gli istituti giuridici della separazione personale dei coniugi

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gli istituti giuridici della separazione personale dei coniugi
“GLI ISTITUTI GIURIDICI DELLA
SEPARAZIONE PERSONALE DEI
CONIUGI E DEL DIVORZIO IN AMBITO
EUROPEO E COMPARAZIONE CON
ALCUNI PAESI EXTRA-EUROPEI
(PARTE PRIMA)”
PROF. VALERIO IORIO
Università Telematica Pegaso
Gli istituti giuridici della separazione personale dei
coniugi e del divorzio in ambito europeo e comparazione
con alcuni paesi extra-europei (Parte prima)
Indice
1
PREMESSA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2 L’ISTITUTO DELLA SEPARAZIONE PERSONALE DEI CONIUGI NEL SISTEMA GIURIDICO
ITALIANO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ 7
2.1.
2.2.
2.3.
2.4.
2.5.
2.6.
2.7.
2.8.
2.9.
2.10.
LA SEPARAZIONE PERSONALE NELL’ ORDINAMENTO ITALIANO: INTRODUZIONE ----------------------------------- 7
IL DIRITTO DI CHIEDERE LA SEPARAZIONE --------------------------------------------------------------------------------- 8
LE VARIE FORME DI SEPARAZIONE ------------------------------------------------------------------------------------------ 8
LA SEPARAZIONE DI FATTO -------------------------------------------------------------------------------------------------- 9
LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE --------------------------------------------------------------------------------------------- 11
LA SEPARAZIONE CONSENSUALE ------------------------------------------------------------------------------------------ 15
GLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE ---------------------------------------------------------------------------------------- 24
LA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI DELLA SEPARAZIONE ----------------------------------------------------------------- 28
LA MEDIAZIONE FAMILIARE ----------------------------------------------------------------------------------------------- 30
CENNI SULLA CESSAZIONE DEGLI EFFETTI CIVILI DEL MATRIMONIO IN CHIAVE COMPARATISTICA ------------- 31
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Premessa
“Vivo in un’epoca in cui ogni apprendista fabbro sogna di battere un record; nel campo di gara e
in ospedale, nella politica e nel laboratorio chimico, dietro ogni cosa si sente il ticchettio del
cronometro, qualcuno o qualcosa controlla i risultati, tutto è sempre più artificiosamente convulso,
angosciosamente esagerato …… può essere che l’amore sia carico di questa ansia, di questa
ambizione, di questo anomalo e tormentoso fine, e non più un idillio, bensì una specie di
competizione?”
La frase, densa di significato, ed incredibilmente attuale è frutto della penna dello scrittore
ungherese Sàndor Marai, che nell’opera “Divorzio a Buda” per bocca del protagonista dipinge
l’inquietudine dell’ amore e dei rapporti coniugali.
Con coesione e precisione ritmica sonda
l’irrequietezza dell’animo umano, rendendosi quanto mai moderno nell’analizzare la complessità
dei problemi coniugali, che se tralasciati, possono condurre ad una via di non ritorno.
“ Perché vivere è come scalare le montagne: non devi guardarti alle spalle, altrimenti rischi le
vertigini.
Devi andare avanti, avanti, avanti …….
Senza rimpiangere quello che ti sei lasciato dietro, perché, se è rimasto dietro, significa che non
voleva accompagnarti nel tuo viaggio.
Però ti è servito anche quel pezzo di roccia che non riesci più a vedere, ti ha fatto capire, ti ha dato
slancio …. ”
Le parole della giovane scrittrice Giulia Carcasi devono essere uno sprono per chi ha intrapreso la
strada, spesso dolorosa, della separazione.
Andare avanti, voltare pagina, ma riuscendo a ricordare quanto “quel pezzo di roccia” sia stato un
appiglio nei momenti bui di un percorso matrimoniale che si appresta alla conclusione.
Proseguire nel proprio cammino di vita, ma senza rancore verso l’ex coniuge : e ciò soprattutto nel
proprio interesse.
La vita coniugale porta con sé, inevitabilmente, problemi che non tutte le coppie riescono a
superare.
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Gli Stati nei quali ci si separa maggiormente sono: Russia, Bielorussia, Ucraina, Moldavia, Isole
Cayman, Usa, Bermuda, Cuba, Lituania e Repubblica Ceca.
Per numero di separazioni Mosca ha ampiamente superato Reno, la città del Nevada divenuta nota
negli anni ’30 per aver introdotto il “divorzio breve”: addirittura 5 divorzi ogni mille matrimoni.
Ogni anno in Europa si separano 140.000 coppie binazionali, 30.000 delle quali in Germania.
E proprio per facilitare queste procedure, quattordici Paesi europei fra cui la Germania e la Francia
hanno firmato nel giugno 2010 una convenzione sul divorzio, molto attesa.
La Ministra tedesca della Giustizia Sabine Leutheusser-Scnarrenberger ha definito la firma della
legge come “un momento storico”.
Conseguenza del Regolamento UE n. 1259/2010 è che in caso di conflitto, il divorzio sarà
pronunciato nel Paese in cui risiedevano i coniugi prima della separazione.
Tale
innovazione è fondamentale perché prima dell’entrata in vigore del Regolamento, era il congiunto
che per primo si fosse rivolto al Tribunale, a decidere quale regime giuridico avrebbe seguito la
separazione.
Il 3/12/2010 i Ministri della Giustizia europei hanno approvato il Regolamento UE
n.
1259/2010 con cui è stata semplificata la procedura di divorzio per i matrimoni internazionali in
quattordici Paesi europei (Belgio, Bulgaria, Germania, Francia, Italia, Lettonia, Lussemburgo,
Malta,
Austria,
Portogallo,
Romania,
Slovenia,
Spagna
e
Ungheria).
Questo Regolamento offre alle coppie sposate la possibilità di stabilire persino in base a quale
diritto il matrimonio debba essere sciolto.
Tra le finalità del Regolamento sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale
(cosiddetto Roma III) c’ è quella di evitare il “ forum shopping ”, cioè la corsa al Tribunale più
favorevole in Europa da parte del coniuge, che punti ad ottenere che l’iter del divorzio sia regolato
dalla legge più favorevole ai propri interessi.
Per quanto concerne la legge applicabile, il Regolamento lascia ampio spazio al criterio della
volontà delle parti, con la possibilità di scelta per i coniugi, i quali ex art. 5 possono scegliere:
1)
la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione
dell’accordo; o
2)
la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora
al momento della conclusione dell’accordo; o
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3)
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la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione
dell’accordo; o
4)
la legge del foro.
In mancanza di scelta entrano in gioco i criteri sussidiari dell’articolo 8 ossia la legge:
1)
della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o,
in mancanza
2)
dell’ultima residenza abituale dei coniugi, a condizione che tale periodo non si sia concluso
più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel
momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o in mancanza
3)
di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’ autorità giurisdizionale, o in
mancanza
4)
in cui è adita l’ autorità giurisdizionale.
Se però la legge applicabile in base agli articoli 5 o 8 non prevede il divorzio o non concede a uno
dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o
alla separazione personale, si applica la legge del foro .
