SMIC 2_2007 COPERTINA.cdr - Società Medica Italiana per la

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SMIC 2_2007 COPERTINA.cdr - Società Medica Italiana per la
Volume 1 - Numero 2 - Settembre 2007
Direttore Scientifico
Emilio Arisi
Comitato Editoriale
Antonio Chiantera, Claudio Cricelli, Valeria Dubini,
Giovanni Fattorini, Manuela Lerda, Raffaella Michieli,
Giovanni Monni, Maurizio Orlandella, Marina Toschi
Autorizzazione Tribunale Bologna n° 7771 del 24.07.2007
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peraltro sempre possibili.
INDICE
EDITORIALE
L’interruzione volontaria della gravidanza
Emilio Arisi, Presidente SMIC............................................................................................................................
1
Ritratti di donna
Manuela Lerda (Cuneo).....................................................................................................................................
3
L’interruzione volontaria di gravidanza dalla legge ad oggi
Angela Spinelli, Marina Pediconi, Ferdinando Timperi,
Silvia Andreozzi, Mauro Bucciarelli, Michele Grandolfo (Roma)..................................................,,..............
7
Dichiarazione dell’IMAP sull’aborto sicuro ..................................................,,.................................................
13
SMIC
La legislazione per l’aborto volontario nel mondo
Laura Olimpi (Ascoli Piceno)............................................................................................................................. 17
II
I “vuoti” della 194
Maurizio Orlandella (Milano)............................................................................................................................ 23
L’aborto ed il medico di medicina generale
Franco Bagagli (Torino)...................................................................................................................................... 28
Aborto volontario: il vissuto delle donne
Tiziana Antonucci (Ascoli Piceno), Giovanna Scassellati (Roma)............................................................... 31
Aborto medico con mifepristone
Silvio Viale (Torino)............................................................................................................................................
33
Lettere alla rivista ..................................................,,........................................................................................... 41
L’INTERR UZIONE V OL ONTARIA
DELLA GRAVID ANZA
L’aborto volontario è un importante fatto medico, ma è anche un importante fatto sociale, che
investe, oltre alla donna ed alla coppia, anche i
servizi socio-sanitari ai vari livelli. In particolare
investe atteggiamenti di empatia, attenzione, prevenzione, informazione, che ruotano attorno alla
attività dei consultori, degli ospedali, e dei medici di medicina generale, coinvolgendo ognuno per
la sua parte di responsabilità.
Questo numero della Rivista ha voluto affrontare il tema dell’aborto volontario da vari punti
vista, coinvolgendo studiosi del problema con
esperienza ed orientamento diversi, in grado dunque di fornire una visione aperta del problema.
Gli epidemiologi dell’Istituto Superiore di Sanità (Spinelli, Pediconi, Timperi, Andreozzi, Bucciarelli, Grandolfo) tracciano gli elementi portanti
dei dati italiani, entrando nella interpretazione dei
numeri, e fornendo suggerimenti pratici di grande valore, che hanno ispirato anche le più recenti relazioni ministeriali. In particolare mettono
l’accento sulle possibilità di prevenzione e di miglioramento dei servizi, non dimenticando l’utilità di una attiva offerta di counselling, in particolare verso le popolazioni immigrate, che sono certamente in condizioni di svantaggio sociale.
Un esame delle leggi per l’aborto in generale
e della legge italiana in particolare, permette di
vedere le differenze nei concetti ispiratori nelle
varie parti del mondo, a seconda che vi prevalga
la tradizione del diritto romano, del diritto comune, o la legge islamica (Olimpi).
Dal punto di vista strettamente italiano, vi
sono vuoti percepiti che potrebbero essere riempiti senza grandi sforzi (Orlandella). Anche que-
sta legge, come tutte le leggi, presenta infatti problemi e criticità. La differenza da altre leggi è che,
toccandola, qui si può smuovere un sistema di
compromessi politico-sociali,i quali in realtà sono
stati alla base di alcuni passaggi, che hanno portato all’approvazione della legge. Ciononostante
è giusto vedere questi aspetti e meditarli, per
vedere se esistano soluzioni da apportare, e se
ciò sia fattibile.
Un medico, che si interessa dell’aborto volontario in termini di quotidianità, ci fornisce una
valutazione delle possibilità offerte dall’aborto
medico, quale alternativa percorribile dell’aborto chirurgico (Viale). Una via che in Italia suscita
ancora alcune perplessità, ma che nel mondo è
stata già utilizzata da milioni di donne.
Vi è poi la visione delle donne operatrici di
salute, che riescono a percepire in modo critico
l’atteggiamento delle donne che provano l’aborto, sia nell’abito consultoriale, che con l’occhio
particolare del medico di medicina generale (Antonucci e Scassellati, Lerda). I vissuti raccontati
sono spaccati veri della realtà quotidiana in cui
gli operatori si imbattono; da essi si percepisce
la motivazione alla scelta di abortire vissuta
come dramma personale, come scelta difficile e
sofferta, mai con superficialità.
Anche il medico di medicina generale viene
spesso coinvolto nel processo decisionale come
primo referente della donna. La sua azione è altrettanto importante e risulta critica nel superare vuoti decisionali, problematiche organizzative, recuperi dopo l’esperienza abortiva (Bagagli).
Dunque la sua figura segue la donna nella scelta, integrandosi con le strutture della prevenzione e dell’atto abortivo.
SMIC
E D I T O R I A L E
1
Su questa integrazione, in questi come negli altri
momenti della vita sessuale e riproduttiva della
donna e della coppia, si costruisce il valore della
interazione che la nostra Società Scientifica, la
SMIC, vuole perseguire.
Viene anche ricordata la prima “Giornata
mondiale della contraccezione”, che da quest’anno si celebrerà ogni 26 settembre. Questa prima
giornata viene dedicata agli adolescenti, con l’invito alla consapevolezza nelle scelte riproduttive. Appoggiando questa campagna, la SMIC si
farà partecipe anche di ogni possibile opera di
informazione perché la vita sessuale e riproduttiva dei giovani, e dei meno giovani, sia vissuta
con serenità.
Infine continua la collaborazione con la IPPF (International Planned Parenthood Federation), portando qui la versione italiana della “Dichiarazione
2
dell’IMAP sull’aborto sicuro” nella sua edizione più
recente, quella del 2006.
Va dunque avanti il difficile sforzo di amalgamare esperienze diverse, che provengono dal ginecologo ospedaliero, dal medico generale, dal ginecologo consultoriale, ma anche suggerimenti tratti da accreditate fonti internazionali, che trovano
nella SMIC e nella sua Rivista un punto d’incontro
operativo. Su questo sforzo vorremmo trovare l’opinione dei Lettori, di cui gradiremmo anche suggerimenti e proposte per rendere la Rivista e la Società sempre più vive ed aderenti al bisogno informativo nell’ambito della contraccezione e della salute
sessuale e riproduttiva.
Alcune lettere cominciano ad arrivare, e noi incominciamo a darne conto proprio in questo numero.
Emilio Arisi
Presidente SMIC
RITRATTI DI DONNA
Manuela Lerda
Medico di Medicina Generale, Cuneo
SMIC
Patrizia aveva 20 anni quando ha abortito. La
stessa età che aveva sua madre quando rimase incinta di lei. La madre si sposò, dopo quattordici anni
fece un secondo figlio nel tentativo di recuperare un
matrimonio infelice e sta ancora con il marito. Depressa lei, sempre arrabbiato lui, tirano avanti.
Patrizia era una ragazza solare e piena di interessi, all’epoca stava finendo il primo anno di
università (era la prima in famiglia ad andare oltre il diploma) e l’anno successivo avrebbe dovuto andare nel Regno Unito con Erasmus.
Come contraccettivo utilizzavano il condom,
ma evidentemente qualcosa era andato storto.
Il suo ragazzo le propose di sposarsi, ma lei non
voleva ripetere gli sbagli di sua madre e, dopo tanti
ripensamenti e varie notti insonni, decise di abortire.
Sono passati sette anni: si è laureata, ma ancora non sa bene cosa desidera veramente dalla
vita. E’ diventata insicura e ancora si tormenta su
quella scelta che allora le era sembrata la migliore. Sta ancora con quel ragazzo: non lo ama più,
ma non ha il coraggio di lasciarlo. La lega a lui il
ricordo del bambino mai nato e della vita che
avrebbero potuto avere insieme, ma che per colpa sua non hanno potuto vivere.
L’anno scorso sono finalmente riuscita a convincerla ad iniziare una psicoterapia, ma non è
ancora pronta a perdonarsi.
Margherita ha solo 45 anni, ma il lavoro nei
campi l’ha invecchiata precocemente. Viene da
me rossa e sudata: le è saltato il ciclo, ma i sintomi non le sembrano quelli della menopausa.
Le prescrivo subito il test di gravidanza e,
quando torna, con una scusa faccio uscire il tirocinante che era sembrato intimidirla troppo.
Il test, come temeva, è positivo: riferisce che
erano sempre “stati attenti” e per vent’anni non
avevano avuto problemi.
Dice che vuole abortire. I figli sono grandi e
lei è vecchia e non se la sente di portare avanti
da sola tutto il carico di un terzo figlio.
Non ne parleremo mai più di questa gravidanza.
Sheela e il marito hanno appena ceduto il ristorante aperto due anni fa, che è sempre stato
in perdita. Quest’anno con i soldi del ristorante e
la sicurezza del salario da operaio del marito e
del suo da aiuto-cuoca avevano programmato di
portare i due figli in India: i nonni ancora non conoscono la più piccola. E invece, questa gravidanza non desiderata.
Le parole le escono a fatica. Oggi proprio non riesco a chiederle che mezzo contraccettivo utilizzano.
Hanno problemi economici, lei non può permettersi di lasciare il lavoro. Le spiego cosa prevede la 194 e gli aiuti che può avere se decide di
portare avanti la gravidanza.
Quando torna ha deciso e non vuole riparlarne. IVG, ma niente viaggio in India.
Non conoscevo il ragazzo di Monica, ma questa volta entrano insieme in ambulatorio. Mentre
lei mi racconta, lui le tiene la mano. Il condom si è
rotto, lei ha già fatto il test e hanno organizzato
tutto per bene. Vivono ancora entrambi con i genitori, e la notte dopo l’intervento lei andrà a dormire da un’amica. Se riesce ad abortire verso il fine
settimana, poi diranno di aver programmato due
giorni di vacanza, così i genitori non la vedranno
pallida ed eviteranno domande imbarazzanti.
Lui continua a non essere mio paziente, ma
da allora, ogni tanto, la accompagna da me in ambulatorio.
Sara oggi viene con la madre. E stavolta è la
madre a parlare: il test di gravidanza è risultato
positivo, ne hanno già discusso, chiede come fare
per l’IVG. Sara ha quasi 18 anni, ha un rapporto
un po’ conflittuale con la madre ed è la prima vol-
SMIC
RITRATTI
3
ta, da un anno a questa parte, che la lascia parlare
senza interromperla o senza sbuffare.
Aiuto!!! Forse è colpa mia: tre mesi fa quando le
ho dato la ricetta le ho di nuovo detto che fumo e
pillola non vanno d’accordo e che era l’ora che si
decidesse a smettere di fumare…
E’ di nuovo la madre, anche lei rigorosa no-smoking, che mi riferisce che effettivamente Sara, dopo
quello che le avevo detto, aveva finalmente deciso
di prendere in considerazione di smettere di fumare, ma per il momento, visto che non aveva tempo
di venire per il colloquio che avevamo programmato, aveva sostituito la pillola con il condom. Forse
non lo hanno usato correttamente…
Allora è proprio colpa mia!
Odette ha raggiunto il marito in Italia poco più
di un anno fa. Mi dice che ha un ritardo: le chiedo
che contraccettivo usa e lei mi risponde che il marito è contrario a qualsiasi metodo.
Ma lei stavolta farà di testa sua: non gli dirà che
l’aborto è stata una sua scelta e assumerà la pillola
di nascosto. Non può continuare a sfornare un figlio
all’anno. Vuole lavorare e guadagnare un futuro migliore per sé e per i suoi tre bambini.
Rosa in realtà poi ha deciso di non abortire, ma è
quella con cui è stato più difficile mantenere un atteggiamento di non giudizio. Discrete condizioni economiche, entrambi figli unici, lei e il marito avevano programmato di fare un figlio solo. Quando è arrivata la seconda gravidanza, non voluta, mi ha chiesto delucidazioni
sulla possibilità di abortire, perché questo figlio mandava a monte i programmi di vita che avevano fatto.
La piccola è la cocca dei genitori, che probabilmente non ricordano nemmeno di aver pensato di
abortirla!
LE STORIE SINGOLE ED IL MEDICO GENERALE
Ogni donna ha la sua storia, ogni interruzione
volontaria di gravidanza una motivazione. Non importa se la condividiamo oppure no. Il ruolo del
medico generale in queste situazioni è soprattutto quello di non giudicare e di fornire un supporto
non solo tecnico, ma anche, e soprattutto, psicologico.
Se non ci fosse stata la 194 forse alcune di queste donne avrebbero portato avanti la gravidanza, sicuramente una parte di loro avrebbe scelto l’aborto
clandestino.
Nonostante i timori dei detrattori della legge,
nella nostra realtà l’IVG, salvo rarissime eccezioni, non è mai considerata un metodo contraccetti-
4
vo di emergenza, ma una scelta difficile e sofferta, con conseguenze indelebili sulla psiche della
donna.
Sia che la donna cerchi di cancellarne il ricordo,
sia che continui a sentirne il peso, si tratta comunque di un lutto che si porterà dietro per tutta la vita.
E’ una scelta che influenzerà anche il rapporto con
il partner e con gli eventuali partner successivi, una
scelta che peserà nuovamente in caso di altre gravidanze.
Come in tutti i momenti importanti per la salute psicofisica dei propri pazienti, il medico generale deve fornire non solo l’apporto tecnico, ma anche e soprattutto quello umano, fornendo counselling e tutta la possibile empatia a partire dal primo
colloquio fino a dopo l’intervento e dopo ancora,
sia alla donna che alla coppia.
La peculiarità del medico generale, che vede
spesso i propri pazienti per i motivi più diversi, dopo
una interruzione volontaria di gravidanza è di particolare aiuto.
Se abbiamo aperto un canale, la paziente potrà forse voler riparlare dell’accaduto e delle sue
implicazioni. Ne riparlerà quasi certamente nel
momento di una gravidanza finalmente cercata e
desiderata.
Inoltre il medico potrà offrire la propria consulenza per la scelta del contraccettivo più adatto e
dovrà informarsi, nel corso del tempo, sul suo corretto uso, in modo che non capiti mai più di dover
ricorrere a una simile misura.
L’INTERRUZIONE VOLONTARIA
DI GRAVIDANZA DALLA LEGGE AD OGGI
Angela Spinelli, Marina Pediconi, Ferdinando Timperi,
Silvia Andreozzi, Mauro Bucciarelli, Michele Grandolfo
ANDAMENTO NEL TEMPO
SMIC
E’ ormai indubbio che dall’approvazione della
Legge 194 del maggio 1978 il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) nel nostro Paese sia diminuito. Come si osserva, infatti, dai dati
raccolti dal Sistema di sorveglianza epidemiologica dell’IVG, istituito e gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in collaborazione con il Ministero della Salute, le Regioni e l’Istat, presentati nelle Relazioni annuali del Ministro della Salute, si è
passati da circa 235mila IVG nel 1982-’83 a circa
135 mila nel 2004-2005 (Tab. 1). Anche il tasso
di abortività (numero di IVG su 1000 donne in età
15-49 anni), principale indicatore del ricorso al fenomeno, è diminuito da 17 su mille donne nel
1982 a 10 su mille nel 2005.
Questo andamento non è imputabile ad un
aumento dell’aborto clandestino. Infatti le stime
IVG
Tasso di
abortività
(per 1000)
Aborti clandestini
(stima)
IVG
cittadinanza
straniera
ufficiali parlano di circa 20mila unità negli ultimi
anni rispetto ai 100mila del 1983, pari a una riduzione dell’80% (1, 2).
Ma non bisogna dimenticare che l’aborto
esisteva anche prima della Legge 194 e molte
donne sono morte a causa di ciò. Le stime dell’aborto in Italia negli anni precedenti la legalizzazione variavano da 200mila a 600mila, ma
quelle più attendibili si attestavano su 350mila
interventi l’anno (3). Una conferma dell’esistenza e dell’entità del fenomeno poteva essere dedotta dall’eccesso di incidenza notificata di aborto spontaneo, eccesso plausibilmente connesso a ricoveri dichiarati per aborto spontaneo ma in realtà conseguenza di complicazioni in seguito ad aborto volontario clandestino. In effetti, l’abortività spontanea notificata si dimezzò subito dopo la legalizzazione
dell’IVG (4, 5).
Tabella 1
Andamento dell’abortività legale e clandestina in Italia, 1982-2005
2005*
Var%
82-04
234.801 191.469 160.494 139.549 139.213 132.234 132.178 138.123 129.588
- 41,2
1982
17,2
n.d.
n.r.
1987
1991
1995
1999
2001
2003
2004
11,0
9,7
9,9
9,5
9,6
10,0
9,3
- 41,9
85.000 60.000
43.500
22.500
21.000
n.d.
n.d.
n.d.
- 79,0
n.r.
8.967
18.806
25.094
31.836
36.323
n.d.
+305
13,3
n.r.
SMIC
Istituto Superiore di Sanità, Roma
*dato provvisorio n.r.=dato non rilevato n.d.=dato non disponibile
7
In generale l’incidenza del fenomeno (11,6 IVG
ogni 1000 donne in età 15-44 anni nel 2004) è simile a quella di altri Paesi dell’Europa nord-occidentale (i tassi di abortività variano da 7 per 1000
in Svizzera a 20 in Svezia), ma molto inferiore a
quella dei Paesi dell’Europa orientale (che presentano spesso tassi fino a 50 per 1000) e negli Stati
Uniti (21 per 1000).
Come per molti altri fenomeni sanitari, esistono
delle differenze tra regioni e tra aree geografiche.
In questo caso la più importante ragione che dà
conto delle differenze regionali è la residua persistenza, soprattutto nel meridione, dell’aborto clandestino: il 70% di tutti gli aborti clandestini stimati
nel 1983 era al Sud e il 90% nel 2001. La Puglia ha
costituito una eccezione notevole perché all’inizio
della legalizzazione l’autorità politica del tempo fu
sollecita ad attivare i servizi per l’applicazione della
legge in ogni USL, anche ricorrendo consistentemente al convenzionamento. Come era da attendersi,
tenendo conto che l’indagine WHO sulla fecondità in
Italia condotta nel 1979 riportava una maggiore storia di ricorso all’aborto al Sud, nel 1982 in Puglia si
registrava il più alto tasso di abortività italiano, mentre nelle altre regioni meridionali, dove vi era, e tuttora persiste, la carenza di servizi, si avevano irrealisticamente i valori più bassi di ricorso all’IVG.
