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Aspetti fiscali dei trusts
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1. Premessa (1)
La recente approvazione della Finanziaria per il 2007 – legge n.296/2006 - , ha riacceso l’interesse degli
operatori del diritto nei confronti della disciplina fiscale dei Trusts.
Come è noto, il trust è un istituto giuridico tipico dei sistemi giuridici di common law (2) ovvero tipico del
diritto anglosassone, utilizzato per regolare una molteplicità di rapporti giuridici, dai rapporti successori a
quelli pensionistici ovvero dal diritto societario a quello fiscale (3).
Sebbene l’istituto, nei paesi anglosassoni, abbia origini risalenti al diritto medievale, il trust è stato
riconosciuto nel nostro ordinamento solo con la ratifica della Convenzione de L’Aja del 1° giugno 1985,
resa esecutiva nel nostro ordinamento con l’entrata in vigore della legge n. 364 del 1° gennaio 1989, a far
data dal 1° gennaio 1992 (4).
Dal punto di vista giuridico-concettuale il trust può essere definito come un particolare rapporto giuridico
nel quale viene consentito ad una parte di conferire porzioni specifiche di patrimonio ad un soggetto
affinché lo amministri al fine della realizzazione di uno scopo specifico.
Nella sua configurazione tradizionale, nel trust sono presenti tre soggetti:
il settlor (disponente) ovvero il soggetto che trasferisce beni o diritti in capo al trustee al fine di poter
raggiungere un determinato scopo;
il trustee ovvero il soggetto al quale vengono trasferiti i beni o i diritti con onere di disporne al fine di
poter realizzare lo scopo fissato dal settlor;
il beneficiary ovvero il soggetto, eventuale, a favore del quale è stato costituito il trust.
Attraverso il trust, quindi, il settlor trasferisce al trustee la titolarità dei beni o dei diritti conferiti in trust,
spogliandosi del relativo diritto di proprietà.
Il trustee, viceversa, riceve la proprietà dei beni o diritti conferiti in trust che, purtuttavia, risultano
segregati dal suo patrimonio ovvero grava sul trustee l’onere di amministrarli secondo le indicazioni
contenute nell’atto istitutivo del trust che si concluderà con la consegna del patrimonio ricevuto al
beneficiario.
I beni conferiti in trust, uscendo dal patrimonio del settlor, entrano nel patrimonio del trustee, costituendo
un patrimonio separato ovvero distinto dai restanti beni personali di quest’ultimo ed insensibili alle
vicende del medesimo.
Nella sua configurazione classica (5), quindi, appare evidente, come si può desumere dal significato
letterale (affidamento) dell’istituto, che il trust si fonda essenzialmente sul rapporto di fiducia tra settlor e
trustee, rapporto che induce il primo a compiere un’attribuzione patrimoniale in favore del secondo.
Ripercorriamo le tappe fondamentali della disciplina civilistica dell’istituto, alla luce delle ultime
modifiche legislative.
2. La disciplina fiscale del trust
Tracciate le linee essenziali dell’istituto, puntiamo la nostra attenzione sugli aspetti fiscali, partendo dagli
obblighi contabili, separando i profili relative alle imposte dirette – con norme tese a indicare
direttamente il trust quale soggetto passivo d’imposta - da quelli dell’imposizione indiretta e, in
particolare, quelli relativi all’imposta di registro ed alla reintrodotta imposta sulle successioni e donazioni,
riscritta dall’art. 6 del D.L. n. 262, in vigore dal ottobre 2006, cd. collegato alla Finanziaria 2007, e
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convertita, con modificazioni, in legge n.286/06.
2.1. Obblighi contabili
In ordine agli obblighi contabili, il legislatore ha imputato direttamente in capo al trust gli obblighi di
tenuta e conservazione delle scritture contabili, quali soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili ai
fini dell’accertamento delle imposte sui redditi (6).
Infatti, il comma 76 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, ha modificato, rispettivamente, la lettera b), primo
comma, e g), secondo comma, dell’art. 13 del D.P.R. n. 600/1973.
In pratica, ai fini dell'accertamento sono obbligati alla tenuta di scritture contabili, secondo le
disposizioni del citato D.P.R.n.600/73, anche i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale
l'esercizio di attività commerciali.
Inoltre, sono obbligate alla tenuta di scritture contabili, a norma degli artt. 19 e 20, del D.P.R.n.600/73,
i trust, che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.