Questo Regolamento apporta delle innovazioni anche dal punto di vista del diritto procedurale,
perché per la prima volta gli Stati europei si servono della procedura della “cooperazione
rafforzata”, ovvero anche un singolo gruppo di Paesi membri può introdurre normative comuni
autonomamente, senza che gli altri Stati siano obbligati a prendervi parte.
All’articolo 2 del Regolamento è sancito che le norme in esso contenute, non si applicano a:
annullamento del matrimonio, obblighi di mantenimento, responsabilità verso i figli, effetti
patrimoniali del matrimonio, trust o successioni, capacità giuridica delle persone fisiche.
L’articolo 18 di detto Regolamento specifica che esso si applica ai procedimenti avviati e agli
accordi tra i coniugi sulla legge applicabile, conclusi a decorrere dalla data del 21 giugno 2012.
Pur tuttavia, producono effetti anche gli accordi tra coniugi conclusi prima di tale data, a condizione
che siano conformi alle prescrizioni stabilite negli articoli 6 e 7 del regolamento, riguardanti il
consenso e la validità formale e sostanziale dell’accordo.
Il Tribunale autorizzato a pronunciarsi sul divorzio è il primo Tribunale cui sia stata presentata
l’istanza.
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Il Tribunale autorizzato a convertire una separazione legale in divorzio ( se tale possibilità è
prevista dalla normativa del Paese in questione) è il Tribunale del Paese europeo che abbia emesso
la sentenza di separazione legale.
Il Tribunale competente ha anche facoltà di decidere sulle questioni attinenti alla responsabilità
genitoriale.
Per quanto concerne il riconoscimento della separazione legale e del divorzio all’estero, occorre
ricordare che una sentenza di separazione legale o di divorzio pronunciata in un Paese dell’U.E. è
riconosciuta automaticamente negli altri Stati europei, eccezion fatta per la Danimarca, poiché le
norme europee in materia di separazione legale e di divorzio ad esempio riguardo la giurisdizione,
non si applicano a tale Stato.
In molti Stati europei esiste il “divorzio breve”: non si fanno due processi come in Italia, uno per la
separazione e uno per il divorzio, ma si accede direttamente a quest’ ultimo istituto.
Analizzando i dati della Commissione europea per l’ efficienza della giustizia sullo stato dei sistemi
giudiziari, in 45 Stati su 47 membri del Consiglio d’ Europa, l’ Italia risulta il Paese in cui è
richiesto il maggior numero di tempo: occorrono addirittura 634 giorni per le procedure di primo
grado, ovvero il doppio di quanto serve in Germania e in Portogallo.
L’ Italia è seguita dalla Francia, in cui servono 447 giorni, dal Portogallo (325) e dalla Germania
(321).
La durata media dei matrimoni in Russia è di 9,4 anni, mentre nella zona europea la durata aumenta,
essendo compresa in un range che va dai 10,6 ai 16,8 anni.
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2 L’istituto della separazione personale dei
coniugi nel sistema giuridico italiano
2.1.
La separazione personale nell’ ordinamento italiano:
introduzione
L’art. 150 c.c., modificato dalla riforma del diritto di famiglia ( Legge 19 maggio 1975 n. 151),
così recita:
“E’ ammessa la separazione personale dei coniugi.
La separazione può essere giudiziale o consensuale.
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l’omologazione di quella consensuale spetta
esclusivamente ai coniugi”.
La separazione personale dei coniugi può definirsi come una situazione temporanea nella quale si
“attenua” ma non si scioglie il vincolo matrimoniale 1
L’istituto del divorzio è stato introdotto in Italia con la Legge 1.12.1970, n. 898, e non ha
determinato la soppressione della separazione personale, la quale continua a restare un presupposto
ineludibile per la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
La separazione personale costituisce adesso un rimedio al venir meno dell’affectio coniugalis, e non
più un mezzo per sanzionare il coniuge colpevole; 2 svolge due differenti funzioni:
1
2
Dogliotti, La separazione personale dei coniugi, in Tratt. Bonilini, Cattaneo, 2 a edizione, Torino, 2007
Bonilini, Manuale di diritto di famiglia, 3 a edizione, Torino, 2005
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quella di tenere vivo il vincolo
coniugale nella speranza di
farlo tornare alla sua piena
efficienza con la
riconciliazione
2.2.
e quella di predisporre il
successivo scioglimento del
vincolo, anticipandone alcuni
aspetti.
Il diritto di chiedere la separazione
Tale diritto spetta esclusivamente ai coniugi, in quanto esso è da intendersi come uno strumento di
tutela dell’interesse individuale del coniuge a liberarsi di una convivenza divenuta intollerabile. E’
ritenuto un diritto personalissimo.
E’ un diritto potestativo, il cui esercizio si concretizza nella proposizione della domanda di
separazione.
I tratti che lo caratterizzano sono:



2.3.
indisponibilità (il diritto è irrinunciabile),
imprescrittibilità,
intrasmissibilità agli eredi
Le varie forme di separazione
I “tipi” di separazione ammessi dal nostro ordinamento sono:
SEPARAZIONE
GIUDIZIALE
e
SEPARAZIONE
CONSENSUALE
La separazione giudiziale ha il suo presupposto nell’ intollerabilità della convivenza o nel grave
pregiudizio per l’educazione della prole, mentre la separazione consensuale trova il suo fondamento
nella volontà comune dei coniugi.
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Lo status di vita separata si instaura tra i coniugi solo dopo provvedimento giurisdizionale. 3
Oltre ai suddetti “tipi” di separazione, vi sono altre forme particolari di separazione che non
possono identificarsi con la separazione giudiziale di cui all’art. 151 c.c. ovvero:
la
SEPARAZIONE
TEMPORANEA
la SEPARAZIONE ORDINATA DAL
disposta in pendenza del giudizio di nullità del PRESIDENTE DEL TRIBUNALE in sede di
matrimonio innanzi ai tribunali civili o provvedimenti temporanei e urgenti, durante il
ecclesiastici, avente ad oggetto la validità del giudizio di separazione, ex art. 708 c.p.c.
matrimonio. Gli effetti sono provvisori, perché
poi cesseranno con la conclusione del giudizio
di nullità;
Entrambe le ipotesi di interruzione della convivenza, pur trovando la loro disciplina in un
provvedimento giurisdizionale, non comportano un effetto costitutivo di modificazione dello stato
coniugale.
Per maggiore chiarezza, va detto che la giurisprudenza nega che la “separazione presidenziale” (ex
art. 708 c.p.c.) possa costituire causa di divorzio, in mancanza di giudicato di separazione legale 4,
così le separazioni fondate sull’ordinanza presidenziale devono considerarsi, agli effetti della legge
sul divorzio, quali separazioni di fatto.
2.4.
La separazione di fatto
Essa consiste nell’ interruzione della convivenza tra i coniugi attuata in via di mero fatto, cioè senza
l’ intervento di un provvedimento del Tribunale.
Lo status di coniuge legalmente separato può nascere solo da una sentenza di separazione giudiziale
o dall’omologazione di una separazione consensuale.
