Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non
Transcript
Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non
359 Rassegna Recenti Prog Med 2010; 101: 359-363 Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non alcolica: il ruolo dei fattori genetici Luca Miele, Consuelo Cefalo, Alessandra Forgione, Giovanni Gasbarrini, Antonio Grieco Riassunto. La steatosi epatica non alcolica (Non Alcoholic Fatty Liver Disease = NAFLD) è la causa più frequente di epatopatia cronica in occidente, potenzialmente associata ad una elevata morbilità e mortalità. La ricerca è impegnata nell’identificare fattori di progressione genetica in persone con gli stessi fattori di rischio ambientali. Obiettivo della rassegna è analizzare i dati disponibili da studi di associazione sul ruolo dei fattori genetici nella NAFLD. Gli studi disponibili non sono conclusivi nell’identificare geni candidati, perché condotti su piccole popolazioni e con disegni non sempre adeguati. L’identificazione di profili genetici di rischio per la progressione della NAFLD potrebbe aiutare ad individualizzare il follow-up ed il trattamento dei pazienti. Summary. Recent knowledges on the pathogenesis of nonalcoholic fatty liver disease. Role of genetic factors. The Non-Alcoholic Fatty Liver Disease (NAFLD) is the most frequent cause of chronic liver disease in West, potentially associated with an elevated morbidity and mortality. The search is busy in to identify genetic factors of progression in people with same environmental risk factors. Objective of this review is to analyze the data from association studies on the role of the genetic factors in NAFLD. The available studies are not conclusive in to identify candidate genes, because conducted on small populations and with not welldone designs. Identification of genetic risk profiles for NAFLD progression could help to individualize the patients treatment and follow-up. Parole chiave. Epatopatia cronica, fattori genetici, insulino-resistenza, sindrome metabolica, steatosi epatica non alcolica. Key words. Chronic liver disease, genetic risk profiles and pathogenesis of NAFLD, insulin resistance, metabolic syndrome, Non-Alcoholic Fatty Liver Disease. Introduzione rosi muore per le complicanze della malattia o viene sottoposto a trapianto epatico; il 12% dei trapianti di fegato è effettuato in pazienti con cirrosi criptogenica6. L’elevata versatilità istopatologica e, quindi, clinica, stimola la ricerca di possibili fattori di rischio di progressione. Mentre i rischi ambientali (alimentazione, esercizio fisico) sono chiaramente coinvolti nello sviluppo e progressione della NAFLD, la diversità istologica e quindi clinica in persone con gli stessi fattori di rischio ambientali, implica la ricerca di fattori genetici. In questo senso l’individuazione di possibili fattori genetici di suscettibilità è supportata dall’evidenza di clusters familiari7, di maggiore prevalenza della patologia nei familiari dei soggetti affetti rispetto alla popolazione generale8 e della diversa prevalenza della malattia nelle diverse etnie, sebbene esposte agli stessi fattori di rischio9. Abbiamo inteso rivedere i dati di letteratura sul possibile ruolo di fattori genetici nel determinare l’insorgenza e la progressione della malattia, partendo dall’analisi dei meccanismi che prendono parte alla patogenesi della steatosi ed alla sua evoluzione. La steatosi epatica ad eziologia non-alcolica (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease: NAFLD) rappresenta la causa più frequente di epatopatia cronica nel mondo occidentale; circa un terzo della popolazione generale ne risulta affetta1. La NAFLD è considerata una condizione clinicamente benigna che può associarsi ad una elevata morbilità e mortalità. Le caratteristiche istopatologiche sono sovrapponibili a quelle della epatite alcolica, da cui si distingue per la mancanza dell’assunzione di alcol2. La semplice steatosi, caratterizzata dall’accumulo intraepatocitario