STORIOGRAFIA (ETA` ANTICA) e la Chiesa in Italia

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STORIOGRAFIA (ETA` ANTICA) e la Chiesa in Italia
Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa
Dizionario Storico Tematico La Chiesa in Italia
Volume I - Dalle Origini All'Unità Nazionale
Roma 2015
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Voce pubblicata il 11/01/2015 -- Aggiornata al 17/01/2015
STORIOGRAFIA (ETA' ANTICA) e la
Chiesa in Italia
Autore: Paolo Siniscalco
Il termine ‘storiografia’ esprime due differenti nozioni: da una parte l’elaborazione e la stesura di opere
storiche scientificamente e criticamente fondate e dall’altra il complesso delle opere storiche
consegnataci da una data epoca. Come è evidente interessa qui attenerci alla seconda nozione con
l’intento di mettere in luce il patrimonio degli scritti di carattere storico dell’età patristica senza
trascurare il lascito che viene dalla storiografia pagana di quel medesimo tempo.
Può essere utile indicare quale sia la visione della storia da parte del cristianesimo, in modo da meglio
comprenderne i caratteri e le varie forme che assume. Con un immagine chiara, il teologo e storico Oscar
Cullmann (cf. Cristo e il tempo, 74 ss.) ha osservato che per l’ellenismo l’espressione simbolica del tempo
è il circolo, mentre per il cristianesimo, come per il giudaismo, è la linea: un’immagine efficace, che
tuttavia non è esauriente, essendo la gamma di posizioni degli storici classici più ricca e variata. Alcuni
non concepiscono la storia in termini di cicli, ma fondano il discorso sulla base dell’ordine necessario
dell’universo a cui l’uomo è legato, altri sulla base di una visione razionale della realtà, altri ancora, e mi
riferisco in special modo agli storici romani, applicano all’esposizione i canoni della retorica, abbellendo
la narrazione, con il rischio di non più tenere nel conto dovuto la “verità” proposta dai documenti; donde
il timbro moralistico della composizione che diventa opus oratorium maxime, secondo l’espressione di
Cicerone.
Diversamente la concezione ebraica e cristiana ha propria base nella Scrittura: essa costituisce una
rottura radicale rispetto all’orizzonte delle culture contemporanee e reca in sé tre nozioni (cf. R. Niebuhr,
Fede e storia, 129 ss.). La prima consiste nella credenza che il Dio che si rivela nella Bibbia non è fatto a
immagine dell’uomo, ma è totalmente ‘Altro’, non è il possesso di alcun popolo né l’estensione di alcun
potere terreno. Di qui scaturisce la possibilità di concepire la storia come una e universale. La seconda
nozione concerne la convinzione – verificata nei fatti – che la storia è piena dell’orgoglio dell’uomo, il
quale tende costantemente a sfidare la sovranità divina; una possibilità che gli deriva dalla libertà di cui
gode e che spiega come egli possa essere protagonista nel fare il bene o il male. La terza nozione
riguarda quello che è stato definito lo scandalo dell’“unicità”: eventi significativi e determinati, che
accadono una sola volta ne segnano il percorso; unicità che si oppone totalmente all’idea dell’eterno
ritorno propria delle società arcaiche. Da tutto ciò deriva la dimensione della teologia della storia
presente nella storiografia che ci interessa.
Non a torto, Eusebio di Cesarea, con la sua Historia ecclesiastica, scritta all’inizio del IV, secolo è
considerato come il padre della nuova storiografia. Non di meno, in proposito, occorre fare qualche
precisazione. Egli infatti si fa interprete di una tradizione che risale alle origini stesse del messaggio
evangelico. I fatti raccontati da Nuovo Testamento – penso in special modo ai Vangeli e agli Atti degli
Apostoli – pur avendo altra finalità e altri caratteri sono significativi: si tratta di narrationes historicae
che hanno una fisionomia particolare. Non riguardano episodi locali (non i grandi accadimenti e neppure
le ‘vite’ di personaggi famosi), ma narrano episodi pressoché ignoti a tutti fuorché a coloro che vi hanno
partecipato. Eppure tali documenti sono redatti con la massima cura dei particolari e la serietà di chi ha
consapevolezza che la loro conoscenza e la loro memoria diventerà decisiva per chi li conoscerà.