Va però detto che i coniugi possono, di fatto, porre termine alla convivenza coniugale originando
situazioni giuridicamente rilevanti.
3
4
Mantovani, Separazione personale dei coniugi. Disciplina sostanziale, in EG, XXVIII, Roma, 1992
A.Bari, 13.11.1993; T.Trani 30.04.1993, in Utet Giuridica
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La separazione di fatto costituisce causa di divorzio se iniziata almeno due anni prima del 18
dicembre 1970, e come causa impeditiva dell’adozione.
Presupposti per poter parlare validamente di separazione di fatto, sono la cessazione effettiva della
convivenza, che deve essere intesa come rottura della comunione materiale e spirituale di vita,
accompagnata dalla volontà, tacita o espressa, di entrambi i coniugi.
Ne deriva che non può configurarsi separazione di fatto in ipotesi quali viaggi o ricoveri in
ospedale, in cui vi è sì interruzione temporanea della coabitazione, ma essa deriva da cause esterne
alla volontà dei coniugi, ed inoltre non viene meno l’affectio coniugalis.
La giurisprudenza prevalente ritiene che sia sufficiente ad integrare la separazione di fatto la mera
ed oggettiva cessazione della convivenza seppur derivante dalla volontà di un solo coniuge, e non di
entrambi.
Altra ipotesi di separazione di fatto è costituita dalla separazione consensuale non omologata,
ovvero i coniugi stabiliscono concordemente la cessazione della convivenza senza ricorrere
all’Autorità Giudiziaria, e frequentemente in questa ipotesi i coniugi stipulano un accordo che fissa
le condizioni della separazione.
Per quanto attiene la durata della separazione di fatto, va ricordato che essa può perdurare fino alla
morte di uno dei coniugi, o allo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, o alla
pronuncia di nullità dello stesso; può cessare in conseguenza della separazione consensuale o della
riconciliazione; altrimenti
l ‘unico modo per far cessare la separazione di fatto è
che uno dei coniugi chieda la separazione giudiziale.
Cessata di comune accordo la convivenza matrimoniale, uno dei coniugi non può obbligare l’altro a
ripristinarla, ed il successivo rifiuto di un coniuge di riprendere la convivenza non può costituire
motivo di addebito della separazione giudiziale richiesta dall’ altro coniuge.
Per quanto attiene alle conseguenze derivanti dalla separazione di fatto, va detto che essa non può
comportare di per sé lo scioglimento della comunione legale.
Sicuramente comporta la sospensione dell’obbligo di fedeltà. 5
In ordine ai rapporti patrimoniali sussiste il diritto del coniuge che non abbia redditi propri, al
mantenimento a carico dell’ altro coniuge.
5
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In riferimento ai patti relativi ai figli minori, contenuti in un accordo di separazione di fatto, essi
sono validi a condizione che l’ accordo tra i coniugi soddisfi l’ interesse dei figli.
Il genitore, separato di fatto e convivente con i figli minori, è affidatario ex lege degli stessi.
La legge6 equipara la separazione di fatto a quella legale quale causa di impedimento all’adozione
speciale.
2.5.
La separazione giudiziale
Essa può essere chiesta dal coniuge quando, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di
entrambi, si verifichino fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza
matrimoniale, o tali da arrecare grave pregiudizio all’educazione della prole.
Il Giudice nel pronunciare la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze, e ne sia
richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in conseguenza del suo
comportamento contrario ai doveri nascenti dal vincolo coniugale.
In conseguenza della riforma del diritto di famiglia del 1975, l’Istituto da sanzione per la violazione
dei doveri coniugali, è divenuto rimedio per una situazione obiettivamente insopportabile, inoltre
non è più necessaria la colpa di uno dei coniugi.
La separazione giudiziale può essere chiesta anche quando i coniugi siano separati di fatto, per non
riprendere la convivenza che sarebbe intollerabile, o per ottenere l’ addebito a carico del coniuge
che abbia violato i doveri matrimoniali.
La Giurisprudenza, infatti, ha affermato che la separazione di fatto costituisce prova
dell’intollerabilità della convivenza e quindi presupposto idoneo alla separazione giudiziale 7.
La separazione può essere chiesta dal coniuge dell’assente quando il rientro dello stesso
sconvolgerebbe le situazioni venutesi a creare nel frattempo, così da rendere intollerabile la ripresa
6
art. 6, L. n. 184/1983
7
cfr. T. Catania 2.2.2006, in Utet Giuridica
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della convivenza, e allo stesso modo, nel caso della dichiarazione di morte presunta , la eventuale
ricomparsa del morto presunto potrebbe determinare una ripresa della convivenza a condizioni
inaccettabili, così da legittimare una richiesta di separazione.
Analizziamo adesso la PRONUNCIA DI ADDEBITO :
Il Giudice nel pronunciare la separazione, dichiara, ove ne ricorrano le circostanze, e ne sia
richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione, in conseguenza del suo
comportamento contrario ai doveri nascenti dal vincolo coniugale.
Mentre prima della riforma del 1975 la separazione giudiziale poteva essere richiesta solo in
presenza di previsioni tassative di comportamenti contrari ai doveri matrimoniali, nel’attuale
disciplina, invece, il presupposto della separazione è l’ intollerabilità della convivenza, mentre la
dichiarazione di addebito è eventuale, cioè solo a seguito di domanda espressa: “ove ne sia
richiesto”, e qualora “ne ricorrano le circostanze”.
La pronuncia di addebito presuppone una valutazione discrezionale da parte del Giudice, sul
complessivo comportamento di entrambi i coniugi nello svolgimento del rapporto coniugale.
Non è però addebitabile la separazione al coniuge che abbia posto in essere comportamenti contrari
ai doveri coniugali conseguentemente ad uno stato di malattia mentale.
Le ipotesi che determinano la pronuncia di addebito sono:
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Analizziamole singolarmente.
 VIOLAZIONI DI DIRITTI COSTITUZIONALI E DI DIRITTI DELLA
PERSONALITA’ DEL CONIUGE.
E’ costituzionalmente garantita l’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, cosicché sono
sanzionabili con l’addebito i comportamenti di un coniuge che ostacolino l’ altro coniuge nello
svolgimento della sua personalità e nell’ esercizio dei diritti tutelati dalla Costituzione italiana,
come il diritto alla libertà religiosa, di circolazione, di lavoro, di manifestazione del pensiero, di
informazione, e di corrispondenza, poiché tali comportamenti vanno ad integrare una violazione
del dovere di collaborazione e di assistenza morale.

VIOLAZIONE DELL’ OBBLIGO DI FEDELTA’.
In seguito alla riforma del diritto di famiglia, per “violazione dell’obbligo di fedeltà” non è da
intendersi più l’adulterio, come in passato, ma anche tutti quei comportamenti, sessuali e non, che
comportino una lesione del reciproco dovere di devozione dei coniugi, e quindi della comunione
materiale e spirituale.
Un singolo episodio di adulterio non è sufficiente di per sé ai fini dell’addebito.
