Esercizi per il corso di Analisi Funzionale a.a. 2006-2007

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Esercizi per il corso di Analisi Funzionale a.a. 2006-2007
Esercizi per il corso di Analisi Funzionale
a.a. 2006-2007
Virginia Agostiniani
1
Prima lezione
Esercizio 1.1. (Dal libro Kirillov)
Siano L uno spazio vettoriale normato e f ∈ L∗ \ {0}. Dimostrare che
kf kL∗ =
1
,
dist(H[f = 1], 0)
dove con H[f = 1] si intende l’iperpiano {x ∈ L : f (x) = 1}.
Risoluzione.
dist(H[f = 1], 0) =
inf
kxk,
x∈ H[f =1]
devo quindi dimostrare che
1
= inf kxk.
kf kL∗
x∈ H[f =1]
(i) Per definizione di estremo inferiore mostriamo per prima cosa che per ogni
x ∈ H[f = 1] si ha che kf k1 ∗ ≤ kxk.
L
Utilizzando la definizione di norma duale e alcune evidenti minorazioni, segue
che
kf kL∗
+
|hf, xi|
|hf, xi|
≥ sup
x∈ L\{0} kxk
x∈ H[f =1] kxk
=
1
1
≥
kxk
kxk
x∈H[f =1]
sup
sup
per ogni x ∈ H[f = 1].
(ii) Dobbiamo ora dimostrare che per ogni ε > 0 esiste x ∈ H[f = 1] tale che
kxk <
1
+ ε.
kf kL∗
Osserviamo che, fissato x0 ∈ H[f = 1] (H[f = 1] 6= ∅, essendo f 6= 0), possiamo
scrivere ogni x ∈ L come λx0 +y per certi y ∈ Kerf , λ ∈ R . Sempre ricordando
che f 6= 0, si ha che
|hf, xi|
kf kL∗ = sup
,
x∈ L\Kerf kxk
1
quindi
1
kxk
= inf
.
kf kL∗
x∈ L\kerf |hf, xi|
Per definizione ciò significa che per ogni ε > 0 esiste un xε ∈ L \ kerf tale che
kxε k
1
+ ε.
<
|hf, xε i|
kf kL∗
Essendo xε = λε x0 + yε per certi λε 6= 0 (infatti xε ∈
/ kerf ) e yε ∈ kerf si ha
dunque
kλε xo + yε k
1
+ ε,
<
|λε |
kf kL∗
che è quanto volevamo dimostrare, essendo x0 +
yε
λε
∈ H[f = 1].
Esercizio 1.2. (Esercizio II.4 Brezis)
Siano E ed F spazi di Banach e sia a : E × F −→ R forma bilineare tale che:
(i) per ogni x ∈ E l’applicazione che associa ad ogni y ∈ F il valore a(x, y) sia
continua;
(ii) per ogni y ∈ F l’applicazione che associa ad ogni x ∈ E il valore a(x, y) sia
continua.
Dimostrare che esiste una costante C ≥ 0 tale che per ogni x ∈ E e y ∈ F
|a(x, y)| ≤ C|xkkyk.
Risoluzione. Per la risoluzione dell’esercizio useremo il seguente corollario al teorema
di Banach-Steinhaus:
”Sia G spazio di Banach e B ⊆ G∗ . Sia
[
hf, xi
f ∈B
limitata (in R) per ogni x ∈ G. Allora B è limitato in G∗ ”.
Dimostriamo che
ka(., y)kE ∗
sup
= C ∈ [0, +∞).
kykF
y∈F \{0}
(Da questo si ha poi la tesi, potendo scrivere, anche grazie all’ipotesi (ii), che per
ogni x ∈ E e y ∈ F |a(x, y)| ≤ ka(., y)kE ∗ kxkE ≤ CkykF kxkE .)
