gli strumenti di finanza per lo sviluppo degli enti locali

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gli strumenti di finanza per lo sviluppo degli enti locali
Commissione di Studio UNGDCEC
Finanza degli Enti Locali
Delegato di Giunta
Barbara Guglielmetti
Presidente
Gianluca Battaglia
Segretario
Teresa Giofrè
GLI STRUMENTI DI FINANZA PER LO SVILUPPO
DEGLI ENTI LOCALI
Membri della Commissione di Studi Finanza degli Enti Locali
Barbara Guglielmetti
Gianluca Battaglia
Tersa Giofrè
Pierlio Baratta
Francesco Cuzzola
Matteo De Lise
Antonio Fiore
Teresa Fiorita
Lorenzo Frattarolo
Rossana Giacalone
Pasquale Limatola
Maurizio Maraglino
Francesco Ortello
Silvia Pastocchi
Giuseppe Rizzo
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Indice
PREMESSA ...................................................................................................................................................... 3
PARTE I - STRUMENTI DI FINANZA A SUPPORTO DELLE IMPRESE CHE OPERANO CON GLI
ENTI LOCALI .................................................................................................................................................. 5
1. Gestioni Ordinarie: il reverse factoring ..................................................................................................... 5
2. Gestioni Straordinarie: i piani di rientro del deficit sanitario .................................................................... 6
2.1 Caso di studio: il ruolo di So.Re.Sa S.p.A. nell'ambito dei decreti del Commissario ad acta 12/2011
e 22/2012. .................................................................................................................................................. 6
3. Decreto Compensazioni crediti PMI ....................................................................................................... 11
4. Il Fondo Immobiliare ............................................................................................................................... 13
4.1. Il caso “CDP Investimenti SGR – Fondo Investimenti per l’abitare (FIA)” ...................................... 14
5. Il sale and lease-back ............................................................................................................................... 15
PARTE II - STRUMENTI DI FINANZA PER IL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO PER LO
SVILUPPO DEGLI ENTI LOCALI ............................................................................................................... 17
1. Introduzione............................................................................................................................................. 17
2. Lo scenario della finanza pubblica .......................................................................................................... 18
3. Debito pubblico e Patto di Stabilità Interno ........................................................................................... 18
4. Le partnership pubblico-privato .............................................................................................................. 20
5. Il project Finance ..................................................................................................................................... 22
6. Il Project Finance: quadro giuridico dell’operazione .............................................................................. 24
7. I modelli di Project Finance..................................................................................................................... 30
8. Valutazione rischi e impatto sul bilancio pubblico di un’operazione...................................................... 33
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PREMESSA
“…Lo Stato non deve tanto preoccuparsi d’amministrare e far vivere i propri cittadini quanto,
invece, d’amministrarli bene e farli vivere bene”.
Stato, enti pubblici nazionali, enti locali, aziende pubbliche locali devono attrezzarsi per
raggiungere l’importante obiettivo evidenziato da Aristotele ma anche previsto rispettivamente da
Costituzione, da leggi e dalle specifiche missioni statutarie.
E’ da tempo all’attenzione degli studiosi il riordino delle autonomie locali nell’ottica
dell’ottimizzazione dei servizi alla collettività ma anche del contenimento della spesa pubblica.
Gli enti pubblici non sono equiparabili alle imprese in senso stretto in quanto non perseguono fine
lucrativo.
Per essi, tuttavia, si pone il problema, in analogia con tutti i soggetti economici, dell’acquisizione
delle risorse scarse nonché della loro allocazione ottimale rispetto ai bisogni, tendenzialmente
crescenti, da soddisfare. E’ importante, dunque, anche per il sistema pubblico impostare sistemi di
gestione più efficaci nel realizzare i fini e più efficienti nell’impiego delle risorse.
Se è vero che agli enti pubblici non possono applicarsi automaticamente i metodi gestionali tipici
delle imprese private a causa dell’attività svolta e degli obiettivi perseguiti, è altrettanto vero che
per tali soggetti è ancor più doveroso raggiungere l’economicità di gestione (e con il termine
gestione ci vogliamo riferire a tutte le attività degli enti di breve e medio-lungo periodo) in quanto
si utilizzano risorse della collettività.
Purtroppo questo intento non è stato perseguito per molto tempo. E’ mancata negli operatori del
settore la “cultura” aziendalistica a favore di un orientamento più burocratico-amministrativo a ciò
indotto dalla tradizione che vede nel bilancio pubblico più uno strumento autorizzatorio che il
mezzo per il perseguimento dell’economicità. Tutto quanto è stato reso ancora più stringente dagli
impegni che il nostro Stato si è assunto aderendo all’accordo stipulato ad Amsterdam nel 1997 dai
paesi membri dell’Unione Europea (c.d. Patto di Stabilità e Crescita) con l’obiettivo di mantenere
invariati i requisiti di adesione all’Unione Economica e Monetaria Europea (Eurozone).
La necessità di fare i conti con risorse finanziarie decrescenti a fronte di bisogni sociali crescenti
sta, inevitabilmente, spostando l’approccio degli operatori degli enti pubblici e aprendo nuove
opportunità di inserimento per giovani colleghi che vogliano traslare, con gli opportuni
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adeguamenti, le tecniche privatistiche di pianificazione, programmazione, controllo volti non solo
all’autorizzazione delle spese bensì alla misurazione ed al controllo dell’efficienza della spesa e
dell’efficacia dei servizi. Quanto precede nella consapevolezza che la situazione anzi descritta
interessa direttamente (rapporti di fornitura di beni e servizi) o indirettamente (fruitori dei servizi
pubblici) le imprese private.
Lo scritto che segue si pone, senza voler essere esaustivo, l’obiettivo di fornire un veloce excursus,
con rimando ad approfondimenti specifici, di una serie di strumenti operativi che possano essere di
supporto all’attività gestionale, in senso lato, sia degli enti pubblici che delle aziende private.
• Il lavoro risulta articolato in due parti:
• la prima individua alcuni strumenti di finanza a supporto delle imprese che operano con gli
enti locali. Gli strumenti che verranno descritti nel prosieguo evidenziano le possibilità
offerte alle imprese private di superare una delle maggiori difficoltà nell’operatività con gli
enti pubblici, ossia i ritardi nei pagamenti e, dunque, la possibilità di rendere
immediatamente liquido il credito verso gli stessi;
• la seconda parte, di converso, descrive uno degli strumenti più importanti a disposizione
della pubblica amministrazione per la realizzazione di opere pubbliche senza intaccare
risorse disponibili o contravvenire a quanto previsto dal Patto di Stabilità.
• Sperando che questo nostro lavoro possa diventare uno strumento operativo per quanti
intendano approcciare questa complessa ma, tanto affascinante, realtà gestionale
evidenziamo che ci sono margini per approfondimenti e miglioramenti ulteriori che
potranno essere sollecitati da suggerimenti e, perché no, critiche.
Un ringraziamento ai colleghi che, in un periodo non proprio facile, hanno trovato il tempo di
collaborare al lavoro: Matteo De Lise, Antonio Fiore, Teresa Fiorita e Pasquale Limatola nonché al
nostro presidente Gianluca Battaglia, sia per il lavoro che per il coordinamento e, non da ultimo, al
nostro delegato di giunta Barbara Guglielmetti.
Per la Commissione Finanza degli Enti Locali
Il segretario Teresa Giofrè – UGDCEC di Roma
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PARTE I - STRUMENTI DI FINANZA A SUPPORTO DELLE IMPRESE CHE OPERANO
CON GLI ENTI LOCALI
1. Gestioni Ordinarie: il reverse factoring
(a cura di Matteo De Lise e Pasquale Limatola – UGDCEC di Napoli)
Il reverse factoring è un meccanismo finanziario poco oneroso che consente ai fornitori del un ente
pubblico di smobilizzare i propri crediti, e all’ente pubblico stesso di poter ottenere una dilazionare
sui pagamenti, lungo un arco temporale che supera l’esercizio.
L’adesione al factoring indiretto, in particolare, avviene su proposta del debitore ceduto ovvero
l’ente pubblico. Il factor, invece, concede il finanziamento all’ente, a seguito della valutazione della
relativa solvibilità. A seguito di tale procedimento, individua la linea di credito/fido più opportuna.
