La Fabbrica del Duomo di Milano,Positività e negatività,Gli inni

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La Fabbrica del Duomo di Milano,Positività e negatività,Gli inni
Cascate
del
Bucamante
Serramazzoni Modena
a
Le cascate del Bucamante sono un’oasi naturalistica e
rinfrescante a mezz’ora d’auto da Modena. Si raggiungono
percorrendo la statale che conduce all’Abetone e, dopo una
breve deviazione poco oltre Modena, ci si trova immersi in un
bosco attraversato da un torrente che forma numerosi e
graziosi salti d’acqua di media entità.
Cascate Bucamante,
Bucamante
rio
Cascate Bucamante,
delle cascate
una
Come arrivare
Le cascate del Bucamante si raggiungono percorrendo la SS12
Nuova Estense in direzione Serramazzoni – Pavullo nel
Frignano; dopo Torre Maina e la ceramica Serra, si prosegue
per circa 4-5 km fino al bivio per Pazzano; si deve percorrere
la strada per Pazzano fino ad incontrare la segnaletica per
Granarolo che indica di girare a sinistra; si può salire fino
al borgo dove si trova un parcheggio gratuito e l’imbocco ai
due sentieri che portano alle cascate del Bucamante. La strada
per Granarolo, tuttavia, è abbastanza stretta ed in buona
pendenza, inoltre il parcheggio non è molto capiente quindi,
se ci andate di pomeriggio ed in piena estate, vi consiglio di
parcheggiare sulla via per Pazzano (dove possibile) e fare a
piedi l’ultimo tratto; se poi volete strafare ed avete voglia
di camminare, potete lasciare l’auto sulla statale, all’inizio
della strada per Pazzano, da lì a piedi sono poco meno di 2 km
in salita, circa 25 minuti, a cui bisogna aggiungere circa 15
minuti di sentiero nel bosco; il tratto di strada dopo la
deviazione verso Granarolo (strada stretta) e fino all’imbocco
del sentiero nel bosco è di circa 800 metri.
Veduta
sull’appennino
modenese nei pressi delle
cascate Bucamante
Cascate Bucamante, inizio
sentiero
I sentieri Odina e Titino
Giunti al parcheggio che si trova all’imbocco del sentiero per
le cascate del Bucamante, vi trovate a dover scegliere tra due
percorsi, Odina e Titiro, a ricordo di un evento o leggenda
che qui ebbe luogo (ve ne parlo più avanti). Il sentiero Odina
è quello basso che costeggia il torrente e guarda dal basso
all’alto le cascate, mentre Titiro è il nome del sentiero alto
che le guarda dall’alto al basso.
Se ci venite in piena estate in cerca di frescura, percorrete
il sentiero basso che vi permetterà di mettere presto a bagno
i piedi nelle fresche acque del torrente Bucamante. I due
sentieri, comunque, alla fine si congiungono. I due sentieri
sono immersi nella fitta vegetazione e sono di bassa – media
difficoltà; occorrono scarpe comode e che facciano buona presa
sul terreno impervio e, a tratti scivoloso, quindi la suola
non deve essere liscia, vanno bene le scarpe da ginnastica con
un buon battistrada. Il percorso non è adatto a persone con
qualche problema deambulatorio; è adatto anche ai bambini che
siano in grado di muoversi autonomamente, no carrozzine o
girelli. Lungo il sentiero basso ci sono alcune gradevoli aree
di sosta lungo il corso del torrente, in particolare quella
all’altezza della seconda cascata è un’oasi paradisiaca.
Cascate Bucamante, area di
sosta
Cascate
Bucamante,
sentieri
del
mappa
Cascate Bucamante, cascata
area di sosta
La leggenda di Odina e Titino
Odina era una nobile dama che amava fare passeggiate nei
boschi, mentre Titino era un pastore, si innamorarono, ma il
loro amore fu ostacolato così finirono per incontrarsi in
segreto. Furono scoperti e la dama fu rinchiusa nel castello,
ma riuscì a fuggire e raggiunse Titiro e, di fronte alla
consapevolezza che il loro amore non sarebbe potuto
continuare, si gettarono dalle cascate del Bucamante, in un
tenero abbraccio che li avrebbe uniti per l’eternità. Il nome
Bucamante deriva proprio dalla contrazione delle parole buca
degli amanti.