di trigliceridi è benigna; quando a questo si associano il danno epatocitario, l’infiammazione e la fibrosi, si viene a delineare il quadro della steatoepatite (NASH) che può evolvere verso la cirrosi, lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma (HCC)3,4. La prognosi a breve e lungo termine dipende dalle caratteristiche istologiche alla diagnosi: la presenza di fibrosi sembra aumentare il rischio di progressione verso forme più severe di danno epatico5. Circa il 7% dei pazienti cirrotici sviluppa l’HCC in 10 anni, mentre il 30-40% dei pazienti con cir- Istituto di Medicina Interna, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma. Pervenuto il 20 ottobre 2009. 360 Recenti Progressi in Medicina, 101 (9), settembre 2010 Patogenesi della NAFLD/NASH Dall’osservazione della distribuzione della NAFLD nella popolazione, è stata individuata una maggiore prevalenza nei soggetti affetti da diabete mellito ed obesità10. Ciò ha stimolato i ricercatori ad identificare l’elemento che caratterizzasse entrambi questi gruppi, individuandolo nella insulino-resistenza (IR). L’insulino-resistenza è una condizione caratterizzata dalla necessità di elevati livelli sierici di insulina per una normale risposta metabolica11, dovuta ad un difetto nei meccanismi di azione dell’insulina che determinano il non corretto svolgimento del metabolismo lipidico e glucidico12. L’IR è considerata, quindi, il primum movens dei meccanismi che determinano la steatosi epatica, anche in assenza di diabete, ed un importante fattore di progressione verso forme più severe di danno epatico13. In presenza di IR si ha un aumento della lipolisi a livello del tessuto adiposo, cui consegue un incremento del flusso di acidi grassi liberi (free fatty acids, FFA) nel fegato. L’IR, inoltre, promuove la sintesi de novo dei trigliceridi nel fegato ed inibisce la ossidazione epatica degli acidi grassi con conseguente accumulo dei trigliceridi14. D’altra parte l’iperinsulinemia determina un aumento della sintesi degli acidi grassi ed una ridotta escrezione dei trigliceridi in forma di VLDL, sopprime la produzione epatica di glucosio e ne aumenta l’uptake15. Tutte queste modificazioni interferiscono con la fosforilazione del recettore insulinico16, contribuendo alla IR. L’insulina regola la lipogenesi, modulando l’attività di diversi fattori di trascrizione, tra cui la sterol regulatory element-binding protein-1 (SREBP-1)17 ed il PPAR 18, coinvolto anche nell’attivazione della gluconeogenesi19, nel trasporto e ossidazione degli acidi grassi e nella chetogenesi20. Gli elevati livelli di acidi grassi liberi osservati nei pazienti con NAFLD ed IR, sono spiegati dalla perdita di sensibilità all’insulina da parte del tessuto adiposo con conseguente mancata soppressione della lipolisi21. Sebbene il fegato sia l’organo maggiore per la distribuzione dei lipidi, la capacità epatica di accumulare tali sostanze è limitata, e solo piccole quantità di lipidi sembrano influenzare in modo critico la competenza metabolica del fegato. Di conseguenza, una insufficiente funzione metabolica del tessuto adiposo determina un aumentato flusso di lipidi al fegato e di conseguenza l’insorgenza di steatosi epatica. Questa deposizione reversibile di trigliceridi intraepatocitari determina alterazioni metaboliche e molecolari, “first hit”, che rendono il fegato sensibile ad un “second hit”, in grado di determinare lo switch dal semplice accumulo di lipidi allo sviluppo di infiammazione e quindi la progressione del danno epatico22. Il “second hit” è conseguente all’accumulo dei lipidi e all’esposizione prolungata ad acidi grassi non esterificati plasmatici, che determinano la generazione di stress ossidativo, la produzione di radicali liberi dell’ossigeno (ROS), l’induzione della risposta cellulare allo stress e successivamente l’espressione di citochine proinfiammatorie quali il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-alfa), l’interleuchina 6 e