Apporto degli Osservatori dei media al gioco democratico-1

Transcript

Apporto degli Osservatori dei media al gioco democratico-1
COLLOQUE INTERNATIONAL
« MEDIAS PUBLICS ARABES ET TRANSITIONS DEMOCRATIQUES »
Tunisi, 26-27 aprile 2012
L’apporto degli osservatori dei media al gioco democratico nei paesi in transizione
Manuela Malchiodi (Osservatorio di Pavia)
Il ruolo che gli osservatori sui media giocano nelle società democratiche, così come in quelle in
transizione verso la democrazia, non può che definirsi in relazione al ruolo dei media stessi, e ai
modi in cui questi esercitano il loro potere.
Dunque è necessaria una breve digressione sul potere dei media.
In che cosa consiste il potere dei media?
Senza addentrarsi troppo nella questione, dietro alla quale ci sono decenni di studi, teorie e dibattiti,
ci si può limitare a un’affermazione su cui c’è un certo consenso tra gli studiosi: l’influenza dei
media passa attraverso la selezione e la diffusione di informazioni e la definizione dell’agenda del
dibattito pubblico. In altre parole, i media scelgono quali aspetti della realtà portare in primo piano
e quali lasciare sullo sfondo, quali temi proporre alla discussione, a quali attori sociali dare accesso
e visibilità. In tal modo possono imporre priorità, favorire o marginalizzare istanze e soggetti sociali
e politici, e contribuire a rafforzare o a delegittimare opinioni e visioni del mondo.
Pur senza voler esagerare il peso relativo dei media rispetto ad altri fattori che influenzano le scelte
e le opinioni degli individui, è indispensabile essere vigilanti.
Ciò che un osservatorio sui media può fare – e generalmente fa – è interrogare la realtà mediatica
attraverso i suoi strumenti di indagine, riflettere sulle rappresentazioni della realtà offerte dai media
e sulle loro influenze sulla percezione dei cittadini.
Per esempio, alcune ricerche recenti dell’Osservatorio di Pavia, in collaborazione con altri istituti di
ricerca che si occupano anche di sondaggi, hanno portato sugli allarmi suscitati dai media
nell’ambito sanitario o in quello della sicurezza. I sentimenti di insicurezza della popolazione
sembrano sensibili alla rappresentazione mediatica. Così pure, ai timori diffusi nel corpo sociale nei
confronti della criminalità straniera non deve essere estraneo il modo in cui certi media insistono sul
legame tra la criminalità e l’immigrazione, che spesso esagera il dato reale.
A vantaggio di chi si esercita il potere dei media?
Un’immagine piuttosto mitica dei media li vorrebbe indipendenti e separati dagli altri poteri, pronti
semmai a vigilare sul loro operato e a denunciarne gli abusi. Li vorrebbe voce dei senza voce, al
servizio dei cittadini. Benché non manchino i media che ispirano la propria attività a questi principi,
spesso la realtà vede i media farsi complici o strumenti di altri poteri, con rischi conseguenti per la
democrazia e il pluralismo. Avviene nei regimi autoritari, in cui i media sono generalmente
1
utilizzati come strumenti di propaganda per il regime, semplici prolungamenti del potere esecutivo;
avviene anche nei paesi democratici, dove il rischio più ricorrente risiede nelle concentrazioni
proprietarie, con le loro evidenti influenze sulle linee editoriali.
In questi casi, sono spesso gli osservatori sui media a svolgere quel ruolo di vigilanza, di critica, di
tutela dei cittadini a cui i media hanno rinunciato. Ad esempio, è stato molto noto l’impegno di
Media Global Watch – e dei vari osservatori nazionali affiliati a questo movimento – contro ciò che
definivano il “pensiero unico” veicolato da media sempre più concentrati nelle mani di imprese
globali.
Per fare un esempio tunisino, si può ricordare l’attività dell’Osservatorio tunisino sui media facente
capo a un ombrello di associazioni della società civile (ATFD, AFTURD, LTDH, SNJT, CNLT,
OLPEC) che, nell’era Ben Ali, ha svolto il monitoraggio dei media durante le elezioni del 2004 e
del 2009, denunciando il controllo dell’informazione da parte dell’ex presidente.
Come può essere usato il potere dei media al servizio del processo di costruzione democratica?
