(PDF, Unknown)

Transcript

(PDF, Unknown)
in store
SPAZI
Osservatorio Popai di Daniele Tirelli*
The Sunset Place vive
come luogo aperto
Tutte le soluzioni progettuali mirano non
a enfatizzare l’acquisto delle merci, ma in primis
l’incontro, la sosta, il ristoro, l’intrattenimento
spensierato, così come potrebbe avvenire lungo
la Ocean Drive a Miami Beach
T
he Shops at Sunset Place è un destination-open-air shopping center situato nell’area di South Miami, là dove la Red
Road interseca la Us1 (o South Dixie Highway). Potremmo
dire che si tratta di una sorta di “araba fenice”, nata nel
1999 dal disastro finanziario di una precedente iniziativa immobiliare. Martin Margulies, un imprenditore piuttosto noto nel settore
del real estate, ebbe l’idea, negli anni ’80, di edificare un complesso a
uso misto (abitazioni, uffici e commercio) battezzandolo The Bakery
Center. La sua inaugurazione, nel 1986, suscitò molto clamore, in
particolare per le complesse soluzioni architettoniche che gli conferivano un aspetto labirintico. Ma il Bakery Center non decollò mai,
il signor Margulies non riuscì a restituire il prestito di 24,5 milioni
di dollari ottenuti da Flagler Federal Savings and Loan e contribuì
al successivo fallimento della stessa banca. Il complesso venne allora svenduto per 11,2 milioni di dollari a Simon Property Group,
il gigante immobiliare con sede a Indianapolis, che oggi possiede e
gestisce gran parte dei centri commerciali di Miami e della Florida,
oltre ad altre centinaia di mall.
Ripartire da queste premesse, tuttavia, non appariva compito facile e, dopo una serie di valutazioni, prevalse una drastica decisione “all’americana”: demolire tutto e ricostruire ex novo sui 12 acri
disponibili qualcosa di completamente diverso. Il progetto richiese oltre 200 milioni di dollari. Venne affidato allo studio newyorkese Ehrenkranz, Eckstut and Kuhn in collaborazione con quello
di Wolfberg Alvarez. Iniziati nel 1996, i lavori terminarono il 22
settembre 2013
77
Pm
in store
SPAZI
La grande scalinata
che funge da
collegamento fra
l’area più elevata
dell’intrattenimento
e il livello terra è
un tributo piuttosto
esplicito, all’occhio
di un italiano, a
Trinità dei Monti e
predispone a una
scenografia basata
sulla ripartizione
irregolare dello
spazio disponibile.
gennaio 1999, il giorno del “grand
opening” in piena stagione turistica. Una campagna pubblicitaria
ben orchestrata fece affluire, nel
weekend successivo all’inaugurazione, altri 200.000 visitatori incuriositi da un luogo così diverso
rispetto al precedente e ai tradizionali enclosed shopping mall.
Le scelte architettoniche inattese
del Sunset Place certamente incuriosirono e sembrarono sconfiggere le previsioni più funeste. Ma
solo quando cominciò ad essere
frequentato regolarmente da una
folla di giovani della vicina zona
universitaria, che vi affluivano
attraverso la vicina stazione della
metropolitana, si comprese che le
cose erano cambiate davvero.
The Shops at Sunset Place non è
grande. Con la sua pianta trapezoidale, copre poco più di 50.000 mq
e contiene 62 negozi e ristoranti
disposti su tre livelli. L’immagine
completa della sua struttura spaziale ne risulta però amplificata e
definisce un unicum molto origi-
Pm
78
settembre 2013
nale che potrebbe ispirare nuovi
luoghi commerciali anche nelle
nostre regioni mediterranee. Merita dunque di figurare nella nostra
galleria di eccellenze.