l’interleuchina 1beta. Inoltre gli acidi grassi, non ossidati a livello mitocondriale, in presenza di ROS vanno incontro a perossidazione, con effetto tossico diretto sugli epatociti e significativo ruolo nel mantenere il processo infiammatorio. Questo microambiente caratterizzato da stress ossidativo determina l’accumulo di alterazioni negli organelli cellulari (mitocondri, perossisomi e microsomi), la produzione di elevati livelli di citochine epatiche e sistemiche, il reclutamento dei macrofagi, l’attivazione delle cellule di Kupffer e la loro trasformazione fenotipica in cellule stellate e miofibroblasti, con conseguente rimodellamento della matrice extracellulare e deposizione ex novo di tessuto fibrotico, processi che vanno a determinare il quadro istopatologico della NASH23. Oltre all’azione delle citochine, nello sviluppo della NASH è noto il ruolo delle adipochine, quali adiponectina, leptina e resistina, attraverso la modulazione dell’insulino-resistenza e del tasso di ossidazione dei lipidi. L’adiponectina e la resistina correlano negativamente con l’accumulo epatico di lipidi, con il grado di infiammazione nella NASH e con l’IR, mentre la leptina svolge un ruolo nelle fasi più avanzate favorendo il processo fibrogenico. Questi dati evidenziano come la traslocazione batterica attraverso la parete intestinale e l’overgrowth batterico possano contribuire alla progressione della NAFLD ed al mantenimento dello stimolo infiammatorio nella NASH24. Ruolo dei fattori genetici nella NAFLD Al momento, l’interpretazione dei dati disponibili sugli studi genetici è limitato da piccole coorti di pazienti, studi statistici inadeguati, popolazioni di controllo non idonee. Dai dati disponibili se evince che i pazienti con steatosi epatica hanno un pattern genetico intermedio tra quello dei soggetti sani ed i pazienti con steatoepatite; quindi i pazienti steatosici che posseggono un pattern genetico similare a quello dei pazienti con steatoepatite hanno una più elevata possibilità di progressione della malattia25. Dall’osservazione delle diverse e molteplici manifestazioni cliniche della steatosi epatica, si è ipotizzato che diversi fattori ambientali sono in grado di modificare il decorso clinico in pazienti geneticamente predisposti. I metodi per lo studio di geni che contribuiscono alla suscettibilità/progressione di malattie complesse quali la NAFLD prevedono l’elaborazione di studi di associazione su geni candidati (geni con un ruolo patogenetico noto nella patologia considerata) oppure di studi di whole genome scanning, metodo che – non partendo da un’ipotesi-guida circa i geni coinvolti nella malattia – sfrutta la possibilità, data dai polimorfismi di singoli nucleotidi (SNPs), di fare un ampio esame del L. Miele et al.: Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non alcolica: il ruolo dei fattori genetici genoma; con l’obiettivo di individuare contemporaneamente multipli polimorfismi genici da valutare, poi, per il possibile ruolo nella patologia in studio. L’approccio più utilizzato nella NAFLD è la realizzazione di studi di associazione caso-controllo su geni candidati. Studi di genetica clinica GENI CHE INFLUENZANO IL METABOLISMO E LA STEATOSI Polimorfismi nei geni coinvolti nella sintesi, immagazzinamento ed esportazione dei trigliceridi epatici possono influenzare l’entità della steatosi e il rischio di sviluppare le forme più avanzate di malattia. Partendo dal presupposto che la caratteristica della steatosi è l’accumulo intraepatocitario dei trigliceridi, è stata focalizzata l’attenzione sui polimorfismi dei geni codificanti enzimi coinvolti nella regolazione della sintesi epatica dei trigliceridi (Steroil-CoA denaturasi26, SREBP-1c27). Considerando il ruolo antisteatosico della leptina (diminuendo la sintesi di SCD-1 e SREBP-1c) e dell’adiponectina (attivazione della chinasi AMPciclico-dipendenti e PPAR alfa), sono stati analizzati i polimorfismi dei geni che le codificano28 e dei geni che