Cascate Bucamante,
Bucamante
rio
Cascate
Bucamante,
cascata
Quando andare
Un’oasi naturalistica e rinfrescante a mezz’ora di auto da
Modena è un plus in piena estate, ma la vegetazione tende al
secco e le cascate portano poca acqua. In primavera,
invece, la rigogliosità del verde e l’abbondanza delle acque
rendono sicuramente più spettacolari queste graziose cascate
dell’appennino modenese.
Cinzia Malaguti
Carlo III di Borbone amato re
di Napoli
Carlo III di Borbone fu re di Napoli dal 1734, dopo una
vittoriosa campagna militare contro gli austriaci, al 1759,
quando dovette rientrare a Madrid per sostituire sul trono di
Spagna il deceduto fratellastro Ferdinando VI. Durante questi
venticinque anni di regno, Napoli conobbe una serie di riforme
politiche, economiche e culturali. Carlo III fu un amato
sovrano a Napoli dove entrò seguito dal tesoriere reale che
lanciava denaro al popolo.
Carlo III, sovrano dotato di senso di giustizia, generosità ed
onestà, volle fare di Napoli una grande capitale europea; allo
scopo, avviò importanti iniziative riformistiche per
incentivare il commercio internazionale, per riordinare il
sistema finanziario, per ridurre i privilegi ecclesiastici,
per regolamentare la vita giudiziaria, per ammodernare ed
abbellire la città con un’intensa attività edilizia, la
realizzazione di strade e l’ampliamento dei porti.
Carlo
III
in
un
ritratto di Giuseppe
Bonito
Carlo di Borbone nacque a Madrid nel 1716, pertanto aveva solo
18 anni quando venne incoronato re di Napoli nella Chiesa di
San Lorenzo; figlio di seconde nozze del re di Spagna Filippo
V con Elisabetta Farnese, Carlo entrò in Italia nel 1732 dopo
che, grazie all’intervento della madre, gli austriaci gli
riconobbero i diritti dinastici sul Ducato di Parma e
Piacenza. L’obiettivo agognato dal padre e trasmesso al figlio
era però quello di recuperare il regno di Napoli e Sicilia
passato agli austriaci dopo la fine della guerra di
successione spagnola ed il relativo trattato di Utrecht
(1713); fu così che nel ducato di Parma e Piacenza Carlo III
rimase solo due anni, aspettando l’occasione giusta per
riconquistare Napoli.
L’occasione giusta si presentò nel 1734, quando la guerra di
successione polacca impegnò gli asburgo su quel
versante; Carlo III si diresse così verso Napoli per la
riconquista della città; dopo aver sconfitto gli
austriaci nella battaglia di Bitonto, il 10 maggio 1734, entrò
trionfante a Napoli da porta Capuana; si ingraziò subito la
popolazione lanciandogli denaro, ma anche le autorità
ecclesiastiche depositando nella cappella del tesoro di San
Gennaro un prezioso gioiello di diamanti e smeraldi. Carlo III
successivamente però non si dimostrò tenero in ambito
religioso decidendo, tra le altre cose, di tassare alcune
proprietà ecclesiastiche, di ridurre il numero del clero e di
limitarne le immunità.
Trionfo di Carlo di Borbone
nella
battaglia
di
Velletri, F. Solimena,
1744, Reggia di Caserta
La guerra di successione austriaca, iniziata nel 1740 con la
morte dell’imperatore, coinvolse anche Carlo III che dovette
difendere il regno di Napoli dall’esercito asburgico. La
battaglia di Velletri del 1744 portò l’esercito borbonico ad
avere la meglio su quello austriaco, che si ritirò verso nord,
confermando il dominio dei Borbone sul Regno di Napoli e di
Sicilia. Questa guerra diede però un duro colpo al già
dissestato bilancio statale.
