La Fabbrica del Duomo di Milano,Positività e negatività,Gli inni
Transcript
La Fabbrica del Duomo di Milano,Positività e negatività,Gli inni
Cascate del Bucamante Serramazzoni Modena a Le cascate del Bucamante sono un’oasi naturalistica e rinfrescante a mezz’ora d’auto da Modena. Si raggiungono percorrendo la statale che conduce all’Abetone e, dopo una breve deviazione poco oltre Modena, ci si trova immersi in un bosco attraversato da un torrente che forma numerosi e graziosi salti d’acqua di media entità. Cascate Bucamante, Bucamante rio Cascate Bucamante, delle cascate una Come arrivare Le cascate del Bucamante si raggiungono percorrendo la SS12 Nuova Estense in direzione Serramazzoni – Pavullo nel Frignano; dopo Torre Maina e la ceramica Serra, si prosegue per circa 4-5 km fino al bivio per Pazzano; si deve percorrere la strada per Pazzano fino ad incontrare la segnaletica per Granarolo che indica di girare a sinistra; si può salire fino al borgo dove si trova un parcheggio gratuito e l’imbocco ai due sentieri che portano alle cascate del Bucamante. La strada per Granarolo, tuttavia, è abbastanza stretta ed in buona pendenza, inoltre il parcheggio non è molto capiente quindi, se ci andate di pomeriggio ed in piena estate, vi consiglio di parcheggiare sulla via per Pazzano (dove possibile) e fare a piedi l’ultimo tratto; se poi volete strafare ed avete voglia di camminare, potete lasciare l’auto sulla statale, all’inizio della strada per Pazzano, da lì a piedi sono poco meno di 2 km in salita, circa 25 minuti, a cui bisogna aggiungere circa 15 minuti di sentiero nel bosco; il tratto di strada dopo la deviazione verso Granarolo (strada stretta) e fino all’imbocco del sentiero nel bosco è di circa 800 metri. Veduta sull’appennino modenese nei pressi delle cascate Bucamante Cascate Bucamante, inizio sentiero I sentieri Odina e Titino Giunti al parcheggio che si trova all’imbocco del sentiero per le cascate del Bucamante, vi trovate a dover scegliere tra due percorsi, Odina e Titiro, a ricordo di un evento o leggenda che qui ebbe luogo (ve ne parlo più avanti). Il sentiero Odina è quello basso che costeggia il torrente e guarda dal basso all’alto le cascate, mentre Titiro è il nome del sentiero alto che le guarda dall’alto al basso. Se ci venite in piena estate in cerca di frescura, percorrete il sentiero basso che vi permetterà di mettere presto a bagno i piedi nelle fresche acque del torrente Bucamante. I due sentieri, comunque, alla fine si congiungono. I due sentieri sono immersi nella fitta vegetazione e sono di bassa – media difficoltà; occorrono scarpe comode e che facciano buona presa sul terreno impervio e, a tratti scivoloso, quindi la suola non deve essere liscia, vanno bene le scarpe da ginnastica con un buon battistrada. Il percorso non è adatto a persone con qualche problema deambulatorio; è adatto anche ai bambini che siano in grado di muoversi autonomamente, no carrozzine o girelli. Lungo il sentiero basso ci sono alcune gradevoli aree di sosta lungo il corso del torrente, in particolare quella all’altezza della seconda cascata è un’oasi paradisiaca. Cascate Bucamante, area di sosta Cascate Bucamante, sentieri del mappa Cascate Bucamante, cascata area di sosta La leggenda di Odina e Titino Odina era una nobile dama che amava fare passeggiate nei boschi, mentre Titino era un pastore, si innamorarono, ma il loro amore fu ostacolato così finirono per incontrarsi in segreto. Furono scoperti e la dama fu rinchiusa nel castello, ma riuscì a fuggire e raggiunse Titiro e, di fronte alla consapevolezza che il loro amore non sarebbe potuto continuare, si