C’è un certo accordo tra gli studiosi sul fatto che i media possano avere un ruolo come attori
dinamici delle transizioni democratiche, anche se rimangono ancora inesplorati molti aspetti di
questo apporto (sfida interessante per un osservatorio sui media).
Cercando di semplificare e di fissare alcuni punti fondamentali, senza voler essere esaustivi, i media
possono dare un contributo alla costruzione della democrazia su vari piani, che corrispondono alle
loro sfere di attività essenziali:
1. Il piano dell’informazione: offrire ai cittadini un’informazione completa, trasparente e
onesta, in particolare sulle questioni sociali, economiche e politiche più importanti che li
riguardano, in modo che essi possano compiere le loro scelte con cognizione di causa e
improntare il loro agire sociale alla consapevolezza. Mission importante del giornalismo è
approfondire la conoscenza della realtà attraverso gli strumenti dell’inchiesta, volgarizzare i
concetti più complessi per la popolazione meno istruita, far risalire fino alle autorità i
bisogni informativi e le esigenze della popolazione, ecc.
2. Il piano della rappresentazione del reale: ritrarre la diversità sociale nella sua ricchezza,
assicurare l’accesso ai media di tutti i gruppi e le istanze sociali, comprese le minoranze e i
gruppi marginalizzati, per favorire il dialogo sociale, il rispetto della diversità e per
alimentare una cultura realmente pluralista. Nei periodi elettorali, diventa essenziale per una
corretta competizione politica garantire una copertura equa di tutte le forze in competizione.
3. Il piano della sensibilizzazione e dell’educazione civica: coinvolgere i cittadini negli
obiettivi collettivi, nell’azione civica, offrire loro gli strumenti per comprendere il
significato, le implicazioni, il funzionamento dei processi sociali e politici cruciali,
sviluppare campagne sociali per favorire il comportamento civico in vari ambiti. Nei periodi
elettorali, i media possono svolgere un ruolo cruciale nel mobilitare e informare l’elettorato.
4. Il piano della partecipazione: incentivare la partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica,
creando spazi e modalità di coinvolgimento e arene di dibattito, così da alimentare la cultura
del dialogo tra le varie componenti sociali.
2
D’altro canto, perché i media possano dare effettivamente un contributo positivo in questo senso, è
necessario che alcune condizioni siano soddisfatte:
1. Che i media siano liberi di esprimersi e di svolgere il loro lavoro senza restrizioni, che i loro
diritti siano rispettati e che sia garantito il loro libero accesso all’informazione.
2. Che i media siano plurali e diversificati: la buona e libera informazione non fiorisce nel
monopolio.
3. Che i media agiscano con professionalità e nel rispetto la deontologia, e assumano
pienamente la loro responsabilità sociale.
Ruolo degli osservatori sui media e apporto al gioco democratico
1. Compito essenziale degli osservatori dei media è verificare, attraverso opportune
metodologie di indagine, se le condizioni sopra descritte sono soddisfatte; se i diversi media
offrono un contributo positivo all’affermarsi e al diffondersi di una cultura democratica, o al
contrario la frenano; quali sono gli ostacoli e le principali debolezze che emergono, e se
questi sono riconducibili a défaillances dei singoli media oppure a condizioni strutturali del
paesaggio mediatico o, ancora, a un quadro normativo carente. Per questo lo sguardo deve
rivolgersi sempre, e contemporaneamente, ai contenuti dei media e al loro contesto, il che
richiede un’analisi del quadro normativo e istituzionale dei media, del paesaggio mediatico e
del contenuto dei media. Quest’ultimo aspetto può richiedere grandi investimenti in termini
di risorse tecniche, umane e finanziarie. Di particolare rilevanza è il monitoraggio del
pluralismo socio-politico, cruciale soprattutto durante le elezioni. Si tratta di una tecnica di
osservazione scientifica, basata sull’analisi del contenuto, che permette di analizzare in
maniera obiettiva e rigorosa la copertura riservata alla campagna elettorale e ai suoi attori. I
risultati consentono di valutare se e quanto i media, soprattutto quelli pubblici, adempiono
alla loro missione di informare in modo obiettivo e completo gli elettori e contribuiscono
così a un’elezione libera, trasparente, equa.
