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Analisi della domanda e accettazione sociale
zionali a basso impatto. Se questi ultimi riceveranno alti incentivi, gli EV saranno scoraggiati, assumendo che vi sia un certo grado di sostituibilità tra le due tipologie. In pratica, dovrebbe essere introdotto un sufficiente grado di vantaggio per gli EV dato il loro basso grado attuale di industrializzazione e diffusione, e tali incentivi dovrebbero essere ben comunicati e di lunga durata.
La questione della tassazione/incentivazione “relativa” degli elettrici dipende anche dal fatto
che, secondo diversi studi, gli effetti della tassazione e degli incentivi fiscali sulla scelta dei veicoli sono limitati o non chiari, anche se gli sviluppi descritti suggeriscono che i livelli di incentivo/tassazione possono essere decisivi per avere un effetto o meno.
3.7 Principali risultati
I principali risultati possono essere così sintetizzati:
• gli scenari di diffusione e penetrazione dei veicoli elettrici sono talvolta ottimistici dal punto di vista delle capacità del mercato di assorbire quantità crescenti di veicoli di diversa tecnologia elettrica. Mancano spesso di una dettagliata analisi della domanda potenziale in termini della disponibilità delle persone a muovere verso la mobilità elettrica;
• sia alcuni scenari che le proiezioni da indagini dirette ai consumatori indicano una quota di
mercato per gli EV del 3% circa nel 2020;
• tutte le indagini dirette, seppure con una certa variabilità geografica, indicano che vi è una
potenziale disponibilità dei consumatori verso l’auto elettrica, ma spesso i rispondenti rivelano una scarsa o distorta conoscenza della tecnologia. I principali fattori che limitano la disponibilità d’acquisto da parte dei consumatori sono il prezzo elevato dell’auto, il chilometraggio limitato, i tempi e i modi di ricarica delle batterie. I principali fattori che generano
una disponibilità all’acquisto sono il risparmio atteso sui costi del carburante e la disponibilità di incentivi pubblici;
• più in particolare, le indagini recenti sull’atteggiamento dei consumatori mettono in evidenza che:
– vi è una influenza del contesto socio-economico generale. In Cina, dove il concetto di
auto elettrica è pressoché sconosciuto, il ciclo positivo di cui gode l’economia influenza positivamente la possibilità di acquisto. Al contrario, in caso giapponese mostra come uno
dei Paesi dove da più tempo si lavora e si investe nell’auto elettrica ma che più risentono dell’attuale crisi mondiale risponda in maniera più distaccata. L’atteggiamento dei consumatori americani, che da più tempo conoscono l’auto elettrica, è più scettico rispetto a
quello degli europei, che conoscono meno dell’elettrica ma sono più propensi all’acquisto;
– il costo comparativo dell’elettrica o dell’ibrido rispetto alla convenzionale o rispetto ad
auto con basso impatto appare di rilievo per determinare la disponibilità o meno all’acquisto. Tuttavia, nel caso europeo, sembra esservi una parte di consumatori che dichiara disponibilità anche con costi elevati. Inoltre il costo viene sempre pesato, da parte dei
consumatori, insieme e rispetto ad altri due fattori specifici dell’elettrica: la ricarica e
l’autonomia di percorrenza. Solo con adeguate combinazioni dei tre fattori, che eliminino lo svantaggio percepito dell’EV. In particolare se vi fosse lunga autonomia e facilità
di ricarica, ad esempio con scambio di batterie, si aprirebbe una disponibilità da parte dei
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Sviluppare la mobilità elettrica
consumatori. Tuttavia, a conferma della scarsa affidabilità del consumatore, in tutti gli
studi analizzati l’intervistato percorre molti meno chilometri (o miglia) rispetto a quelli garantiti al giorno dal veicolo elettrico allo stato attuale;
– il profilo dell’acquirente potenziale di EV, pur con le limitazioni di tali indagini (prevalentemente statunitensi), è quello di un/una giovane di reddito medio-alto, di elevata istruzione e residente in area urbana. A fronte degli early adopter con tali caratteristiche,
emergono sia categorie che non saranno acquirenti di EV (rurali, basso reddito, bassa
istruzione) sia una elevatissima propensione ad attendere che l’EV diventi più matura e
affidabile. La fisionomia degli early adopters, che anche in Italia sono attesi rappresentare una frazione molto piccola dei potenziali acquirenti (dichiarati) di EV non è tuttavia
completamente chiara e in parte non è coerente tra i diversi studi;
– i pochi dati sull’Italia non mettono in evidenza scostamenti sostanziali dal quadro europeo, se non per una particolare preoccupazione dei consumatori per l’autonomia di chilometraggio (alta range anxiety).
