Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non

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Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non
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Rassegna
Recenti Prog Med 2010; 101: 359-363
Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non alcolica:
il ruolo dei fattori genetici
Luca Miele, Consuelo Cefalo, Alessandra Forgione, Giovanni Gasbarrini, Antonio Grieco
Riassunto. La steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic
Fatty Liver Disease = NAFLD) è la causa più frequente di
epatopatia cronica in occidente, potenzialmente associata ad una elevata morbilità e mortalità. La ricerca è impegnata nell’identificare fattori di progressione genetica in
persone con gli stessi fattori di rischio ambientali. Obiettivo della rassegna è analizzare i dati disponibili da studi di
associazione sul ruolo dei fattori genetici nella NAFLD. Gli
studi disponibili non sono conclusivi nell’identificare geni
candidati, perché condotti su piccole popolazioni e con disegni non sempre adeguati. L’identificazione di profili genetici di rischio per la progressione della NAFLD potrebbe
aiutare ad individualizzare il follow-up ed il trattamento dei
pazienti.
Summary. Recent knowledges on the pathogenesis of nonalcoholic fatty liver disease. Role of genetic factors.
The Non-Alcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) is the most
frequent cause of chronic liver disease in West, potentially
associated with an elevated morbidity and mortality. The
search is busy in to identify genetic factors of progression in
people with same environmental risk factors. Objective of
this review is to analyze the data from association studies
on the role of the genetic factors in NAFLD. The available
studies are not conclusive in to identify candidate genes,
because conducted on small populations and with not welldone designs. Identification of genetic risk profiles for
NAFLD progression could help to individualize the patients
treatment and follow-up.
Parole chiave. Epatopatia cronica, fattori genetici, insulino-resistenza, sindrome metabolica, steatosi epatica non
alcolica.
Key words. Chronic liver disease, genetic risk profiles and
pathogenesis of NAFLD, insulin resistance, metabolic syndrome, Non-Alcoholic Fatty Liver Disease.
Introduzione
rosi muore per le complicanze della malattia o
viene sottoposto a trapianto epatico; il 12% dei
trapianti di fegato è effettuato in pazienti con cirrosi criptogenica6.
L’elevata versatilità istopatologica e, quindi, clinica, stimola la ricerca di possibili fattori di rischio
di progressione. Mentre i rischi ambientali (alimentazione, esercizio fisico) sono chiaramente coinvolti nello sviluppo e progressione della NAFLD, la
diversità istologica e quindi clinica in persone con
gli stessi fattori di rischio ambientali, implica la ricerca di fattori genetici. In questo senso l’individuazione di possibili fattori genetici di suscettibilità è supportata dall’evidenza di clusters familiari7,
di maggiore prevalenza della patologia nei familiari dei soggetti affetti rispetto alla popolazione generale8 e della diversa prevalenza della malattia
nelle diverse etnie, sebbene esposte agli stessi fattori di rischio9.
Abbiamo inteso rivedere i dati di letteratura sul
possibile ruolo di fattori genetici nel determinare
l’insorgenza e la progressione della malattia, partendo dall’analisi dei meccanismi che prendono
parte alla patogenesi della steatosi ed alla sua evoluzione.
La steatosi epatica ad eziologia non-alcolica
(Non-Alcoholic Fatty Liver Disease: NAFLD) rappresenta la causa più frequente di epatopatia cronica nel mondo occidentale; circa un terzo della
popolazione generale ne risulta affetta1. La
NAFLD è considerata una condizione clinicamente benigna che può associarsi ad una elevata morbilità e mortalità. Le caratteristiche istopatologiche sono sovrapponibili a quelle della epatite alcolica, da cui si distingue per la mancanza dell’assunzione di alcol2. La semplice steatosi, caratterizzata dall’accumulo intraepatocitario di trigliceridi è benigna; quando a questo si associano
il danno epatocitario, l’infiammazione e la fibrosi,
si viene a delineare il quadro della steatoepatite
(NASH) che può evolvere verso la cirrosi, lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma (HCC)3,4. La prognosi a breve e lungo termine dipende dalle caratteristiche istologiche alla diagnosi: la presenza
di fibrosi sembra aumentare il rischio di progressione verso forme più severe di danno epatico5.
