IL MATRIMONIO OMOSESSUALE

Transcript

IL MATRIMONIO OMOSESSUALE
137
SERIE BUSSOLA
orientamenti legislativi
Massimiliano Di Pirro
IL MATRIMONIO
OMOSESSUALE
Dopo la sentenza della
Cass. Sez. I, 15 marzo 2012, n. 4184
s Appendice normativa
SIMONE
EDIZIONI GIURIDICHE
Š
Gruppo Editoriale Simone
Estratto della pubblicazione
2012
«Due donne che si baciano? È come fare pipì in strada»
Carlo Giovanardi, senatore Pdl
Estratto della pubblicazione
Estratto della pubblicazione
Estratto della pubblicazione
TUTTI I DIRITTI RISERVATI
Vietata la riproduzione anche parziale
Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Simone S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Finito di stampare nel mese di marzo 2012
dalla «Officina Grafica Iride» - Via Prov.le Arzano-Casandrino, VII Trav., n. 24 - Arzano (NA)
per conto della SIMONE S.p.A. - Via F. Russo, n. 33/D - 80123 Napoli
Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
Estratto della pubblicazione
PREMESSA
Il 13 marzo 2012 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla parità dei diritti uomo-donna che sollecita gli Stati
membri a non dare definizioni restrittive della famiglia e a non negare «la protezione legale alle coppie dello stesso sesso e ai loro
figli», ricordando, tra l’altro, che i diritti garantiti dall’Unione europea
devono applicarsi senza discriminazioni sulla base del sesso e
dell’orientamento sessuale.
Il paragrafo 5 chiede alla Commissione «di elaborare proposte
per il mutuo riconoscimento delle unioni civile e delle unioni dello
stesso sesso in Europa tra i paesi che hanno già una legislazione ad
hoc in materia per assicurare parità di trattamento con riferimento al
lavoro, la libertà di movimento, le tasse e la sicurezza sociale» e il
paragrafo 62 raccomanda al Consiglio «di sbloccare la proposta di
Direttiva sulla attuazione della parità di trattamento con riferimento
ad ogni tipo di discriminazione compresa quella sessuale».
Dopo appena due giorni la Cassazione, con la sentenza n. 4184,
depositata il 15 marzo 2012, ha fatto un importante passo avanti
verso il riconoscimento delle unioni omosessuali. Infatti, pur bocciando la richiesta di trascrizione delle nozze celebrate all’estero da
una coppia omosessuale di Latina, ha riconosciuto che la diversità
di sesso non è più un presupposto indispensabile del matrimonio.
Inoltre, per gli ermellini, la relazione stabile di una coppia omosessuale deve essere ricondotta alla nozione e alle tutele proprie della
vita familiare, al pari di una qualunque coppia eterosessuale.
La vicenda era quella di due uomini che si erano sposati in Olanda
nel 2002 e avevano chiesto la trascrizione del certificato di nozze
al comune di Latina.
Contro il rifiuto del Comune la coppia proponeva ricorso, respinto
in primo grado e in appello.
Il caso approda in Cassazione, che con la sentenza 4184/2012
ha fatto cadere il tabù dell’identità di sesso dei nubendi quale presupposto necessario delle nozze.
Estratto della pubblicazione
Questa evoluzione non è nata motu proprio dai giudici del Palazzaccio ma è stata realizzata, a dire il vero, grazie alla forza pervasiva
della Convenzione europea dei diritti dell’uomo — alla quale l’Italia
aderisce —, il cui art. 12 considera irrilevante la diversità di sesso
dei nubendi.
La Cassazione, tuttavia, ha fatto soltanto una mezza evoluzione,
negando la trascrivibilità del matrimonio omosessuale celebrato
all’estero perché, almeno così dice, le nozze same-sex non sono
disciplinate nel nostro ordinamento.
Attendiamo il nostro principe coraggioso, legislatore o giudice
che sia, «to take arms against a sea of troubles and, by opposing,
end them».
Tivoli, 20 marzo 2012
Massimiliano Di Pirro
Estratto della pubblicazione
CAPITOLO PRIMO
DREAMING CALIFORNIA: LA CORTE FEDERALE
AMMETTE IL MATRIMONIO SAME-SEX
Sommario: 1. La vicenda. - 2. Corte Suprema della California, 15-5-2008. - 3.
