodo plurisecolare di raffreddamento, come già evidenziato nella serie della Grotta Savi a Trieste (Frisia et al. 2005), nella serie di Spannagel in Tirolo (Vollweiler et al. 2006) e in quella di Carburangeli in Sicilia (Frisia et al. 2006). Un picco positivo del δ13C intorno a 8200 anni cal. BP è registrato anche nel tufo calcareo di Wateringbury in Inghilterra meridionale (Garnett et al. 2004; Andrews 2006), sebbene in questo record, come nella serie di tufo Svaty Jan pod Skalou in Boemia (Žak et al. 2002), l’evento 8200 corrisponda a un picco negativo del δ18O dell’ordine Tufo calcareo e latte di monte in Trentino di -0,5‰ (Andrews 2006). Infine, la struttura articolata dell’evento 8200 in BS-T2 con due picchi a 8180 e 8560 anni cal. BP si correla con i due distinti eventi di raffreddamento registrati nel nord Atlantico subpolare a 8290 e 8490 anni (Eleison et al. 2006), analogamente a quanto avviene per la grotta di Spannagel (Vollweiler et al. 2006). È anche significativo che il deposito di latte di monte nella Grotta Battisti abbia iniziato a formarsi a 8070 ±150 anni cal. BP, al termine del periodo di raffreddamento incentrato a circa 8200 anni BP: è probabile, pertanto, che il riscaldamento post-8200, accelerando la formazione di suolo al di sopra della Grotta Cesare Battisti, abbia permesso l’inizio del concrezionamento. 5.6. Cause della fine del concrezionamento Nella figura 19, le serie temporali del δ18O nel latte di monte e nel tufo calcareo sono confrontate con la serie del δ18O della stalagmite ER76 della Grotta di Ernesto per l’Olocene inferiore e medio (McDermott et al. 1999; Frisia et al. 2006). Si può osservare come nell’intervallo tra 8000 e 4500 anni cal. BP le tre serie siano caratterizzate da un trend positivo simile di circa 0,2‰ al millennio, sebbene Fig. 19 - Confronto tra profili isotopici della sequenza di tufo calcareo BS-T2, della carota di latte di monte CB-L6 e la stalagmite ER76 della Grotta di Ernesto (McDermott 1999; Frisia et al. 2006). Fig. 19 - Comparison between the stable isotope time series of BS-T2 calcareous tufa, CB-L6 moonmilk core, and ER76 stalagmite from Grotta di Ernesto (McDermott 1999; Frisia et al. 2006). Studi Trent. Sci. Nat., Acta Geol., 82 (2005): 239-259 differiscano sensibilmente nei valori assoluti a causa della diversa composizione isotopica delle acque di percolazione e delle relative temperature ipogee. Questo trend potrebbe testimoniare una variazione nella provenienza dei fronti nuvolosi o una progressiva diminuzione delle precipitazioni invernali a partire da 8000 anni fa, legata alla progressiva diminuzione dell’insolazione nell’Emisfero Settentrionale dovuta ai parametri orbitali. Per fenomeni di feed-back dovuti alla vegetazione, la progressiva diminuzione dell’insolazione – che aveva raggiunto il suo massimo circa 11.500 anni fa – si tradusse in un calo improvviso della piovosità nel Sud Europa e Nord Africa a partire da circa 6000 anni fa (Gasse 2000), causando l’espansione del Sahara in Nord Africa e l’abbandono di intere regioni, quali il Ciad e il Fezzan libico (Burroughs 2005). La progressiva diminuzione della piovosità è registrata anche in concrezioni di tufo calcareo nell’Europa centro orientale: a partire da circa 6500 anni fa nel carso boemo la crescita di tufo calcareo fitoermale si interruppe per essere sostituita dalla deposizione litologicamente complessa di tufo sciolto alternato a livelli di paleosuoli e livelli detritici (Žak et al. 2002), cui corrisponde una diminuzione nel contenuto in CaCO3, analogamente a quanto succede per il latte di monte CB-L6. Molte sequenze di tufo calcareo in Europa terminarono di depositarsi nell’Olocene medio o superiore (Andrews 2006). Quindi, è possibile ipotizzare che una combinazione tra diminuzione della piovosità media annua dovuta a parametri orbitali e un abbassamento delle temperature a partire da circa 5900 anni fa abbiano portato a condizioni vieppiù sfavorevoli alla formazione di latte di monte e tufo calcareo. Infine, sulla base delle informazioni archeologiche, si può ipotizzare che fenomeni generalizzati di disboscamento in età protostorica abbiano contribuito all’erosione dei suoli (Tinner & Theurillat 2003), con la conseguente drastica riduzione o cessazione della formazione di tufo calcareo e latte di monte in Trentino. 