relazione del rettore - Comune di Ferrandina

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relazione del rettore - Comune di Ferrandina
Ad evitare elenchi un po’ noiosi rivolgo un saluto complessivo, ma forte e caloroso: grazie a
tutti per essere qui, insieme a noi, a celebrare il Dies Academicus, un rito simbolico, spero
non inutile, della vita universitaria. Mi sia concessa un'unica eccezione, quella di rivolgermi
in particolare agli studenti, quest'anno non solo universitari ma anche liceali: un legame
ideale fra scuola e Università.
Un sentitissimo ringraziamento alla Banca di Credito Cooperativo di Laurenzana che ha
voluto contribuire come sponsor alla realizzazione di questa manifestazione. Sono inoltre
molto grato al Quartetto Meridies che più tardi ci offrirà il piacere di ascoltare della bella
musica.
Certo, a parte ciò, non c'è da stare molto allegri. Se traduciamo in libero volgare il detto
latino, tempi amari, tempi cupi imperversano in quello che fu, e temo non sia più, il Bel
Paese. Beninteso l'Italia conosce da sempre le invasioni barbariche ma, comunque, il nostro
paese sembra aver mantenuto in passato un senso della vita in comune, del convivere
insomma, il famoso umanesimo italiano che molti popoli ci hanno per secoli invidiato.
Questo umanesimo, insito nel nostro vivere, fu poi dal medioevo in avanti teorizzato e
culturalmente elaborato nelle nostre Università e diffuso quindi in tutta Europa. Non è un
caso, infatti, che il modello di Università imperante, fino a qualche anno fa, nell'Europa
continentale, quello humboldtiano - derivasse dall'evoluzione lineare degli atenei medievali.
Che questo mondo, troppo chiuso in sé stesso, dovesse cambiare, è perfin ovvio. Purtroppo è
un segno dei nostri "mala tempora" che si parli sempre di cambiamento e mai di quale, che
si ripeta fino alla noia la stessa stanca analisi e non si proponga mai nulla se non
l'imitazione, comunque imperfetta, di modelli "altri" e in quanto tali non mutuabili, non
applicabili alla nostra realtà. Parlo di Università ma ciò riguarda il nostro Paese tutto.
Si badi bene: non parlo di governi, non parlo di dirigenza politica e/o accademica. Troppo
facile imprecare al "governo ladro" di proverbiale memoria. Il problema non è se o no l'Italia
sia, sia stata o sarà dominata da barbari. Il problema è che i barbari siamo noi: il primo caso
nella storia di barbari non invasori, bensì di mutanti non genetici, almeno non darwiniani,
forse lamarckiani, contro ogni evidenza scientifica.
Non è questa la sede per parlare di recenti avvenimenti che hanno sconvolto e sconvolgono
le coscienze degli italiani onesti. Qui voglio solo sottolineare la totale mancanza di
solidarietà umana, di rispetto per l'altro e per gli altri che ha invaso il nostro Paese. In una
parola: la barbarie che vive con noi.
I barbari, dicevo, siamo noi e cioè noi cittadini, noi giornalisti, noi classe politica e
aggiungiamo tutte le altre possibili categorie. In un paese di barbari non pochi sono barbari.
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Perché mai, dunque, l'Università non dovrebbe anch'essa essere imbarbarita? Perché mai il
nepotismo imperante in Italia dovrebbe essere assente nelle Università italiane? Perché mai
la corruzione legata al "tengo famiglia" non dovrebbe infiltrarsi anche negli Atenei? Si badi
bene: non sto difendendo i corrotti usando l'argomento classicamente becero che in un paese
di corrotti la corruzione non è più eticamente condannabile in quanto parte del costume. No,
il mal-costume, che non è il costume, resta sempre quello che è.
Io dico che un certo tasso di corruzione è insito nel sistema Italia e, proprio per questo, va
sempre e comunque condannato. Io dico che la condanna di ciò è morale e non moralismo, è
etica e non politica.