Sia H l’insieme delle applicazioni
hy : E −→ R
a(x, y)
x 7→
kykF
al variare di y ∈ F \ {0}. Chiaramente H ⊆ E ∗ . Per ogni x ∈ E risulta
hH, xi =
[
hhy , xi =
y∈F \{0}
[
y∈F \{0}
2
a(x, y)
kyk
limitato, essendo
|a(x, y)|
= ka(x, .)kF ∗
y∈F \{0} kykF
sup
per ogni x ∈ E grazie all’ipotesi (i). Dunque per il corollario ricordato si ha che H è
limitato in E ∗ . Quindi, in particolare,
sup khy kE ∗ =
y∈F \{0}
|a(x, y)|
= C ∈ [0, +∞).
y∈F \{0} kykF
sup
Esercizio 1.3. (Esercizio I-10 Brezis)
Sia L spazio vettoriale normato. Fissati x1 , . . . , xn in L e c1 , . . . , cn in R, dimostrare
che le seguenti affermazioni sono equivalenti:
(i) Esiste f ∈ L∗ tale che kf k ≤ 1 e f (xj ) = cj per j = 1, . . . , n.
(ii) Per ogni scelta di λ1 , . . . , λn in R, |λ1 c1 + . . . + λn cn | ≤ kλ1 x1 + . . . + λn xn k.
Risoluzione.
(i)⇒ (ii). Dalle ipotesi discende direttamente che per ogni scelta di λ1 , . . . , λn risulta:
|λ1 c1 + . . . + λn cn | = |λ1 f (x1 ) + . . . + λn f (xn )| = |f (λ1 x1 + . . . + λn xn )|
≤ kf kkλ1 x1 + . . . + λn xn k ≤ kλ1 x1 + . . . + λn xn k.
(ii)⇒ (i). Per la dimostrazione sfrutteremo il seguente corollario al teorema di HahnBanach:
”Sia L spazio vettoriale normato e G sottospazio vettoriale di L. Sia g ∈ G∗ .
Allora esiste f ∈ L∗ prolungamento di g tale che kf kL∗ = kgkG∗ ”.
Sia G = hx1 , . . . , xn i e g ∈ G∗ tale che g(xj ) = cj per j = 1, . . . , n. Sfruttando
l’ipotesi e la definizione di norma duale si ha che
P
P
|hg, nk=1 λk xk i|
| nk=1 λk ck |
Pn
Pn
kgkG∗ =
sup
=
sup
≤ 1.
(λ1 ,...,λn )∈Rn \{0} k
(λ1 ,...,λn )∈Rn \{0} k
k=1 λk xk k
k=1 λk xk k
Per il corollario ricordato esiste f ∈ L prolungamento di g tale che
kf kL∗ = kgkG∗ . Tale f è quella cercata.
Esercizio 1.4. (Esercizio III.28 Brezis)
Sia E spazio di Banach uniformemente convesso. Per ogni x ∈ E sia
F (x) + {f ∈ E ∗ : kf k = kxk e hf, xi = kxk2 }.
Mostrare che per ogni f ∈ E ∗ esiste un e un solo x ∈ E tale che f ∈ F (x).
Risoluzione. Osserviamo innanzitutto che per ogni x ∈ E
F (x) = {f ∈ E ∗ : kf k = kxk e hf, xi = kf k2 }.
Fissiamo f ∈ F ∗ .
3
Esistenza. Sia G∗ + {λf }λ∈R . G∗ è sottospazio vettoriale di E ∗ . Sia ζ il funzionale lineare
e continuo su G∗ definito da ζ(λf ) = λkf k per ogni λ ∈ R. Per un corollario al
teorema di Hahn-Banach (lo stesso ricordato nell’esercizio precedente), esiste
X ∈ E ∗∗ prolungamento di ζ tale che kXkE ∗∗ = kζkG∗∗ . Valutiamo adesso
kζkG∗∗ usando la definizione di norma duale:
kζkG∗∗ =
|hζ, λf i|
|λ|kf k2
= sup
= kf k.
