Leggi l`elaborato - Fogli di Viaggio
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ELLADA Le prime isolette-scoglio punteggiano il mare e sembrano scansarsi e lasciare il passaggio al traghetto. Recinti per l'itticoltura, poche case sparpagliate su un lembo di terra a ridosso del mare, alle spalle, colline. Si arriva in Grecia con la deferenza che si porta ad un luogo, nel suo complesso, sacro. E, oggi, ci si arriva con curiosità ed apprensione: la culla della civiltà democratica avrà resistito agli spietati giochi della politica e della finanza internazionale? Pochi giorni dal referendum in cui il popolo greco ha provato con orgoglio a dire no, il nostro futuro ce lo scegliamo noi. Popolo tradito dalla politica, ora costretto a ricominciare da capo: peggio, ricominciare con un peso sulle spalle ancora più grande. Il porto di Igoumenitsa così come è, circondato da pini e con case dal tetto e finiture in stile talvolta montano, ci proietta in un ambiente diverso da buona parte del resto dell'Ellade: niente piccole case bianche e azzurre delle isole, non la polvere terrosa di Patrasso con le sue insegne sbiadite, i suoi reticolati senza senso apparente, le sue strade deserte. C'è in ogni caso qualcosa di esotico, i cartelli con le scritte in alfabeto greco contribuiscono a questa sensazione. L'autostrada ti invita subito a lasciare il porto, Ioannina o, ancora più lontana, Salonicco, ti aspettano. Ioannina ha un grosso lago e grotte che ho visitato vent'anni prima, e ha una poesia di Michalis Ganas: " il tuo sorriso riluce come il rame/ di un ramaio di Ioannina", la tentazione di rivedere la città con negli occhi e nella mente questa poesia, ma questa volta no, non c'è tempo, e allora si procede veloci quanto è possibile esserlo in queste strade che invitano alla calma, verso le Meteore. Un pezzo di strada tortuosa che si prolunga più dell'atteso, ad ogni curva si spia per vedere se compaiono alte, scure, improbabili, a movimentare il paesaggio. E non ci si rende conto della magnificenza del luogo fino a che non ci si trova immersi dentro: rocce grigie, verticali, scavate da grotte inizialmente naturali e poi popolate, già dall'anno mille, da anacoreti provenienti da ogni dove. Una di queste grotte è oggi piena di bandierine e drappi multicolori, ci diciamo che il Tibet deve essere un po' così, tanto più che anche qui, nel cuore della Grecia continentale, su alti speroni di rocce sorgono a picco sul vuoto monasteri medievali dai nomi accattivanti: Varlaám, Megalometeoro, Roussanou. Alcuni di questi monasteri per lungo tempo sono rimasti raggiungibili solo salendo con un sistema di carrucole che, oggi, vengono usate per portare cibo e oggetti; assistiamo a titolo esemplificativo allo spettacolare trasporto dell'immondizia ai cassonetti fuori dal luogo sacro. Noi invece al monastero ci siamo arrivati come tutti, con un breve tratto in automobile su una strada che definire panoramica è poco, e lunghe scalinate inframmezzate da ponti sospesi su strapiombi. Restaurati con poco rispetto per le parti più antiche, mancorrenti di legno chiaro che ci ricordano alberghi altoatesini, campanili che condividono qualcosa con lo stile architettonico degli outlet-village, i monasteri conservano ancora cappelle affrescate nel milletrecento e un'atmosfera che invita, anche un laico, al raccoglimento. Monache nere ma sorridenti e gentili, vigilano all'ingresso che le gonne delle turiste non siano troppo corte e le spalle troppo scoperte, mentre agli uomini è vietato varcare la soglia in calzoncini corti. Mi pare giusto adeguarsi alla sacralità del luogo, e mi sono preparata in anticipo; vedo invece un trionfo di canottiere, shorts, bermuda che le monache si affrettano a coprire con pareo probabilmente da loro stesse cuciti, così come hanno prodotto candele, segnalibro, e miele fresco che vendono per rimpinguare le casse del monastero. Ogni monastero ha un suo orticello, e, dopo una breve ma scenografica pioggia ( vento e cielo grigio, sulle meteore grigie), da questi orticelli ci raggiunge il profumo di erbe aromatiche. Le monache molto più visibili e presenti, una sola breve apparizione di un monaco bellissimo: viso gioviale, vestito nero con cintura e polsini