codificano le proteine coinvolte nella regolazione della loro secrezione o sensibilità tessutale. In un recente studio, il polimorfismo del recettore della leptina (LEPR G3057A) è risultato maggiormente presente nei soggetti con diabete mellito e steatosi rispetto a quelli con solo diabete mellito e con normale tolleranza glucidica29. Ricercatori giapponesi hanno preso in considerazione le varianti genetiche dei recettori adrenergici per il loro ruolo nella regolazione della spesa energetica mediante lo stimolo alla lipolisi30,31. La sintesi dell’apolipoproteina (apo) B è un passo importante nell’incorporazione dei trigliceridi nelle VLDL per la loro esportazione dal fegato. La sua sintesi, diminuita nei pazienti con NASH rispetto ai controlli, e il suo gene polimorfico potrebbero spiegare le differenze nei livelli plasmatici di questa proteina. Anche il gene codificante per l’apo E, che è un importante regolatore del metabolismo plasmatico delle lipoproteine, è polimorfico32. La proteina microsomiale di trasferimento dei trigliceridi (MTP) regola la sintesi, l’accumulo e la secrezione dei trigliceridi ed è critica per la sintesi e la secrezione delle proteine a densità molto bassa nel fegato (VLDL) e nell’intestino. Diversi studi hanno evidenziato che polimorfismi nel gene della MTP favoriscono lo sviluppo della steatosi epatica33. Uno studio di Song et al. ha riportato un’associazione tra NAFLD ed uno SNP con bassa funzione nel gene che codifica la fosfatidiletanolamina metiltransferasi (PEMT), che è coinvolta nella sintesi della fosfatidilcolina richiesta nelle VLDL34. Uno studio di recente pubblicazione di genomewide association scan35 è stato condotto per identificare possibili nuovi geni di suscettibilità alla NAFLD in un notevole numero di pazienti appartenenti al Dallas Heart Study, identificando uno SNP nel gene codificante per una proteina nota come “patatin- like phospholipase domain-containing protein 3 (PNPLA3)”, nota anche come adiponutrina, che si associa con il contenuto di grasso nel fegato nelle differenti etnie presenti nello studio (ispanici, europei americani ed africani americani). Un altro dato importante che emerge dallo studio è l’osservazione che l’associazione tra il polimorfismo e la steatosi epatica è indipendente dai due principali fattori di rischio attualmente riconosciuti per la NAFLD (obesità e diabete), aprendo la strada alla comprensione della patogenesi della steatosi epatica in soggetti magri senza IR. GENI CHE INFLUENZANO LO STRESS OSSIDATIVO Il ruolo dell’ossidazione degli acidi grassi nella patogenesi della NAFLD è complesso. Da un lato l’appropriata ossidazione di tali substrati previene l’accumulo di grasso nel fegato, mentre la loro eccessiva ossidazione e/o un’ossidazione impropria sono probabilmente responsabili, almeno in parte, dello stress ossidativo. Si potrebbe pensare che polimorfismi che determinano “acquisto di funzione” o “perdita di funzione” in enzimi coinvolti nel metabolismo dei grassi predispongano alla NASH; sebbene, al momento, siano pochi i dati relativi a questo aspetto36. Dati preliminari, nell’uomo, sebbene contraddittori tra loro, hanno mostrato come una mutazione (PPARA*3) nel gene che codifica per PPAR-α è associata con la NASH37,38. Altri geni che possono influenzare l’entità e gli effetti dello stress ossidativo nella NAFLD comprendono il gene HFE39,40 e MnSOD2 (Manganesedependent Superoxide Dismutase)41, sebbene i dati in letteratura siano molto contradditori. GENI COINVOLTI NELLA RISPOSTA ALL’ENDOTOSSINA E NEL POLIMORFISMO DELLE CITOCHINE I dati relativi al ruolo, nella patogenesi della NAFLD, di citochine rilasciate in seguito al contatto del sistema immunitario con l’endotossina giunta al fegato attraverso l’assorbimento intestinale e l’identificazione di polimorfismi nel promoter di geni per i recettori dell’endotossina, hanno recentemente aperto la strada a nuovi geni “candidati” per spiegare la suscettibilità alle forme più avanzate di NAFLD. Tra questi sembrano essere associati alla induzione e progressione della steatosi i polimorfismi del CD14 (co-recettore del liposaccaride)42, del TNF alfa43, delle interleuchine (IL-51130, IL 644), dell’antigene di differenziazione delle plasmacellule (quest’ultimo, in particolare, sembra essere coinvolto nel determinare l’insulino-sensibilità)45. 