Nel 1746 morì Filippo V, padre di Carlo III, a cui subentrò
sul trono di Spagna il fratellastro Ferdinando VI; questo
evento diede a Carlo III una maggiore autonomia di governo ed
una piena sovranità sul Regno di Napoli e di Sicilia. Risale a
questo periodo e fino al 1759, anno della morte di Ferdinando
VI, l’espressione maggiore del riformismo politico,
amministrativo, urbano di Carlo III a Napoli. Importanti
furono i suoi interventi contro lo strapotere ecclesiastico,
tra i quali attuò l’espulsione dei Gesuiti e la riduzione
dell’Inquisizione a semplice mezzo di polizia. Nella sua
attività a Napoli fu consigliato da abili politici italiani,
come Bernardo Tanucci e Leopoldo de Gregorio (marchese di
Squillace); quest’ultimo seguì Carlo III anche alla corte di
Spagna.
Ritratto di Carlo
III, quadro di
Goya
Nel 1759, alla morte del re di Spagna Ferdinando VI, Carlo III
dovette lasciare la corte di Napoli per fare ritorno a Madrid
e salire sul trono di Spagna; nel regno di Napoli gli successe
il figlio Ferdinando ma, essendo un infante di appena 8 anni,
Carlo III fu costretto ad istituire un Consiglio di Reggenza.
I Borboni regnarono a Napoli e nel Mezzogiorno fino all’Unità
d’Italia. Anche in Spagna Carlo III avviò una politica
riformista e resse la corona fino al 1788, anno della sua
morte.
Partenza di Carlo III
Borbone per la Spagna,
Antonio Joli, Museo di
Capodimonte, Napoli
In particolare, testimoniano il passaggio di Carlo III nel
Mezzogiorno d’Italia, il Palazzo Reale a Napoli, il Teatro
San Carlo a Napoli, la Reggia di Capodimonte a Napoli e la
Reggia a Caserta.
Reggia
Napoli
di
Capodimonte,
Teatro San Carlo, Napoli
Leggi anche Napoli cosa vedere in tre giorni su Esperienziando
Vitae
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
Storica NG nr. 90
H. Acton, I Borboni di Napoli (1734-1825), Firenze, Giunti,
1997
Le sei mogli di Enrico VIII
Davvero curiosa la storia delle sei mogli del re inglese
Enrico VIII, alcune ripudiate altre decapitate con l’accusa di
adulterio; Enrico VIII fu un grasso re crudele con
l’ossessione del figlio maschio e la passione per giovani
donne che sposò, anche con la metà dei suoi anni, per poi
decapitarle quando gli misero le corna. Caterina d’Aragona,
Anna Bolena, Jane Seymour, Anna di Clèves, Caterina Howard,
Caterina Parr, furono i loro nomi.
Enrico VIII in un
ritratto
di
Hans
Holbein, pittore di
corte
Enrico VIII
Inghilterra
incoronato
delle quali
fu il secondo re della dinastia Tudor che regnò in
dal 1485 al 1603; Enrico VIII nacque nel 1491, fu
nel 1509 e morì nel 1547. Oltre alle sei mogli,
solo una gli diede un erede maschio, ebbe numerose
amanti e figli illegittimi.
Caterina
d’Aragona
in un ritratto del
1530
Caterina d’Aragona fu la prima moglie di Enrico VIII, sposata
per consolidare il suo status di sovrano, essendo figlia dei
re cattolici spagnoli, Isabella di Castiglia e Ferdinando
d’Aragona. Quello con Caterina d’Aragona fu il matrimonio più
lungo, ma anche quello più tormentato da dubbi di opportunità,
essendo la vedova del fratello, dall’insoddisfazione per non
avergli dato un figlio maschio e dalla passione per Anna
Bolena. Enrico VIII decise infine di divorziare, sostenendo la
nullità del matrimonio per l’assenza dell’erede maschio e
pochi anni dopo sposò Anna Bolena. Caterina d’Aragona ebbe una
figlia, Maria, che diventerà Regina d’Inghilterra con il nome
di Maria I, la prima donna a guidare una monarchia.