6. 257 la presenza di suolo forestale nel bacino di alimentazione, suggerisce precipitazioni elevate in grado di favorire la frequente risalita del livello del sifone che, combinandosi con le acque di percolazione provenienti dalla zona immediatamente soprastante la cavità (sviluppata intorno alle quote di 650 m s.l.m.), ricaricava l’acquifero permettendo una continua alimentazione e crescita del tufo. La colata di latte di monte nella Grotta Cesare Battisti, invece, iniziò a formarsi circa 2500 anni più tardi. Questo ritardo è legato all’altezza della grotta, situata a quasi 2000 metri di quota, per cui l’evoluzione del suolo procedette con sensibile ritardo rispetto al Bus de la Spia. La variabilità degli isotopi del carbonio nella calcite formatasi nell’Olocene inferiore dei due depositi di latte di monte e tufo calcareo è stata qui interpretata come dovuta a instabilità climatica, e, più precisamente, a variazioni secolari nell’intensità del contrasto stagionale, soprattutto di tipo idrologico, e conseguente variazione delle portate. Questa instabilità climatica è stata osservata in altri record paleoclimatici ed è stata imputata al persistere di condizioni di tipo glaciale, quindi a un clima ancora molto variabile. È stato qui anche ipotizzato che la maggiore piovosità fosse legata a un predominare delle traiettorie di provenienza mediterranea. Le serie del δ18O del latte di monte e del tufo calcareo nell’intervallo temporale 8000 e 4500 cal. BP sono caratterizzate da un trend verso valori positivi di 0,2‰ al millennio, che qui è stato interpretato come indice di una progressiva diminuzione della piovosità media annua. Questo fenomeno è stato osservato sia nel bacino del Mediterraneo sia in Europa. Tra circa 4500 e 3000 anni fa cessò il concrezionamento: per il tufo del Bus de la Spia, il cui fattore limitante è la disponibilità d’acqua, la causa principale è da ricercarsi nella progressiva diminuzione delle precipitazioni, a partire da circa 5900 anni fa; per la Grotta Battisti la causa prima della riduzione del tasso di crescita fino alla completa cessazione della formazione del latte di monte è invece legata alla progressiva riduzione delle temperature. CONCLUSIONI RINGRAZIAMENTI I depositi di latte di monte e tufo calcareo possono essere utilizzati per ricostruzioni paleoclimatiche ad alta risoluzione, e forniscono informazioni complementari rispetto agli speleotemi di calcite macrocristallina. Per il tufo calcareo, comune nelle grotte trentine al di sotto dei 1200 m s.l.m. (Miorandi & Borsato 2007), il parametro che più ne influenza la formazione durante l’Olocene è la disponibilità di acqua e, quindi, la piovosità. La colata del Bus de la Spia iniziò a formarsi circa 11.000 anni fa, poco dopo la fine del Dryas recente. La sua formazione, oltre ad indicare Questo lavoro è parte della ricerca OLOAMBIENT finanziata dal Servizio Università e Ricerca della Provincia Autonoma di Trento. Si ringraziano Laurie Mauclaire (ETH Zurigo) per le foto all’ESEM, Michele Zandonati per l’esecuzione dei disegni relativi ai rilievi delle cavità e per il supporto logistico durante i campionamenti, nonché Simone Degasperi e Roberto Stocchetti per l’esecuzioni delle analisi chimiche. Si ringraziano inoltre Federica Camin per le analisi del δ 18 O dell’acqua e Maria Letizia Filippi per la revisione critica del testo. 258 Borsato et al. 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