Circa il 7% dei pazienti cirrotici sviluppa l’HCC
in 10 anni, mentre il 30-40% dei pazienti con cir-
Istituto di Medicina Interna, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.
Pervenuto il 20 ottobre 2009.
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Recenti Progressi in Medicina, 101 (9), settembre 2010
Patogenesi della NAFLD/NASH
Dall’osservazione della distribuzione della
NAFLD nella popolazione, è stata individuata una
maggiore prevalenza nei soggetti affetti da diabete mellito ed obesità10. Ciò ha stimolato i ricercatori ad identificare l’elemento che caratterizzasse
entrambi questi gruppi, individuandolo nella insulino-resistenza (IR). L’insulino-resistenza è una
condizione caratterizzata dalla necessità di elevati livelli sierici di insulina per una normale risposta metabolica11, dovuta ad un difetto nei meccanismi di azione dell’insulina che determinano il
non corretto svolgimento del metabolismo lipidico
e glucidico12. L’IR è considerata, quindi, il primum
movens dei meccanismi che determinano la steatosi epatica, anche in assenza di diabete, ed un importante fattore di progressione verso forme più severe di danno epatico13.
In presenza di IR si ha un aumento della lipolisi a livello del tessuto adiposo, cui consegue un
incremento del flusso di acidi grassi liberi (free fatty acids, FFA) nel fegato. L’IR, inoltre, promuove
la sintesi de novo dei trigliceridi nel fegato ed inibisce la ossidazione epatica degli acidi grassi con
conseguente accumulo dei trigliceridi14. D’altra
parte l’iperinsulinemia determina un aumento della sintesi degli acidi grassi ed una ridotta escrezione dei trigliceridi in forma di VLDL, sopprime
la produzione epatica di glucosio e ne aumenta
l’uptake15. Tutte queste modificazioni interferiscono con la fosforilazione del recettore insulinico16,
contribuendo alla IR. L’insulina regola la lipogenesi, modulando l’attività di diversi fattori di trascrizione, tra cui la sterol regulatory element-binding protein-1 (SREBP-1)17 ed il PPAR 18, coinvolto anche nell’attivazione della gluconeogenesi19,
nel trasporto e ossidazione degli acidi grassi e nella chetogenesi20.
Gli elevati livelli di acidi grassi liberi osservati
nei pazienti con NAFLD ed IR, sono spiegati dalla
perdita di sensibilità all’insulina da parte del tessuto adiposo con conseguente mancata soppressione della lipolisi21. Sebbene il fegato sia l’organo
maggiore per la distribuzione dei lipidi, la capacità epatica di accumulare tali sostanze è limitata, e
solo piccole quantità di lipidi sembrano influenzare in modo critico la competenza metabolica del fegato. Di conseguenza, una insufficiente funzione
metabolica del tessuto adiposo determina un aumentato flusso di lipidi al fegato e di conseguenza
l’insorgenza di steatosi epatica. Questa deposizione reversibile di trigliceridi intraepatocitari determina alterazioni metaboliche e molecolari, “first
hit”, che rendono il fegato sensibile ad un “second
hit”, in grado di determinare lo switch dal semplice accumulo di lipidi allo sviluppo di infiammazione e quindi la progressione del danno epatico22. Il
“second hit” è conseguente all’accumulo dei lipidi e
all’esposizione prolungata ad acidi grassi non esterificati plasmatici, che determinano la generazione
di stress ossidativo, la produzione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), l’induzione della risposta
cellulare allo stress e successivamente l’espressione di citochine proinfiammatorie quali il fattore di
necrosi tumorale alfa (TNF-alfa), l’interleuchina 6
e l’interleuchina 1beta. Inoltre gli acidi grassi, non
ossidati a livello mitocondriale, in presenza di ROS
vanno incontro a perossidazione, con effetto tossico diretto sugli epatociti e significativo ruolo nel
mantenere il processo infiammatorio. Questo microambiente caratterizzato da stress ossidativo determina l’accumulo di alterazioni negli organelli
cellulari (mitocondri, perossisomi e microsomi), la
produzione di elevati livelli di citochine epatiche e
sistemiche, il reclutamento dei macrofagi, l’attivazione delle cellule di Kupffer e la loro trasformazione fenotipica in cellule stellate e miofibroblasti,
con conseguente rimodellamento della matrice extracellulare e deposizione ex novo di tessuto fibrotico, processi che vanno a determinare il quadro
istopatologico della NASH23.