In ogni caso, ovunque si è osservata una diminuzione dell’IVG e una tendenza alla riduzione delle
differenze geografiche. Nella regione Puglia dove,
come si è detto, all’inizio della legalizzazione si era
avuta una tempestiva e completa emersione del fenomeno nella legalità, si è osservata la riduzione più
consistente, a conferma che il miglior modo per contrastare il ricorso all’aborto è la sua legalizzazione e
l’attivazione estensiva dei servizi. In tali condizioni,
infatti, aumenta l’esposizione delle donne e delle
coppie ad attività di promozione della consapevolezza e delle competenze riguardo la salute riproduttiva, con un benefico effetto di riduzione dei fallimenti nel tentativo di evitare gravidanze indesiderate e,
quindi, di ricorso all’aborto.
CAMBIAMENTI NEGLI ULTIMI ANNI
Nel corso degli anni è andata aumentando nel
nostro Paese la presenza della popolazione straniera. Questo fenomeno ha avuto una sua influenza
anche sull’andamento dell’IVG. Se nel 1995 solo il
7% delle IVG (8.967 interventi) risultava essere effettuata da cittadine straniere, nel 2004 questo valore è salito al 27% (Tabb. 1, 2).
Inoltre si è osservato che queste donne ricorrono più frequentemente delle donne italiane all’IVG: il loro tasso di abortività risulta infatti tre-quattro volte superiore a quello delle donne con cittadinanza italiana (6, 7).
Questo doppio effetto ha provocato una sostanziale stabilizzazione delle IVG in Italia negli ultimi
4-5 anni e nasconde la diminuzione presente tra le
sole donne italiane. Infatti, considerando solamente le IVG effettuate da cittadine italiane (e avendo
cura di ripartire per cittadinanza i casi carenti
nell’informazione di dettaglio) il dato risulterebbe essere 130.546 nel 1996, 113.656 nel 2000 e
101.392 nel 2004. Di ciò si dovrà sempre più tener
conto in un futuro nella lettura e nell’interpretazio-
Tabella 2
IVG per cittadinanza, Italia, 1995-2004
Cittadinanza
Italiana
n.
1995
118.116
Tasso stimato
straniere ‰
27,4
straniera
n.
%
n . r.
8.967
7,1
12.466
139.549
1996
127.700
9.850
7,1
1.373
140.398
29,1
1997
119.292
11.978
9,1
8.896
140.166
26,4
1998
123.728
13.826
10,1
798
138.352
28,7
1999
118.818
18.806
13,7
1.084
138.708
30,5
2000
111.741
21.201
15,9
2.191
135.133
n.d.
2001
106.166
25.094
19,1
974
132.234
n.d.
2002
101.314
29.263
22,4
3.529
134.106
n.d.
2003
91.275
31.836
25,9
9.067
132.178
n.d.
2004
97.363
36.323
27,2
4.437
138.123
n.d.
n.r. = dato non rilevato n.d. = dato non disponibile, Fonte: ISS, ISTAT e Ministero della Salute.
8
Totale IVG
ne dei dati sull’aborto, visto l’aumento della popolazione straniera nel nostro Paese e le differenze nella composizione socio-demografica, nei comportamenti riproduttivi e nell’utilizzo dei servizi.
L’effetto dovuto al contributo della popolazione
immigrata è stato diverso nelle Regioni e nelle aree
geografiche, in relazione alla diversa quota di immigrate ivi presenti. Ad esempio, nel 2004 (Tab. 3), sul
totale delle IVG effettuate, il 40,9% in Veneto, il 39,2%
in Lombardia, il 36,7% in Umbria, il 35,6% in Emilia
Romagna, il 33,2% in Piemonte, il 33,9% nelle Marche, il 33,1% nel Lazio e il 33,0% in Liguria si riferiva
a cittadine straniere, mentre tale percentuale è risultata pari a 6,8% in Sicilia 4,4% in Basilicata e 4,0%
in Puglia. Complessivamente, in Italia il 27,2%, cioè
una su quattro, di IVG ha riguardato donne cittadine
straniere (1). L’analisi per luogo di nascita della donna conferma questo andamento.
Tabella 3
Distribuzione regionale delle IVG tra le straniere,
Italia 2004
IVG Totale
n.
IVG Straniere
%
11.731
33,2
277
11,6
23.909
39,2
582
25,1
Trento
1.316
22,3
Veneto
7.417
40,9
Friuli Venezia Giulia
2398
27,9
4.003
33.0
11.839
35,6
Toscana
8.763
32,1
Umbria
2.494
36,7
Marche
2.600
33,9
16.238
33,1
2.964
18,2
644
8,1
Campania
12.572
11,5
Puglia
12.651
4,0
624
4,4
Calabria
3.384
11,7
Sicilia
9.253
6,8
Sardegna
2.464
6,8
138.123
27,2
Regione
Piemonte
Valle d’Aosta
Lombardia
Bolzano
Liguria
Emilia Romagna
Lazio
Abruzzo
Molise
Basilicata
Italia
L’INTERPRETAZIONE DEL FENOMENO
La riduzione, sia dell’abortività legale che di quella clandestina, indica chiaramente che dalla legalizzazione la tendenza al ricorso all’aborto si è ridotta
in modo significativo, molto probabilmente come conseguenza dell’aumentata competenza delle donne e
delle coppie a regolare efficacemente la fecondità con
i metodi della procreazione responsabile. Questa interpretazione è compatibile con quanto accertato attraverso indagini di popolazione condotte in Italia nel
decennio successivo alla legalizzazione: il ricorso all’aborto non risultava infatti una scelta di elezione,
ma un’ultima alternativa, in seguito al fallimento e/o
all’uso scorretto di metodi per il controllo della fecondità (essendo più usati quelli a più bassa efficacia
teorica e di uso corretto più difficile).
Come osservato in altri Paesi, in Italia la maggiore circolazione dell’informazione e il maggiore
impegno dei servizi (in primis i consultori familiari,
soprattutto nell’azione preventiva) ha aumentato le
conoscenze, le consapevolezze e le competenze.
Questo processo di “empowerment” ha coinvolto più
rapidamente le sezioni di popolazione più istruite,
quelle con maggiori contatti sociali, con relazioni
sessuali più stabili e residenti in aree geografiche
con maggiore presenza fisica e maggiore impegno
dei servizi consultoriali. Se il ricorso all’aborto fosse stata una scelta d’elezione non si sarebbe osservata una riduzione perché la legalizzazione avrebbe
“facilitato” la pratica abortiva e, quindi, un aumento
nel tempo del tasso di abortività.
Ciò è confermato dall’andamento delle IVG ripetute, nettamente al di sotto di quello stimato, con modelli matematici (8), assumendo costante nel tempo i comportamenti per la regolazione della fecondità: nel 2003
la percentuale osservata di aborti ripetuti è stata del
25%, a fronte di un valore atteso del 45% (Fig. 1).
I SERVIZI COINVOLTI E LE PROCEDURE
ADOTTATE
Nonostante lo specifico richiamo della Legge
194/78, l’uso dei consultori familiari per la documentazione e certificazione medica necessaria per
ottenere l’IVG è modesto. Infatti, mediamente tra il
25% e il 30 % delle certificazioni in questi anni è stato rilasciato dai medici consultoriali (Fig. 2).
Una ragione di questo scarso ricorso a servizi
specificamente deputati alle attività di promozione
della salute riproduttiva, risiede nella mancata messa in rete, non solo per l’IVG, dei servizi consultoriali
con gli altri servizi sanitari tradizionali di primo, secondo e terzo livello. Al Sud questa carenza ha as-
9
NOTA. I valori attesi sono ricavati da modello matematico riportato in: De Blasio R, Spinelli A, Grandolfo ME. Applicazione
di un modello matematico alla stima degli aborti ripetuti in Italia. Ann Ist Super Sanità.1988; 34:331-8.
Figura 1: Andamento (%) delle IVG di donne con precedente esperienza abortiva 1983-2003.
* negli anni ’78, ’80, ’82 la voce servizio ostetrico ginecologico era compresa nella voce “Altra struttura”. Fonte: ISS
Figura 2: IVG e luogo di certificazione, Italia 1978-2003.
10
sunto dimensioni clamorose, accentuate dalla maggiore scarsità dei consultori (non infrequentemente con
organico incompleto e/o non stabile) sul territorio,
dall’assenza o dalla ridotta presenza della figura professionale abilitata a rilasciare la certificazione, quando non obiettrice. Sembra francamente incomprensibile non favorire un ruolo del consultorio come riferimento privilegiato per la prenotazione delle analisi preIVG e per l’intervento. Dove ciò è stato fatto come
espressione di una esplicita politica sanitaria, il ricorso al consultorio per la certificazione è stato superiore all’85%, con un benefico riflesso per l’attuazione di
programmi di prevenzione. In effetti, nelle Regioni con
maggiore presenza consultoriale, o con maggiore quota di certificazioni rilasciate dai consultori, il tasso di
abortività è diminuito più rapidamente (9).
Per l’esecuzione dell’intervento la quasi totalità
delle IVG si verifica negli Istituti di cura pubblici. Nel
2004, il 37% è stato effettuato entro le 8 settimane di
gestazione, con un leggero aumento degli interventi
a epoca gestazionale tardiva (16,8% a 11-12 settimane). Si è osservato che le straniere tendono ad abortire a settimane gestazionale più avanzate. Circa metà
delle IVG si verifica entro 2 settimane dalla data di
certificazione. Nel 2004, tuttavia, il 13,8% delle donne ha dovuto attendere 3-4 settimane e il 6,7% più di
4 settimane, con notevoli differenze tra regioni.
L’impiego dell’anestesia generale (84,5%, nel
2004) è, pure con importanti differenze regionali, molto elevato, soprattutto se si tiene conto che oltre l’80%
degli interventi viene effettuato entro la decima settimana gestazionale. Sono evidenti i maggiori costi connessi con questa scelta, come è ampiamente documentato il maggiore rischio per la salute della donna. Non è
confermata l’affermazione che sia la donna a richiedere l’anestesia generale (10), bensì sono spesso i servizi a proporre un’unica alternativa; inoltre, non è confermato che in seguito ad anestesia generale si abbia una
minore percezione del dolore, rispetto a una anestesia
locale ben praticata (11). Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità in una recente pubblicazione non raccomanda l’uso dell’anestesia generale (12). Non si comprende come, nell’era della medicina basata sulle evidenze scientifiche e quando l’approccio scientifico viene rivendicato dai professionisti per la loro credibilità,
si persista in questa procedura e non si attivino corsi di
aggiornamento professionale per modificare le attuali
procedure anestetiche.
La distribuzione delle IVG per tipo di intervento ha
invece visto una positiva evoluzione con una riduzione
del ricorso al raschiamento (dal 24,5% del 1983 al
13,3% del 2004) e un corrispondente incremento dell’isterosuzione con metodo Karman (dal 28,3% del
1983 al 64,9% del 2004); anche in questo caso si registrano importanti differenze regionali.
POSSIBILITÀ DI PREVENZIONE E
DI MIGLIORAMENTO DEI SERVIZI
L’analisi dell’evoluzione del ricorso all’aborto in
Italia mostra che gli obiettivi del legislatore nel promulgare la Legge 194/78 sono stati raggiunti e che
investire sulla responsabilità e sulla consapevolezza
delle donne è stata la carta vincente.
Tale risultato dovrebbe essere di insegnamento
generale per le autorità sanitarie e per i professionisti: i migliori risultati si ottengono quando si investe,
si promuove e si valorizza la competenza delle persone. E risulta particolarmente cruciale agire in tal
modo con le donne perché ogni crescita della loro
consapevolezza e competenza ha un immediato positivo riflesso sull’intera società, visto il loro ruolo di
pilastri delle famiglie.
Alla luce delle considerazioni svolte, ulteriori obiettivi di riduzione possono essere conseguiti se si ha
cura di intraprendere azioni mirate da parte dei servizi e di dedicare maggiori risorse nel coinvolgimento
delle sezioni più svantaggiate della popolazione. La
prevenzione e promozione della salute richiedono
strategie operative basate su una chiara definizione
ed identificazione della popolazione bersaglio e sull’offerta attiva iscritta in un processo di coinvolgimento
in grado di superare le barriere della comunicazione,
soprattutto per le sezioni di popolazione più difficili
da raggiungere; la metodologia dell’intervento deve
essere iscritta nel modello dell’“empowerment” (promozione della riflessione sul vissuto quotidiano e sulla memoria storica della comunità di appartenenza
su cui incardinare le nuove conoscenze, per lo sviluppo di consapevolezze e competenze autonome).
Non si tratta di formulare programmi settoriali ma
integrare le attività nel contesto dei programmi strategici previsti dal Piano Sanitario Nazionale e dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) riguardanti il
percorso nascita, la prevenzione dei tumori femminili
e la promozione della salute tra gli/le adolescenti (13).
E’ incomprensibile che si perda una grande opportunità offerta nel puerperio (per non parlare dell’assistenza prenatale) di fornire consulenza e sostegno riguardo la ripresa dei rapporti sessuali e sulla
procreazione responsabile. La mancata opportunità
è della stessa gravità della mancata offerta in puerperio della vaccinazione contro la rosolia alle donne
rubeotest-negative o prive di Rubeo-test. Indagini condotte dall’ISS hanno evidenziato quanto poco si faccia al riguardo (14). Dalle stesse indagini risulta chiaramente che le donne esposte a counselling e all’informazione sulla procreazione responsabile hanno
fatto un maggior ricorso a metodi efficaci per evitare
gravidanze indesiderate alla ripresa dei rapporti sessuali dopo il parto.
11
Analogamente si dovrebbe procedere nei programmi di screening per la prevenzione del tumore del collo
dell’utero: l’offerta attiva del Pap test dovrebbe essere accompagnata dall’offerta di counselling e sostegno
riguardo la procreazione responsabile.
L’estensione dell’offerta attiva dei corsi di informazione ed educazione sessuale a tutta la popolazione
scolastica (scegliendo opportune età filtro) rappresenta non solo una non più rinviabile risposta a bisogni
chiaramente espressi dagli/lle adolescenti, ma anche
un ulteriore contributo alla diminuzione del ricorso all’aborto, sul medio-lungo periodo.
Su tutti questi aspetti è importante l’impegno di
tutti i servizi e operatori coinvolti, quelli ospedalieri,
consultoriali e territoriali in genere.
L’aumento del fenomeno migratorio in Italia pone
certamente nuove sfide per la maggiore difficoltà di
coinvolgimento della popolazione femminile immigrata, non solo per la dimensione culturale, ma anche per
le condizioni sociali: modalità innovative di offerta attiva di counselling e sostegno andrebbero sperimentate, con il coinvolgimento delle comunità e delle organizzazioni non governative e con la promozione della
“peer education”.
Riguardo il miglioramento dei servizi, in primo luogo va stigmatizzata la tendenza a ridurre la presenza
dei consultori familiari e all’impoverimento dei suoi
organici, in contrasto con i dettami della Legge 34/96
e del POMI, accusandoli, per di più, di essere “abortifici” e dispensatori di certificazioni per l’IVG. I consultori
familiari vanno adeguatamente potenziati, secondo le
linee di indirizzo del POMI, come servizi integrati di base
per la promozione della salute, a partire da quella riproduttiva. Messi in condizione di funzionare, si sono
dimostrati luoghi molto importanti per la prevenzione
dell’IVG e dovrebbero svolgere il ruolo principale nei
tre programmi strategici citati. Ripetute indagini condotte dall’ISS sul percorso nascita hanno dimostrato
sistematicamente la migliore qualità operativa dei consultori, rispetto ad altri servizi. Dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella certificazione, tuttora ancora
molto limitata (25% del totale). A tale scopo, garantita
la loro esistenza fisica, la presenza delle competenze
necessarie e la loro disponibilità al rilascio del certificato, basterebbe che potessero prenotare direttamente le analisi pre-IVG e l’intervento, per avere incrementi molto significativi delle certificazioni rilasciate da tali
servizi. Sono evidenti le grandi opportunità di prevenzione, soprattutto dell’aborto ripetuto.
Il tema del potenziamento dei consultori familiari
e della loro riqualificazione è stato più volte affrontato
dall’ISS, e ribadito dai Ministri della Salute nei loro rapporti sull’applicazione della Legge 194, con l’indicazione di un organico completo e stabile per un consultorio ogni 20.000 abitanti e indicazioni sulla loro modali-
12
tà operativa. Il fatto che le donne immigrate, maggiormente presenti nelle regioni del Centro-Nord, utilizzino
di più i servizi consultoriali per la certificazione fa ben
sperare che il contatto con tali servizi produca il benefico effetto di prevenzione già osservato tra le italiane,
con la necessità di un particolare sostegno vista la competenza di mediazione culturale richiesta. Naturalmente tutto ciò in un’ottica di grande raccordo con tutti gli
altri servizi territoriali ed ospedalieri.
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DICHIARAZIONE DELL’IMAP
SULL’ABOR TO SICURO
Documento aggiornato dall’ “International Medical Advisory Panel” (IMAP)
della “International Parenthood Planned Federation” (IPPF)
nel suo meeting del maggio 2006
INTRODUZIONE
Un aborto è l’interruzione di una gravidanza.
Può essere spontaneo (miscarriage) o indotto.
L’aborto indotto è una procedura comunemente
usata ovunque nel mondo per interrompere una
gravidanza indesiderata. Un aborto può essere
provocato con tecniche chirurgiche, come l’aspirazione o la dilatazione e curettage, o medicalmente tramite farmaci. Quando effettuato precocemente da personale medico ben addestrato,
con adeguate attrezzature, l’aborto indotto ha indici di sicurezza eccellenti.
L’aborto è definito pericoloso dalla Organizzazione Mondiale della Sanità, quando è effettuato
“da persone che difettano della necessaria abilità e/o in un ambiente in cui mancano i minimi standard medici”. Nel 40% dei 46 milioni di interventi
abortivi effettuati ogni anno, l’intervento avviene
in condizioni di rischio. Tali aborti comportano un
alto rischio di mortalità materna e di morbilità, determinando 68.000 morti ogni anno. L’aborto volontario è legale in quasi tutti i Paesi, anche se
con regole differenti. La legalità non è il determinante fondamentale della sicurezza: gli aborti legali non sempre sono sicuri, né gli aborti illegali
sono sempre pericolosi. La legislazione restrittiva dell’aborto, sostanzialmente non riduce il numero complessivo degli aborti, ma aumenta notevolmente la proporzione di quelli fatti in modo
rischioso. Fornire l’aborto o indirizzare all’aborto
- diritto di scelta - è una parte essenziale della
salute sessuale e riproduttiva della donna. Come
in tutti i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, deve essere mantenuta la riservatezza e la
privacy della assistita. Per ridurre le gravidanze
non volute e la necessità di abortire, dovrebbe
essere data alta priorità alla espansione e al miglioramento dei servizi per la contraccezione.
Benché l’aborto precoce, adeguatamente effettuato, comporti modesti rischi sanitari, i problemi aumentano progressivamente oltre la 10a settimana dalla data dell’ultima mestruazione. Di conseguenza dovrebbero essere prese tutte le iniziative necessarie per informare il pubblico che
l’aborto è più sicuro quando eseguito precocemente e che le donne, che considerano la scelta di
abortire, dovrebbero essere incoraggiate a farlo
il più precocemente possibile. Inoltre i servizi dovrebbero assicurare che l’aborto possa essere
eseguito in tempi rapidi da personale esperto e
ben addestrato. Un servizio che si limiti all’aborto
precoce deve sapere dove poter indirizzare l’utenza le cui gravidanze siano di maggiore durata.