λ∈R\{0} kλf k
λ∈R\{0} |λ|kf k
sup
Abbiamo dunque mostrato che esiste X ∈ E ∗∗ tale che kXkE ∗∗ = kf k e
hX, f i = kf k2 . Per concludere rimane da osservare che l’uniforme convessità di
E comporta, per il teorema di MIlman, la sua riflessività. Dunque esiste x ∈ E
tale che hf, xi = hX, f i = kf k2 e kxkE = kXkE ∗∗ = kf k.
Unicità. Supponiamo f 6= 0 (altrimenti l’unicità è banalmente verificata) e che, per
assurdo, esistano x1 e x2 in E diversi tra loro e tali che f ∈ F (x1 ) ∩ F (x2 ).
Poiché E è uniformemente convesso, avendo ipotizzato che kx1 −x2 k > ε per un
certo ε > 0 e kx1 k = kx2 k = kf k, si ha, per definizione di uniforme convessità,
che esiste δ > 0 tale che
x + x 1
2
< kf k − δ.
2
2
2
Ma l’aver supposto f ∈ F (x1 ) ∩ F (x2 ) comporta anche che hf, x1 +x
2 i = kf k e
dunque che
x + x 2
2
|hg, x1 +x
|hf, x1 +x
1
2
2 i|
2 i|
≥
= kf k.
= sup
2
kgk
kf k
g∈E ∗ \{0}
Questo contraddice ciò che abbiamo scritto poche righe sopra.
Esercizio 1.5 (Primi tre punti dell’esercizio III.32 Brezis). Sia E spazio di Banach
uniformemente convesso e sie C ⊆ E convesso, chiuso e non vuoto. Dimostrare le
seguenti affermazioni.
1. Per ogni x ∈ E esiste un unico pC x ∈ C, detto ”proiezione di x su C”, tale
che:
dist(x, C) + inf kx − yk = kx − pC xk.
y∈C
2. Ogni successione minimizzante converge (fortemente) a pC x.
3. L’applicazione
pC : E −→ E
x
è continua (per la topologia forte).
4
7→
pC x
Risoluzione.
1. Fissiamo x ∈ E.
Esistenza. Sia
ϕ : C −→ R
y
7→
kx − yk.
Osserviamo che E è riflessivo (in quanto uniformemente convesso, per il
teorema di Milman) inltre C e ϕ soddisfano tutte le ipotesi del [Corollario
III.20, Brezis]. Dunque esiste y + pC x tale che
kx − yk = inf ϕ + dist(x, C).
y∈C
Unicità. Siano y1 , y2 ∈ C e sia y1 6= y2 . Supponiamo per assurdo che esista x ∈ C
tale che kx − y1 k = kx − y2 k = dist(x, C). Sia
z+
y 1 + y2
.
2
Poiché C è convesso, z ∈ C. Ma, per l’uniforme convessità di E, si ha, per
definizione, che esiste δ > 0 tale che:
y − x y − x
1
2
+
kz − xk = < dist(x, C) + δdist(x, C) < dist(x, C),
2
2
fatto assurdo.
2. Sia {yn } ⊆ C minimizzante, ovvero:
lim kx − yn k = inf kx − yk = dist(x, C) + d.
n→+∞
y∈C
Poiché E è spazio di Banach, dimostriamo che {yn } converge verificando che
è di Cauchy. Supponiamo per assurdo che non lo sia. Dunque esiste ε > 0
tale che per ogni n risulta kyn − ym k > ε per certi n, m ≥ n. Vale altresı̀, per
definizione di limite, che per ogni ζ > 0 esiste un nζ tale che kyn − xk < d + ζ
per ogni n ≥ nζ . Dunque, fissata ζ > 0 arbitraria,
(yn − x) ∈ B(0, d + ζ)
∀n ≥ nζ .
Siano n, m ≥ nζ tali che kyn − ym k > ε (tali n ed m esistono per la negazione di
Cauchy-convergenza scritta sopra). Consideriamo i punti (yn − x) e (ym − x).