361 362 Recenti Progressi in Medicina, 101 (9), settembre 2010 GENI CHE INFLUENZANO IL RIMODELLAMENTO DELLA MATRICE EXTRACELLULARE E L’ACCUMULO DI FIBROSI Il principale effettore della fibrogenesi epatica è la cellula stellata (HSC), che, quiescente nel fegato sano, a seguito del danno epatico con l’attivazione da parte di citochine o altri fattori agonisti, va incontro ad un processo di attivazione acquisendo capacità proliferative e di sintesi di tessuto fibrotico46. Di conseguenza, variazioni in geni che svolgono un ruolo cruciale nell’attivazione delle HSCs e quindi nel determinare la progressione verso la cirrosi indipendentemente dall’eziologia del danno epatico. I corpi di Mallory sono un riscontro istopatologico caratteristico della NASH e derivano dal cattivo ripiegamento ed aggregazione delle cheratine. Ci sono studi che evidenziano come mutazioni nei geni che codificano le cheratine possono causare la cirrosi criptogenetica47. Recentemente, il polimorfismo del gene KFL-6, codificante per un fattore di trascrizione coinvolto in multipli processi di differenziazione cellulare, crescita, apoptosi ed angiogenesi, è stato associato alla presenza di una fibrosi meno severa nei pazienti con NAFLD48. Un recente studio in cui sono stati analizzati i polimorfismi del gene per il recettore di tipo 1 dell’angiotensina 2 (ATGR1) ha dimostrato una stretta correlazione tra questi e la severità della steatosi49. Conclusioni La NAFLD è la causa principale di richiesta di videat epatologico. Dati provenienti da studi di famiglia ed etnici nella suscettibilità alla malattia suggeriscono un ruolo della genetica nel determinarne sia l’insorgenza che la variabilità nella progressione. Vista la complessità della patologia, molti sono i possibili geni candidati da valutare, alcuni dei quali già studiati per altre patologie epatiche croniche. L’identificazione di geni candidati può configurare profili di “rischio” per lo sviluppo di fibrosi severa o epatocarcinoma che potrebbero aiutare ad individualizzare il follow-up ed il trattamento del singolo paziente. I dati attualmente disponibili da studi di associazione sono, per ora, non conclusivi. La maggior parte degli studi sono stati condotti su popolazioni esigue e con disegni non ben condotti, tanto che i dati acquisiti necessitano di ulteriori conferme su popolazioni più grandi e meglio caratterizzate. Bibliografia 1. Bedogni G, Miglioli L, Masutti F, Tiribelli C, Marchesini G, Bellentani S. Prevalence of and risk factors for nonalcoholic fatty liver disease: the Dionysos nutrition and liver study. Hepatology 2005; 42: 44-52. 2. Powell EE, Jonsson JR, Clouston AD. Dangerous liaisons: the metabolic syndrome and nonalcoholic fatty liver disease. Ann Intern Med 2005; 143: 7534. 3. Angulo P. Nonalcoholic fatty liver disease. N Engl J Med 2002; 346: 1221-31. 4. Browning JD, Szczepaniak LS, Dobbins R, et al. Prevalence of hepatic steatosis in an urban population in the United States: impact of ethnicity. Hepatology 2004; 40: 1387-95. 5. Day CP. Natural history of NAFLD: remarkably benign in the absence of cirrhosis. Gastroenterology 2005; 129: 375-8. 6. McCullough AJ. The clinical features, diagnosis and natural history of nonalcoholic fatty liver disease. Clin Liver Dis 2004; 8: 521-33. 7. Struben VM, Hespenheide EE, Caldwell SH. Nonalcoholic steatohepatitis and cryptogenic cirrhosis within kindreds. Am J Med 2000; 108: 9-13. 8. Willner IR, Waters B, Patil SR, Reuben A, Morelli J, Riely CA. Ninety patients with nonalcoholic steatohepatitis: insulin resistance, familial tendency, and severity of disease. Am J Gastroenterol 2001; 96: 2957-61. 