2.2. L’imposizione diretta
Il comma 74 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (Finanziaria per il 2007), ha modificato le
disposizioni contenute nell’art. 73 del TUIR, disponendo la soggettività passiva del trust ai fini
dell’imposizione IRES.
Più precisamente, scorrendo il testo dell’art. 73 del TUIR modificato, le disposizioni aventi a riguardo la
soggettività passiva del trust vengono collocate nelle lettere b), c) o d) del predetto art. 73, comma 1° del
TUIR, a seconda della tipologia di attività svolta dal trust (commerciale o non commerciale) e della
residenza.
Il legislatore, al comma 2° dell’art. 73 del TUIR, dispone che il reddito viene tassato direttamente in capo
al trust nell’ipotesi in cui i beneficiari non siano puntualmente identificati.
Viceversa, nell’ipotesi in cui i beneficiari siano identificati, i redditi prodotti dal trust sono imputati
direttamente in capo a questi ultimi, per trasparenza (7), in proporzione alla quota di partecipazione
indicata nell’atto costitutivo ovvero, in mancanza di indicazioni in tal senso, in parti uguali.
Il legislatore, peraltro, ha ulteriormente precisato il regime fiscale del reddito prodotto dal trust ed
imputato per trasparenza ai beneficiari.
Il comma 75 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007), ha introdotto all’art. 44 del TUIR (redditi di
capitale) la lettera g-sexies, con la quale viene stabilito che i redditi attributi per trasparenza dal trust
sono classificati come redditi di capitale, anche nei casi in cui si tratti di trust non residenti in Italia.
Ciò potrà avvenire solo nell’ipotesi in cui il beneficiario sia una persona fisica, in quanto se il beneficiario
sarà una persona giuridica od un ente con personalità giuridica i redditi concorreranno a formare il
reddito inciso dall’IRES.
Inoltre, il comma 74, dell’art. 1, Legge Finanziaria 2007, in ordine ai possibili utilizzi elusivi dell’istituto
ed in particolare a quelli diretti ad eludere la tassazione nel nostro paese costituendosi in paesi a fiscalità
privilegiata (paradisi fiscali), considera residenti in Italia i trusts istituiti in paesi diversi da quelli indicati
dal decreto del Ministro delle Finanze 4 settembre 1996 (ovvero paesi con i quali è attuabile la scambio di
informazioni e con i quali sono state sottoscritte le Convenzioni contro le doppie imposizioni), nei quali o il
disponente (settlor) o i beneficiari (la norma espressamente indica almeno uno) siano fiscalmente
residenti in Italia.
Sono, altresì, considerati residenti in Italia i trusts istituiti in paesi non compresi nel decreto del Ministro
delle Finanze 4 settembre 1996 (white list) quando, successivamente alla loro costituzione, un soggetto
residente nello Stato trasferisce al trust la proprietà di beni immobili ovvero costituisca o trasferisca
diritti reali immobiliari.
Si tratta chiaramente di presunzioni legali semplici, che possono essere vinte salvo prova contraria.
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2.3. L’imposizione indiretta
Dal punto vista dell’imposta di registro, la prima problematica attine alle modalità di tassazione dell’atto
di costituzione del trust, atto di tipo gratuito, poichè il trasferimento dei beni o diritti dal disponente al
trustee avviene a titolo gratuito, mancando qualsiasi genere di corrispettivo.
Secondo, il Consiglio Nazionale del Notariato, con lo studio n. 80/2003/T, il negozio di costituzione
andrebbe soggetto ad imposta fissa di registro, ai sensi dell’art. 11, parte prima della Tariffa allegata al
T.U. sull’imposta di registro n. 131/1986, in quanto il « I beni del trust costituiscono una massa distinta e
non fanno parte del patrimonio del trustee, tanto che alla sua morte non concorrono a formare il relictum
né, in caso di fallimento, la massa attiva».
In buona sostanza, «non dovrebbe essere assoggettato ad imposta proporzionale il trasferimento dal
settlor al trustee, trattandosi di un’attribuzione meramente strumentale al raggiungimento del fine ultimo
del trust».