gettarono dalle cascate del Bucamante, in un tenero abbraccio che li avrebbe uniti per l’eternità. Il nome Bucamante deriva proprio dalla contrazione delle parole buca degli amanti. Cascate Bucamante, Bucamante rio Cascate Bucamante, cascata Quando andare Un’oasi naturalistica e rinfrescante a mezz’ora di auto da Modena è un plus in piena estate, ma la vegetazione tende al secco e le cascate portano poca acqua. In primavera, invece, la rigogliosità del verde e l’abbondanza delle acque rendono sicuramente più spettacolari queste graziose cascate dell’appennino modenese. Cinzia Malaguti Carlo III di Borbone amato re di Napoli Carlo III di Borbone fu re di Napoli dal 1734, dopo una vittoriosa campagna militare contro gli austriaci, al 1759, quando dovette rientrare a Madrid per sostituire sul trono di Spagna il deceduto fratellastro Ferdinando VI. Durante questi venticinque anni di regno, Napoli conobbe una serie di riforme politiche, economiche e culturali. Carlo III fu un amato sovrano a Napoli dove entrò seguito dal tesoriere reale che lanciava denaro al popolo. Carlo III, sovrano dotato di senso di giustizia, generosità ed onestà, volle fare di Napoli una grande capitale europea; allo scopo, avviò importanti iniziative riformistiche per incentivare il commercio internazionale, per riordinare il sistema finanziario, per ridurre i privilegi ecclesiastici, per regolamentare la vita giudiziaria, per ammodernare ed abbellire la città con un’intensa attività edilizia, la realizzazione di strade e l’ampliamento dei porti. Carlo III in un ritratto di Giuseppe Bonito Carlo di Borbone nacque a Madrid nel 1716, pertanto aveva solo 18 anni quando venne incoronato re di Napoli nella Chiesa di San Lorenzo; figlio di seconde nozze del re di Spagna Filippo V con Elisabetta Farnese, Carlo entrò in Italia nel 1732 dopo che, grazie all’intervento della madre, gli austriaci gli riconobbero i diritti dinastici sul Ducato di Parma e Piacenza. L’obiettivo agognato dal padre e trasmesso al figlio era però quello di recuperare il regno di Napoli e Sicilia passato agli austriaci dopo la fine della guerra di successione spagnola ed il relativo trattato di Utrecht (1713); fu così che nel ducato di Parma e Piacenza Carlo III rimase solo due anni, aspettando l’occasione giusta per riconquistare Napoli. L’occasione giusta si presentò nel 1734, quando la guerra di successione polacca impegnò gli asburgo su quel versante; Carlo III si diresse così verso Napoli per la riconquista della città; dopo aver sconfitto gli austriaci nella battaglia di Bitonto, il 10 maggio 1734, entrò trionfante a Napoli da porta Capuana; si ingraziò subito la popolazione lanciandogli denaro, ma anche le autorità ecclesiastiche depositando nella cappella del tesoro di San Gennaro un prezioso gioiello di diamanti e smeraldi. Carlo III successivamente però non si dimostrò tenero in ambito religioso decidendo, tra le altre cose, di tassare alcune proprietà ecclesiastiche, di ridurre il numero del clero e di limitarne le immunità. Trionfo di Carlo di Borbone nella battaglia di Velletri, F. Solimena, 1744, Reggia di Caserta La guerra di successione austriaca, iniziata nel 1740 con la morte dell’imperatore, coinvolse anche Carlo III che dovette difendere il regno di Napoli dall’esercito asburgico. La battaglia di Velletri del 1744 portò l’esercito borbonico ad avere la meglio su quello austriaco, che si ritirò verso nord, confermando il dominio dei Borbone sul Regno di Napoli e di Sicilia. Questa guerra diede però un duro colpo al già dissestato bilancio statale. Nel 1746 morì Filippo V, padre di Carlo III, a cui subentrò sul