d1.10 energia geotermica, dal mare, dalle biomasse

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d1.10 energia geotermica, dal mare, dalle biomasse
D1.10Energia geotermica, dal mare,
dalle biomasse, dai rifiuti urbani
poliglotta
Meccanica, Macchine ed Energia – articolazione Energia 1 – Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro • Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
Energia geotermica
GB: Geotermal energy
F: Energie géotermique
D: Geothermische Enenergie
richiamo
Heat flow unit significa,
letteralmente, “unità di flusso
di calore”.
È una forma di energia proveniente dal calore endogeno della Terra,
gene­rato nelle profondità del sottosuolo; si ritiene che il nucleo terrestre, sottoposto a pressioni dell’ordine di 3500 kbar, si trovi a una
temperatura compresa fra i 3000 e i 6000 °C. Il 30% del calore endogeno è calore residuo risalente ai tempi della formazione del pianeta,
il 70% è il ri­sultato dell’attività di emissione di energia conseguente al
decadimento radioattivo di elementi quali gli isotopi dell’uranio U-235
e U-238, il to­rio Th-232 e il potassio K-40. Le eruzioni di lava e magma
in numerose parti del globo testimoniano l’intensa attività termica in
atto sotto la cro­sta terrestre. La temperatura aumenta mediamente di
3 °C ogni 100 m di profondità; il calore che risale dall’interno è stimato
in 0,06 W/m2, per cui, su tutta la superficie del globo si ripartisce una
potenza termica di 30 miliardi di chilowatt; il calore interno della Terra
è a tutti gli effetti considerato una fonte inesauribile: basti pensare che
il raffreddamento di 1 km3 di rocce calde da 200 a 100 °C equivale a
una potenza di 30 MW per una durata di 30 anni.
Osservazione: calcolando l’energia termica conservata all’interno del
globo in 1031 J e ipotizzando un prelievo annuale da parte dell’uomo di
3,6 × 1020 J, ne consegue che l’energia geotermica ha tutte le caratteri­
stiche di una fonte inesauribile, essendo 25 miliardi di volte superiore
al nostro consumo annuo! Il flusso geotermico dovuto al calore en­do­
ge­no, o HFU (Heat Flow Unit), è definito come l’energia per unità di
tem­po e di area che affiora in su­per­­ficie e vale una microcaloria per
–6
centimetro quadrato al secondo, ov­vero 4,186 × 10 J.
Lo sfruttamento di tale energia risulta conveniente solo nei luoghi in cui è
possibile incontrare, a breve profondità, strati rocciosi permea­bili particolarmente caldi e impregnati di abbondante acqua di falda fluente (4Fig. 1.57).
Il calore magmatico si trasmette agli strati roc­cio­si sovrastanti e da questi
alle acque di falda che salgono di temperatura, talora affiorando spontaneamente in superficie sotto forma di sorgen­ti termali o geyser (4Fig. 1.58).
Fig. 1.57
Schema di un campo geotermico,
in cui sono evidenziati i flussi
del calore magmatico.
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il problema energetico
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Fig. 1.58
Vapore soffiato da un geyser
in attività in California.
La risalita del fluido viene facilitata trivellando pozzi pro­fon­di an­che più di
3000 m.
In numerosi impianti sono previsti, inoltre, alcuni pozzi per la reiniezione di acqua.
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Si definisce reiniezione un intervento successivo ai processi di scambio
energe­tico del fluido nella turbina (o nello scambiatore di calore) e di
con­densazione del vapore, che consiste nel reimmettere il liquido nel
terreno in pro­fon­dità.
La reiniezione è necessaria per reintegrare le riserve delle falde nel
sottosuolo, ma anche per evitare dissesti idrogeologici (4Fig. 1.59).
Fra i possibili dissesti ambientali, causati da un’eccessiva estrazione
di acqua senza reiniezione, c’è il fenomeno della subsidenza del ter­reno
in prossimità dei pozzi di estrazione.
La subsidenza consiste in un abbassamento locale di un’area della
cro­sta terrestre a causa dell’intenso prelievo di acqua dalle falde e della
di­mi­nuzione della pressione che ne consegue.
Fig. 1.59
Schema di funzionamento
di un impianto geotermico:
un sistema di pozzi geotermici
provvede a captare acqua calda
o vapore e a reiniettare acqua
di superficie nelle profondità
più calde.