Inoltre, per ottenere la separazione con addebito a carico del fedifrago, è necessario dimostrare che
la rottura del legame coniugale sia da addebitare proprio al comportamento infedele. 8
Non è responsabile per la separazione, il coniuge che intrattiene una relazione platonica su internet
con un soggetto che vive a chilometri di distanza. Secondo la Cassazione, tale tipo di relazione non
comporta un adulterio vero e proprio per la mancanza di rapporti carnali e per il fatto che la storia
non sia divenuta di pubblico dominio nell’ambiente sociale in cui vivono i coniugi.
8
Cass. sent. n. 11008 del 9.05.2013
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Si configura violazione del dovere di fedeltà e conseguente addebito della separazione, anche in
assenza di relazioni sessuali extraconiugali, rilevando semplicemente l’esternazione di
comportamenti tali da ledere la sensibilità e la dignità del coniuge. 9
Nemmeno una stabile relazione extraconiugale giustifica automaticamente l’ addebito se non sia
accertata l’ esistenza del nesso causale tra tradimento e crisi coniugale. 10
Attenzione a sms ed e-mail: infatti, secondo un’importantissima ordinanza del Tribunale di Torino
11 è possibile produrre in giudizio i messaggi telefonici e quelli di posta elettronica anche se
ottenuti in violazione delle norme di legge sulla privacy, per provare una relazione extra- coniugale,
perché secondo il Tribunale il codice di procedura civile non contiene nessuna norma che vieti
l’utilizzo di prove acquisite in modo illecito, e dunque commettendo un reato contro l’ altrui
privacy.

VIOLAZIONE DELL’ OBBLIGO DI COABITAZIONE.
La fissazione della residenza deve avvenire per accordo dei coniugi, e la violazione dell’obbligo di
coabitazione può determinare l’addebito a carico del coniuge che non collabori per raggiungere l’
accordo o non rispetti l’ accordo sul luogo della residenza familiare, o che si allontani dalla
residenza comune senza una valida ragione oggettiva.
Per la pronuncia di addebito, è però indispensabile che i coniugi abbiano preventivamente fissato
una stabile residenza familiare.12

VIOLAZIONE DELL’ OBBLIGO DI ASSISTENZA E DI COLLABORAZIONE.
Costituiscono motivi di addebito: l’impedimento all’esercizio dei rapporti di un coniuge con la
propria famiglia di origine, la reiterata divulgazione di notizie diffamatorie false sul conto del
coniuge, i comportamenti riconducibili al concetto di mobbing, il rifiuto ingiustificato ad avere
rapporti sessuali con il coniuge, l’atteggiamento fortemente autoritario di un coniuge, il rifiuto di
assistere il coniuge infermo di mente.
9
C. 15557/2008; C. 6834/1998; C. 9287/1997
C. 4290/2005; C.5090/2004; C.13431/2008
11
Trib. Torino, ord. del 8.05.2013
12
C. 24574/2008
10
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Gli istituti giuridici della separazione personale dei
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con alcuni paesi extra-europei (Parte prima)
VIOLAZIONE DELL’ OBBLIGO DI CONTRIBUZIONE.
La violazione determina pronuncia di addebito laddove si manifesti con un comportamento
volontario atto a porre il coniuge in condizione di non potervi ottemperare.
La giurisprudenza ha precisato che non può derivare pronuncia di addebito, il comportamento di un
coniuge che, contribuendo ai bisogni familiari, abbia acquistato un immobile non rendendo edotto il
coniuge.
E’ interessante citare una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha sancito
che se il procedimento di separazione non si è ancora concluso con una sentenza definitiva, il
coniuge che va via dalla casa coniugale immotivatamente, portando con sé i figli minori, facendo
inoltre perdere le proprie tracce, è responsabile, e pertanto subisce l’addebito. 13
Diversamente, non comporta addebito l’ abbandono della casa coniugale avutosi pochi mesi dopo il
matrimonio, ma dopo una lunga convivenza, 14 se l’ abbandono non abbia avuto una sua specifica
incidenza causale sulla interruzione della convivenza tra i coniugi.
Per quanto concerne gli effetti derivanti dalla pronuncia di addebito, va detto che il coniuge cui sia
stata addebitata la separazione, non ha diritto ad alcun assegno di mantenimento, ma ha solo il
diritto agli alimenti, laddove ne ricorrano i presupposti.
Il coniuge, cui sia stata addebitata la separazione, non vanta, inoltre, diritti successori nei confronti
dell’altro coniuge, ma può avere diritto solo ad un assegno vitalizio a carico dell’ eredità, se al
momento dell’ apertura della successione godeva degli alimenti legali a carico dell’ altro coniuge.
2.6.
La separazione consensuale
La separazione consensuale, insieme alla separazione giudiziale, ex art.151 e ss. c.c. , costituisce
una forma di separazione legale. Essa ha titolo nell’accordo dei coniugi, e consiste in un negozio
giuridico bilaterale omologato dal Tribunale con decreto.
13
Cass. sent. n. 10719/2013 dell’ 8.05.2013
14
Trib. Milano, sent. n. 3064/2013
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Viene preferita dalle parti poiché più rapida e sicuramente meno costosa rispetto a quello di
separazione giudiziale, oltre ad essere meno traumatica per i coniugi e per la prole, in quanto
consente alle parti di predisporre un regolamento di interessi realizzato ad hoc, caso per caso,
comprensivo degli interessi di carattere patrimoniale.
E’ un atto personalissimo, e quindi non è ammessa la rappresentanza.
L’accordo di separazione è valido se entrambi i coniugi godono della capacità di agire, quindi la
separazione consensuale è preclusa all’interdetto giudiziale; per ciò che invece attiene all’
inabilitato e al minore emancipato, va detto che questi ultimi possono concludere l’accordo
validamente senza necessità di essere affiancati dal curatore a condizione che l’accordo non
comporti atti patrimoniali di straordinaria amministrazione.
L’accordo di separazione consensuale si compone di:
La Suprema Corte ha accolto implicitamente la distinzione tra contenuto necessario e contenuto
eventuale ( C. 24436/2009; C. 9287/1997).
L’accordo viene portato – con un ricorso – all’attenzione del Giudice, e per avere efficacia dovrà
essere omologato dal Tribunale, e ciò avverrà soltanto qualora non sia in contrasto con l’ interesse
della prole. E proprio per tutelare il supremo interesse dei figli, il Giudice può indicare ai coniugi la
modifica delle condizioni tra di loro pattuite. (art. 158 c.c.).
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Le condizioni sia della separazione giudiziale, sia di quella consensuale, posso essere modificate,
laddove nel tempo mutino le circostanze di fatto sulle quali si è fondato l’accordo dei coniugi, e i
patti contenuti nell’accordo omologato sono soggetti alla clausola implicita “rebus sic stantibus”.
In ipotesi di disaccordo delle parti la modifica deve essere chiesta con la forma camerale, mediante
un procedimento avente natura contenziosa, invece in caso di accordo dei coniugi si ritiene
possibile chiedere l’omologazione del patto modificativo con la forma camerale.
La volontà dei coniugi consente di ottenere la separazione consensuale prescindendo
dall’intollerabilità della convivenza, elemento che invece costituisce il fondamento della
separazione giudiziale.