Oltre all’azione delle citochine, nello sviluppo
della NASH è noto il ruolo delle adipochine, quali
adiponectina, leptina e resistina, attraverso la modulazione dell’insulino-resistenza e del tasso di ossidazione dei lipidi. L’adiponectina e la resistina
correlano negativamente con l’accumulo epatico di
lipidi, con il grado di infiammazione nella NASH e
con l’IR, mentre la leptina svolge un ruolo nelle fasi più avanzate favorendo il processo fibrogenico.
Questi dati evidenziano come la traslocazione batterica attraverso la parete intestinale e l’overgrowth batterico possano contribuire alla progressione della NAFLD ed al mantenimento dello stimolo infiammatorio nella NASH24.
Ruolo dei fattori genetici nella NAFLD
Al momento, l’interpretazione dei dati disponibili sugli studi genetici è limitato da piccole coorti
di pazienti, studi statistici inadeguati, popolazioni
di controllo non idonee. Dai dati disponibili se evince che i pazienti con steatosi epatica hanno un pattern genetico intermedio tra quello dei soggetti sani ed i pazienti con steatoepatite; quindi i pazienti steatosici che posseggono un pattern genetico similare a quello dei pazienti con steatoepatite hanno una più elevata possibilità di progressione della malattia25.
Dall’osservazione delle diverse e molteplici manifestazioni cliniche della steatosi epatica, si è ipotizzato che diversi fattori ambientali sono in grado
di modificare il decorso clinico in pazienti geneticamente predisposti.
I metodi per lo studio di geni che contribuiscono alla suscettibilità/progressione di malattie
complesse quali la NAFLD prevedono l’elaborazione di studi di associazione su geni candidati
(geni con un ruolo patogenetico noto nella patologia considerata) oppure di studi di whole genome
scanning, metodo che – non partendo da un’ipotesi-guida circa i geni coinvolti nella malattia –
sfrutta la possibilità, data dai polimorfismi di singoli nucleotidi (SNPs), di fare un ampio esame del
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genoma; con l’obiettivo di individuare contemporaneamente multipli polimorfismi genici da valutare,
poi, per il possibile ruolo nella patologia in studio.
L’approccio più utilizzato nella NAFLD è la realizzazione di studi di associazione caso-controllo su
geni candidati.
Studi di genetica clinica
GENI CHE INFLUENZANO IL METABOLISMO E LA STEATOSI
Polimorfismi nei geni coinvolti nella sintesi, immagazzinamento ed esportazione dei trigliceridi
epatici possono influenzare l’entità della steatosi e
il rischio di sviluppare le forme più avanzate di
malattia.
Partendo dal presupposto che la caratteristica
della steatosi è l’accumulo intraepatocitario dei trigliceridi, è stata focalizzata l’attenzione sui polimorfismi dei geni codificanti enzimi coinvolti nella regolazione della sintesi epatica dei trigliceridi
(Steroil-CoA denaturasi26, SREBP-1c27).
