La valutazione del rischio ambientale nei processi
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La valutazione del rischio ambientale nei processi
Cap. 1 Cap. 1.1 La valutazione del rischio ambientale dei prodotti chimici nei processi decisionali 1.1.1 Quadro di riferimento: la valutazione del rischio ambientale e l’analisi del rischio Il rapido progresso industriale e tecnologico degli ultimi quaranta anni e l'uso sempre più massiccio, e in taluni casi incontrollato, di sostanze chimiche hanno posto sempre più in evidenza la necessità di adottare strumenti efficaci di regolazione delle problematiche sanitarie e ambientali collegate all’immissione in commercio dei prodotti chimici. Dal 1970 al 2000 le vendite globali di prodotti chimici sono aumentate in termini quantitativi di 9 volte e la crescita media del volume mondiale di produzione prevista nei prossimi 20 anni oscilla attorno al 3% annuo (OECD, 2001). L’immissione in commercio di sostanze chimiche nell’Unione Europea è soggetta ad una complessa regolamentazione che si è stratificata nel tempo e che proprio attualmente è oggetto di una profonda revisione. Le attuali regole comunitarie, contenute in numerose direttive e regolamenti, oltre a permettere la libera circolazione dei prodotti chimici nel mercato interno, hanno lo scopo di garantire livelli omogenei di protezione sanitaria e ambientale nei diversi Stati membri. Nell’ultimo decennio, in particolare, sono state messe a punto procedure dettagliate per valutare i rischi connessi all’uso delle diverse tipologie di prodotti chimici. La valutazione del rischio chimico comprende: - la valutazione del rischio per la salute umana (valutazione tossicologica) - la valutazione di proprietà fisico-chimiche che possono presentare pericoli di diversa natura (ad esempio, infiammabilità, proprietà esplosive, proprietà corrosive, ecc.) - la valutazione del rischio ambientale. Le attività di valutazione che precedono l’immissione sul mercato di nuovi prodotti chimici permettono l’adozione di strategie di controllo e riduzione dei rischi nonché l’esclusione dal mercato dei prodotti che presentano rischi “inaccettabili” per l’uomo e per l’ambiente. La definizione di un livello di rischio “inaccettabile” o, all’opposto, di un livello di rischio “accettabile” non prescinde, come si potrà osservare in seguito, da una valutazione di tipo quantitativo. Generalmente, i parametri che definiscono quale livello di rischio può essere considerato “accettabile” sono definiti nell’ambito delle disposizioni comunitarie che regolano l’immissione in commercio delle diverse tipologie di prodotti chimici o, talvolta, all’interno di “documenti guida” espressamente richiamati dalle stesse norme comunitarie. Le procedure di valutazione del rischio ambientale, in particolare, prevedono in primo luogo lo svolgimento di attività per identificare gli effetti potenzialmente negativi per l’ambiente delle sostanze chimiche destinate ad essere immesse sul mercato per usi industriali o sotto forma di preparati specifici. Il rischio ambientale da valutare è soprattutto quello derivante dall’uso dei prodotti nelle normali condizioni di impiego, derivante quindi dalla diffusione nell’ambiente di sostanze e/o prodotti di degradazione che possono compromettere lo stato di qualità delle risorse naturali e determinare impatti negativi sugli ecosistemi. La valutazione dei preparati chimici immessi sul mercato per scopi specifici (ad esempio, prodotti fitosanitari, biocidi, farmaci per uso umano, farmaci veterinari, additivi per mangimi, ecc.) non riguarda i rischi connessi alle fasi di produzione, movimentazione, stoccaggio o smaltimento a fine ciclo né i rischi che si possono presentare nei luoghi di produzione dei preparati stessi. Per ciascuna di queste fasi, sono previste norme specifiche atte a garantire il raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza sanitaria e ambientale. Ci si riferisce, in particolare, alle disposizioni in materia di: - sicurezza del lavoro (direttiva 89/391/CEE e successive modifiche) - attività a rischio di incidente rilevante (direttiva 96/82/CE e successive modifiche) - prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (direttiva 96/61/CE e successive modifiche) - rifiuti pericolosi (direttiva 91/689/CEE e successive modifiche). Un’ulteriore distinzione riguarda, da