Centrale termica
Strati sedimentari
Acqua
surriscaldata
o vapore
Introduzione
di acqua
Granito
Strato
con
fenditure
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il problema energetico
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richiamo
L’Islanda, insieme all’Italia,
è la nazione d’Europa più ricca
di sistemi a vapore dominante:
questi sono in grado di soddisfare
l’80% del fabbisogno energetico
dell’isola, grazie alla produzione
di 51 MW elettrici e di 1310 MW
termici.
I sistemi geotermici sono suddivisi in diverse categorie, in base al tipo
di fluido emesso: i principali sono i sistemi a vapore dominante, ad
acqua dominante e ad acqua calda.
Sistemi a vapore dominante: dal sottosuolo affiora vapore secco
a elevata pressione e temperatura, unitamente ad altri gas quali CO2,
H2S, B, NH3. Il vapore viene convogliato direttamente in turbina per
la ge­ne­ra­zione di energia elettrica. Sistemi di questo tipo sono piuttosto ra­ri: i siti più importanti si trovano in California, mentre in Italia
sono presenti nella zona di Larderello, in Toscana (4Fig. 1.60). Il rendimento globale di tali im­pianti è intorno al 10-17%, circa un terzo di
quello delle centrali termoelettriche convenzionali, a causa della bassa
tempera­tura del va­pore geotermico, in genere dell’ordine di 250 °C.
No­no­stante il basso va­lore di rendimento, la produzione di elettricità
per via geotermica ri­sulta conveniente sia dal punto di vista economico
sia dal punto di vista ambientale.
Fig. 1.60
Vista delle centrali geotermiche
del comprensorio di Larderello (PI),
con in primo piano le tubature
di adduzione del vapore endogeno.
Fin dal 1904 si scavarono pozzi
profondi più di 1 km: attualmente
ve ne sono circa 500, disposti su
una superficie di 250 km ;
la potenza di generazione elettrica
è di 547 MW.
2
Dai pozzi di estrazione partono tubazioni in acciaio, dette vapordotti,
che trasportano il fluido caldo agli impianti di produzione della centrale
geotermoelettrica. Questi vapordotti, a sezione circolare, sono realizzati in lamiera di acciaio inox per garantire una lunga durata delle tu­
bazioni, anche considerando il fatto che i fluidi geotermici sono spesso
bi­fasici costituiti, cioè, da miscela di acqua e vapore con altre sostanze
cor­rosive in sospensione.
Sistemi ad acqua dominante: il fluido è formato principalmente
da acqua calda fra i 150 e i 370 °C. Pur essendo la temperatura superio­
re al punto di ebollizione, l’acqua non è in grado di passare allo stato di
vapore, in quanto fortemente pressurizzata. Nel pozzo di prelevamento
la pressione si riduce, per cui in superficie giunge una miscela di acqua
e vapore; quest’ultimo è destinato alla produzione di energia elettrica,
mentre l’acqua calda viene utilizzata per il riscaldamento urbano o in
im­pian­ti di dissalazione dell’acqua marina. I serbatoi ad acqua domi3
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nante, con temperatura dell’ordine di 150-170 °C, sono impiegati per
alimentare le cosiddette centrali a singolo o doppio flash: l’acqua,
giunta in su­per­ficie at­tra­verso i pozzi, passa rapidamente dalla pressione di prelievo a quella atmosferica, in tal modo, si separa (“flash”) il
vapore che è mandato in centrale, mentre la restante parte di liquido
viene reiniettata.
Sistemi ad acqua calda: l’acqua sgorga a temperature comprese
fra i 50 e gli 82 °C, quindi inferiori alla temperatura di ebollizione
a pressione atmosferica. L’acqua calda è utilizzabile per usi diretti,
ovvero, im­me­diatamente impiegabile per il riscaldamento di abitazioni
e serre, per i fabbisogni industriali e per usi termali e terapeutici. I
siti ad acqua do­mi­nante o calda sono numerosi su tutta la Terra, al
momento sfruttati in piccola parte.
In tutto il mondo vi sono vaste riserve sotterranee di acqua calda,
per cui proprio le applicazioni “non elettriche” possono offrire un notevole con­­­tributo al risparmio energetico mondiale: a titolo di esempio,
mi­gliaia di abitazioni nella regione di Parigi sono riscaldate con acque
prele­vate a 1900 m di profondità, a una temperatura di circa 70 °C.