Il debitore ceduto opera in coordinamento con il factor, e diviene il gestore dei flussi di pagamento
dei debiti ai fornitori, anticipando a questi ultimi i crediti e, ove richiesto, offrendo coperture pro
soluto .
Struttura dell’operazione:
•
L’ente locale (debitore) e la società di factoring sottoscrivono un accordo quadro di
“reverse factoring”;
•
Il debitore presenta la società di factoring ai propri fornitori;
•
Il fornitore sottoscrive il contratto di factoring alle condizioni definite nell’accordo quadro e
trasmette al debitore la lettera di inizio rapporto (LIR);
•
Il fornitore trasferisce le fatture alla società di factoring;
•
L’anticipazione viene effettuata previa accettazione del debitore;
•
Il debitore paga direttamente la società di factoring nelle modalità concordate;
•
Alla scadenza del contratto la società di factoring gira al fornitore la differenza fra quanto
riscosso e quanto già anticipato.
Vantaggi:
•
Utilizzo del debito di fornitura come fonte di finanziamento alternativa;
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•
Pagamento sicuro delle forniture di beni e servizi, con possibilità, per l’ente, di ottenere
vantaggiosi benefici sotto forma di sconti;
•
Ottenere plafond elevati da parte dei fornitori commisurati con il fido concesso da parte della
società di factoring;
•
Controllo del processo di pagamento dei fornitori;
•
Razionalizzazione dei flussi di pagamento ai fornitori con conseguenti economie di scala
amministrative;
•
Possibilità per l’ente pubblico di poter pianificare i pagamenti in un arco temporale più
lungo
A chi è rivolto:
Il reverse factoring si rivolge prevalentemente alle amministrazioni pubbliche, agli enti locali ed
alle grandi aziende con:
•
Un vasto portafoglio fornitori
•
Esigenze di razionalizzare i termini di pagamento negoziati con i Fornitori
•
Obiettivi di pianificazione finanziaria finalizzati a trasferire ad esercizi successivi pagamenti
di competenza dell’anno (superando così i vincoli imposti dal Patto di Stabilità Interno).
•
Opportunità di rendere più efficiente il processo di pagamento dei Fornitori.
2. Gestioni Straordinarie: i piani di rientro del deficit sanitario
(a cura di Matteo De Lise e Pasquale Limatola – UGDCEC di Napoli)
2.1 Caso di studio: il ruolo di So.Re.Sa S.p.A. nell'ambito dei decreti del Commissario ad
acta 12/2011 e 22/2012.
La Società Regionale per la Sanità S.p.A., , è un ente di diritto privato, partecipato integralmente
della Regione Campania la cui costituzione è stata disposta dall’art. 6, comma 1, della L.R. n. 28
del 24/12/2003, modificato dall’art. 1, comma 2, lettera d), della L.R. n. 24 del 29/12/2005, “ai fini
della elaborazione e della gestione di un progetto complessivo, finalizzato al compimento di
operazioni di carattere patrimoniale, economico e finanziario, al fine di integrarsi con gli interventi
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per il consolidamento ed il risanamento della maturata debitoria del sistema sanitario regionale e
per l’equilibrio della gestione corrente del debito della sanità”.
L’art. 2, della L.R. 24 del 29/12/2005 ha stabilito al comma 15 che: “ So.Re.Sa. è titolare in via
esclusiva delle funzioni di acquisto e fornitura dei beni e attrezzature sanitarie delle AA.SS.LL. e
delle AA..OO. A tal fine, So.Re.Sa. elabora annualmente un programma di contenimento della
spesa corrente sanitaria, definendo piani e procedure centralizzate, a livello regionale, per
l’acquisto e la fornitura di beni e attrezzature sanitarie”. Ciò in ossequio alla legge finanziaria
n.311 del 30 dicembre 2004 all’art.1, comma 180, che prevede la stipula e la sottoscrizione di un
apposito accordo, che individui gli interventi necessari per il perseguimento dell’equilibrio
economico, quale condizione necessaria per la riattribuzione alla Regione interessata del maggiore
finanziamento anche in maniera parziale e graduale, subordinatamente alla verifica della effettiva
attuazione del programma; nonché alla legge finanziaria n. 296 del 27 dicembre 2006, all’art.1,
comma 155, che recita: “ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa per
l'acquisto di beni e servizi, le regioni possono costituire centrali di acquisto anche unitamente ad
altre regioni, che operano quali centrali di committenza ai sensi dell'articolo 33 del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.
163, in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio
sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio”.
La Società opera esclusivamente con la Regione Campania e le AA.SS.LL. sulla base di
convenzioni che devono prevedere, tra l’altro, un corrispettivo sufficiente alla copertura di tutti i
costi della Società, ivi compresi gli ammortamenti, nonché l’uso di idonea struttura operativa e,
possibilmente, un contingente di personale del ruolo regionale o degli altri soggetti convenzionati,
appositamente comandato.
La Regione è titolare di penetranti poteri di vigilanza e di controllo che riguardano la nomina degli
organi di vertice, il bilancio e la adozione di linee di indirizzo in tema di strategie e politiche
aziendali;
Sotto l’aspetto finanziario, So.Re.Sa. opera in base a specifiche convenzioni e/o delibere della
Giunta Regionale, che assicurano la copertura dei costi di gestione e dei fabbisogni legati ad altre
attività, quali la centralizzazione degli acquisti di beni e servizi (sanitari e non).
Si riportano di seguito le principali funzioni svolte da So.Re.Sa. SpA:
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• Rientro della esposizione debitoria: tale funzione si è tradotta nell’operazione di
cartolarizzazione, conclusa alla data del 31 marzo 2007, con la soddisfazione delle pretese
creditorie di circa 3.000 soggetti per un importo globale di € 2,3 miliardi e prosegue, giusta
D.G.R.C. n.460 del 20 marzo 2007 - di approvazione del Piano di Rientro del disavanzo del
Servizio Sanitario Regionale - nell’attività di accertamento del debito e del credito sanitario
della Regione Campania.
•
Centralizzazione degli acquisti: tale funzione, giusta L.R. n. 24 del 29.12.2005 e D.G.R.C.
515 del 30 marzo 2007, consiste nell’esclusiva, in capo a So.Re.Sa., delle funzioni di
acquisto e fornitura dei beni e attrezzature sanitarie delle AA.SS.LL. e delle AA.OO. e, a
seguito di D.G.R.C. n.1452 del 3 agosto 2007 e sottoscrizione, in data 8 ottobre 2007, di
Accordo di Programma stipulato tra Regione Campania, So.Re.Sa. s.p.a. e Aziende
Sanitarie, delle funzioni per l’acquisizione centralizzata di beni e servizi non sanitari delle
AA.SS.LL. ed AA.OO., da svolgersi mediante la stipula di convenzioni quadro. Ad oggi
sono state esperite gare per un valore complessivo di € 2.491.869.060.
L’attività svolta dalla So.Re.Sa. consiste nello svolgimento di una serie di items procedurali
connessi al:
•
Caricamento dei dati distintivi dei creditori sull'apposita procedura telematica istituita da
So.Re.Sa.;
•
Trasmissione del file, unitamente alla richiesta di certificazione del credito pervenuta a
So.Re.Sa., all’indirizzo di posta elettronica certificata dell'azienda sanitaria debitrice;
•
Rielaborazione dei dati caricati sulla piattaforma e creazione di un file di riepilogo.
So.Re.Sa., decorsi 7 giorni lavorativi, in assenza di segnalazioni da parte del creditore di
eventuali errori sui dati iscritti in piattaforma, invia tali dati alle aziende debitrici e ne da
comunicazione al creditore a mezzo e-mail. Da tale data decorre il termine di 90 giorni entro il
quale deve perfezionarsi l’ intera procedura. In particolare si procede con la:
• convalida e richiesta, attraverso la procedura di accesso on line, di costituzione negli atti
transattivi. Il creditore “convalida” l’ammontare indicato come LIQUIDATO e quindi
CERTIFICABILE da ciascuna azienda debitrice e richiede formalmente di essere costituito
negli atti transattivi che verranno stipulati presso la So.Re.Sa.;
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• Convocazione delle parti per la stipula degli atti transattivi. Nello specifico l’ufficio legale
di So.Re.Sa. trasmette al creditore, a mezzo posta elettronica, la bozza dell’atto transattivo
e della pre-certificazione contenente il dettaglio analitico dei crediti liquidati dall’azienda
debitrice rispetto all’ammontare analiticamente richiesto dal creditore e comprensivo, ove
previsto, dell’INDENNIZZO (indennizzo forfettario) e/o INTERESSE calcolato sul
capitale liquidato dall’azienda debitrice, secondo i termini previsti negli accordi quadro
stipulati con le associazioni di categoria;
Occorre puntualizzare che, in caso di cessioni pro-solvendo, mandati all’incasso etc., l’atto
transattivo sarà sottoscritto dall’azienda sanitaria, dal cedente e dal cessionario e/o dal mandatario.