Ciò detto con un po’ di cenere sul capo, io dico anche, e non sommessamente, che la
gazzarra inscenata da mesi e mesi contro le Università italiane è definibile solo come un
caso estremo di suicidio-omicidio. Suicidio perché dire che l'Università italiana è da terzo
mondo è come dire che l'Italia è un paese del terzo mondo. E non è vero. Omicidio perché
così si uccidono le Università con il loro glorioso passato e con il loro spesso prestigioso
presente. Le si uccide perché si toglie loro qualunque futuro. Cui prodest? A chi giova
demotivare, deludere, frustrare i giovani e, perché no, i vecchi ricercatori e professori? A che
pro non riconoscere i meriti, che pur spesso ci sono?
Ma chi ci giudica infine? Chi una laurea l'ha pur presa da noi, e, se sa, ha pur imparato
qualcosa da noi, oppure, ben peggio, chi, pur potendo per censo, neanche una laurea è
riuscito a prendere?
Io qui prendo la parola in nome di tutti quelli, e sono tanti, sì sono tanti, che ogni mattina
vanno a lavorare, nelle università italiane, e in silenzio, con sacrificio e abnegazione,
consumano le loro vite credendo disperatamente nei valori alti, quelli del sapere e dell'onestà
intellettuale.
Io qui prendo la parola in nome di tutta la mia Università, piccola, periferica, giovanissima e
del Sud. Quanti difetti! Siamo piccoli in un'epoca in cui contano solo i numeri . Siamo alla
periferia dell'impero in un'epoca di centripeti. Siamo neonati in un Paese in cui moltissimi
Atenei hanno secoli e secoli di storia. Infine siamo nel Sud e non mi sembra che il
Mezzogiorno sia "à la page" di questi tempi.
Questa Università rischia di morire proprio quando ha tutte le carte in regola per vivere. Non
è un paradosso, è la verità.
Mi spiego dandovi alcuni dati.
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Fra l'anno scorso e quest'anno abbiamo raddoppiato la cosiddetta offerta formativa
aprendo quattro nuove Facoltà, quelle di Economia, Farmacia, Scienze della Formazione ed
Architettura;
dall'inizio di questo Rettorato le immatricolazioni studentesche continuano ad aumentare in
netta controtendenza con l'andamento nazionale. Più in particolare l'andamento delle
iscrizioni dall'anno accademico 2000-2001 è stato quasi sempre in crescita, con un
incremento nell'ultimo periodo dovuto alla apertura delle nuove facoltà, superando i 2000
nuovi iscritti nel 2007-2008.
La crescente efficacia dell'università della Basilicata nell'attrarre studenti è particolarmente
evidente se si confronta il dato locale con quello nazionale. Prendendo a riferimento il 20032004, ovvero il primo anno accademico per cui si hanno dati uniformi sul territorio
nazionale dalla banca dati del Ministero, si osserva che le iscrizioni all'università sono calate
in Italia del 5% sino al 2007-2008. Nello stesso periodo l'università della Basilicata ha
registrato un incremento del 15%.
Per quello che riguarda il bilanciamento tra offerta didattica e docenza ci sono stati degli
evidenti processi di razionalizzazione che rendono il nostro Ateneo del tutto estraneo alla
cosiddetta “esplosione” dell'offerta formativa, tanto spesso negativamente citata sui mezzi di
informazione, e che si riassume nel passaggio dai 2982 corsi offerti nel 2001 ai 5211
disponibili oggi sul territorio nazionale. Presso l'Università della Basilicata, nel 2001 erano
attivi 26 corsi di laurea, che per il mero raddoppio reso probabile dalla riforma del 3+2
avrebbero potuto raggiungere quota 52. Tale numero non è mai stato raggiunto ed il numero
massimo di corsi di laurea attivati è stato di 46 nel 2005. Il numero è poi sceso fino a 40 per
risalire a 42 con l'apertura delle quattro nuove facoltà.