• nell’esame dei dati, si deve ricordare che le indagini sulla disponibilità a spostarsi verso automobili a basso impatto, in particolare verso gli EV, si basa su indagini dirette delle “preferenze dichiarate” che sono soggette a un significativo divario atteso rispetto ai comportamenti effettivi. In altri termini, vi è una limitata “affidabilità” delle dichiarazioni del consumatore come base per lo sviluppo delle mobilità alternativa e sostenibile, compresa quella elettrica;
• una scarsa “affidabilità” dei consumatori emerge in relazione alla disponibilità a pagare per
l’efficienza energetica ed emissiva delle auto. Anche se l’efficienza di consumo energetico
è un attributo quantificabile in termini economici ed è un “bene privato” (appropriabile in
termini di minori costi), la sua valutazione da parte dei consumatori è molto variabile e incerta, risente del carattere complesso del “bene” automobile, rivela la limitata capacità di
calcolo e la notevole incertezza che gli acquirenti nutrono rispetto ai prezzi dell’energia e alle
effettive performances energetiche delle auto. Solo alti prezzi dell’energia sembrano determinare incentivi sufficienti per dare alto valore all’efficienza energetica. Diversamente i consumatori non sembrano disposti a rinunciare ad altri attributi dell’auto per avere maggiore
efficienza;
• è difficile isolare le motivazioni ambientali in quanto tali tra i fattori di domanda di mobilità
sostenibile e di automobili. La sensibilità ambientale è spesso correlata ad altri attributi dei
consumatori e dei cittadini, ad esempio reddito o residenza urbana, ed è quindi connessa
al contesto sociale e localizzativo. In ogni caso, la localizzazione urbana sembra un fattore
significativo sia per la scelta modale di mobilità sia per una possibile preferenza verso auto
a elevati standard ambientali. Emerge inoltre che i consumatori più propensi alla mobilità
sostenibile rispondono a un profilo dove hanno importanza, in senso positivo, il genere femminile, l’istruzione, l’età in classi estreme, la piccola dimensione familiare;
• la concomitanza nella fase recente di diversi fattori incentivanti verso auto meno emissive
(nuove basi di tassazione, schemi di rottamazione, alti prezzi dell’energia) sembra confermare che solo vantaggi economici sono in grado di determinare rapidi spostamenti di mercato verso auto più sostenibili. Gli incentivi attuali nei Paesi europei comprendono anche un
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sostegno significativo all’auto elettrica (EV, PHV) ma con una articolazione differenziata e
complessa, e un tempo di attuazione che impediscono (ancora) di comprendere gli effetti
sulla domanda. Una questione importante è che anche le auto a basso impatto sono soggette a incentivi e quindi l’effetto per l’elettrica dipende dall’incentivo relativo rispetto a un
a basso impatto. Come si evolveranno gli incentivi relativi non è prevedibile.
Alcune implicazioni che si possono trarre sono le seguenti:
• complessivamente, il consumatore non emerge come il possibile principale fattore di traino
di una traiettoria di mobilità sostenibile e di penetrazione degli EV; L’EV (nelle diverse tipologie) appare allo stato attuale ancora come un bene di nicchia dal punto di vista dei consumatori, anche potenziali;
• appare impensabile un decollo su ampia scala solo facendo leva sulle motivazioni ambientali dei consumatori; attributi quali la residenza urbana ed effetti “bene di status” (bene di
Veblen) appaiono forse più significativi come leva per muovere gli early adopters; definire
questi ultimi appare un punto critico per qualunque strategia di diffusione degli EV nel segmento privato;
• sono necessari sostanziali meccanismi incentivanti che consentano il primo decollo e migliorino la combinazione prezzo-autonomia-ricarica; tali meccanismi devono essere forti rispetto a quelli per auto non elettriche a basso impatto, che appaiono il più diretto competitor;
• possono essere rilevanti meccanismi assicurativi particolari (della performance, della prestazione, ecc.), come quelli che si stanno facendo nel caso dell’efficienza energetica in edilizia, che riducano le molte incertezze (tecnologiche ed economiche) che accompagnano ancora lo sviluppo dell’EV;
• anche se la motivazione ambientale appare confusa e contraddittoria come elemento su cui
fare leva, non si può escludere che in futuro, in un contesto comunicativo che insiste sul
cambiamento climatico e le emissioni, l’emissione zero (all’uso) possa divenire uno degli attributi dell’auto che viene più valorizzato dai consumatori; dal punto di vista economico potrebbe essere un elemento di irrazionalità (la riduzione di emissioni è un “bene pubblico”
scarsamente appropriabile in termini economici) che si aggiungerebbe alla dubbia razionalità con cui i consumatori comprano auto.