Occorre altresì precisare che, nel caso in cui il creditore abbia anche attivato una o più procedure
esecutive, il rilascio dell'atto di certificazione avverrà soltanto in presenza del provvedimento di
svincolo rilasciato dal giudice dell’esecuzione debitamente notificato al tesorerie dell’azienda
sanitaria.
Una volta aver completato l’iter di certificazione l'Azienda Sanitaria si impegna a pagare:
• l’importo capitale che sarà certificato;
• l’indennizzo di dilazione (pari al tasso variabile dell’EURIBOR ad 1 mese divisore 365 con
valuta pari all'inizio di ogni mese di riferimento come pubblicato sul Sole 24 Ore)
maggiorato di 0,50 punti percentuali, da calcolarsi sul debito capitale residuo della dilazione
in rate mensili da corrispondersi l’ultimo giorno lavorativo di ogni mese a partire dalla fine
del primo mese successivo alla stipula dell’atto transattivo e fino al giorno di pagamento
dell’ultima rata di capitale) a saldo e stralcio delle pretese creditorie relative ai crediti che
siano stati certificati.
Occorre precisare che la stipula degli atti transattivi potrà essere preceduta dalla stipula di verbali di
intesa ed accordi quadro con le associazioni di categoria, ovvero in attuazione di quanto previsto dal
Decreto 12/2011 e ss.mm.ii., l'associazione di categoria potrà sottoscrivere con il Commissario ad
acta un accordo quadro (il protocollo) mediante il quale le parti definiscono i criteri da utilizzare
per la stipula degli accordi transattivi e l’eventuale pagamento di importi aggiuntivi a titolo di
importo forfetario che la l'azienda sanitaria dovrebbe riconoscere alle imprese.
Il pagamento del credito certificato deve essere effettuato entro 12 mesi dalla stipula dell’atto
transattivo come segue:
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•
il 50% va suddiviso in 9 rate (di capitale) mensili costanti a partire dall’ultimo giorno
lavorativo bancario del quarto mese successivo alla data della stipula;
• il restante 50% andrà liquidato in un’unica soluzione al termine del dodicesimo mese.
Il pagamento dell’ indennizzo di dilazione, come sopra anticipato, dovrà corrispondersi l'ultimo
giorno lavorativo di ogni mese a partire dalla fine del primo mese successivo alla stipula dell’atto
transattivo e fino al giorno di pagamento dell’ultima rata di capitale.
In caso di ritardato pagamento l’azienda sanitaria sarà tenuta al pagamento degli interessi di mora.
Occorre inoltre precisare che la procedura di certificazione prevede altresì:
• per i crediti pregressi di piccolo importo (definiti nel Decreto 22/2012 come: “quei crediti,
comunque iscritti nella piattaforma gestita dalla So.Re.Sa. S.p.A. ai sensi del Decreto
12/2011 e ss.mm.ii., riferiti a partite già fatturate al 30 giugno 2011 e ancora non
soddisfatte per un importo complessivo non superiore ad euro 60.000,00 vantato dal
creditore nei confronti di ciascun debitore”), che, all’esito dell’istruttoria compiuta sulla
fondatezza delle pretese creditorie indicate nella richiesta di certificazione (secondo quanto
previsto dal paragrafo 4 delle nuove linee guida in materia di accordi transattivi e di
dilazione di pagamento, allegate al Decreto n. 12/2011 e ss.mm.ii. e relative procedure
attuative) occorre che le Aziende Sanitarie, anche attingendo ai fondi della rimessa regionale
mensile per la spesa sanitaria corrente, effettuino il pagamento in contanti dei suddetti
crediti a seguito della stipula di apposito atto transattivo con il creditore, nel quale
quest’ultimo rinunci agli interessi di mora maturati o maturandi e a qualsiasi onere, spesa,
rivalutazione monetaria, risarcimento di danni, ivi comprese le spese legali e qualsiasi altro
onere accessorio; nel caso siano state intraprese dal creditore una o più procedure esecutive,
lo stesso dovrà altresì impegnarsi a produrre i provvedimenti di svincolo rilasciati dai
giudici dell’esecuzione debitamente notificati al tesorerie dell’azienda sanitaria;
• l’obbligo da parte dei fornitori e/o eventuali cessionari su tutti i crediti vantati dai relativi
fornitori nei confronti dell'azienda sanitaria, e non oggetto di certificazione e dilazione, a
non attivare, per un periodo minimo di 12 mesi a decorrere dalla stipula dell’atto transattivo,
nuove procedure esecutive e a rinunciare a tutte le procedure esecutive eventualmente già
intraprese con conseguente effettivo svincolo delle somme presso il tesoriere (ciò comporta
anche la rinuncia alla solidarietà professionale da parte degli avvocati);
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• che gli accordi devono contenere una clausola risolutiva espressa che contempli anche il
mancato o ritardato pagamento. Su tale aspetto si sottolinea che l'eventuale risoluzione
dell'accordo non pregiudicherà la validità o efficacia delle certificazioni rilasciate
dall’azienda sanitaria su tali crediti.
3. Decreto Compensazioni crediti PMI
(a cura di Matteo De Lise e Pasquale Limatola – UGDCEC di Napoli)
In data 22 maggio 2012 è stato presentato il pacchetto di iniziative predisposto dal Governo che
disciplina i rapporti di credito e debito tra Pubblica Amministrazione e imprese fornitrici.
In considerazione del riacutizzarsi della crisi negli ultimi mesi, il pacchetto si propone di fornire
liquidità alle aziende mediante il supporto del sistema bancario o attraverso compensazioni di
crediti
e
debiti
nei
confronti
delle
amministrazioni
pubbliche.
Sono un passo importante di un percorso articolato in più fasi che porterà a minimizzare in futuro
l’accumularsi di debiti commerciali attraverso una migliore programmazione, un rapporto più
cooperativo con il Fisco e il recepimento della Direttiva sui ritardi di pagamento.
Detto pacchetto prevede in particolare:
• due decreti (decreti certificazione) che prevedono la certificazione dei crediti scaduti nei
confronti delle amministrazioni centrali (inclusi gli enti pubblici nazionali), delle regioni e
degli enti locali. Si dà attuazione più efficiente al D.L. 185/08, così come modificato dalla
Legge 183/2011 e in ultimo dalla Legge n. 44 del 26 aprile 2012. Si tratta di due decreti
“fotocopia”, uno immediatamente operativo (quello che riguarda le amministrazioni
centrali), l’altro che necessita del parere della Conferenza Stato-Regioni ma auspicabilmente
operativo nel più breve tempo possibile;
• un decreto (decreto compensazioni) relativo alle compensazioni dovute a seguito di
iscrizione a ruolo, in attuazione della Legge n. 78 del 2010;
• un decreto riguarda, infine, il Fondo Centrale di Garanzia e prevede agevolazioni per le
imprese creditrici della Pubblica Amministrazione, in attuazione della Legge 214/2011 (c.d.
Salva Italia).
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A questi atti, si aggiunge l’accordo tra Associazione Bancaria Italiana e le Associazioni
imprenditoriali, che istituisce un plafond dedicato alla smobilizzo dei crediti delle imprese verso la
Pubblica Amministrazione nonché le risorse dedicate già messe a disposizione da Cassa Depositi e
Prestiti.
Il dettaglio degli interventi
I decreti certificazione attuano l’obbligo per tutti gli enti della pubblica amministrazione a
certificare gli eventuali crediti vantati dalle imprese per somministrazioni, forniture e appalti.