Nel primo anno della riforma il corpo docente dell'università della Basilicata era composto
da 306 unità, di cui 87 ordinari, 112 associati e 107 ricercatori. Oggi l'ateneo conta 313
docenti di cui 79 ordinari, 109 associati e 125 ricercatori. Anche qui non vi è traccia delle
facili carriere selvagge di cui viene accusata l'Università italiana. Anzi, a sostegno
dell'offerta formativa si è avuta una dinamica virtuosa della docenza, con un riequilibrio tra i
ruoli che ha comportato una diminuzione dei costi dato che abbiamo più ricercatori e meno
professori rispetto al passato.
Si può quindi affermare che l'università della Basilicata ha offerto più servizi diminuendone
il costo. Si è infatti passati in media dagli 11,4 docenti per corso di laurea del periodo preriforma agli attuali 7,4.
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i nostri studenti hanno la possibilità di studiare mediante il Lifelong Learning
Programme – Sottoprogramma Erasmus (A.A. 2008/2009) nei seguenti paesi stranieri:
FRANCIA; GERMANIA; GRECIA; IRLANDA; PAESI BASSI; PORTOGALLO;
REGNO
UNITO;
REPUBBLICA
CECA;
ROMANIA;
SPAGNA;
SVEZIA;
TURCHIA; UNGHERIA.
Inoltre voglio citare l'Intensive Program (IP) “Nessie: Agro-Resources valorisation and
sustainable development” che rientra nei Lifelong Learning Programme Erasmus
Nello specifico la comunità finanzia la mobilità di studenti e docenti per la progettazione e
attuazione di corsi intensivi accreditabili nei corsi di studio dei paesi partner del progetto.
Coordinatore del progetto è l’ Université de Reims Champagne Ardenne, nella persona del
prof. Laurent Martiny.
Paesi partner sono: Italia (Università di Padova e Università della Basilicata);
Romania (University of Agricultural Sciences and Veterinary Medicine);
Bulgaria (University of Forestry, Sofia);
Finlandia (University of Applied Sciences, Oulu);
Irlanda (Institute of Technology, Waterford);
Slovenia (University of Ljubljana).
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abbiamo tre dottorati internazionali che coinvolgono le Università di
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Szegedi Tudomànyegyetem, Szeged, Ungheria, Università degli Studi di Perugia e
Seconda Università di Napoli (Dottorato di ricerca internazionale "International Seminar
entitled "Jànos Bollai");
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Hochschule Bremen - University of Applied Sciences (HS - Bremen)- Germania,
Universidad Politècnica de Madrid (UPM) - Spagna e l'Università degli Studi di Salerno
(Dottorato di ricerca internazionale in "Architecture and Urban Phenomenology");
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Claude Bernard Lyon 1 - Francia, Ioannina - Grecia, Mohammed V Rabat - Agdal -
Marocco ( Dottorato di ricerca internazionale "Crop, Systems, Forestry and Environmental
Sciences).
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Infine abbiamo firmato convenzioni-quadro di collaborazione con l'Università di Pitesti,
Bucarest, Reims-Champagne Ardennes, Universidad Nacional Abierta y a Distancia Unad
- Colombia, Universidad de Tarapacá de Arica - Cile, University of Arizona - USA,
Université de Provence e la IUFM de l'Académie d'Aix - Marseille - Francia, Instituto São
Paulo de Cidadania Global - Brasile e Universidad Nacional de General San Martín Argentina e altre ci apprestiamo a firmare con Cergy Pontoise, in Francia, Universidad
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Nacional de Mar Del Plata, UNMDP - Argentina, Universidad Nacional del Centro de la
Provincia de Buenos Aires - U.N.C.P.B.A. - Argentina, Facultad Regional La Plata Universidad Tecnologica Nacional UTN - Argentina, Universidad Nacional de Panama Panama e Universidad Mayor de San Simón - Bolivia
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Anche nel campo dell'edilizia universitaria stiamo andando avanti coi lavori per la
Biblioteca umanistica al Francioso, con le gare per la Biblioteca scientifica e le aule a
Macchia Romana e per il nuovo campus universitario a Matera. Nel frattempo abbiamo
praticamente concluso i lavori di ammodernamento di via Lazazzera, edificio che
provvisoriamente ospiterà la Facoltà di Architettura, partita quest'anno, e anche completato
la messa a norma degli uffici di via Annibale di Francia sempre a Matera.