Risulta:
kyn − xk , kym − xk < d + ζ
e
k(yn − x) − (ym − x)k > ε.
Poiché E è uniformemente convesso, per definizione esiste δ > 0 tale che
(y − x) + (y − x) n
m
< d + ζ − δ(d + ζ),
2
ovvero
y + y n
m
< d + ζ − δ(d + ζ).
2
5
Poiché ζ è arbitrario, e δ non vi dipende, possiamo sceglierlo in modo che
ζ − δ(d + ζ) ≤ 0. Abbiamo cosı̀ ottenuto che
y + y
n
m
− x < d,
2
assurdo in quanto, essendo C convesso,
y + y n
m
∈ C.
2
Rimane da osservare che {yn } non può che convergere a pC x infatti: sia {yn }
convergente ad un certo y ∈ E. Allora
ky − xk = lim kyn − xk = d(x, C) = kx − pC xk
n→+∞
e quindi y = pC x.
3. Sia {xn } ⊆ E convergente a x. Dimostriamo la continuità di pC facendo vedere
che pC (xn ) converge a pC (x). Poniamo
dn + kx0 − pC (xn )k,
dn + kxn − pC (xn )k,
d + dist(x, C).
Caso x ∈ C. In questo caso d = 0, nonché x = pC (x). Dunque
kpC (xn ) − pC (x)k ≤ dn + kxn − xk.
Ricordiamo che la funzione z 7→ dist(z, C) è continua. Dunque
kpC (xn ) − pC (x)k converge a 0 in quanto vi convergono dn e kxn − xk.
Caso x ∈
/ C. In questo caso, essendo C chiuso, si ha d > 0. Supponiamo per assurdo
che pC (xn ) non converga a pC (x). Dunque, a meno di sottosuccessioni,
esiste ε > 0 tale che
kpC (xn ) − pC (x)k > 0
per ogni n. Osserviamo inoltre che vale sempre, per disuguaglianza triangolare, che
dn ≤ dn + kxn − xk
e quindi, poiché dn converge a d e xn a x, fissato ζ > 0, esiste un nζ tale
che
dn ≤ d + ζ
per ogni n > nζ . Consideriamo i punti (dn
x−pC (x) e
d
n
> 0 per ogni n dato che x ∈
/ C):
x−pC (x) d
.
n
Poiché dn ≥ d per ogni n, i punti in questione hanno ambedue norma ≤ 1;
inoltre
x − p (x) x − p (x ) kp (x) − p (x )k
ε
ε
C
C n C
C n
−
>
≥
=
d+ζ
dn
dn
dn
dn
per ogni n ≥ nζ . Per l’uniforme convessità di E, applicando la definizione,
risulta, per un certo δ > 0 e per ogni n > nζ , che
x−pC (x) x−pC (xn ) dn +
dn
< 1 − δ,
2
6
ovvero
p (x) + p (x )
C
C n
− x < dn − δdn ≤ dn − δd.
2
In definitiva abbiamo che per ogni n > nζ
p (x) + p (x )
C
C n
− xn < kxn − xk + dn − δd ≤ 2kxn − xk + dn − δd.
2
Poiché kxn − xk converge a 0, per n sufficientemente grande
2kxn − xk − δd < 0 e quindi
p (x) + p (x )
C
C n
− xn < dn ,
2
fatto assurdo in quanto
pC (x) + pC (xn )
∈C
2
per ogni n, essendo C convesso.
2
Seconda lezione
Esercizio 2.1. (Esercizio I.3 Brezis)
Sia C + C([0, 1], R) munito della norma usuale
kuk = max |u(t)|.
[0,1]
Sia E += {u ∈ C : u(0) = 0} (sottospazio vettoriale chiuso di C). Sia
g : E −→ R
Z 1
u 7→
u(t)dt.
0
1. Mostrare che g ∈ E ∗ e calcolare kgkE ∗ .
2. Esiste u ∈ E tale che kuk = 1 e g(u) = kgkE ∗ ?
Risoluzione.