La certificazione si ottiene mandando un semplice modulo standard all’ente debitore. L’ente ha 60
giorni di tempo per rispondere, riconoscendo il debito oppure argomentandone l’inesigibilità totale
o parziale. Se non risponde in tempo, viene nominato un “commissario ad acta” che nei successivi
60 giorni risponderà al debitore. Le risposte vengono anch’esse comunicate attraverso un semplice
modulo.
Con questa certificazione, il fornitore potrà:
• compensare il proprio credito nei confronti di regioni ed enti locali con debiti iscritti a ruolo
alla data del 30 aprile 2012 per tributi erariali, regionali e locali nonché per contributi
assistenziali e previdenziali e per premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
e le malattie professionali (decreto compensazioni);
• ottenere un’anticipazione bancaria a fronte del credito certificato. L’anticipazione può essere
assistita da una garanzia fino al 70 per cento da parte del Fondo Centrale di Garanzia
(elevabile fino all’80 per cento in caso di apporto di risorse da parte delle regioni) e un
importo massimo garantibile per singola impresa pari a 2,5 milioni di euro (il massimo
consentito per Legge).
• fare una cessione, pro-soluto o pro-solvendo presso intermediari finanziari riconosciuti.
In tutti i casi si fornisce liquidità alle imprese e, nel caso di compensazioni, si semplifica anche il
rapporto con il Fisco.
In un’ottica di ulteriore semplificazione, Consip s.p.a. sta predisponendo una piattaforma elettronica
per far incontrare fornitori e debitori. La certificazione elettronica permetterà di evitare, nel caso di
cessione del credito, gli obblighi di redazione di atto pubblico e di notificazione nel caso di
cessione, risparmiando tempo e denaro.
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4. Il Fondo Immobiliare
(a cura di Gianluca Battaglia – UGDCEC di Napoli)
Il Fondo immobiliare è un fondo chiuso di diritto italiano che nasce dalla volontà degli enti locali di
valorizzare, attraverso un parziale processo di dismissione, tutto o parte del proprio portafoglio
immobiliare, ubicato prevalentemente in città.
La gestione del Fondo Immobiliare sarà affidata ad una SGR attraverso un processo di selezione
competitiva tra le migliori SGR nel settore del Real Estate.
Caratteristiche del Fondo Immobiliare
- fondo di natura privata;
- durata massima 30 anni;
- mantenimento del controllo della governance del Fondo da parte dell’ente locale;
- trasparenza dell’operazione;
- reperimento in breve tempo di risorse finanziarie previste, mantenendo una partecipazione al
plusvalore economico che sarà generato nel medio-lungo termine dall’attività di valorizzazione
condotta
dal
Fondo
Immobilare;
- possibilità di effettuare trasferimenti graduali e di ulteriori trasferimenti di immobili in momenti
successivi al fine di valorizzare ulteriori porzioni del patrimonio immobiliare.
La prerogativa del Fondo è di procedere nei tempi più brevi possibili, dopo un’attività di
valorizzazione di alcuni asset, da un lato alla dismissione di una parte del portafoglio
conferito/ceduto e dall’altra alla gestione ottimale del patrimonio gestito dalla SGR.
La governance del Fondo, così come previsto dal Regolamento prevede la validazione delle attività
da parte di un organo rappresentativo, l’Advisory Committee
che sarà istituito in sede di
costituzione del Fondo Immobiliare.
Portafoglio immobili
Il portafoglio degli immobili sarà costituito da diverse tipologie di lotti:
• immobili residenziali occupati;
• immobili residenziali liberi;
• immobili ad uso diverso (commerciali, magazzini, uffici);
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• box e autorimesse.
Attività di vendita e di gestione
Le operazioni di vendita e di gestione degli immobili inseriti nel piano di valorizzazione sono di
competenza della SGR che gestisce il Fondo.
Per iniziare l’opera di valorizzazione è necessario innanzitutto procedere con un attenta e
meticolosa attività di censimento e controllo documentale del portafoglio.
La vendita delle unità libere avviene esclusivamente tramite aste competitive che devono essere
adeguatamente pubblicizzate su quotidiani a tiratura nazionale. Analoga procedura viene adottata
per le unità occupate allorquando il conduttore non intende esercitare l’opzione d’acquisto.
4.1. Il caso “CDP Investimenti SGR – Fondo Investimenti per l’abitare (FIA)”
Nel 2009 Cassa Depositi e Prestiti, unitamente all’Associazione delle Fondazioni Bancarie (ACRI)
e all’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ha costituito “CDP Investimenti SGR Spa”, società di
gestione del risparmio che promuove e gestisce il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA).
Il FIA è un fondo immobiliare riservato ad investitori qualificati operante nel settore dell’edilizia
privata sociale (social housing) con la finalità di incrementare sul territorio italiano l’offerta di
alloggi sociali a supporto ed integrazione delle politiche di settore dello Stato e degli enti locali.
Il capitale di CDP Investimenti SGR, pari a 2 milioni di euro, è detenuto da Cassa depositi e prestiti
per una quota di maggioranza del 70% e dall’ACRI e dall’ABI per una quota del 15% ciascuna.
”CDP Investimenti SGR”, con provvedimento di aggiudicazione provvisoria dell’8 settembre 2010,
è stata individuata dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti quale società di gestione del
Fondo Nazionale previsto nell’ambito del Sistema Integrato di Fondi, di cui all’art. 11 del D.L.
112/2008, il cosiddetto Piano Casa Nazionale.
L’ammontare obiettivo del FIA è di circa 2 miliardi di euro, di cui 1,67 miliardi già sottoscritti.
Il FIA opera su tutto il territorio nazionale investendo in iniziative locali per realizzare case a costi
accessibili, destinate alle famiglie non in grado di soddisfare sul mercato le proprie esigenze
abitative, ma con redditi superiori a quelli che danno diritto alle assegnazioni dell’edilizia
residenziale pubblica.
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Il FIA è uno strumento innovativo volto ad incrementare l’offerta di edilizia privata sociale con
modalità di attuazione proprie del mercato immobiliare privato, ossia mediante investimenti e non
mediante contributi a fondo perduto.
Il FIA investe principalmente il proprio patrimonio in quote di fondi comuni d’investimento
immobiliari gestiti da altre società di gestione del risparmio o in società di progetto operanti a
livello locale, attraverso partecipazioni nel limite massimo del 40%.
Tale limite è volto a sollecitare sul territorio l’investimento di risorse che provengano da soggetti
terzi rispetto al Fondo, permettendo nel contempo al Fondo di mantenere una presenza rilevante
nelle singole iniziative.
5. Il sale and lease-back
(a cura di Gianluca Battaglia – UGDCEC di Napoli)
Gli enti locali necessitano costantemente di flussi monetari in grado di garantire sia l’equilibrio
finanziario relativo alla parte corrente in bilancio, sia la copertura di investimenti da realizzare.
Rispondono a tali necessità le tecniche di finanza innovativa capaci di smobilizzare illiquid assets
(immobili, crediti) degli enti pubblici, spesso caratterizzati da un rilevante valore economico, in
disponibilità liquide. Gli strumenti utilizzabili per smobilizzare il patrimonio immobiliare degli enti
pubblici sono prevalentemente il Sale and lease-back ed i Fondi comuni di investimento con
apporto pubblico.
Il vantaggio rilevante di tale strumento è che permette alle pubbliche amministrazioni di acquisire
liquidità immediata, senza dover ricorrere all’indebitamento bancario e all’utilizzo di linee di
credito.
Il sale and lease-back consente di generare liquidità, nel momento in cui un Ente si trovi a dover
sopportare situazioni di mancanza temporanea della stessa, senza perdere la disponibilità del bene
oggetto del contratto.
Questa particolare forma di leasing prevede, infatti, che un Ente Locale venda un bene di sua
proprietà ad un intermediario finanziario (selezionato con una procedura di evidenzia pubblica), che
paghi conseguentemente il corrispettivo della vendita.
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Successivamente lo stesso intermediario che ha acquistato la proprietà del bene lo concede in
leasing all’Ente Locale, che si obbliga al pagamento di un canone periodico fino alla scadenza del
contratto, ferma la facoltà di esercitare l’opzione per il riacquisto del bene.
L’alienazione del bene costringe l’Ente Locale a sopportare un depauperamento patrimoniale, anche
se parzialmente compensato da un’entrata straordinaria e dal mantenimento del possesso del bene,
peraltro dietro pagamento di un prezzo periodico.