Anna Bolena in un
ritratto del 1534
Anna Bolena era una damigella di corte quando, poco più che
ventenne sposò Enrico VIII che di anni ne aveva 41, dopo
esserne stata amante per diversi anni. Il loro matrimonio,
però, durò solo tre anni perché Anna, colpevole anch’essa di
aver fallito nel compito di dargli un figlio maschio, vera
ossessione di Enrico VIII, fu accusata anche di adulterio e
cospirazione contro la corona, fu condannata a morte e
decapitata presso la Torre di Londra.
,
Jane Seymour
in un ritratto di
Hans
Holbein,
pittore di corte
Jane Seymour, la terza moglie, finalmente soddisfò il re nel
suo bisogno compulsivo di avere un erede maschio, il futuro
Edoardo VI. Jane però morì qualche giorno dopo il parto a
causa di complicazioni. In un raro momento di tenerezza,
Enrico VIII diede disposizione di essere sepolto accanto a
Jane, nella cappella di San Giorgio del Castello di Windsor.
Anna di Clèves in un
ritratto di Hans
Holbein, pittore di
corte
La quarta moglie fu Anna di Clèves che sposò per motivi di
alleanza politica, dietro pressione del suo ministro; Anna,
infatti, era una principessa tedesca. Il matrimonio, tuttavia,
fu annullato poco dopo perché dopo sei mesi non era stato
ancora consumato.
Caterina Howard in
un ritratto di
Hans
Holbein,
pittore di corte
Dopo aver annullato il matrimonio con Anna di Clèves, Enrico
VIII si sposa con una giovane di appena 18 anni, quando lui ne
aveva 49, Caterina Howard. Caterina Howard era una damigella
di Anna di Clèves, cugina di Anna Bolena ed il sovrano ne
rimase molto colpito, sposandola un mese dopo la separazione
dalla principessa tedesca. Enrico VIII era molto innamorato di
Caterina e per lei, come per nessuna mai, spese tanto denaro
in abiti e gioielli, ma presto tutto questo finì; furono i
membri del Consiglio Privato del monarca ad informarlo che
Caterina aveva un amante, che vedeva regolarmente grazie alla
complicità della sua damigella; la reazione del sovrano fu
terribile: l’amante fu arrestato, torturato e giustiziato,
mentre Caterina e la sua damigella furono decapitate nella
Torre di Londra.
Caterina Parr in un
ritratto
La sesta moglie di Enrico VIII fu Caterina Parr, 31 anni,
rimasta vedova due volte prima di sposare il sovrano. Con
Caterina Parr il sovrano trovò una certa felicità domestica
durante gli ultimi anni della sua vita, soprattutto grazie al
buon rapporto che ella mantenne con i tre figli legittimi del
re (Maria avuta da Caterina d’Aragona, Elisabetta avuta da
Anna Bolena ed Edoardo avuto da Jane Seymour).
Come avrete capito, la storia delle sei mogli di Enrico VIII
si presta molto bene ad una sceneggiatura cinematografica e
teatrale: Shakespeare ne fece un dramma teatrale, mentre
diversi sono stati i film sull’argomento.
Castello di Leeds, Kent,
Inghilterra
Tra i luoghi di Enrico VIII e delle sue mogli che testimoniano
di quei lontani avvenimenti ci sono: la Torre di Londra, dove
sono state rinchiuse e decapitate Anna Bolena e Caterina
Howard, il Castello di Leeds, a sud-ovest di Londra, che fu
residenza di Caterina d’Aragona ed il palazzo di Hampton
Court, una delle residenze reali.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
Storica NG nr. 90
A. Fraser, Le sei mogli di Enrico VIII, Milano, Mondadori,
1997
M.D. Palmer, Enrico VIII, Bologna, Il Mulino, 2003
Leggi anche Londra, quella da non perdere e quelli curiosi
Una
società
malata
all’origine delle stragi in
Europa?
Giovani cresciuti in Europa imbracciano armi e fanno stragi in
locali pubblici, piazze, aeroporti, metropolitane, alcuni con
pretesti religiosi, altri con aneliti di vendetta; sono
giovani emarginati o frustrati sui quali il fondamentalismo
islamico trova terreno fertile, ma non è solo questo.