una parte, le procedure di valutazione del rischio ambientale (VRA) svolte nell’ambito di processi decisionali riguardanti l’immissione in commercio di sostanze chimiche e, dall’altra parte, le procedure di valutazione di impatto ambientale (VIA). Benché le metodologie di VRA possano essere utilizzate nell’ambito di uno “studio di impatto ambientale” finalizzato ad una procedura di VIA, i due tipi di procedura di valutazione vanno considerati in modo specifico e separato, per alcune ragioni che possono essere così schematizzate: 1. la procedura di VIA si applica ad opere e ad attività destinate ad essere realizzate in uno specifico contesto territoriale (opere pubbliche, impianti industriali, infrastrutture, insediamenti civili o produttivi, ecc.), mentre la procedura di VRA si applica a prodotti chimici destinati ad essere immessi sul mercato, in una molteplicità di situazioni possibili; 2. La procedura di VIA si applica, conseguentemente, a scenari ambientali “reali” (lo studio del contesto territoriale interessato costituisce un elemento fondamentale dello studio di impatto ambientale), mentre la procedura di VRA si applica a scenari ambientali “teorici”, che devono rappresentare situazioni realistiche, comprese quelle caratterizzate da un maggiore grado di “vulnerabilità ambientale”; 3. la procedura di VIA prevede il confronto tra alternative progettuali riguardanti la medesima opera, mentre la procedura di VRA si applica ad uno specifico prodotto e non prevede ancora, salvo in alcuni casi, la comparazione tra prodotti alternativi; 4. l’esame delle implicazioni socio-economiche di ciascuna alternativa progettuale costituisce un aspetto essenziale della procedura VIA, mentre lo stesso tipo di esame non è previsto nella procedura di VRA. Come si potrà osservare nei capitoli successivi, solo nel caso di “restrizioni” o “autorizzazioni” di sostanze “estremamente problematiche”, si prevede una valutazione delle conseguenze socio-economiche di ciascuna decisione (cfr. cap. 3.4.2 e cap.12.1.5); 5. la procedura di VIA comprende la valutazione del rischio sanitario e/o tossicologico che costituisce solo uno degli “impatti” da valutare, mentre la procedura di VRA è finalizzata esclusivamente all’individuazione del “rischio ecotossicologico” di una sostanza (nell’ambito della valutazione del rischio la valutazione del “rischio tossicologico” procede in modo distinto e parallelo); 6. nella procedura di VIA devono essere attribuiti “pesi” ai diversi impatti selezionati (o “criteri”), mentre nella procedura di VRA ogni tipo di rischio (ambientale) viene considerato in termini “assoluti”: un ecosistema o un comparto a rischio non vengono ritenuti più rilevanti di altri, ai fini della determinazione del grado di “accettabilità” del rischio. La valutazione del rischio costituisce una delle componenti del processo denominato analisi del rischio(Commissione Europea, 2000). L’analisi del rischio di una sostanza chimica destinata ad essere immessa sul mercato in quanto tale o sotto forma di preparato (miscela di due o più sostanze) comprende: - la valutazione del rischio - la gestione del rischio - la comunicazione del rischio. La valutazione del rischio è una procedura di natura scientifica volta ad individuare i pericoli della sostanza ed i rischi correlati al suo utilizzo. La valutazione del rischio e i processi decisionali conseguenti (autorizzazioni, restrizioni, divieti, ecc.) devono essere fondati su informazioni e dati scientifici affidabili. Di norma, l’attività di valutazione si basa sugli studi sperimentali che le industrie produttrici interessate all’immissione sul mercato di un prodotto sottopongono all’esame dell’autorità nazionale e, generalmente, tali studi sono effettuati sulla base di protocolli sperimentali consolidati e procedure che garantiscono il controllo della qualità dei dati forniti. Il processo di valutazione del rischio ambientale richiede l’attività di personale tecnico-scientifico (“assessors”) con competenze in diverse aree disciplinari (Maroni et al., 2004). Oltre all’ecologia e alle scienze ambientali in senso lato, e più specificamente all’ecotossicologia, possono risultare coinvolte discipline quali biologia, fisica, chimica, modellistica, idrogeologia, pedologia, entomologia, ecc.. Il contributo dell’ecotossicologia ai processi di valutazione del