I canoni da corrispondere per la locazione finanziaria del bene alienato contribuiscono in linea
generale ad incrementare la spesa corrente, ulteriormente dilatata, in prospettiva, dai canoni del
leasing immobiliare, con innegabili riflessi sui vincoli ed i saldi fissati annualmente dalle leggi
finanziarie ai fini del rispetto del Patto di Stabilità Interno.
L’operazione di sale and lease-back dovrà subire un’analisi di approfondimento relativamente alle
diverse variabili che incidono sulla convenienza economica e finanziaria dello strumento, tra cui: la
corretta determinazione del prezzo di vendita del bene e la valutazione comparativa tra il valore del
bene dismesso e gli investimenti che si intendono effettuare; la durata e l’ammontare dei canoni
periodici; le modalità di esercizio dell’operazione; la determinazione del prezzo di riscatto o di
retrocessione; gli oneri accessori.
I proventi dell’operazione possono essere utilizzati per assicurare copertura alla sola spesa per
investimenti e non anche a quella corrente.
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PARTE II - STRUMENTI DI FINANZA PER IL PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO
PER LO SVILUPPO DEGLI ENTI LOCALI
(a cura di Antonio Fiore e Teresa Fiorita – UGDCEC di Lecce)
1. Introduzione
Negli ultimi anni, il sistema pubblico italiano è stato oggetto di un articolato e profondo processo di
cambiamento, rilevato anche nel contesto internazionale nella maggioranza delle realtà estere. Tali
modificazioni trovano origine nella necessità di affrontare un’attempata condizione di crisi che ha
coinvolto anche l’Italia, tale da richiedere e porre in essere un processo di razionalizzazione del
sistema nazionale.
Fino alla prima metà degli anni Novanta la funzione finanziaria degli Enti Locali non richiedeva
particolari competenze, dovendosi per lo più verificare l’esistenza di risorse proprie o derivanti da
trasferimenti da dedicare alle spese in conto capitale, ricorrendo, laddove necessaria, alla
stipulazione dei mutui offerti dall’intermediario istituzionale rappresentato dalla Cassa Depositi e
Prestiti, ed, in caso di indisponibilità di quest’ultima, dagli altri istituti di credito (Borgonovi, 2005).
Il mutamento del sistema di finanziamento, la riduzione dei trasferimenti erariali da destinare agli
investimenti, l’esigenza di risanamento della finanza pubblica e molti altri fattori hanno contribuito
a modificare questa situazione.
Gli Enti Locali sono stati chiamati a ridurre il debito complessivo secondo una rigida politica di
controllo dell’indebitamento (si pensi all’adesione a livello nazionale alle regole e principi contenuti
nel Patto di Stabilità Interno). A questo si aggiunge l’altro importante processo di riforma che ha
contrassegnato le scelte e gli orientamenti di finanza pubblica del Paese dell’ultimo decennio, vale a
dire il decentramento amministrativo e fiscale, avviato rispettivamente nel 1997 con le Leggi
Bassanini e nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione (L. Cost. n. 3 del 2001). Con tali
interventi, oltre ad attribuire agli Enti Locali funzioni e compiti in svariate materie, viene
definitivamente sancito il principio dell’Autonomia Finanziaria: il nuovo testo dell’articolo 119
della Costituzione, infatti, propone un notevole cambio di prospettiva, attribuendo ai Comuni e alle
Province un’autonomia di entrata e di spesa e la facoltà di stabilire ed applicare tributi ed entrate
proprie. La presenza di vincoli sull’indebitamento e la riduzione dei trasferimenti da un lato e
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l’accresciuta responsabilità ed autonomia, finanziaria e fiscale, assegnata agli Enti Locali, pongono
Comuni e Province nella condizione di dover finanziarie la propria attività mediante ricorso a forme
alternative di finanziamento.
2. Lo scenario della finanza pubblica
Nel corso dell’ultimo ventennio, la finanza degli Enti Locali italiani ha subito un progressivo e
radicale processo di trasformazione destinato a culminare nella piena autonomia di entrata e di
spesa degli Enti territoriali.
Nelle aziende pubbliche, come in quelle private, l’autonomia è carattere imprescindibile per
l’esistenza dello stesso istituto e elemento che permette di delineare i confini dello spazio d’azione
entro cui l’ente può svolgere la sua attività economica (Zangrandi, 1996).
Si è progressivamente assistito al passaggio dal c.d. sistema di finanza derivata (che prevedeva la
copertura del fabbisogno finanziario della gestione pubblica attraverso i trasferimenti erogati dallo
Stato e spesso vincolati a specifici impieghi quali sanità, trasporti, istruzione) al modello di finanza
autonoma e decentrata (basato sulla copertura della spesa pubblica locale attraverso i mezzi raccolti
direttamente dall’ente territoriale e con gli eventuali trasferimenti non vincolati da parte dello
Stato).
Tra i fattori che hanno favorito la crescente autonomia finanziaria degli Enti Locali, gli strumenti di
finanza innovativa hanno avuto un ruolo importante (Amatucci, 2002); in particolare, ci si sofferma
sul Project Finance, sia per il suo utilizzo crescente all’interno degli Enti Locali, sia per le
particolari criticità che esso pone.
3. Debito pubblico e Patto di Stabilità Interno
Nel 2013, se viene conseguito l’obiettivo di disavanzo (2,2 per cento del PIL), in base alle stime del
Governo, solo un terzo del maggior debito creato dalla crisi verrebbe riassorbito. Se si assume che il
livello di disavanzo 2013 sia mantenuto costante negli anni successivi, torneremmo al livello del
2007 solo nel 2022. Se si assume uno scenario virtuoso (l’azione di riequilibrio prosegue fino al
pareggio di bilancio, con una correzione annua dello 0,5% del PIL), torneremmo al livello del 2007
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solo nel 2017. L’ipotesi avanzata dal Governo: tasso crescita nominale del PIL pari al 2% nel 2010
e nel 2011 (il doppio di quanto previsto per l’Italia; pari al 3,5% dal 2014). Qualsiasi sia la
soluzione prospettata, ad oggi, i tempi di rientro del debito sono lunghi.
Inoltre, le disposizioni previste per il rispetto del Patto di Stabilità Interno, che si sono susseguite a
partire dal 1999, presentano impatti e conseguenze differenti sulle politiche di bilancio e sulle
modalità di finanziamento degli Enti Locali. I meccanismi, infatti, hanno subito continue modifiche,
sia per un processo di graduale affinamento, sia per le crescenti finalità di controllo dei saldi
complessivi di finanza pubblica (Amatucci, Pezzani, Vecchi, 2009). A partire dalla sua
introduzione, infatti, la mancanza di regole stabili ha creato notevoli disfunzioni agli Enti Locali,
ponendo una serie di vincoli all’autonomia aziendale e alla programmazione delle attività, che
spesso hanno causato comportamenti elusivi di varia natura. Nel corso degli anni l’oscillazione del
Patto è stata evidente: il sistema inizialmente basato sui saldi finanziari, è stato sostituito, da un
sistema basato sui tetti alla spesa, per poi tornare al sistema dei Saldi. Nel 2011 è stato introdotto il
sistema basato sulla spesa corrente media (Tabella 1).
TABELLA 1: SISTEMI DI CALCOLO DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO
Nel triennio 2011-2013 ogni ente dovrà, quindi, conseguire un saldo di competenza mista non
inferiore al valore della propria spesa corrente media registrata negli anni 2006-2008 moltiplicata
per una percentuale fissata per ogni anno del triennio
È necessario sottolineare che il saldo finanziario calcolato in termini di competenza mista è
costituito dalla somma algebrica degli importi risultanti dalla differenza tra accertamenti e impegni,
per la parte corrente, e dalla differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale, al netto
delle entrate derivanti dalla riscossione di crediti e delle spese derivanti dalla concessione di crediti.
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Ne consegue che enti locali e sanità (regioni) incontreranno, in tale contesto, sia difficoltà di
indebitamento sia difficoltà di investimenti. Infatti, in un contesto di risorse scarse, le sfide richieste
ad una PA, risultano essere innanzitutto:
• Definire le condizioni più opportune per sostenere lo sviluppo locale e l’attrazione di
investimenti (mix di offerta di servizi reali e finanziamenti).