L’Italia è uno dei Paesi europei più fortunati dal punto di vista
geoter­mi­co, con una potenza installata nell’anno 2000 di 785 MW elettrici, pa­­­ri al­l’1,5% della produzione nazionale. Oltre a Larderello, sono
in eser­ci­zio al­tri due impianti in Toscana, presso il Monte Amiata (GR)
e nel comprensorio di Travale-Radicondoli (SI); un altro impianto è a
La­tera (VT); un altro sito, sempre a vapore dominante e di notevole
potenzialità, è sta­to scoperto a Mofete, in Campania.
Energia dal mare
poliglotta
Energia delle maree
GB: Stream energy
F: Energie des marées
D: Gezeitenenergie
Il movimento continuo delle maree è un’enorme riserva di energia,
de­rivante sia dalla rotazione del pianeta sia dalla gravità della Luna.
L’e­ner­­gia posseduta dalle maree è stata globalmente valutata in
22 000 TWh an­­nui. Questa enorme energia è in grado di apportare una
lenta, costante modifica al profilo litoraneo per centinaia di chilometri
di costa. In tutto il mondo so­no stati individuati soltanto una trentina
di siti in cui risulta conveniente costruire impianti di produzione di
energia e­lettrica, dato che il moto periodico delle masse di acqua marina diventa sfruttabile solo se il dislivello fra alta e bassa marea non è
inferiore a 3 m (4Fig. 1.61).
Osservazione: l’intervallo fra alta e bassa marea è di 12 ore e 25 minuti,
per cui, ogni giorno si determina un ritardo di 50 minuti fra i periodi di
massima potenza erogata; pertanto la produzione di elettricità non può
essere programmata in base all’andamento giornaliero dei fabbisogni
delle utenze.
Attualmente sono poche le centrali maremotrici al mondo: in Canada,
ad Annapolis Royal, nella baia di Fundy e in Russia, a Kislaga Guba,
sul mar Bianco. La più famosa centrale di questo tipo si trova in
Francia, presso St. Malo sull’estuario del fiume Rance, ove la marea
raggiunge dislivelli massimi di 14 m. Una diga lunga 720 m sbarra la
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baia e ospita 24 turbine; in condizioni di dislivello massimo ogni turbina raggiunge i 10 MW di potenza.
Fig. 1.61
Schema di utilizzo dell’energia
della marea per il funzionamento
di una centrale elettrica:
a) con l’alta marea la corrente
viaggia in direzione della baia;
b) con la bassa marea la baia si
svuota.
In entrambi i casi la corrente transita
entro condotte obbligate ricavate
nella diga in cui sono poste le turbine.
Mare
Bacino
Alta
marea
Diga con
turbogeneratori
Bassa
marea
L’azione dei venti sulla superficie del mare determina la nascita del mo­to
ondoso; è stato calcolato che un fronte ondoso largo 250 km, forma­to da
onde alte 1,5 m che si succedono ogni 6 secondi, possiede una potenza di
3,5 GW. Lo sfruttamento di questa potenza potrebbe servire per a­zio­nare
macchinari posti su piattaforme galleggianti o in prossimi­tà del ma­re,
quali compressori, pompe di acqua marina o anche turbine. Nella fi­gura
1.62 è riportato un progetto di sfruttamento del moto ondoso, per ora in
fase di studio. In Giap­pone sono in corso alcuni esperimenti per far funzionare piccole boe munite di faro di segnalazione per la navigazione costiera.
Le correnti marine sono movimenti continui dell’acqua dovuti a
diverse cause: differenze di temperatura e di pressione atmosferica fra
zone lon­tane della Terra, azione dei venti, effetto della rotazione terrestre, al­ternanza delle fasi lunari. Le correnti più imponenti, e quindi
più ricche di energia, si trovano negli oceani; tuttavia, di recente è entrato in fase sperimentale un progetto di sfruttamento della corrente
che agisce nello stretto di Messina.
Fig. 1.62
Impianto in grado di utilizzare
l’energia delle onde: l’acqua, prima
spinta lungo la parete inclinata,
passa poi dentro camere interne e
infine si reimmette per gravità
nel mare, dopo aver fatto funzionare
una turbina.
