Dietro l`Iran - Guido Barosio
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Dietro l`Iran - Guido Barosio
Dietro l’Iran, l’antica Persia 172 il viaggio torino magazine Il viaggio rivelazione nella più inattesa realtà mediorientale. Cultura, sicurezza e cortesia ci rivelano un popolo ospitale dall’anima antica e dalla modernità sorprendente La necropoli di Naqsh-e-Rostam di GUIDO BAROSIO foto GUIDO BAROSIO e VALTER CARASSO 173 Il grande arco di Teheran L’Iran è una meta che affascina non solo per ciò che offre – arte, cultura, monumenti e scenari naturali – ma per quello che si può apprendere e comprendere dal punto di vista umano, religioso e storico Isfahan: la cupola della Moschea Loftollah 174 S ovente è lo stupore a vincere su tutto. Perché l’Iran – al di là del patrimonio storico e artistico, quello sì atteso – trasmette un tesoro di sensazioni e di umanità che sembra fatto apposta per cancellare luoghi comuni, stereotipi frutto di cronache spesso faziose, immagini allarmanti pronte a consegnare questa nazione (e la sua gente) al ruolo, immeritato, di realtà ‘pericolosa’, dove un viaggio cessa di essere conoscenza per diventare sfida e avventura. Invece, questa è una meta che affascina e conquista non solo per ciò che offre – arte, cultura, monumenti e scenari naturali – ma per quello che si può apprendere e comprendere dal punto di vista umano, sociale, religioso e storico. Così, destreggiandoci tra stimoli e riflessioni continuamente aggiornate, abbiamo scoperto un paese ‘dif ferente’, dove modernità e rigore religioso coesistono attraverso azzardati equilibri, ma nel quale si ha spesso la sensazione – come scrive Jason Elliot nel suo ‘Specchi dell’invisibile’ –«di essere finiti in un luogo incantato, dove resiste intatta una piccola parte dell’innocenza del mondo». L’Iran è la patria di un popolo antico e ospitale, pronto a commuoversi di fr onte al mausoleo di un poeta, disponibile ad accettar e la bellezza della vita nei suoi accordi più naturali: la passeggiata indolente sulle rive di un fiume, il gusto dello stare insieme parlando e sorridendo, il piacere di godersi la famiglia e gli amici negli interminabili e affollati pic nic che animano parchi, aiuole e piazze anche nel centro delle città più affollate. Lo abbiamo toccato con mano a Shiraz e a Isfahan quando, com- Isfahan: Imam Square plici le lunghe festività del No Ruz (il capodanno locale, che coincide col solstizio di primavera), gli iraniani assecondano la loro indole partecipativa trasformando ogni angolo di verde in un momento di incontro: tappeti stesi nei prati, tazze di tè passate di mano in mano, piatti pr onti ad esibire le delizie della più ricercata gastronomia mediorientale, copIsfahan: i porticati di Imam Square pie golose felici di gustarsi un gelato, bambini a rincorrersi dietro un pallone, e ancora ottovolanti, autoscontri e attrazioni da fiera che mettono in scena un per corso a ritroso negli anni, con qualcosa di curiosamente simile alle nostre fiere degli anni Settanta. In rapido contrasto i miti occidentali fanno velocemente capolino nell’uso, quasi smodato, di cellulari dell’ultima generazione e macchine fotografiche Isfahan: il portale della Moschea digitali: tante, tantissime, con una spensierata propensio- Loftollah ne a ritrarre continuamente ‘in posa’ volti, bimbi, famiglie, amici e parenti. Parallelamente è impossibile non notare l’universale rispetto per le rigide leggi che regolano i comportamenti di una ‘repubblica islamica’: le effusioni in pubblico tra i due sessi sono bandite, ogni donna (bambine comprese) deve tenere il capo coperto, pr oibito anche l’uso della gonna e degli abiti dalle tinte sgargianti. Le più attente ai dettami coranici utilizzano un grande velo nero (chador) che avvolge tutto il corpo, mentre le giovani si limitano a I nuovi sovrani non mancarono mai, celare i capelli (sovente solo in parte) dopo ogni guerra, di chiamare con l’hejab: un foulard o una leggera a raccolta i migliori talenti dell’epoca sciarpa (anche variopinta) ideale per un drappeggio meno formale. Compr oper dare lustro al proprio potere messi spesso creativi per un paesaggio umano particolarissimo. La ragazza iraniana propone una variante inedita della femminilità: jeans, volto agghindato come una diva hollywoodiana anni Cinquanta, soprabitini sancrati in tinta unita e telefonino d’ordinanza. Sono l’altra ‘metà del cie175 il viaggio torino magazine Isfahan: la Moschea dello sceicco Loftollah Qom: l’ingresso al santuario di Fatima, sullo sfondo la cupola d’oro lo’ di un paese dove la rivoluzione del 1979 non solo ha bruscamente fermato gli orologi ma ha riportato indietro la macchina del tempo. Con risultati comunque ambigui e significativamente contrastanti: i divieti valgono fino alla soglia di casa, varcata la quale – nel privato e qualche volta nel segreto – ci si concede una libertà di atteggiamenti spontanea e naturale. L’Iran di oggi è un mondo affascinante e ambivalente, capace di sintesi tra elementi apparentemen176 L’interno del Palazzo di Kashan il viaggio torino magazine te inconciliabili. Per comprenderne l’essenza ci viene in soccorso la storia, che qui non è semplicemente ‘passata’ ma è ‘nata’ e si è sviluppata celebrando fasti di imperi leggendari. Le tribù ariane giunte dal nor d tremila anni prima di Cristo crearono le basi per un’etnia fierissima e sofisticata, in grado di condizionare nei secoli non solo i popoli sottomessi ma anche gli occasionali conquistatori. Così, l’Iran di oggi – il cui territorio è l’unico al mondo abitato sempre dalla medesima nazione, per di più mai ‘colonizzata’ – riflette il mito dell’antica Persia: un regno qualche volta assoggettato da dinastie ‘esterne’ (arabe, turche, mongole…), ma comunque in grado di imporre la propria superiorità civile e culturale. Il termine ‘identità’ assume significati costantemente presenti nel quotidiano e prima ancora nell’arte, con numerosi elementi – come la croce greca, un leit motiv che si ripete nei secoli per ripr esentarsi nella pianta delle moschee – pronti a riaffiorare indipendentemente dal susseguirsi degli imperi. Pur volendo sintetizzare, la storia persiana ha uno sviluppo ‘verticale’ impressionante, per 2500 anni una grande dinastia dopo l’altra: gli Achemenidi (a partire dal VII secolo a. C.), con i leggendari Cir o il Grande e Dario a governare un’unica nazione che si estendeva dalla Grecia all’India; poi Alessandro il macedone, che fu sedotto da Persepoli ma la dette alle fiamme; dopo di lui i Parti, arcieri e cavalieri contro i quali anche Roma dovette cedere il passo; dopo ancora i Sasanidi, in grado di ricompattare l’immenso impero governando quattro secoli, fino all’avvento dell’Islam: la rivoluzione militare e religiosa che avrebbe cambiato per sempr e il corso dei tempi. A partir e dal 637 il potere passò agli Abbasidi, ma nel mondo arabo la cultura persiana mantenne un ruolo significativo e, sovente, egemone. In seguito la Persia scontò la sua posizione a cavallo tra Oriente e Occidente; ideale per i commerci e il ‘passaggio’, lungo la via della seta, di mercanzie, saperi, religioni e filosofie, ma inevitabilmente ‘aperta’ alle conquiste dei signori della guerra – turchi e turcomanni da ovest, afgani dal nord, mongoli e tartari da est. Dall’XI al XIV secolo fu un susseguirsi di invasioni, conquiste e scorrerie, con le tribù di Gengis Khan e Tamerlano rapide nel distruggere, ma altrettanto disposte a ricostruire in una singolare alternanza di massacri e prodigiosi rilanci architettonici, artistici e culturali. I nuovi sovrani non mancarono mai, dopo ogni guerra, di chiamare a raccolta i migliori talenti dell’epoca per dare lustro al proprio potere. L’età dell’oro tornò col ‘terzo impero’, quello