COUNSELLING E INFORMAZIONE
Ogni donna che consideri l’aborto dovrebbe
avere accesso ad un counselling che fornisca supporto empatico, sensibile nel rispondere prontamente alla sua condizione personale e alla sua
condizione culturale. Tale counselling dovrebbe
includere tutte le opzioni e le opportunità assistenziali. Alcune donne, finita la sessione del counselling, richiedono ulteriore tempo per pervenire ad
una decisione.
In alcune circostanze, una donna potrebbe
essere sotto la pressione del partner, della famiglia, o di altri membri della società, sia per abortire che per continuare la gravidanza. Le adolescenti non sposate potrebbero essere particolarmente vulnerabili a tali pressioni. Davanti ad un sospetto di coercizione, si dovrebbe discutere que-
SMIC
Testo tradotto da: IPPF Medical Bulletin, volume 40, numero 3, 2006
13
sta possibilità da soli con la donna. Le donne vittime
di violenza sessuale dovrebbero essere indirizzate
per un ulteriore supporto quando ritenuto utile.
Quale che sia il metodo di aborto scelto, le donne dovrebbero essere completamente informate sui
tempi dell’aborto e su cosa aspettarsi durante o
dopo l’intervento. Dovrebbero essere discussi la sicurezza dell’aborto, gli effetti collaterali immediati
e tardivi, le complicazioni, e dovrebbe essere richiesto il consenso informato della donna. Quando si
considera la possibilità dell’aborto farmacologico,
l’assistita dovrebbe essere informata sull’utilizzo di
farmaci, sulla durata delle procedure, sulla quantità
del sanguinamento e del dolore che si deve aspettare. Le donne che richiedono l’aborto chirurgico, dovrebbero essere allo stesso modo completamente
informate su cosa aspettarsi, compresa l’analgesia
e le modalità di anestesia disponibili.
La donna dovrebbe ricevere un counselling contraccettivo, sia prima dell’aborto che ad ogni visita successiva, e dovrebbe avere accesso a vari tipi di contraccettivi; ma la scelta di un contraccettivo non può
essere una precondizione per ottenere un aborto.
Una donna gravida HIV positiva si sentirà qualche volta indotta ad abortire. Comunque, come ogni
altra assistita, la donna dovrebbe ricevere un counselling che le permetta di assumere la sua decisione informata. La positività al test HIV non è un motivo per ritardare l’accesso della donna a servizi sicuri per l’aborto.
ASSISTENZA PRE-ABORTO
Dovrebbe essere valutata la salute generale
della donna per rilevare qualsiasi condizione medica, che potrebbe aumentare il rischio delle procedure abortive. In caso di condizioni cliniche serie,
l’aborto dovrebbe essere praticato in una struttura
specializzata, dove i rischi possano ridursi al minimo e le complicazioni possano essere trattate adeguatamente. Le donne andrebbero indagate per
l’anemia. In caso di complicazioni o di rischio di complicazioni, che potrebbero richiedere una trasfusione di sangue, dovrebbero essere eseguiti, ove indicato, il gruppo sanguigno e il fattore RH, specialmente nei Centri di riferimento di alto livello.
L’esame pelvico deve essere eseguito per stabilire la datazione della gravidanza ed identificare una
possibile gravidanza ectopica, una infezione concomitante o anormalità uterine. La presenza di malattie a trasmissione sessuale (MTS) aumenta la possibilità di una infezione pelvica post-abortiva. Una
profilassi antibiotica di routine riduce complessivamente le complicazioni post-abortive. Ove l’infezio-
14
ne sia evidente o identificata dallo screening, si dovrebbe iniziare la terapia antibiotica prima dell’intervento abortivo.
TECNICHE ABORTIVE
Il metodo scelto per procurare l’aborto dipenderà dalla durata della gravidanza, dalla esperienza e
abilità dell’operatore, dalle strutture e dai farmaci
disponibili, e dalle preferenze della donna. Nella
maggior parte dei casi la datazione può essere determinata dalla data dell’ultimo ciclo mestruale e
dall’evidenza dell’esame pelvico. L’ecografia può
essere utile quando vi è un dubbio clinico sulla durata della gravidanza o un sospetto di gravidanza
ectopica. A meno che la donna abbia una seria condizione medica preesistente o che il metodo scelto
richieda un ricovero, sia l’aborto medico che chirurgico vengono effettuati in day hospital. La figura 1
illustra i metodi appropriati in relazione all’epoca gestazionale.
Metodi chirurgici
Aspirazione
L’aspirazione è il metodo chirurgico preferito fino
alla 12a settimana dall’ultima mestruazione, e alcuni chirurghi abili possono eseguirlo con modalità sicure fino alla 15a settimana. Il contenuto uterino viene aspirato tramite una cannula di plastica attaccata ad una fonte di vuoto. Il vuoto può essere generato sia da un aspiratore elettrico che da una siringa
di plastica sotto controllo manuale. Per l’aspirazione oltre la 10a settimana, se non è disponibile una
pompa elettrica, è preferibile usare una siringa a
doppia valvola piuttosto che una aspirazione manuale a valvola singola.
La procedura chirurgica richiede una anestesia
locale, una leggera sedazione, o entrambe. L’anestesia generale andrebbe evitata, eccetto che in alcuni
casi di aborto tardivo, a causa di un aumento dei rischi. A meno che la gravidanza sia molto precoce,
l’aspirazione richiederà sia la dilatazione con utilizzo
di dilatatori meccanici od osmotici (con o senza prostaglandine) che una preparazione cervicale con prostaglandine come misoprostolo o gemeprost. Il materiale aspirato può essere esaminato per confermare la presenza del prodotto del concepimento.
Dilatazione e curettage
La dilatazione e curettage (D&C) è applicabile
per l’aborto fino alla 12a settimana, e, da operatori
molto abili, fino alla 14a settimana. La D&C dovrebbe essere utilizzata solamente quando l’aspirazio-
ne uterina o l’aborto farmacologico non siano disponibili, in quanto una curette tagliente comporta rischi più alti ed è più dolorosa. I manager dei servizi
sanitari dovrebbero fare ogni sforzo per rimpiazzare le curette con l’aspirazione uterina.
Dilatazione ed evacuazione
Dilatazione ed evacuazione è il metodo chirurgico preferito per le gravidanze oltre le 12 settimane.
Richiede, comunque, capacità speciali ed usualmente si svolge sotto sorveglianza ecografica. Dovrebbe
essere eseguita solamente in strutture dove gli operatori abbiano un carico di casi abbastanza elevato
da mantenere la loro perizia.
Metodi farmacologici
La gravidanza si può interrompere medicalmente usando una combinazione del mifepristone, un
antiprogestinico, con una prostaglandina, come il
misoprostolo o il gemeprost. Fino alla nona settimana questo metodo è molto efficace e sicuro, con
meno del 5% di donne che necessitano di un successivo intervento chirurgico per aborto incompleto. Successivamente segue una fase,
dalla 9a alla 12a settimana, in cui è preferibile l’aborto chirurgico, in
quanto l’aborto farmacologico ai dosaggi attualmente utilizzati è
meno efficace, con maggiori perdite di sangue e
una probabilità più alta
che il prodotto del concepimento venga ritenuto. Oltre le 12 settimane, i metodi farmaFigura 1: Tecniche abortive
cologici offrono di nuovo un’alternativa sicura ed efficace alle procedure
chirurgiche. I servizi per l’IVG che offrono l’aborto
medico dovrebbero avere accesso alle strutture per
l’intervento chirurgico.
L’aborto medico precoce e tardivo contemplano
entrambi la somministrazione di mifepristone seguito, dopo un periodo di tempo variabile (fino alle 48
ore), da una prostaglandina. Dopo le 9 settimane, la
somministrazione di prostaglandine necessita spesso di essere ripetuta.
Un’alternativa alla combinazione di antiprogestinici e prostaglandine è l’utilizzo della prostaglandina misoprostolo da sola, benché ciò sembri meno
efficace, più lento ad agire, più doloroso, e più incli-
ne a determinare effetti collaterali gastrointestinali
o di altro tipo. Il trattamento con solo misoprostolo
resta sotto indagine a causa della larga disponibilità e del basso costo. In relazione alle preoccupazioni sulla teratogenicità, le donne che usano il misoprostolo per indurre l’aborto dovrebbero essere informate che, in caso di fallimento, l’aborto dovrebbe essere completato chirurgicamente.
La combinazione di methotrexate con una prostaglandina non è raccomandata in quanto meno
efficace di mifepristone/prostaglandina, e in caso
di fallimento c’è il rischio di malformazioni fetali.
Altri metodi
L’instillazione intra-amniotica o extra-amniotica
di vari soluti è meno sicura e meno efficace della
dilatazione ed evacuazione, e dovrebbe essere scoraggiata. L’isterectomia addominale o vaginale è indicata molto raramente per l’aborto tardivo. L’isterectomia dovrebbe essere praticata solo in donne
in condizioni tali da indicare l’intervento indipendentemente dall’aborto volontario.
a seconda dell’epoca di gravidanza.
ASSISTENZA POST-ABORTO
Dopo ogni aborto, sia medico che chirurgico, si
raccomanda di offrire immediatamente una gestione che contempli specialmente counselling e informazioni sulla contraccezione post-aborto.
Le donne dovrebbero ricevere informazioni sui
possibili effetti collaterali e sulle complicazioni, e su
come gestirsi da sole dopo la dimissione dai servizi.
Dopo un aborto chirurgico, spotting e leggeri sanguinamenti potrebbero manifestarsi per parecchi giorni e persino settimane; nausea, con o senza vomito,
15
potrebbero essere fastidiosi, ma generalmente diminuiscono entro le 24 ore. Dopo l’aborto medico le
perdite ematiche potrebbero essere maggiori, assomigliando alle mestruazioni. Dolori crampiformi sono
comuni e possono essere trattati con antidolorifici
da banco. Dovrebbero essere fornite informazioni
su come riconoscere le complicazioni e come raggiungere i Centri per il follow-up.
Dopo l’aborto non è generalmente necessario
eseguire un test di gravidanza, e non dovrebbe essere eseguito di routine. Comunque, se vi fosse un
sospetto clinico di gravidanza che continua, potrebbe essere indicata l’esecuzione di una ecografia o
di un test di gravidanza.
to, e in caso di aborto chirurgico, lacerazioni cervicali
e perforazione uterina. Queste complicazioni, rare
nell’aborto precoce, aumentano con una maggiore
frequenza nell’aborto più tardivo. Tutti i reparti di
maternità dovrebbero essere attrezzati per riconoscere le complicazioni dell’aborto, con personale addestrato sia alla gestione delle complicazioni che a trasferire appropriatamente per una cura immediata.
Non vi è alcuna evidenza che un aborto senza
complicazioni abbia effetto sulla futura fertilità, causi
risultati sfavorevoli in successive gravidanze, o affligga la salute mentale della donna. Le evidenze non
suggeriscono un rischio aumentato di tumore mammario dopo un aborto indotto.
Punti chiave
COUNSELLING E CONTRACCEZIONE
Il periodo post-aborto è un’opportunità per riconsiderare le preoccupazioni, spiegare i sintomi, e per
discutere la contraccezione futura. Le donne dovrebbero essere avvertite che potrebbero concepire già
10 giorni dopo l’aborto.
Tutti i metodi contraccettivi possono essere considerati per l’utilizzo dopo l’aborto, assicurandosi di
seguire i criteri medici di eleggibilità. Il diaframma e
il cappuccio cervicale non dovrebbero essere usati
fino a sei settimane dopo un aborto del secondo trimestre, ed è più probabile che i dispositivi intrauterini, se inseriti appena dopo un aborto del secondo
trimestre, siano espulsi.
Abitualmente il periodo intorno all’evento “aborto volontario” non è per la donna il momento ideale
per prendere una decisione su una sterilizzazione.
Comunque, ove la donna avesse difficoltà a ritornare successivamente per tale procedura e ne facesse richiesta, potrebbe eseguire in sicurezza la sterilizzazione, tramite mini laparotomia o laparoscopia,
combinandola con l’aborto. Tutte le donne dovrebbero essere informate sulla contraccezione di
emergenza e come ottenerla. Per alcune donne può
essere preferibile acquisire anticipatamente una
contraccezione d’emergenza.
Tutte le donne dovrebbero essere informate sulla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, inclusa l’HIV. L’importanza di un attento e consistente utilizzo del preservativo dovrebbe essere enfatizzata, anche se è utilizzato un altro metodo contraccettivo.
COMPLICAZIONI E SEQUELE TARDIVE
Le complicazioni dell’aborto includono le emorragie, le infezioni e lo svuotamento uterino incomple-
16
1 . La legislazione restrittiva dell’aborto, sostanzialmente, non riduce il numero complessivo degli
aborti, ma ne aumenta notevolmente la pericolosità.
2 . Per ridurre le gravidanze non volute e la necessità di abortire, dovrebbe essere data alta priorità all’espansione e al miglioramento dei servizi per la contraccezione.
3 . Benché l’aborto precoce, effettuato adeguatamente, comporti piccoli rischi sanitari, i pericoli
aumentano progressivamente oltre la 10a settimana dalla data dell’ultima mestruazione.
4 . Le donne, che considerano la scelta di abortire,
dovrebbero essere incoraggiate ad intervenire
nella fase più precoce della gravidanza.
5 . Quale che sia il metodo di aborto scelto, le donne dovrebbero essere completamente informate sui tempi dell’aborto e cosa aspettarsi durante o dopo l’intervento.
6 . La donna dovrebbe ricevere un counselling contraccettivo sia prima dell’aborto che ad ogni visita successiva e dovrebbe avere accesso ai vari
contraccettivi.
7. La procedura chirurgica richiede una anestesia
locale, una leggera sedazione o entrambe. L’anestesia generale andrebbe evitata eccetto che in
alcuni casi di aborto tardivo, a causa di un aumento dei rischi.
8 . La D&C dovrebbe essere utilizzata solamente
quando l’aspirazione uterina o l’aborto farmacologico non siano disponibili, in quanto una curette tagliente comporta rischi più alti ed è più
dolorosa. I manager dei servizi per la salute dovrebbero fare ogni sforzo per rimpiazzare le curette con l’aspirazione uterina.
9 . Dovrebbero essere fornite informazioni su come
riconoscere le complicazioni e come raggiungere i Centri per il follow-up.
10. Tutte le donne dovrebbero essere informate sulla
contraccezione di emergenza e come ottenerla. Per
alcune donne può essere preferibile acquisire anticipatamente una contraccezione d’emergenza.
11. Laddove i responsabili delle decisioni capissero
l’impatto sulla salute pubblica dell’aborto clandestino, sarebbero più propensi a spingere per riforme legislative.
LA LEGISLAZIONE PER L’ABORTO
VOLONTARIO NEL MONDO
Laura Olimpi
L’interruzione volontaria della gravidanza è
largamente diffusa nel mondo: notizie di questa pratica si rintracciano nelle popolazioni più
antiche, nonostante ciò l’argomento è ancora
oggi al centro di polemiche e dibattiti pubblici.
ro usati in maniera perfetta, ci sarebbero ancora circa 6 milioni di gravidanze accidentali
ogni anno. Nel documento dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità citato (1) si sottolinea
che, anche con alti tassi di uso di contraccettivi, ci saranno sempre gravidanze indesiderate
e donne che cercheranno di interromperle ricorrendo all’aborto volontario. Questo perché,
in primo luogo, milioni di donne e uomini non
hanno accesso ad appropriati metodi contraccettivi o non hanno adeguate informazioni o supporto per usarli efficacemente. In secondo luogo, nessun metodo contraccettivo è efficace al
100%: esiste una rilevante differenza d’efficacia tra l’“uso perfetto” e l’“uso tipico” (Tab. 2).
Terzo, la violenza sulle donne (spesso domestica) esita in gravidanze indesiderate. Quarto,
le circostanze della vita che cambiano, come
un divorzio o altre crisi, possono trasformare
una gravidanza desiderata in gravidanza indesiderata.
DIFFUSIONE E CAUSE
DELL’ABORTO NEL MONDO
Nel mondo si verificano ogni anno 210 milioni di gravidanze, di cui, circa 46 milioni (22%)
si concludono con un aborto (Tab. 1) (1). Si calcola che, globalmente nel mondo, la maggior
parte delle donne abbia almeno un aborto provocato entro i 45 anni (2). Dove i metodi contraccettivi efficaci sono disponibili ed ampiamente usati, l’indice d’aborto decade sensibilmente (3).
Come si può vedere dalla tabella 2, anche
se nel mondo tutti i mezzi contraccettivi fosse-
Tabella 1
Gravidanze non pianificate ed aborti
Regione
Gravidanze totali
in milioni
Gravidanze
pianificate
e nascite
Gravidanze non
pianificate che
esitano in nascite
Gravidanze non
pianificate che
esitano in aborti
Mondo
210
62%
16%
22%
Est Europa
11
37%
6%
57%
Resto d’Europa
7
67%
12%
21%
SMIC
Pediatra, Esecutivo Nazionale AIED, Ascoli Piceno
(Fonte: Alan Guttmacher Institute “Sharing Responsability: Woman Society & Abortion Worldwide” 1999)
17
Tabella 2
Stima delle gravidanze accidentali da fallimento di un metodo contraccettivo nel mondo
(stima del 1993)
Stima mondiale delle gravidanze indesiderate dipendenti dal fallimento contraccettivo
Metodo contraccettivo
Stima del
tasso di
fallimento
(uso perfetto)
Stima del
tasso di
fallimento
(uso tipico)
%
%
Sterilizzazione femminile
0,50
Sterilizzazione maschile
Numero di
utilizzatrici
x 1.000
Numero delle
gravidanze
indesiderate
x 1.000
(uso perfetto)
0,50
201.000
1.005
1.005
0,10
0,15
41.000
41
62
Iniettabili
0,30
0,30
26.000
78
78
IUD
0,60
0,80
149.000
894
1.192
Pillola
0,10
5,00
78.000
78
3.900
Condom maschile
3,00
14,00
51.000
1.530
7.149
Metodi barriera vaginali
6,00
20,00
4.000
240
800
Astinenza periodica
3,00
25,00
26.000
780
6.500
Coito interrotto
4,00
19,00
31.000
1.240
5.890
607.000
5.886
26.567
Totale
Numero delle
gravidanze
indesiderate
x 1.000
(uso tipico)
(Fonte 4, 5, modificati)
L’ABORTO NELLA STORIA
Può essere forse di qualche utilità tracciare qualche cenno storico. Nelle culture matriarcali ed in quella
celtica, dove la discendenza più importante era quella materna, l’aborto era a discrezione della donna. In
genere non era praticato poiché considerato un insulto alla divinità femminile della rinascita e della fertilità. Si supponeva che rifiutare una vita donata dalla
Dea portasse sfortuna al clan, era invece consentito
lasciar morire i propri figli, soprattutto se menomati
fisicamente. I vichinghi gettavano i bambini menomati in una fossa con belve feroci. Nell’Antica Grecia e
nell’Antica Roma si aveva una società di tipo patriarcale; l’aborto era comunemente praticato, soprattutto per i figli nati da relazioni extra coniugali. A Roma è
con le XII tavole, corpo di leggi compilato nel 451-450
a.C., che si ha una legislazione in materia di aborto: la
decisione spetta al padre, e la donna che si procura
l’aborto senza il suo consenso può essere ripudiata.