La separazione “ per il solo consenso dei coniugi” non è produttiva di nessun effetto, se difetta
dell’omologazione del Tribunale, infatti, ex art. 711, comma 4 ° c.p.c., “la separazione consensuale
acquista efficacia con l’omologazione del Tribunale”.
Conseguentemente dalla separazione non omologata non possono derivare gli effetti che derivano
dall’omologazione, ovvero la modificazione dello status coniugale che è appunto connessa alla
separazione legale.15
Nel caso in cui la separazione non venga omologata, la separazione deve qualificarsi come
separazione di fatto, e non fa venir meno l’efficacia degli accordi patrimoniali tra le parti, invece la
riconciliazione fa cessare lo stato di separazione, e con esso gli effetti dei patti del contenuto
necessario, mentre restano fermi gli effetti del contenuto accessorio.
Il controllo del Tribunale, reso in sede di omologazione del verbale di separazione è di mera
legittimità, vertendo su esistenza, serietà e libertà del consenso dei coniugi, e sulla validità
dell’accordo. Il controllo viene effettuato con notevole attenzione anche in ordine alle clausole
regolanti l’affidamento dei figli e il contributo al loro mantenimento.
Ne deriva che se l’accordo dei genitori non rispetta pienamente l’ interesse dei figli, il Giudice
convoca nuovamente le parti indicando le modificazioni da adottare.
A questo punto i coniugi possono seguire due strade:
25. Grassetti, Dello scioglimento del matrimonio e della separazione dei coniugi, in Comm. Cian, Oppo, Trabucchi, II,
Padova, 1992
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ottenere l’
omologazione
il diniego
dell’
omologazione
1.7 I PROVVEDIMENTI RIGUARDO AI FIGLI
“I semi sono futuro, portano dentro passato, sono presente, ma rappresentano il futuro, già
custodito al loro interno”.16
I diritti e gli obblighi che i genitori hanno nei confronti dei figli, non mutano se il matrimonio entra
in crisi e cessa la convivenza coniugale, anzitutto resta fermo l’ obbligo di mantenere, istruire ed
educare la prole, obbligo che si fonda sul fatto stesso della filiazione, come stabilito dall’ art. 30
della Costituzione.
ART. 30 COST. I COMMA
E’ dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati
fuori dal matrimonio.
16
Elisa Irene Anastasi da “ Alba blu”
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ART. 155 c.c., LIBRO I, TITOLO VI, CAPO V
COME MODIFICATO DALLA LEGGE 8 FEBBRAIO 2006 n. 54
“Anche in caso di separazione personale dei genitori il figlio minore ha il diritto di
mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere
cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli
ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, il giudice che pronuncia la
separazione personale dei coniugi adotta i provvedimenti relativi alla prole con
esclusivo riferimento all’ interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente
la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a
quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza
presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi
deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’ istruzione e all’ educazione dei figli.
Prende atto, se non contrari all’interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i
genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole.
La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore
interesse per i figli relative all’istruzione, all’ educazione e alla salute sono assunte di
comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’ inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice
può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il
giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di
realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
1) le attuali esigenze del figlio;
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi
i genitori;
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore;
4) le risorse economiche di entrambi i genitori;
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun
genitore.
L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro
parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino
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sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia
tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti
diversi.
Per quanto concerne la separazione legale la disciplina dei rapporti tra genitori e figli è contenuta
sia nel codice civile, del quale è stato riscritto l’art. 155 c.c. ed al quale sono stati aggiunti gli artt.
155 bis – 155 sexies c.c., sia nel codice di rito nel quale sono stati aggiunti un 4° comma all’ art.
708 c.p.c., ed un “nuovo” art. 709 ter c.p.c. (cfr. art. 2, L.8.2.2006, n. 54).
Il recente intervento legislativo ha conservato il principio della “bigenitorialità” come regola
generale, anche durante e dopo la crisi familiare, relegando l’ affidamento esclusivo ad uno solo dei
genitori, al ruolo di mera accezione, diversamente dalle previgenti discipline, in cui ciò costituiva
invece la regola.
Ogni provvedimento che il giudice prenderà in ordine alla prole minorenne nella crisi tra i genitori,
dovrà essere esclusivamente indirizzato a realizzare al meglio il concreto interesse della prole
medesima. Se la scelta astrattamente migliore, ovvero il rispetto dell’affidamento bigenitoriale, si
rivelasse in concreto pregiudizievole, al Giudice spetta il dovere di allontanarsene tanto quanto
riterrà necessario al fine di realizzare unicamente la concreta tutela dell’interesse dei figli
minorenni, fino al punto di disporre l’affidamento esclusivo ad un solo genitore, oppure potrà, ad
esempio, disporre temporaneamente l’affidamento familiare a soggetti diversi dai genitori.
Anche in caso di affidamento condiviso , il giudice deve fissare una collocazione prevalente, inoltre
deve fissare i tempi e le modalità di presenza della prole presso ciascun genitore, oltre alla misura e
al modo in cui ognuno debba farsi carico della cura, dell’ educazione e dell’istruzione di essa. 17
17
Basini, L’ affidamento condiviso
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La volontà dei coniugi a riguardo può confluire in un accordo, il quale però deve essere
necessariamente posto al vaglio, che controllerà che siano rispettati gli interessi della prole.
In ordine al tema della RESIDENZA va detto che:
“Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei
figli.
Dell'assegnazione il Giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori,
considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel
caso che l'assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more
uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi
dell'articolo 2643 c.c..
Nel caso in cui uno dei coniugi cambi la residenza o il domicilio, l’altro coniuge può chiedere, se il
mutamento interferisce con le modalità dell’ affidamento, la ridefinizione degli accordi o dei
provvedimenti adottati, ivi compresi quelli economici. 1818
L’esercizio della POTESTA’ GENITORIALE è regolato al comma III del nuovo art. 155 c.c., come
modificato dalla L. 8 febbraio 2006 n.54, secondo cui:
“ La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di
maggiore interesse per i figli, relative all’istruzione, all’ educazione e alla salute sono
assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’ inclinazione naturale e
delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice
può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente”
18
art. aggiunto dall’art. 1, L. 8.2.2006, n. 54
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Stabilito che la potestà sia esercitata da entrambi i genitori ( affidamento condiviso), sono
possibili solo due alternative:
l’esercizio congiunto di essa, per le
decisioni di maggiore interesse, che
debbono essere prese di comune accordo;
la possibilità per il giudice di disporre
l’esercizio separato della potestà,
per le questioni di ordinaria
amministrazione.
Il Giudice competente a decidere nel caso di contrasto sulle decisioni di maggiore interesse è il
tribunale ordinario competente per il procedimento.
Per quanto attiene poi al CONTRIBUTO AL MANTENIMENTO, i criteri di determinazione di
quanto dovuto sono le esigenze attuali del figlio, il tenore di vita goduto quando la famiglia non era
in crisi, e le sostanze e la capacità reddituale di ogni genitore.