Corte d’Appello federale, 7-2-2012.
1. LA VICENDA
Con la sentenza del 15-5-2008, nel caso In re Marriage Cases
[Six Consolidated Appeals], 43 Cal. 4th 757 (2008), la Corte suprema californiana ha stabilito che l’esistenza di due regimi diversi e
separati per le coppie eterosessuali e per quelle omosessuali costituisce una discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, in
quanto tale incompatibile con il principio di uguaglianza e, dunque,
incostituzionale.
Con un referendum del novembre 2008 (Proposition 8) il popolo
californiano ha approvato un emendamento alla Costituzione dello
Stato inserendo una riserva legale in materia matrimoniale limitata
alle coppie di sesso opposto («Only marriage between a man and
a woman is valid or recognized in California»).
Con la pronuncia resa nel caso Strauss vs. Horton, 46 Cal. 4th
364 (2009), la Corte suprema ha valutato nuovamente la questione
della compatibilità di tale emendamento, dichiarandolo legittimo.
Persa la causa di fronte ai giudici statali i ricorrenti si sono rivolti alla Corte distrettuale, facendo valere la violazione dell’Equal
protection clause contenuta nel XIV emendamento. Il giudice federale ha dato ragione ai ricorrenti in Perry vs. Schwarzenegger, 704,
F. Supp. 2d 921 (N.D. Cal. 2010) (cfr. WINKLER, Ancora sul rifiuto
in Italia di same-sex marriage straniero: l’ennesima occasione mancata, in Dir. fam. e delle persone, 2011, 3, 1240 s.).
Da ultimo, la United States Court of Appeals for the Ninth Circuit, nel caso Perry vs. Brown, 7.2.12, ha stabilito, con una maggioEstratto della pubblicazione
8
Capitolo Primo
ranza di due giudici a uno, che il referendum sulla Proposition 8 è
incostituzionale perché violativo delle Due process e delle Equal
protection clauses previste dal 14° emendamento della Costituzione
federale. La questione, tuttavia, non è ancora conclusa, perché sono
ancora possibili impugnazioni davanti all’adunanza plenaria della
Ninth Circuit quanto alla Corte Suprema.
2. CORTE SUPREMA DELLA CALIFORNIA, 15-5-2008
Secondo la pronuncia in commento, «alla luce della natura dei
diritti sostanziali sottesi al diritto al matrimonio — e alla loro importanza centrale nell’opportunità di ciascun individuo di vivere una vita
felice, piena e soddisfacente come membro a pieno titolo della società — la costituzione californiana deve essere interpretata a garantire questo diritto civile fondamentale a tutti gli individui e le
coppie, senza riguardo al loro orientamento sessuale».
La Corte Suprema della California mette a confronto, sul piano
normativo e sociale, le domestic partnership, figura giuridica alla
quale possono accedere le coppie omosessuali per regolarizzare la
loro unione, con l’istituto matrimoniale, al fine di verificare se, sotto
il profilo del riconoscimento sociale, dei diritti e dei doveri le due
fattispecie siano equiparabili.
La legislazione sulle domestic partnership è stata estesa anche
alle coppie omosessuali, e prevede talune differenze rispetto al
matrimonio (ad es., la residenza comune per le domestic partnership
non è richiesta per il matrimonio; per registrarsi come convivente è
opportuno avere la maggiore età compiuta, mentre nel caso del
matrimonio i minori di 18 anni possono sposarsi anche se è necessario il consenso dei genitori; per costituire una domestic partnership
i due partner devono sottoscrivere una dichiarazione da depositare
presso gli uffici preposti, mentre per sposarsi è necessaria una licenza matrimoniale e un certificato che dimostri l’avvenuto matrimonio, ecc.).
Tuttavia, stante l’importanza, per un individuo, di vivere una vita
felice e soddisfacente come un membro riconosciuto dalla società
a pieno titolo, la Costituzione della California — secondo la Corte
suprema — deve essere interpretata nel senso di garantire questo
Estratto della pubblicazione
Dreaming California: la corte federale ammette il matrimonio same-sex
9
diritto civile fondamentale a tutti gli individui e alle coppie senza considerare il loro orientamento sessuale.
Il diritto di sposarsi è sempre stato riconosciuto solamente alle
coppie eterosessuali, ma — precisa la Corte — la tradizione non
è una giustificazione sufficiente per confermare l’esclusione di
questo diritto costituzionale fondamentale.
