La Mongolfiera 2013
Transcript
La Mongolfiera 2013
La Mongolfiera Annuale 2013-2014 delle classi 2A e 2B della Scuola Primaria di Mosciano Sant’Angelo Cari bambini, la maestra Roberta mi ha aggiornato anche quest’anno sul prezioso lavoro cui vi siete dedicati per rendere sempre più bella la vostra Mongolfiera. Mi ha parlato anche della vostra biblioteca di scuola e della vostra visita a quella comunale. Le biblioteche sono dei luoghi che ho cominciato ad amare sin da ragazzo, perché potevo leggere e prendere in prestito libri che non potevo permettermi di acquistare. Ma Roberta mi ha accennato al sogno, che alcuni di voi coltivano, di diventare scrittori un giorno. Un bel sogno, un grande sogno che ha accompagnato la mia adolescenza e la mia giovinezza, finché un giorno è diventato realtà. Non dimenticherò mai l’immensa gioia che provai quando vidi per la prima volta un mio libro sullo scaffale di una libreria. Mi ero innamorato presto della scrittura. Fu davvero una grande scoperta quando mi resi conto che con le parole potevo raccontare me stesso e il mondo, esprimere sentimenti ed emozioni, dialogare con gli altri. La scrittura è soprattutto questo. Perciò ho cercato sempre di suscitare nei bambini la passione per le parole. Chi scrive è meno solo, diventa più capace di capire gli altri, impara a raccontare altre vite come se fossero le sue. E’ questo che io cerco di fare con i miei libri, con i personaggi che faccio viaggiare nel mondo dell’infanzia, sempre pronti e disponibili ad ascoltare tutti. Dico sempre che scrittori non si nasce, non è un privilegio solo di alcuni. Per scrivere bisogna essere curiosi, farsi sorprendere da tutto e da tutti. Ma bisogna coltivare soprattutto l’empatia, che vuol dire ragionare e sentire con la mente e il cuore degli altri. Chi coltiva il sogno di fare lo scrittore o la scrittrice, deve sapere di avere davanti un cammino difficile. Ma se si percorre con passione e fiducia in se stessi, la meta si può raggiungere. Proprio come è accaduto a me. Voi questo cammino avete già cominciato a percorrerlo scrivendo frammenti importanti delle vostre esperienze e delle vostre vite, grazie anche agli adulti che credono in voi e nel vostro futuro. Continuate a farlo sempre guardando lontano. Un abbraccio a tutti. Angelo Petrosino Zamira e Rilvana L‘ inaspettata partenza, un sospirato ritorno In un giorno di autunno, una fogliolina ancora verdeggiante salutò tristemente il suo albero per lasciarsi guidare dal vento di tramontana … Oh dolce fogliolina, che mi hai lasciato una triste mattina, dimmi che il buon vento ti ha cullato e su forti braccia ti ha posato. Oh tenera fogliolina, che ora saluti da un’alta collina, dimmi che la primavera tanto sperata per te finalmente è appena arrivata. Oh mia amata fogliolina, che di freddo soffrirai per le gocce di brina, dimmi che il maestrale presto ti sospingerà e sul mio cuore per sempre ti lascerà. Quella mattina le rondini del nostro giardino avevano uno strano garrito: annunciavano l’improvvisa partenza della principessa Rosalinda verso il suo castello incantato… - Care rondinelle bentornate, quali notizie ci portate? - La principessa Rosalinda mai più con voi sarà, col suo cavallo bianco al castello è giunta già! - Davvero, mai più ritornerà? - Forse un bel giorno lo vorrà per raccontar i sogni che esaudirà. - Beate rondinelle, quando sui merli tornerete portatele per noi l’augurio di giornate liete! Sotto il segno dello... Scorpione E i loro ascendenti? Non saprei… l’importante che salgano sempre più su! M anuele è il mio compagno di classe. Oggi 20 Novembre compie sette anni. E’ arrivato a scuola accompagnato dalla mamma e timidamente ha lasciato sulla cattedra due pacchi, uno con il fiocco rosa e l’altro con il fiocco azzurro. Dentro c’erano tanti bei quaderni che Manuele ci ha regalato. Che pensiero gentile! Prima di cominciare la lezione, gli abbiamo cantato la canzoncina di auguri, anche in inglese, e lui è arrossito dalla vergogna. Manuele ha i capelli