La nuova disciplina prevede espressamente che il Giudice possa, in caso di insufficiente
documentazione delle informazioni di carattere economico fornite dai genitori, disporre un
accertamento della polizia tributaria sui beni e sui redditi oggetto di contestazione, anche se intestati
a soggetti diversi dal genitore.
Anche se decaduto dalla potestà genitoriale, quindi pur non avendo più poteri decisionali sui figli
minori, il genitore resta obbligato a mantenere i propri figli e a rimborsare le spese sostenute in via
esclusiva dall’ex coniuge, compreso il 50% delle spese straordinarie per corsi sportivi, viaggi, e
visite mediche del minore.1919
La MODIFICA DELLE DISPOSIZIONI CONTENUTE NELLA SENTENZA DI SEPARAZIONE
E NEL VERBALE OMOLOGATO è consentita dall’ art. 155 ter c.c.:
“I genitori hanno diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l
affidamento dei figli, l’ attribuzione dell’ esercizio della potestà su di essi e delle eventuali
disposizioni relative alla misura e alla modalità del contributo”.
19
Trib. Di Roma, sent. n. 841 del 2 ottobre 2012
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La norma, in forza dell’art. 4, II comma, L. 8.2.2006, n.54 risulta applicabile anche ai giudizi di
divorzio, di nullità del matrimonio, e nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati. A
uno o entrambi i coniugi che abbiano ottenuto un provvedimento di separazione o di divorzio (sia a
seguito di un accordo congiunto, sia a seguito di una causa )20 è consentito chiedere al giudice di
modificare o revocare le condizioni in esso contenute. 21
Non solo nel procedimento di separazione e divorzio, ma anche in quello di revisione delle
condizioni di separazione, il giudice deve disporre l’AUDIZIONE DEL MINORE se sono in gioco
gli interessi del bambino.
A ricordarlo è la Cassazione in una recentissima sentenza. 22
L’obbligo dell’audizione discende direttamente dalla Convenzione di New York e dalle norme
Cedu, ogni volta che un procedimento implica valutazioni e decisioni che incidono direttamente sul
minore.23
Per quanto attiene poi alle conseguenze della separazione sui
FIGLI
MAGGIORENNI,
la
legge impone che il giudice, dopo aver valutato le circostanze, possa disporre il pagamento di un
assegno periodico in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, e tale assegno,
salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto. Va però
specificato che è legittima la richiesta di revoca dell’assegno di mantenimento nei confronti del
figlio maggiorenne che abbia terminato gli studi e non si impegni con serietà nella ricerca di un
lavoro, o rifiuti senza giustificato motivo le offerte di lavoro ricevute. 24
La situazione dei figli maggiorenni portatori di handicap gravi ai sensi dell’art. 3, comma III, della
L. 5 febbraio 1992, n.104, è equiparata a quella dei figli minori, cosicché si applicano integralmente
le stesse disposizioni.
E’ interessante ricordare una recentissima decisione della Cassazione, che in assenza di norme
precise ha stabilito che gli ex coniugi concordino le condizioni del mantenimento dell’animale
domestico (nella fattispecie un gatto) e della sua permanenza presso l’ abitazione dove è collocata la
20
Cass. S.U. sent. n. 23866/2013
art. 570, comma 2, c.p.
22
Cass. sent. n. 11687/13 del 15.05.2013
21
23
24
http://www.laleggepertutti.it
Cass. sent. n. 7970/2013
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figlia minore dei separati, che se ne prenderà cura sostenendo le relative spese ordinarie. Mentre le
spese straordinarie per il mantenimento dell’animale dovranno essere ripartite in pari misura tra i
coniugi. Conseguenza di ciò è che l’animale domestico diviene un essere titolare di diritti anche
dopo lo scioglimento del matrimonio dei padroni25, in ottemperanza alla Convenzione europea per
la protezione degli animali da compagnia.26
L’animale è, dunque, a tutti gli effetti un “ essere senziente” e non una cosa. 27
2.7.
Gli effetti della separazione
A tal proposito è indispensabile il riferimento all’art. 156 c.c., così come novellato dalla L. 19
maggio 1975, n.151 :
Art. 156 c.c. Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi
Il Giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile
la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento,
qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi
dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti.
Il Giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o
personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai
precedenti commi e dall'articolo 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'articolo 2818 c.c..
25
Cass. decr. del 13.03.2013
Convenzione di Strasburgo del 13.11.1987
27
Così il Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione Europea e il Trattato che istituisce la Comunità
Europea. Firmato in Portogallo il 13.12.2007
26
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In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte
dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente
somme di danaro all'obbligato, che una parte di essa venga versata direttamente agli aventi diritto.
“Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la
revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti “.
Va anzitutto ricordato che i separati non possono contrarre nuovo matrimonio; salva diversa
statuizione la moglie continua a portare il cognome del marito; inoltre non mutano gli effetti
successori, fatta eccezione per il coniuge al quale sia stata addebitata la separazione.
Tra i doveri coniugali che cessano in conseguenza alla separazione dei coniugi, vi è l’obbligo della
coabitazione; restano sospesi anche il dovere di assistenza, di collaborazione e di fedeltà. Inoltre la
separazione comporta lo scioglimento della comunione legale.
Inoltre il coniuge separato ha diritto alla pensione di reversibilità e alle indennità previste a favore
del coniuge superstite, e alle indennità di cui agli artt. 2118 e 2120 c.c.
Il Giudice può stabilire a favore del coniuge, cui non sia stata addebitata la separazione, un
ASSEGNO DI MANTENIMENTO POSTO A CARICO DELL’ ALTRO CONIUGE , in
conseguenza della mancanza di redditi sufficienti ad assicurare al coniuge il tenore di vita di cui
godeva durante la convivenza matrimoniale.
L’obbligo al mantenimento del coniuge separato sostituisce l’obbligo di contribuzione vigente
durante la convivenza matrimoniale, obbligo venuto meno per effetto della separazione.
In caso di durata breve del periodo intercorso tra la celebrazione del matrimonio e la separazione,
non preclude il diritto all’assegno di mantenimento, ma incide solo sulla quantificazione
dell’assegno .28
Va specificato che la nozione di mantenimento è ben più ampia rispetto a quella di ALIMENTI, che
spettano anche al coniuge cui sia stata addebitata la separazione, se si trovi in uno stato di bisogno e
vi sia l’ impossibilità dell’ avente diritto di provvedere al proprio mantenimento.
28
C. 23378/2004
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L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO è costituito da una corresponsione di un assegno periodico,
per lo più mensile, avente funzione assistenziale: il coniuge obbligato al pagamento dell’assegno è
colui che versa nelle condizioni economiche migliori, sia esso responsabile o meno del fallimento
del matrimonio. Il mantenimento prescinde dallo stato di bisogno del coniuge separato e tende a
garantirgli la conservazione del tenore di vita precedentemente goduto.
Il IV comma dell’art. 156 c.c. prevede che il Tribunale possa imporre al coniuge obbligato a
corrispondere l’assegno di mantenimento o gli alimenti legali, ovvero il contributo al mantenimento
dei figli.
