per una storia della fotografia
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per una storia della fotografia
PER UNA STORIA DELLA FOTOGRAFIA Immagini nella storia. Immagini per la storia. Guardare e riflettere su una sequenza di fotografie che hanno descritto e segnato la storia della fotografia, e che hanno raccontato l'evoluzione dell'uomo, delle sue condizioni di vita, del contesto sociale negli ultimi 200 anni, è stato l'intento che ha indotto il nostro gruppo di fotografi "amatoriali" ad inserire nel corso degli incontri periodici una serie di conversazioni sull'evoluzione dell'arte fotografica. Varie e numerose le riflessioni emerse sui significati e sui significanti, sui messaggi, sulle sensazioni, sull'impatto emotivo che essa racchiude. E' stato così esaminato, accanto ai commenti critici di vari autori, un insieme di immagini che potesse costituire sostegno alle argomentazioni sviluppate sull’evoluzione della tecnica, sulle varie scuole di pensiero e sui diversi canoni interpretativi del messaggio fotografico. Un percorso, questo, utile per acquisire, al di là delle immediate apparenze oleografiche, una conoscenza approfondita degli ambienti, dei grandi eventi, dei rapporti sociali, più consapevole delle stridenti contraddizioni della realtà; un percorso valido anche per capire l’efficacia delle varie forme di espressione artistica che nella fotografia hanno trovato uno strumento nuovo, un “occhio” capace di guardare al di là del mero aspetto fenomenico. La fotografia è arte nel momento in cui riesce a trasmettere emozioni di pari intensità a quelle che prova chi quelle immagini le osserva dal vero. Nella ritrattistica tradizionale, in cui prevalevano soggetti immobili, i grandi pittori tendevano a trasmettere qualcosa che andava al di là della semplice rappresentazione fisica, che lasciasse trasparire l’anima del personaggio, il suo carattere, i suoi sentimenti: in tal senso essi comunicavano l’interiorità come la vera essenza del soggetto. La grande fotografia “diretta” comunica anch’essa situazioni e stati d’animo, trasmette emozioni, vuole suscitare emozioni. Essa trae spunto dalla realtà e dalla vita, la presenta, la interpreta, ne coglie quegli aspetti che agli osservatori, a volte distratti, possono sfuggire, li vuole fissare perché restino documento, perché tutti ne possano acquisire coscienza, perché il loro potere di testimoniare resti nel tempo. La fotografia da elemento statico diviene elemento dinamico, un istante di un divenire, in un contesto di raffinata sensibilità. A chi gli chiedeva come mai si usa spesso mettersi in ginocchio quando si scatta una fotografia, un grande fotografo rispondeva: "perché il mondo va visto con gli occhi di un bambino". Perchè solo i bambini sono capaci di provare stupore, meraviglia, ansia di apprendere, entusiasmo di conoscere; solo loro sono capaci di esprimere tenerezza. Sentimenti e sensazioni che gli adulti spesso dimenticano. Nan Goldin (fotografa statunitense contemporanea) scrive: ..... la fotografia istantanea è il genere fotografico più determinato dall'amore. Fare una fotografia è un modo di toccare qualcuno, è una carezza, è accettazione, un desiderio di cogliere la verità e di accettarla, senza cercare di farne una versione personale. Nella Parigi di Robert Doisneau la “grandeur” è solo uno sfondo lontano: in primo piano ci sono i parigini. Le inquadrature di Doisneau sono “strette”, non panoramiche, per dare risalto all’elemento umano che, inserito nella porzione di mondo che li racchiude, assurge a protagonista. Leggere le sue fotografie induce a guardare “attraverso” e “oltre”; significa sentire i personaggi che vivono e si muovono nella loro naturalezza, percepire le loro passioni quotidiane, i piccoli gesti della vita di ogni giorno. Anche Eugene Atget ha fotografato Parigi, cercando di consegnare alla storia tutti quegli aspetti caratteristici della città prima che venissero definitivamente cancellati dalla imponente opera di ristrutturazione urbanistica ideata e realizzata da Haussmann. Per aver rappresentato insegne e vecchie botteghe, spesso Atget è stato scambiato erroneamente per un fotografo di pura documentazione. Atget, di idee socialiste, ha dato invece vita a una ricerca di matrice politica e sociale. Il suo è uno sguardo impegnato, teso a cogliere le condizioni degli umili, dei perdenti, di coloro che, vivendo al margine, al confine, non interessano a nessuno; viene così a crearsi un parallelismo fra margine sociale e margine fisico. Le foto di Mathew Brady mostrano l'orrore della guerra, qualunque essa sia, da qualunque parte la si guardi, anche quella condotta per fini "nobili". La sua documentazione