Analizziamo più da vicino in che cosa consiste l’apporto di un osservatorio dei media al gioco
democratico, e in che modo i suoi effetti virtuosi possono essere amplificati.
• È prima di tutto un apporto di conoscenza e di vigilanza: la presenza di una struttura
professionale, di ricercatori formati alle metodologie di osservazione, di un equipaggiamento
tecnico di certe dimensioni permette di monitorare in maniera costante, sistematica, scientifica il
settore mediatico, vigilando sul suo buon funzionamento e cogliendone facilmente e
precisamente le debolezze; permette di vigilare al tempo stesso sulla libertà e sulla
responsabilità dei media; permette di rinnovare continuamente le domande e, infine, di
mantenere viva la riflessione su un settore di pubblica utilità come quello dei media.
• L’apporto degli osservatori sui media non si limita, generalmente, alla conoscenza pura, ma può
tradursi in diverse forme di azione, con ripercussioni positive sul corpo sociale e effetti
virtuosi sul processo democratico:
o Divulgazione: creare occasioni per familiarizzare l’opinione pubblica con le pratiche
della corretta informazione e per rassicurarla sull’esistenza di un organismo che ha, tra
gli altri, l’obiettivo di proteggerla dalle manipolazioni e dall’informazione viziata.
3
A questo fine, un osservatorio sui media può organizzare incontri rivolti alla
cittadinanza, o diffondere i risultati delle sue indagini attraverso i principali media,
meglio ancora se con appuntamenti fissi. Un esempio interessante è fornito dall’OLPED
(Observatoire de la liberté de la presse, de l'éthique et de la déontologie) in Costa
d’Avorio, che per diversi anni ha pubblicato sulla stampa e diffuso attraverso la radio e
la televisione i risultati del suo monitoraggio quotidiano, che si occupava di registrare le
violazioni della deontologia da parte di un giornalismo spesso molto aggressivo e
fazioso.
o Formazione/educazione: spesso gli osservatori mettono la loro esperienza e i risultati
delle loro ricerche al servizio della formazione dei giornalisti e operatori dei media, per
sensibilizzarli sulle buone pratiche e migliorarne la professionalità. Molti osservatori
svolgono anche progetti di educazione ai media nelle scuole, utili per formare le nuove
generazioni a una concezione democratica dell’informazione.
Alcune esperienze internazionali interessanti, a cui l’Osservatorio di Pavia ha
partecipato in paesi dell’Africa sub-sahariana - dove le radio associative hanno una
grande importanza ma in certi casi concorrono ad alimentare le tensioni etniche consistono nel coinvolgimento degli osservatori dei media e delle radio in uno stesso
progetto: l’osservatorio, attraverso un monitoraggio iniziale, rileva le principali
défaillances nell’informazione, nella conduzione di dibattiti, in generale nella
programmazione radiofonica; in una seconda fase esso restituisce questi risultati sotto
forma di formazione e sensibilizzazione rivolte al personale delle radio; la terza tappa
implica un nuovo monitoraggio per valutare gli effetti della formazione e l’opportunità
di nuovi interventi mirati.
o Consulenza e stimolo alle istituzioni incaricate dei media, in particolare alle istanze di
regolamentazione e controllo. Grazie alle conoscenze acquisite possono aiutare le
istituzioni nell’identificare le aree deboli del paesaggio mediatico, che richiedono
interventi e riforme. Durante i periodi elettorali, in cui vigono regole più rigide e un
controllo più stringente sui media, gli osservatori possono esercitare un ruolo di
mediazione tra le istituzioni e i media, per facilitare la negoziazione delle regole e la
comprensione dei criteri del monitoraggio. Normalmente non spetta agli osservatori,
neanche se facenti capo alle istituzioni di regolamentazione e sorveglianza, il compito di
applicare i richiami e le sanzioni in caso di inosservanza delle regole. Tuttavia essi
forniscono alle istituzioni competenti tutte le informazioni necessarie per questi
interventi, importanti per incentivare il rispetto delle norme e per assicurare la parità di
trattamento di tutti i media, in base alle responsabilità definite dal loro statuto e dalle
loro convenzioni.
o Protezione della legalità e forme di pressione sui media e sulle autorità: l’esistenza
di un osservatorio sui media, e un buon uso dei risultati dei suoi monitoraggi, può servire
come forma di pressione nei confronti dei media che non rispettano le regole giuridiche
e professionali. D’altro canto, la pressione può rivolgersi alle autorità e alle istituzioni,
qualora esse siano responsabili di leggi, misure, azioni che non tutelano la libertà dei
media. Si pensi all’attività di organizzazioni internazionali come Article 19, Reporters
sans Frontières e International Freedom of Expression Exchange.