Giova in proposito richiamare la sentenza della Suprema Corte di Cassazione Sez. 1^ del
22.04.2013 n. 9671, la quale così enuncia: “ Come è noto, l’art. 156 c.c. prevede varie garanzie in
caso di inadempimento dell’obbligo di mantenimento verso il coniuge o i figli: l’ordine a terzi,
tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte venga
direttamente versata all’avente diritto, ovvero il sequestro di beni del coniuge obbligato. E’ da
ritenere che i due mezzi possano essere concessi anche contemporaneamente, a carico del
medesimo obbligato. La corresponsione diretta, così come il sequestro, non prevedono un generico
pericolo nel ritardo, ma un preciso inadempimento dell’obbligato…”. 29
al coniuge beneficiario non deve
essere addebitabile la separazione,
I presupposti per la concessione di un
assegno di mantenimento sono:
il richiedente deve essere privo di
adeguati redditi propri
l’altro coniuge deve avere mezzi
idonei a far fronte al pagamento dell’
assegno
L’assegno di mantenimento può essere attribuito dal Giudice solo in presenza di espressa domanda
di parte, e non già d’ufficio, conseguentemente il richiedente deve fornire la prova della sussistenza
29
Vedasi anche sentenza Cass. n. 11062/2011
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dei presupposti per la concessione dell’assegno in suo favore, e la domanda dell’assegno deve
essere contenuta nell’atto introduttivo del giudizio. 30
In caso di inadempimento dell’obbligo di pagamento dell’assegno dovuto al coniuge separato, il
coniuge inadempiente, pur se residente in un altro Stato, può essere convenuto in giudizio davanti al
Tribunale del luogo ove risiede o è domiciliato il coniuge creditore, in applicazione estensiva
dell’art. 5, Convenzione di Bruxelles 27.9.1968 in materia di obbligazioni alimentari, resa esecutiva
con la L. 21.6.1971, n. 804.
La recente sentenza n. 23866/ 2013 Cass. S.U. 31 ha stabilito che le pene previste per il reato di
mancato versamento dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge sono la reclusione e la multa:
però secondo la Corte esse non possono essere applicate congiuntamente, come invece sembra
prevedere la legge, ma solo l’una in alternativa all’altra ( art. 570, comma 2, c.p.).
30
C. 2064/2000, in Utet Giuridica
31
E’ possibile finire in carcere per non avere pagato il mantenimento all’ex coniuge? La risposta affermativa si applica
esclusivamente nei casi di bisogno. Qualora, infatti, il mancato versamento tocchi beneficiari con condizioni
economiche gravose, essendo il pagamento considerato imprescindibile, è normativamente ammissibile la reclusione
per il coniuge deficitario. La detenzione correlata alla sanzione pecuniaria viene, di contro, esclusa nei confronti del
responsabile che non versa l’assegno di divorzio all’ex coniuge ‘benestante’ o che comunque non è ammesso ai
requisiti che circoscriventi lo status di bisogno. A queste conclusioni è giunta la Corte di Cassazione, sezioni unite
penali, tramite la sentenza 23866/2013 con cui ha stabilito che, in maniera favorevole al reo, con riguardo alla
punizione applicativa in caso di incompiuto versamento mensile dell’assegno, il generico rimando all’articolo 570 del
Codice Penale va interpretato in riferimento esclusivo al primo comma, mentre la difformità sanzionatoria stabilita dal
legislatore nel secondo comma viene appositamente giustificata dalla diversità ontologica della circostanza. Nello
specifico, l’applicazione del primo comma del menzionato articolo 570 del c.p., viene a riguardare l’ex coniuge che,
mancando al pagamento dell’assegno di divorzio al quale è vincolato, arriva a sottrarsi, si legge in sentenza, agli
“obblighi di assistenza” contratti con l’ex coniuge, a prescindere dalla condizione di necessità.
Dissimile è invece la situazione prospettata dalla disciplina dell’articolo 570 del c.p., al secondo comma. In tal caso
infatti, la condanna prevista dalla normativa viene applicata nei riguardi di chi è responsabile di aver negato la
corresponsione dei mezzi di sussistenza ai figli o al coniuge. Qui, il comportamento sanzionato arriva dunque a
presupporre uno stato di bisogno sussistente da parte del beneficiario. “E’ proprio l’ambito circoscritto della nozione
dei mezzi di sussistenza (che contiene la valenza dello stato di bisogno nel soggetto passivo) -ha chiarito al riguardo la
Suprema Corte- a impedire di considerare la violazione formale dell’obbligo di corrispondere l’assegno divorzile affine
alla condotta di danno quale delineata dall’articolo 570, comma secondo, n. 2, del codice penale”. L’impossibilità di
estendere il rinvio, prodotto dall’art. 12-sexies l.n. 898 del 1970, al secondo comma dell’articolo 570 del Codice
Penale interviene l’inefficace conformità a livello contenutistico tra la fattispecie penale prevista dal Codice e invece
quella annunciata dalla riforma normativa regolante il divorzio, alla quale tra l’altro rimanda la legge n. 54 del 2006
in tema di obblighi economici a carico del coniuge separato. La risoluzione del contrasto sottoposto al vaglio della
Corte, inoltre, non è arrivata a comportare alcuna sostanziale mitigazione della tutela repressiva, posto che,
essendo rimessa nelle mani del giudice la concretizzazione della decisione sanzionatoria, nei confronti di chi si sottrae
al versamento dell’assegno divorzile, qualora sussistano gravi precondizioni, può comunque subentrare la pena
detentiva (da Leggi Oggi.it del 3.06.2013)
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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In conseguenza di ciò:
Il coniuge
inadempiente può
essere condannato
alla reclusione;
la pena giusta è
quella della
multa.
Va inoltre precisato che secondo la Cassazione, la valutazione finale sulla sanzione da irrogare per
l’omesso versamento dell’assegno spetta solo al Giudice, il quale - laddove sussistano condizioni
gravi di cui tener conto - potrà infliggere la pena della detenzione in carcere.
2.8.
La cessazione degli effetti della separazione
Essa consegue alla riconciliazione, ma anche alle cause che conducono alla cessazione del vincolo
coniugale o alla dichiarazione della sua inesistenza, cioè nullità del matrimonio, divorzio, e morte
del coniuge.
L’ art. 157 c.c., come modificato dall’ art. 39, L. 19 maggio 1975, n.151 recita così:
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“ I coniugi possono di comune accordo far cessare gli effetti della sentenza di separazione,
senza che sia necessario l’ intervento del giudice, con una espressa dichiarazione o con un
comportamento non equivoco che sia incompatibile con lo stato di separazione.
La separazione può essere pronunziata nuovamente soltanto in relazione a fatti e
comportamenti intervenuti dopo la riconciliazione”.
I coniugi hanno piena facoltà di far cessare lo stato di separazione di comune accordo, senza
necessità dell’intervento del Giudice, ripristinando la comunione legale di vita nella sua pienezza.
 da un accordo espresso dei
coniugi, e quindi essere ESPRESSA;
oppure
LA RICONCILIAZIONE può
derivare:
 da un comportamento non
equivoco incompatibile con lo stato di
separazione, e quindi essere TACITA.