Inoltre i medici che compiono aborti per nascondere
un adulterio possono essere puniti con le stesse pene
inflitte agli amanti. Un altro motivo, per cui può essere punito il medico, è la morte della donna a causa
dell’aborto, ma non si punisce la pratica in sé.
18
La donna assira che abortiva e veniva scoperta
era impalata. E’ con la religione monoteista che si
dà un aspetto etico all’aborto. San Tommaso e Sant’Agostino sostenevano che l’embrione non avesse
un’anima finché non assumeva forma umana, anche se la Chiesa non ha mai accettato questa definizione; nel 1863 stabilì che l’aborto è un delitto contro la persona.
SISTEMI LEGALI NEL MONDO
All’inizio del XXI secolo, gli Stati si rifanno a tre
principali sistemi legali: il civil law, che include quello che una volta era il sistema legale socialista, il
common law, e l’islamic law (6).
Il civil law, che si rifà al diritto romano e più recentemente al codice napoleonico, è basato su leggi scritte (codice penale, codice civile, diritto di famiglia e diritto commerciale). I governi emanano le
leggi scritte e l’interpretazione dei giudici è relativamente limitata.
Al contrario, il common law non trae origine da
codici, ma da sentenze emanate dai giudici e si rifà
al diritto anglosassone. La legge non è vista come
guida, ma come mezzo per risolvere i conflitti tra gli
individui. In questo sistema legale, le leggi cambiano non per volontà dei governi ma attraverso l’evoluzione delle sentenze che si modificano con le trasformazioni della società.
La legge islamica, nota come Shariah, può essere vista come esempio di una vasta categoria di legislazioni religiose e differisce significativamente da
entrambi i precedenti sistemi. Innanzi tutto, il suo
concetto di legge è inseparabile dalla religione, quindi non c’è alcuna differenza tra diritto secolare e
religioso (peccato è uguale a reato). E’ basata principalmente sul Corano e la Sunnah, collezione di atti
e dichiarazioni del profeta Maometto, è quindi immutabile e i giudici possono solo dedicarsi all’interpretazione di questi testi.
Il Regno Unito e l’Irlanda del Nord, l’Australia, il Bangladesh, il Canada, l’India, gli Stati Uniti d’America e la
maggior parte dei Paesi anglofoni dell’Africa, i Caraibi e
l’Oceania hanno adottato il common law.
La maggior parte dei rimanenti Paesi europei, l’Africa Sub Sahariana non anglofona, l’America Latina, i
Paesi dell’ex Unione Sovietica, e dell’Asia centrale ed
orientale hanno adottato il civil law e così i Paesi dell’Africa settentrionale e nord-orientale, che sono stati
influenzati dal diritto francese. Anche Giappone e Turchia hanno adottato questo sistema legale.
La legge islamica è adottata nelle regioni a prevalente popolazione musulmana, in Africa e Asia.
LE LEGGI SULL’ABORTO NEI DIVERSI PAESI
Nei Paesi del common law, le leggi sull’aborto
traggono origine dall’Offences Against the Person Act
del 1861, che puniva l’aborto con il carcere, tranne
in caso di pericolo per la vita della donna. Altri Paesi
seguono la decisione della corte inglese Rex v. Bourne, che consente l’aborto per gravi motivi fisici e
mentali o si rifanno al British Abortion Act del 1967
che consente l’aborto, generalmente fino alla ventesima settimana di gravidanza, per motivi fisici,
psicologici e socio-economici.
La legislazione sull’aborto, in molti Paesi che
adottano il civil law, deriva dal codice Napoleonico
del 1810: chiunque procurasse un aborto era punito con il carcere e così anche la donna, anche se
l’aborto era consentito quando serviva a salvare la
vita della donna.
Nella legge islamica, non esistono specifici riferimenti nei testi di legge o nelle sentenze. Il Corano
e la Sunnah non parlano dell’aborto in modo specifico, quindi le leggi affrontano il tema in modo diverso, a seconda se appartengano all’una o all’altra
delle cinque scuole di legge islamica presenti.
In generale, si fa riferimento all’epoca gestazionale ed, in particolare, al momento in cui l’anima raggiunge il feto, che nella maggior parte dei casi è
individuata in 120 giorni, in altri casi 40. Alcune
scuole consentono quindi l’aborto prima di questo momento, mentre altre lo proibiscono in ogni
caso. Tutte le scuole, comunque, consentono
l’aborto in ogni epoca della gravidanza per salvare la vita della donna. La pena prevista non è il
carcere, ma un risarcimento pecuniario in favore
dei parenti del feto.
RISOLUZIONI ONU, DEL PARLAMENTO
EUROPEO, E DEGLI STATI AFRICANI IN
MATERIA DI SESSUALITÀ
Alle Nazioni Unite, con la Dichiarazione di Pechino 1995, si riconosce “il diritto di tutte le donne a
controllare tutti gli aspetti della loro salute, in particolare la loro fertilità” (art. 17).
La Risoluzione del Parlamento Europeo in materia di sessualità e riproduzione, Risoluzione 2001/
2128 (INI), per quanto riguarda le gravidanze indesiderate e l’aborto (ai commi 8-10):
8. sottolinea che l’aborto non dovrebbe essere
promosso come un metodo di pianificazione familiare;
9. raccomanda ai governi degli Stati membri e dei
Paesi candidati di adoperarsi per attuare una
politica sanitaria e sociale che consenta una
riduzione del ricorso all’aborto, in particolare
attraverso la fornitura di servizi di consultorio
e pianificazione familiare e l’offerta di sostegno materiale e finanziario alle donne incinte
in difficoltà, e di considerare l’aborto praticato in condizioni di scarsa sicurezza come una
questione di rilevanza nell’ambito della salute
pubblica;
10. raccomanda che, al fine di salvaguardare la salute e i diritti riproduttivi femminili, l’aborto debba essere legale, sicuro e accessibile a tutti.
Dal Protocollo aggiuntivo alla Carta Africana
dei Diritti Umani e dei Popoli sui Diritti delle Donne in Africa, il Protocollo di Maputo, entrato in vigore il 26 ottobre 2005, recita nell’articolo 14 sui
diritti sessuali e riproduttivi: “...Gli Stati prenderanno appropriate misure per… proteggere i diritti riproduttivi delle donne, autorizzando l’aborto
in caso di violenza sessuale, rapimento, incesto,
e quando la prosecuzione della gravidanza può
danneggiare la salute mentale e fisica o la vita
della donna o del feto”.
19
LA POSIZIONE DI AMNESTY INTERNATIONAL
Amnesty International nell’aprile 2007 ha adottato una propria policy su alcuni specifici aspetti riguardanti l’aborto.
Questa policy ha avuto origine nel contesto della
campagna “Mai più violenza sulle donne”, che ha
messo in luce la drammatica realtà di donne e bambine vittime di violenza sessuale e che subiscono,
ancora oggi, le conseguenze della violazione dei
loro diritti sessuali e riproduttivi. La sua adozione
è stata preceduta da una lunga consultazione internazionale tra le Sezioni Nazionali, i Gruppi e i
soci dell’associazione. La policy adottata consentirà all’associazione di occuparsi di questioni specifiche riguardanti l’aborto, nella misura in cui queste sono direttamente legate alle attività di Amnesty International sul diritto alla salute e sulla violenza contro le donne.
Amnesty International pertanto chiederà agli
Stati di:
fornire a uomini e donne informazioni complete
riguardanti la salute sessuale e riproduttiva;
modificare o abrogare le leggi per effetto delle
quali le donne possono essere sottoposte a imprigionamento o ad altre sanzioni penali per aver
abortito o cercato di abortire;
garantire che tutte le donne con complicazioni
sanitarie derivanti da un aborto abbiano accesso a trattamenti medici adeguati, indipendentemente dal fatto che abbiano abortito legalmente o meno;
garantire l’accesso a servizi legali e sicuri di aborto
a ogni donna la cui gravidanza sia dovuta a una
violenza sessuale o a incesto o la cui gravidanza
presenti un rischio per la sua vita o la sua salute.
l’aborto è permesso per ragioni sociali ed economiche nel 78% dei casi e su semplice richiesta nel
67%. Al contrario, nei Paesi in via di sviluppo è permesso, per motivi sociali ed economici nel 19% dei
casi e su richiesta nel 16%. E’ vietato del tutto in
5 Paesi.
L’ultimo aggiornamento della situazione mondiale può essere visto nel sito United Nations Department of Economic and Social Affairs Population Division www.unpopulation.org
Nei fatti, anche nei Paesi dove l’aborto è illegale, le statistiche indicano che è largamente praticato, e molto raramente perseguito. Dei 50 milioni di
aborti effettuati ogni anno nel mondo, l’OMS calcola
che il 40% avvenga illegalmente.
BIBLIOGRAFIA
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for Health Systems”. WHO, Geneva, 2003.
2.
Potts M. “Sharing Responsibility: Women, Society and
Abortion Worldwide”, Studies in Family Planning, 1999;
30 (3): 259-260.
3.
Marston C, Cleland J. “Relationships between Contraception and Abortion: A Review of the Evidence”. International Family Planning Perspectives, 2003; 29
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4.
Trussell J. “Contraceptive efficacy”. In: Hatcher RA,
Trussell J, Stewart F, Cates W Jr, Stewart GK, Guest F
and Kowal D (eds). Contraceptive technology (17th revised edition). New York, Ardent Media Inc., 1998; pp.
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5.
United Nations Population Division. “World contraceptive use 2001”. New York, United Nations, 2002
(ST/ESA/SER.A/210).
6.
United Nations Population Division Department of
Economic and Social Affairs. “Abortion policies: A global review”. http://www.un.org/esa/population/publications/abortion/
7.
United Nations Department of Economic and Social
Affairs Population Division. “World abortion policies”,
2007. http://www.un.org/esa/population/publicat i o n s / 2 0 07 _ A b o r t i o n _ P o l i c i e s _ C h a r t / 2 0 07
AbortionPolicies_wallchart.htm
CONCLUSIONI
In generale, quindi, la maggior parte dei Paesi
nel mondo (97%) consente l’aborto quando è in pericolo la vita della donna (7). Nei Paesi sviluppati,
20
Giornata Mondiale della
Contraccezione
26 settembre 2007
“Live Your Life Before You Start Another” è lo slogan scelto per la
prima Giornata Mondiale della Contraccezione, celebrata in tutto il pianeta il 26 settembre 2007. L’invito dello slogan è fatto soprattutto ai
giovani per ricordare che la vita è un valore troppo importante per prendere alla leggera l’idea di mettere al mondo una vita nuova, se non ci si
sente ancora pronti per il ruolo di genitori.
Ridurre le gravidanze indesiderate fra le giovanissime è stato l’obiettivo individuato per
l’edizione inaugurale della Giornata, momento centrale di un’iniziativa globale rivolta a tutti
gli uomini ed a tutte le donne in età fertile, che si pone l’obiettivo di aumentare l’informazione
e l’educazione sulla salute sessuale e riproduttiva.
Si stima che in tutto il mondo vi siano circa 210 milioni di gravidanze ogni anno; di esse il
38% non sono pianificate, e, di queste, il 22% si conclude con un aborto.
Fra i promotori dell’iniziativa vi sono l’associazione Marie Stopes International, la Società
Europea della Contraccezione, il Centro Latinoamericano Salud y Mujer, la International Federation of Pediatric and Adolescent Gynecology e l’Asia Pacific Council on Contraception. L’iniziativa ha avuto il sostegno di Bayer Schering Pharma AG, e Berlino è stata scelta come
capitale mondiale della Giornata. Nella conferenza stampa internazionale di presentazione, il
24 settembre, è intervenuto un rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ogni nazione ha realizzato iniziative specifiche sul proprio territorio per celebrare l’evento.
Nel nostro Paese la SIGO (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) ha presentato, in occasione della Giornata, i risultati di un sondaggio svolto durante l’estate nelle principali spiagge
italiane, in una serie di appuntamenti in cui sono stati inoltre distribuiti oltre diecimila opuscoli informativi sul sesso sicuro. L’indagine ha fotografato le abitudini sessuali e contraccettive delle ragazze italiane; sono stati raccolti oltre mille questionari, ed i risultati sono consultabili per intero al sito www.sceglitu.it.
L’iniziativa globale non si esaurisce nella Giornata. Anzi, il 26 settembre segna l’inizio di
un percorso, di un progetto di educazione e sensibilizzazione, che proseguirà, sia a livello
internazionale che locale, per tutto l’arco dell’anno. Per saperne di più sulle società scientifiche, sulle associazioni coinvolte e sulle prossime iniziative in programma, basta visitare il sito
www.your-life.com.
La SMIC, la nuova Società Medica Italiana per la Contraccezione, sostiene l’iniziativa,
perché la vita sessuale e riproduttiva delle adolescenti venga vissuta al meglio, con la maturità derivante dalla consapevolezza che oggi esistono metodi e strumenti capaci di modulare
questo desiderio secondo il bisogno.
21
Programma dei Simposi SMIC
ed AGITE durante il Congresso
SIGO 2007 di Napoli
Martedì 16 Ottobre ore 8.30-10.30
Martedì 16 Ottobre ore 14.00-16.00
AULA GALLERIA MEDITERRANEA 2
Simposio SMIC: “Tutte le vie della contraccezione ormonale - tante strade per un’unica meta”
AULA GALLERIA MEDITERRANEA 2
Simposio AGITE “Coordinamento territorioospedale: una formazione comune tra medico di medicina generale e ginecologo territoriale e/o ospedaliero. Un piano per azioni del Ministero: un programma organico per
la Salute Riproduttiva”
Moderatori: P.A. Todaro (Roma), S. Sanna (Sassari)
La pillola: comportamento dei MMG nella prescrizione - R. Michieli (Venezia)
Il cerotto: i pro e i contro di un sistema transdermico - M. Fidelbo (Catania)
L’anello vaginale: ultimi risultati - G. Fattorini
(Bologna)
La spirale: prevenzione, contraccezione e terapia - E. Arisi (Trento)
Il futuro - G. Affronti (Perugia)
Martedì 16 Ottobre ore 11.15-13.15
AULA GALLERIA MEDITERRANEA 2
Tavola Rotonda SMIC “La contraccezione
d’emergenza tra ospedale e territorio, tra
prescrizione ed OTC”
Moderatori: M. Orlandella (Milano), G. Bernardi
(Napoli)
Lo stato dell’arte della contraccezione
d’emergenza - E. Arisi (Trento), R.Michieli
(Venezia)
Medico di PS ospedaliero - S. Viale (Torino)
Medico di consultorio - M. Ghiazza (Bari)
Medico di medicina generale - M. Lerda (Cuneo)
Medico Legale - P. Benciolini (Padova)
Farmacista - M. Triani (Venezia)
22
Moderatori: F. Fiorillo, A. D. Turchetto (Venezia)
Discusssant: L. Mannu
Viola violata, ovvero... storie e strategie del
territorio - R. Papa (Napoli)
Formazione dei ginecologi consultoriali per i
servizi ospedalieri di Soccorso Violenza Sessuale - M. Ruspa (Milano)
Esperienza di coordinamento territoriale ad
Ostia tra medici di medicina generale, ginecologi territoriali ed ospedale - L. Canitano
(Roma)
Aggiornamento professionale e Progetti nei
contratti regionali - G. Nielfi (Bergamo)
Formazione e coordinamento territorio
ospedale, la posizione SIMG - R. Michieli
(Venezia)
Formazione e coordinamento territorio
ospedale, la posizione AOGOI - N. Natale (Milano)
Il Piano per azioni intersettoriale e le politiche nell’area materno infantile - On. M. Cossutta (Roma)
Il Piano per azioni del Ministero della Salute
ed il Progetto Agite - M. Toschi (Perugina)
I Consultori Familiari nei LEA. I “Sette punti di
Roma” - M. Orlandella (Milano)
I “ VUOTI” DELLA 194
Maurizio Orlandella
Si ritiene che, nel mondo, la metà delle gravidanze indesiderate esitino in una interruzione di
gravidanza e che circa il 40% degli aborti volontari avvenga in condizioni non sicure, determinando
annualmente la morte di circa 68.000 donne (1)
e un impatto sfavorevole sulla salute riproduttiva.
In Italia, la Legge 194/78 sulle “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, al di là delle visioni ideologiche o religiose personali, ha conseguito tre
risultati importanti, che le vanno riconosciuti:
1. ha ridotto il fenomeno del 44.8% rispetto al
1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi) (2);
2. ha portato a livelli residuali l’IVG clandestina
(non più di 20.000 unità) (2);
3. ha annullato la mortalità materna per IVG.
INTRODUZIONE
In un’ottica culturale rigorosamente bipartisan, tutto il personale socio-sanitario, di qualsiasi
provenienza culturale e religiosa, dovrebbe lavorare per ridurre il ricorso alla IVG, tramite un’efficace attività nei servizi di family planning. Il personale non obiettore di coscienza dovrebbe attrezzarsi a ridurre i rischi sanitari, il dolore psico-fisico, i disagi della donna che intende ricorrere all’aborto volontario. E’ inopportuno sventolare il
vessillo della riforma della 194, legge ancora applicata in maniera parziale, senza aver identificato i “vuoti” della 194, nelle procedure operative,
nella gestione del percorso delle donna tra le diverse strutture, nella formazione del personale.
Il continuo trend alla diminuzione del ricorso
all’aborto volontario dimostra che la legalizzazione dell’aborto ha facilitato la responsabilizzazione della donna. Inoltre, migliori condizioni economico-sociali rendono una gravidanza indesiderata più accettabile, come dimostrano con chiarezza i maggiori decrementi del ricorso alla IVG nelle
donne coniugate, occupate, istruite, rispetto alle
donne nubili, casalinghe, meno istruite (3).
Si farà riferimento agli articoli della 194 per individuare il livello di applicazione della legge, che
potrebbe comportare una eventuale mancanza di
rispetto della integrità e dignità della donna. Le inadeguatezze procedurali-organizzative non modificano le scelte delle donne, ma potrebbero aumentare
i rischi, specie ove gli interventi fossero effettuati in
epoche gestazionali più avanzate. Se, nella tabella
1, si elencano i possibili nodi organizzativi del percorso IVG, questo articolo si propone di enfatizzare
solo alcuni aspetti di rilevante importanza:
1. La riduzione della morbilità
timing dell’intervento,
anestesia locale e generale,
metodo Karman vs. dilatazione e curettage,
preparazione cervicale.