4
Vantaggi e limiti dei vari Osservatori dei media
Esiste una tipologia molto ampia di osservatori dei media, che operano in maniera diversa in base al
loro statuto, alla loro composizione, alla loro mission dichiarata. Qui di seguito si delineano alcune
tipologie “pure”, cercando di metterne in luce le principali capacità e i principali limiti.
A.
Osservatori legati alle istituzioni di regolamentazione dei media
Solitamente gli organi di regolamentazione dei media si appoggiano su osservatori per lo
svolgimento dei loro compiti di sorveglianza. La loro mission consiste essenzialmente nella
verifica del rispetto delle regole.
> Il loro vantaggio è che, essendo permanenti e avendo una copertura finanziaria, possono
svolgere un monitoraggio costante e professionale. La loro vicinanza alle istituzioni di
regolamentazione rende particolarmente efficace la loro osservazione, che si traduce poi in
interventi di richiamo, sanzionatori, ma spesso anche interventi formativi o comunque
finalizzati a migliorare le performance dei media e le condizioni in cui operano.
> La loro debole autonomia rispetto all’autorità di regolamentazione può generare problemi
qualora quest’ultima non sia realmente indipendente rispetto ai poteri forti, e/o sia infiltrata
dalla politica. Un altro limite che talvolta si osserva è che il controllo della legalità, posto al
cuore della loro attività, finisce talvolta per monopolizzarla, mentre altri aspetti altrettanto
importanti della produzione mediatica rimangono trascurati.
In Tunisia, l’Unité de monitoring des médias dell’ISIE costituitasi durante il processo elettorale si
avvicinava a questo modello, fatto salvo il carattere non permanente dell’ISIE e, di conseguenza,
anche della sua unità di monitoraggio. I suoi membri sono stati scelti, tra un certo numero di
candidati appartenenti a diverse categorie, dall’HIROR, una commissione indipendente in cui quasi
tutto lo spettro politico e le principali associazioni della società civile erano rappresentati, cosa che
ne ha favorito l’imparzialità.
B.
Osservatori legati agli organi di autoregolamentazione dei media
Sono molto frequenti gli osservatori creati in seno alle associazioni di giornalisti e operatori dei
media, che vigilano sul rispetto della deontologia. In Tunisia esiste, in seno al SNJT, un
Observatoire de la déontologie.
Molte esperienze interessanti e di grande efficacia sono nate in questo ambito. La loro mission
fondamentale consiste nel miglioramento della professione e nell’affermazione di standard
professionali elevati.
> Il loro vantaggio è di essere costituiti da professionisti del mondo dei media, che ne
conoscono ogni sfumatura e condividono il linguaggio e le preoccupazioni. Spesso la loro
autorità è accettata dai giornalisti più facilmente rispetto a quella di organi esterni, statali,
percepiti come censori.
> L’evidente limite di questo tipo di Osservatori risiede anch’esso nella loro composizione:
gli osservatori coincidono con gli osservati e il conflitto di interessi è inevitabile. Inoltre,
l’efficacia dell’autoregolamentazione è molto legata al contesto culturale, e l’esperienza
dimostra che in alcuni paesi essa non attecchisce bene. Infine, anche il finanziamento di
5
questi Osservatori si rivela spesso un fattore problematico: in situazioni di scarsità di fondi e
assenza di finanziamenti pubblici, la scelta è tra l’interruzione dell’attività e l’esposizione
all’influenza di società e imprese private.
C.
Osservatori delle associazioni della società civile
Si incontrano in questo campo molteplici esperienze, diverse per origine, obiettivi, composizione,
base finanziaria e fonti di finanziamento, capacità metodologiche e tecniche, continuità nel tempo.