castani e gli occhi verdi e luminosi come smeraldi. E’ sempre sorridente, anche quando perde al tris, e si diverte a giocare con tutti. Femmine comprese. Ha un cuore grande, aiuta chi è in difficoltà, soprattutto durante le verifiche, e sopporta volentieri i rimproveri della maestra pur di vedere felice un compagno. Si preoccupa se qualcuno ha mal di pancia o mal di testa e non sta tranquillo fin quando non viene un familiare a riportarlo a casa. E’ bravissimo in matematica, è una calcolatrice umana e non ha mai dubbi nella risoluzione dei problemi. Secondo me, diventerà uno scienziato. Se non lo è già. Vince sempre nelle gare di velocità e fa tanti goal a calcio. Quando andiamo in palestra tutti lo vorremmo nella nostra squadra e, buono com’è, si dividerebbe in due pur di accontentarci. Adesso che ci penso, sembra Leprotto di Verdebosco: agile, scattante, allegro e sempre disposto a fare e ricevere scherzi. Insomma un campione nello sport e nella vita che merita il gradino più alto del podio! E lena è la mia compagna di classe. Oggi 14 Novembre compie sette anni. Appena è arrivata a scuola, le abbiamo cantato a squarciagola una canzoncina di auguri e si è fatta rossa dall’emozione. Portava con sé una busta di gelatine alla frutta che abbiamo divorato durante la ricreazione. Questa mattina Elena era più bella del solito. Aveva il grembiulino sbottonato, così abbiamo potuto ammirare una maglietta di colore grigio con paillettes fucsia e un paio di jeans con dei merletti alle tasche. Elena ha i capelli lunghi e castani e gli occhi dolci come un cerbiatto. E’ sempre allegra e gioiosa e ricca di idee. Riesce a trovare in ognuno i pregi e i difetti e se non le va a genio qualcosa non se ne sta zitta. Quindi, giusto per essere alla pari, un suo pregio: la lealtà. Un suo difetto: la pignoleria. Cerca sempre di mettere d’accordo tutti e si fa in quattro per far riconciliare chi sta col muso lungo. E’ un’accanita lettrice, un po’ come Matilde, e conosce le ultime novità di narrativa. Quando a scuola legge ad alta voce qualche passo di un libro, ci incanta e sembra di viverla davvero quella storia. E’ anche brava a scrivere, ha molta fantasia e quando inventiamo fiabe e leggende alza sempre la mano. Pare che addirittura stia scrivendo un libro, anch’io vorrei diventare come lei ma sono più portata per la matematica. Davanti a una pagina bianca non mi viene in mente nulla e quando sono costretta a scrivere dei racconti non so cosa dire e taglio corto senza neppure completare le righe. Torniamo ad Elena. Mmmmmhh, cos’altro dire. In realtà ho già detto abbastanza di lei. E ho completato anche tutte le righe, stavolta. Evviva. Elena è davvero contagiosa! Il sacrificio della colomba Quando il colore fa la differenza A nni or sono, prima che arrivasse l’era glaciale, le colombe avevano le piume di colore nero corvino ed erano messaggere di odio e cattiveria. Al centro della terra vivevano con esse tanti animali spesso in lotta tra di loro: leoni, tigri, elefanti, gazzelle, scimmie, giraffe, serpenti, struzzi, pappagalli e orsi. Alcune specie erano in via di estinzione, per questo rimanevano in vita solo un unicorno, un mammut e un avvoltoio. A quel tempo, c’era un profeta di nome Esaù che predisse una catastrofe che avrebbe sommerso la terra di neve e ghiaccio provocando una vera e propria ecatombe in cui nessuno sarebbe sopravvissuto. Prima che la sciagura si abbattesse sull’intero pianeta, Esaù costruì una grande arca dove poter accogliere tutti gli animali che rischiavano di rimanere ibernati nelle lastre. Mentre lavorava giorno e notte all’imbarcazione, giunse sull’albero maestro una colomba nera come l’ebano. Il suo verso dolce e soave catturò l’attenzione del profeta. Era l’unica colomba buona dello stormo e tese a lungo l’orecchio per capire cosa avesse da dire. Poco dopo, la vide spiccare il volo vicino alla prua dove era intento a sistemare gli ultimi listoni, quindi approfittò a staccarle la penna più lunga per scrivere un breve messaggio. - Portalo pure alla tua gente, presto, altrimenti morirete tutti! - esclamò Esaù. La colomba socchiuse ben bene il becco e si diresse verso la foresta sfidando i turbini del Vento del nord. Sfinita raggiunse il trono di re Orso, lasciò cadere la pergamena sulla sua zampa e poi si riunì alle altre colombe. Il sovrano convocò all’istante un’assemblea e diede ordine ai sudditi di abbandonare la terra.