Turbina
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il problema energetico
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Fig. 1.63
Schema della pala di turbina
per la centrale sperimentale Kobold
all’opera nello stretto di Messina.
La corrente ha una velocità costante di circa 2 nodi, an­che se inverte il verso
di scorrimento ogni sei ore. Il progetto, denominato Ko­bold, consiste in una
piattaforma galleggiante ancorata al largo del paese di Ganzirri (Messina).
Sotto la piattaforma è montata una turbina sommersa a elica ad asse verticale, munita di tre pale (4Fig. 1.63). L’e­ner­gia cinetica della corrente viene
trasferita alla girante meccanica, che a sua volta la tramuta in energia elettrica: il prototipo attualmente funzionante ha una potenza di 4 kW e in un
anno di attività produce oltre 22 000 kWh di energia elettrica.
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Energia dalle biomasse
Per biomassa s’intende, dal punto di vista biologico, tutto l’insieme
delle forme viventi, animali e vegetali, diffuse sulla Terra, che si sviluppano grazie all’energia solare e al nutrimento attinto dal terreno.
Dal punto di vista energetico, il campo viene ristretto unicamente al­le
so­stanze destinabili alla produzione di energia.
In ambito energetico, la biomassa indica una qualsiasi sostanza re­si­
dua­le organica, di origine vegetale o animale, per la quale sia prevedibi­
le un impiego connesso alla produzione di energia, con l’esclusione delle
ma­te­­­rie plastiche e delle sostanze fossili.
Le biomasse sono principalmente legna, scarti della lavorazione del
le­gna­­me (trucioli, segatura), scarti agricoli (paglia, pula, lolla, gusci,
noccioli) e zootecnici, scarti dell’industria agro-alimentare e dell’attività fo­re­­­stale, sostanze fermentabili, biogas da discarica. Altre forme
di biomas­sa sono le colture energetiche, cioè piante espressamente
coltivate per sco­pi energetici.
Caratteristica fondamentale delle biomasse è la brevità dei tempi di
ripristino, per cui i tempi di sfruttamento risultano dell’ordine di quelli
di rigenerazione naturale, pertanto, l’energia delle biomasse rientra
nella categoria delle fonti rinnovabili. Inoltre la combustione delle
biomasse ha un effetto molto meno aggressivo sull’ambiente rispetto
ai combustibili fossili: l’apporto di biossido di carbonio, da parte delle
biomasse, è complessivamente nullo se si pensa che la quantità di CO2
liberata è pari al­la quantità fissata in precedenza durante l’accrescimento in seguito ai pro­­cessi di fotosintesi (4Fig. 1.64). Assunto in circa
27 Mtep annui il po­tenziale di energia ricavabile in Italia dalle biomasse, l’energia termica che se ne potrebbe derivare è valutata in 84 TWh
e si eviterebbe l’emissione di 43 Mt di CO2 nell’atmosfera.
L’utilizzo dei diversi tipi di biomassa può avvenire per combustione
di­retta o richiedere prima una serie di trasformazioni in impianti di
conversione per renderli convenientemente utilizzabili. Se la biomassa
ha il rapporto C/N (carbonio/azoto) superiore a 30 e un tenore di umidità inferiore al 30%, può essere destinata alla combustione diretta o
a processi di conversione termochimica: è il caso del legno e di diversi
residui agricoli erbacei quali i cereali. Se il rapporto C/N è inferiore a
30, invece, ri­sulta conveniente sottoporre la biomassa a pretrattamenti
di conversione biochimica, quali per esempio la digestione anae­ro­bi­ca/
aerobica o la fermentazione alcolica.
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il problema energetico
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Fig. 1.64
Ciclo della biomassa vegetale
destinata alla combustione
in una centrale elettrica. Le frecce
evidenziano gli scambi di energie
e sostanze con l’ambiente.
richiamo
Il pellet di legno è un cilindretto
da 1,5-2 cm ottenuto pressando
senza collanti segature e polveri.
Il cippato è ottenuto sminuzzando
residui legnosi, legname di bassa
qualità e piante di piccolo fusto,
per ottenere frammenti tritati
di dimensioni abbastanza regolari
(40 × 20 × 10 mm). Le bricchette
sono cilindretti ottenuti compattando
materiali di varia origine, quali
residui grossolani della lavorazione
del legno e dei rifiuti urbani.