Del resto, vi è stata una profonda trasformazione del trattamento
legale delle persone e delle coppie omosessuali: la California, ripudiando la concezione tradizionale dell’omosessualità come malattia
mentale, ha messo in piedi politiche indirizzate al riconoscimento
degli stessi diritti e della dignità di tutti gli individui senza alcuna
considerazione del loro orientamento sessuale, che riconoscono le
persone omosessuali pienamente capaci di manifestare amore e
stabilire relazioni che possano condurre alla fondazione di una famiglia o alla presa di responsabilità della cura e della crescita di
bambini.
I giudici californiani, quindi, hanno affermato che l’orientamento
sessuale non è motivo sufficiente per aumentare o restringere legalmente i diritti civili individuali.
Quest’affermazione non comporta alcun travalicamento dei confini tra attività giudiziaria e attività legislativa. I giudici californiani,
infatti, hanno preso atto dei mutamenti sociali, adeguando in via
interpretativa — non è in ciò che consiste il proprium dell’attività
giurisdizionale? — ai tempi, affermando che, nonostante la tradizione consideri il matrimonio come un negozio giuridico concluso da
due persone di sesso opposto, questa tradizione è ormai superata,
e non può più fondare alcuna distinzione/discriminazione basata
sull’orientamento sessuale.
Non si tratta, insomma, di giudici che esorbitano dalle loro funzioni, ma di giudici che interpretano la sensibilità dei tempi anticipando i tempi (spesso lunghi) del legislatore.
3. CORTE D’APPELLO FEDERALE, 7-2-2012
La IX Corte d’appello federale con una decisione del 7-2-2012
(caso Perry c. Brown) ha confermato la sentenza della corte distrettuale, stabilendo che la Proposition 8 — che ha cancellato dalla
Estratto della pubblicazione
10
Capitolo Primo
Costituzione della California il diritto di sposarsi alle persone dello
stesso sesso — ha violato il 14° emendamento della Costituzione
degli Stati Uniti.
I cittadini della California hanno utilizzato il potere di iniziativa
(legislativa) per colpire una minoranza e privarli di un diritto che
possedevano, violando così la clausola Equal protecion clause del
14° emendamento.
In questo caso i giudici non erano chiamati a decidere se, in base
alla Costituzione degli Stati Uniti, poteva essere vietato alle coppie
dello stesso sesso il diritto di sposarsi, in quanto in base alla legge
della California che disciplina le domestic partnership le coppie
dello stesso sesso hanno, di fatto, già gli stessi diritti delle coppie
eterosessuali (sia pure con alcune differenze, come sopra evidenziato). Il risultato che è stato ottenuto dal Proposition 8 è stato
quello di togliere l’etichetta di «matrimonio», precedentemente riconosciuta dalla Corte Suprema della California, alle unioni omosessuali, pur mantenendo in capo ai partner i diritti che da esso derivano.
Così facendo, il Proposition 8 non è stato ragionevolmente promulgata per promuovere la crescita dei figli da parte dei genitori
biologici, per incoraggiare una procreazione responsabile, per procedere in modo cauto con i cambiamenti sociali, per proteggere la
libertà religiosa o per controllare l’educazione dei giovani, ma soltanto per ridurre lo status e la dignità umana degli omosessuali e
riclassificare in maniera ufficiale le loro relazioni e famiglie come
inferiori a quelle delle coppie formate da persone di sesso diverso.
Estratto della pubblicazione
CAPITOLO SECONDO
NON C’È UN GIUDICE A LATINA:
IL RIFIUTO DEI MATRIMONI SAME-SEX
Sommario: 1. Dall’Olanda a Latina: il casus belli. - 2. Il decreto 10-6-2005 del
tribunale di Latina. - 3. La Corte d’appello di Roma (decreto 13-7-2006) si allinea
alla tesi del tribunale. - 4. App. Firenze 30-6-2008 consolida l’orientamento
ostruzionistico.
1. DALL’OLANDA A LATINA: IL CASUS BELLI
Il 1° giugno 2002 due cittadini italiani si sposano a L’Aja (Olanda),
secondo la normativa vigente in quel Paese, che dall’1-4-2001 (L. 2112-2000, Staatsblad 2001, 9, promulgata con decreto reale del 29-32001, Staatsblad 2001, 145) stabilisce che «il matrimonio può essere
contratto da due persone dello stesso sesso o di sesso diverso».