trono di Spagna il fratellastro Ferdinando VI; questo evento diede a Carlo III una maggiore autonomia di governo ed una piena sovranità sul Regno di Napoli e di Sicilia. Risale a questo periodo e fino al 1759, anno della morte di Ferdinando VI, l’espressione maggiore del riformismo politico, amministrativo, urbano di Carlo III a Napoli. Importanti furono i suoi interventi contro lo strapotere ecclesiastico, tra i quali attuò l’espulsione dei Gesuiti e la riduzione dell’Inquisizione a semplice mezzo di polizia. Nella sua attività a Napoli fu consigliato da abili politici italiani, come Bernardo Tanucci e Leopoldo de Gregorio (marchese di Squillace); quest’ultimo seguì Carlo III anche alla corte di Spagna. Ritratto di Carlo III, quadro di Goya Nel 1759, alla morte del re di Spagna Ferdinando VI, Carlo III dovette lasciare la corte di Napoli per fare ritorno a Madrid e salire sul trono di Spagna; nel regno di Napoli gli successe il figlio Ferdinando ma, essendo un infante di appena 8 anni, Carlo III fu costretto ad istituire un Consiglio di Reggenza. I Borboni regnarono a Napoli e nel Mezzogiorno fino all’Unità d’Italia. Anche in Spagna Carlo III avviò una politica riformista e resse la corona fino al 1788, anno della sua morte. Partenza di Carlo III Borbone per la Spagna, Antonio Joli, Museo di Capodimonte, Napoli In particolare, testimoniano il passaggio di Carlo III nel Mezzogiorno d’Italia, il Palazzo Reale a Napoli, il Teatro San Carlo a Napoli, la Reggia di Capodimonte a Napoli e la Reggia a Caserta. Reggia Napoli di Capodimonte, Teatro San Carlo, Napoli Leggi anche Napoli cosa vedere in tre giorni su Esperienziando Vitae Cinzia Malaguti Bibliografia: Storica NG nr. 90 H. Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Firenze, Giunti, 1997 Le sei mogli di Enrico VIII Davvero curiosa la storia delle sei mogli del re inglese Enrico VIII, alcune ripudiate altre decapitate con l’accusa di adulterio; Enrico VIII fu un grasso re crudele con l’ossessione del figlio maschio e la passione per giovani donne che sposò, anche con la metà dei suoi anni, per poi decapitarle quando gli misero le corna. Caterina d’Aragona, Anna Bolena, Jane Seymour, Anna di Clèves, Caterina Howard, Caterina Parr, furono i loro nomi. Enrico VIII in un ritratto di Hans Holbein, pittore di corte Enrico VIII Inghilterra incoronato delle quali fu il secondo re della dinastia Tudor che regnò in dal 1485 al 1603; Enrico VIII nacque nel 1491, fu nel 1509 e morì nel 1547. Oltre alle sei mogli, solo una gli diede un erede maschio, ebbe numerose amanti e figli illegittimi. Caterina d’Aragona in un ritratto del 1530 Caterina d’Aragona fu la prima moglie di Enrico VIII, sposata per consolidare il suo status di sovrano, essendo figlia dei re cattolici spagnoli, Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Quello con Caterina d’Aragona fu il matrimonio più lungo, ma anche quello più tormentato da dubbi di opportunità, essendo la vedova del fratello, dall’insoddisfazione per non avergli dato un figlio maschio e dalla passione per Anna Bolena. Enrico VIII decise infine di divorziare, sostenendo la nullità del matrimonio per l’assenza dell’erede maschio e pochi anni dopo sposò Anna Bolena. Caterina d’Aragona ebbe una figlia, Maria, che diventerà Regina d’Inghilterra con il nome di Maria I, la prima donna a guidare una monarchia. Anna Bolena in un ritratto del 1534 Anna Bolena era una damigella di corte quando, poco più che ventenne sposò Enrico VIII che di anni ne aveva 41, dopo esserne stata amante per diversi anni. Il loro matrimonio, però, durò solo tre anni perché Anna, colpevole anch’essa di