Il cristianesimo, infatti, è un movimento che si fonda sulla storia, giacché nella storia si rivela e si compie
l’opera di Dio. Ogni avvenimento – lo si diceva – ha una importanza unica, a cominciare dall’evento
centrale e decisivo che è la venuta di Gesù Cristo, la sua vita, la sua passione, la sua morte, la sua
resurrezione. Si comprende dunque ciò che scrive Paolo (cf. 1 Cor 15, 3 ss.): «Vi ho trasmesso prima di
tutto quanto anch’io ho ricevuto, che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture, che fu
sepolto e risuscitò il terzo giorno…». E Luca, all’inizio del suo Vangelo (1, 1-4), rivolgendosi a Teofilo
scrive :«Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in
mezzo a noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari, così anche io ho deciso di
fare accurate ricerche su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato (…) in
modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto».
Qualche decennio più tardi, nella prima decade del II secolo, Ignazio vescovo di Antiochia, mentre era
condotto a Roma sotto scorta per essere martirizzato, sottolinea, rivolgendosi alla comunità cristiana di
Tralli (vd. pure lettere agli Smirnei 1, 1 s. e agli Efesini 7, 2; 18, 2; 20, 2), che Gesù fu realmente
perseguitato sotto Ponzio Pilato, fu realmente crocifisso e morì e realmente risuscitò dai morti, egli che è
uomo e Dio. Indubbiamente, quelli citati, sono testi che hanno un carattere e uno scopi precisi: nascono
dalla fede, sono a servizio della fede delle comunità più antiche.
Ciò che qui si vuole mettere in evidenza è l’intento di rendere certo chi legge che i fatti di cui si parla
hanno un fondamento storico preciso. Non stupisce quindi che una delle forme più antiche della
storiografia cristiana sia costituita dalla cronografia, la quale registra gli accadimenti storici (o liste di re,
di consoli, di imperatori, di vescovi, ecc.) nella loro successione cronologica, in modo estremamente
sintetico e essenziale. Alcune “cronache” hanno carattere universale e, basandosi sui dati biblici,
tratteggiano la storia dell’umanità fino al tempo in cui sono composte o, ancora, fino alla fine del mondo
(per cui, in questo caso cronologia e escatologia costituiscono un tutto unico).
Già nel II-III secolo Teofilo di Antiochia, Sesto Giulio Africano, Ippolito e Clemente di Alessandria offrono
composizioni di tale genere. Esse intendono mettere in luce l’antichità del messaggio cristiano (che
affonda le proprie radici nella storia ebraica) e insieme la sua novità e, non di rado, correlano i fatti
secolari con quelli della Historia salutis. Le “Cronache” più note e diffuse sono nel IV secolo quelle di
Eusebio e di Girolamo, che traspone in latino la prima e la aggiorna. A questa seguono molte altre. fino
all’Alto Medioevo e oltre. Un altro genere che ha grandissima fortuna è l’agiografia, ossia i documenti
relativi ai martiri (Acta e Passiones martyrum) e, più tardi, ai santi. Molti di questi testi muovono da un
nucleo storico fondato, soprattutto gli Acta più antichi, anche se il loro carattere “vivo”, in quanto
documenti talvolta letti nelle assemblee liturgiche, ha consentito l’intervento di ‘mani’ successive, in
tempi diversi. Da parte loro, le Historiae ecclesiasticae raccolgono numerose e preziose notizie per
conoscere le vicende delle comunità antiche; esse sono ispirate da un intento apologetico o celebrativo.
Tuttavia presentano una fisionomia del tutto nuova, giacché non vogliono essere un’opera retorica, con
molti discorsi inventati, ma, al contrario riportano alla lettera documenti per provare la veridicità dei fatti
narrati. Una metodologia di cui la storiografia moderna terrà conto, attraverso la ricerca, e
l’interpretazione delle fonti. La prima e la più famosa, cui già si è fatto cenno, è la Historia ecclesiastica
Eusebio di Cesarea. A suo proposito è utile notare come, seguendo il filo delle più antiche vicende del
movimento nato nel nome di Gesù, nel II secondo libro, l’autore ponga in rilievo la predicazione che
Pietro, fa a Roma lui che è “il più forte, e grande degli apostoli, dei quali per sua virtù era capo”(II, 14, 6).