1. E’ banale verificare che g è lineare e continua su E, ovvero che g ∈ E ∗ . Tramite
semplici maggiorazioni è poi possibile dedurre, usando la definizione di norma
duale
|g(u)|
kgkE ∗ + sup
,
u∈E\{0} kuk
che kgkE ∗ ≤ 1. Dimostriamo che kgkE ∗ = 1 se troviamo una successione
{un } ⊆ E \ {0} tale che
|g(u)|
−→ 1.
kuk
Una tale possibile successione è la seguente:
1
{un (t) + t n }n∈N∗
7
2. Da quanto mostrato nel primo punto, ci chiediamo dunque se esista g ∈ E tale
che kuk = 1 e g(u) = 1. La risposta è negativa in quanto, se tale u esistesse,
avremmo che g(u) = kuk e quindi
Z 1
[kuk − u(t)]dt = 0.
0
Ciò implica, essendo u(t) ≤ kuk per ogni t ∈ [0, 1], che u(t) = kuk = 1 quasi
ovunque in [0, 1], perciò ovunque in [0, 1], essendo u ivi continua. In particolare
avremmo u(0) = 1, allora u non potrebbe appartenere a E.
Teorema di Mazur.
Sia E spazio vettoriale normato e sia C un sottoinsieme convesso di E. C è chiuso
in (E, σ(E, E ∗ )) se e solo se lo è in (E, k.k).
Lemma di Mazur.
Sia E spazio vettoriale normato e {un } ⊆ E debolmente convergente a u (un * u).
Allora esiste {vn } ⊆ E fortemente convergente a u (vn −→ u) tale che per ogni n
!
∞
[
vn ∈ co
{uk } ,
k=n
ovvero
vn =
kn
X
λnk uk
k=n
con
Pkn
n
k=n λk
=1e
λnk
≥ 0 per k = n . . . kn .
Dimostrazione. Poiché un * u, allora per ogni n
∞
[
u∈
w
{uk } ,
k=n
dove con l’apice w si specifica che la chiusura è intesa nella topologia debole, in seguito
l’apice s indicherà la topologia forte. Per una evidente inclusione e per il teorema di
Mazur, per ogni n risulta
!w
!s
w
∞
∞
∞
[
[
[
{uk } ⊆ co
u∈
{uk }
= co
{uk } .
k=n
k=n
k=n
Ciò significa che per ogni n esiste
vn ∈ co
∞
[
!
{uk }
k=n
tale che ku − vn k < n1 , ovvero vn −→ u.
Corollario.
Sia E spazio di Banach. Sia {xn } ⊆ E e
Kn + co
∞
[
!s
{uk }
k=n
Valgono le seguenti implicazioni:
8
.
1.
∞
\
xn * x =⇒
{xn } = {x}.
n=1
2. se E è riflessivo e {xn } limitata allora
∞
\
{xn } = {x} =⇒ xn * x.
n=1
Dimostrazione.
S
∞
{x
}
1. Dal lemma di Mazur, poiché xn * x, esiste {vn } ⊆ E tale che vn ∈ co
k
k=n
per ogni n e vn −→ x. Dunque per ogni n
!s
s
∞
∞
[
[
x∈
{vk } ⊆ co
{xk } ,
k=n
essendo vm
k=n
S
∞
∈ co
{x
}
per ogni m ≥ n. Abbiamo dunque mostrato che
k
k=n
x∈
∞
[
{xk } + K.
k=1
Proviamo adesso che x è l’unico elementodi tale intersezione.
Sia y ∈ K. Ciò
Pkn ∗
S∞
comporta che per ogni n esista yn ∈ co
k=n {uk } , cioè yn =
k=n λk xk
P
n
λ∗k = 1), tale che ky − yn k < n1 .