Nascosto all’esterno da edifici
piuttosto anonimi, tra cui un grande parcheggio a più piani da cui
si accede direttamente al centro,
il complesso si sviluppa lungo un
unico percorso interno serpeggiante, caratterizzato da un doppio affaccio dei corridoi-balconate
antistanti ai vari negozi. Luoghi
deputati allo svolgimento delle
funzioni commerciali e alle relazioni sociali al riparo dal caldo
sole tropicale, queste balconate,
assieme ai “ponti” che le congiungono, consentono di osservare gli
spazi aperti dell’interno. Il percorso conduce infine a una corte molto graziosa, decorata con aiuole e
palme di alto fusto, concepita dal
designer Patrick McBride, che vi
ha previsto anche effetti sonori per
simulare, periodicamente, temporali tropicali.
I tratti morfologici della parte edificata assumono una molteplice
funzione: strutturale, decorativa,
simbolica e funzionale. Essi sono
inoltre fusi da una scelta stilistica
che scandalizza certamente i puristi nostrani, ma che ha confermato, in 15 anni di vita, l’indubbia tenuta del suo gradimento. In
assenza di dichiarazioni esplicite
sulle motivazioni architettoniche
e stilistiche del Sunset Place, però,
dovremo risalire autonomamente
alla vena ispiratrice di tali criteri.
Ne daremo peraltro un’interpretazione di carattere essenzialmente
estetico e sociologico.
Un primo obiettivo progettuale
sembra essere la realizzazione di
un luogo aperto, ma in grado di
risolvere il rapporto tra esterni
e interni grazie a un gioco di vedute che cela e mostra, allo stesso
tempo, i luoghi coperti o nascosti.
Il secondo obiettivo è l’organizzazione concertata delle aree centrali scoperte, a terra, che anche dal
basso permettono di osservare la
in store
SPAZI
sommità degli edifici e l’attività
che si svolge ai livelli superiori. Il
suo aspetto più caratterizzante è
certamente la piazzetta della scalinata. La sua categoria estetica contempla una scenografia eclettica
fatta di alcuni elementi fuori misura e di altri piuttosto eccentrici,
per non dire eccessivi e bizzarri.
Si tratta di apporti che tendono a
privilegiare l’aspetto esteriore rispetto ai contenuti interiori che
potrebbero apparire banali, data
la ripetitività di insegne ben note
e ormai onnipresenti. Ne consegue
un ribaltamento del fine dichiarato di questo luogo: non si enfatizza
l’acquisto delle merci, ma in primis l’incontro, la sosta, il ristoro,
l’intrattenimento spensierato, così
come potrebbe avvenire lungo la
Ocean Drive a Miami Beach. Lo
testimonia il fatto che, di sabato,
gli spazi aperti sono dedicati a un
farmer’s market che offre prodotti dell’agricoltura locale attirando
sul luogo un proprio pubblico affezionato.
L’insolita peculiarità di questo
centro commerciale è la presenza
di una grande scalinata inserita coraggiosamente in spazi abbastanza
ristretti. Essa funge da collegamento fra l’area più elevata dell’intrattenimento (che vede la presenza di
un Imax Theatre di Amc 24) e il
livello terra. Una coppia di scale
supera il dislivello creato artificiosamente, unendosi poi in un solo
scalone di forma convessa secondo
un’evidente allusione alle scalinate barocche italiane. Dalla sommità è possibile allora osservare la
piazzetta sottostante e salire con
altre scale al terzo piano. Le prime
due rampe sono separate da fontane a cascata collocate in posizione
asimmetrica.
Il tributo a Trinità dei Monti è pertanto, all’occhio di un italiano,
piuttosto esplicito e predispone a
una scenografia basata sulla ripartizione irregolare dello spazio disponibile. Il significato della scala
voluta dagli sviluppatori è insomma l’unitarietà che essa conferisce
a tanti elementi asimmetrici ed
eterogenei. Eliminando la cesu-
ra tra costruito e spazi aperti, la
grande scala incoraggia la sosta,
ma anche gli spostamenti all’interno di una cornice ottenuta con la
sapiente strutturazione dello spazio e soluzioni prospettiche che
riassumono le contraddizioni e le
accolgono conferendo al tutto una
propria indubbia unicità. Ne risulta un qualcosa in totale contrasto
con la monotonia razionalista del
paesaggio urbano di questa parte
di Miami.