Sulla stessa linea è la Corte di Cassazione, che sentenza n. 8162 del 06 giugno 2002, seppur in tema di
fondo patrimoniale, ha affermato che « in tema di imposta di registro, il regime di tassazione dell’atto
costitutivo di un fondo patrimoniale non è né quello stabilito dall’art. 1 della Tariffa (atti a titolo oneroso),
parte prima, né quella dell’art. 3 (atti di natura dichiarativa), e neppure quell’altro disciplinato dall’art. 9
(atti diversi aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale), ma va individuato nella categoria
residua di atti prevista dall’art. 11 dello stesso testo normativo, nella misura fissa ivi prevista. Infatti,
l’atto costitutivo del patrimonio familiare non ha natura ricognitiva, ma solo costitutiva: esso muta il
regime giuridico del bene, costituendolo in patrimonio separato, pur senza che sia creata una nuova
soggettività patrimoniale».
Altra conferma giurisprudenziale può essere tratta dalla sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Venezia del 23.01.2003 (8): nell’accogliere l’appello principale proposto dal trustee, il giudice
di merito ha affermato come, rifacendosi al contenuto dell’art. 20 del T.U. n. 131/1986 ovvero
all’intrinseca natura degli atti ed ai suoi effetti giuridici, la costituzione di un trust determina il
depauperamento del patrimonio per chi ne dispone, ma è altrettanto vero che nel patrimonio del trustee
non si verifica alcun arricchimento. Conseguentemente, per i giudici di merito, è corretta l’applicazione
dell’imposta di registro in misura fissa ex art. 11 della Tariffa, prima parte, allegata al TU n. 131/1986.
Se, però, si ravvisa un contenuto patrimoniale nel trasferimento tra il settlor ed il trustee, l’imposta di
registro andrebbe in misura proporzionale, ex art. 9 prima parte della Tariffa (altri atti a contenuto
patrimoniale), nella misura del 3%. Nell’ipotesi, viceversa, in cui il settlor sia un imprenditore o un
professionista e trasferisca in trust beni oggetto dell’attività di’impresa o professionale sarà applicabile
l’IVA, trattandosi di beni destinati a finalità estranee all’impresa (art. 2, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972).
In tale ultima ipotesi, a fortiori, l’atto di costituzione sconterà l’imposta fissa in forza del principio di
alternatività tra IVA ed imposta di registro sancito dall’art. 40 del T.U. n. 131/1986.
Una seconda problematica riguarda la tassazione cui assoggettare il trasferimento dal trustee al
beneficiario.
Se, infatti, nel trasferimento dal disponente al trustee viene in rilievo, principalmente, la gratuità del
trasferimento così non sembra potersi dire per il trasferimento dal trustee al beneficiario (9).
In buona sostanza, se è pur vero che nel trasferimento dei beni dal settlor al trustee non viene in rilievo
alcun contenuto patrimoniale, nel successivo passaggio dal trustee al beneficiario, certamente, si realizza
un incremento patrimoniale per quest’ultimo.
Circa la tassazione di tale ultimo passaggio, dottrina e giurisprudenza di merito si sono a lungo
interrogate sul regime fiscale cui sottoporre il relativo atto, pervenendo alla conclusione di tassare l’atto
di trasferimento dal trustee al beneficiario con imposta proporzionale di registro con l’aliquota prevista
per la tassazione del singolo bene o diritto trasferito.
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Quanto riferito, però, aveva una valenza per ciò che era la tassazione del trust in riferimento alla
normativa vigente al 03 ottobre 2006 ovvero prima del ripristino dell’imposta sulle successioni e
donazione (10).
In buona sostanza, si è ritenuto di sottoporre a tassazione proporzionale il trasferimento in questione sulla
scorta della circostanza che, a far data dal 24 ottobre 2001, di fatto, risultava soppressa l’imposta di
successione e donazione.
Appare evidente, quindi, che la sola possibilità di prelievo fiscale nei confronti di tale tipologia di atti
risultava essere la tassazione con l’imposta di registro in misura proporzionale in virtù dell’art. 9 della
Tariffa, parte prima, allegata al T.U. n. 131/1986.
Il contesto legislativo appare profondamente modificato, con l’entrata in vigore delle disposizioni
contenute nell’art. 2, commi da 47 a 53, della legge 24 novembre 2006 n. 286 di conversione del D.L. 03
ottobre 2006 n. 262 (collegato alla finanziaria per il 2007), ulteriormente modificato dall’art. 1, comma 77,
della legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007).
In particolare, il ripristino dell’imposta sulle successioni e donazioni nonché la sua applicazione anche al
trasferimento di beni e diritti tramite «atti a titolo gratuito» o «vincoli di destinazione», ripropone il
problema in discussione ovvero quale trattamento fiscale, ai fini dell’imposizione indiretta, riservare
(imposta di registro o imposta sulle donazioni) al trasferimento dei beni dal trustee al beneficiario.