ricamati color oro, lunghi capelli bianco-grigi sulle spalle, salvo alcune ciocche legate in un piccolo chignon: non posso farci niente, mi ricorda i jedi della saga di "Guerre stellari", George Lucas deve forse essersi ispirato a questi uomini per i suoi eroi. La taverna Kosmikì, la sera, ha una terrazza che guarda le meteore. E ci si accorge che questo complesso roccioso offre scorci nascosti e visibili solo da certi punti, e appare cangiante a seconda da quale punto di vista lo si osservi. Dalla terrazza della taverna, vediamo la roccia cambiare colore via via che il sole tramonta. La cortesia del cameriere è tanto più gradita quanto più genuina, e commovente il ringraziamento e il saluto che ci ripete la cuoca sorridendo, una signora dall'aria sinceramente allegra. E intanto alla televisione della taverna, e già alla televisione della nave, si trasmettono le sedute fiume del parlamento greco riunito per discutere e votare le pesanti, forse umilianti, riforme imposte dalla Troika. Il paese è appena uscito dal periodo speciale in cui la borsa era chiusa, ma ha dovuto accettare imposizioni ancora più forti dai suoi creditori, e ci si chiede davvero, se lo chiedono i greci e ce lo chiediamo anche noi, se questo sarà il doloroso tributo da pagare per un nuovo luminoso inizio o il colpo di grazia per un paese che sta già perdendo le prerogative ed i servizi che lo rendevano un posto sicuro dove nascere e un posto piacevole dove vivere. Impossibile captare gli umori della gente senza conoscere il greco; perché ai tavolini del paese gli anziani ( solo uomini) discutono animatamente e sembra di indovinare che l'oggetto del loro confronto non siano notizie sportive o di gossip, ma sia la politica. Tsipras che appare affaticato e imbolsito, Varufakis che scrive appunti in aula sul lap-top, prende la parola, twitta pensieri ed osservazioni in anteprima. L'uomo che aveva già pronto un piano per far uscire la Grecia dall'euro, l'uomo che è stato frettolosamente sostituito dal primo ministro dopo aver condotto estenuanti trattative, proprio nel giorno della resa dei conti, gode certamente di una parte del favore popolare; di certo gode del favore di economisti emeriti di tutto il mondo, interessati ad una via economica diversa, ma intanto non è lui il leader, e il leader ha deciso di abdicare pressoché su tutta la linea. Piccoli disguidi per i turisti, che sembrano essere in numero minore rispetto all'atteso, dissuasi forse dalla campagna di informazione che ha dipinto la Grecia come un luogo pericoloso e prossimo al tracollo: cerchiamo di pagare la stanza dell'albergo con la carta di credito, volendo conservare i contanti per altri pagamenti di minore entità. La ragazza della reception si scusa, c'è un problema con la banca: è ferragosto, i greci hanno poco contante perché i prelievi sono ancora calmierati ( cosa che ci stupisce, credevamo tutto forse tornato alla normalità) stanno pagando in massa con le carte di credito, hanno intasato il sistema. Il parlamento sta proprio in questi giorni votando misure straordinarie, dice la ragazza, le cose dovrebbero poi migliorare: per voi turisti, si lascia sfuggire, per il popolo greco peggioreranno. Ci mostriamo più che comprensivi: partecipi e solidali. Il campeggio in Calcidica il giorno di ferragosto brulica di greci che grigliano in massa e a tutte le ore ogni possibile formato di carne. Siamo nell'area di influenza di Salonicco, città in origine piuttosto ricca, questi sono i tessalonicesi che portano in vacanza le loro famiglie e ci tengono a festeggiare comunque. Vedere che i greci, perlomeno di queste zone, conservano la voglia di vivere bene, e non sembrano schiacciati dalla paura del futuro, è una cosa che mi colpisce in positivo, forse perché vengo da un paese in cui la crisi è stata assorbita in modo drammatico, anche solo dal punto di vista psicologico. Certamente ad Atene il disagio deve essere grande, sono un medico, so che hanno grossi problemi col servizio sanitario che sta diventando sempre meno pubblico, e non riesce, già ora, ad acquistare tutto il materiale e i farmaci che servono per la popolazione. E il tasso di mortalità infantile è in crescita, così come le malattie da indigenza; e i suicidi. Non