Le stragi di Parigi, Bruxelles, Nizza sono atti di terrorismo,
mentre quella di Monaco di Baviera non lo è, ma tutte hanno
una matrice comune: la perdita di speranza nel futuro. Ragazzi
cresciuti in periferie o quartieri anonimi o risultati di
processi di crescita disarmonici perché avvenuti in
solitudine, trascinano le loro vite senza scopo pronti ad
uccidere ed uccidersi, finalmente protagonisti di una vita
senza senso.
Fiori nel luogo della
strage di Nizza 2016
La religione islamica non c’entra nulla, è solo un pretesto,
c’entra invece il nichilismo, la perdita del senso del valore
della vita, indotta da una società in crisi.
La società in cui viviamo ha portato il livello delle
disuguaglianze, economiche e sociali, oltre i limiti
accettabili per molti, diversi giovani vivono peggio dei loro
padri o sono costretti a vivere alla giornata, diversi senza
basi per nemmeno immaginarsi di costruirsi un futuro, diversi
senza nemmeno sapere quale futuro è possibile; se sono giovani
islamici di seconda o terza generazione le cose poi si
complicano perché il rapporto con la religione dei padri o dei
nonni è diventato ibrido, collocandoli in un limbo di
fragilità. Il problema è che questo nichilismo rischia di
diffondersi portandosi dietro altre stragi.
Non ci sono ricette univoche perché è la società che deve
maturare, ma non lo farà se la politica non gli darà una mano.
Credo siano valide armi per combattere il disagio giovanile la
riduzione delle disuguaglianze e l’integrazione delle
periferie nei contesti urbani; per ridurre le disuguaglianze
occorre certo sviluppo economico, ma anche politiche sociali,
occorre combattere l’avidità ed alimentare la solidarietà,
occorre una Comunità Europea dei cittadini non delle élite e
delle banche. Occorre cambiare verso alla percezione che i
governanti legiferino solo per tutelare i propri privilegi ed
occorre che i media facciano informazione non spettacolo fonte
di desideri di emulazione. Quante cose da fare … !
Cinzia Malaguti
Pirati e corsari
Pirati e corsari assaltavano le navi mercantili per rubarne il
carico, ma mentre i pirati armavano e guidavano navi di loro
proprietà e derubavano imbarcazioni di qualsiasi nazione, i
corsari erano al servizio di un re di cui issavano la bandiera
e a cui consegnavano parte del bottino.
Il ruolo dei corsari ebbe il suo apice nel XVI e XVII secolo
quando, dopo la scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo
Colombo che era al soldo dei portoghesi, Spagna e Portogallo
si accaparrarono il possesso, lo sfruttamento ed il commercio
dei beni provenienti dai nuovi ricchi territori. Fu allora che
le potenze coloniali escluse (Francia, Inghilterra e Olanda),
attraverso i corsari incaricati, iniziarono a derubare i
mercantili diretti nella penisola iberica e carichi di oro,
argento, pietre preziose, seta e prodotti esotici. In
sostanza, i corsari erano pirati autorizzati dal re.
Galeone pirati
I vascelli portoghesi e spagnoli che facevano ritorno in
patria venivano attaccati da pirati e corsari nel triangolo di
oceano Atlantico compreso tra penisola Iberica, isole Canarie
e arcipelago delle Azzorre. Davanti alla minaccia di pirati e
corsari, spagnoli e portoghesi studiarono ed applicarono con
efficacia un nuovo sistema di convogli con scorte; la flotta
in partenza per la Spagna veniva riunita nella baia
dell’Avana, a Cuba, dove la fortezza del Castillo del Morro ne
proteggeva le operazioni organizzative.
L’Avana, il Castillo del
Morro
Corsari e pirati, però, non demorsero e spostarono la loro
attività sull’attacco dei possedimenti spagnoli sulla
terraferma, facendo base in alcune isole caraibiche (Giamaica,
Tortuga). I pirati fecero pure alleanza tra di loro e
fondarono la confraternita dei filibustieri; i filibustieri
attaccavano imbarcazioni mercantili di qualsiasi bandiera e
sempre con brevi razzie dalla costa, servendosi di piccole
imbarcazioni e protetti dall’oscurità della notte.