(con λnk ≥ 0 per ogni k = n, . . . , kn e kk=n
∗
Fissiamo l ∈ E \ {0}. Dall’ ipotesi xn * x si ha che hl, xn i −→ hl, xi. Dunque,
sfruttando evidenti maggiorazioni, per ogni ε arbitrario esiste un nε per cui
risulta
|hl, xi − hl, yi| ≤ |hl, xi − hl, yn i| + |hl, yn i − hl, yi|
kn
X
≤ l
λ∗k (xk − x) + klkkyn − yk
<
k=n
k
n
X
λ∗k |hl, xk
k=n
< ε+
− xi| +
klk
n
klk
n
per ogni n ≥ nε e quindi
hl, xi = hl, yi.
Poiché ciò vale per ogni l ∈ E ∗ , si può dimostrare che x = y usando il seguente
corollario al teorema di Hahn-Banach:
”Sia E spazio vettoriale normato e x0 ∈ E \ {0}. Allora esiste l0 ∈ E ∗ tale che
kl0 k = 1 e hl0 , x0 i = kx0 k”.
2. Consideriamo in particolare
K1 = co
∞
[
k=1
9
!s
{xk }
.
Essendo {xn } limitata per ipotesi, K1 è limitato, nonché convesso e chiuso per la
topologia forte. L’ipotesi aggiuntiva di riflessività di E ci permette di dedurre,
sfruttando il teorema di Mazur e il teorema di Kakutani, che K1 è compatto
nella topologia debole. In K1 sono incluse in particolare tutte le sottosuccessioni
di {xn }. Per la compattazza debole di K1 si ha dunque che ogni sottosuccessione
di {xn } ammette una sottosuccessione debolmente convergente, ovvero, presa
una qualsiansi {xnk } ⊆ {xn }, esistono {xnkh } ⊆ {xnk } e y ∈ E tali che xnk * y.
Vogliamo adesso dimostrare che y = x. A tale scopo definiamo
s
∞
[
Th +
xnki .
i=h
Per definizione di successione si ha che per ogni h
Th ⊆
∞
[
s
xnk ⊆
k=h
∞
[
s
xn + Kh .
n=h
Dunque, tenendo conto del punto 1 e dell’ipotesi, possiamo affermare che
{y} =
∞
\
Th ⊆
h=1
∞
\
kh = {x}.
h=1
Abbiamo quindi dimostrato che ogni sottosuccessione {xnkh } di {xn } ammette
una suttosucessione xnkh * x. Passando all’equivalente convergenza con i
funzionali di E ∗ , possiamo usare una nota proprietà delle successioni numeriche
e concludere che xn * x.
Esercizio 2.2. (Esercizio IV.23 Brezis)
1. Sia f : Ω −→ R misurabile e sia 1 ≤ p ≤ +∞. Dimostrare che
0
C + {u ∈ Lp (Ω, R) : u ≥ f q.o.} è chiuso in σ(Lp , Lp ) (indicheremo questa
topologia con w, la topologia forte con s).
2. Siano f1 , f2 ∈ L∞ (Ω, R) e f1 ≤ f2 quasi ovunque. Dimostrare che
B + {u ∈ L∞ (Ω, R) : f1 ≥ u ≥ f2 q.o.} è compatto in σ(L∞ , L1 ) (indicheremo
questa topologia con w*).
Risoluzione.
1. Conideriamo dapprima il caso 1 ≤ p < +∞. Poiché in questo caso Lp (Ω, R) è
riflessivo, se dimostriamo che C è s-chiuso in Lp (Ω, R), la tesi segue dal teorema
di Mazur, essedo C evidentemente convesso. Sia {un } ⊆ C e sia un −→ u. Un
noto risultato sugli spazi Lp ci dice che allora esiste {unk } ⊆ {un } tale che
unk (x) → u(x) per quasi ogni x ∈ Ω. Essendo unk ≥ f quasi ovunque in Ω,
allora ivi u ≥ f quasi ovunque.
10
Passiamo adesso al caso p = +∞.