Safavide (1501-1722), quando Isfahan, leggendaria capitale, fu la culla di un rinascimento persiano che ebbe nel sovrano Abbas il Grande il mecenate ideale. Apogeo e canto del cigno allo stesso tempo: con le quattro dinastie seguenti la Persia restò sempre indipendente ma subì il progressivo condizionamento delle potenze esterne, con Russia, Gran Bretagna e poi Stati Uniti a dettar legge. Tutto ebbe termine nel 1979, quando la rivoluzione portò al governo l’attuale Repubblica islamica. Ed è ormai storia di oggi. In questi duemillenni e mezzo di vicende l’Iran (la denominazione novecentesca dello stato, che richiama alle antiche origini ‘ariane’) non si è limitato a difen- Isfahan: Imam Square, sullo sfondo il Palazzo Ali Qapu dere la propria identità culturale dall’esterno, ma ci ha trasmesso un patrimonio fondamentale per la nostra civiltà. I loro furono gli studiosi più eclettici del mondo, al contempo naturalisti, scienziati, filosofi, astronomi, poeti, linguisti, mistici e teologi. T ra i tanti vanno ricor dati A vicenna, Nassruddin Al -Tusi, Al-Biruni e Omar Khayyam, poeta ‘del vino e delle donne’ ma anche insigne matematico. Questi, e molti altri, influenzarono l’occidente nello sviluppo e nell’apprendimento di botanica, zoologia, architettura, oftalmologia, chimica, alchimia, giurisprudenza, algebra, metafisica e mineralogia. Una marea di nozioni e tecniche che produssero frutti concreti e duraturi: il primo servizio postale, l’assegno bancario, i primi modelli di amministrazione internazionale, la prima carta dei diritti umani, la macchina calcolatrice, la frazione decimale, il precursore del moderno orologio, il mulino a vento, l’almanacco e l’astrolabio, l’arco rampante e la tecnica per le miniature, la ceramica e i primi vetri colorati, l’albero di Natale e gli scacchi… l’elenco dei ‘debiti’ potr ebbe proseguire all’infinito. Poi ci sono ‘primati esclusivi’, come la mistica, l’architettura e la raffinata tessitura legata al mito del ‘giardino persiano’. In un territorio dominato dalle asprezze della natura, tra monti e deserti, il giardino – e sua madre, l’acqua… – costituiscono un bene impr escindibile tanto per il corpo quanto per l’anima. Un asilo da costruire e proteggere con capolavori di muratura e di idraulica, da riproporre sulle volte delle moschee, da ridisegnare nell’ordito dei tappeti. Il regista Alireza Raisan ne illustra il significato: «Noi stendiamo un tappeto in mezzo al deserto ed è come se ci sedessimo in un giardino fiorito, popolato di pavoni e di fon- Gli iraniani assecondano la loro indole partecipativa trasformando ogni angolo di verde in un momento di incontro: tappeti stesi nei prati, tazze di tè passate di mano in mano, piatti pronti ad esibire le delizie della più ricercata gastronomia mediorientale 177 il viaggio torino magazine Isfahan: Imam Square, sullo sfondo la Moschea dell’imam IRAN DA LEGGERE Sono poche le destinazioni a vantare un patrimonio di libri e relazioni di viaggio come l’Iran, ed è forse la migliore testimonianza di come questa terra abbia suscitato da sempre l’interesse di scrittori, letterati e giornalisti. Il nostro preferito è ‘Specchi dell’invisibile’ di Jason Elliot (Neri Pozza): 500 pagine per un sofisticato e attualissimo racconto in presa diretta, ricco di approfondimenti storici, culturali e religiosi ma anche di humor e partecipe sensibilità. Fondamentale anche ‘Rosa è il colore della Persia’ di Vanna Vannuccini (Serie Bianca Feltrinelli): un viaggio dell’inviata speciale di Repubblica tra riflessione politica e analisi culturale. Per comprendere la genesi del paese negli ultimi cento anni consigliamo ‘Storia dell’Iran’ di Farian Sabahi (Bruno Mondadori). Gradevolissimo ‘La caverna di Alì Babà – l’Iran giorno per giorno’ (Edt) di Ana M. Briongos: le vicende (autobiografiche) di una donna occidentale ospitata da una famiglia di