Secondo la Giurisprudenza, affinché si producano gli effetti della riconciliazione non è sufficiente
la dichiarazione dei coniugi di volersi riconciliare, ma occorre anche che venga ripristinata la
comunione materiale e spirituale dei coniugi, in una situazione di convivenza caratterizzata da una
comune organizzazione domestica e da rapporti sessuali. 32
Conseguente alla riconciliazione è la cessazione ex nunc dello stato di separazione instauratosi
legalmente tra i coniugi a seguito della sentenza di separazione giudiziale o dell’omologazione del
decreto di separazione consensuale.
Con la riconciliazione si interrompe il periodo triennale di separazione che costituisce il principale
presupposto del divorzio.
32
C. 4161/2001; C. 3744/2001; C.4748/1999; C.6031/1998
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2.9.
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La mediazione familiare
Si applica anche nelle cause in materia di famiglia ( separazione, divorzio, affidamento dei minori,
ecc. ) la novità introdotta dal “Decreto del Fare” che impone al Giudice di formulare, alle parti in
giudizio, una proposta transattiva o conciliativa, la quale deve essere fatta in prima udienza, o
comunque fino alla fine della raccolta delle prove (fase istruttoria).
La mediazione familiare può essere definita come un “processo di risoluzione dei conflitti
personali” che si realizza con “l’intervento di una terza persona, neutrale e qualificata, cioè il
mediatore familiare”, il cui ruolo è quello di “portare i membri della coppia a trovare da sé le basi
di un accordo durevole e mutualmente accettabile, tenendo conto dei bisogni di ciascun
componente della famiglia e particolarmente di quelli dei figli, in uno spirito di corresponsabilità e
di uguaglianza dei ruoli genitoriali”. 33
Il mediatore è definito dal T. Bari 21.11.2000 come un ausiliario atipico del Giudice, ai sensi
dell’art. 68 c.p.c. che opera nell’ ambito del giudizio di separazione, di divorzio, di nullità del
matrimonio, e tra genitori non coniugati.
Riguardo alla sua autonomia, e alle modalità di svolgimento della mediazione, va precisato che la
natura della sua opera è meramente compositiva e non valutativa, volta non solo (e non tanto) ad
una riconciliazione, quanto piuttosto tesa ad una soluzione concordata del conflitto esistente.
Anche in mancanza di una specifica disposizione di legge, è comunque facoltà del giudice invitare
le parti a ricorrere alla mediazione familiare, “rinviando” i coniugi che si siano manifestati
disponibili, ad un centro di mediazione familiare allo scopo di agevolare la conclusione di un
accordo, ma il tutto è subordinato al consenso delle parti, escludendo quindi che possa trattarsi di
una scelta imposta dal giudice.
La possibilità che il Presidente valuti la proficuità di “una soluzione non contenziosa” dei conflitti
familiari nello svolgimento delle sue funzioni conciliative è riconosciuto anche dalla Corte
Costituzionale. 34
Dopo la mediazione, si avrà il rinvio a nuova udienza 35 , e tale rinvio si risolve in una sospensione
del processo per accordo delle parti, e dunque non può superare i quattro mesi.
33
definizione contenuta nel codice deontologico elaborato dalla Apmf, Association pour la mediation familiale, citato
da Dainesi, La mediazione familiare, in Fd, 1997
34
35
C.Cost. 5.11.1996, n. 389
C.Cost. 5.11.1996, n. 389
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2.10.
Cenni sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio in
chiave comparatistica
Etimologicamente la parola “divorzio” proviene dal latino “volgersi da un’altra parte”. Ai nostri
giorni indica la separazione legale tra un uomo e una donna legati da vincolo coniugale, i quali in
seguito a tale procedura, possono appunto “ volgersi da un’ altra parte”.
Nella nostra società moderna, figlia della Rivoluzione Francese del 1789, la libertà è stata elevata a
valore universale, facendo addivenire il divorzio come suprema manifestazione del volere
personale.
Il divorzio è ormai adottato dalla maggioranza degli Stati: dal dopoguerra in poi anche da molti
Stati di religione cattolica; esempio tipico è quello dell’Italia, in cui l’ istituto del divorzio è stato
introdotto con la legge n. 898 del 1° dicembre 1970.
Notevoli sono le differenze tra uno Stato ed un altro sia in ordine ai motivi dello scioglimento, sia
alla procedura.
Per quanto concerne quest’ultima, infatti, se prevale quella giudiziaria in molti ordinamenti, vi sono
però casi di attribuzione di competenza all’autorità amministrativa, soprattutto negli ordinamenti in
cui è prevista la “conversione” della separazione personale in divorzio.
L’istituto del divorzio deve essere analizzato secondo due differenti orientamenti:
1) divorzio-sanzione
2) divorzio-rimedio
- Il primo modello fa perno, per la pronuncia del divorzio, sulla sussistenza di cause di carattere
soggettivo, collegate alla “colpa” di uno dei coniugi, come nei casi di adulterio e di sevizie.
- Il secondo orientamento, invece, si riconnette all’esistenza di una condizione obiettiva di
disfacimento del vincolo coniugale, alla quale occorre porre riparo ricorrendo allo scioglimento.
Tale condizione obiettiva può essere costituita ad esempio dall’incompatibilità di carattere.
In realtà il confine di demarcazione di un modello con l’altro non è per nulla netto, cosicché in
molti ordinamenti i motivi-colpa diventano un unicum con le condizioni obiettive di scioglimento.
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L’Italia è uno dei pochi Stati europei in cui il divorzio resta un procedimento lungo e costoso. E per
tale motivo, un numero crescente di coppie decide di recarsi fuori dai confini nazionali per
sciogliere definitivamente il proprio vincolo matrimoniale.
In Paesi come Romania e Spagna, infatti, si offrono pacchetti “low cost” di divorzio immediato.
Da un recente rapporto della Commissione europea emerge che l’ Italia occupa l’ ultima posizione
in merito alla durata dei processi di divorzio, infatti occorrono non meno di 5 anni per addivenire
ad una sentenza che sancisca l’ effettivo scioglimento del rapporto coniugale.
Il “turismo divorzile” trova il suo riconoscimento normativo 36 che riconosce efficacia immediata
alle sentenze pronunciate dai Tribunali degli Stati membri dell’ UE, a condizione che tali sentenze
non siano contrarie all’ ordine pubblico, e rispettino i requisiti minimi di garanzia del giusto
processo.
Da ciò deriva che una sentenza di divorzio pronunciata da un giudice rumeno oppure spagnolo ha
efficacia immediata in Italia, senza abbisognare di un apposito procedimento di riconoscimento.
L’Italia è uno dei pochi Paesi europei che richiede più tempo per divorziare insieme a Polonia,
Malta e Irlanda del Nord a causa del doppio procedimento necessario: quello di separazione e di
divorzio, e tutto questo lungo iter ha portato molte coppie a trovare rimedi più rapidi e meno costosi
all’estero. 37
36
37
art. 64 L. 31 maggio 1995 n. 2180
http://www.romagiornale.it
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