Devo però rimarcare che l'edilizia pubblica nel nostro Paese è rallentata, se non frenata, da
un'insopportabile congerie di spesso inutili leggi e leggine. Chi è aduso agli studi scientifici
conosce l'importanza estrema della variabile tempo. Vale la pena di ricordare come, dal
concetto aristotelico di traiettoria fino allo spazio-tempo di Einstein e alle moderne
elaborazioni di Prigogine e altri sull'irreversibilità della freccia del tempo nei processi
lontani dall'equilibrio, per migliaia di anni la scienza si sia arrovellata sulla categoria del
tempo. Al contrario i burocrati italiani sono antecedenti all'Homo sapiens, sembrano non
essere mai nati, sembrano esistere da sempre e per sempre. A quanto pare essi si confrontano
solo con l'eternità.
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per quanto riguarda la sicurezza e la salute dei lavoratori, categoria alla quale
appartengono anche gli studenti, la linea di intervento seguita ha riguardato, più del mero
rispetto degli adempimenti formali e burocratici, azioni sostanziali cercando di cogliere la
vera essenza del DLgs. 626/94 e del successivo ed attualmente vigente DLgs. 81/08. In tal
senso, nello scorso anno è stato predisposto ed emanato il nuovo Regolamento di Ateneo per
la sicurezza che ha introdotto modifiche volte a fornire un utile strumento ai vari attori della
sicurezza snellendo, nel contempo, alcuni aspetti burocratici. Si segnala, ad esempio, la più
mirata individuazione dei laboratori in cui vi siano realmente rischi specifici che ha portato
ad una consistente riduzione del numero di laboratori richiedenti la nomina del responsabile.
L'attività formativa svolta dal Servizio Prevenzione e Protezione, per gli aspetti generali, e
dai responsabili dell'attività didattica e di ricerca in laboratorio, per gli aspetti specifici, ha
avuto e continuerà ad avere un ruolo fondamentale nel perseguimento dell'obiettivo della
sicurezza nei laboratori dell'Ateneo oltre che nel diffondere la cultura della sicurezza.
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L'ultima obiezione di un eventuale irriducibile tagliatore di teste potrebbe riguardare la
ricerca. Se si è profuso tanto impegno nella didattica si sarà sacrificata la ricerca. Anche
questo non è vero.
Per quanto riguarda il canale istituzionale del finanziamento alla ricerca, la media dei fondi
PRIN dal 2001 al 2007, divisa per il numero di docenti, restituisce un finanziamento annuo
pro-capite all'ateneo lucano di 2610 Euro, che consente di piazzarci tra due prestigiose
università come Bologna (2412 Euro) ed il Politecnico di Milano (2842 Euro).
Inoltre, la capacità di reperire fondi non si limita a quelli ministeriali. Un'indagine condotta
l'anno scorso dal Sole-24 Ore posizionava l'università della Basilicata tra i primi 10 atenei
in Italia per capacità di attrarre finanziamenti da enti pubblici ed aziende private.
Il bilancio consolidato 2007 ci offre un quadro più preciso dei fondi in entrata ed uscita. Il
nostro ateneo ha ricevuto finanziamenti ministeriali per 35 milioni di Euro, ha incassato
tasse di iscrizione per poco meno di 8 milioni ed ha autonomamente reperito fondi per
ricerca e didattica per complessivi 23 milioni di Euro. Di fronte ad una possibile chiusura,
l'immagine dell'Università che esce dal bilancio consolidato dovrebbe preoccupare non poco
gli enti locali. Infatti, a Stato, Regione e Comune sono stati restituiti sotto forma di tasse e
contributi quasi 5 milioni, senza contare l'IVA. Vale la pena di citare una cifra in particolare:
le attività di ricerca e di supporto generano molti contratti con imprese, professionisti e
giovani precari sui quali si versano contributi IRAP. Nel triennio 2006-2008 l'Università ha
versato alla Regione Basilicata più di 7 milioni di Euro di IRAP.