2. La rimozione delle cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione di gravidanza.
3. L’aggiornamento delle procedure e del personale socio-sanitario.
4. Le conclusioni dell’indagine della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati della legislatura precedente (2001-2006).
Tabella 1
Percorsi proposti ai Servizi rispetto ad una
gravidanza indesiderata
1. Immediata accoglienza nel consultorio o dal proprio medico, senza appuntamento, con test di gravidanza offerto in loco e relativo counselling.
2. Presa in carico urgente (entro 3 giorni)
per eventuale immediata certificazione.
3. La certificazione è un atto medico dovuto immediatamente dopo la valutazione medica, indipendentemente dai
colloqui con gli eventuali operatori dell’equipe consultoriale, che possono
essere dilazionati nel tempo.
SMIC
Ginecologo consultoriale, Presidente Nazionale AGITE, Milano
Continua
23
Segue
4. L’assistente sociale consultoriale, presa
in carico la donna, dovrebbe informarla
su tutte le risorse disponibili, della rete
assistenziale pubblica e delle associazioni del volontariato; l’invio in altre sedi
sarà successivo alla scelta della donna.
5. Il medico del territorio dovrebbe descrivere le procedure di più ospedali, per permettere la scelta meno rischiosa e più
convincente per la donna.
6. Andrebbe enfatizzata l’importanza dell’anestesia locale, della preparazione
cervicale, della isterosuzione Karman
con dilatatori e cannule di plastica.
7. Il percorso tra territorio ed ospedale dovrebbe permettere di concentrare e semplificare gli appuntamenti per gli esami e
contenere il numero delle indagini.
8. Si dovrebbe evitare di prendere appuntamenti in maniera non rispettosa per la
donna (per esempio: un solo giorno alla
settimana, alle 8 di mattina, con donne
in fila già alle 6 e appuntamenti già chiusi alle 7, per 4 interventi alla settimana).
9. L’IVG, a parte le rare complicazioni postintervento o le gravi condizioni cliniche
preesistenti, va effettuato in regime di
day hospital.
10. Il follow-up e le scelte contraccettive postIVG vanno programmate già prima dell’intervento.
11. L’opzione della scelta farmacologica, ben
lungi dall’essere una semplificazione e/
o banalizzazione dell’aborto (piuttosto
una difficile autoresponsabilizzazione), fa
parte delle legittime opzioni di scelta della donna.
12. La posizione di non giudizio degli operatori e di accompagnamento della donna nel
suo percorso, sono la chiave per una relazione empatica, l’unica adeguata ad affrontare i casi più difficili, come nel caso
di aborto volontario ripetuto.
13. Si dovrebbe evitare di costringere le donne a migrazioni provinciali o regionali; si ricorda che è esclusa l’obiezione di coscienza per l’ente ospedaliero pubblico, in certi
casi nascosta da un numero di interventi
estremamente modesto e insufficiente.
1. RIDUZIONE DELLA MORBILITÀ DA IVG
Se la mortalità da IVG è stata annullata, ancora molto
resta da fare per ridurre la morbilità. In relazione alle
misure da prendere per ridurre i rischi per la Salute Riproduttiva della donna sono 4 gli elementi da stressare:
1. ridurre i tempi tra la richiesta della donna/certificazione IVG e l’intervento;
24
2. adottare l’anestesia locale riducendo drasticamente l’anestesia generale;
3. adottare la tecnica di Karman e l’utilizzo delle
cannule in materiale plastico;
4. registrare, nei moduli ISTAT, l’utilizzo del priming
cervicale.
Ridurre i tempi tra la richiesta della
donna, la certificazione IVG e l’intervento
La Legge 194 detta i tempi dell’intervento, costringendo ad una lettura combinata dell’articolo 5 e dell’articolo 8. L’ultimo comma dell’articolo 8 recita: “Il
certificato rilasciato ai sensi del terzo comma dell’articolo 5 e, alla scadenza dei sette giorni, il documento
consegnato alla donna ai sensi del quarto comma dello
stesso articolo costituiscono titolo per ottenere in via
d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero.” L’articolo 8, quindi, individua due modalità per ottenere
l’intervento d’urgenza: se viene certificata l’urgenza
(art. 5, 3° comma), ma anche “trascorsi i sette giorni,
la donna può presentarsi, per ottenere l’interruzione
della gravidanza, sulla base del documento rilasciatole ai sensi del presente comma, presso una delle sedi
autorizzate (4° comma del 5° articolo).”
Il testo della legge comporterebbe un’attesa complessiva dai 10 ai 14 giorni, ma dai dati dell’ultima
relazione del Ministro della Salute, solo il 37% delle
donne esegue l’IVG entro le 8 settimane di amenorrea e solo il 54.2% delle donne ottiene l’IVG entro le
due settimane di attesa dal certificato (1). Risultando
positivo il test di gravidanza urinario monoclonale, già
13-16 giorni dopo la fecondazione, vi sarebbe un tempo ragionevolmente lungo per permettere una IVG prima della 10a settimana, epoca gestazionale dalla quale i pericoli per la salute aumentano progressivamente. Nella tabella 2, si riportano i dati nazionali e i più
significativi risultati regionali del 2004, sui tempi di
attesa tra certificazione ed intervento e sull’epoca
gestazionale in cui viene eseguita l’interruzione di gravidanza. Non viene registrato il tempo che intercorre
tra richiesta della certificazione e data della certificazione, né se a rilasciare il certificato è il Medico di
famiglia o il ginecologo di fiducia.
La riduzione progressiva degli interventi, nel corso degli anni, non giustifica la lunga attesa che le
donne devono affrontare per ottenere l’intervento.
Ricordiamo che, all’articolo 9, “...gli enti ospedalieri
e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso
ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi
di interruzione della gravidanza richiesti secondo le
modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8. La Regione
ne controlla e garantisce l’attuazione anche attraverso la mobilità del personale”.
Tabella 2
Tempistica IVG a livello Nazionale e nelle Regioni
Tempi di attesa tra certificazione ed intervento:
≤ 2 settimane 54.2% (media nazionale)
Veneto 31.7%, Molise 89.7%, Basilicata 73.6%.
> 3 settimane di attesa: 20.5% (media
nazionale)
Una donna su 5 attende più di 3 settimane
l’IVG. In Veneto 44.1%, Friuli 30.4%, Piemonte
22.4%, Lombardia 20.1%, Molise 2.2%, Sardegna 4.5%, Basilicata 7.5%.
Settimana di gestazione alla IVG:
≤ 8 settimane media nazionale 37%
Piemonte solo 8.6%, Veneto 14.5%, Lombardia
30.8%. L’Italia meridionale ha una situazione
migliore con il 59,2%. Molise 64%, Puglia
63.1%, Basilicata 62.7, Calabria 58.7%.
11-12 settimane media nazionale 16.8%
Veneto 33.1%, Lombardia 22%, Umbria 9.7%,
Molise 7.4%, Puglia 7.1%, Campania 6.6%,
Basilicata 6.2%.
(Fonte: Relazione del Ministero della Salute sulla
applicazione della legge 194, 2004-2005 (2)).
ne dell’anestesia locale con l’esecuzione dell’IVG
in epoca precoce, riduce drasticamente le complicazioni. Ciò consiglia l’aggiornamento delle procedure dell’aborto volontario del primo trimestre.
Metodo Karman vs. Dilatazione
e Curettage (D&C)
Il metodo Karman è il golden standard per l’IVG
del primo trimestre, ma circa il 35% delle IVG viene effettuato ancora con strumentario metallico.
Per quanto il ricorso alla isterosuzione con metodo Karman abbia raggiunto, nel 2004, il 64.9% delle procedure chirurgiche per l’aborto nel primo trimestre, in alcune regioni il ricorso al raschiamento
è ancora elevato. La D&C è praticata particolarmente in Calabria (63.2%), in Sardegna (61.8%), in
Abruzzo (33.7%).
Priming cervicale
La preparazione del collo uterino con utilizzo di
prostaglandine (gemeprost o misoprostolo) a meno
di una gravidanza precocissima, è consigliabile, ma
il dato non è disponibile nella relazione del Ministero e il misoprostolo non è registrato per tale indicazione.
Anestesia locale e generale
2. RIMOZIONE DELLE CAUSE CHE
POTREBBERO INDURRE LA DONNA
ALL’INTERRUZIONE DI GRAVIDANZA
L’anestesia generale andrebbe evitata, eccetto
che in alcuni casi di aborto tardivo, a causa di un
aumento dei rischi. La procedura chirurgica richiede una anestesia locale, una leggera sedazione o
entrambe (1).
La media nazionale dell’esecuzione di un’anestesia generale, al contrario, è molto elevata,
l’84.5%. Otto regioni registrano una percentuale di
anestesie locali inferiori all’1%. Al contrario con una
media nazionale di anestesia locale del 13.2%, spiccano il 32.3% del Lazio e il 56.6% delle Marche.
Questa differenza tra le regioni evidenzia che, il ricorso all’anestesia generale, appartiene ad una organizzazione routinaria e di antica data, piuttosto
che a una differenza culturale delle donne su base
regionale.
Eppure, con l’anestesia locale, durante l’intervento, il medico può ricevere dalla donna informazioni utili, come un disagio o dolori particolari, i tempi dell’intervento sono più brevi, si riduce la durata
complessiva della seduta operatoria e conseguentemente la stanchezza dell’operatore. L’associazio-
La diffusione della procreazione consapevole e
responsabile nella popolazione italiana e migrante
che vive in Italia, può essere il motore di un’ulteriore significativa riduzione del ricorso all’IVG.
Vi è però la possibilità di intervenire sulla riduzione della IVG anche quando la donna è già gravida. Questo è l’oggetto del 4° comma del secondo
articolo della legge.
Il Consultorio Familiare è la struttura privilegiata nella gestione dell’aborto volontario e in relazione alla gravidanza ha compiti informativi sui servizi
organizzativi per il percorso della donna e il compito
specifico di contribuire “a far superare le cause che
potrebbero indurre la donna all’interruzione della
gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini
previsti dalla legge, della collaborazione volontaria
di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la
maternità difficile dopo la nascita.”
Però, a parte virtuose collaborazioni organizzate, spesso il consultorio si limita a fornire alla donna
25
alcuni numeri telefonici. La donna andrà a verificare di persona le possibili risposte. E’ invece ben
possibile organizzare, in tutto il territorio nazionale, un percorso coordinato dall’assistente sociale
del consultorio con i servizi comunali, in rete con
le associazioni del volontariato sociale, al fine di
sviluppare azioni sia per ridurre le IVG in caso di
gravidanza indesiderata, sia in caso di gravidanze
che sono desiderate, ma rese impossibili per motivi sociali e/o economici (vedi tabella 3).
Il Consultorio deve, quindi, monitorare il numero di donne che necessitano di aiuti per la prosecuzione della gravidanza con la necessaria collaborazione in primo luogo con il comune. Il coordinamento andrebbe quindi effettuato dal personale consultoriale, ma con la necessità di invio a
“idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la
maternità difficile dopo la nascita.” (articolo 2, 4°
comma).
Deve essere chiaro che la disponibilità di cifre
modeste, per un breve periodo di tempo, quasi sempre non può essere la soluzione e che il “premio
bebè” è in grado di dare risposte ad un numero
estremamente limitato di donne. Ciò nonostante,
una rete che metta insieme tutte le risorse disponibili, ha maggiori possibilità di offrire alla donna
una risposta adeguata alle sue esigenze.
Tabella 3
Azioni per facilitare la riduzione delle IVG
in caso di gravidanza indesiderata
1. Creazione e registrazione di una rete assistenziale (economica e di sostegno
relazionale).
2. Attribuzione, all’assistente sociale consultoriale, della responsabilità del coordinamento delle risorse, compresi gli accordi
con le formazioni del volontariato.
3. Percorso facilitato per la donna grazie
al coordinamento tra le strutture locali
(medicina di base, consultorio, ambulatori specialistici) e l’ospedale.
4. Coordinamento con gli Ispettorati Provinciali del Lavoro in relazione alla tutela
dei diritti di legge.
5. Azioni congiunte con le Consigliere di
Parità Provinciali e Regionali per attuare la vigilanza rispetto alle pressioni di
datori di lavoro, escludendo per le assunzioni, possibili controlli dello stato
gravidico della donna e i licenziamenti
delle donne gravide con lavoro precario.
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3. AGGIORNAMENTO DELLE PROCEDURE E
DEL PERSONALE
L’articolo 15 della Legge 194 è probabilmente
il più disatteso: “Le Regioni, d’intesa con le Università e con gli Enti Ospedalieri, promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le
arti ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e sull’uso
delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della gravidanza. Le Regioni
promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie sia le persone interessate
ad approfondire le questioni relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto,
ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione della gravidanza. Al fine di garantire
quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le Regioni redigono un programma annuale d’aggiornamento e
di informazione sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e assistenziali
esistenti nel territorio regionale”.
L’articolo 15 introduce essenzialmente, già nel
1978, il concetto di futuro avanzamento tecnologico che avrebbe permesso l’adozione dell’aborto farmacologico. Ma oltre all’aggiornamento delle procedure, l’articolo prevede il costante aggiornamento del personale sanitario tutto ed incontri con la
popolazione (“...sia le persone interessate...”) grazie ad una interazione virtuosa tra Regioni, Università, Enti Ospedalieri ed ASL, che si è manifestata
in pochissime Regioni. Probabilmente, la carenza
di aggiornamento, conseguente alla non osservanza dell’articolo 15, è il maggiore stimolo al lavoro
della SMIC.
4. INDAGINE DELLA COMMISSIONE AFFARI
SOCIALI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI
(LEGISLATURA PRECEDENTE, 2001-2006)
La Commissione Affari Sociali della Camera
dei Deputati, della precedente legislatura, su mandato dell’allora Ministro Storace, ha concluso, all’inizio del 2006, l’indagine conoscitiva sullo stato di applicazione della Legge 194/78. La Commissione ha escluso l’ipotesi di modifiche della
legge ritenendole non utili, ma ha indivituato alcuni punti critici (vedi la tabella 4). In ogni caso il
giudizio complessivo resta positivo sia “sull’impianto della normativa statale e regionale”, sia
‘’sui consultori e sulle competenze ad essi attri-
buite”. In pratica l’indagine riconosce un “patrimonio di esperienze e professionalità che non vanno assolutamente disperse, ma semmai potenziate tramite specifici indirizzi all’interno del Piano
Sanitario Nazionale e i Piani Sanitari Regionali, per
un effettivo rilancio delle attività di prevenzione
e assistenza”. Nelle conclusioni è specificato che
è necessaria “l’individuazione dei problemi esistenti nell’attuazione della legge: al fine di individuare gli strumenti atti a fornire la migliore assistenza possibile alla donna e al suo partner nel
momento della scelta”.
La Commissione ha poi evidenziato “numerosi
problemi che necessitano di una risposta organica”
(Tab. 4), a partire dall’attività dei consultori disciplinata dalla Legge 405/75, soprattutto per quel che
riguarda la “prevenzione primaria e secondaria”,
suggerendo una “intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni e province”. Tali conclusioni sono assolutamente condivisibili.
Tabella 4
Relazione della Commissioni Affari Sociali della
Camera dei Deputati, in merito alla Legge 194, con
la cooperazione dell’ISTAT e dell’ISS
La relazione suggerisce interventi su:
1. L’attività di informazione, prevenzione e
assistenza dei consultori.
2. I profili professionali presenti nelle strutture.
3. Le azioni di sostegno (economico, legale, psicologico e assistenziale) per rimuovere le cause che hanno spinto la
donna a chiedere l’IVG.
4. Il collegamento tra consultorio e altri
soggetti che operano sul territorio.
5. Il ruolo delle associazioni di volontariato.
6. I casi di maturazione di scelte diverse
dall’IVG.
7. Un monitoraggio più accurato della cause
che hanno spinto una donna ad abortire.
CONCLUSIONI
E’ compito della politica indirizzare le politiche
demografiche a fini sociali, ecologici, economici,
pensionistici, ecc., per mantenere una società equilibrata, serena, compatibile. È ancora compito della
politica creare i presupposti per permettere che le
intenzioni riproduttive si manifestino con una società a misura di donna, della famiglia, della riproduzione, con adeguate agevolazioni fiscali, con adeguati servizi, facilitando il doppio ruolo della donna come
cittadina-madre e cittadina-lavoratrice.
Ma è compito dei professionisti e delle associazioni professionali, come la SMIC (nelle sue componenti SIMG, AOGOI, AGITE), di individuare le carenze
organizzative, tecnologiche, di indagine, al fine del
miglioramento dell’assistenza e della riduzione delle sofferenze legate al fenomeno della IVG. L’enfasi
sulle procedure organizzative e preventive, ampiamente descritte dal Progetto Obiettivo Materno Infantile (POMI) e il sostegno di tutti i professionisti
della salute riproduttiva, alle azioni previste dal POMI
(4), sono l’unica reale garanzia per favorire e non
ostacolare l’empowerment delle donne, il vero motore della riduzione del fenomeno IVG.
BIBLIOGRAFIA
1.
IPPF “IMAP Statement on safe abortion”, IPPF Medical Bullettin, 2006; 40 (3): 1-3.
2.
Ministero della Salute. “Relazione del Ministro della Salute sulla attuazione della legge contenente norme per
la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria della gravidanza (Legge 194/78). Dati preliminari 2005, dati definitivi 2004”, 1-69, 21 settembre
2006.
3.
Spinelli A, Pediconi M, Timperi F et al. “Interruzione
volontaria della gravidanza dalla legge ad oggi”. Contraccezione Sessualità Salute Riproduttiva, 2007; 2:
7-12.
4.
Istituto Superiore di Sanità. “Progetto Obiettivo Materno Infantile”. www.asrabruzzo.it/docs/ProgettoobiettivoMaterno-Infantile(PSN1998-2000).pdf,
2000.
27
L’ABOR TO ED IL MEDICO
DI MEDICIN A GENERALE
Franco Bagagli
Medico di Medicina Generale, Torino
SMIC
IL MEDICO DI FAMIGLIA COME
RIFERIMENTO PER L’ABORTO
28
L’interruzione di una gravidanza, sia che si tratti di un fenomeno spontaneo/imprevisto, sia che
si tratti di un’interruzione volontaria della gravidanza (aborto legale o IVG), costituisce per ogni
donna un evento dai risvolti sempre problematici. Il Medico di Famiglia (MG) è frequentemente,
se non sempre, chiamato a partecipare al problema “aborto”: egli è infatti la persona di riferimento per la donna e per la sua famiglia, in molte realtà socio-culturali è anzi l’unico punto di riferimento professionale.
Nella sua attività professionale quotidiana, il
Medico di Famiglia può trovarsi davanti sostanzialmente a due situazioni: la donna che abbia
subito il verificarsi di un aborto spontaneo, oppure la donna che richieda un’interruzione volontaria di gravidanza (IVG o aborto legale).