Il 12-3-2004 inoltrano al comune di Latina — ufficio dello stato
civile —, luogo della loro residenza, la domanda di trascrizione
dell’atto di matrimonio, ma il comune, in considerazione della particolarità del caso, invia un articolato quesito al Ministero dell’interno
per sapere se ricorressero o meno i presupposti per la trascrivibilità
del matrimonio in questione.
Con atto n. 79764 dell’11-8-2004, l’ufficiale dello stato civile del
comune di Latina certifica, ai sensi dell’art. 7 D.P.R. 396/2000, il rifiuto della trascrizione del matrimonio in conformità al parere espresso dal Ministero dell’interno con nota del 28-2-2004, in quanto
contrario all’ordine pubblico ai sensi dell’art. 18 cit. D.P.R., poiché
non è previsto, nel nostro ordinamento, il matrimonio tra soggetti
dello stesso sesso.
Contro il rifiuto i coniugi propongono ricorso al tribunale di Latina,
ai sensi del D.P.R. 396/2000, chiedendo che ordinasse al comune
la trascrizione del matrimonio.
A sostegno della loro richiesta i ricorrenti deducono che nell’ordinamento italiano opera il principio del riconoscimento automatico
12
Capitolo Secondo
del provvedimento straniero (artt. 65 e 66 L. 218/1995 e art. 63,
punto 2, lett. c), D.P.R. 396/2000), essendo, a tal fine, condizione
necessaria e sufficiente che l’atto sia stato posto in essere secondo
le forme previste dalla legge straniera, e tanto risultava, nella specie,
dalla copia autentica dell’atto di matrimonio celebrato all’estero.
La trascrizione dell’atto di matrimonio, proseguono i ricorrenti, ha
natura meramente certificativa e dichiarativa (Cass. 12864/1999),
per cui non è consentito, in tale fase, alcuna indagine sulla sua
validità o conformità all’ordine pubblico, mentre ogni eventuale impugnazione al riguardo può essere proposta dai soggetti legittimati
solo successivamente all’avvenuta trascrizione (Cass. 1739/1999).
Assumono, infine, che in ogni caso il matrimonio di cui chiedono
la trascrizione non è in contrasto con l’ordine pubblico internazionale, poiché l’unico limite all’operatività della legge straniera è costituito dal complesso dei principi e dei valori che informano la società
in un determinato periodo storico e, per definizione, le norme di uno
Stato membro della Comunità europea non possono essere contrarie ad alcun principio fondamentale di diritto internazionale, potendo
il limite in esame valere solo per le norme di paesi extra Ue.
Si costituisce in giudizio il comune di Latina, contestando la fondatezza della domanda in quanto, nell’ordinamento italiano, l’unico
matrimonio riconosciuto è quello tra persone di sesso diverso, come
sancito dall’art. 29 Cost. e, pertanto, il matrimonio tra persone dello
stesso sesso è contrario all’ordine pubblico interno; legittimo, quindi, è il rifiuto alla sua trascrivibilità ex art. 18 D.P.R. 396/2000.
La difesa del comune deduce, inoltre, quale ulteriore motivo per
il rigetto della richiesta dei ricorrenti, che nel nostro ordinamento
l’unione tra persone dello stesso sesso non è nulla ma inesistente,
per difetto dei requisiti minimi stabiliti dalle norme del codice civile
e, pertanto, ciò costituisce un insuperabile impedimento alla trascrivibilità del loro matrimonio.
Si costituisce anche il sindaco di Latina, in qualità di ufficiale del
governo, tramite l’avvocatura dello Stato, ribadendo la legittimità del
rifiuto di trascrizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso in
quanto incompatibile con i principi dell’ordine pubblico interno (art. 18
D.P.R. 396/2000), riconoscendo il nostro ordinamento (art. 29 Cost.)
solo il matrimonio incentrato sulla diversità di sesso tra i coniugi.
Non c’è un giudice a Latina: il rifiuto dei matrimoni same-sex
13
Interviene in giudizio anche il procuratore della repubblica di
Latina, che conclude per il rigetto dell’istanza dei ricorrenti, in quanto risultano violati i principi dell’ordine pubblico internazionale, tra i
quali andavano annoverati quelli fondamentali della Carta costituzionale (artt. 29 ss. Cost.) in virtù dei quali unico matrimonio ammissibile è quello tra soggetti di sesso diverso.