Dall’osservatorio estemporaneo e “artigianale”, nato per seguire un particolare momento o evento
(solitamente le elezioni), in cui spesso la buona volontà supera le effettive capacità, fino
all’osservatorio professionale e permanente; dall’iniziativa intrapresa per vegliare sul rispetto della
libertà di espressione a quella che vuole difendere gli utenti dalle diverse forme di manipolazione
messe in atto dai media (pubblicitaria, politica, ecc.), all’osservatorio interessato alla
rappresentazione delle categorie sociali sfavorite (ad esempio le donne, i minori, le minoranze
etniche). Solitamente questi Osservatori nascono sotto la spinta di un impegno militante ed
esprimono una volontà di cambiamento ispirata a particolari convinzioni ideali.
> In questa categoria si incontrano esempi molto interessanti e dinamici di osservatori sui
media, e la loro esistenza è generalmente auspicabile perché riesce a mantenere vivo il
dibattito sul ruolo e le prestazioni dei media, e ad esprimere le esigenze di molteplici
categorie sociali. Nei paesi non democratici, spesso rappresentano forme di resistenza alla
repressione dei media e al pensiero unico e mantengono in vita un pensiero critico sui media
e sul loro uso politico.
> Per contro, i limiti che vi si riscontrano più spesso sono: una professionalità talvolta
carente, una disponibilità limitata di mezzi, una scarsa chiarezza e scientificità dei progetti,
scelte di campo e presupposti ideologici che a volte incidono sull’obiettività e il rigore della
ricerca. Inoltre, i loro risultati sono spesso considerati poco affidabili dagli attori interessati
(media, istituzioni, partiti, ecc.), a causa di una presunta partigianeria implicita.
Un esempio positivo riconducibile a questa categoria è l’Observatoire tunisien des médias,
coordinato nel 2011 dall’ATFD. Positivo perché nel corso degli anni ha compiuto sforzi per la
professionalizzazione, ha acquisito una certa permanenza realizzando il monitoraggi dei media in
ogni scadenza elettorale (2004, 2009, 2011), ha potuto ottenere finanziamenti che gli consentono
progetti ambiziosi senza interferenze indebite, ha una composizione variegata (un certo numero di
associazioni di diversa natura) e un comitato scientifico composito che dà autorevolezza ai risultati.
D.
Osservatori nati all’interno di istituzioni culturali
Si tratta generalmente di centri studi, perlopiù creati in seno alle Università. Ma può trattarsi anche
di istituti di ricerca privati. La loro mission è generalmente e prevalentemente conoscitiva.
> Il loro principale atout sta nell’essere culturalmente innovativi, all’avanguardia dal punto
di vista metodologico, spesso caratterizzati da una ricchezza che risiede nella
multidisciplinarietà delle competenze messe in gioco, nella vastità, nell’approfondimento e
nella pertinenza dei progetti di ricerca. Il coinvolgimento di studenti nelle ricerche, con le
sue ripercussioni educative, è un altro vantaggio significativo. Inoltre, la collocazione ne
permette solitamente la permanenza. La loro indipendenza è generalmente maggiore rispetto
ad altri tipi di osservatorio, ma questo dipende naturalmente dal contesto.
6
> I limiti possono consistere, invece, in una debole efficacia pratica della loro attività di
ricerca. La qualità del loro lavoro dipende dall’importanza accordatagli dall’ambiente
scientifico, dalle strategie degli istituti e dagli investimenti materiali, che a volte sono
limitati.
Accanto a queste categorie, esistono anche osservatori che sono prima di tutto imprese operanti nel
settore della ricerca sui media, che lavorano dietro commessa e a progetto.
Quelle sopra descritte, come si è detto, sono tipologie “pure”. Capita però sempre più spesso di
incontrare forme ibride di osservatori, che uniscono aspetti e componenti riconducibili alle diverse
categorie descritte o che nascono da sinergie tra diverse iniziative. Molti osservatori, ad esempio,
cercano di includere nei comitati direttivi i rappresentanti dei media, delle istituzioni, i cittadini
appartenenti ad associazioni della società civile, i membri di istituti accademici. In altri casi, le
istituzioni preposte alla regolamentazione dei media si appoggiano su osservatori esterni, nello
svolgimento dei loro compiti di vigilanza.