2.3.1. L’imposta di successione e donazione
La recente reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera delle disposizioni contenute
nell’art. 2, commi da 47 a 53, della legge 24 novembre 2006 n. 286 di conversione del D.L. 03 ottobre
2006 n. 262, come modificato dall’art. 1, comma 77, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, ha riacceso la
querelle sulle modalità di applicazione di tale imposta all’istituto dei trusts.
Prima di procedere alla disamina delle problematiche inerenti l’applicazione dell’imposta in questione al
trust, appare necessario spendere qualche parola sulla ricostruzione della disciplina normativa.
Con l’entrata in vigore delle disposizioni contenute nell’originario D.L. n. 262/2006 (collegato alla legge
finanziaria per il 2007) il legislatore ha reintrodotto il prelievo fiscale sul trasferimento di beni e diritti per
atto mortis causa o per atto liberale (donazioni).
Alla reintroduzione di tale prelievo, però, non conseguì il ripristinò della relativa imposta di successioni e
donazioni talché il legislatore la ricondusse al prelievo relativo all’imposta di registro.
In buona sostanza, tali trasferimenti, secondo l’originaria disciplina del collegato alla legge finanziaria,
andavano tassati tramite l’imposta di registro secondo le aliquote ed i principi contenuti nel T.U. n.
131/1986.
In sede di conversione delle disposizioni contenute nel D.L. n. 262/2006, il legislatore mutò radicalmente
la forma di prelievo a cui destinare tali trasferimenti reintroducendo l’imposta sulle successioni e
donazioni ovvero ripristinando le disposizioni contenute nel T.U. n. 346/1990, in vigore alla data del
24.10.2001 (nel testo immediatamente precedente alla sua formale soppressione).
In particolare, ai fini che qui interessano, il legislatore non soltanto ha ripristinato le disposizioni
contenute nel T.U. n. 346/1990 ma ha ampliato il presupposto dell’imposta prevedendone la sua
applicazione anche al trasferimento di beni e diritti «a titolo gratuito» nonché ai «vincoli di destinazione»
(art. 2 comma 47della legge n. 286/2006).
Al successivo comma 49, dello stesso articolo 2, il legislatore ha ulteriormente specificato che per le
donazioni, gli atti gratuiti ed i vincoli di destinazione l’imposta si applichi sul valore globale dei beni e
diritti al netto degli oneri di cui è gravato il beneficiario nella misura quantificata nella seguente tabella:
Aliquota
4%
Ammontare della franchigia
€ 1.000.000
Soggetti beneficiari
Coniuge e parenti in linea retta
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6%
6%
8%
€ 100.000
Nessuna franchigia
Nessuna franchigia
Fratelli e sorelle
Altri parenti ed affini
Altri soggetti
Il legislatore, quindi, ha previsto, per la sola ipotesi di successione o donazione in linea retta o per il
coniuge, una franchigia di 1 milione di euro, da moltiplicare tante volte quanti sono i beneficiari.
Se la successione o donazione riguarda beni immobili, le imposte ipotecarie e catastali si applicano nella
misura rispettivamente del 2% e dell’1%; se almeno uno dei beneficiari della successione o donazione si
trovino nella condizione di godere delle cd. agevolazioni prima casa, le imposte ipocatastali si applicano
nella misura fissa di 168 euro.
Infine, la legge di conversione ha disposto che mentre in riferimento ai trasferimenti mortis causa le
nuove regole si applicassero retroattivamente al 03 ottobre 2006, travolgendo le disposizioni contenute
nel D.L., per le donazioni, gli atti gratuiti ed i vincoli di destinazione, gli effetti delle modifiche legislative
decorrevano dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (29 novembre 2006)
Le norme in questione, hanno subito una nuova modifica che l’entrata in vigore della legge n. 296/2006
(Finanziaria 2007).
Ed invero, fermo restando il ripristino dell’imposta sulle successioni e donazioni ad opera della legge di
conversione del collegato, il legislatore ha mitigato l’entità del prelievo fiscale nell’ipotesi di trasferimento
di azienda.
La principale novità, introdotta dalla legge finanziaria, attiene, all’ipotesi in cui oggetto di trasferimento
mortis causa o per atto gratuito sia rappresentato da un’azienda.
