6-liturgia della parola

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6-liturgia della parola
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LA LITURGIA DELLA PAROLA
Dopo le letture, chi presiede tiene l'omelia; è un'antica tradizione che troviamo già nel
testo di Giustino che ci fa da guida
Poi, quando il lettore ha terminato, colui che presiede con un discorso ci ammonisce ed esorta ad
imitare questi buoni esempi.
La testimonianza è importante, perché ci documenta come l'omelia sia parte integrante
della liturgia della Parola; non è quindi una meditazione, una catechesi, ma è
intrinsecamente e strutturalmente legata alle letture che la precedono. Ha il compito di
suggerire il legame fra le letture proclamate e la vita degli uomini e delle donne che
ascoltano. E dovrebbe pure far da ponte, introdurre, alla liturgia eucaristica, che è sempre
uguale ma anche sempre diversa in relazione al tempo in cui è celebrata e alla comunità
che partecipa.
Il Credo La recita del Credo, secondo la sua formulazione originaria più essenziale era
legata alla liturgia battesimale: il battezzando era immerso per tre volte nella vasca del
battesimo e per tre volte confessava la fede nella Trinità. Successivamente, in Oriente,
all'epoca dei grandi concili, venne formulata una più ampia professione di fede che veniva
recitata da tutti nelle grandi feste per confermare la propria appartenenza alla Chiesa: è il
simbolo Niceno-costantinopolitano (così detto in riferimento ai Concili di Nicea e
Costantinopoli, rispettivamente del 325 e 381) che continuiamo a usare ancora oggi. In
Occidente l'uso di recitare il Credo durante la messa fu introdotto più tardi, quando in
epoca medievale, in seguito probabilmente alle grandi conversioni di massa di quel
periodo, si volle esser sicuri della ortodossia di coloro che partecipavano alla messa. In
quaresima il Simbolo orientale viene sostituito dal Credo apostolico, più breve e
probabilmente usato, almeno in parte, per i battesimi nelle chiese occidentali: ed è proprio
per questo suo più spiccato legame con il battesimo che viene usato in quaresima, periodo
essenzialmente battesimale. La recita del Credo (soprattutto nella sua formulazione
niceno-costantinopolitana) è forse la parte più difficile di tutta la Liturgia della Parola; le
formule molto teologiche, astratte, rischiano di essere ripetute senza una reale e personale
partecipazione: il richiamo battesimale a quel primo "credo" detto per noi dalla Chiesa,
può guidarci verso una riappropriazione del momento fontale della nostra fede, del
momento in cui la fede ci è stata donata senza nostra capacità e senza nostro merito:
possiamo veramente dire: "Tutto è grazia".
La preghiera dei fedeli è stata introdotta nella messa con la riforma liturgica del Vaticano II;
essa nasce dalla Parola ascoltata e dalla fede professata come una risposta di lode
personale e comunitaria, e come richiesta e supplica per ciò che nella vita di ognuno ha
bisogno di essere aiutato, sanato, perdonato. I cristiani pregano per sé ma pregano
soprattutto per gli altri, danno voce con le loro parole a chi non ha capacità o possibilità di
parola; pregano per chi non sa pregare, o pensa che la preghiera sia inutile: in questa
dimensione "per gli altri" la preghiera dei fedeli è esercizio concreto del sacerdozio dei
battezzati, del "popolo santo" che, in Cristo e per Cristo, può rivolgersi al Padre.
Il silenzio Le parole senza silenzio, diventano profluvio indistinto di suoni; è il rischio che
si corre se questa parte della messa non è celebrata con calma, intervallata da canti e da
pause silenziose. E' necessario far spazio alla Parola che viene nel silenzio personale ma
anche, e in questo caso soprattutto, nel silenzio attento e meditativo di tutti.