• Veicolare le risorse sul territorio, leggere i fabbisogni, programmare l’offerta e trovare le
risorse.
• Ridurre i gap di comunicazione e le asimmetrie
informative rispetto agli operatori
(opportunità non conosciute).
• Capacità di regolare e definire un quadro normativo efficiente (semplificazione e cultura).
• Mantenere una elevata qualità dei servizi (meccanismo legato alla ricerca di maggiore
consenso, maggiore potere decisionale e maggiore razionalità amministrativa).
4. Le partnership pubblico-privato
È possibile definire una partnership come una “relazione di collaborazione fondata sulla
convergenza di interessi e finalizzata al perseguimento di congiunti obiettivi economici e sociali, da
cui i singoli soggetti partecipanti traggono indirettamente vantaggi individuali” (Borgonovi. Fattore,
Longo, 2009). Il presupposto per il successo di tali relazioni è un significativo coinvolgimento dei
diversi partner, che si concretizza con l’apporto e lo scambio di:
• capitali, risorse finanziarie;
• Know-how scientifico e gestionale;
• risorse umane;
• competenze distintive;
• flessibilità organizzativa;
• capacità manageriali ed imprenditoriali.
I tratti caratteristici delle Public Private Partnerships possono essere ricondotti ai seguenti elementi
(Amatucci, Manfredi, 2005):
• la necessità di dar vita ad un rapporto contrattuale di medio-lungo periodo tra un ente
pubblico e un operatore privato;
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• la definizione di un preciso schema di allocazione e distribuzione dei rischi, coerente con gli
specifici ambiti di competenza e con le professionalità dei soggetti coinvolti;
• la compartecipazione finanziaria all’investimento;
• la definizione di accordi quadro e la predisposizione di correlati strumenti di controllo
sull’operatore privato e sulla sua attività;
• la definizione delle reciproche responsabilità e dei correlati ambiti di accountability.
In Italia, tra il 2008 ed il 2011 gli investimenti per opere pubbliche del settore pubblico allargato
(PA ed imprese pubbliche e private) si sono ridotti del 24%, percentuale che diventa del 27% se si
considera la sola PA. E, stando ai dati disponibili, gli investimenti della PA sono destinati a ridursi
ancora in misura pesante nei prossimi anni. In questo contesto diventa quindi ancor più vitale la
collaborazione tra pubblico e privato per contrastare la crisi del settore.
Tra gennaio 2002 e dicembre 2010 sono state indette 10.617 gare di PPP e il valore complessivo del
mercato, ovvero l’ammontare degli importi messi in gara, si attesta a quota 52,8 miliardi. Si è
passati da 339 gare per un ammontare di 1,4 miliardi del 2002 a quasi 3.000 gare per oltre 10
miliardi nel 2010. Quantità queste superate nel 2011 con 3.000 gare per un volume d’affari di
13.500 miliardi. Il boom della domanda è stimolato da una progressiva riduzione delle risorse
pubbliche.
L’analisi del mercato concentrata sui committenti evidenzia il ruolo centrale dei comuni. Il
dinamismo dei comuni emerge osservando sia il numero di gare (8.686 tra il 2002 e il 2010), vale a
dire l’82% del mercato, che l’investimento, con oltre 15,8 miliardi pari al 30% dell’intero mercato
del PPP. L’incidenza del PPP rispetto all’intero mercato delle opere pubbliche dei comuni è passato
dal 10% del 2002 al 65% dei primi 9 mesi del 2011, in termini di valore economico dei progetti, e
dall’1% al 24% per numero di gare.
È necessario maturare la consapevolezza che occorre utilizzare strumenti di finanziamento
alternativi/innovativi per evitare il blocco delle opere pubbliche o di interesse pubblico, con ulteriori
conseguenze negative sulla crescita e sullo sviluppo.
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FIGURA 1: PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO: MERCATO ITALIANO
5. Il project Finance
Il Project Finance rappresenta non tanto un nuovo strumento di finanziamento, quanto una nuova
filosofia ed una nuova cultura nel finanziamento di infrastrutture pubbliche. Queste si basano sulla
fattibilità del progetto e sulle sue prospettive economico-finanziarie, ovvero sull’attitudine del
progetto a remunerare, attraverso i proventi generati, i capitali a vario titolo presenti nell’iniziativa:
capitale proprio degli azionisti, capitale di debito da parte dei finanziatori. In questo modello
passano, così, in secondo piano, la valutazione dell’azienda che richiede il prestito, la sua situazione
economico-patrimoniale e le garanzie (reali, patrimoniale e personali) da questa fornite).
Principali caratteristiche di un’operazione di PF (Valotti, 2005):
• Il rimborso dei finanziamenti contratti è garantito solo ed unicamente dalle attività del
progetto e dal capitale di rischio dei soggetti che intervengono nell’operazione.
• La valutazione della capacità di rimborso del debito è principalmente basata sulle previsioni
di reddito dell‘iniziativa finanziata e non sull‘affidabilità economico-patrimoniale dei
promotori.
• L’iniziativa viene realizzata mediante la costituzione di una società di progetto.
• Trasferimento di una pluralità di rischi secondo il principio di efficienza ed economicità.
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• Insieme di rapporti economici definiti legalmente e contrattualmente.
La società di progetto, a capitale interamente privato o a capitale misto pubblico-privato, è costituita
unicamente dai soggetti protagonisti dell’iniziativa (imprese di costruzione, di gestione, di
fornitura) in modo che isoli e protegga l’opera dalle altre attività dei promotori.
Nel settore pubblico non si applica il modello puro di Project Finance, bensì forme ibride di
intervento, identificate come Public Private Partnership – PPP, caratterizzate da un coinvolgimento
più ampio del soggetto pubblico.
L’elemento che contraddistingue l’operazione è la presenza di una società di progetto, che ha come
unico oggetto sociale la progettazione, il finanziamento, la realizzazione e la gestione dell’opera e
che può assumere differenti forme giuridiche e assetti istituzionali: società per azioni, società a
responsabilità limitata, fondazione, società mista.
La costituzione della società di progetto permette anche di differenziare le operazioni di Project
Finance dalla tradizionale concessione: se il raggruppamento di imprese che si è aggiudicato la
concessione costituisce la società di progetto, si realizza una operazione di Project Finance; in caso
contrario, si ha semplicemente una concessione di costruzione e gestione.
FIGURA 2: SOGGETTI COINVOLTI IN UN’OPERAZIONE DI PF
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6. Il Project Finance: quadro giuridico dell’operazione
Lo strumento giuridico utilizzato in un’operazione di PF è la Concessione di progettazione,
costruzione e gestione:
• la progettazione, definitiva ed esecutiva, e la realizzazione di un’opera, attraverso risorse
proprie (capitale di rischio e capitale di debito della stessa impresa privata);
• il diritto di gestirla e di sfruttarla economicamente, per un periodo sufficiente a recuperare e
remunerare le risorse investite (durata della concessione).
Le Concessioni di lavori pubblici (d.lgs n. 152/2008 , Codice dei contratti, correttivo al d.lgs n.
163/2006; d.l. 13 maggio 2011, n. 70, così come convertito, con modificazioni, con l. 12 luglio
2011, n. 106 ) sono contratti a titolo oneroso disciplinati dal comma 11 dell’art. 3 del Codice dei
contratti. Una delle più importanti innovazioni contenute nel D.lgs. n. 152/2008 (Codice dei
contratti), correttivo al D.lgs. n. 163/2006, riguarda l’introduzione di nuove procedure per
l’affidamento delle concessioni di lavori pubblici con l’utilizzo, totale o parziale, di risorse private).
Le procedure di affidamento risultano essere le seguenti:
• La concessione ad iniziativa pubblica, su proposta della Stazione Appaltante (Modello
ad alta definizione pubblica) - (art. 143 d.lgs. 163/2006 e s.m.i.)
• La concessione ad iniziativa privata, su proposta del Promotore
(Modello a bassa
definizione pubblica) - (Project Finance, art. 153 d.lgs 163/2006 e s.m.i.)
Nel primo modello, gli elementi essenziali dell’operazione (progettazione preliminare, schema di
massima degli accordi contrattuali, definizione degli aspetti economico-finanziari dell’iniziativa)
sono definiti dall’Amministrazione Pubblica e sono posti a base della successiva gara pubblica di
affidamento della concessione.