Ebbene, il comma 78 dell’art. 1 della Legge Finanziaria, modificando l’art. 3 del Testo Unico sull’imposta
sulle successioni e donazioni, ha disposto che qualora il trasferimento, effettuato anche tramite patti di
famiglia, abbia ad oggetto un’azienda, un ramo di essa ovvero partecipazioni di controllo di un’azienda
alle stesse non si applichi l’imposta di successioni e donazioni, a condizione che gli aventi causa
proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano la partecipazione per un periodo non inferiore a
cinque anni dalla data di trasferimento.
A questo fine, contestualmente alla dichiarazione di successione, i beneficiari l’azienda o la partecipazione
dovranno rendere un’apposita dichiarazione nella quale si impegneranno al rispetto della predetta
condizione.
Nell’ipotesi in cui la condizione non venga rispettata, l’imposta sarà dovuta nella misura ordinaria oltre
l’applicazione della sanzione prevista dall’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 ovvero una sanzione pari al 30%
dell’imposta non versata oltre interessi di mora.
Altra disposizione degna di nota attiene alla determinazione del valore dell’azienda.
Modificando l’art. 8 del T.U. n. 346/1990, viene ribadito che, in ogni caso, nella determinazione del valore
di aziende e partecipazioni, non dovrà tenersi conto del valore dell’avviamento.
Infine, così come avvenuto per il D.L. 262/2006 e la legge di conversione n. 286/2006, la legge finanziaria,
al comma 79 dell’art. 1, ha riproposto il disallineamento temporale tra le successioni e le donazioni.
Così, mentre per le successioni le nuove norme saranno applicabili, retroattivamente, a tutte le
successioni apertesi al 03 ottobre 2006, per le donazioni, gli atti gratuiti ed i vincoli di destinazione le
stesse saranno applicabili alla data di entrata in vigore della legge finanziaria stessa.
Ciò detto in termini generali, occorre ora verificare l’impatto fiscale che le nuove norme esercitano in
materia di trust.
E’ di tutta evidenza che il legislatore abbia voluto attrarre la disciplina fiscale del trust alla nuova imposta
sulle donazioni, ove si tenga conto, in estrema sintesi, che il riferimento ai «vincoli di destinazione» non
può che essere inteso come specifico riferimento a tale istituto.
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L’ampliamento del presupposto dell’imposta in commento, però, se per un verso ha reso esplicito l’intento
del legislatore di voler sottoporre al prelievo sulle donazioni anche i trusts, per altro verso, presenta
notevoli difficoltà interpretative ed applicative dovute, principalmente, alla presenza di vuoti normativi
ovvero al mancato coordinamento di talune norme sulle quali, presumibilmente, l’Agenzia delle Entrate,
sarà chiamata ad una laboriosa attività interpretativa.
Uno dei problemi che la nuova disciplina solleva è quello relativo al momento del prelievo e,
conseguentemente, l’identificazione del soggetto passivo.
La legge, infatti, sancisce, un po’ acriticamente (11), l’applicazione dell’imposta all’istituzione dei vincoli
di destinazione, con la conseguenza che una lettura formalistica della stessa porterebbe al risultato,
ritenuto da alcuni inaccettabile (12), di tassare sia il passaggio dal disponente al trustee che il successivo
passaggio dal trustee al beneficiario.
Viceversa, gran parte dei commentatori, in assenza di una interpretazione ufficiale dell’Agenzia delle
Entrate sul punto, ha ritenuto, sulla scorta delle medesime considerazioni già indicate a proposito
dell’eventuale imposizione sul registro, che « L’imposta di donazione è da ritenere applicabile solo
quando, con l’istituzione del vincolo di destinazione, si determini un incremento patrimoniale stabile in
capo ad un soggetto definibile come beneficiario del trasferimento gratuito» (13) e, quindi, nel solo
trasferimento dal trustee al beneficiario e non anche nel trasferimento dal disponente al trustee.
Il problema connesso attiene l’applicazione delle aliquote e delle eventuali franchigie.
In altri termini, la domanda da porsi è se, nell’ipotesi in cui tra il disponente ed il beneficiario del trust
esista un legame di parentela ovvero di coniugio, trovino applicazione le aliquote dettate dal legislatore
per tali soggetti nonché le previste franchigie.
Taluni commentatori (14), in base al ragionamento secondo il quale l’imposta non può che applicarsi alla
manifestazione di una capacità contributiva in capo al beneficiario di un trasferimento patrimoniale,
ritengono che a tale ultimo trasferimento sia applicabile l’aliquota relativa al rapporto di parentela nonché
l’eventuale applicazione della franchigia.