Infine su delibera del Senato Accademico abbiamo finanziato per 800.000 euro, cioè tutto
quello che era possibile nei limiti del bilancio, la ricerca cosiddetta d'interesse locale,
basandoci su rigorosi parametri di qualità della produzione scientifica. Per quest'anno il
finanziamento sarà aumentato col contributo dei fondi provenienti dalla legge regionale e in
attuazione del relativo accordo di programma. La novità è rappresentata dall'anagrafe
scientifica (da noi attuata ben prima che fosse prevista per decreto ministeriale) che
costituirà, d'ora in avanti, il punto di partenza per la valutazione complessiva della ricerca
scientifica del nostro Ateneo e dei singoli ricercatori.
Naturalmente una ricerca scientifica di alto livello ha bisogno di buoni ricercatori, e li
abbiamo, di finanziamenti, e li abbiamo presi sia in regione, sia in Italia, sia in Europa, e
infine di attrezzature moderne e sofisticate.
A quest'ultimo scopo abbiamo finalmente realizzato un vecchio sogno, almeno mio, e cioè
l'istituzione del Centro Interdipartimentale di Grandi Attrezzature Scientifiche in cui
confluiscono il soppresso Centro di Microscopia e il CIRCOVA (Centro Interdipartimentale
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per il Controllo e la Validazione dei Parametri Ambientali) e s'inseriscono rilevanti
attrezzature dipartimentali quali l'NMR 500 e l'ESCA. Ma non basta.
La realizzazione di due nodi nei Centri di competenza Impresambiente e C.E.R.T.A., il
primo nella ricerca sull'ambiente, il secondo nell'agroalimentare, ci ha permesso di acquisire
altre preziose apparecchiature. Infine, e non è poco, il Dipartimento regionale alle attività
produttive ci ha permesso di creare, e di dotare di numerose attrezzature, un Laboratorio di
Materiali e Biomateriali di tutto rispetto. Finanziamento per 1 milione di euro: ne siamo
grati.
Certo, non siamo ancora alla fine del percorso, né tantomeno abbiamo raggiunto la
perfezione. Quello che ancora vorrei fosse fatto è la realizzazione di tre centri di ricerca
previsti dall'accordo trilaterale, Università-Regione-Ministero, firmato dal Presidente De
Filippo, dall'allora Ministro On. Fabio Mussi e da me. A tal proposito rivolgo un cortese ma
pressante invito al sig. Sottosegretario affinché il Ministero onori finanziariamente questo
impegno, come d'altronde già promesso. I tre centri riguardano la ricerca sull'ambiente e sul
patrimonio culturale, da installare a Matera, le scienze della vita, ripartite nei settori
neuroscienze e scienze biomolecolari fra Avigliano e Potenza e, infine, un centro di studi
sull'alta formazione che, spero, potrà avere sede degna nell'ex convento delle clarisse a
Ferrandina. Mi si permetta di chiosare in particolare sulle scienze della vita: in questo campo
scientifico sterminato ci sono due monumentali teorie scientifiche quella di Darwin
sull'evoluzione e quella di Watson-Crick sulla doppia elica del DNA, la madre della
moderna biologia molecolare. Quest'anno si celebra il 150° anniversario della pubblicazione
dell'"Origine della specie" di Charles Darwin e il 200° della nascita del suo autore. Non è un
caso, ma proprio per niente, se fra poco il nostro graditissimo ospite, il collega Prof. Pievani,
ci parlerà, guarda caso, del pluralismo darwiniano.
Vorrei qui, infine, ringraziare tutti coloro che hanno collaborato, e collaborano,
alla
conduzione dell'Ateneo: il Senato Accademico, il Consiglio di Amministrazione, il Prof.