Prendendo in considerazione un fenomeno
abortivo spontaneo, possiamo osservare che non
si tratta di un “incidente di percorso” dai risvolti
clinici di esclusiva pertinenza specialistica, ma
di un evento che assume importanti aspetti socio-psicologici, che talvolta sono trascurati in ambiente ospedaliero, e ricadono nelle competenze/conoscenze/operatività del MG. I compiti specifici di questa figura professionale in merito all’evento abortivo spontaneo possono essere così
delineati:
interessamento alla ricerca delle possibili cause cliniche (e non solo) dell’aborto;
abilità di counselling nei confronti della donna e della sua famiglia: l’evento è quasi sempre avvertito come luttuoso, con risvolti di negativismo e di sensazione di incapacità; occorre impostare il colloquio con empatia,
dando alla donna/alla coppia il tempo per
l’elaborazione del lutto, definendo la situazione come temporanea e supportando ogni
scelta positiva;
supporto nelle scelte future della donna/della coppia nel senso di possibili successive gravidanze, guidando nell’esecuzione di accertamenti ed analisi volti a comprendere le cause
dell’evento e, ove possibile, a prevenire eventuali recidive;
in caso di impossibilità documentata di ulteriori gravidanze, informare la donna/la coppia circa ogni altra possibilità di maternità consapevole (es. adozione).
IL SUO IMPEGNO VERSO L’ABORTO LEGALE
L’aborto legale o IVG è regolamentato dalla
Legge 194 del 22.05.1978. In base al dettato legislativo, sebbene altre figure professionali o strutture (specialisti ginecologi, consultori) siano più
spesso interessate al problema, il Medico di Famiglia resta in ogni caso il cardine dell’intervento
sanitario. Infatti:
la sua conoscenza della paziente, della sua
situazione familiare e sociale, delle sue problematiche patologiche remote ed attuali fanno sì che in moltissimi casi egli sia la prima
persona alla quale si rivolge la donna che abbia deciso di interrompere una gravidanza indesiderata;
l’abilità di counselling del MG è fondamentale
al fine di impostare correttamente il dialogo
con la paziente: occorre ricordare che la Legge prevede, all’Art. 2, l’obbligo di informare la
donna sui diritti a lei spettanti, sulle strutture
socio-assistenziali disponibili, sulle possibili-
tà presenti nel caso di una gravidanza portata a
termine (non riconoscimento se la coppia non è
sposata, affidamento, adozione);
il Medico di Famiglia può decidere, in accordo con
la paziente, di fare ricorso alle capacità operative dei Consultori Familiari, demandando a tali
strutture la prosecuzione del percorso diagnostico/terapeutico che porterà all’interruzione della
gravidanza: questa opzione può essere l’unica
qualora il MG si definisca come “obiettore” in base
all’Art. 9 della Legge sopra citata; il comma 2 inoltre esplicitamente recita: “L’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le
attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della
gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e
conseguente all’intervento”;
il MG, qualora non si consideri obiettore, e sempre in accordo con la paziente, può egli stesso
richiedere, con apposita modulistica, l’interruzione della gravidanza: in tal caso la paziente potrà
rivolgersi direttamente all’Ospedale prescelto
per l’intervento;
il momento successivo all’IVG, dopo le dimissioni
della paziente, è particolarmente delicato, dal
momento che l’IVG è vissuta frequentemente
dalla donna come un problema non sempre risolto ma spesso subìto, reso complesso dai rapporti con la famiglia e talora con l’ambiente di lavoro: si tratta talora di un “incidente di percorso”,
ma comunque di un evento traumatico e problematico per le sue implicazioni cliniche, psicologiche ed etiche;
in conclusione è opportuno ricordare il dettato
dell’Art. 43 del Codice di Deontologia Professionale: “L’obiezione di coscienza del medico può esprimersi nell’ambito e nei limiti della legge vigente e
non lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla
relazione di cura nei confronti della donna”(1).
Da alcuni anni viene utilizzata, come alternativa
all’aborto chirurgico, una tecnica medica che consente alla donna di evitare, oltre all’anestesia, anche la degenza ospedaliera.
La tecnica medica approvata dalla FDA statunitense consiste in una dose singola di 600 mg di Mifepristone, seguita a 2 giorni di distanza da 400 mcg
di Misoprostol per via orale (entro il 49° giorno dalle ultime mestruazioni). L’aborto completo si verifica nel 92-99 % delle donne; nel 2-5 % dei casi l’aborto ha luogo prima della somministrazione del Misoprostol. La paziente assume il Mifepristone in ambiente ospedaliero; in seguito ritorna a visita dopo
due giorni, prima di assumere il Misoprostol; dopo
tale assunzione, la donna può scegliere se restare
in osservazione in ospedale o rientrare al proprio
domicilio; si effettua poi una visita di controllo dopo
due settimane. L’emorragia inizia entro tre ore dalla
somministrazione del Misoprostol; la durata varia
notevolmente (da 9 a 24 giorni) (2). Il Mifepristone
provoca la separazione del trofoblasto dall’endometrio, incrementa il tasso di prostaglandine endogene e sensibilizza il miometrio all’azione delle prostaglandine esogene. Inoltre il Mifepristone ammorbidisce il collo uterino facilitando l’espulsione.
L’ABORTO NELLE REVISIONI COCHRANE
ED IN ALTRI STUDI
Una revisione sistematica della Cochrane Collaboration ha analizzato gli studi relativi all’aborto
medico (3). Gli Autori concludono che:
LE VARIE TECNICHE
DELL’ABORTO VOLONTARIO
Normalmente l’IVG è praticata tramite intervento chirurgico: aspirazione in anestesia locale con
degenza breve (day-hospital) in ambiente ospedaliero. Questa modalità di intervento è considerata oggi
sicura: l’evento fatale si verifica in 1 caso ogni
100000 aborti (il rischio di shock anafilattico per la
somministrazione parenterale di penicillina è di 2
su 100000). Anche gli eventi meno gravi sono rari
(8 su 1000). In generale, quanto più l’aborto è precoce tanto più è sicuro (2).
esistono metodi sicuri ed efficaci per l’aborto
medico;
l’uso di farmaci in combinazione è più efficace
rispetto all’uso di un singolo farmaco;
la dose di Mifepristone può essere ridotta a 200
mg senza che si riduca l’efficacia;
il Misoprostol per via vaginale è più efficace che
per via orale;
vi è comunque incertezza in quanto alcuni risultati si basano su studi numericamente poco significativi;
quasi tutti gli studi (trentanove) sono stati condotti in ambiente ospedaliero, con validi accessi a servizi di emergenza e supporto;
non è pertanto chiaro se i risultati siano correttamente applicabili in situazioni di carenza dei
servizi sopradetti.
Un’altra revisione sistematica della Cochrane
Collaboration ha analizzato gli studi mirati sul confronto fra le tecniche mediche e quelle chirurgiche
29
relative all’IVG nel primo trimestre di gravidanza (4).
Gli Autori concludono che:
gli studi esistenti sono pochi (sei) e basati su piccoli numeri;
non vi sono sufficienti evidenze circa l’accettabilità e gli effetti collaterali delle tecniche mediche nei confronti di quelle chirurgiche;
vi è la necessità di ulteriori trials che possano
valutare meglio l’efficacia e l’accettabilità da parte delle pazienti;
gli effetti collaterali dei trattamenti medici consistono in: emorragia (da moderata a grave),
dolore, nausea, vomito e diarrea, presenti dall’inizio del trattamento sino all’aborto; mentre la
procedura chirurgica è un evento meccanico che
si svolge in un tempo breve e definito, la procedura medica comporta un decorso più lungo ed
alcuni momenti significativi: l’assunzione dei farmaci, la comparsa dei sintomi ed il momento
dell’espulsione.
Uno studio anglosassone afferma che le ragioni
più frequenti per cui la donna sceglie l’aborto medico consistono nel desiderio di evitare l’intervento/
l’anestesia (61%) e nella semplicità e naturalezza
(32%). Le donne che preferiscono l’atto chirurgico
desiderano evitare il coinvolgimento e la consapevolezza del processo di espulsione (49%), il dolore
(16%) o l’impatto emotivo (14%) (5).
Occorre poi ricordare che le informazioni reperibili su Internet circa l’impiego del Mifepristone sono
meno complete ed accurate se il sito su cui si trovano ha indirizzo contrario all’aborto medico: questo
rafforza le preoccupazioni circa l’affidabilità e la correttezza scientifica dell’informazione medica reperibile “on line”.
Il CHMP dell’EMEA (6) raccomanda la ricerca di
nuove informazioni riguardo:
30
il rischio di infezioni fatali quando l’uso di 200
mg di Mifepristone sia seguito dalla somministrazione non autorizzata per via vaginale di compresse orali di Misoprostol;
le interazioni del Mifepristone con altri farmaci;
l’uso del Mifepristone e degli analoghi prostaglandinici in pazienti con disturbi dell’emostasi
o anemia severa.
CONCLUSIONI
In conclusione è doveroso rilevare quanto segue:
l’interruzione volontaria della gravidanza non è
un mezzo per il controllo delle nascite (Legge
194 art. 1);
troppo spesso l’IVG è vista come un’opzione troppo facile, poco condivisibile e soggetta ad un
quasi inevitabile giudizio: il più delle volte si tratta invece di una scelta difficile e sofferta (7);
un’informazione completa ed un’assistenza partecipe sono auspicabili durante il percorso che
la donna compie dalla scoperta della gravidanza, attraverso la decisione di interromperla, sino
all’intervento vero e proprio (7);
il Medico di Famiglia ha il compito di prendersi
cura della salute psicofisica della donna che a
lui si rivolge per problematiche inerenti una gravidanza indesiderata, ponendo in atto le sue capacità sia cliniche che di counselling;
circa la scelta fra modalità chirurgica e modalità medica di interruzione legale di gravidanza,
le evidenze scientifiche richiedono ulteriori e più
ampi studi clinici, che tengano conto anche delle motivazioni esposte dalle donne.
BIBLIOGRAFIA
1.
Del Vecchio S, Gualandri G et al. “Lineamenti di medicina
legale per il Medico di Medicina Generale”, CG. Edizioni
Medico Scientifiche, Torino, 2007.
2.
Grimes D, Creinin M. “Induced Abortion: An Overview for
Internists”. Ann Intern Med, 2004; 140: 620-626.
3.
Kulier R, Gulmezoglu AM et al. “Medical methods for first
trimester abortion”. Cochrane Database of Systematic
Reviews 2004, Issue 1. Art. No. CD002855.DOI: 10.1002/
14651858.CD002855.pub3
4.
Say L, Kulier R et. al. “Medical versus surgical methods for
first trimester termination of pregnancy”, Cochrane Database of Systematic Reviews 2002, Issue 4. Art. No:
CD003037. DOI: 10.1002/14651858.CD003037.pub2.
5.
Slade P, Heke S et al. “A comparison of medical and surgical termination of pregnancy: choice, emotional impact
and satisfaction with care”, Br J Obstet Gynaecol, 1998;
105: 1288-1295.
6.
EMEA Press Release from the Committee for Medicinal
Products for Human Use, 19-22 March 2007.
7.
Michieli R. “La salute della donna”, in “Il Medico di Medicina Generale - vademecum”. Hippocrates Edizioni Medico
Scientifiche, Milano, 2003; 2: 163-188.
ABOR T O VOL ONTARIO:
IL VISSUTO DELLE DONNE
Tiziana Antonucci*, Giovanna Scassellati**
*Assistente sociale, AIED, Ascoli Piceno
**Ginecologa, Ospedale S. Camillo - Forlanini, Roma
La gravidanza indesiderata spesso è un’esperienza vissuta in profonda solitudine. Come tutti
gli eventi significativi è condivisa con difficoltà, è
una strada di non ritorno che, in ogni caso, lascerà traccia. Spesso non risulta utile parlarne con
nessuno, perché non possiamo ricevere alcun aiuto né dall’amica, né dalla sorella, né dalla madre,
anche se hanno già vissuto questa esperienza. Il
partner può risultare inadeguato anche con comportamenti opposti: se condivide la decisione per
l’IVG, ci sentiamo rifiutate e ferite; se non prende
posizione e ci lascia decidere in libertà, si dimostra incapace di assumere le proprie responsabilità; se al contrario non condivide l’interruzione della gravidanza è “un’incosciente e non si rende
conto dell’impegno che comporta la nascita di un
figlio”; se non accetta la gravidanza e si spaventa
lasciandoci sole, almeno ci può permettere di concentrarci maggiormente sulla nostra scelta.
Non possiamo delegare la decisione al di fuori di noi ed attribuire la responsabilità a ragioni
esterne quali il lavoro, la relazione, l’età, ecc. Questo potrebbe contribuire ad aumentare il senso di
colpa perché, in fondo sappiamo che non desideriamo quel figlio in quel momento e ciò ci potrebbe far sentire “cattive” portandoci, di conseguenza, a cercare delle giustificazioni.
RAZIONALITA’/EMOZIONI
I fattori emozionali sono altrettanto importanti dei fattori razionali, perché la contraccezione
non è solamente un problema di tecnica ginecologica, ma è anche un comportamento umano nel
quale la visione della sessualità e della maternità, intensamente caricata di affettività e di emozioni, svolge un ruolo essenziale.
NEGAZIONE DELLA MATERNITA’ COME
SENTIMENTO LEGITTIMO
DESIDERIO DI MATERNITÀ
La gravidanza indesiderata è spesso un evento
accidentale, ma non casuale. Il desiderio di maternità può essere ambivalente ed inconscio, ed il controllo della riproduzione può essere messo a rischio
per valutare la propria fertilità. Tutto ciò può essere
destabilizzante e non renderci libere di scegliere.
LA DECISIONE
Proprio perché la maternità è una scelta non
solo razionale ma anche emotiva, é importante
sapersi isolare ed ascoltare il proprio desiderio.
E’ necessario riconoscere la negazione della
maternità come un sentimento legittimo per tentare di decifrarne la matrice.
CAUSE DELL’ABORTO
I concepimenti accidentali sono più frequenti
nei momenti depressivi legati sia a ragioni interiori, che ad abbandoni reali. In queste condizioni
il desiderio di una gravidanza sembra venire a
colmare un vuoto esistenziale.
L’aborto è un evento che si verifica in un momento di fragilità della nostra esistenza, di pro-
SMIC
SOLITUDINE DELLE DONNE
31
fonda sofferenza, di instabilità affettiva. Il negarci
una possibile maternità traduce l’aggressione che
volgiamo verso noi stesse, sentendoci responsabili
degli eventi negativi che ci accadono intorno. Infatti
se al colloquio che segue alla richiesta di IVG andiamo ad indagare sulla sfera affettiva delle donne scopriamo che esse spesso escono da relazioni lunghe
e stabili, separazioni, lutti recenti. cambiamenti di
vita significativi.
La gravidanza indesiderata è un sintomo del
malessere affettivo; nell’adolescente spesso è una
richiesta d’aiuto e un campanello d’allarme di un
disagio familiare.
ABORTO RIPETUTO
Nei casi di aborto ripetuto, ci possono essere
nel passato storie di abusi sessuali, violenze, anoressia, bulimia, depressione, tossicodipendenza, alcolismo.
MONDO OCCIDENTALE/ALTRO
Nel nostro Paese un figlio possiamo averlo solo
se abbiamo una stabilità economica e familiare, ma
purtroppo c’è spesso una rete di servizi assistenziali insufficienti. Osserviamo sempre più di frequente
che le donne occidentali, non avendo avuto gravidanze, dopo i trent’anni hanno un atteggiamento
conflittuale verso la maternità e ne hanno sempre
più paura dicendo: “non mi sento pronta”.
Le donne extracomunitarie, africane, cinesi, indiane ecc, ricorrono invece all’IVG dopo che hanno
già avuto figli, perché, vivendo in occidente, per
motivi economici non si possono permettere altre
gravidanze.
32
RUOLO DEL CONSULTORIO
Importante è il ruolo del consultorio nel fare
emergere le tematiche inconsce e nel porsi dalla
parte delle donne. La formazione dei membri dell’équipe, gli spazi ed il setting non possono essere trascurati. I consultori pubblici devono avere
sempre il personale preposto non obiettore per
la certificazione, per l’accoglienza e per il colloquio. Le donne devono avere una risposta immediata per evitare IVG in epoca gestazionale avanzata e quindi con maggiori complicanze. Inoltre è
importante l’atteggiamento non colpevolizzante
degli operatori con un counseling centrato sull’assunzione di responsabilità, evitando di suscitare
sensi di colpa, al fine di ridurre le recidive. Solo
così si può ottenere un buon indice di ritorno al
consultorio per aumentare i controlli successivi
all’IVG e una prescrizione contraccettiva, premessa per la riduzione delle recidive. Una buona relazione con l’utente si realizza nella continuità dell’assistenza e nella individuazione del consultorio
come punto di riferimento stabile e luogo privilegiato per la gestione di tutte le problematiche connesse alla vita sessuale.
Anche un passaggio dal medico generale o da
quello ospedaliero possono aiutare un migliore ritorno al consultorio, in un circolo virtuoso di collaborazione.
CONCLUSIONI
L’aborto oggi presenta quindi tante sfaccettature e complessità riferibili alle diverse etnie, culture, religioni, presenti nel nostro Paese, ma nello
stesso tempo accomuna tutte le donne nel loro vissuto emotivo.
ABORTO MEDICO CON MIFEPRISTONE
Silvio Viale
A venti anni dalla sua introduzione in Francia,
l’uso del Mifepristone (RU486) in Italia continua
ad essere scoraggiato da polemiche pretestuose,
ma la situazione è destinata a mutare, perché la
Exelgyn, produttrice del farmaco, ha annunciato
che attiverà le procedure di mutuo riconoscimento sulla base delle raccomandazioni approvate
dalla Commissione Europea (1). Non cesseranno
di certo le polemiche, magari aumenteranno, ma
il mifepristone potrà essere finalmente utilizzato
come qualunque altro farmaco secondo gli orientamenti della ricerca scientifica.
Come farmaco abortivo è registrato in 16 Paesi dell’UE (Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Slovenia,
Spagna, Svezia, Ungheria) ed è prossimo ad esserlo in altri. Inoltre è registrato in Norvegia, Israele, Tunisia, Russia, Svizzera, Ucraina, USA, India,
Cuba, Taiwan, Nuova Zelanda, Sud Africa e Cina.
Dalla sua introduzione circa un milione e mezzo
di donne sono state trattate in Europa dal 1988,
650.000 negli USA dal 2000 e decine di milioni in
Cina dal 1988. Nel 2005 l’OMS ha inserito il mifepristone nella lista dei farmaci essenziali (2).
Come antiprogestinico e anticorticosteroide
è oggetto di ricerche cliniche in ambito ostetrico, ginecologico, oncologico, endocrinologico e
psichiatrico (3).
COME UN ABORTO SPONTANEO
L’aborto medico è un’opzione non chirurgica
per le donne che intendono interrompere la gravidanza.
In pratica viene provocato un aborto “spontaneo”, nel senso che ne riproduce la sintomatologia, mediante l’uso sequenziale del mifepristone
e di una prostaglandina.
Anche se il metodo è proponibile nel primo
trimestre e nel secondo trimestre, per aborto
medico si intende quello precoce fino a 49-63
giorni di amenorrea.