La combustione diretta delle biomasse è un’evoluzione del fuoco di
le­gna che, scoperto in epoca preistorica, rappresenta la più tradi­zio­
nale delle energie; gli aspetti innovativi consistono nell’incremento
del rendimento della combustione, se la biomassa da ardere ha po­­ca
umidità residua, come pure nel commercializzarla in forme e di­men­
sioni che fa­cilitano il trasporto e il caricamento nel bruciatore. I residui
le­gno­si, per esempio, vengono venduti in forma di pellet, cippato e
bricchette.
L’impianto di teleriscaldamento di Morgex (AO) è dotato di caldaie
alimentate a biomassa forestale in forma di cippato. La combustione è
re­go­la­ta automaticamente: in base alla lettura delle quantità di ossigeno e di mo­nossido di carbonio (CO) presente nei fumi, il PLC regolatore (Controllore a Logica Programmabile) calcola il dosaggio dell’aria
comburente e la por­tata di combustibile. Esso comanda i ventilatori
dell’aria, i nastri trasportatori del cippato e gli spingitori. L’impianto
ha una po­tenza di 5 MW e distribuisce acqua calda a 90 °C per riscaldamento ur­bano. È in grado di far risparmiare alla comunità 678 000 kg
di ga­solio da riscaldamento al­l’anno e di evitare l’emissione di 2146 t
annue di CO2 (4Fig. 1.65).
Di seguito sono elencati i processi più comuni e promettenti di conversione termochi­mica del­le biomasse.
— Carbonizzazione: superando i 200 °C la biomassa rilascia l’umidità e le sostanze volatili, conservando la matrice a base di carbonio.
Fig. 1.65
Sistema di alimentazione
del cippato nelle caldaie
dell’impianto di teleriscaldamento
di Morgex (AO) di realizzazione SEA.
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il problema energetico
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— Pirolisi: scaldando tra i 400 e gli 800 °C in assenza di ossigeno, la
biomassa si decompone in gas e in un liquido, detto olio di pirolisi,
adatto come combustibile per caldaie e anche per motori Diesel.
— Gassificazione: sopra i 900 °C, in ambiente povero di ossigeno, si
ottiene un gas di bassa qualità, detto gas di gasogeno, da destinare
al­la combustione o alla sintesi dell’alcool metilico (CH3OH). L’al­cool
me­tilico, noto come metanolo, è un combustibile liquido adatto per
mo­tori termici ed è ulteriormente trasformabile in benzina sintetica.
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richiamo
Diverse nazioni europee
commercializzano il biodiesel sulla
rete stradale (Germania, Austria)
o l’adottano come additivo
del gasolio (Francia, Svezia);
in Italia si sta diffondendo come
olio combustibile da riscaldamento.
richiamo
Nel 1997 in Germania erano
operativi 295 centri di produzione
di biogas destinato alla produzione
di energia elettrica, per una potenza
di 18,9 MW.
Osservazione: da colture quali colza, soia, girasole, è possibile ottenere
oli vegetali a loro volta trasformabili con semplici tecnologie in com­
bustibili sostitutivi del gasolio. Lo schema della reazione è il se­guente:
100 kg di olio vegetale + 11 kg di metanolo →
→ 100 kg di metilestere + 11 kg di glicerina
Il metilestere è comunemente noto come biodiesel.
Fra i tanti possibili processi di conversione biochimica si ricordano i
se­guenti.
— Digestione anaerobica: in ambienti privi di ossigeno e ricchi di
mi­crorganismi, detti digestori, le sostanze organiche danno origine a
un gas di buona resa termica, detto biogas, costituito per i due terzi
da me­­tano (CH4) e per il resto da biossido di carbonio (CO2). Al termine del processo, della durata di circa tre settimane, le sostanze residue so­no recuperate come fertilizzante agricolo, in quanto ricche di
azoto, fosforo e potassio. Le biomasse di partenza sono rifiuti organici
urbani, deiezioni animali, scarti alimentari e vegetali (4Fig. 1.66).
Fig. 1.66
Ciclo degli scarti vegetali, animali
e dei rifiuti organici urbani
destinati alla produzione di biogas.