Carmine Serio, Pro-Rettore, i miei delegati proff. Claudio De Luca, Margherita Fasano,
Michele Goffredo, Angelo Masi e il Presidente del Centro Linguistico , prof. Vincenzo
Caputo. Ringrazio anche i neo-delegati proff. Ruggero Ermini per l'Edilizia, Giuseppe
Pizzuti per la Bioetica e il Biodiritto - a lui abbiamo anche affidato il compito di predisporre
il codice etico dell'Ateneo - e il prof. Paolo Fanti per la comunicazione.
Permettetemi a questo punto di dedicare alcune parole al personale tecnico - amministrativo.
1) Ci sono state, e ci sono, resistenze, ma porrò al primo punto dell'o.d.g. della già
convocata Commissione per la Riforma dello Statuto il problema del voto ponderato per il
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Senato Accademico al personale tecnico - amministrativo. Sono favorevole e userò a tal fine
l'influenza che ho, piccola o grande che sia;
2) ribadisco che i salari percepiti sono vergognosi. Faremo tutto il possibile, nelle sedi
opportune, per alleviare questo problema;
3) E' vero, le stabilizzazioni si sono interrotte. Abbiamo stabilizzato 8 precari, per gli altri
siamo ancora in attesa del parere della Funzione Pubblica. Ribadisco però quello che ho
sempre detto: intendo risolvere il problema e quindi mantenere le promesse fatte. Unica
condizione: non violeremo mai la legge. Se la legge ci impedirà le stabilizzazioni,
bandiremo opportuni concorsi.
Alla fin fine, comunque, forse non siamo in Paradiso ma, insomma, non ci sarebbe troppo da
lamentarsi. In ventisei anni se n'è fatta di strada! In Europa, in America del Nord e del Sud
conoscono la nostra Università e l'apprezzano. Non vorrei apparire presuntuoso ma spesso
accade che si conosca la Basilicata anche attraverso l'Università e non viceversa come
avviene frequentemente in Italia.
E allora? E allora succede che:
- qualcuno butta fango ogni giorno sull'Università usando la falsità e la menzogna come
sistema d'informazione;
- ancor più grave, mi sembra, è il fatto che sempre qualcuno ponga ostacoli all'utilizzo dei
fondi regionali per concorsi di personale docente e tecnico-amministrativo. Eppure tutto ciò
era presente nell'accordo di programma proposto dal comitato paritetico ed approvato da
Senato Accademico e Giunta Regionale. Eppure senza l'utilizzo di quei fondi dovremmo
chiudere le nuove Facoltà. Bella prospettiva, vero?
Eppure questa è la vostra, questa è la nostra Università: si è proprio convinti che i giovani di
questa Università possano trovare di meglio altrove? Io non credo, non credo proprio. Sono
profondamente convinto, e ho tutti i dati per dimostrarlo, che l'Università della Basilicata ha
ben poco, se non nulla, da invidiare alle altre Università italiane. Piuttosto credo che ci siano
altre cause di origine socio-economica da una parte e di eccessivo provincialismo dall'altra.
Voglio dire che ai giovani d'oggi la regione lucana va un po’ stretta, un po’ chiusa, com'è, ai
grandi movimenti giovanili, un po’ condizionata, com'è, da tradizioni talvolta non più al
passo dei tempi. Per gli universitari, infine, è grave la carenza di servizi adeguati per le
attività sportive, per i trasporti, per gli avvenimenti culturali e d'intrattenimento. Apro una
parentesi: alla Regione Basilicata e ai due comuni di Potenza e di Matera io non chiedo più
finanziamenti per l'Università, c'è già la legge regionale e per ora può bastare. Io chiedo
servizi, sempre più servizi per tutti i giovani, non solo per gli universitari.
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Ma poi, ammesso e assolutamente non concesso che le altre Università siano tutte migliori
della nostra, cosa accadrà dei figli di quelli che non hanno redditi sufficienti? Dove
andranno? Si vuole forse che tornino ai campi e non si occupino più di cultura?