Il mifepristone è somministrato alla dose di
200 o 600 mg per via orale, mentre per la prostaglandina si possono utilizzare 1 g di gemeprost per
via vaginale o 400-800 mcg di misoprostolo per
via orale, vaginale, sublinguale o buccale.
Il mifepristone prepara il terreno e la prostaglandina, somministrata due giorni dopo, provoca l’espulsione del materiale abortivo entro poche ore. In una piccola parte dei casi l’espulsione può verificarsi già prima dell’assunzione della prostaglandina o nei giorni successivi. Una
seconda dose di prostaglandina riduce la percentuale di espulsioni tardive ed aumenta l’efficacia. L’efficacia diminuisce con l’aumentare dell’epoca gestazionale.
I sintomi sono riconducibili quasi completamente agli effetti della prostaglandina.
Il dolore, di tipo crampiforme può variare da
nulla a forte, e aumenta in prossimità dell’espulsione, riducendosi nettamente subito dopo. Nausea, vomito e diarrea possono essere presenti in
un quinto dei casi. Il sanguinamento, massimo al
momento dell’espulsione, è variabile per quantità e durata, con perdite ematiche che persistono
per almeno una settimana e, in forma ridotta, anche più a lungo.
Le perdite ematiche costituiscono l’elemento
più critico per il follow-up e per l’accettabilità del
metodo.
Il dolore e il sanguinamento dipendono dall’epoca gestazionale, essendo minimi a 5 settimane, quando la camera ovulare è di circa 1
cm con un embrione non evidenziabile o di pochi mm, e maggiori a 9 settimane, quando la
camera ovulare è di 3-4 cm con un embrione di
circa 22 mm.
SMIC
Ginecologo, Ospedale S. Anna di Torino
33
In pratica, nell’aborto medico fino a 63 giorni un
terzo delle donne riferisce sintomi inferiori o analoghi
a quelli del flusso mestruale, un terzo sintomi di poco
superiori e un terzo sintomi decisamente maggiori.
Complessivamente, il 90% delle donne considera i sintomi sopportabili.
Contrariamente a quanto si crede, anche nell’aborto chirurgico i sintomi possono essere importanti e possono persistere a lungo, sebbene il dolore immediato sia attenuato dall’anestesia.
Poco si sa sul follow-up dell’aborto chirurgico,
poiché le schede ISTAT sono compilate poche ore dopo
l’intervento, al momento della dimissione, e non rilevano le complicazioni successive. In ogni caso, i rischi infettivi sono maggiori e la ritenzione di materiale, che può portare ad un secondo intervento, è più
comune di quanto sia riferito. La riduzione dei livelli
di emoglobina è analoga per i due metodi, nonostante la percezione delle perdite ematiche sia diversa.
In realtà, in assoluto non esiste una scelta migliore tra l’aborto medico e l’aborto chirurgico, ma
quella che è percepita come la migliore nel singolo
caso, nelle condizioni offerte e nel contesto.
Decenni di esclusiva dell’aborto chirurgico lo hanno reso familiare e hanno centrato su di esso tutto
l’aspetto organizzativo, mentre l’aborto medico implica una nuova mentalità e una nuova organizzazione.
Se si considera che i test di gravidanza in commercio sono già positivi nei giorni di mancato flusso, si comprende come la decisione di abortire possa essere presa già a 4-5 settimane, per cui molte
donne accolgono con favore la possibilità di evitare
attese lunghe, spesso psicologicamente e fisicamente difficili. Di solito, l’intervento chirurgico arriva dopo
un’attesa di almeno tre settimane dal momento della decisione, finendo per assumere il significato di
un evento liberatorio nei confronti della gravidanza
e dei sintomi eventualmente presenti.
Oltre che per evitare l’attesa, a favore dell’aborto medico precoce vi sono ragioni mediche e sanitarie, trattandosi di una procedura meno invasiva, praticabile in qualsiasi ambulatorio, con la sala operatoria relegata ad occuparsi delle complicazioni. Inoltre, per tutti i tipi di aborto le complicazioni aumentano con l’epoca gestazionale, per cui è conveniente eseguirlo precocemente dopo che si è presa la
decisione.
Vi sono, poi, i rischi, ma soprattutto i timori, dell’anestesia e dell’intervento chirurgico, che, seppure spesso esagerati dalle donne, esistono davvero
e non sono eliminabili con semplici rassicurazioni.
La cosa più importante è che entrambi i metodi
sono molto sicuri, per cui l’aborto medico è una alternativa a quello chirurgico, come l’aborto chirurgico è un’alternativa a quello medico; fondamentale è
34
potere scegliere tra opportunità mediche e chirurgiche, precoci e successive.
In tutti gli studi, gli indici di soddisfazione sono
molto alti per entrambi i metodi, con il 90% delle
donne che riutilizzerebbe lo stesso metodo e che lo
consiglierebbe ad un’amica.
Chi sceglie l’aborto medico vuole evitare l’intervento chirurgico e l’anestesia, lo considera più naturale, lo ritiene più intimo e più autonomo e accetta di
essere coinvolta nella procedura. Nell’aborto medico, infatti, è la donna che compie il gesto abortivo,
assumendo da sola il farmaco, ed è lei che vivrà il
momento dell’espulsione. In un certo senso è più consapevole, anche se spesso, invece, il motivo principale della scelta è solo quello di poterlo fare prima.
Chi sceglie l’aborto chirurgico non vuole essere
coinvolta, è rassicurata che sia un altro a eseguire
l’aborto e che tutto si esaurisca con l’intervento, lo
considera più veloce, non vuole essere coinvolta e,
sovente, cerca proprio l’anestesia “per non sentire”.
Il dolore e le perdite ematiche, che preoccupano
molto i medici, sono poche volte determinanti nella
scelta del metodo, come dimostra il fatto che, per
entrambi i metodi, il 20% delle donne ritiene che il
metodo scelto sia meno doloroso dell’altro, esagerando di conseguenza i timori per i sintomi dell’altro.
L’unico criterio di inclusione per l’aborto medico
è la presenza di una gravidanza intrauterina entro i
limiti gestazionali stabiliti, che è poi l’unico criterio
da soddisfare anche per l’aborto chirurgico.
Le controindicazioni sono poche: l’ipersensibilità ai principi attivi o agli eccipienti, l’insufficienza
renale cronica, l’asma severa non trattata e la porfiria ereditaria. Sono condizioni di attenzione: una
patologia cardiaca, una patologia cerebrovascolare,
l’asma, l’anemia severa, le gravi coagulopatie, trattamento con anticoagulanti, la malnutrizione, l’insufficienza renale e l’insufficienza epatica. Una eventuale IUD deve essere rimossa.
Ovviamente tutte queste condizioni devono essere rapportate alle alternative, cioè ai rischi dell’intervento chirurgico e a quelli del proseguimento
della gravidanza.
LE RACCOMANDAZIONI DELL’AGENZIA
EUROPEA (EMEA)
Nel giugno del 2007 la Commissione Europea
ha approvato le raccomandazioni dell’EMEA (4) per
uniformare le indicazioni all’utilizzo del Mifepristone nell’Unione Europea. Sebbene debbano essere
considerate alla luce delle leggi e dei regolamenti
vigenti in ogni Paese, esse costituiscono un importante riferimento sanitario per i Paesi membri.
Tabella 1
Regimi raccomandati dal CHMP (4)
INDICAZIONE
IVG fino a 49 giorni
MIFEPRISTONE
PROSTAGLANDINA
600 mg
400 mcg MISOPROSTOLO per os
200 mg
1 mg GEMEPROST endovaginale
600 mg
1 mg GEMEPROST endovaginale
200 mg
1 mg GEMEPROST endovaginale
600 mg
1 mg GEMEPROST endovaginale
600 mg
PROSTAGLANDINA non precisata
600 mg x 2 giorni
PROSTAGLANDINA non precisata
200 mg 36-48 ore prima
–
IVG da 50 fino a 63 giorni
ITG (oltre il primo trimestre)
Morte fetale in utero
Preparazione intervento chirurgico
Le indicazioni approvate sono: 1) la IVG medica
fino a 63 giorni di amenorrea: 2) la preparazione
della cervice uterina prima della IVG chirurgica; 3)
la preparazione all’azione degli analoghi della prostaglandina nella interruzione terapeutica della gravidanza (ITG) per via medica; 4) l’induzione del travaglio in caso di morte fetale in utero e quando non
è possibile utilizzare prostaglandine e ossitocici. Per
ognuna delle quattro indicazioni i regimi raccomandati sono indicati in tabella 1.
Per l’aborto medico il protocollo prevede tre tempi: 1) una prima visita per il mifepristone; 2) una
seconda visita dopo 36-48 ore per la prostaglandina e 3) una terza visita di follow-up entro 14-21 giorni dal mifepristone.
Per il trattamento non è previsto alcun ricovero. Dopo l’assunzione del mifepristone la donna
torna a casa, senza alcuna prescrizione particolare. Il rischio di espulsione prima dell’assunzione della prostaglandina è stimato in circa il 3%.
Dopo l’assunzione della prostaglandina è previsto
che la paziente sia monitorata per tre ore presso
il Centro di trattamento. Nel foglio illustrativo è
però scritto che la donna “dovrebbe rimanere a
riposo a casa per 3 ore dopo aver preso la prostaglandina.”, avallando così la pratica sempre più
diffusa di assunzione domiciliare del misoprostolo. Sin dal 2001 l’ANAES attribuisce il grado di evidenza A per l’assunzione del misoprostolo a casa
fino a 49 giorni (5).
Con i regimi proposti l’efficacia dell’aborto medico fino a 63 giorni è stimata attorno al 95% ed il
gemeprost è considerato più potente del misoprostolo. Il misoprostolo è raccomandato solo fino a 49,
solo per os e solo in associazione con la dose di 600
mg di mifepristone.
Secondo le conclusioni scientifiche dell’EMEA
contrazioni uterine e crampi si verificano nel 10-45%
dei casi e il sanguinamento vaginale dura in media
12 giorni, con un sanguinamento abbondante che si
verifica in circa il 5% e con un rischio di raschiamento emostatico di 0-1.4%. ll rischio di espulsione incompleta è di 1.3 -4.6% e quello di persistenza della
gravidanza di 0-1.5%. Il rischio complessivo di fallimento dell’aborto medico (persistenza gravidanza
+ espulsione incompleta + raschiamento emostatico) varia tra 1.3 e 7.5%. Infezioni successive all’aborto, sospettate o confermate, si verificano in meno
del 5%.
Nel definire dosi e protocolli, prudentemente,
l’EMEA ha preso atto di quanto era già autorizzato
nei Paesi dell’Unione Europea, con l’unica eccezione della riduzione della dose di mifepristone a 200
mg, sempre più utilizzata “off-label” da quando ampi
studi multicentrici dell’OMS hanno confermato l’equivalenza con i 600 mg (6-10), ma fino ad ora non registrata in nessun Paese.
Anche se l’EMEA non ha voluto accogliere nessuna indicazione innovativa dell’OMS (11) o delle
principali società scientifiche (5, 12, 13), il risultato
è comunque un quadro che costringerà tutti i Paesi
ad ampliare le proprie autorizzazioni e che spingerà
ulteriormente la ricerca verso soluzioni nuove.
Tra queste vi sono la riduzione definitiva a 200
mg della dose di mifepristone e la sostituzione del
gemeprost con il misoprostolo come è riportato in
tabella 2. Per via vaginale e buccale l’assorbimento
è più lento, con un picco minore, per cui è possibile
somministrare una dose maggiore e garantire concentrazioni ematiche più elevate per un tempo più
lungo (Fig. 1), con la conseguenza che l’efficacia è
maggiore e che gli effetti collaterali sono minori.
35
Tabella 2
Regimi con 200 mg di mifepristone e misoprostolo
AMENORREA
MISOPROSTOLO
WHO 2003 (11)
49 gg
63 gg
200 mg
200 mg
400 mcg per os;
800 mcg per via vaginale;
RCOG 2004 (12)
63 gg
200 mg
800 mcg per via vaginale + 400 mcg dopo
4 ore per os o per via vaginale se espulsione non avvenuta;
ANAES 2001 (5)
49 gg
63 gg
200 mg
200 mg
400 mcg per os;
400 mcg per os ripetuta dopo 3 ore se espulsione non avvenuta;
ACOG 2005 (13)
63 gg
200 mg
800 mcg per via vaginale;
PPFA 2006 (14)
63 gg
200 mg
63 gg
200 mg
800 mcg per via vaginale; ripetuta entro 48
ore se nessun sanguinamento;
800 mcg per via buccale;
63 gg
63 gg
56 gg
200 mg
200 mg
200 mg
800 mcg per via vaginale;
400 mcg + 400 mcg dopo 2 h
800 mcg per via buccale
NAF 2006 (15)
Figura 1: Concentrazione plasmatica del misoprostolo dopo le somministrazioni orali e vaginali (16).
CLOSTRIDIUM SORDELLII
Prima che esplodessero le polemiche sulle morti
causate dal Clostridium sordellii, una review su 63
studi, che coinvolgevano 46.421 donne, aveva confermato un basso rischio di infezione per l’aborto
medico, 0.98% (17), con percentuali di 0.21% per il
misoprostolo orale, di 1.31 per il misoprostolo vaginale e di 1.51 per il gemeprost. Per l’aborto chirurgico i rischi infettivi variano dallo 0.1 al 4% (18), fino
al 10% per il RCOG (12). L’EMEA indica in 5% il ri-
36
schio di infezione per l’aborto medico e definisce
“rarissimi” i casi di shock tossico fatale causati da
Clostridium sordellii, escludendo il nesso potenziale con il mifepristone.
La questione riguarda 6 decessi: 5 attribuiti al
Clostridium sordellii (4 in California e 1 in Canada) e
1 al Clostridium perfrigens (in Western USA, ma non
in California). Il caso canadese risale al 2001 (19),
mentre i quattro casi californiani si sono verificati
tra il settembre 2003 e il giugno 2005 (20, 21). Quello
attribuito al Clostridium perfrigens è successivo (14).
In assenza di altre spiegazioni, l’attenzione si è
focalizzata sul misoprostolo, utilizzato off-label per
via vaginale, essendo più difficile sostenere che la
responsabilità fosse attribuibile ad una dose ridotta
di 200 mg di mifepristone.
L’epidemiologia delle infezioni da Clostridium
sordellii è poco chiara, perché i casi di infezione grave sono rari e riguardano diverse discipline.
In una review del 2006 sono elencati 45 casi, da
17 giorni di età a 95 anni, con una mortalità complessiva di 31 su 45, che diventa 100% per i 15 casi di
ostetricia: otto casi post-partum, due per aborto spontaneo e cinque per aborto medico (22). In passato il
Clostridium sordellii è stato isolato anche in sei neonati, 2-11 gg, con infezione del cordone ombelicale,
dei quali 5 morirono (23). Più che il trattamento medico, si può ipotizzare che la gravidanza sia una condizione di rischio per la gravità dell’infezione.
In un workshop governativo tenuto ad Atlanta del
maggio del 2006 (24) si è deciso di procedere ad un
programma di sorveglianza e di ulteriori ricerche,
senza addossare la responsabilità al protocollo per
l’aborto medico.
Al workshop un relatore ha riproposto l’ipotesi
che il mifepristone abbasserebbe le difese immunitarie (25), ma tale effetto antiglucocorticoide è possibile solo con dosi di 400 mg o con una somministrazione di 200 mg al dì per parecchi giorni (26).
Inoltre, non sono state osservate riduzioni delle difese immunitarie in trattamenti continuativi con 200
mg per meningioma (27) e con dosi di 10 mg per Kg
per sette giorni (28).
Le polemiche sulla mortalità per aborto hanno,
ovviamente, creato molto scalpore, soprattutto dopo
che è stato detto che la mortalità per aborto medico
in nordamerica sarebbe di circa 1 su 100.000, mentre quella comparabile per aborto chirurgico sarebbe 1 su un milione (29), insistendo sul fatto che sarebbe superiore di 10 volte. In realtà, si tratta di un
tasso analogo a quello per l’aborto spontaneo, che
è tra 0.7 (30) e 1.2 per 100.000 (31), con tasso di
mortalità per aborto medico negli USA che a metà
del 2006, è di 0.7 per 100.000 (32), 0.8 per 100.000
includendo il caso canadese.
In ogni caso si tratta di rischi molto bassi, di casi
sporadici, che ripropongono la questione di come
occorra essere onesti nel comunicare i rischi e valutare il contesto, poiché non si sceglie una procedura solo per i rischi. Se così fosse, si dovrebbe proporre l’aborto medico per evitare il rischio 10-13
volte superiore di gravidanza a termine (33-35),
La tabella 3 riporta i rischi di mortalità negli Usa
per alcune situazioni ostetriche.
Il Clostridium sordellii è un batterio anaerobico
del terreno e del tratto intestinale, presente nella flo-
ra vaginale con percentuali che variano da 0.1–0.5%
(36) a 5-10% (37). Con tali prevalenze, negli USA
sarebbero state sottoposte ad aborto medico un
numero variabile tra 600 e 60.000 donne portatrici
del Clostridium sordellii con solo 4 casi di infezioni
mortali. Non vi è alcuna evidenza di un nesso di causalità tra l’aborto medico e le infezioni da Clostridium sordellii, se non le stesse di altre situazioni
ostetriche. Per il momento, come veniva osservato
già nel 1981, si può confermare che le morti legate
a sepsi per aborto evidenziano un filo comune: ritardo nel riconoscere la malattia, ritardo nel cercare aiuto e ritardo nell’iniziare il trattamento (38).
Tabella 3
Mortalità per condizione ostetrica in USA
(30) - rielaborata dall’autore
Mortalità per 100.000 in USA
Aborto legale
0.57-0.8
Aborto chirurgico < 9 settimane
0.1
Aborto chirurgico 9 – 10 settimane
0.2
Aborto medico
0.7-1
Aborto spontaneo
0.7-1.2
Gravidanza a termine
7.1-13,2
Gravidanza extrauterina
31.9
Morte endouterina
96 .3
Globale in gravidanza
5.6-7.4 *
* inserendo 1.004 donne decedute in gravidanza, in
associazione con mola idatiforme, o di cui non si
conosce l’esito della gravidanza.
LA REALTA’ ITALIANA
L’interesse per la RU486 in Italia è stato mosso
dallo studio clinico dell’Ospedale S. Anna di Torino.
Il suo iter è la dimostrazione di quanto sia difficile
considerare l’aborto come un qualunque altro aspetto della sanità italiana.
La prima richiesta è del gennaio 2001, ma per
l’inizio si dovrà attendere il settembre del 2005, fino
alla sospensione dell’agosto del 2006 in attesa che
la magistratura torinese verifichi la liceità dei permessi di uscita, concessi a 289 donne su 336, e del
day hospital. Complessivamente sono state trattate
362 donne, 26 in day hospital e 336 in ricovero ordinario, senza che siano emerse differenze tra la
dose di 200 mg e quella di 600 mg, il cui confronto
era l’obiettivo, con una percentuale di revisioni del-
37
la cavità uterina attorno al 6.6% (39). Nello studio,
315 donne (26 in day hospital e 289 in permesso)
non sono rimaste in ospedale tra l’assunzione del
mifepristone e quella del misoprostolo due giorni
dopo, mentre 47 sono rimaste in ospedale.