Combustione
Fermentazione
per ottenere carburante
Gassificazione
Alimento
Scarti legnosi
Biogas
Letame, scarti
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il problema energetico
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— Digestione aerobica: in presenza di ossigeno, i microrganismi
scindono le sostanze organiche complesse in altre più semplici, liberando calore utilizzabile per altri scopi.
— Fermentazione alcolica: molecole organiche, quali glucidi (zuccheri), amidi (cereali, patata) e lignocellulose (paglia, scarti legnosi), vengono trasformati me­dian­te procedimenti biochimici in alcool
etilico, se­­condo la reazione chimica:
C6H12O6 → 2 CO2 + 2 CH3 - CH2OH
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L’alcool etilico, o etanolo, è utilizzabile nei motori appositamente predisposti. La ten­denza attuale è di trasformare l’etanolo nel suo derivato
ETBE (Etil­Ter­tioButilEtere), che costituisce un’alternativa a benzine e
gasoli, assai interessante dal punto di vista del rapporto qualità /costo
di produzione.
Osservazione: attualmente con 1 t di biomassa legnosa secca si ot­ten­
go­no 190 l di etanolo, ma si prevede di poter evolvere le tecnologie per
raggiungere i 300 l.
Lo sviluppo delle biomasse, a fini energetici, costituisce una risorsa giudicata strategicamente decisiva per il futuro, anche per l’impulso che
queste possono dare alla forestazione e all’agricoltura con lo sviluppo di
colture industriali e di alberi a crescita veloce. Possono offrire, inoltre,
un contributo al problema dello smaltimento dei rifiuti urbani. Diverse
aziende europee di servizi stanno potenziando l’impiego di biomasse
e l’incenerimento dei rifiuti urbani per il riscaldamento urbano. Stati
come Finlandia, Svezia e Austria già derivano dalle biomasse il 10-20%
del fabbisogno energetico nazionale. La Gran Bretagna ha installato
nel 2010 diversi impianti per la produzione di energia elettrica dalle
biomasse per una potenza di 1000 MW. La Francia, nel 1999 raggiunse la produzione di 2 TWh di elettricità dalle biomasse: un’esperienza
interessante è la centrale di Moule nell’isola della Guadalupa, con una
potenza di 64 MW elettrici ottenuta dalla combustione della bagassa,
sottoprodotto della canna da zucchero. La Spagna ha sviluppato due
im­pianti da 16 MW ciascuno per la generazione di elettricità attraverso la combustione dello scarto della produzione dell’olio d’oliva, detto
orujillo. Il rapporto è di un chilowattora elettrico ogni chilogrammo di
orujillo in combustione.
Energia dai rifiuti urbani
In Italia si producono oltre 30 milioni di tonnellate annue di rifiuti
solidi urbani, in gran parte destinati alle discariche. Solo 2 800 000 t
vengo­no termovalorizzate, cioè, destinate a impianti di incenerimento per ot­tenere energia termica ed elettrica e per il recupero delle
ce­neri a scopi industriali.
Si definisce termovalorizzazione il recupero industriale della frazio­
ne combustibile del rifiuto solido urbano per produrre energia.
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il problema energetico
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In Italia, lo smaltimento dei rifiuti
è regolato dal decreto legislativo
Ronchi 22/97, che definisce
le condizioni di sicurezza con cui
eseguire la raccolta e i successivi
trattamenti; impone inoltre a tutti
i comuni di raggiungere il 35%
di raccolta differenziata, obiettivo
al momento ancora lontano.
richiamo
In Italia si stimano in 11 milioni le
tonnellate di rifiuti speciali “spariti”:
sono fanghi velenosi, residui
industriali, pneumatici e carcasse
d’auto, liquidi contenenti metalli
pesanti, ammoniaca, tutti destinati
ad arricchire le ecomafie
che provvedono di nascosto alla loro
sparizione illegale.
In seguito a operazioni di selezione, vengono separati i rifiuti gassificabili, cioè, in grado di liberare gas metano una volta accumulati in discarica, oppure riducibili in forma di frazione secca adatta all’inceneri­
mento, nota come CDR, ovvero combustibile derivato dai rifiuti
(4Fig. 1.67). Le ceneri del CDR sono in gran parte destinate alla produ­
zio­ne di fertilizzanti, inoltre, contengono una percentuale di metalli
recuperabili, per cui, la massa di inerti che va in discarica costituisce
solo il 10% della raccolta iniziale.