Nel 1715, il monopolio spagnolo e portoghese del commercio con
l’America iniziò a sgretolarsi con il trattato di Utrecht e le
nazioni europee si stabilirono nei Caraibi; filibustieri e
corsari non erano, dunque, più uno strumento per danneggiare
gli spagnoli, diventando un nemico da battere e a cui dare la
caccia.
Quella dei tesori di pirati e corsari è più una leggenda che
una realtà: delle 11000 imbarcazioni spagnole che si calcola
abbiano attraversato l’Atlantico tra il 1540 ed il 1650, i
pirati ne rapinarono circa un centinaio, in gran parte
mercantili senza grandi tesori. Il nemico più grande dei
vascelli che portavano ricchezze in Europa non erano i pirati,
ma l’oceano con le sue tempeste.
Letteratura e cinematografia hanno trovato pane per i loro
denti nelle leggende di pirati, alimentandone il mito: dal
romanzo di Emilio Salgari, Il corsaro nero, al recente film
con Johnny Depp, Pirati dei Caraibi.
Cinzia Malaguti
Bibliografia:
Storica NG nr. 79
P. Gosse, Storia della pirateria, Bologna, Odoya, 2008
(saggio)
E. Salgari, Il corsaro nero, Torino, Einaudi, 2005 (romanzo)
Alto Adige, Val Venosta, i
luoghi da non perdere
La Val Venosta è la zona più occidentale dell’Alto Adige;
inizia dal Passo Resia, al confine con l’Austria, per poi
scendere fino a Merano, ma prima si allarga fino al Passo
dello Stelvio e fino al confine svizzero della valle di
Mustair, nel Cantone dei Grigioni. La Val Venosta è una valle
aperta e, quindi, molto luminosa, adatta a finalità
escursionistiche nei suoi alti sentieri panoramici, ma anche
storico-culturali con i suoi castelli e la sua abbazia, poi ci
sono i meleti, distese di campi di meli a perdita d’occhio e,
infine, a due passi dopo il confine svizzero, a Mustair, si
può visitare un gioiello architettonico ed artistico
dell’epoca carolingia, Patrimonio dell’Umanità Unesco, per un
interessante sconfinamento.
Alta Val Venosta vista da
Castel Coira
L’Alta Val Venosta, la parte che da Malles arriva fino al
passo Resia, dove nasce l’Adige, è la più bella da un punto di
vista paesaggistico, per la presenza del Lago di Resia (1498
m. s.l.m.) e della laterale Vallelunga, una valle
incontaminata con bella vista sul ghiacciaio della Palla
Bianca. Dalla zona di Malles, inoltre, in direzione dello
Stelvio, si può godere di una vista spettacolare sull’Ortles
(3926 m. s.l.m., la montagna più alta dell’Alto Adige. In Alta
Val Venosta si trova uno dei borghi più belli d’Italia,
Glorenza. La Media e la Bassa Val Venosta (da Sluderno a
Merano) è caratterizzata da suggestivi castelli e spettacolari
meleti; qui sono presenti vendite dirette, da parte dei
coltivatori locali, di mele e prodotti derivati.
Val Venosta, coltivazione
di mele
I luoghi da non perdere in Val Venosta
Lago di Resia. Si trova a 1498 m.s.l.m. ed è caratteristico
per il campanile che emerge dalle acque. Il lago di Resia è
artificiale in quanto è nato nel 1950 a seguito della
costruzione di una grande diga che unificò due laghi naturali,
il Lago di Resia ed il Lago di Curon, sommergendo l’antico
abitato di Curon Venosta che venne ricostruito più a monte; il
campanile della chiesa è ciò che rimane dell’antico abitato ed
in inverno, quando il lago ghiaccia, è raggiungibile a piedi.
Il bacino dell’attuale lago ha una lunghezza di 6 km, una
larghezza massima di 1 km ed una profondità massima di 22,5 m.
Annualmente, nel mese di luglio, vi si tiene una frequentata
gara podistica: il giro del Lago di Resia.