rischio ambientale è fondamentale in quanto attraverso questa disciplina è possibile, tra l’altro, determinare i livelli di concentrazione ambientale delle diverse sostanze, potenzialmente contaminanti, che non comportano danni per gli ecosistemi e le risorse naturali (Vighi et al., 1998). La gestione del rischio è la sfera propria dei decisori ovvero di coloro che ai diversi livelli decisionali (comunitario, nazionale, locale e di impresa) sono chiamati a compiere scelte riguardanti l’immissione in commercio e l’uso dei prodotti. Nella gestione del rischio, rientra anche la ricerca di soluzioni innovative e/o tecnologie per controllare e ridurre i rischi accertati nella fase di valutazione del rischio. Per i decisori pubblici, la gestione del rischio può comportare, oltre all’assunzione delle decisioni conseguenti agli esiti della valutazione (autorizzazioni, prescrizioni per garantire la sicurezza d’uso dei prodotti, limitazioni di impiego, divieti, obblighi di monitoraggio, ecc.), la definizione di norme legislative e misure volte a favorire il controllo dei rischi riguardanti il “ciclo di vita” dei prodotti. La gestione del rischio richiede infine, per essere attuata concretamente, uno scambio continuo di informazioni tra i soggetti coinvolti nel processo di analisi del rischio (valutatori, decisori e imprese) ed una fattiva collaborazione dell’industria per l’individuazione delle soluzioni più idonee a garantire l’effettivo controllo dei rischi individuati nella fase di valutazione. La comunicazione del rischio riguarda, oltre ai soggetti già citati, la popolazione in generale e gli utilizzatori a valle (professionali e non professionali). La comunicazione del rischio consiste nel flusso di informazioni tra i valutatori, i decisori, gli attori della filiera produttiva, compreso il consumatore finale e i cittadini. Questo flusso di informazioni dovrebbe garantire un’adeguata conoscenza, a tutti i livelli, dei pericoli delle sostanze. La comunicazione del rischio rappresenta infine un mezzo per assicurare la trasparenza dei processi decisionali e la partecipazione del pubblico alle decisioni. La corretta etichettatura dei preparati chimici posti in commercio assume particolare rilevanza e costituisce un elemento essenziale della comunicazione del rischio. Un altro strumento di comunicazione del rischio è costituito dalle schede dei dati di sicurezza che accompagnano le sostanze e i preparati pericolosi, fornendo informazioni dettagliate ai lavoratori e agli utilizzatori a valle sulle corrette modalità d’uso e manipolazione dei preparati chimici. L’accesso del pubblico alle informazioni sulle proprietà pericolose delle sostanze chimiche in commercio costituisce ormai uno dei requisiti fondamentali che le autorità pubbliche nazionali e comunitarie debbono garantire per rispondere, tra l’altro, ad obblighi previsti dagli accordi e dalle convenzioni internazionali in materia di accesso all’informazione sull’ambiente (UNECE, 1998). 1.1.2 L’approccio alla valutazione del rischio ambientale nella legislazione europea Il rischio ambientale di una sostanza o di un preparato chimico può essere considerato come il risultato della combinazione di tre diversi fattori: - il pericolo dovuto alle proprietà intrinseche della sostanza - l’esposizione - la probabilità di esposizione delle comunità biologiche presenti negli ecosistemi esposti. La legislazione europea privilegia un approccio deterministico alla valutazione del rischio ambientale e considera molto marginalmente, e comunque solo in limitati casi, il fattore probabilità di esposizione (ad esempio, la probabilità che la popolazione potenzialmente esposta sia effettivamente presente nello scenario ambientale considerato). Per un approfondimento dell’approccio probabilistico alla valutazione del rischio ambientale si rinvia ad un successivo capitolo dedicato a questo argomento (cap. 12.2). Il rischio ambientale di una sostanza chimica viene quindi determinato mediante il confronto tra l’esposizione attesa in un determinato comparto ambientale (esposizione) e la tossicità osservata negli studi ecotossicologici (pericolo). La valutazione del rischio ambientale può essere descritta distinguendo quattro “fasi” principali: A) Identificazione del pericolo B) Caratterizzazione del pericolo C) Stima dell'esposizione D) Caratterizzazione