commercianti nella Isfahan dei giorni nostri. Chi viaggia con Il Tucano riceverà in omaggio la guida ‘Iran tesori di Persia’, particolarmente curata sotto l’aspetto storico e archeologico. Persin superfluo segnalare gli ormai notissimi fumetti ‘Persepolis’ di Marjane Satrapi. Naturalmente resta insostituibile la Lonely Planet ‘Iran’: 450 pagine che esplorano con la consueta competenza ogni aspetto turistico, culturale, storico e sociale del paese. Tra le letture classiche vanno ricordate: ‘La via per l’Oxiana’ di Byron (libro culto per Chatwin), ‘Le mille e una notte’, il ‘Milione’ di Marco Polo, il secondo volume di ‘Tre anni in Asia’ di Arthur de Gobineau, le relazioni di viaggio di Ella Maillart, Annemarie Schwarzenbach e Freya Stark. 178 tane. Odoriamo il profumo dei fiori, ascoltiamo il mormorio dell’acqua. Ci sentiamo tutt’uno col giardino e diventiamo poeti. È questo che ha permesso agli iraniani di restare loro stessi per tre millenni, attraverso guerre, invasioni, rivoluzioni: la capacità di esprimersi in forme poetiche». Ed è forse proprio la poesia il bene più intimamente coccolato, indelebilmente trasversale attraverso secolie generazioni. I nomi che tutti conoscono sono quelli di Firdusi, Hafez – «la sua poesia è uno specchio orizzontale nel quale si riflette il cielo e quindi Dio», ci ha spiegato Siamak, la nostra guida – il gaudente e saggio Omar Khayyam, Rumi, fondatore dei ‘dervisci danzanti’, Sa’di, che conciliò mistica e amore terreno. Sentimenti, fede e fierezza ad ogni distico: poesie per sognare e per riflettere, poesie per marcare le differenze. Se volete far infuriare un iraniano provate a definirlo arabo. Nella più benevola delle risposte vi ricorderà che la Persia deve loro solo due cose ‘Dio e il velo delle donne’; ma potr ebbe anche rispondervi coi versi, assai noti, di un antico cantor e anonimo: «Ritornate in Arabia e riprendete a mangiare lucertole e ad allevare i vostri cammelli, mentre io sto seduto sul trono dei Re sostenuto dalla mia spada affilata e dalla mia penna acuminata». Nel viaggio la storia ‘verticale’ dell’Iran si trasforma in fenomeno orizzontale, creando – nei centri dove l’uomo ha segnato di più il proprio passaggio – un mondo nel quale le diverse epoche coesistono alternandosi e contaminandosi. Come in Europa, come forse solo a Gerusalemme e lungo le coste del Mediterraneo. Il nostro itinerario ha preso il via da Shiraz: la città delle or se, del vino (una volta…), dei poeti e degli usignoli. Impossibile non portarsi appresso il senso di benefica leggerezza che evocano i suoi giardini, dove, tra l’ipnotico profumo dei fiori d’arancio, si aprono sontuose dimore d’epoca. Altri giardini, affollati ad ogni ora del giorno, cingono nel verde le tombe di Hafez e Sa’- di. Ma la più grande emozione ce la riserva il santuario di Alì Ebn-e Hamze, dove riposa il nipote del settimo imam sciita. La volta della moschea e le pareti sono interamente rivestite da decorazioni a specchio di abbagliante bellezza: lo scrigno di cristallo che trasporta d’incanto in un’atmosfera ultraterrena. La medesima pronta ad accogliere il visitatore di fronte ai resti di Persepoli, che di Shiraz (insieme a Pasargade e alla necr opoli di Naqsh-e Rostam) è il distretto archelogico. In realtà non si dovr ebbe parlare di città, perché questo formidabile complesso, edificato su un terrazzamento di 400 metri per lato, veniva usato dagli Achemenidi esclusivamente per celebrazioni e cerimonie. I più spettacolari trionfi si tenevano in occasione del capodanno zoroastriano (il già citato No Ruz), quando dall’imponente scalinata salivano le delegazioni dei ventitré popoli sottomessi all’impero. Ce li ricorda un bassorilievo che allinea, quasi cinematograficamente disposti; etiopi, libici, drangiani, arabi, traci, sagarti, sogdiani, indiani, parti, gandhari, batriani, egizi, sciti, lidii, aracosii, cilici, cappadoci, arii, babilonesi, assiri, elamiti, armeni