Il tentativo di ottenere spazi mossi
e ricchi di scorci suggestivi, quasi teatrali, ha così trasformato gli
edifici in una sorta di quinte scenografiche. In particolare, molto
suggestiva è l’idea di completare
la parte superiore del profilo della
piazza principale con i grandi archi bianchi, antistanti l’entrata del
cinema, per uno scopo puramente
decorativo. Spettacolare è anche la
struttura di aiuole sospese tra le colonne che s’innalzano sino al grande cerchio azzurro che le raccorda.
In sintesi, l’insieme risponde a una
interpretazione eclettica del Mediterranean Revival, tipico della
Miami degli anni ’20-’30. Questo
stile, a sua volta, era un’interpretazione altrettanto eclettica delle
architetture italiane, spagnole e
nordafricane che ben si adattava ai
landscape della Florida e del South
California. Portici, balconate con
ringhiere in ferro, colonnine e archi a tutto tondo, ceramiche, aiuole
fiorite e piante in vaso s’inserivano
naturalmente negli ambienti caldi
e solari e nel verde prorompente di
questa città. Nella seconda corte
alberata è inserita poi tra piccole
Il tentativo di ottenere spazi mossi e ricchi di scorci
suggestivi, quasi teatrali, ha trasformato gli edifici
in una sorta di quinte scenografiche. In particolare,
molto suggestiva è l’idea di completare la parte
superiore del profilo della piazza principale con i
grandi archi bianchi, antistanti l’entrata del cinema,
per uno scopo puramente decorativo.
Pm
80
settembre 2013
RZ_P
in store
SPAZI
fontane una scala mobile che sale
al primo piano. Lo spazio che sovrasta le due rampe di accesso è
segnato dall’enigmatica presenza
di due grandi lucertole di acciaio
che covano uova gigantesche: sono
simboli portatori di un sovrappiù
di significati da decifrare con un
richiamo alle profondità junghiane di mondi primordiali.
The Sunset Place si distingue dal
contorno in vetro-cemento circostante anche per la mazzettacolori che scandisce i suoi diversi
volumi. Le cromie sono morbide,
ma non mancano le inserzioni
violente del giallo e del rosso acceso di alcune strutture. A ciò si
aggiunga il marrone e il verde vivo
dei piccoli prati delle aiuole della Banyan Court che privilegiano
gli andamenti sinuosi, mai semplici e a costruzione policentrica.
Pm
82
settembre 2013
Questo mélange cromatico trasferisce la percezione immediata del
ricordo evocato da altri déjà-vu e
luoghi esotici distanti dall’ordine
geometrico della moderna downtown di Miami. Le grandi campiture rosa, azzurre, giallo pallido,
lilla, ocra, bordate di bianco e interrotte da colonne e davanzali,
evocano paesaggi caraibici e mediterranei nel loro aspetto diurno.
Di sera il centro rivela un’estetica
altrettanto affascinante con i suoi
lampioni sparsi e il gioco di luci
e di ombre dei suoi profili complicati e accarezzati dall’illuminazione dinamica. The Shops at
Sunset Place ospita ovviamente
una sequenza di retailer di grande
richiamo, tra cui American Eagle
Outfitters, Armani Exchange, Banana Republic, Forever 21, Gap/
Gap Kids, Hollister Co., It’ Sugar,
Love Culture, The Disney Store,
Victoria’s Secret, Urban Outfitters.
La ristorazione è assicurata da Buffalo Wild Wings, Cool-De-Sac Play
Cafe, Dinner Lounge, Panera Bread, Johnny Rockets, Color Me Mine
e altre insegne ancora. Non si dimentichino infatti le sue finalità
fondamentalmente commerciali.
Eppure la sua storia così sorprendente dimostra come vendere (in
ambienti altamente competitivi)
non consiste semplicemente nell’esibire la merce e praticare prezzi
accattivanti, ma nel conquistare in
prima istanza il cuore e la mente
dei propri potenziali clienti, grazie
a una sensibilità che affonda in un
sapere ben più vasto.
* Presidente di Popai Italy
Alla concezione e alle ricerche
necessarie per l’articolo
ha contribuito Marco Tirelli