posso non riflettere sul fatto che tutto ciò non può essere esclusivamente il risultato di sprechi, corruzione, cattivo governo: la Grecia mi pare invischiata in un sistema monetario che non può che nuocerle per sua stessa natura, tagliato com'è su misura per le nazioni con economia e potere politico più forti. Ouranopoli, città del cielo, l'ultimo avamposto oltre il quale comincia un territorio negato alle donne e ad ogni animale femmina: il monte Athos ha un'amministrazione propria, un territorio selvaggio le cui uniche costruzioni sono monasteri, i primi fondati a partire dall' anno mille. Su di me che non potrò mai visitarlo, questo territorio esercita un notevole fascino. Ho pensato di travestirmi da uomo e infiltrarmi tra i monaci per trarne un reportage; scopro che una donna francese prima di me, negli anni venti, ha avuto tanto coraggio per farlo, e ne ha poi scritto in un libro di un certo successo. Dovrò senz'altro leggerlo, questo libro. Un'emergenza medica ci costringe a chiamare il medico condotto della zona : baffi neri e capelli neri, camiciotto color avorio di un tessuto non meglio precisato, tra il cotone spesso e la seta, la sua figura sembra cristallizzata negli anni settanta. Il dottore non parla inglese ma, dice, parla il russo perché ha studiato in Georgia ai tempi dell'Unione sovietica. Ci si è trovato bene perché i georgiani somigliano ai greci. Azzardiamo un "mia fazza mia razza" e lui ride e annuisce, proprio così, una faccia una razza. La sera al ristorante, davanti a una messe di mezes e della birra Mythos, abbiamo un sottofondo musicale di bouzuki e canto talmente piacevole, che inizialmente stentiamo ad individuarne la fonte: ci pare un disco registrato, e invece voce e note appartengono ad un uomo che sembra maneggiare il suo strumento come se fosse un prolungamento del suo corpo e, forse, della sua anima. Ci avviciniamo per sentire meglio, applaudiamo, lui si scusa come un vero professionista del leggero mal di gola che inficia (solo dal suo punto di vista) la qualità della sua esibizione, e potrebbe proprio esserlo, un professionista, vista la precisione del tocco e la bellezza della voce. Invece Kyriakos ha un lavoro diverso da cui, ci dice, può staccare per tre soli giorni, che intende riempire di musica, birra, buon cibo, parole. Alterna brani più divertenti a brani molto seri, e gli uomini e le donne del suo gruppo gli stanno dietro. Uno di questi, si alza e balla uno di quei balli a braccia divaricate e passo ondeggiante, apparentemente facili e invece complessi, frutto di sapienti spostamenti di peso e precari, mutevoli, equilibri. Come gli equilibri della politica greca: Tsipras si dimette, sembra una manovra in stile vecchia Democrazia Cristiana. La sua speranza è di venir rieletto con maggioranza ancora più ampia in settembre, in modo da far fuori la fronda interna di dissidenti ( almeno venticinque, si dice ) e completare con un sostegno più saldo del parlamento le misure speciali che l'Europa impone: privatizzazione di aeroporti, del porto del Pireo, di società di stato e interventi sulle pensioni, sui salari. Ma queste informazioni non le raccogliamo sul posto, bensì attraverso sporadici e deficitari collegamenti ad internet e telefonate in Italia: i greci, almeno quelli vacanzieri che popolano il nostro campeggio, non leggono giornali. Né libri. Il market non espone i quotidiani del mattino. La sera, la televisione comune trasmette una partita di basket, seguitissima, mentre il breve tg straordinario non induce ad alzare il volume. Il giorno dopo, a Salonicco, abbiamo uno spaccato di società greca benestante. In ogni chiesa ortodossa della città che visitiamo ( ce ne sono moltissime e molto antiche) è in corso un matrimonio: la sposa sempre in bianco con vestiti pomposi e di gusto retrò, acconciature complicate così come le donne che partecipano denunciano tutte di aver passato parecchie ore dai parrucchieri della città. Nel complesso è un trionfo di colori fluo, abiti corti e provocanti, tacchi alti e trucco pesante, in contrasto l'eleganza sobria delle chiese e l'aria austera del pope celebrante. In generale sono matrimoni in grande stile, evidentemente c'è ancora del bel denaro da spendere, perlomeno