9. Browning JD, Kumar KS, Saboorian MH, Thiele DL. Ethnic differences in the prevalence of cryptogenic cirrhosis. Am J Gastroenterol 2004; 99: 292-8. 10. Machado M, Marques-Vidal P, Cortez-Pinto H. Hepatic histology in obese patients undergoing bariatric surgery. J Hepatol 2006; 45: 600-6. 11. Kahn CR. Insulin resistance, insulin insensitivity, and insulin unresponsiveness: a necessary distinction. Metabolism 1978; 27: 1893-1902. 12. Marchesini G, Bugianesi E, Forlani G, et al. Nonalcoholic fatty liver, steatohepatitis and the metabolic syndrome. Hepatology 2003; 37: 917-23. 13. Bugianesi E, McCullough AJ, Marchesini G. Insulin resistance: a metabolic pathway to chronic liver disease. Hepatology 2005; 42: 987-1000. 14. Browning JD, Horton JD. Molecular mediators of hepatic steatosis and liver injury. J Clin Invest 2004; 114: 147-52. 15. Evans RM, Barish GD, Wang YX. PPARs and the complex journey to obesity. Nat Med 2004; 10: 1-7. 16. Schattenberg JM, Wang Y, Singh R, Rigoli RM, Czaja MJ. Hepatocyte CYP2E1 overexpression and steatohepatitis lead to impaired hepatic insulin signaling. J Biol Chem 2005; 280: 9887-94. 17. Foretz M, Guichard C, Ferre P, Foufelle F. Sterol regulatory element binding protein-1c is a major mediator of insulin action on the hepatic expression of glucokinase and lipogenesis-related genes. Proc Natl Acad Sci 1999; 96: 12737-42. 18. Reddy JK, Hashimoto T. Peroxisomal beta-oxidation and peroxisome proliferator-activated receptor alpha: an adaptive metabolic system. Annu Rev Nutr 2001; 21: 193-230. 19. Koo SH, Satoh H, Herzig S, et al. PGC-1 promotes insulin resistance in liver through PPAR-alphadependent induction of TRB-3. Nat Med 2004; 10: 530-4. 20. Wang YX, Lee CH, Tiep S, et al. Peroxisome-proliferator-activated receptor delta activates fat metabolism to prevent obesity. Cell 2003; 113: 159-70. 21. de Almeida IT, Cortez-Pinto H, Fidalgo G, Rodrigues D, Camilo ME. Plasma total and free fatty acids composition in human non-alcoholic steatohepatitis.Clin Nutr 2002; 2: 219-23. 22. Day CP, James OF. Steatohepatitis: a tale of two “hits”? Gastroenterology 1998; 114: 842-5. L. Miele et al.: Recenti acquisizioni sulla patogenesi della steatosi epatica non alcolica: il ruolo dei fattori genetici 23. Farrell GC, Larter CZ. Nonalcoholic fatty liver disease: from steatosis to cirrhosis. Hepatology 2006; 43 (2 Suppl 1): S99-S112. 24. Miele L, Valenza V, La Torre G, et al. Increased intestinal permeability and tight junction alterations in nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology 2009; 49: 1877-87. 25. Rubio A, Guruceaga E, Vázquez-Chantada M, et al. Identification of a gene-pathway associated with nonalcoholic steatohepatitis. J Hepatol 2007; 46: 708-18. 26. Cohen P, Miyazaki M, Socci ND, Hagge-Greenberg A, Liedtke W. Role for steroyl-CoA desaturase-1 in leptin-mediated weight loss. Science 2002; 297: 240388. 27. Horton JD, Goldstein JL, Brown MS. SREBPs: activators of the complete program of cholesterol and fatty acid synthesis in the liver. J Clin Invest 2002; 109: 1125-31. 28. Vasseuz F, Helbecque N, Dina C, et al. Single nucleotide polymorphism haplotypes in both proxima promoter and exon 3 of AMP1 gene modulate adipocytesecreted adiponectin hormon levels and contribute to the genetic risk for type 2 diabetes in French Caucasians. Hum Mol Genet 2002; 11: 2607-14. 29. Hongyun Lu, Jiazhong Sun, Liao Sun, Xiaochun Shu, Yancheng Xu, Danhong Xie. Polymorphism of human leptin receptor gene is associated with type 2 diabetic patients complicated with non-alcoholic fatty liver disease in China.I Gastroenterol Hepatol 2009; 24: 173-5. 30. Nozaki Y, Saibara T, Nemoto Y, Ono M, Akiwa N. Polymorphisms of interleukin-1 beta and beta 3-adrenergic receptor in Japanese patients with nonalcoholic steatohepatitis. Alcohol Clin Exp Res 2004; 28: 106S-110S. 31. Iwamoto N, Ogawa Y, Kajihara S, et al. Glin27Glubeta2-adrenergic receptor variant is associated with hypertriglyceridemia and the development of fatty liver. Clin Chim Acta 2001; 314: 85-91. 