– Agli ordini, nostro re! - risposero tutti in coro. Ma in fondo, lontano dalla rupe, si levarono delle grida. - Non abbandoneremo mai la nostra terra, sua maestà, non crediamo affatto a quella profezia! Vogliono disfarsi di lei per impossessarsi dei suoi averi e occupare il regno. Erano l’unicorno, il mammut e l’avvoltoio a opporsi alla decisione del re. All’improvviso si alzarono dei vortici di vento gelido che scatenarono pioggia, grandine e neve. Presi dallo spavento, gli animali corsero a zampe levate verso l’arca della salvezza. La colomba messaggera, vedendo l’unicorno, il mammut e l’avvoltoio fermi immobili come statue di gesso, indietreggiò per convincerli a seguirli. Ma in quel momento, una bufera di neve si sollevò impietosa piegando le sue ali. La colomba cadde a terra in fin di vita. Dopo pochi attimi il suo corpicino era tutto coperto da un manto bianco. Lungo le rive dell’oceano Pacifico, tutti gli animali salivano sull’arca, seguiti dall’unicorno, dal mammut e dall’avvoltoio. E da quel giorno le colombe nascono con le piume bianche in segno di spirito di sacrificio e amore. Il pettirosso compassionevole L’umile gesto che lasciò un segno indelebile C ’era un tempo lontano in cui i pettirossi avevano il petto bianco candido e la voce rauca e assordante come quella dei pappagalli. Su un’isola circondata dal mare cristallino popolato da una ricca varietà di pesci, sorgeva il Villaggio dei bambini sperduti. Essi non avevano né padre né madre e badavano a loro stessi pescando e raccogliendo frutta e ortaggi. Un giorno, mentre i bambini accendevano il fuoco per cuocere i pesci, da lontano scorsero una bandiera nera con teschio bianco che sventolava sull’albero maestro. In poco tempo, la nave si avvicinò all’isola e i bambini videro che era una ciurma di pirati: avevano uno sguardo feroce e portavano tutti delle bandane e un orecchino a cerchio. Il primo a mettere piede a terra fu Capitan Dente d’oro. – Andate via da qui, brutti mocciosi. Ora l’isola è nostra. E nostro sarà il tesoro di capitan Barbarossa. Prima che scenda il sole, scoveremo il bottino e festeggeremo fino a notte fonda un altro colpo grosso! - esclamò il capitano mentre il suo pappagallo gracchiava impazzito sulla sua spalla. I bambini erano terrorizzati da tanta malvagità e accecati dal suo enorme dente d’oro. Tuttavia Lucky, uno di essi, si fece avanti e lo sfidò. – Non c’è nessun tesoro su quest’isola e nessuno mai potrà mandarci via da qui. Fatevi avanti se avete coraggio! A quel punto Capitan Dente d’oro tirò fuori la spada e lo minacciò ma Joe, il fratello maggiore, lo fece cadere con un colpo di fionda. Il fido, a quel punto, sfilò una sciabola e ferì al braccio il piccolo Lucky che cadde a terra sanguinante. Tutti gli altri bambini scapparono per la paura lasciando il loro amico tra le grinfie dei pirati. A un tratto, un pettirosso si posò ai suoi piedi e appena vide la ferita volò verso la nave a prendere una garza. Così mentre la asciugava si macchiò il petto di sangue. Dal braccio sinistro del Capitano, il pappagallo Jack spiccò un volo verso il pettirosso per beccarlo. Ne nacque una baruffa e uno sfarfallio di penne e piume che generò una polverina brillante che andò a posarsi sulla ferita di Lucky e sulla spada del capitano. E fu così che come per miracolo il piccolo Lucky guarì sotto gli occhi meravigliati degli amici e dei pirati, mentre un arcobaleno sorgeva dalla spada per condurre i bambini sperduti verso la Città dei Desideri. Da quel giorno tutti i pettirossi nascono con il petto rosso nel ricordo di un gesto di coraggio, solidarietà e amore.