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infine, per aggiungere amarezza ad amarezza, i nuovi dispositivi legislativi votati o da
votare, che pur non sono completamente da rifiutare, sarebbero, se attuati fino in fondo,
esiziali per la nostra Università. Riassumo:
se avremo sfortuna - e da un po’ di tempo l'abbiamo - fra un anno (con le vecchie regole
avevamo a disposizione 3-5 anni) le norme che entreranno in vigore con il D. M. 270
porteranno obbligatoriamente il numero docenti per corso di laurea a 12 e a 20 per Farmacia
e Architettura. Si impongono a questo punto due possibilità: o incrementiamo il personale di
una quota stimata in non meno di 90 unità, oppure si chiude, iniziando dalle nuove facoltà
appena aperte.
A chi obietta che si farebbe bene a chiudere perché un numero basso di docenti per corso
può produrre cattivi servizi agli studenti, rispondiamo con le cifre del gradimento espresso
dai nostri laureati secondo i dati AlmaLaurea, peraltro nello stesso formato richiesto dal
MIUR per l'anagrafe degli studenti e relative valutazioni: i laureati presso UniBas negli
ultimi quattro anni hanno espresso una soddisfazione complessiva di due punti superiore
rispetto alla media nazionale. Tutto questo grazie ai professori "fannulloni" che hanno tenuto
gratis fino a cinque corsi d'insegnamento nelle due sedi di Potenza e Matera. Ancor peggio:
si era pensato di bandire molti concorsi, fra l'altro con il finanziamento della legge regionale,
per risolvere questo problema.
Ma i concorsi , guarda caso, sono bloccati e chissà per quanto tempo. Ma non c'è fine al
peggio: qualche concorso siamo pur riusciti a bandirlo prima del blocco. Purtroppo altra
mannaia: dei vincitori possiamo assumere solo un numero corrispondente al 50% del
turnover che, in una Università così giovane come la nostra, è ovviamente molto basso. E
allora? Appena aperte, dobbiamo già chiudere le nuove Facoltà? Tutto ciò è forse colpa dei
Professori universitari, delle nostre scelte sbagliate o, come un gazzettiere ha scritto, della
mancanza di strategie? Come se le leggi fatte da altri potessero cambiare a seconda delle
strategie fatte da noi!
Tanto per finire con la "dolcezza" (si fa per dire) delle cifre, vorrei ricordare che il taglio
imposto dalla finanziaria tende a divenire insopportabile a partire dal 2010.
E allora, chiudiamo e andiamo a casa? Questo mai, anche perché gli universitari non
vogliono avere altra casa che l'Università. Noi tutti, docenti, studenti, tecnici e
amministrativi abbiamo l'orgoglio del nostro ruolo, sappiamo che, lo si riconosca o no, il
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nostro lavoro è essenziale per il progresso del Paese. Proprio per questo ci tengo a precisare
che noi non ci sottrarremo mai alla più severa valutazione, alla più pignola rendicontazione.
E' nostro dovere di cittadini ma è anche nostra antica abitudine.
La produzione scientifica universitaria è da sempre sottoposta a valutazione seria e critica e
le rendicontazioni finanziarie sono ormai parte non trascurabile del nostro lavoro. Quale
altra categoria in Italia può vantare altrettanto? Di più: chiunque ci finanzi ha il diritto etico
di discutere con noi, preventivamente, le finalità, gli scopi, gli orientamenti. Ma vorremmo
fosse chiaro che le scelte finali si basano sulle competenze, quale ricerca e quale didattica
sono argomenti e problemi necessariamente distaccati dalle dialettiche politiche, pur
fondamentali per la vita democratica. Mi si scusi, ma rivendico con orgoglio la libertà
d'insegnamento che la Costituzione ci garantisce e la nostra libertà di ricerca che la
consuetudine e la logica scientifica ci impongono. D'altronde è quello che abbiamo fatto e
concordato con la Regione Basilicata alla quale, e per essa al Presidente De Filippo,
esprimiamo ancora una volta la nostra gratitudine e il nostro apprezzamento.