2.3.2 Le risposte fornite dall’Agenzia a Telefisco 2007
Nel corso del recente Telefisco 2007 del 29.01.2007, l’Agenzia delle Entrate ha fornito una differente
interpretazione delle norme in commento.
Ebbene, alla domanda n. 39, ovvero quella diretta a conoscere il trattamento fiscale tra il disponente ed il
trustee, nonché quello da riservare al successivo passaggio dal trustee al beneficiario, l’Agenzia ha
chiarito che « Qualora il trust sia istituito in favore di beneficiari finali determinati o determinabili, si
osserva che – ferma restando l’applicazione dell’imposta alla costituzione del vincolo effettuata con
modalità traslative – il successivo trasferimento di beni in favore di beneficiari finali è soggetta, anch’essa,
ad autonoma imposizione».
In estrema sintesi, per l’Agenzia delle Entrate sono soggetti all’imposta sulle donazioni entrambi i
passaggi ovvero sia quello dal disponente al trustee che quello dal trustee al beneficiario (15).
3. Conclusioni
Il trust è uno strumento giuridico di gradissimo pregio che, fino ad oggi, ha suscitato interesse più per gli
scopi elusivi, nella migliore delle ipotesi, che per i suoi reali utilizzi.
Ed è proprio in tale ottica che il legislatore fiscale, piuttosto che dettare una disciplina completa e
compiuta dell’istituto, ha preferito dettare una disciplina dalla quale traspare l’intento di scongiurane gli
utilizzi impropri piuttosto che incentivarne la diffusione nell’ipotesi in cui abbia ad oggetto interessi
certamente meritevoli di tutela.
NOTE
1) I paragrafi 1, 2 e 3 sono di Gianfranco Antico e Mauro Farina, i paragrafi 2.1. e 2.2. sono di Gianfranco
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Antico, i paragrafi 2.3 e 2.3.1 e 2.3.2. sono di Mauro Farina.
2) Tecnicamente, all’interno dei principi base del sistema di common law, il trust è un istituto di equity,
dove con tale termine si intende uno dei due grandi settori del diritto anglosassone, contrapposto alla
common law in senso stretto.
3) Il termine inglese trust può essere tradotto con il significato “affidamento”.
4) La legittimazione del trust interno è avvenuta anche per via giurisprudenziale Cfr. Tribunale di Bologna
16 giugno 2003; Cfr. Tribunale di Milano decreto del 23.02.2005.
5) L’istituto in esame ha assunto, principalmente nell’esperienza anglosassone, coloriture diverse e di
seguito se ne indicherà la casistica più comune ( Trusts di scopo, per la tutela, per esempio, dei minori
ovvero a protezione di soggetti diversamente abili; Asset protection trusts, sorti con lo scopo di impedire
l’eventuale aggressione da parte dei creditori; Fixed trusts, nati per la tutela dei diritti che non
salvaguardati, famiglie di fatto, per esempio; Blind trusts, per bloccare i cd. conflitti d’interesse, per i
soggetti che, contemporamente, rivestano cariche pubbliche o di governo e detengono importanti
proprietà).
6) Cfr. Schede di lettura del Centro Studi Parlamentari
7) Il legislatore ha uniformato il regime fiscale a ciò che avviene in USA o UK con il cd. simple trust o bare
trust ovvero il trust che imputa direttamente al beneficiario i proventi della gestione. Sul punto la
giurisprudenza inglese (caso Williams/Stinger del 2003) ha constatato l’irrilevanza fiscale del trust.
8) Cfr. Di Maio, in Italia Oggi del 15.04.2003.
9) Cfr. Lupoi, Osservazioni sui primi interpelli riguardanti i trust, in Fisco n. 28/2003, pag. 11678.
10) Cfr. Squeo, Fiscalità dei trust, norme ad ostacoli, in Italia Oggi del 29.12.2006.
11) L’espressione è da riferirsi al commento di Busani A., I Conti aperti dell’eredità, in Sole 24ore del
22.01.2007.
12) Cfr, Busani, op. cit.; Friedman, La tassazione dei trasferimenti mortis causa in attesa della riforma, in
Quaderni della Fondazione Italiana del Notariato.
13) Busani op. cit.
14) Cfr. Busani A., Il trust tassa solo il beneficiario, in Sole 24ore del 02.11.2006.
15) Per un commento critico all’interpretazione proposta Cfr. Busani, Doppio prelievo a sorpresa per i
trust, in Sole 24ore, del 31.01.2007.
Gianfranco Antico e Mauro Farina
febbraio 2006
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