Di lui parla come martire della persecuzione di Nerone e come primo reggitore della Chiesa dell’Urbs e,
dopo di lui, si premura nei libri successivi di dare l’elenco dei vescovi che hanno retto la Chiesa di Roma.
Notevole è l’influsso che la Historia ecclesiastica eusebiana esercita in particolare nell’ambiente orientale
di lingua greca, e numerosissimi sono i suoi continuatori. Per nominarne alcuni tra la fine del IV e il V nel
secolo: Gelasio di Cesarea, Filippo di Side, Filostorgio, Socrate di Costantinopoli, Sozomeno, Teodoreto di
Cirro, Esichio di Gerusalemme, Gelasio di Cizico; nel VI secolo, Giovani Diacrinomeno, Teodoro il Lettore,
Giovanni di Efeso, Evagrio Scolastico, per non dire di altri scritti andati perduti.
Il nuovo genere letterario inaugurato da Eusebio trova dunque una conferma nella imponente sequela di
scritti che seguono secondo una prospettiva centrata, per lo più, sulla pars Orientis. La storiografia di
lingua latina segue la greca con Rufino di Aquileia che alla fine del IV secolo traduce, aggiornandola,
l’opera eusebiana, facendola così conoscere in Occidente. Più tardi, nel VI secolo, Epifanio Scolastico
(anche se non si è del tutto certi della sua paternità) compone una Historia ecclesiastica Tripartita,
scegliendo passi dagli scritti greci di Socrate, Sozomeno e Teodoreto. In vero gli autori latini preferiscono
un altro tipo di composizioni, quello concernente gli uomini illustri, sul modello di scritti pagani. Girolamo
ne è il capofila con il De viris illustribus che risale al 392. Si tratta di una galleria di ritratti di personaggi
illustri della letteratura latina cristiana – a cui è affiancato qualche pagano e qualche eretico – la cui vita
e le cui opere sono degne di essere ricordaste. Lo scopo è quello di smantellare le accuse di ignoranza
rivolte dai pagani ai suoi correligionari. Dopo Girolamo, uno stuolo di scrittori prosegue e aggiorna,
attraverso i tempi, la sua opera (da Gennaio di Marsiglia a Isidoro di Siviglia, da Ildefonso di Toledo fino
ai medievali come Onorio di Autun o l’Anonimo Mellicensis).
La storiografia latina ha pure tenuto vivo l’indirizzo ecumenico e universale. Basti pensare ad opere come
il De civitate Dei di Agostino o alle Historiae adversus paganos di Orosio. Dopo di lui nasce un nuovo tipo
di storiografia che, senza escludere, per lo meno in certi autori, la visione universale, si interessa con
particolare attenzione alla storia di singoli popoli. Q. Aurelio Memmio Simmaco scrive una Historia
romana, come poi faranno anche Iordanes, Paolo Diacono e Landolfo Sagace. Cassiodoro redigerà una
“Storia dei Goti”, Gregorio di Tours una “Storia dei Franchi”, Isidoro di Siviglia una “Storia dei Vandali e
degli Svevi”, Secondo di Trento, come Paolo Diacono, una “Storia dei Longobardi” e infine Beda,
ritornando in certo modo al modello eusebiano, compone una storia degli Angli o, più precisamente una
Historia ecclesiastica gentis anglorum. È l’alba di una nuova epoca che vede l’ascesa di popoli nuovi. È la
nascita dell’Europa, di cui siamo gli eredi.
Non vi è dubbio dunque che la storiografia cristiana antica, sia in Oriente che in Occidente, ha avuto
forme molteplici, ma soprattutto uno sviluppo straordinario per le ragioni che si sono dette. Non si può
dimenticare che il cristianesimo è l’unica religione che tiene a scrivere fin dal suo sorgere la propria
storia, il cui rapporto si può ben dire che sia dovuto ad uno dei elementi centrali proposti dalla fede,
l’Incarnazione, percepita come compimento dei tempi, che è insieme conclusione di una successione di
eventi e apertura verso il futuro escatologico.