aver fallito nel compito di dargli un figlio maschio, vera ossessione di Enrico VIII, fu accusata anche di adulterio e cospirazione contro la corona, fu condannata a morte e decapitata presso la Torre di Londra. , Jane Seymour in un ritratto di Hans Holbein, pittore di corte Jane Seymour, la terza moglie, finalmente soddisfò il re nel suo bisogno compulsivo di avere un erede maschio, il futuro Edoardo VI. Jane però morì qualche giorno dopo il parto a causa di complicazioni. In un raro momento di tenerezza, Enrico VIII diede disposizione di essere sepolto accanto a Jane, nella cappella di San Giorgio del Castello di Windsor. Anna di Clèves in un ritratto di Hans Holbein, pittore di corte La quarta moglie fu Anna di Clèves che sposò per motivi di alleanza politica, dietro pressione del suo ministro; Anna, infatti, era una principessa tedesca. Il matrimonio, tuttavia, fu annullato poco dopo perché dopo sei mesi non era stato ancora consumato. Caterina Howard in un ritratto di Hans Holbein, pittore di corte Dopo aver annullato il matrimonio con Anna di Clèves, Enrico VIII si sposa con una giovane di appena 18 anni, quando lui ne aveva 49, Caterina Howard. Caterina Howard era una damigella di Anna di Clèves, cugina di Anna Bolena ed il sovrano ne rimase molto colpito, sposandola un mese dopo la separazione dalla principessa tedesca. Enrico VIII era molto innamorato di Caterina e per lei, come per nessuna mai, spese tanto denaro in abiti e gioielli, ma presto tutto questo finì; furono i membri del Consiglio Privato del monarca ad informarlo che Caterina aveva un amante, che vedeva regolarmente grazie alla complicità della sua damigella; la reazione del sovrano fu terribile: l’amante fu arrestato, torturato e giustiziato, mentre Caterina e la sua damigella furono decapitate nella Torre di Londra. Caterina Parr in un ritratto La sesta moglie di Enrico VIII fu Caterina Parr, 31 anni, rimasta vedova due volte prima di sposare il sovrano. Con Caterina Parr il sovrano trovò una certa felicità domestica durante gli ultimi anni della sua vita, soprattutto grazie al buon rapporto che ella mantenne con i tre figli legittimi del re (Maria avuta da Caterina d’Aragona, Elisabetta avuta da Anna Bolena ed Edoardo avuto da Jane Seymour). Come avrete capito, la storia delle sei mogli di Enrico VIII si presta molto bene ad una sceneggiatura cinematografica e teatrale: Shakespeare ne fece un dramma teatrale, mentre diversi sono stati i film sull’argomento. Castello di Leeds, Kent, Inghilterra Tra i luoghi di Enrico VIII e delle sue mogli che testimoniano di quei lontani avvenimenti ci sono: la Torre di Londra, dove sono state rinchiuse e decapitate Anna Bolena e Caterina Howard, il Castello di Leeds, a sud-ovest di Londra, che fu residenza di Caterina d’Aragona ed il palazzo di Hampton Court, una delle residenze reali. Cinzia Malaguti Bibliografia: Storica NG nr. 90 A. Fraser, Le sei mogli di Enrico VIII, Milano, Mondadori, 1997 M.D. Palmer, Enrico VIII, Bologna, Il Mulino, 2003 Leggi anche Londra, quella da non perdere e quelli curiosi Una società malata all’origine delle stragi in Europa? Giovani cresciuti in Europa imbracciano armi e fanno stragi in locali pubblici, piazze, aeroporti, metropolitane, alcuni con pretesti religiosi, altri con aneliti di vendetta; sono giovani emarginati o frustrati sui quali il fondamentalismo islamico trova terreno fertile, ma non è solo questo. Le stragi di Parigi, Bruxelles, Nizza sono atti di terrorismo, mentre quella di Monaco di Baviera non lo è, ma tutte hanno una matrice comune: la perdita di speranza nel futuro. Ragazzi cresciuti in periferie