2. IL DECRETO 10-6-2005 DEL TRIBUNALE DI LATINA
Il tribunale laziale affronta la vicenda muovendo dalla premessa
che il legislatore del 1942 non ha fornito un’esplicita definizione del
matrimonio e, pertanto, la nozione va ricostruita dall’interprete desumendola dal complesso normativo che disciplina l’istituto in esame.
In verità, a parte la famosa definizione del matrimonio risalente
alle fonti romane (nuptiae sunt coniunctio maris et feminae, consortium omnis vitae, divini et umani iuris communicatio), nel disegno di
legge volto alla riforma del diritto di famiglia (poi L. 151/1975) era
stata proposta l’introduzione di un art. 83bis, intitolato «Costituzione
del matrimonio», così formulato: «Il matrimonio si costituisce con la
volontà, legittimamente espressa davanti ad un competente ufficiale dello stato civile, di un uomo e di una donna, che abbiano i requisiti fissati dalla legge, di prendersi reciprocamente in marito e moglie»
(proposta approvata dalla IV comm. perm. (giustizia) della camera
dei deputati il 18-10-1972, in atti parlamentari sen. — doc. 550).
Tuttavia, né il legislatore del 1942 né quello del 1975 hanno fornito la definizione di matrimonio e, dunque, soccorrono al riguardo
le singole disposizioni in materia e specificamente quelle sulla costituzione e validità del vincolo e sui suoi effetti.
In tema vengono innanzitutto in rilievo le norme costituzionali tra
cui nello specifico l’art. 29, che, testualmente, così recita: «La repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio»; da ciò discende, con riferimento all’art. 2 Cost.,
il riconoscimento dell’esigenza fondamentale dell’uomo di realizzarsi nella comunità familiare, quale formazione sociale, fondamentale
e preesistente, in cui si realizza la personalità dei singoli.
Ciò precisato, secondo il tribunale di Latina «quali che possano
essere le critiche alla formula adottata dal costituente (ma il compi-
14
Capitolo Secondo
to dell’interprete non è di critica, ma di comprensione della norma)
che con l’attributo naturale sembra voler configurare la possibilità di
istituti di diritto naturale e non diritto positivo, quello che rileva, ai fini
che qui interessano, è che il costituente, nel riconoscere i diritti
della famiglia come società naturale ha inteso far riferimento al
tradizionale rapporto di coniugio tra soggetti appartenenti a
sesso diverso, secondo una concezione, che prima ancora che
nella legge, trova il suo fondamento nel sentimento, nella cultura, nella storia della nostra comunità nazionale e tale principio,
confermato anche dalle disposizioni in materia della legge ordinaria
(artt. 89, 143bis, 156bis, 231, 235, 262 c.c.), deve ritenersi abbia
assunto valenza costituzionale. Alla luce di quanto precede deve
allora concludersi che elemento essenziale per poter qualificare
nel nostro ordinamento la fattispecie «matrimonio» è la diversità del sesso dei nubendi».
A sostegno di questa conclusione il tribunale richiama l’orientamento della Cassazione che «nel distinguere la categoria dell’inesistenza da quella della nullità ha precisato che ricorre l’ipotesi
dell’inesistenza quando manchi quella realtà fenomenica che costituisce la base naturalistica della fattispecie, individuandone i requisiti minimi essenziali nella manifestazione di volontà matrimoniale
resa da due persone di sesso diverso davanti ad un ufficiale celebrante (Cass. 7877/2000, 1304/1990)».
Inoltre, prosegue il tribunale, «non è senza ragione che, nel nostro
codice civile, tra gli impedimenti al matrimonio (quali età, capacità,
libertà di stato, parentela, delitto — artt. 84, 86, 87, 88 c.c. —) non
è prevista la diversità di sesso dei coniugi e ciò ovviamente non
perché tale condizione sia irrilevante, bensì perché essa, a differenza dei semplici impedimenti, incide sulla stessa identificazione
della fattispecie civile che, nel nostro ordinamento, possa qualificarsi «matrimonio».