e medi. T utti a portare i loro doni, tutti a celebrare il potere del Re dei Re. Persepoli era la capitale del mondo conosciuto e alla sua grandezza contribuì una straordinaria miscela multiculturale di talenti. Mentre il nostro sguardo si perde tra foreste di colonne, porte gigantesche ed eleganti rilievi, non possiamo fare a meno di pensare che gli archeologici hanno riportato alla luce solo il riflesso, per quanto imponente, di uno scenario creato per stupire e soggiogare con la forza del mito. Arthur Upham Pope, tra i massimi studiosi della civiltà persiana, commenta il sito con queste parole: «I sentimenti umani trovano espressione nella nobiltà e nella pura bellezza del monumento: più razionale e attraente rispetto a quello degli assiri e degli ittiti, più lucido e umano rispetto a quello degli egizi. La bellezza di Persepoli non è il frutto casuale di uno sfog- il viaggio torino magazine gio di sfarzo e dimensioni; è il risultato della bellezza riconosciuta esplicitamente come valore sovrano». Risalendo verso nord il nostro viaggio ci porta a Isfahan: ‘la metà del mondo’, secondo una celebre rima del XVI secolo. Robert Byron la ricorda «tra i rari luoghi, come Atene o Roma, in cui l’umanità trova comune sollievo». Capitale della dinastia Safavide, nonostante il traffico intenso e un milione e mezzo di abitanti, conserva larga parte del patrimonio che la rese celebre: i suoi vecchi ponti attra- versano il fiume Zayandeh regalando scorci che fanno pensare (in grande) ad una Firenze mediorientale; la moschea di Jameh è un trattato di architettura islamica, con 800 anni di stili architettonici diversi eretti sulle fondamenta di un antico tempio zoroastriano; il palazzo Chenel Sotun offre un ciclo di affreschi che fanno rischiare la sindrome di Stendhal; il quartiere armeno, con la cattedrale di Vank (dove le pareti ricordano ogni episodio significativo dei due testamenti attraverso pitture dal formidabile impatto emotivo), testimo- Dall’alto: Isfahan, Moschea dell’imam: dettaglio del portale Isfahan, gli affreschi del Palazzo Chenel Sotun Shiraz, giochi di luce nella moschea di Nasir-Ol-Molk 179 il viaggio torino magazine TAPPETI, LIBRI E BAZAR… L’Iran offre una gamma di prodotti tipici estremamente interessante a prezzi particolarmente abbordabili. Però, attenzione: è praticamente impossibile utilizzare la propria carta di credito. L’embargo statunitense impedisce l’accesso ai principali circuiti bancari. Gli unici ad essere attrezzati – tramite una triangolazione con Dubai (e solo in caso di acquisti particolarmente onerosi) – sono i migliori negozi di tappeti e qualche punto shopping nei grandi hotel di Teheran. Quindi portatevi appresso euro in contanti che potrete tranquillamente cambiare in aeroporto, albergo o tramite la vostra guida. Il ‘pezzo forte’ di un viaggio può essere, ovviamente, un tappeto, ma è necessaria cautela ed esperienza. L’offerta è praticamente infinita e gli iraniani sono degli ottimi commercianti (particolarmente abili nel convincere e contrattare), quindi occhio a non portarvi a casa un prodotto che paghereste in Italia allo stesso prezzo o addirittura meno. Noi abbiamo visto cose eccellenti (e anche eccezionali) da Amir Mostajeran a Isfahan (+98913 – 1187083). Restando ai tessuti, sono deliziosi i ghalam kar (drappi e tovaglie realizzati con fibre naturali e stampati a mano), i migliori si trovano al bazar della grande piazza di Isfahan (da visitare Herdowsi Shop). Nella stessa città – da secoli il capoluogo commerciale e artigianale dell’Iran – si possono cercare i raffinati oggetti in rame decorati a mano (Iranian Fine Arts, Kualalampur street 81346) e le miniature su osso di cammello o carta antica – bellissime quelle di Hossein Fallahi (Saadi street 5). Se vi piacciono i libri (recenti, usati o