Considerando il ruolo antisteatosico della leptina (diminuendo la sintesi di SCD-1 e SREBP-1c) e
dell’adiponectina (attivazione della chinasi AMPciclico-dipendenti e PPAR alfa), sono stati analizzati i polimorfismi dei geni che le codificano28 e dei
geni che codificano le proteine coinvolte nella regolazione della loro secrezione o sensibilità tessutale. In un recente studio, il polimorfismo del recettore della leptina (LEPR G3057A) è risultato
maggiormente presente nei soggetti con diabete
mellito e steatosi rispetto a quelli con solo diabete
mellito e con normale tolleranza glucidica29.
Ricercatori giapponesi hanno preso in considerazione le varianti genetiche dei recettori adrenergici per il loro ruolo nella regolazione della spesa energetica mediante lo stimolo alla lipolisi30,31.
La sintesi dell’apolipoproteina (apo) B è un
passo importante nell’incorporazione dei trigliceridi nelle VLDL per la loro esportazione dal fegato. La sua sintesi, diminuita nei pazienti con
NASH rispetto ai controlli, e il suo gene polimorfico potrebbero spiegare le differenze nei livelli
plasmatici di questa proteina. Anche il gene codificante per l’apo E, che è un importante regolatore del metabolismo plasmatico delle lipoproteine, è polimorfico32.
La proteina microsomiale di trasferimento dei
trigliceridi (MTP) regola la sintesi, l’accumulo e la
secrezione dei trigliceridi ed è critica per la sintesi e la secrezione delle proteine a densità molto
bassa nel fegato (VLDL) e nell’intestino. Diversi
studi hanno evidenziato che polimorfismi nel gene
della MTP favoriscono lo sviluppo della steatosi
epatica33.
Uno studio di Song et al. ha riportato un’associazione tra NAFLD ed uno SNP con bassa funzione nel gene che codifica la fosfatidiletanolamina metiltransferasi (PEMT), che è coinvolta nella
sintesi della fosfatidilcolina richiesta nelle
VLDL34.
Uno studio di recente pubblicazione di genomewide association scan35 è stato condotto per identificare possibili nuovi geni di suscettibilità alla
NAFLD in un notevole numero di pazienti appartenenti al Dallas Heart Study, identificando uno SNP
nel gene codificante per una proteina nota come “patatin- like phospholipase domain-containing protein
3 (PNPLA3)”, nota anche come adiponutrina, che si
associa con il contenuto di grasso nel fegato nelle
differenti etnie presenti nello studio (ispanici, europei americani ed africani americani). Un altro dato
importante che emerge dallo studio è l’osservazione
che l’associazione tra il polimorfismo e la steatosi
epatica è indipendente dai due principali fattori di
rischio attualmente riconosciuti per la NAFLD (obesità e diabete), aprendo la strada alla comprensione
della patogenesi della steatosi epatica in soggetti
magri senza IR.
GENI CHE INFLUENZANO LO STRESS OSSIDATIVO
Il ruolo dell’ossidazione degli acidi grassi nella
patogenesi della NAFLD è complesso. Da un lato
l’appropriata ossidazione di tali substrati previene
l’accumulo di grasso nel fegato, mentre la loro eccessiva ossidazione e/o un’ossidazione impropria
sono probabilmente responsabili, almeno in parte,
dello stress ossidativo. Si potrebbe pensare che polimorfismi che determinano “acquisto di funzione”
o “perdita di funzione” in enzimi coinvolti nel metabolismo dei grassi predispongano alla NASH;
sebbene, al momento, siano pochi i dati relativi a
questo aspetto36. Dati preliminari, nell’uomo, sebbene contraddittori tra loro, hanno mostrato come
una mutazione (PPARA*3) nel gene che codifica
per PPAR-α è associata con la NASH37,38.