Traendo le necessarie conclusioni dalle esposte premesse deve
allora affermarsi la legittimità del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di accogliere l’istanza dei ricorrenti, per l’assenza dei requisiti
minimi essenziali che consenta di inquadrare la fattispecie in esame
nella stessa previsione legale «matrimonio», presupposto questo
indefettibile per la trascrizione, essendo venuto meno quel collega-
Non c’è un giudice a Latina: il rifiuto dei matrimoni same-sex
15
mento funzionale con l’ordinamento straniero, condizione indispensabile per rendere accettabile l’atto nel nostro ordinamento».
Il tribunale ci tiene a precisare, «per la delicatezza del caso, che
il discorso fin qui svolto è solo rigorosamente giuridico e risponde
alla ricostruzione dell’istituto matrimonio secondo la normativa vigente, ma non implica alcun giudizio di valore sull’ammissibilità e
dignità dell’unione in esame».
Viene poi ritenuta infondata la doglianza della difesa dei ricorrenti che ha ritenuto offensive, chiedendone la cancellazione ex art. 89
c.p.c., le espressioni usate dalla difesa del comune di Latina che, in
relazione ai principi esplicitati dall’art. 29 Cost., aveva argomentato
che «l’ordine pubblico interno tende a salvaguardare quell’identità
storica e culturale di una società nazionale che, nel caso dello Stato italiano, passa attraverso la c.d. società naturale, per indicare
quell’imprescindibile legame della famiglia e della nazione con la
natura dell’uomo», essendo evidente che le frasi contestate si giustificavano nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di difesa,
riguardando la sola valutazione giuridica del caso, senza alcun intento offensivo nei confronti dei ricorrenti.
I ricorrenti avevano articolato due ulteriori motivi:
— il principio del riconoscimento automatico del provvedimento straniero, per cui gli atti, specie quelli provenienti dagli Stati
dell’Unione europea, devono essere trascritti senza ulteriore
controllo, salvo la verifica che l’atto sia stato compiuto secondo
le forme previste dalla legge straniera sulla base del principio
locus regit actum, requisito comprovato nella specie dalla produzione della copia autentica dell’atto di matrimonio celebrato in
Olanda;
— la trascrizione è un atto dovuto, poiché tale adempimento non
ha natura costitutiva, ma meramente dichiarativa e certificativa,
a scopo di pubblicità, e, pertanto, ogni eventuale questione di
invalidità al riguardo, potrebbe essere fatta valere solo mediante
impugnazione dell’atto da parte dei soggetti legittimati per uno
dei motivi di cui all’art. 117 c.c.
Entrambi i motivi sono stati rigettati dal tribunale di Latina.
Quanto al primo, secondo i giudici laziali «non esiste alcun trattato, convenzione europea, regolamento comunitario o norma di diritEstratto della pubblicazione
16
Capitolo Secondo
to internazionale che impongano l’automatico riconoscimento di atti
formati all’estero; tantomeno un tale principio può rinvenirsi nella
recente Costituzione europea, sottoscritta a Roma il 29 ottobre 2004
e ratificata dallo Stato italiano con L. 57/2005, peraltro non ancora in
vigore essendo subordinata alla ratifica degli Stati aderenti. In contrario, … in tema di decisioni in materia matrimoniale, da applicarsi
in via analogica alla fattispecie in esame, è sancito il principio opposto, essendo precluso il riconoscimento della decisione quando
è manifestamente contrario all’ordine pubblico dello Stato membro e richiesto (artt. 22 e 23 del regolamento Ce 2201/2003). Applicazione di tale principio si rinviene altresì negli artt. 16, 64 e 65
della L. 218/1995, che subordinano il riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di stato, capacità delle persone e all’esistenza di rapporti di famiglia, alla loro non contrarietà all’ordine
pubblico italiano. Nel caso specifico va poi ricordato l’art. 18 D.P.R.
396/2000, cui ha fatto espresso riferimento l’ufficiale dello stato civile nel motivare il proprio rifiuto, secondo cui «gli atti formati all’estero
non possono essere trascritti se sono contrari all’ordine pubblico. Per
completezza si osserva ancora in dissenso con la tesi del riconoscimento automatico, che anche i regolamenti comunitari, che quale
fonte di diritto primario prevalgono sulle norme ordinarie degli Stati
membri, con essi incompatibili, trovano comunque un limite alla loro
applicabilità, ove siano in contrasto con i principî fondamentali dell’ordinamento costituzionale e con i diritti inalienabili della persona
umana (Corte cost. 170/1984, 48/1985, 232/1989)».
