la memoria corta dell`america

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la memoria corta dell`america
LA MEMORIA CORTA DELL'AMERICA
Sabato 08 Aprile 2006 01:07
di Bianca Cerri
Trentotto anni fa, il 4 aprile del 1968, un balordo di provincia in cerca di gloria uccideva
Martin Luther King, premio Nobel per la pace, il cui nome sarebbe passato alla storia come
leader della lotta per i diritti civili degli afro americani. Sono tuttavia pochissimi i giornali
americani che hanno ricordato la figura di King ed il suo impegno per l'abolizione delle leggi
razziali ancora in vigore alla fine degli anni '50. Un impegno testimoniato dalle lettere scritte
da una prigione di Birmingham, in Alabama, che costituiscono tuttora una denuncia
appassionata della sua crociata per la giustizia. Martin Luther King è riconosciuto
all'unanimità come l'apostolo della resistenza non violenta, il suo famoso discorso dell'agosto
1963 è conosciuto in tutto il mondo per via della fatidica frase I have a dream. Il mito vuole
che il suo ideale fosse l'uguaglianza per tutti gli uomini, come testimoniano anche le
omelie che infiammarono le folle; anche se, a ben guardare, mancarono spesso di elementi
concreti. L'opposizione di King alla guerra in Vietnam fu indubbiamente sincera, ma forse
egli stesso non si rese conto di ricalcare spesso gli stereotipi di quell'America bianca e
razzista che affermava di voler combattere. Per Edgard Hoover, direttore dell'F.B.I., il leader
nero era invece un pericoloso comunista che volentieri avrebbe visto morto. L'avanzare del
comunismo era una fobia patologica per Hoover e, quando King si prestò ad organizzare uno
sciopero dei lavoratori neri, l'odio nei suoi confronti aumentò a dismisura.
In realtà, l'errore di Martin Luther King fu proprio quello di non aver saputo interpretare il
bisogno di razionalità della classe operaia afro americana, perché incapace di uscire dalla
mentalità del Tom Boy, che rispecchiava la condizione dei neri nell'America rurale e di
comprendere le forme di oppressione molto più articolate della ghettizzazione urbana. I
suoi discorsi, che nel Sud avevano un potere ipnotico sulla gente, non ebbero la stessa presa
sugli afro americani dei ghetti, che guardavano già a Malcom X come unico e vero leader
capace di portarli fuori dalla miseria. Ovviamente questo non diminuì in alcun modo la sua
leadership, ma molti ebbero l'impressione che King sarebbe stato disposto a trattare con i
bianchi in qualunque momento e non vollero seguirlo su una strada che rischiava, a loro
avviso, di rallentare l'emancipazione della gente di colore.
Verso la fine del 1967, lo stato di miseria in cui versavano molte comunità
nere portò King ad
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un improvviso scatto di ribellione e la sua lotta riacquistò vigore. E' quello l'anno in cui prende
posizione contro la guerra in Vietnam, anche se non con la stessa determinazione con cui
Malcom X aveva espresso anni prima la sua condanna. Tuttavia, quei richiami alla pace
irritarono il presidente Johnson che vedeva compromessa la sua popolarità. Nel 1968, il
conflitto s'inasprì ulteriormente e King continuò a continuò a tenere discorsi senza lesinare
attacchi al militarismo.
Il 4 aprile del 1968, il leader nero si trovava ad Atlanta, in Georgia, ed era appena tornato in
albergo dopo un comizio. In quello stesso momento, un uomo assoldato da un buffo ometto
in un bar di infimo ordine e irretito dalla prospettiva di un guadagno colossale, inizia a farsi
largo tra la folla alla ricerca di una postazione che gli permetta di vedere bene King quando si
affaccerà dal balcone per salutare la gente. Si chiama James Earl Ray e non ha mai avuto
un mestiere preciso, ma in quel momento ha in tasca circa 750 dollari, avuti dallo strano
ometto straordinariamente somigliante al direttore dell'F.B.I. Se tutto andrà bene, a Ray
verranno versati altri 50.000 dollari, un paradiso per un uomo fino a pochi mesi prima
costretto a dormire all'addiaccio.
Facendosi largo tra la folla senza alcuna difficoltà, James Earl Ray riuscì ad individuare
l'angolazione giusta per fare fuoco contro Martin Luther King che, colpito alla gola dai colpi
esplosi dal sicario, morì quasi all'istante. Dopo la sua morte, i bianchi ne strumentalizzeranno
la figura sfruttandola ai propri fini. I giornalisti, che un tempo avevano trattato King con
sufficienza, accusandolo di essere un irresponsabile, lo elessero a profeta del nuovo mondo.
L'immagine di Martin Luther King arrivata alle nuove generazioni è stata creata dai bianchi
secondo i loro canoni accattivanti, ma ha ben poco a che vedere con il leader della lotta per i
diritti civili dei neri. Se è vero che le sue posizioni fossero moderate, è anche vero che non
praticò sconti alla condanna della povertà. Prima della tardiva santificazione, all'icona della
pace sono stati recisi i nervi, nell'ennesimo tentativo di far credere che in qualche misura il
sogno di King si sia trasformato in realtà. Ma se il leader nero avesse oggi la possibilità di
parlare dell'attuale realtà dei giovani afro americani, coinvolti loro malgrado nella lotta alla
droga o sfruttati da Mc Donald per un salario minimo, le sue idee verrebbero osteggiate con
la stessa determinazione con cui vennero contrastate un tempo.
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