o quartieri anonimi o risultati di processi di crescita disarmonici perché avvenuti in solitudine, trascinano le loro vite senza scopo pronti ad uccidere ed uccidersi, finalmente protagonisti di una vita senza senso. Fiori nel luogo della strage di Nizza 2016 La religione islamica non c’entra nulla, è solo un pretesto, c’entra invece il nichilismo, la perdita del senso del valore della vita, indotta da una società in crisi. La società in cui viviamo ha portato il livello delle disuguaglianze, economiche e sociali, oltre i limiti accettabili per molti, diversi giovani vivono peggio dei loro padri o sono costretti a vivere alla giornata, diversi senza basi per nemmeno immaginarsi di costruirsi un futuro, diversi senza nemmeno sapere quale futuro è possibile; se sono giovani islamici di seconda o terza generazione le cose poi si complicano perché il rapporto con la religione dei padri o dei nonni è diventato ibrido, collocandoli in un limbo di fragilità. Il problema è che questo nichilismo rischia di diffondersi portandosi dietro altre stragi. Non ci sono ricette univoche perché è la società che deve maturare, ma non lo farà se la politica non gli darà una mano. Credo siano valide armi per combattere il disagio giovanile la riduzione delle disuguaglianze e l’integrazione delle periferie nei contesti urbani; per ridurre le disuguaglianze occorre certo sviluppo economico, ma anche politiche sociali, occorre combattere l’avidità ed alimentare la solidarietà, occorre una Comunità Europea dei cittadini non delle élite e delle banche. Occorre cambiare verso alla percezione che i governanti legiferino solo per tutelare i propri privilegi ed occorre che i media facciano informazione non spettacolo fonte di desideri di emulazione. Quante cose da fare … ! Cinzia Malaguti Pirati e corsari Pirati e corsari assaltavano le navi mercantili per rubarne il carico, ma mentre i pirati armavano e guidavano navi di loro proprietà e derubavano imbarcazioni di qualsiasi nazione, i corsari erano al servizio di un re di cui issavano la bandiera e a cui consegnavano parte del bottino. Il ruolo dei corsari ebbe il suo apice nel XVI e XVII secolo quando, dopo la scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo che era al soldo dei portoghesi, Spagna e Portogallo si accaparrarono il possesso, lo sfruttamento ed il commercio dei beni provenienti dai nuovi ricchi territori. Fu allora che le potenze coloniali escluse (Francia, Inghilterra e Olanda), attraverso i corsari incaricati, iniziarono a derubare i mercantili diretti nella penisola iberica e carichi di oro, argento, pietre preziose, seta e prodotti esotici. In sostanza, i corsari erano pirati autorizzati dal re. Galeone pirati I vascelli portoghesi e spagnoli che facevano ritorno in patria venivano attaccati da pirati e corsari nel triangolo di oceano Atlantico compreso tra penisola Iberica, isole Canarie e arcipelago delle Azzorre. Davanti alla minaccia di pirati e corsari, spagnoli e portoghesi studiarono ed applicarono con efficacia un nuovo sistema di convogli con scorte; la flotta in partenza per la Spagna veniva riunita nella baia dell’Avana, a Cuba, dove la fortezza del Castillo del Morro ne proteggeva le operazioni organizzative. L’Avana, il Castillo del Morro Corsari e pirati, però, non demorsero e spostarono la loro attività sull’attacco dei possedimenti spagnoli sulla terraferma, facendo base in alcune isole caraibiche (Giamaica, Tortuga). I pirati fecero pure alleanza tra di loro e fondarono la confraternita dei filibustieri; i filibustieri attaccavano imbarcazioni mercantili di qualsiasi bandiera e sempre con brevi