Lo sfruttamento dei rifiuti urbani per la produzione di energie pregiate è fortemente influenzato dalla sensibilità civica degli abitanti: il
mondo occidentale è sommerso da rifiuti di ogni tipo e le amministrazioni pubbliche devono fronteggiare una vera e propria emergenza
rifiuti.
La raccolta differenziata, oltre a forme di risparmio di energia
e di materie prime sempre più preziose, consente una riduzione cospicua del volume di rifiuti destinati alle discariche. Un esempio significativo è costituito dal grande termovalorizzatore di Spittelau a
Vienna: smaltisce 260 000 t di rifiuti l’anno e produce acqua calda ed
elettricità per oltre il 40% della città. È famoso soprattutto per aver
adottato im­pianti di pretrattamento dei fumi e di controllo delle sostanze emesse ca­ratterizzati da alta efficienza di filtraggio, in modo
da garantire la sicurezza ambientale: i livelli di emissione di sostanze
velenose quali le diossine, risultano parecchio inferiori agli standard
prescritti dall’UE.
Fig. 1.39
Impianto RWE (Essen, Germania)
di selezione dei rifiuti urbani
per il recupero di materiali
riciclabili e per la separazione
della fase destinata all’incenerimento.
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il problema energetico
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L’Unità didattica in breve
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L’energia
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I problemi connessi con l’approvvigionamento energetico, lo sfruttamento delle risorse e la difesa dell’ambiente sono decisivi per il futuro
dell’u­ma­nità. Il concetto di energia abbraccia una grande varietà di
significati e implicazioni. L’energia ha molte proprietà: si presenta in
varie for­me, è trasformabile, trasferibile, accumulabile, misurabile; a
causa delle perdite viene dispersa in modo irrecuperabile. Non è sempre
utilizzabile praticamente: il concetto di entropia ne definisce il grado
di inutilizzabilità. Il calcolo del rendimento serve a valutare l’efficacia
della tra­sformazione in base alla rilevanza delle perdite. È noto che in
Fisica il la­voro è definito come prodotto di forza per spostamento e la
potenza co­me rapporto fra energia e tempo. L’esistenza degli esseri
viventi è condi­zionata dall’energia, essendo basata su trasformazioni
quali la fo­tosintesi, la respirazione, la nutrizione.
Le forme dell’energia
L’energia si presenta sotto diversi aspetti: energia termica, cinetica,
po­tenziale, elettrica, magnetica, chimica, potenziale elastica, idraulica,
nu­cleare, solare. L’osservazione del funzionamento di una caffettiera
evidenzia una serie di trasformazioni: la combustione del gas libera
calore che serve a far bollire l’acqua e a preparare il caffè. Le unità di
misura previste dal SI sono il joule per le energie e il watt per le potenze, con i loro corredi di multipli. Nella formulazione dei bilanci nazionali
si ricorre al tep (tonnellata equivalente di petrolio) e al tec (tonnellata
equivalente di carbone).
Le fonti di energia
Le energie reperite allo stato naturale, senza aver subito trasformazioni, sono dette energie primarie, ulteriormente suddivise in e­sau­
ribili e inesauribili. Quelle esauribili comprendono le energie fossili,
principalmente petrolio, carbone e gas naturale, e le enegie nucleari.
Quel­le ine­­sau­ribili, così dette in quanto rinnovabili, raggruppano le
energie idraulica, solare, eolica, delle biomasse, del mare e il calore del­la
Ter­ra. Le e­ner­gie secondarie sono derivate dalle primarie in se­guito
a la­vorazioni: la più importante è l’energia elettrica.
Energie innovative
Le energie innovative devono essere rinnovabili, inesauribili, avere bas­
so impatto ambientale, operare con impianti piccoli e contribuire alla
pro­tezione dell’ambiente. La fonte principale è il sole, la cui luce e il cui
calore consentono la vita sulla Terra; tale fonte è sfruttabile in impianti
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Meccanica, Macchine ed Energia – articolazione Energia 1 – Giuseppe Anzalone, Paolo Bassignana, Giuseppe Brafa Musicoro • Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A.
fototermici e fotovoltaici: i primi producono fluidi caldi, i secondi corrente
elettrica continua. L’energia eolica è conveniente laddove il vento soffia con regolarità: gli aerogeneratori sono macchine montate su torri e
dotate di un’elica posta in rotazione dal vento che aziona il generatore di
corrente; l’Italia ha siti sfruttabili nelle regioni meridionali e nelle isole.