L’Osservatorio di Pavia rappresenta appunto una forma ibrida, poiché si tratta:
> di una società cooperativa, dunque una realtà economica (anche se no-profit) sul mercato
della ricerca
> che è nata in stretto legame con l’Università
> che svolge un monitoraggio permanente delle TV del servizio pubblico, il quale usa questi
dati per correggersi in caso di necessità – dunque nel quadro di un’autoregolamentazione –
ed è tenuto a trasmetterli alla Commissione parlamentare di vigilanza sulla RAI
> che svolge funzioni di vigilanza per le istituzioni di controllo dei media regionali
> che partecipa a progetti di istituzioni internazionali (UE, OSCE, ecc.) di osservazione o di
assistenza tecnica nel campo dei media
> che offre spesso i suoi servizi (ricerche, monitoraggi) a vari tipi di associazioni
Conclusioni
Nel caso tunisino, l’osservatorio istituzionale legato all’ISIE nel periodo elettorale ha giocato un
importante ruolo di regolazione. Purtroppo la sua attività si è conclusa al termine della fase
elettorale, e la costituzione della HAICA, che prevede anche un’attività di osservazione dei media,
sembra procedere a rilento. Si è concluso anche il monitoraggio svolto dall’osservatorio della
società civile e continua ad apparire debole il ruolo dell’osservatorio sulla deontologia del SNJT,
che andrebbe invece rafforzato, così come tutto il lavoro e la riflessione sull’autoregolamentazione.
La conseguenza è che si è lasciato sguarnito un settore in piena evoluzione e denso di problemi, che
invece richiederebbe un’attenzione sistematica e costante. Certo, rimane lo sguardo attento di
organismi internazionali come RSF e Article 19, la cui presenza è importante; tuttavia sarebbe
auspicabile un’iniziativa strutturata di osservazione nazionale.
Che tipo di osservatorio sarebbe più indicato nel caso tunisino? Questa rimane naturalmente una
domanda aperta e un invito alla riflessione. Per quanto mi riguarda, sono in generale favorevole alle
forme ibride, con una componente universitaria importante ma non esclusiva. Ma ogni situazione
richiede una valutazione specifica: se si punta alla creazione di un osservatorio in grado di fornire le
7
maggiori garanzie di indipendenza, è necessario valutare il contesto e i suoi centri di potere e di
contro-potere.
Generalmente la coesistenza di più osservatori, con le loro diverse prospettive e competenze, è
solitamente positiva, a maggior ragione nei paesi in transizione democratica. La Tunisia, paese che
sta riformando un sistema mediatico duramente provato dal regime di Ben Ali e ancora pieno di
incertezze, si avvantaggerebbe dall’esistenza di pesi e contrappesi anche nell’ambito
dell’osservazione dei media.
Riferimenti bibliografici
ARTICLE 19,
Guidelines for Election Broadcasting in Transitional Democracies, London 1994
Freedom of Expression Handbook, International and Comparative Law, Standards and
Procedures, London 1993
Bentivegna Sara, Mediare la realtà. Mass media, sistema politico e opinione pubblica, Franco
Angeli, 2002
Compendium of International Standards for Elections
ec.europa.eu/europeaid/what/humanrights/election_observation_missions/documents/compendium__int_standards_en.pdf
De La Brosse Renaud, Quelques pistes de réflexion sur le rôle des Médias dans les transitions
démocratiques, Les Cahiers du Journalisme n. 10, printemps-été 2002, pp. 228-245
Guidelines on Media Analysis during Elections Observation Missions (Prepared in co-operation
between OSCE’s Office for Democratic Institutions and Human Rights, the Council of Europe’s
Venice Commission and Directorate General of Human Rights, and the European Commission)
www.venice.coe.int/docs/2005/CDL-AD(2005)032-e.pdf
Instance Supérieure Indépendante pour les elections, Monitoring des medias en période électorale,
Juillet 2011
Moussa Zio, l’OLPED pionnier de l’autorégulation des médias en Afrique, Fédération
Internationale des Journalistes
http://africa.ifj.org/assets/docs/111/239/3f7536f-e81c1ef.pdf
Osservatorio europeo sulla sicurezza, L’insicurezza sociale ed economica in Italia e in Europa.
Significati, immagine, realtà, Rapporto annuale, Marzo 2012
http://www.osservatorio.it/download/Sicurezza_in_IT_e_EU_Rapporto2012.pdf
Ramonnet Ignacio, Le cinquième pouvoir, Le Monde diplomatique, octobre 2003
http://www.monde-diplomatique.fr/2003/10/RAMONET/10395
8