In ordine all’altro motivo, secondo cui la trascrizione sarebbe
un atto dovuto stante la natura meramente dichiarativa di tale
adempimento, il tribunale di Latina chiarisce che «le sentenze
della Cassazione richiamate in materia si riferiscono a fattispecie
del tutto diverse da quella in esame (espulsione di straniera la prima
— sent. 5537/2001 — e questioni ereditarie la seconda — sent.
1739/1999) ed entrambe relative a matrimoni già trascritti. In ogni
caso la stessa Cassazione, in altre sentenze (Cass. 9578/1993,
10351/1998), nega l’automatico riconoscendo degli atti formati
all’estero secondo la lex loci, subordinando tale effetto all’ulteriore
condizione che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato e
alla capacità delle persone previsti nel nostro ordinamento».
Estratto della pubblicazione
Non c’è un giudice a Latina: il rifiuto dei matrimoni same-sex
17
Quanto, poi, alla natura della trascrizione dell’atto di matrimonio, osserva che certamente tale formalità non ha natura costitutiva, in quanto il matrimonio si perfeziona con il consenso dei
nubendi (di sesso diverso) reso davanti alla competente autorità, e
non è quindi elemento essenziale della fattispecie in quanto non
incide sul momento genetico del rapporto; tuttavia, la trascrizione
incide sul suo momento funzionale (e, pertanto, non può attribuirsi
ad essa una mera natura dichiarativa o di pubblicità notizia) in quanto solo a seguito della trascrizione si producono, nell’ordinamento,
gli effetti civili del matrimonio, sia di natura patrimoniale che personale, con l’attribuzione di un vero e proprio status di coniuge.
Viene richiamato, a sostegno di questa tesi, l’art. 8 dell’accordo
di revisione del Concordato del 1929 con la Santa Sede, stipulato il
18 febbraio 1984 e reso esecutivo con L. 121/1985, la quale, nel
disporre che gli effetti civili del matrimonio contratto secondo le
norme del diritto canonico sono riconosciuti a condizione che l’atto
relativo sia trascritto nei registri dello stato civile, attribuisce alla
trascrizione carattere di elemento essenziale per l’attribuzione di tali
effetti, con la conseguenza che la nullità della trascrizione medesima
comporta l’inefficacia civile del matrimonio concordatario (Cass.
8312/2001). Vero è che, nella specie, vi è un’espressa disposizione
(art. 8 cit.) che subordina gli effetti civili del matrimonio canonico alla
trascrizione; tuttavia, a ben guardare, anche per gli altri matrimoni,
e in particolare per quelli celebrati all’estero con le norme di un altro
ordinamento, pur in difetto di una specifica disposizione al riguardo,
l’analogia con la situazione sopra esaminata non appare fondatamente contestabile.
Escluso, dunque, ogni automatismo alla trascrizione del matrimonio, il tribunale si sofferma sull’ultima questione, ossia se il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia o meno in contrasto
con i principi di ordine pubblico, condizione questa ostativa al
riconoscimento dell’atto nel nostro ordinamento: «al riguardo il collegio condivide la tesi secondo cui l’ordine pubblico in esame non
si identifica con il c.d. ordine pubblico interno — e cioè con qualsiasi norma imperativa dell’ordinamento civile — bensì con quello di
ordine pubblico internazionale, costituito dai soli principi fondamentali e caratterizzanti l’atteggiamento etico-giuridico dell’ordinamento
Estratto della pubblicazione
18
Capitolo Secondo
in un determinato periodo storico (Cass. 17349/2002, 13928/1999).
Proprio la sua relatività storica, unitamente all’assenza di una qualsiasi, seppure implicita, definizione normativa rende la nozione in
esame tra le più controverse sotto il profilo della determinatezza,
tuttavia un valido criterio per individuare il limite in esame è desumibile innanzitutto con riferimento ai principî fondamentali della
Carta costituzionale nonché in quelle regole inderogabili, immanenti ai più importanti istituti giuridici dell’ordinamento».