razzie dalla costa, servendosi di piccole imbarcazioni e protetti dall’oscurità della notte. Nel 1715, il monopolio spagnolo e portoghese del commercio con l’America iniziò a sgretolarsi con il trattato di Utrecht e le nazioni europee si stabilirono nei Caraibi; filibustieri e corsari non erano, dunque, più uno strumento per danneggiare gli spagnoli, diventando un nemico da battere e a cui dare la caccia. Quella dei tesori di pirati e corsari è più una leggenda che una realtà: delle 11000 imbarcazioni spagnole che si calcola abbiano attraversato l’Atlantico tra il 1540 ed il 1650, i pirati ne rapinarono circa un centinaio, in gran parte mercantili senza grandi tesori. Il nemico più grande dei vascelli che portavano ricchezze in Europa non erano i pirati, ma l’oceano con le sue tempeste. Letteratura e cinematografia hanno trovato pane per i loro denti nelle leggende di pirati, alimentandone il mito: dal romanzo di Emilio Salgari, Il corsaro nero, al recente film con Johnny Depp, Pirati dei Caraibi. Cinzia Malaguti Bibliografia: Storica NG nr. 79 P. Gosse, Storia della pirateria, Bologna, Odoya, 2008 (saggio) E. Salgari, Il corsaro nero, Torino, Einaudi, 2005 (romanzo) Alto Adige, Val Venosta, i luoghi da non perdere La Val Venosta è la zona più occidentale dell’Alto Adige; inizia dal Passo Resia, al confine con l’Austria, per poi scendere fino a Merano, ma prima si allarga fino al Passo dello Stelvio e fino al confine svizzero della valle di Mustair, nel Cantone dei Grigioni. La Val Venosta è una valle aperta e, quindi, molto luminosa, adatta a finalità escursionistiche nei suoi alti sentieri panoramici, ma anche storico-culturali con i suoi castelli e la sua abbazia, poi ci sono i meleti, distese di campi di meli a perdita d’occhio e, infine, a due passi dopo il confine svizzero, a Mustair, si può visitare un gioiello architettonico ed artistico dell’epoca carolingia, Patrimonio dell’Umanità Unesco, per un interessante sconfinamento. Alta Val Venosta vista da Castel Coira L’Alta Val Venosta, la parte che da Malles arriva fino al passo Resia, dove nasce l’Adige, è la più bella da un punto di vista paesaggistico, per la presenza del Lago di Resia (1498 m. s.l.m.) e della laterale Vallelunga, una valle incontaminata con bella vista sul ghiacciaio della Palla Bianca. Dalla zona di Malles, inoltre, in direzione dello Stelvio, si può godere di una vista spettacolare sull’Ortles (3926 m. s.l.m., la montagna più alta dell’Alto Adige. In Alta Val Venosta si trova uno dei borghi più belli d’Italia, Glorenza. La Media e la Bassa Val Venosta (da Sluderno a Merano) è caratterizzata da suggestivi castelli e spettacolari meleti; qui sono presenti vendite dirette, da parte dei coltivatori locali, di mele e prodotti derivati. Val Venosta, coltivazione di mele I luoghi da non perdere in Val Venosta Lago di Resia. Si trova a 1498 m.s.l.m. ed è caratteristico per il campanile che emerge dalle acque. Il lago di Resia è artificiale in quanto è nato nel 1950 a seguito della costruzione di una grande diga che unificò due laghi naturali, il Lago di Resia ed il Lago di Curon, sommergendo l’antico abitato di Curon Venosta che venne ricostruito più a monte; il campanile della chiesa è ciò che rimane dell’antico abitato ed in inverno, quando il lago ghiaccia, è raggiungibile a piedi. Il bacino dell’attuale lago ha una lunghezza di 6 km, una larghezza massima di 1 km ed una profondità massima di 22,5 m. Annualmente, nel mese di luglio, vi si tiene una frequentata gara podistica: il giro del Lago di Resia. Lago di Resia Lago di Resia Lago di Resia Vallelunga. Da Curon Venosta s’imbocca la selvaggia