(i) Mostriamo dapprima che
Z
Z
∞
fϕ ∀ ϕ ∈ F + A
uϕ ≥
C = u ∈ L (Ω) :
Ω
Ω
dove
F + {ϕ ∈ L1 (Ω) : ϕf ∈ L1 (Ω) , ϕ ≥ 0 q.o.}.
Dimostriamo l’inclusione non banale, ovvero A ⊆ C. Sia dunque u ∈ A.
Supponiamo
preliminarmente che f ∈ L∞ (Ω). Dal fatto che
R
Ω (u−f )ϕ ≥ 0 per ogni ϕ ∈ F , si deduce che u ≥ f quasi ovunque. Infatti,
se cosı̀ non fosse, esisterebbe M ⊆ Ω limitato e di misura non nulla, su cui
u − f <R0. Scelta ϕ + χM , funzione caratteristica di M , risulta ϕ ∈ F e
dunque Ω (u−f )ϕ ≥ 0. Ma ciò è assurdo avendo supposto u−f < 0 su un
insieme di misura non nulla. Abbiamo quindi mostrato che se f ∈ L∞ (Ω),
allora f ∈ C.
Passiamo adesso al caso generale in cui f è misurabile. Per ogni n ∈ N∗
definiamo
ωn + {x ∈ Ω : |f (x)| < n}.
Scelta ϕ ∈ F arbitraria, poniamo ϕn + ϕχωn . Si verifica facilmente che
ϕn ∈ F . Preso dunque u ∈ A, si ha che
Z
Z
Z
Z
uϕ =
uϕn ≥
f ϕn =
f ϕn .
ωn
Ω
Ω
ωn
Ciò vale per ogni ϕ ∈ F , perciò, per quanto provato sopra, essendo
f ∈ L∞ (ωn , R), risulta che u ≥ f quasi ovunque in ωn . Ma poiché n è
arbitrario e ωn −→ Ω per n −→ +∞, in definitiva u ≥ f quasi ovunque in
Ω, ovvero u ∈ C.
(ii) Deduciamo ora da quanto provato in (i) che C è w*-chiuso. Sia {un } ⊆ C
w*-convergente a u. Ciò equivale a dire che
Z
Z
un g −→
ug
Ω
Ω
per ogni g ∈ L1 (Ω, R). Quindi, in particolare,
Z
Z
un ϕ −→
uϕ
Ω
per ogni ϕ ∈ F . Ma
R
Ω un ϕ
Ω
≥
Z
R
Ω fϕ
per ogni n, essendo C = A. Quindi
Z
uϕ ≥
fϕ
Ω
Ω
per ogni ϕ ∈ F , ovvero u ∈ A e dunque u ∈ C.
2. Poniamo
B1 + {u ∈ L∞ (Ω, R) : u ≥ f1 q.o.},
B2 + {u ∈ L∞ (Ω, R) : u ≥ f2 q.o.}.
11
Poiché B = B1 ∩ B2 con B1 e B2 w*-chiusi in L∞ (Ω, R) (per il punto 1), allora
B è w*-chiuso in L∞ (Ω, R). Inoltre, essendo f1 , f2 ∈ L∞ (Ω, R), se u ∈ B, si ha
−kf1 k∞ ≤ u ≤ kf2 k∞ quai ovunque. Dunque
B ⊆ {u ∈ L∞ (Ω, R) : kuk∞ ≤ α} + Bα
per un certo α ≥ 0. Per il teorema di Banach-Alaoglu-Bourbaki, Bα è
w*-compatto in L∞ (Ω, R). Segue la tesi da un noto risultato di topologia
generale.
Esercizio 2.3.
1. Stimare la norma dell’applicazione F : L2 (I) −→ L2 (I), con
I + [a, b], definita da:
Z b
F (u)(x) +
sin(xy)u(y)dy
a
per ogni x ∈ I e u ∈ L2 (I).