antichi) non perdetevi l’Evin Bookshop di Mohsen Dehghan presso il Laleh Hotel di Teheran. Il personaggio, simpaticissimo e torrenziale nel modo di comunicare, offre superbe edizioni anastatiche di volumi storici (anche in italiano), una selezione di opere precedenti alla caduta dello Scià e – colpo di teatro – un buon numero di penne Mont Blanc anni Quaranta (veri pezzi da collezione), nuove e nella confezione originale. Ultima annotazione per gli squisiti prodotti alimentari (la cucina iraniana è la più raffinata del medioriente); qui è d’obbligo una sosta al bazar per scegliere spezie, acqua distillata di rose (ma anche di menta e di cumino), zafferano (profumatissimo ed economico). Non fatevi illusioni per il caviale, costa caro (quasi come in Italia) ed è praticamente introvabile. Mohsen Dehghan 180 Isfahan: artigiano al lavoro da Amir Mostajeran nia i meriti di un Islam persiano che ha sempre rispettato la libertà di culto. Ma è quando ci si af faccia sulla Imam Square (la seconda più grande piazza al mondo dopo la cinese Tienanmen) che la ricerca di ogni paragone lascia senza aggettivi. Elliot, stupefatto, ha dedicato decine di pagine per spiegarci (e spiegarsi) la miriade di corrispondenze geometriche celate dietro ogni proporzione. Ma i capolavori parlano da sè e sembrano rifiutare i numeri: in questo spazio lungo 512 metri e largo 163 (tanto grande che per un secolo ci si giocò a polo) trovano posto tre gioielli perfetti: la moschea dell’Imam – sul cui portale i più Shiraz: il bazar abili artigiani e call igrafi del tempo hanno c oncepito un decoro di tale finezza che concavo e c onvesso traggono in inganno come nelle tavole di Piranesi – il maestoso palazzo Ali Qapu, col suo terrazzo a baldacchino, e la moschea dello sceicco Loftollah, probabilmente la più fiabesca dell’Iran, con una cupola che non sai dir e se più perfetta all’esterno (con motivi geometrici dal crema al rosa) o all’interno, dove il mosaico, illuminato dal gioco di luci e ombre delle finestre, crea sul soffitto l’illusoria forma di un pavone dall’immensa coda. Percorri il perimetro e lui scompare per poi riapparire, tu continui a girare col naso in aria e non ti ferme resti più… All’uscita – domina ti da un cielo blu scheggiato dal turchese dei minareti – è inevitabile lasciarsi attrarre dal doppio porticato che chiude la piazza sui due lati maggiori: sotto le arcate il bazar coi suoi traffici. Sono possibili ottimi affari, ma occhio, qui è proverbiale l’arguzia dei commercianti. Di fronte ad una vecchia bilancia che segnava sempre un peso diverso, il venditore ci ha ricordato: «per farla funzionare bisogna mettere una moneta…». «Certo – ha risposto pronto la nostra guida – mi pareva strano che a Isfahan ci fosse qualcosa in grado di funzionare senza denaro…». Le ultime due tappe prima di arrivare a Teheran – tra paesaggi di terra rossa e vette dai contorni nitidi – ci hanno portato a Kashan (per ammirare i prodigi idraulici dei giardini di Fin) e Qom, capitale dell’integralismo religioso e delle scuole coraniche. In città è d’obbligo una maggiore prudenza, il potere di una fede forte e intransigente si respira nell’aria e si legge sul volto dei mullah; così, la grande cupola d’oro del mausoleo di Fatima resta, per i non mus- il viaggio torino magazine IN IRAN CON IL TUCANO Persepolis, i celebri bassorilievi sulmani, un abbagliante capolavoro da osservare a debita distanza. Infine, Teheran, punto di partenza e di approdo per ogni viaggio iraniano: quattordici milioni di abitanti, un traffico per palati forti e s pericolati, ma una pulizia e un decoro in ogni quartiere, anche il più popolare, eloquente sintomo di civiltà urbana r egolata dall’educazione. Il panorama metropolitano è segnato, in significativo contrasto, dai grandi manifesti di una vivace cinematografia locale e dagli enormi murales che ricor dano il volto e le