Naturalmente ciò non ha nulla a che vedere con forme presunte di vassallaggio: figuriamoci,
il Rettore Tamburro accusato di servilismo! Si tratta solo di garbo e di buone maniere alle
quali sono aduso per educazione familiare.
Due anni fa, nella mia prima relazione rettorale, letta alla presenza dell'allora Presidente
della Camera Fausto Bertinotti, dicevo " Signor Presidente, Bartolomeo Vanzetti,
l’anarchico italiano trucidato dall’establishment statunitense, poco prima di morire rivendicò
con orgoglio di essere il figlio dei figli dei figli dei figli di quelli che avevano costruito le
meravigliose cattedrali italiane. Noi qui, in piedi, rivendichiamo con orgoglio di essere i
discendenti di quelli che contribuirono a creare il sapere (perché, sì, il sapere si crea!) nelle
Università italiane, da Marsilio da Padova, a Galileo, a Spellanzani, a De Sanctis, a Natta, a
Rubbia, a Levi Montalcini. Le toghe che noi oggi indossiamo, e che portiamo con onore in
tutto il mondo, non sono palandrane per tronfi paludamenti, rappresentano al contrario il
richiamo ad un grande passato che, però, non è finito. Sia pur perché poggiamo sui nostri
grandi padri, noi guardiamo avanti ed in alto. Non è presunzione, tanto meno albagia, è
invece la consapevolezza del ruolo che ricerca e didattica, in fin dei conti la civiltà della
conoscenza, possono e devono avere in quel paese che giorno per giorno, con poche gioie e
tante amarezze, anche noi contribuiamo a costruire. Quel Paese, Signor Presidente, che è il
nostro. Dica, per favore, ai suoi colleghi che gli Universitari della Basilicata, non chiedono
elemosine né mance, non chiedono prebende. Noi non siamo i discendenti dei monaci
questuanti, noi veniamo dai chierici erranti, questo dicono le nostre toghe, noi veniamo da
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Erasmo da Rotterdam, da Tommaso Moro, da Keplero, da Galileo, da tutti quelli che già nel
medioevo e poi nel Rinascimento, e poi nel seicento hanno prima creato e quindi diffuso la
cultura universitaria, tout court la cultura dell’umanesimo.
Signor Presidente, noi chiediamo RISPETTO, rispetto per la nostra dignità, per quel che
siamo stati, per quel che siamo, per quel che saremo".
Non nego che da allora molta acqua sia passata sotto i ponti - e anche sopra magari -,
rendendo sempre più difficile la vita della e nella nostra Università. Noi, però, non
demorderemo e, ancora e sempre, chiederemo rispetto per la stragrande maggioranza di noi
e la galera per i farabutti. "Hic manebimus erecti" dissi allora e ripeto adesso. Ma non basta.
Dobbiamo lavorare tutti insieme, noi e voi parlamentari, amministratori locali, uomini di
partiti e, soprattutto, voi cittadini. Dobbiamo riuscire a porre al Governo il problema del
caso, rarissimo se non unico, dell'Università della Basilicata. Non si possono usare le stesse
logiche per l'Università degli Studi della Basilicata e per la Sapienza di Roma. Lo chiedo a
Lei, signor Sottosegretario, lo chiedo a tutti voi, uomini politici di maggioranza e di
minoranza, di centrodestra, di centro, di centro sinistra e di sinistra. Lo dico a tutti voi:
questa Università non vuole sopravvivere, merita di vivere e di progredire.
Lo ripeto, questa è la vostra, questa è la nostra sola Università.
Nell'inaugurare ufficialmente l'anno accademico 2008 - 2009, dell'Università della
Basilicata, ventiseiesimo dalla fondazione, esprimo l'auspicio, e ancor di più, la convinzione
che, nonostante tutto, sarà l'anno della svolta verso un futuro ben migliore.
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