2. Stimare la norma dell’applicazione T : L2 (I) −→ L2 (I) che ad ogni f ∈ L2 (I)
associa la soluzione debole del problema:

 −u00 = f
()
y=

u(a) = u(b) = 0
3. Provare che se (b − a) è sufficientemente piccolo allora esiste una e una sola
u ∈ C ∞ (I) soluzione (classica) del problema:

 −u00 = F (u)
()
y=

u(a) = u(b) = 0
Risoluzione.
1. Per la disuguaglianza di Jensen e altre evidenti maggiorazioni, si ha che per
ogni u ∈ L2 (I)
2
Z bZ b
Z b
Z b
1
2
2
2
2
kF (u)k2 =
sin(xy)u(y)dy dx ≤
(b − a)
sin (xy)u (y)dy dx
(b − a) a
a
a
a
Z b
Z b
2
≤
(b − a)
u (y)dy dx = (b − a)2 kuk22 .
a
a
Dunque
kF k +
kF (u)k2
(b − a)kuk2
≤
sup
= (b − a).
kuk2
u∈L2 (I)\{0} kuk2
u∈L2 (I)\{0}
sup
2. Sappiamo che per ogni f ∈ L2 (I) esiste una e una sola soluzione debole di (),
ovvero una e una sola u ∈ W01,2 (I) tale che
Z
b
0 0
Z
uv =
a
fv
a
12
b
per ogni v ∈ W01,2 (I). In particolare
Z b
Z b
fu
u02 =
a
a
e quindi, per la disuguaglianza di Hölder,
Z b
0 2
ku k2 ≤
|uf | ≤ kuk2 kf k2 .
a
Ricordiamo che per ogni ε > 0 e a, b ∈ R risulta ab ≤ εa2 +
ku0 k22 ≤ εkuk22 +
b2
4ε .
Dunque
kf k22
4ε
per ogni ε > 0. Per la disuguaglianza di Poincaré, poiché u ∈ W01,2 (I), esiste
C > 0 tale che kuk22 ≤ Cku0 k22 e quindi, dalla precedente disuguaglianza,
C
kf k22
4ε
per ogni ε > 0. Scegliamo in particolare ε > 0 tale che (1−Cε) > 0, ad esempio
1
ε = 2C
. In questo caso otteniamo
kuk22 (1 − Cε) ≤
kuk22 ≤ C 2 kf k22
e quindi
kT k +
kT (f )k2
Ckf k2
≤
sup
= C.
f ∈L2 (I)\{0} kf k2
f ∈L2 (I)\{0} kf k2
sup
3. Consideriamo l’applicazione
G : L2 (I) −→ L2 (I)
u
7→
T (F (u)).
Se (b-a) è abbstanza piccolo, G è una contrazione. Infatti, sfruttando anche
quanto mostrato nei punti 1 e 2, si ha che per ogni u1 , u2 ∈ L2 (I)
kG(U1 ) − G(u2 )k2 = kT (F (u1 ) − F (u2 ))k2 ≤ kT kkF (u1 ) − F (u2 )k2
≤ CkF k2 ku1 − u2 k2 ≤ C(b − a)ku1 − u2 k2
e 0 < C(b − a) < 1 se (b-a) è sufficientemente piccolo. Dunque, per il teorema
della contrazione, esiste una e una sola u ∈ L2 (I) tale che u = T (F (u)), ovvero
u soluzione debole di (). Ciò significa che u ∈ W01,2 e che
Z b
Z b
F (u)v
u0 v 0 =
a
a
W01,2 (I),
per ogni v ∈
in particolare per ogni v ∈ C0∞ (I). Quindi l’espressione
scritta sopra ci dice che −F (u) ∈ L2 (I) è derivata debole di u0 :
Z b
00
u =−
sin(xy)u(y)dy.
a
A questo punto la teoria degli integrali dipendenti da parametro ci dice che
(ricordiamo che u ∈ W01,2 (I), dunque u ∈ C00 (I)) u00 ∈ C 0 (I) e che
Z b
000
u =−
y cos(xy)u(y)dy
a
è continua in I e cosı̀ via. Dunque u è soluzione classica di () ed u ∈ C ∞ (I).
13