gesta dei martiri della guerra contro l’Iraq. Conflitto che, pur tra lutti immensi, ha generato un lascito imprevedibiPersepolis, veduta del sito Murales raffigurante un martire della guerra con l’Iraq le per la battaglia dem ografica del governo: oggi l’Iran è uno dei paesi più giovani al mondo, con l’80% degli abitanti sotto i trent’anni. Cultura e fede, nuove tecnologie e tradizione, dif ficile interpretare lo scenario – più complesso che allarmante – pronto a consegnare il futuro a questi ragazzi. Una generazione comunque pronta ad osservarci con amichevole curiosità; per loro l’Italia, come la Persia , è il luogo dove è nata la storia. Se si guar da il mondo da una prospettiva più ampia, la cronaca, coi suoi veleni, fa meno paura. I È merito di realtà come il Tucano se l’Iran può essere raggiunto ed esplorato al di là di dubbi, pregiudizi e luoghi comuni. Il tour operator torinese offre attualmente due proposte dal proprio catalogo ‘VicinoAnticoOriente’: si va dal ‘viaggio base’ (raccontato nel nostro reportage) ‘Splendori dell’antica Persia’ – durata 8 giorni, visita a Shiraz, Persepoli, Isfahan, Kasham, Qom e Teheran – al più lungo ‘Iran, la strada persiana dei re’: 15 giorni con in più, rispetto all’itinerario precedente: Ahwaz, lo Ziggurat di Choga, Susa, Bishapur, Kerman, Yazd, Nain, Zavareh e Ardestan. Ma, nei prossimi mesi, Il Tucano intende pubblicare un catalogo esclusivamente dedicato all’Iran, con una serie di proposte aggiuntive e ricche varianti sul tema. È la dimostrazione di quanto si creda nella destinazione – tra le più suggestive ed economicamente convenienti nel medioriente – e della fiducia riposta nel corrispondente locale: il qualificatissimo Aito Tours & Travel Agency. Noi abbiamo incontrato personale cortesissimo e competente, una guida completamente a disposizione e parlante italiano, strutture alberghiere di altissimo profilo (dotate sempre di televisione satellitare) e una cura nel selezionare visite, ristoranti e luoghi per lo shopping davvero impeccabile. Va anche segnalato che l’Iran ha una perfetta copertura per i telefoni cellulari (limitatamente a Tim e Vodafone) e che, nelle maggiori località turistiche, è facile comunicare in inglese e francese (qualche volta persino nella nostra lingua). Il viaggiatore italiano è accolto con una gentilezza addirittura superiore alla media, perché si considera il nostro paese come grande culla di civiltà, il corrispettivo europeo dell’antica Persia. Il periodo migliore per effettuare il viaggio è la primavera oppure l’autunno; nelle altre stagioni occorre adattarsi ai rigori di un clima fortemente continentale: molto caldo in estate e rigido nell’inverno. Quanto alle norme comportamentali, va ricordato che le donne devono avere il capo, le braccia e le gambe coperte in ogni luogo pubblico; inoltre è proibito (e sanzionato) il consumo (e l’importazione) di alcolici. Nessun problema, invece, per le fotografie: se ci avvicina con rispetto e semplicità i locali accettano di essere ritratti senza diffidenza. Le partenze da e per l’Italia avvengono tramite voli di linea, i trasferimenti interni con le confortevoli macchine di Aito Tours e attraverso la compagnia nazionale di bandiera; la rete stradale è quasi ovunque di ottimo livello. Ricordiamo che, dal 10 di marzo, Il Tucano ha rinnovato ed ampliato i suoi locali di piazza Solferino inaugurando il ‘Tucano Concept Store – l’atelier del viaggiatore’: sofisticato spazio multimediale, negozio con ricercate proposte da tutto il mondo, sede di esposizioni, libreria e biblioteca. Una location suggestiva dove, fino al 12 maggio, si potrà visitare la mostra fotografica ‘In viaggio, diario per immagini’ che racconta tredici reportage realizzati da Guido Barosio e Valter Carasso. Il Tucano – viaggi e ricerca a cura di Willy Fassio (www.tucanoviaggi.com piazza Solferino 16/a – Torino) 181