Ciò precisato, il tribunale smentisce l’assunto dei ricorrenti secondo cui, per definizione, le norme di uno Stato membro dell’Unione europea non possono essere contrarie ai principi fondamentali
dell’ordine pubblico internazionale, precisando che «se così fosse,
non avrebbero ragion d’essere le norme, già ripetutamente citate,
sia di diritto internazionale (artt. 22 e 23 del regolamento Ce
2001/2003) sia di diritto interno (artt. 64 e 65 L. 218/1995 e art. 18
D.P.R. 396/2000) che pongono il limite dell’ordine pubblico, come
sopra precisato, al riconoscimento delle decisioni e dei provvedimenti degli Stati membri dell’UE. Certamente la verifica di tale limite deve essere particolarmente rigorosa, contenuta ai soli casi in cui
l’atto da riconoscere contrasti in modo inaccettabile con l’ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto lesivo di un principio
fondamentale; tuttavia, ciò non comporta l’automatico riconoscimento degli atti dello Stato estero poiché l’omogeneità degli ordinamenti rappresenta una linea di tendenza al fine di pervenire, per quanto
possibile, a un unico ordinamento europeo; ma al momento, specie
in alcune materie, quale il diritto di famiglia, più legate ai valori e alla
storia di ciascun paese, non può certo affermarsi che si sia pervenuti ad una legislazione da tutti condivisibile».
Alla luce di queste argomentazioni, il tribunale conclude che «allo
stato dell’evoluzione della società italiana, il matrimonio tra persone dello stesso sesso contrasta con la storia, la tradizione e
la cultura della comunità italiana, secondo una valutazione recepita dal legislatore e trasfusa nelle norme di legge, sia di rango
costituzionale sia ordinarie, già ripetutamente richiamate, di cui il
giudice deve essere solo fedele interprete, indipendentemente dalle sue convinzioni personali, e che nessuna interpretazione evolutiva, pure ove fosse in sintonia con il comune sentire, potreb-
Estratto della pubblicazione
Non c’è un giudice a Latina: il rifiuto dei matrimoni same-sex
19
be, oltre certi limiti, superare. D’altronde anche nell’ambito degli
Stati membri della UE il riconoscimento del matrimonio omosessuale rappresenta l’eccezione, per cui non può certamente dirsi che una
novità normativa di tale rilievo possa ritenersi tranquillamente accettata e, anzi, proprio la singolarità di tale legislazione la pone non
in linea con i principi condivisi di diritto internazionale».
L’unica concessione che i giudici laziali fanno è all’introduzione,
per via legislativa e non giudiziaria, dei patti di solidarietà o di istituti simili, diretti a riconoscere e tutelare unioni caratterizzate da stabilità tra persone che siano o meno dello stesso sesso.
3. LA CORTE D’APPELLO DI ROMA (DECRETO 13-7-2006) SI
ALLINEA ALLA TESI DEL TRIBUNALE
Contro il decreto di rigetto del tribunale di Latina, la coppia proponeva reclamo alla Corte d’appello di Roma, chiedendo che venisse
revocato il provvedimento e conseguentemente ordinato all’ufficiale
dello stato civile del comune di Latina di trascrivere l’atto di matrimonio olandese, ovvero, nel caso in cui la Corte non ritenesse di poter
accogliere il reclamo nel merito, che venisse dichiarata non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art.
18 D.P.R. 396/2000 per contrasto con l’art. 29 Cost., nell’interpretazione prospettata dai medesimi ricorrenti in coerenza con l’art. 2 Cost.
Si costituiva, per il sindaco di Latina nella qualità di ufficiale del governo, l’avvocatura generale dello Stato, che chiedeva il rigetto del reclamo.
La Corte d’appello rileva che i reclamanti avevano sostanzialmente riproposto le argomentazioni già formulate dinanzi al tribunale in merito all’illegittimità del rifiuto opposto dall’ufficiale dello stato
civile alla trascrizione del loro matrimonio, argomentazioni con le
quali veniva sostenuta la medesima tesi: anche se la possibilità di
contrarre matrimonio tra due persone dello stesso sesso non è
contemplata dal diritto italiano, deve egualmente riconoscersi efficacia nel nostro ordinamento giuridico al matrimonio tra persone
dello stesso sesso celebrato in uno Stato estero ove ciò è possibile
secondo la legislazione vigente in quello Stato perché:
— tale riconoscimento non contrasta con nessun principio irrinunciabile fra quelli immanenti al nostro ordinamento e costituzionalEstratto della pubblicazione