nella cerchia della Salonicco borghese. Diversa è la situazione di intere aree della città. Ai confini della Ladadika, un tempo il distretto degli oleifici sul mare, una zona che ancora una quindicina di anni fa avevamo trovato in espansione economica, tutto un fiorire di negozi, ristoranti, locali, si trova oggi una zona fantasma. Nessuno in strada, solo saracinesche abbassate, i palazzi sgangherati, il ristorante di cui andiamo in cerca che ha traslocato altrove, più vicino al centro. Un giovane laureato in Storia dei Normanni che gestisce il banchetto di rosari, anelli e incenso all'interno di una chiesa antichissima, si scusa con noi perché troviamo chiusa la cripta in orari in cui dovrebbe essere visitabile; manca il personale, si lamenta, non assumono più nessuno e il patrimonio artistico non è valorizzato. E si accende quando ci espone il suo punto di vista negativo sul volontariato: come non dargli ragione, ci sono fior di laureati specializzati che vorrebbero essere pagati per svolgere al meglio il loro lavoro, e invece restano a casa o fanno lavori per cui avere studiato non serve. Non molto diverso da quel che succede in Italia e anche lui, come i miei giovani connazionali, pessimista: non potrà che andar peggio. I segni della crisi li ritroviamo nelle case costruite e non finite, in intere aree di sviluppo turistico di cui rimangono strade e ponti e sistemi fognari ma nessuna villetta, nessun palazzo: città fantasma, in cui branchi di maialini attraversano la strada e greggi di pecore sono lasciate libere di pascolare, immagine che ci restituisce la bellezza della natura che vince sulla forsennata speculazione edilizia. La natura è forte, qui in Calcidica; apparizioni notturne di volpi, porcospini, il mare ricco di pesci e altri organismi più rari: grosse conchiglie abitate, lumache con colori sgargianti, specie di coralli intensamente gialli. L'argomento politico è il convitato di pietra di ogni chiacchierata, pronto a saltar fuori appena si apre uno spiraglio. L'impressione è che i greci si sentano al centro dell'attenzione, che non vogliano parlare per primi né tantomeno lamentarsi. Sono un popolo fiero, che tiene in gran conto l'onestà e l'ospitalità. La ragazza alla cassa del market ha studiato economia e commercio a Venezia, parla perfettamente l'italiano e si illumina quando le chiediamo un parere sul futuro e le accenniamo al fatto che, forse, l'ingresso nell'euro non ha giovato molto allo sviluppo del paese. Annuisce, si apre in un sorriso, ci regala dell'acqua, ci offre persino dei biscotti per il viaggio. Generosa al limite dell'incredibile anche la titolare di una trattoria in un luogo sperduto, nei pressi delle tombe macedoni di Filippo secondo e di Alessandro quarto, figlio di Mega Alexandros e Roxane. Sa bene che ci fermiamo lì solo di passaggio, che non torneremo, che non potremo mandarle nessuno, ma insiste per offrirci un piatto di verdure conservate per il quale avevamo mostrato della curiosità e l'anguria a fine pasto. Ringraziamenti ripetuti e reciproci, sorrisi sinceri e caldi, e poi le tombe ipogee dei grandi di Macedonia: impressionante sito sotterraneo, nell'ambiente buio spiccano scrigni dorati e vasi d'argento contenenti i resti dei corpi bruciati sulle pire. L'armatura completa e maestosa di Filippo, padre di Alessandro, il primo a riorganizzare l'esercito in falangi e a renderlo la inarrestabile macchina da guerra che fu; corone d'oro raffiguranti foglie di quercia e ghiande, drappi con stemmi dorati di stelle a sedici punte e, più in basso, al termine di scale che sembrano condurre in uno spazio onirico, le tombe. Facciate bianche dipinte di azzurro e coperte di fregi e affreschi, portali di marmo a sigillarle per l'eternità, questo sito impressiona così nel profondo che ci si porta queste immagini negli occhi e nel pensiero anche i giorni a seguire e, probabilmente, per sempre. Riemersi dall' aldilà macedone, la campagna circostante lascia il campo a colline che diventano montagne, sfiliamo accanto al lago di Ioannina con l'isola-rifugio di Ali Pascià, il minareto della sua moschea tra le mura, la Grecia non smetterà mai di regalare conoscenza, di custodire la nostra Storia. I greci lo sanno. Valentina Castellan