La procedura di selezione del concessionario su iniziativa pubblica è scomponibile in due fasi
sequenziali:
• Programmazione degli interventi da realizzare e progettazione
• Gara per la scelta del concessionario (la stazione appaltante pubblica il bando per
l’affidamento della concessione di lavori pubblici, ponendo a base di gara il progetto
preliminare redatto dalla stessa).
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Una corretta programmazione dell’intervento da parte dell’ente pubblico rappresenta il punto di
partenza per avviare una procedura di finanza di progetto; a differenza della procedura con il
promotore, è la Pubblica Amministrazione a doversi accollare gli oneri per la predisposizione del
progetto preliminare relativo all’intervento da realizzare e degli studi di fattibilità (tecnici,
economico-finanziari, geologici, sismici) idonei a presentare l’iniziativa al mercato. Nel modello di
concessione, l’ente pubblico deve predisporre anche un piano economico.
Una volta acquisito il progetto preliminare e gli studi integrativi (indagini geologiche, geotecniche,
idrologiche e sismiche), l’ente procede all’affidamento della concessione, attraverso una procedura
di gara (procedura aperta o ristretta). Questa comprende la pubblicazione del bando di gara, la
selezione dei concorrenti da invitare alla gara (fase di prequalifica), la redazione dei rimanenti
documenti di gara, l’inoltro delle lettere di invito ai concorrenti selezionati, la preparazione delle
offerte da parte dei concorrenti, la valutazione delle stesse da parte dell’ente pubblico,
l’aggiudicazione della gara. La normativa dispone che l’affidamento in concessione avvenga con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa).
Nel secondo modello, l’Amministrazione si limita a definire uno schema di massima
dell’intervento, lasciando al soggetto privato (promotore) la definizione dell’intervento
(progettazione preliminare, modalità e caratteristiche di gestione del servizio, bozza di contratti di
convenzione, piano economico-finanziario) e riservandosi la sola facoltà di valutazione della
proposta.
Gli Schemi procedurali diretti all’affidamento di una concessione di produzione e gestione su
proposta del Promotore sono:
• A gara unica (commi 1-14)
• A doppia gara (comma 15)
• Ad inerzia della PA (commi 16-18)
• Opere fuori programmazione (comma 19)
A GARA UNICA
• La Pubblica Amministrazione – PA pubblica un bando ponendo a base di gara uno Studio
di Fattibilità – SdF
• Esamina le offerte pervenute
• Redige una graduatoria
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• Nomina il Promotore
• Pone in approvazione il progetto preliminare del Promotore e richiede, se necessario,
modifiche progettuali
Tre ipotesi:
A DOPPIA GARA
PRIMA GARA/FASE
1. La PA pubblica un bando per la selezione di proposte precisando che la procedura non
comporta l’aggiudicazione al Promotore, ma l’attribuzione allo stesso del c.d. diritto di
prelazione ossia il diritto di essere preferito al migliore offerente
2. Esamina le proposte pervenute
3. Individua la proposta di interesse e nomina il Promotore
SECONDA GARA/FASE
1. La PA pubblica un bando per l’affidamento della concessione di lavori pubblici, ponendo
a base di gara la proposta del Promotore
2. La concessione viene aggiudicata con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa
Due ipotesi:
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INERZIA PA
1. La PA approva il Programma Triennale delle OOPP e l’elenco annuale nel quale sono
inserite opere finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, ma non pubblica il
bando entro 6 mesi;
2. Entro i 4 mesi successivi gli operatori economici possono presentare proposta;
3. Entro i 60gg successivi la PA deve pubblicare un avviso volto a sollecitare ulteriori
proposte e contenente i criteri di valutazione delle stesse;
4. Entro i 90gg successivi possono essere presentate sia nuove proposte che proposte
rielaborate in base ai nuovi criteri indicati nell’avviso;
5. Entro i 6 mesi successivi la PA esamina le proposte ed individua la proposta di
interesse
Due ipotesi:
Dal D.Lgs n. 152/2008 recante il “terzo decreto correttivo”, discendeva che l’iniziativa
procedimentale promani sempre dalla PA, ossia l’attivazione dell’iter procedurale della finanza di
progetto, richiedeva quale condizione necessaria, il previo inserimento delle opere pubbliche nella
programmazione triennale. Il recente “decreto sviluppo” riformula l’art.153, comma 19, introduce
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di fatto nel Codice dei contratti pubblici una nuova procedura di aggiudicazione caratterizzata da
snellezza e celerità, con la finalità di incentivare maggiormente l’intervento di capitale privato nella
realizzazione di opere pubbliche. In particolare, viene data ai “proponenti” la possibilità di
presentare proposte alle amministrazioni aggiudicatrici, relative alla realizzazione in concessione di
lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale.
OPERE FUORI PROGRAMMAZIONE
1. Gli operatori economici possono presentare proposte relative a lavori pubblici o di
pubblica utilità non presenti nella programmazione triennale dell’amministrazione
aggiudicatrice
2. Entro 3 mesi la PA valuta il pubblico interesse della proposta e a tal fine può invitare il
proponente ad apportare al progetto preliminare le modifiche necessarie per la sua
approvazione (se il proponente non apporta le modifiche richieste, la proposta non può
essere valutata di pubblico interesse)
3. Il progetto preliminare, eventualmente modificato, è inserito nel Programma Triennale ed
è posto in approvazione (il proponente è tenuto ad apportare le eventuali ulteriori
modifiche chieste in sede di approvazione del progetto; in difetto, il progetto si intende
non approvato)
4. Il progetto preliminare approvato è posto a base di gara per l’affidamento di una
concessione alla quale è invitato il proponente che assume la denominazione di
Promotore e può esercitare il diritto di prelazione (se specificato nel bando)
Due ipotesi:
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Il problema chiave non è “a valle”, nella gestione della procedura, ma “a monte”, nella selezione
della proposta da dichiararsi di pubblico interesse.
L’aspetto più significativo di questa procedura sta nella valutazione della proposta da parte
dell’amministrazione aggiudicatrice. Secondo quanto previsto dall’Autorità per la Vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Determinazione n. 1 del 14 gennaio 2009), la
valutazione di una proposta considera in particolare tre elementi:
1. La qualità del progetto preliminare (aspetti tecnici: costruttivi e progettuali)
2. Il valore economico e finanziario del piano (rendimento, costo di gestione e
manutenzione, durata)
3. Il contenuto della bozza di convenzione (impatto sull’utenza: fruibilità dell’opera,
accessibilità al pubblico, tariffe)
In particolare, la valutazione della proposta si compone di alcuni momenti fondamentali:
a. Valutazione dei rischi dell’operazione e ripartizione ottimale degli stessi tra le parti. Lo
schema di convenzione assume un ruolo centrale nella definizione della negoziazione tra i
proponenti e la PA in quanto rappresenta lo strumento giuridico in cui vengono definiti e
regolamentati i rapporti tra concedente e concessionario.
b. Gli indicatori di valutazione economico-finanziaria. Gli indicatori di valutazione
economico-finanziaria del progetto fanno generalmente riferimento a tre categorie:
• Valore Attuale Netto (VAN), considera i flussi di cassa futuri, la loro distribuzione
temporale ed il valore finanziario nel tempo.
• Tasso Interno di Rendimento (TIR), esprime, in media, il tasso di rendimento dei flussi di
cassa di un investimento.
• Tasso di attualizzazione, utilizzato per scontare i flussi di cassa futuri derivanti dalla
gestione.
Perché un progetto sia accettabile, è sufficiente che abbia un VAN pari a zero. In tal caso, il TIR è
esattamente pari al tasso di attualizzazione dei flussi di cassa: questo significa che il rendimento del
progetto è sufficiente a remunerare sia gli istituti di credito (al tasso da loro richiesto e inserito nel
tasso di attualizzazione), sia gli investitori privati (anche in questo caso, al tasso da questi ultimi
richiesto e inserito nel tasso di attualizzazione).
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In relazione al TIR, esso deve essere in linea con i rendimenti di mercato per iniziative analoghe. Se
il TIR è superiore al tasso di attualizzazione, vuol dire che il progetto remunera le banche e gli
azionisti al tasso prescelto.