valle laterale alpestre di Vallelunga; consiglio di arrivare con l’auto fino al parcheggio di Melago (1912 m.s.l.m.), dove finisce la strada, da qui parte un meraviglioso e panoramico sentiero, a lato del Rio Carlino e in vista del ghiacciaio della Palla Bianca (3739 m.s.l.m.); con una piacevole passeggiata potete raggiungere la malga, volendo proseguire si può raggiungere il rifugio Pio IX alla Palla Bianca. Vallelunga Vallelunga Vallelunga Glorenza. E’ un piccolo centro della Val Venosta, ma molto pittoresco per le sue case con facciate gotiche, per i suoi suggestivi antichi portici, per le sue torri e mura di cinta che la circondano. Glorenza (907 m. s.l.m.) è nominata per la prima volta in un documento del 1163, ma fu più volte rasa al suolo; la struttura architettonica che possiamo ammirare risale al XVI secolo. Glorenza è inserita nel circuito dei i borghi più belli d’Italia. Glorenza Glorenza Glorenza Da Glorenza, bastano 11 km per raggiungere il confine svizzero ed il Monastero di San Giovanni a Mustair, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il Monastero di San Giovanni è un meraviglioso ed imponente complesso architettonico dove, all’interno della sua Chiesa, sono custoditi preziosi affreschi di epoca carolingia. Fu infatti Carlo Magno ad aver voluto questo Monastero, edificato nel 775 circa; a quel tempo monaci e monache popolavano il monastero, ma dal 1163 esso è abitato solo da monache di clausura; oggi vi abitano 11 monache dedite al lavoro negli orti, al frutteto, all’artigianato artistico, alla gestione della biblioteca e alla preghiera, secondo la regola di San Benedetto, “prega e lavora”. All’interno della Chiesa, si possono ammirare i preziosi affreschi medievali dell‘arte carolingia, ma anche dell’arte romanica. Annesso al convento, di cui è possibile ammirare il chiostro e l’orto, vi è il museo, situato nella Torre Planta, una torre difensiva con più di mille anni; al suo interno vi è la rappresentazione dei locali delle badesse, degli spazi abitativi, dei dormitori, delle sale di preghiera ed un piccolo salotto; anche gli oggetti esposti raccontano il modo di vivere dell’epoca. Il Monastero è aperto alle visite tutto l’anno e tutti i giorni; da maggio ad ottobre: dalle 9 alle 17, domenica e festivi, dalle 13,30 alle 17. Altre info nel sito del Monastero. Monastero di San Giovanni di Mustair, Svizzera Monastero di San Giovanni, Chiesa, affreschi romanici Monastero di San Giovanni a Mustair, affreschi carolingi Monastero di San Giovanni a Mustair, cortile interno con orto Abbazia di Monte Maria (Marienberg). Si trova sopra al paese di Burgusio, vicino a Malles, in bella vista, prima della salita per il Lago di Resia. E’ un’imponente abbazia benedettina fondata nel XII secolo dotata di una cripta ricca di preziosi affreschi di arte romanica. Pur essendoci la strada che porta all’Abbazia, vi consiglio di parcheggiare l’auto prima della salita per Slingia e salire a piedi, lungo l’apposito sentiero che parte dal castello medievale, per ammirare la bella vista panoramica sulla valle. Giunti all’Abbazia, vi attende un ampio cortile interno dal quale entrare nella chiesa, ricca di stucchi elaborati. La visita alla Chiesa dell’Abbazia è gratuita, mentre per vedere la cripta occorre presentarsi davanti alla chiesa entro le 17,30 (dal lunedì al sabato, ma solo da giugno a fine ottobre – d’inverno è chiusa alle visite), per essere accompagnati da un abate che vi si reca per la celebrazione dei Vespri. Altre info nel sito dell’Abbazia. Abbazia di Monte (Marienberg) Maria Abbazia Maria di Monte (Marienberg) Abbazia di Monte Maria (Marienberg) cortile interno Abbazia di Monte Maria vista dal paese di Burgusio Castel Coira. Si trova a Sluderno ed è un castello privato, ma visitabile, ancora oggi abitato dai discendenti degli antichi conti austriaci Trapp che vollero farne una residenza rinascimentale. Molto bella la loggia rinascimentale del 1570 dove è possibile ammirare scene e figure simboliche fantastiche in ottimo stato di conservazione che rappresentano una visione della vita rinascimentale; i frutti dipinti sono mele cotogne, simboli di fertilità, ma trovano spazio anche figure legate alle favole educative di Esopo; c’è anche la rappresentazione dell’albero genealogico dei Trapp. Nella cappella è possibile ammirare una Madonna romanica del 1270, mentre nella sala delle armi si può osservare la più vasta collezione privata europea di armi ed armature del 1350. I conti Trapp vengono ad abitare a Castel Coira solo d’estate, mentre in inverno risiedono ad Innsbruck; quando sono presenti sventola la loro bandiera. Le visite sono solo guidate, dal 20 marzo al 31 ottobre, esclusi i lunedì (salvo giorni festivi), con questi orari: la mattina dalle ore 10,00 fino alle ore 12,00 (inizio ultima visita), nel pomeriggio dalle ore 14,00 fino alle ore 16,30 (inizio ultima visita). Altre info nel sito del castello. Castel Coira Castel interno Coira, cortile Castel interno Coira, cortile Castel Coira, scalinata d’ingresso e vetta dell’Ortles Castello di Castelbello. Si trova su uno sperone di roccia nella località Castelbello-Ciardes in Bassa Val Venosta, lungo la riva sinistra del fiume Adige; è un castello recuperato dalle rovine causate da alcuni incendi, dal 1956 di proprietà statale, ma in precedenza era appartenuto ai conti Hendl. Al suo interno si possono ammirare una cappella ricca di affreschi risalenti al XIV secolo, restaurati nel 2011, sale interne perfettamente restaurate con soffitti a cassettoni ed un bel cortile interno; Francesco Cossiga, ex presidente della Repubblica, voleva farne la sua residenza, c’è pure un moderno bagno da lui fatto costruire. Il Castello di Castelbello ospita mostre d’arte temporanee ed eventi. La visita è solo guidata dal 14 giugno al 18 settembre, dal martedì alla domenica: ore 11, ore 14, ore 15, ore 16. Altre info nel sito del castello. Castello di Castelbello Castello di Castelbello, cortile interno Castello di Castelbello, affreschi soffitto cappella Castello di Castelbello, cortile interno Prodotti tipici. Conosciute nel mondo sono le mele della Val Venosta, coltivate in territori vallivi e collinari quasi sconfinati, ma puoi trovare anche ottime spremute di mele, deliziosa senape alle mele, composte di mele. L’Alto Adige è anche la patria dello speck e la Val Venosta non fa eccezione. Alcuni indirizzi: Luggin Kandlwaalhof, Unterwaalweg, 10 a Lasa: coltivatore biologico di mele e produttore di spremute di mele senza aggiunte o diluizioni, senape di mele e di albicocche, mele essiccate, aceto di mele, spumante di mele. Lasa, negozio Kandlwaalhof Luggin Mela della Val Venosta Bottega del Contadino, strada statale 78, Naturno: mele e tutti i derivati, oltre ad altra frutta di stagione; è una cooperativa di produttori locali; vendono anche on line. Moser Speckworld, strada statale, Naturno: speck e strudel; annesso un piccolo museo e video su come viene prodotto lo speck. Braugarten, giardino ristorante Forst a Lagundo Subito dopo Merano, sulla strada statale per la Val Venosta, in località Lagundo, c’è lo stabilimento della birra Forst con un piacevole ristorante giardino ed annesso shop di birre Forst e marchandise. Buona vacanza e buone visite! Cinzia Malaguti