Lago di Resia
Lago di Resia
Lago di Resia
Vallelunga. Da Curon Venosta s’imbocca la selvaggia valle
laterale alpestre di Vallelunga; consiglio di arrivare con
l’auto fino al parcheggio di Melago (1912 m.s.l.m.), dove
finisce la strada, da qui parte un meraviglioso e panoramico
sentiero, a lato del Rio Carlino e in vista del ghiacciaio
della Palla Bianca (3739 m.s.l.m.); con una piacevole
passeggiata potete raggiungere la malga, volendo proseguire si
può raggiungere il rifugio Pio IX alla Palla Bianca.
Vallelunga
Vallelunga
Vallelunga
Glorenza. E’ un piccolo centro della Val Venosta, ma molto
pittoresco per le sue case con facciate gotiche, per i suoi
suggestivi antichi portici, per le sue torri e mura di cinta
che la circondano. Glorenza (907 m. s.l.m.) è nominata per la
prima volta in un documento del 1163, ma fu più volte rasa al
suolo; la struttura architettonica che possiamo ammirare
risale al XVI secolo. Glorenza è inserita nel circuito dei i
borghi più belli d’Italia.
Glorenza
Glorenza
Glorenza
Da Glorenza, bastano 11 km per raggiungere il confine svizzero
ed il Monastero di San Giovanni a Mustair, Patrimonio
dell’Umanità Unesco. Il Monastero di San Giovanni è un
meraviglioso ed imponente complesso architettonico dove,
all’interno della sua Chiesa, sono custoditi preziosi
affreschi di epoca carolingia. Fu infatti Carlo Magno ad aver
voluto questo Monastero, edificato nel 775 circa; a quel tempo
monaci e monache popolavano il monastero, ma dal 1163 esso è
abitato solo da monache di clausura; oggi vi abitano 11
monache dedite al lavoro negli orti, al frutteto,
all’artigianato artistico, alla gestione della biblioteca e
alla preghiera, secondo la regola di San Benedetto, “prega e
lavora”. All’interno della Chiesa, si possono ammirare i
preziosi affreschi medievali dell‘arte carolingia, ma anche
dell’arte romanica. Annesso al convento, di cui è possibile
ammirare il chiostro e l’orto, vi è il museo, situato nella
Torre Planta, una torre difensiva con più di mille anni; al
suo interno vi è la rappresentazione dei locali delle badesse,
degli spazi abitativi, dei dormitori, delle sale di preghiera
ed un piccolo salotto; anche gli oggetti esposti raccontano il
modo di vivere dell’epoca. Il Monastero è aperto alle visite
tutto l’anno e tutti i giorni; da maggio ad ottobre: dalle 9
alle 17, domenica e festivi, dalle 13,30 alle 17. Altre info
nel sito del Monastero.
Monastero di San Giovanni
di Mustair, Svizzera
Monastero di San Giovanni,
Chiesa, affreschi romanici
Monastero di San Giovanni a
Mustair,
affreschi
carolingi
Monastero di San Giovanni a
Mustair, cortile interno
con orto
Abbazia di Monte Maria (Marienberg). Si trova sopra al paese
di Burgusio, vicino a Malles, in bella vista, prima della
salita per il Lago di Resia. E’ un’imponente abbazia
benedettina fondata nel XII secolo dotata di una cripta ricca
di preziosi affreschi di arte romanica. Pur essendoci la
strada che porta all’Abbazia, vi consiglio di parcheggiare
l’auto prima della salita per Slingia e salire a piedi, lungo
l’apposito sentiero che parte dal castello medievale, per
ammirare la bella vista panoramica sulla valle. Giunti
all’Abbazia, vi attende un ampio cortile interno dal quale
entrare nella chiesa, ricca di stucchi elaborati. La visita
alla Chiesa dell’Abbazia è gratuita, mentre per vedere la
cripta occorre presentarsi davanti alla chiesa entro le 17,30
(dal lunedì al sabato, ma solo da giugno a fine ottobre –
d’inverno è chiusa alle visite), per essere accompagnati da un
abate che vi si reca per la celebrazione dei Vespri. Altre
info nel sito dell’Abbazia.