Infine, il tasso di attualizzazione, deve esprimere il costo delle risorse inserite nel progetto,
naturalmente in termini di remunerazione richiesta: il capitale di debito delle banche ed il capitale
degli azionisti.
L’amministrazione pubblica deve prestare particolare attenzione alle valutazioni economicofinanziarie, per evitare di scaricare sulla collettività (tariffe troppo elevate), o sulle generazioni
future (durata della concessione) margini di redditività eccessivi per il privato.
7. I modelli di Project Finance
Come affermato precedentemente il Project Finance costituisce una delle modalità applicative delle
PPP per la realizzazione di opere di interesse pubblico.
Il progetto genera flussi di ricavi insufficienti alla copertura dei costi di gestione ed al rimborso del
prestito e comporta rischi eccessivi. E’ previsto l’intervento della Pubblica Amministrazione con
una contribuzione finanziaria e/o l’assunzione di rischio. Il progetto prevede flussi di ricavi
sufficienti alla copertura dei costi di gestione ed al rimborso del prestito. Public Private Partnership
è ogni forma di cooperazione in cui risorse e competenze pubbliche e private si integrano per
realizzare e gestire opere infrastrutturali in funzione delle diverse responsabilità (Boeri, Cohen,
1998).
I modelli applicativi si differenziano notevolmente sia in base alle diverse tipologie di infrastrutture
da realizzare, sia al loro livello di remuneratività e rischio.
Due modelli distinti, in base alle opere (Marsilio,2005):
A. Opere a tariffazione diretta sull’utenza (remunerative, parzialmente remunerative –
collegate ad un contributo pubblico a fondo perduto);
B. Opere a tariffazione diretta sulla Pubblica Amministrazione (non remunerative ).
Nel primo modello, perché si possa ricorrere al Project Finance, è necessario che, attraverso l’opera
da realizzare, si offra un servizio fruibile ad un utente disposto a pagare una tariffa. A queste
condizioni, il Project Finance si adatta in modo particolare ad alcuni settori di intervento pubblico,
in quanto:
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• la domanda di servizi è sufficientemente stabile da consentire adeguati livelli di redditività a
un rischio contenuto;
• la determinazione dei costi degli investimenti e di gestione è
prevedibile con un buon
grado di sicurezza.
• Le opere che rientrano in questa prima categoria fanno riferimento a:
• opere di supporto a servizi di pubblica utilità, quali servizi idrici, reti di distribuzione del
gas, sistemi di trattamento e smaltimento dei rifiuti, infrastrutture per l’energia
(cogenerazione, teleriscaldamento, impianti eolici, ecc.);
• interventi di piccole dimensioni, prevalentemente urbani, che soddisfano bisogni largamente
diffusi sul territorio e consentono un elevato grado di copertura dei costi finanziari attraverso
la gestione, quali parcheggi, centri commerciali, metropolitane, opere cimiteriali, opere di
trasporto.
Questo primo modello è applicabile anche ad opere in cui le tariffe non sono remunerative. In
questo caso, si ha una operazione complessa, in cui l’opera affidata all’impresa privata è
accompagnata da un prezzo integrativo, versato dall’amministrazione pubblica, che può assumere
una doppia natura:
• contributo finanziario a fondo perduto (prezzo);
• diritto di proprietà o di godimento (ad esempio, diritto di superficie) su qualunque bene
immobile, della pubblica amministrazione, che non sia più di interesse pubblico.
• In questa categoria potrebbe, teoricamente, rientrare qualunque tipologia di opera; tuttavia,
nell’esperienza italiana, tale modello è stato utilizzato per:
• strutture di medie dimensioni, prevalentemente
urbane, quali impianti
sportivi
e
ricreativi (centri natatori, palasport, ecc.);
• strutture collegate a settori particolari, quali strutture turistico - alberghiere, centri culturali,
biblioteche;
• infrastrutture di trasporto di grandi dimensioni, quali aeroporti, stazioni ferroviarie.
Le opere che rientrano nel secondo modello sono destinate all’utilizzo e alla gestione diretta da
parte della pubblica amministrazione. Le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in
concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto
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funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti al concessionario l'alea
economico-finanziaria della gestione dell'opera.
Tra queste opere rientrano:
• edilizia sanitaria (ospedali e altre strutture sanitarie);
• edilizia penitenziaria;
• edilizia scolastica;
• edifici pubblici (sedi delle amministrazioni, caserme, tribunali).
La determinazione delle tariffe per la remunerazione delle prestazioni erogate dal concessionario è
l’elemento fondamentale nei contratti di Project Finance, poiché traduce in termini finanziari la
ripartizione dei rischi tra il soggetto pubblico e il soggetto privato. Attraverso il meccanismo di
pagamento avviene in particolar modo il trasferimento del rischio legato alla disponibilità degli
spazi e all’erogazione dei servizi di supporto.
TABELLA 2: MODELLI DI PROJECT FINANCE
SUPPORTO
TIPOLOGIA DI OPERA
FINANZIARIO
T ariffa sufficiente a
garant ire l’equilibrio
Settori di applicazione
Parcheggi, cimit eri, cent ri
nessuno
economico finanziario
past i, inceneritori, autost rade
a pedaggio, impiant i sport ivi
Autost rade a pedaggio,
−
OPERE A
TARIFFAZIONE
SULL’UTENTE
T ariffa non sufficient e
a garant ire l’equilibrio
−
economico finanziario
Int egrazioni di
t unnel, funicolari, impiant i
ricav i (shadow t oll)
sport ivi, st rutt ure ricreat ive-
Eventuale
cult urali, depurat ori,
cont ribut o a fondo
acquedott i, asili nido, cent ri
perduto
diurni per anziani, case di
riposo
−
Nessuna t ariffa a
carico dell’ut ent e
Int egrazioni di
ricav i (shadow t oll)
−
Cont ributo a fondo
St rade, tunnel, pont i
perduto
OPERE A
TARIFFAZIONE
SULLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
L’ut ent e è
event ualment e fruitore
−
Canone di gest ione
di servizi commerciali
−
Cont ributo a fondo
erogat i dirett amente
perduto
Ospedali, edifici pubblici,
scuole, carceri
dal gestore
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8. Valutazione rischi e impatto sul bilancio pubblico di un’operazione
L’individuazione di tutti i rischi del progetto, da cui dipende il suo buon esito, e soprattutto i rischi
dovuti a significativi scostamenti rispetto alle previsioni iniziali e la negoziazione tra le parti
finalizzata alla loro ripartizione, costituisce l’essenza stessa del Project Finance. La matrice dei
rischi rappresenta dunque uno strumento di riferimento per governare il processo di negoziazione
del contratto, che è il documento di riferimento che sancisce il trasferimento dei rischi tra pubblico
e privato nell’ambito dell’operazione di PF. (Borgonovi, Fattore, Longo, 2009).
Secondo Eurostat (Treatment of PPP, 11 febbraio 2004), gli asset legati alle PPP non devono essere
classificati come debito pubblico e quindi sono registrati al di fuori del bilancio pubblico, solo
quando:
• Il partner privato si assume il rischio di costruzione;
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• Il partner privato assume almeno uno dei due rischi: quello di disponibilità e quello di
domanda.
La maggiore criticità del Project Finance sul bilancio di una amministrazione pubblica concerne la
rigidità prodotta nel medio lungo-periodo. Occorre considerare, infatti, che le operazioni di Project
Finance hanno una durata molto lunga: dall’analisi effettuata, emerge come la maggior parte dei
progetti si collochi in un intervallo da venti ai trenta anni, mentre sono molto rari i casi in cui il
contratto superi i trenta anni.
FIGURA 2: IMPATTO DEL PROJECT FINANCE SUL BILANCIO DI UN ENTE LOCALE
Tit.I Entrate tributarie
Tit.I Spese correnti
Tit.II Entrate da contributi e
trasferimenti correnti
Canone al concessionario
Tit.III Entrate extratributarie
Eventuale canone dal
concessionario
Prezzo al concessionario (quota
gestione)
Tit.IV Entrate da alienazioni,
trasferimenti da capitale
Tit.II Spese in c/capitale
Prezzo al concessionario (quota
lavori)
Tit.V Entrate da accensione prestiti
Tit.III Spese per rimborso prestiti
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