del rischio L’identificazione del pericolo consiste nell’individuazione “qualitativa” degli effetti potenziali di una sostanza sulla popolazione o sull’ecosistema esposto. Attraverso saggi ecotossicologici su specie rappresentative, si procede all’identificazione del tipo di attività biologica esercitata dalla sostanza sugli individui esposti (funzioni compromesse, organi colpiti, ecc.). La caratterizzazione del pericolo consiste nella determinazione “quantitativa” degli effetti osservati, attraverso il calcolo della “relazione dose-risposta” ovvero dei livelli di esposizione cui corrispondono risposte biologiche specifiche. Identificazione e caratterizzazione del pericolo si basano su studi sperimentali dai quali si ricavano parametri di tossicità acuta e a lungo termine (ad esempio, CL50 ovvero la concentrazione letale per il 50% degli individui in saggi di tossicità acuta, oppure NOEC ovvero la più alta concentrazione priva di effetti, misurata generalmente in saggi di tossicità a lungo termine). Per ciascuna sostanza, a parità di condizioni sperimentali, è possibile determinare una specifica “relazione dose-risposta”: minore è l’entità dell’esposizione che determina effetti tossici, maggiore è la pericolosità della sostanza.Il pericolo di una sostanza ne rappresenta dunque un aspetto caratteristico e specifico ed esprime una “potenzialità”, vale a dire la possibilità di una sostanza di esercitare effetti tossici a carico di un organismo esposto. Per cogliere appieno il concetto di “potenzialità” è sufficiente considerare che in assenza di esposizione anche il rischio di una sostanza estremamente pericolosa può essere considerato pressoché nullo. La stima dell’esposizione è la fase della valutazione che riguarda la determinazione della prevedibile concentrazione della sostanza o dei suoi prodotti di degradazione e/o dei metaboliti nei comparti ambientali (suolo, acqua, aria, biomassa). Si considera che a tali concentrazioni siano esposte le popolazioni animali e vegetali presenti negli ecosistemi interessati. La determinazione delle concentrazioni ambientali prevedibili (PEC) nei diversi comparti, effettuata generalmente ricorrendo a metodi di calcolo e simulazione, è utilizzata oltre che per valutare il rischio delle comunità biologiche, per evidenziare possibili fenomeni di accumulo e contaminazione delle risorse naturali (ad es. acque sotterranee, acque superficiali, sedimenti, suolo). La caratterizzazione del rischio, ovvero il calcolo dei rapporti tra le concentrazioni determinate sperimentalmente negli studi di ecotossicità (effetti) e le concentrazioni “stimate” nei comparti ambientali (esposizione), costituisce il momento conclusivo del processo di valutazione e consente di stabilire se il livello di rischio previsto rientra o meno entro i valori considerati “accettabili”, in base alle norme in vigore (cfr. cap.3.8). Nel processo di valutazione possiamo distinguere due aree principali di studio: 1) la valutazione degli effetti (identificazione e caratterizzazione del pericolo) 2) la valutazione dell’esposizione (stima dell’esposizione). Per la valutazione degli effetti di un sostanza sono necessari studi di tossicità acuta e a lungo termine, mentre per la valutazione dell’esposizione sono necessari studi relativi al comportamento e al destino delle sostanze nell’ambiente, oltre che la conoscenza di alcune proprietà fisco-chimiche fondamentali per la previsione dei meccanismi di distribuzione e diffusione nell’ambiente delle molecole. Nella legislazione comunitaria e nazionale è ormai usuale il riferimento a parametri ecotossicologici e ambientali, che sono alla base dei diversi processi di valutazione oltre che delle successive decisioni (cfr. cap.3.8). Nello schema indicato in fig.1 viene schematizzata la sequenza generale di un’attività finalizzata alla valutazione del rischio ambientale di un prodotto chimico. Fig. 1 Sequenza generale delle attività di valutazione del rischio ambientale Valutazione degli effetti Valutazione dell’esposizione Identificazione del pericolo (studio degli effetti ) Valutazione delle proprietà ambientali Caratterizzazione del pericolo (Determinazione Dose/Risposta): CL50, NOEC, Determinazione delle PEC (PECs, PECsw, …) …. Caratterizzazione del rischio CL50/PECst e/o NOEC/PEClt TER, PEC/PNEC Confronto con “valori soglia” PEC/PNEC > 1 ?