Il punto centrale della questione è proprio il presunto obbligo di rimanere dentro l’ospedale fino all’espulsione.
E’ chiaro che, se tale obbligo dovesse essere
affermato, la storia della RU486 in Italia sarebbe
praticamente finita prima ancora di iniziare, essendoci una evidente sproporzione tra le esigenze della
donna e l’ospedalizzazione coatta.
Da un punto di vista medico i rischi sono sovrapponibili a quelli in cui vi è il rischio di espulsione del
prodotto del concepimento al di fuori dell’ospedale,
come nella minaccia di aborto o come nel caso della condotta di attesa nell’aborto interno. In questi
casi il ricovero sarebbe addirittura considerato improprio.
L’EMEA non prevede alcun ricovero per l’aborto
medico e l’OMS indica come un adeguato livello organizzativo il “primary-care facility level”, cioè una
struttura sanitaria di base che non prevede la permanenza di notte (11).
Da un punto di vista legale, l’articolo 8 della Legge 194 - “l’interruzione della gravidanza è praticata
da un medico del servizio ostetrico-ginecologico
presso un ospedale generale” - non impone il ricovero, ma si limita ad indicare la figura che può praticare l’aborto senza prescrivere modalità tecniche
di esecuzione, tempi di permanenza nella struttura
sanitaria e controlli.
Nel caso dell’aborto medico, gli effetti abortivi
differiti nel tempo, rispetto a quelli immediati propri
dell’intervento chirurgico, sono la conseguenza dell’intervento che è “praticato da un medico del servizio ostetrico-ginecologico presso un ospedale generale” e non sono la pratica, cioè l’azione. L’interruzione della gravidanza è praticata dal medico somministrando i farmaci, ma l’espulsione non coincide
con la pratica come per l’aborto chirurgico, perché
l’espulsione è una conseguenza dell’interruzione
della gravidanza, che consiste appunto nella somministrazione dei farmaci.
Un’inchiesta analoga a quella torinese è stata
aperta nel 2006 nei confronti dell’Ospedale Buzzi di
Milano ed è stata archiviata dalla magistratura milanese. A 53 donne era stato praticato l’aborto medico somministrando il methotrexate (farmaco utilizzato per interrompere le gravidanze extrauterine)
e sette giorni dopo la prostaglandina, con le donne
che non sono rimaste in ospedale.
Attualmente l’aborto farmacologico è praticato
in alcuni ospedali italiani, con il farmaco che viene
38
importato di volta in volta e con modalità organizzative sostanzialmente centrate sul day hospital.
Complessivamente, dal settembre del 2006 ad
oggi, sommando la sperimentazione dell’Ospedale
S. Anna e le altre esperienze, più di mille donne, probabilmente 1500, sono state sottoposte all’aborto
medico per l’interruzione volontaria di gravidanza,
in almeno una decina di strutture di sei regioni e tentativi sono stati compiuti in diverse altre regioni.
PROSPETTIVE
Quando l’aborto medico fu introdotto negli anni
’90, le cliniche olandesi, note per accogliere donne
da tutta Europa, non furono entusiaste, ritenendo
che lo standard raggiunto dal metodo chirurgico non
fosse superabile.
Oggi, in alcune zone della Norvegia l’aborto medico è offerto come prima scelta ed è utilizzato per
le gravidanze precoci dalla maggior parte delle donne in Francia, Finlandia, Scozia, Svizzera e Svezia.
Oltre due milioni di donne lo hanno utilizzato nei
Paesi occidentali. Tra queste anche una percentuale piccola, ma significativa, di donne olandesi.
A volte i motivi legati alla non diffusione dell’aborto medico sono correlati a questioni assicurative di
rimborso dei costi, altre volte a situazioni organizzative svantaggiose, altre volte ad abitudini o a semplici pregiudizi.
Da un punto di vista della sicurezza il metodo
non presenta grandi problematiche, a parte quelle
di ogni nuova metodica, che è normalmente soggetta a miglioramenti tecnici e a cambiamenti.
Anche le polemiche attorno allo “scandalo” delle morti per sepsi da Clostridium sordellii - da non
sottovalutare in tutta l’ostetricia - hanno contribuito
a confermare l’affidabilità del metodo.
La FDA non ha compiuto alcun passo indietro.
L’OMS ha pubblicato delle linee guida (11), ha
promosso studi specifici sul mifepristone (6-10, 40,
41) e sul misoprostolo (42), inserendoli nella lista
dei farmaci essenziali (2).
In Europa, l’EMEA ha definito il quadro di riferimento per i Paesi dell’UE (1).
In Italia, l’AIFA dovrà valutare la richiesta di registrazione del mifepristone per mutuo riconoscimento.
La sfida per il sistema sanitario italiano è quella di potere offrire l’aborto medico accanto a quello chirurgico, superando tutti gli ostacoli che potranno essere frapposti, avendo come riferimento le
raccomandazioni approvate dalla Comissione Europea. La 194 non è un ostacolo, anzi è uno stimolo. In applicazione dell’articolo 15 si possono adottare tutte le raccomandazioni dell’EMEA per il mi-
fepristone e si può applicare la 194 ove prevede di
utilizzare strutture territoriali funzionalmente collegate agli ospedali.
Inoltre, si può iniziare ad utilizzare il misoprostolo
per le IVG del secondo trimestre, per l’aborto interno, per l’aborto incompleto e per l’ammorbidimento
della cervice in alternativa al gemeprost.
Diversamente da quanto accaduto finora, anche
i medici italiani potranno contribuire alla ricerca sull’aborto e negli altri settori della medicina in cui il mifepristone e il misoprostolo sembrano essere utili.
In conclusione, non bisogna dimenticare che
l’aborto è per le donne, che riguarda essenzialmente le donne - i loro desideri, le loro speranze, le loro
paure, le loro tragedie, le loro battaglie, i loro bisogni, i loro sentimenti, le loro conoscenze, il loro potere, le loro oppressioni, la loro libertà, le loro costrizioni, le loro risorse e le loro decisioni - e le società in cui vivono. E’ per loro che occorre offrire le
migliori soluzioni e garantire la possibilità di scelta
tra metodi medici e chirurgici. E’ per loro che bisogna introdurre l’aborto medico precoce con mifepristone. Come ogni altra metodica, l’aborto medico
potrà essere migliorato e potrà anche essere soggetto a critiche, ma non dovrà più essere negato.
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motivi della modifica dei riassunti delle caratteristiche
del prodotto e dei foglietti illustrativi presentati dall’EMEA. Mifegyne - Mifepristone.
18. Lichtenberg ES, Grimes DA, Paul M “Abortion complications: prevention and management”. In: Paul M, Lichtenberg ES, Borgatta L et al. eds. “A Clinician’s Guide to Medical and Surgical Abortion”. New York, NY,
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15. National Abortion Federation. “Protocol for mifepristone/misoprostol for early abortion.” March 2006. http:/
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16. Zieman M, Fong SK, Benowitz NL et al. “Absorption
kinetics of misoprostol with oral or vaginal administration”. Obstet Gynecol, 1997; 90 (1), 88-92.
19. Murray S, Wooltorton E. “Septic shock after medical
abortion with mifepristone (Mifeprex, RU486) and misoprostol”. CMAJ, 2005; 173 (5): 485.
5.
Agence Nationale d’Accréditation et d’Evaluation en Santé (ANAES). «Prise en charge de l’interruption de grossesse jusqu’a 14 semaines». ANAES,Paris,march 2001.http:/
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World Health Organisation. Task Force on Post-Ovulatory Methods for Fertility Regulation. “Pregnancy termination with mifepristone and gemeprost: a multicentre comparison between repeated doses and a
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39. Viale S. “La sperimentazione italiana: perchè una sperimentazione?”, Comunicazione personale dell’autore. Workshop Regione Lombardia, “Interruzione volontaria di gravidanza farmacologica: realtà o mito?”.
Milano, 12 ottobre 2006.
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mifepristone for early medical abortion-side effects”.
BJOG, 2004; 111 (7): 715-725.
42. World Health Organization. Research Group on PostOvulatory Methods for Fertility Regulation. “Efficacy
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misoprostol for termination of early pregnancy: a randomised controlled equivalence trial”. Lancet, 2007;
369 (9577): 1938-1945.
LETTERE ALLA RIVIS TA
Inizia da questo numero la rubrica delle lettere alla Rivista. Riteniamo che esse siano un importante strumento di collaborazione e di conoscenza con i Lettori, che ci daranno certamente
stimoli a migliorare i contenuti della Rivista e le azioni della SMIC.
Peraltro le lettere saranno anche stimolo critico agli Autori, i quali, se vorranno, potranno a loro
volta dialogare con i Lettori ed acquisirne i suggerimenti.
Non è questo un campo di battaglia dove far risaltare tenzoni culturali, è piuttosto un terreno di
incontro tra visioni diverse, che vogliano convergere all’obiettivo di migliorare il lavoro delle tre
componenti fondamentali della SMIC, il medico generale, il ginecologo ospedaliero, il ginecologo consultoriale, ma anche il lavoro di quanti altri si vogliano unire alla loro cordata.
Caro Emilio,
ti scrivo a nome di tutti noi del Cemp di Genova per complimentarmi con te per la nascita della
nuova Società e della nuova Rivista. Come al solito hai risposto a un bisogno che “noi del settore”
da un pò di tempo sentivamo. Cioè riportare agli
onori della ribalta un argomento che sembrava
erroneamente e pericolosamente obsoleto: la
contraccezione.
E ci è piaciuto anche il tuo primo articolo, così
attento a tutti quegli aspetti estremamente importanti ed utili, ma esposti al rischio di divenire un pò
trascurati o dati per ovvii nel lavoro quotidiano.
Ti facciamo i migliori auguri per un meritato
successo, e restiamo a tua disposizione qualora
potessimo esserti utili.
Un cordiale saluto a nome di tutti.
Lucia Camplani – Cemp Genova
Nel ringraziare l’amica Camplani e tutti gli amici e colleghi del CEMP di Genova, riaffermo l’invito
a tutti gli operatori della salute riproduttiva, in qualunque punto essi lavorino, ad appropriarsi delle
pagine di questa Rivista e ad unirsi alla SMIC per
fornire un contributo alla crescita di conoscenza in
questo complesso e delicato settore. Presto sarà
operativo anche il sito della SMIC, aperto a tutti
coloro che lo vorranno visitare, e quello sarà un
importante strumento di interrelazione. (ea)
15 luglio 2007
Gentili Colleghi,
riguardo alla Rivista in oggetto esprimo un parere molto favorevole alla iniziativa, che tende a
colmare un gap non indifferente tra MMG e specialisti ginecologi.
A proposito dell’articolo “Contraccezione ormonale e tumori di interesse ginecologico” del dr.
Emilio Arisi, mi preme far notare alcune cose che
ho riscontrato nella introduzione.
Viene segnalato che uno studio pubblicato sul
BMJ nel 1999 non ha evidenziato differenze di
mortalità tra utilizzatrici e non. Ho ricercato lo studio e nei key point finali leggo:
- This 25 year follow up of 46 000 UK women
found a decrease in mortality from ovarian
cancer and an increase in mortality from circulatory diseases and cervical cancer among
women were using oral contraceptives or had
used them in the past 10 years.
- 10 or more years after stopping use mortality
was similar in past users and never users.
- Oral contraceptives seem to have their main
effect on mortality mainly while they are being
used and in the 10 years after stopping use.
- There is little evidence to suggest any persistent adverse effect 10 or more years after
use of oral contraceptives ceases.
Il commento conclusivo del dr. Arisi su questo
articolo del BMJ, è il seguente: “Lo studio ha evidenziato anche una serie di benefici in termini di
salute sia a livello ginecologico che generale”.
In base ai key messages finali, non capisco ...
Viene citato poi un lavoro pubblicato su “The
Lancet” del 2003 e si riporta la tabella (modificata) dalla quale si evince che il RR di morte per
carcinoma del seno è 0,8 se “usato CO”. Poche
righe dopo si segnala che “in una review molto
estesa .... si inserirebbe un aumento della incidenza del cancro al seno (+2,2 donne)...”. Mi
sembra inopportuno citare in poche righe due
studi con risultati opposti, si tende a confondere
il lettore. Capisco che l’argomento sia molto controverso (rapporto CO e cancro del seno), ma
questo non mi sembra il modo più opportuno per
affrontarlo. Altro appunto, riportare i dati in forma diversa: RR in uno studio e + 2,2 donne (che
significa?) nell’altro.
Vista la delicatezza dell’argomento (contraccezione e tumori), si dovrebbe segnalare che le
conclusioni che si traggono sono basate quasi
esclusivamente su studi osservazionali e quindi
studi che sono solo generatori di ipotesi e non di
“certezze”.
Non vengono mai riportati i limiti di confidenza che al giorno d’oggi sono essenziali per poter
valutare una stima puntuale.
SMIC
15/06/2007
41
Pur segnalando nel titolo che si parlerà solo di
“contraccezione ormonale e tumori di interesse ginecologico” mi sembra che il messaggio sia troppo
positivista e tenda a far sottovalutare che ci possono essere degli effetti avversi in campo cardiocircolatorio.
Concludendo, ottima l’idea. Sarebbe importante svilupparla secondo le regole della evidence based medicine.
Dott. Alessandro Calderan
Piazza Rizzo 36 / c.a.p. 30027
San Donà di Piave - Venezia - Italy
[email protected]
Ringrazio il Collega Calderan per le puntuali osservazioni ed i suggerimenti.
Il commento che nel lavoro di Arisi (1) al punto “Introduzione” si fa rispetto allo studio del Royal College
of General Practitioners (RCGP) ha preso in considerazione la valutazione dei risultati che l’Autore del lavoro, Beral (2) fa alla tabella 1 sui ratio di mortalità standardizzati e sui rischi relativi di mortalità tra utilizzatrici e non utilizzatrici, tenendo in considerazione solo il
rischio di morte per i 4 tipi di tumori ginecologici considerati: seno, cervice, corpo dell’utero, ovaio. I key messages del lavoro prendono invece in considerazione
l’insieme dei tumori, e non solo quelli ginecologici, che
sono invece il solo tema del testo di Arisi.
Il commento più generale “Lo studio ha evidenziato anche una serie complessiva di benefici in termini di salute, sia a livello ginecologico che generale”, messo nel testo adeguatamente solo dopo la citazione del lavoro di Beral, riguarda nel suo insieme il
corposo e decennale studio del RCGP, che non si limita ovviamente a questa sola pubblicazione.
I dati riportati e posti in tabella 2 da Arisi, come
citato, sono quelli di Vessey (3) sulla mortalità per tumore ginecologico, e sono tratti dall’ampio studio della
Oxford Family Planning Association. Essi mostrano un
rischio relativo (RR) di morte per carcinoma al seno
di 0.8 (95 % CI 0.6-1.1) raffrontando utilizzatrici di CO
vs non utilizzatrici (vedi il punto “Deaths from breast
and reproductive cancers” del lavoro di Vessey).
Infine i dati riportati da Burkman (4) sono una analisi di molti lavori; in particolare si riportano i dati di
cancro invasivo osservati in donne USA 20-59 anni
sia di razza bianca che di razza nera. Per essere più
aderenti alla nostra realtà europea-italiana ho riportato, come citato, solo quelli riguardanti la razza bianca per 4 anni di uso della CO, che peraltro non differiscono sostanzialmente da quelli ad 8 anni di uso (pur
citati nella Tab. 5 del lavoro di Burkman); semplicemente nella tabella, che mostra le differenze tra razza bianca e razza nera, vengono riportati i casi in più
o in meno di cancro su 1000 utilizzatrici piuttosto
che i RR. Non avendo altro a disposizione ho citato i
valori assoluti.
Peraltro se si riportano studi diversi di Autori diversi su popolazioni diverse è abbastanza facile trovare dati diversi; ciò fa parte della variabilità delle popolazioni e dei fatti clinici. In un lavoro che riporta 83
voci bibliografiche è abbastanza logico che vi siano
voci con toni differenti, e vale la pena riportarle.
42
Riguardo alle regole della EBM, bisogna che ci
chiediamo di quale EBM parliamo. Se prendiamo ad
esempio il sito del GIMBE (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze) vediamo che la EBM è
un movimento culturale che si è diffuso favorito da
alcuni fenomeni che hanno contribuito ad una crisi
dei modelli tradizionali della medicina. In particolare
David Sackett precisa che “la EBM costituisce un approccio alla pratica clinica dove le decisioni cliniche
risultano dall’integrazione tra l’esperienza del medico e l‘utilizzo coscienzioso, esplicito e giudizioso delle migliori evidenze scientifiche disponibili, mediate
dalle preferenze del paziente”. Si vede dunque quante sono le variabili che entrano in gioco nella ponderazione di una serie di lavori e delle scelte cliniche,
per trasferirle poi al meglio nella pratica quotidiana.
Va infine ricordato che la storia della medicina,
dal talidomide in poi, ma anche recentemente, ci ha
proposto studi di grande evidenza, con successivi risultati clinici disastrosi (si veda ad esempio la storia
di alcune statine, od ancora più recentemente quella
del rosiglitazone, che per fortuna non è mai entrato
in Italia). La EBM va certamente accolta come filosofia, ma applicarla realmente è illusorio, ed occorre
sempre comunque molta prudenza. (ea)
1.
Arisi E. “Contraccezione ormonale e tumori di interesse
ginecologico: carcinoma dell’ovaio, dell’endometrio, della mammella, della cervice”, Contraccezione Sessualita’ Salute Riproduttiva, 2007; 1 (1): 7-13.
2.
Beral V, Hermon C, Kay C. et al. “Mortality associated
with oral contraceptive use: 25 year follw-up of cohort
of 46000 women from Royal College of General Practitioners’ oral contraceptive study”. B.M.J., 1999; 318
(7176): 96-100.
3.
Vessey M, Painter R, Yeates D. “Mortality in relation to
oral contraceptive use and sigarette smoking”. Lancet,
2003; 362: 185-191.
4.
Burkman R, Schlesselman JJ, Zieman M. “Safety concerns and health benefits associated with oral contraception”. Am. J. Obstet. Gynecol., 2004; 190: S5-22,
GRUPPI DI LAVORO DELLA SMIC
Durante il Congresso SIGO di Napoli 14-17 ottobre 2007 vi sarà uno spazio della SMIC, federata
AOGOI, cui i Congressisti interessati potranno esprimere la loro adesione formale.
Verranno inoltre attivati i gruppi di lavoro della
SMIC su:
1. contraccezione ormonale;
2. contraccezione non-ormonale;
3. malattie sessualmente trasmesse;
4. aborto;
5. educazione alla salute sessuale riproduttiva.
Tutti coloro che sono interessati potranno iscriversi ai singoli gruppi, la cui attività verrà poi sistematicamente continuata con riunioni, utilizzo del
sito internet, video conferenze per via telematica,
produzione di documenti. La Rivista “Contraccezione Sessualità Salute Riproduttiva”, organo della
SMIC, terrà informati tutti i Soci su queste attività.