della guerra di secessione americana risulta ancora oggi di particolare efficacia nel mostrare come, in fondo, dietro tutti i sogni di gloria ci siano gli uomini, con il loro sacrificio, la loro quotidianità. Brady mostra, accanto ai campi cosparsi di cadaveri, come le popolazioni civili cercano di reagire ai disagi ed alle privazioni imposte dalla guerra per tornare alla vita con coraggio e dignità. "Migrant mother" di Dorothea Lange riesce a racchiudere in una sola immagine un insieme di stati d'animo complesso, straordinario: una madre preoccupata per il futuro, per se stessa e per i suoi figli, consapevole delle difficoltà, rassegnata ma non vinta; dallo sguardo traspare una ferma decisione di combattere le avversità: lei non soccomberà. Una strada si perde all'orizzonte, inesorabilmente, attraversando uno scenario desolato, senza ripari, senza possibilità di soste. Ce la mostra ancora Dorothea Lange. E' la strada che bisognerà percorrere per poter arrivare lì dove forse è possibile cercare lavoro. Due persone camminano, con portamento fiero, non dimesso; anche loro affronteranno con coraggio questa ennesima prova. Fra le foto di Steve McCurry molte sono dedicate ai ritratti di persone che vivono in mondi molto distanti e diversi dalle cosiddette civiltà occidentali. Contravvenendo ad una abitudine molto usata dai fotografi, McCurry ritrae i suoi personaggi frontalmente, facendoli guardare dentro l'obiettivo. L'effetto è sconvolgente: non è più il fotografo che indaga sul soggetto, ma è il soggetto che scruta nella coscienza del fotografo ponendogli una serie di interrogativi: "cosa sai di me, del mio mondo, come io vivo, quali sono i disagi che sopporto, i sacrifici che devo affrontare per fare quelle stesse cose che per te sono facili e naturali". Il fotografo e l'osservatore sono costretti a cercare una risposta o comunque a porsi il problema. Un uomo suona un violino per strada, lo fa per guadagnare qualcosa, per sopravvivere. Gli chiedo il permesso, lo fotografo. Dopo diverso tempo lo incontro di nuovo, ero con la mia nipotina. Lui la saluta in un italiano stentato e io gli dico che è la mia nipotina. Lui sorride, gli si illuminano gli occhi e dice: “anch'io ho nipotina, come tua bambina, ma è lontana.” Quella fotografia mi ricorda come in quel momento io mi sia sentito vicino a lui: che differenza c'era tra la mia nipotina e la sua ? che differenza c'era tra il mio affetto e il suo per le nostre nipotine ? Nessuna. Don McCullin, in una foto scattata in Vietnam ha posto la sintesi dell'assurdità delle guerre: un marine è di guardia ad una finestra dall'interno di un appartamento. Per terra, racchiusa in una cornice, c'è la foto di due giovani forse sposati e che, forse, avevano abitato in quella casa, ora distrutta, come le loro vite. Non si può fare a meno di leggere in parallelo l'immagine del giovane marine e quella dei due giovani vietnamiti: avrebbero avuto tutti diritto di vivere la loro vita, la guerra li ha distrutti allo stesso modo. In un bellissimo film su Iwo jima, teatro di una feroce battaglia fra americani e giapponesi nella seconda guerra mondiale, un soldato americano trova una lettera e la legge; è la lettera di un soldato giapponese ai suoi familiari. L'americano non può fare a meno di annotare che è del tutto simile a quella che ha scritto lui ai suoi familiari. La fotografia mostra, propone, denuncia, come anche altri mass-media, quali il cinema, ed è forse in questa tensione che si esprime il valore più alto in termini di comunicazione; uno sforzo che meriterebbe effetti più ampi e profondi laddove non si può fare a meno di constatare che, nonostante l'enorme produzione di immagini e di film in tutte le epoche "si prova indifferenza per l'orrore, quando bisognerebbe provare orrore per l'indifferenza". Sarebbe peraltro riduttivo intendere la fotografia finalizzata alla riproduzione di immagini dal contenuto sociale ed umano. Essa è anche il mezzo tecnico attraverso cui esprimere l’arte, interpretata anche in termini di immagini astratte, di linee, volumi, colori, con un impatto emotivo affidato alla percezione visiva, al connotato estetico. La fotografia può essere quindi decodificazione del reale, metafora della vita. E' altrettanto riduttivo fare fotografia riservando uno spazio eccessivo alla ostinata ricerca della perfezione tecnica: la padronanza degli strumenti tecnici, senza dubbio importante, richiede un adeguato tirocinio; ma altrettanto importante è il superamento del tecnicismo attraverso il pensiero. Fra le tante fotografie che hanno fatto la storia, molte non sono tecnicamente perfette, ma sicuramente sono tra le più affascinanti. (Giovanni Raimondi)