32. Sazci A, Akpinar G, Aygun C, Ergul E, Senturk O, Hulagu S. Association of apolipoprotein E polymorphisms in patients with non-alcoholic steatohepatitis. Dig Dis Sci 2008; 53: 3218-24. 33. Gambino G, Cassader M, Pagano G, Durazzo M, Musso G. Polymorphism in microsomal triglyceride transfer protein: a link between liver disease and atherogenic postprandial lipid profile in NASH? Hepatology 2007; 45: 1097-107. 34. Song J, da Costa KA, Fischer LM, Kohlmeier M, Kwock L, Wang S, Zeisel SH. Polymorphism of the PEMT gene and susceptibility to nonalcoholic fatty liver disease(NAFLD). FASEB J 2005; 19: 1266-71. 35. Romero S, Kozlitina J, Xing C. Genetic variation in PNPLA3 confers susceptibility to nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology 2009; 49: 692-4. 36. Fan CY, Pan J, Usuda N, Yeldandi AV, Rao MS, Reddy JK. Steatohepatitis, spontaneus peroxisome proliferation and liver tumors in mice lacking peroxisomal fatty acyl-CoA oxidase. Implication for pero- Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Luca Miele Università Cattolica del Sacro Cuore Istituto di Medicina Interna Largo Agostino Gemelli, 8 00168 Roma E-mail: [email protected] 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. xisome proliferator-activated receptor alpha natural ligand metabolism. J Biol Chem 1998; 273: 15639-45. Merriman RB, Aouizerat BE, Molloy MJ, et al. A genetic mutation in the peroxisome proliferator-activated receptor alpha gene in patients with nonalcoholic steatohepatitis. Hepatology 2001; 4: 441 A. Yamauchi T, Kamon J, Minokoshi Y, et al. Adiponectin stimulates glucose utilization and fatty-acid oxidation by activating AMP-activated protein kinase. Nat Med 2002; 8: 1288-95. Bugianesi E, Manzini P, D’Antico S, et al. Relative contribution of iron burden, HFE mutations and insulin resistance pro fibrosis in nonalcoholic fatty liver. Hepatology 2004; 39: 179-87. Deguti MM, Sipari AM, Gayotto LC, Palacios SA, Bittencourt PL. Lack of evidence for the pathogenetic role of iron and HFE gene mutation in Brazilian patients with nonalcoholic steatohepatitis. Braz J Med Biol Res 2003; 36: 739-45. Namikawa C, Shu-Ping Z, Vyselaar JR, et al. Polymorphisms of microsomal triglyceride transfer protein gene and manganese superoxide dismutase gene in nonalcoholic steatohepatitis. J Hepatol 2004; 40: 781-6. Brun P, Castagliuolo I, Floreani AR, Buda A, Blasone L, Palù G. Increased risk of NASH in patients carrying the C(-159)T polymorphisms in the CD14 gene promoter region. Gut 2006; 55: 1212. Wong VW, Wong GL, Tsang SW, Hui AY. Genetic polymorphisms of adiponectin and tumor necrosis factor-alpha and nonalcoholic fatty liver disease in Chinese people. J Gastroenterol Hepatol 2008; 23: 91421. Carulli L, Canedi I, Rondinella S, et al. Genetic polymorphisms in non-alcoholic fatty liver disease: interleukin 6-174G/C polymorphism is associated with non-alcoholic steatohepatitis. Dig Liver Dis 2009. (Epub ahead of print). Costanzo BV, Trischitta V, Di Paola R, et al. The Q allele variant (GLN121) of membrane glycoprotein PC-1 interacts with the insulin receptor and inhibits insulin signaling more effectively than the common K allele variant (LYS121). Diabetes 2001; 50: 831-6. Reeves HL, Friedman SL. Activation of hepatic stellate cells. A key issue in liver fibrosis. Frontiers in Bioscience 2002; 7, d808-826, April 1. Ku NO, Darling JM, Krams SM, et al. Keratin 8 and 18 mutations are risk factors for developing liver disease of multiple etiologies. Proc Natl Acad Sci USA 2003; 100: 6063-8. Miele L, Beale G, Patman G, et al. The Kruppel-like factor 6 genotype is associated with fibrosis in nonalcoholic fatty liver disease. Gastroenterology 2008; 135: 282-91. Yoneda M, Hotta K, Nozaki Y, et al. Association between angiotensin II type 1 receptor polimorphisms and the occurrence of nonalcoholic fatty liver disease. Liv Int 2009; 29: 1078-85. 363