Altri geni che possono influenzare l’entità e gli
effetti dello stress ossidativo nella NAFLD comprendono il gene HFE39,40 e MnSOD2 (Manganesedependent Superoxide Dismutase)41, sebbene i dati in letteratura siano molto contradditori.
GENI COINVOLTI NELLA RISPOSTA ALL’ENDOTOSSINA
E NEL POLIMORFISMO DELLE CITOCHINE
I dati relativi al ruolo, nella patogenesi della
NAFLD, di citochine rilasciate in seguito al contatto del sistema immunitario con l’endotossina
giunta al fegato attraverso l’assorbimento intestinale e l’identificazione di polimorfismi nel promoter di geni per i recettori dell’endotossina, hanno
recentemente aperto la strada a nuovi geni “candidati” per spiegare la suscettibilità alle forme più
avanzate di NAFLD. Tra questi sembrano essere
associati alla induzione e progressione della steatosi i polimorfismi del CD14 (co-recettore del liposaccaride)42, del TNF alfa43, delle interleuchine (IL-51130, IL 644), dell’antigene di differenziazione
delle plasmacellule (quest’ultimo, in particolare,
sembra essere coinvolto nel determinare l’insulino-sensibilità)45.
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Recenti Progressi in Medicina, 101 (9), settembre 2010
GENI CHE INFLUENZANO
IL RIMODELLAMENTO DELLA MATRICE EXTRACELLULARE
E L’ACCUMULO DI FIBROSI
Il principale effettore della fibrogenesi epatica è
la cellula stellata (HSC), che, quiescente nel fegato sano, a seguito del danno epatico con l’attivazione da parte di citochine o altri fattori agonisti,
va incontro ad un processo di attivazione acquisendo capacità proliferative e di sintesi di tessuto
fibrotico46. Di conseguenza, variazioni in geni che
svolgono un ruolo cruciale nell’attivazione delle
HSCs e quindi nel determinare la progressione
verso la cirrosi indipendentemente dall’eziologia
del danno epatico.
I corpi di Mallory sono un riscontro istopatologico caratteristico della NASH e derivano dal cattivo ripiegamento ed aggregazione delle cheratine.
Ci sono studi che evidenziano come mutazioni nei
geni che codificano le cheratine possono causare la
cirrosi criptogenetica47.
Recentemente, il polimorfismo del gene KFL-6,
codificante per un fattore di trascrizione coinvolto
in multipli processi di differenziazione cellulare,
crescita, apoptosi ed angiogenesi, è stato associato
alla presenza di una fibrosi meno severa nei pazienti con NAFLD48.
Un recente studio in cui sono stati analizzati i polimorfismi del gene per il recettore di tipo 1 dell’angiotensina 2 (ATGR1) ha dimostrato una stretta correlazione tra questi e la severità della steatosi49.
Conclusioni
La NAFLD è la causa principale di richiesta di
videat epatologico. Dati provenienti da studi di famiglia ed etnici nella suscettibilità alla malattia
suggeriscono un ruolo della genetica nel determinarne sia l’insorgenza che la variabilità nella progressione. Vista la complessità della patologia,
molti sono i possibili geni candidati da valutare, alcuni dei quali già studiati per altre patologie epatiche croniche.
L’identificazione di geni candidati può configurare profili di “rischio” per lo sviluppo di fibrosi severa o epatocarcinoma che potrebbero aiutare ad
individualizzare il follow-up ed il trattamento del
singolo paziente. I dati attualmente disponibili da
studi di associazione sono, per ora, non conclusivi.
La maggior parte degli studi sono stati condotti su
popolazioni esigue e con disegni non ben condotti,
tanto che i dati acquisiti necessitano di ulteriori
conferme su popolazioni più grandi e meglio caratterizzate.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Luca Miele
Università Cattolica del Sacro Cuore
Istituto di Medicina Interna
Largo Agostino Gemelli, 8
00168 Roma
E-mail: [email protected]
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