A questo punto mi pare sia opportuno fare un cenno a un altro genere di documenti che non hanno a fare
con la storiografia vera e propria, ma che non di meno forniscono una serie di notizie, di spunti e di
particolari utili per delineare la storia, in particolare la storia della sede romana. Alludo ai calendari, ai
martirologi, ai sinassari, ai sacramentari e ai cataloghi topografici. Il Cronografo del 354 è una
compilazione che riunisce documenti differenti, tra i quali, particolarmente importanti sono la Depositio
episcoporum che registra la ‘deposizione’ dei vescovi di Roma dal 254 al 352 e la depositio dei martiri più
venerati dalla prima metà del III secolo all’inizio del IV. I due documenti si completano a vicenda e molto
hanno giovato alle celebrazioni della comunità di Roma. Tra i sacramentari sono da ricordare il Leoniano,
il Gelasiano e il Gregoriano che presentano dai nuclei primitivi redatti a Roma tra il VI e il VII secolo, che
talvolta sono poi stati integrati in aree geografiche diverse per venire incontro a esigenze locali. A sua
volta il Liber Pontificalis, che raccoglie una serie di notizie sui vescovi di Roma, è un altro documento
significativo, anche se va considerato con cautela, data la tradizione testuale assai complessa che
presenta. Infine gli Itinerari della città di Roma, che non risultano anteriori al VII secolo, ono
compilazioni a servizio dei pellegrini che si recavano a Roma, non di rado redatti da pellegrini stessi.
Testimonianze tutte preziose per l’archeologi che vi trovano elementi utili per identificare e illustrare la
storia dei monumenti, le vie percorse per raggiungerli, pongono insomma in evidenza una serie di
elementi che risultano utili per conoscere la vita, anche quotidiana della città di Roma. Un genere di
guide che avrà un seguito fortunato nel Medioevo.
Fonti e Bibl. essenziale
R. Niebuhr, Fede e storia, Studio comparato della concezione cristiana e della concezione moderna della
storia, trad.ital., Il Mulino Bologna, 1966; O. Cullmann, Cristo e il tempo, trad. ital., Il Mulino, Bologna,
1965; A. Momigliano, “Storiografia pagana e cristiana nel IV secolo”, in Il conflitto tra paganesimo e
cristianesimo nel IV secolo, A. Momigliano (ed.), trad. ital., Einaudi, Torino, 1968, 89-110; AA.VV., La
storiografia ecclesiastica nella tarda antichità, Atti del Convegno di Erice (3-8 dicembre 1978), Centro di
studi Umanistici Umanistici, Messina, 1980; H.-I. Marrou, Teologia della storia, trad. ital. Jaca Book,
Milano 1969; AA.VV., L’historiographie de l’Église des premiers siècles, B. Pouderon – Y.M. Duval (edd.),
Beauchesne, Paris 2001, 207-235; P. Siniscalco. Il senso della storia. Studi sulla storiografia cristiana
antica, Soveria Mannelli, Rubbetino Editore, 2003; Id., “Due tradizioni storiografiche a confronto: le
Historiae ecclesiasticae e i De viris illustribus”, in Venti secoli di storiografia ecclesiastica. Bilancio e
prospettive L. Martínez Ferrer (ed.), Pontificia Università della Santa Croce, Edusc, Roma 2006, 11-32;
M. Manca – F. Rohr Vio, Introduzione alla storiografia romana, Roma, Carocci, 2010, Roma; AA.VV.,
Eusebio e le origini della storiografia cristiana, in AA.VV., Adamantius 16, Brescia, Morcelliana, 2010. Per
quanto riguarda le fonti relative al culto dei vescovi e dei martiri a Roma e i cataloghi topografici,
rimando alla sempre utile disamina fatta da P. Testini, all’inizio della sua opera, Archeologia cristiana,
Edipuglia, Bari 1980.
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A cura della Redazione
Cantiere Storico: “La Chiesa in Italia”
integrazioni, complementi, aggiornamenti alla Voce da parte di Autori diversi
Immagine: Basilica superiore di San Francesco d’Assisi, affresco di Cimabue, particolare: la scritta
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