Abbazia di Monte
(Marienberg)
Maria
Abbazia
Maria
di
Monte
(Marienberg)
Abbazia di Monte Maria
(Marienberg)
cortile
interno
Abbazia di Monte Maria
vista dal paese di Burgusio
Castel Coira. Si trova a Sluderno ed è un castello privato, ma
visitabile, ancora oggi abitato dai discendenti degli antichi
conti austriaci Trapp che vollero farne una residenza
rinascimentale. Molto bella la loggia rinascimentale del 1570
dove è possibile ammirare scene e figure simboliche
fantastiche in ottimo stato di conservazione che rappresentano
una visione della vita rinascimentale; i frutti dipinti sono
mele cotogne, simboli di fertilità, ma trovano spazio anche
figure legate alle favole educative di Esopo; c’è anche la
rappresentazione dell’albero genealogico dei Trapp. Nella
cappella è possibile ammirare una Madonna romanica del 1270,
mentre nella sala delle armi si può osservare la più vasta
collezione privata europea di armi ed armature del 1350. I
conti Trapp vengono ad abitare a Castel Coira solo d’estate,
mentre in inverno risiedono ad Innsbruck; quando sono presenti
sventola la loro bandiera. Le visite sono solo guidate, dal 20
marzo al 31 ottobre, esclusi i lunedì (salvo giorni festivi),
con questi orari: la mattina dalle ore 10,00 fino alle ore
12,00 (inizio ultima visita), nel pomeriggio dalle ore 14,00
fino alle ore 16,30 (inizio ultima visita). Altre info nel
sito del castello.
Castel Coira
Castel
interno
Coira,
cortile
Castel
interno
Coira,
cortile
Castel Coira, scalinata
d’ingresso
e
vetta
dell’Ortles
Castello di Castelbello. Si trova su uno sperone di roccia
nella località Castelbello-Ciardes in Bassa Val Venosta, lungo
la riva sinistra del fiume Adige; è un castello recuperato
dalle rovine causate da alcuni incendi, dal 1956 di proprietà
statale, ma in precedenza era appartenuto ai conti Hendl. Al
suo interno si possono ammirare una cappella ricca di
affreschi risalenti al XIV secolo, restaurati nel 2011, sale
interne perfettamente restaurate con soffitti a cassettoni ed
un bel cortile interno; Francesco Cossiga, ex presidente della
Repubblica, voleva farne la sua residenza, c’è pure un moderno
bagno da lui fatto costruire. Il Castello di Castelbello
ospita mostre d’arte temporanee ed eventi. La visita è solo
guidata dal 14 giugno al 18 settembre, dal martedì alla
domenica: ore 11, ore 14, ore 15, ore 16. Altre info nel sito
del castello.
Castello di Castelbello
Castello di Castelbello,
cortile interno
Castello di Castelbello,
affreschi soffitto cappella
Castello
di
Castelbello,
cortile interno
Prodotti tipici. Conosciute nel mondo sono le mele della Val
Venosta, coltivate in territori vallivi e collinari quasi
sconfinati, ma puoi trovare anche ottime spremute di mele,
deliziosa senape alle mele, composte di mele. L’Alto Adige è
anche la patria dello speck e la Val Venosta non fa eccezione.
Alcuni indirizzi:
Luggin Kandlwaalhof, Unterwaalweg, 10 a Lasa: coltivatore
biologico di mele e produttore di spremute di mele senza
aggiunte o diluizioni, senape di mele e di albicocche, mele
essiccate, aceto di mele, spumante di mele.
Lasa,
negozio
Kandlwaalhof
Luggin
Mela della Val Venosta
Bottega del Contadino, strada statale 78, Naturno: mele e
tutti i derivati, oltre ad altra frutta di stagione; è una
cooperativa di produttori locali; vendono anche on line.
Moser Speckworld, strada statale, Naturno: speck e strudel;
annesso un piccolo museo e video su come viene prodotto lo
speck.
Braugarten,
giardino
ristorante Forst a Lagundo
Subito dopo Merano, sulla strada statale per la Val Venosta,
in località Lagundo, c’è lo stabilimento della birra Forst con
un piacevole ristorante giardino ed annesso shop di birre
Forst e marchandise.
Buona vacanza e buone visite!
Cinzia Malaguti