L’energia geotermica utilizza il calore delle pro­fondità della Terra: si
preleva acqua calda e vapore dal sottosuolo per far funzionare centrali
termiche o per il riscaldamento urbano; in Italia vi sono centrali geotermoelettriche a Larderello (PI). Il mare è ricco di energia: il flusso delle
maree è già sfruttato in alcuni siti per la produzione di energia elettrica; si stanno realizzando progetti relativi al recupero dell’energia delle
correnti e del moto ondoso. Le biomasse sono sostanze di origine
vegetale e animale adoperabili per scopo energetico. Gli scarti agricoli e
legnosi possono essere arsi direttamente; con opportune trasformazioni,
quali gassificazioni, pirolisi, fermentazioni e digestioni anaerobiche, si
ottengono gas, alcooli e combustibili. In particolare, dalle deiezioni animali e dagli scarti agricoli si ottiene il biogas, formato in gran parte da
metano, e come residuo una sostanza ad alto potere fertilizzante.
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PROBLEMI DI RIEPILOGO
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1. Un motore motociclistico eroga la potenza P = 60 kW, in un tempo
t = 2 h e 12 min. Calcolare l’energia sviluppata in chilowattora.
2. Trasformare l’energia di 35 kWh in joule.
3. La potenza effettiva di una pompa vale Peff = 4,37 kW, la potenza assorbita dal suo motore elettrico vale Pass = 4,6 kW. Calcolare il rendimento
della pompa e il costo monetario per 100 ore di funzionamento, assumendo come costo unitario dell’elettricità 0,15 m/kWh.
4. Si considerino due motori elettrici: uno, avente potenza P1 = 45 kW, lavora per 3 ore, l’altro, con potenza P2 = 65 kW, lavora per 2 ore e mezza.
Quale dei due ha erogato più energia? Quanto vale la differenza fra le
due energie?
5. Ogni anno, in natura, i vegetali fissano, mediante la fotosintesi, 2 × 10
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t di carbonio, con un contenuto energetico di 70 × 10 Mtep. Trasformare il dato in gigajoule.
6. Una centrale termoelettrica ha la potenza di 250 MW. Calcolare l’energia E [kWh] erogata per un periodo di funzionamento ininterrotto di
quattro settimane.
7. Trasformare l’energia E = 0,35 TWh in tep.
8. Calcolare a quanti tep corriponde l’energia di 1500 tec.
9. Sapendo che 1 m3 di gas naturale equivale a 0,9 tep, esprimere il valore
in tep di 0,65 m3 di gas.
10. Una flotta di 200 locomotori ferroviari ha accumulato in totale 600 000
ore di lavoro; ipotizzando che ognuno abbia operato mediamente alla
potenza continuativa di 3500 kW, valutare il lavoro prodotto dal singolo
locomotore esprimendolo in gigawattora.
11. Una nave ha la potenza P = 28 MW e naviga per sei giorni ininterrottamente. Calcolare l’energia prodotta.
12. In una centrale eolica l’aerogeneratore modello V47, di produzione IWT,
ha erogato in 450 ore di funzionamento, un’energia pari a 1,0692 TJ.
Calcolare la potenza di cui esso dispone.
13. Trasformare l’energia di 3150 kJ in kWh.
14. Trasformare l’energia di 60 tec in tep.
15. Un montacarichi solleva un carico lordo di 850 kg per un’altezza di 20 m
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(R. E = 0,875 kWh)
(R. E = 4,2 tep)
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in un tempo pari a 38 secondi e con un rendimento dell’88%. Calcolare
il lavoro svolto dal montacarichi, la potenza utilizzata e la potenza assorbita.
(R. L = 166 770 J; P = 4,39 kW; Pass = 5 kW)
16. Un motore elettrico ha la potenza di 5,5 kW. Ipotizzando in 0,16 €/kWh
il costo dell’energia elettrica, calcolare l’energia erogata e il suo costo
complessivo nel caso in cui il motore abbia lavorato in modo continuativo per 6 ore.
(R. E = 33 kWh; Costo = 5,28 €)
17. Trasformare l’energia di 14 TJ in tep.
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(R. E = 243 tep)
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