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C a p i to l o 4
Introduzione dei veicoli elettrici
nel sistema elettrico
d i Morris Brenna, Silvia Celaschi, Federica Foiadelli,
Iva Gianinoni, Dario Zaninelli
Sviluppare la mobilità elettrica
4.1 Introduzione
Di interesse per il sistema elettrico sono tutti gli autoveicoli ricaricabili da rete, sia di tipo ibrido che totalmente elettrico, in funzione della loro capacità di accumulare energia e della richiesta di potenza in fase di ricarica. La capacità di accumulare energia influisce sulle esigenze di
convertire energia primaria in elettrica, e quindi sul sistema di generazione, la richiesta di potenza in fase di ricarica interessa le linee di trasporto e distribuzione dell’energia.
I veicoli elettrici hanno implicazioni sul funzionamento del settore elettrico e sulle emissioni di
gas serra da esso generate riguardo ai seguenti aspetti:
1. effetti diretti: l’introduzione dei veicoli elettrici porta a un aumento globale del consumo di
energia elettrica ma determina una riduzione complessiva dell’emissione di gas climalteranti per la maggiore efficienza delle centrali di generazione e del trasporto dell’energia e per
la possibilità di utilizzo di fonti rinnovabili. Un effetto immediato si avrebbe nei centri abitati in quanto le maggiori emissioni per la generazione di energia elettrica, oltre ad essere meglio controllate e filtrate, verrebbero prodotte in luoghi decentrati;
2. effetti indiretti di breve termine: oltre all’aumento di domanda, i veicoli elettrici comportano addizionale domanda di carico nel periodo in cui sono connessi alla rete per la ricarica.
Questo significa che le emissioni addizionali di CO2 dipendono dal tipo di impianto di generazione dispacciato in più a causa dell’aumento di carico durante il periodo di ricarica. Se la
ricarica avviene di notte, sono coinvolti gli impianti di carico base (ad esempio, a carbone
e nucleari), mentre di giorno sono influenzati gli impianti di carico medio o elevato (quali
turbogas, cicli combinati o stazioni idroelettriche di accumulo). In corrispondenza, le emissioni di gas serra variano con il periodo preferenziale di ricarica. Per esempio, la generazione eolica può o meno coincidere con la richieste di carico da parte dei veicoli elettrici;
3. effetti indiretti di lungo termine (legati all’investimento in nuovi impianti di generazione): il
già citato aumento di dispacciamento di alcuni tipi di impianti, dovuto alla ricarica dei veicoli elettrici, porta a un aumento di competitività di questi impianti rispetto ad altre opzioni di investimento. Di conseguenza, il mix di generazione di lungo termine e quindi le emissioni di CO2 di lungo termine del settore elettrico possono essere affetti dalla diffusione dei
veicoli elettrici;
4. implicazioni dell’aumento di domanda di energia e di carico da parte dei veicoli elettrici su
altri obiettivi di indirizzo del settore elettrico: gli obiettivi strategici del settore elettrico comprendono un’intera serie di argomenti, quali la promozione di energie rinnovabili (RES) o della cogenerazione o della cattura e accumulo della CO2 (CCS). La promozione di RES, ad
esempio, implica una più elevata quota di produzione di energia fluttuante (ad esempio dal
vento). Se questo obbiettivo sia compatibile con la promozione di veicoli elettrici basata su
energie rinnovabili dipende quindi dalla possibilità che la domanda di energia (i veicoli elettrici) e la fornitura di energia (le energie rinnovabili) siano reciprocamente adattate tra loro,
mediante sistemi di accumulo dalla parte della fornitura o mediante periodi di ricarica flessibile dalla parte della domanda [Short et al., 2006].
Le problematiche relative all’introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico riguardano
molti aspetti, creando un quadro piuttosto complesso. Il presente capitolo affronterà esclusi-
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Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
vamente le tematiche relative alla gestione dell’energia partendo dalla generazione, proseguendo per la trasmissione e distribuzione fino all’interfaccia con il veicolo elettrico. Quest’ultima verrà analizzata anche dal punto di vista delle soluzioni tecniche che permetteranno di inserire il veicolo elettrico all’interno di reti intelligenti cogliendo anche le opportunità offerte
dalla presenza di sistemi di accumulo diffusi.
4.2 Impatto dei veicoli elettrici sul sistema di generazione
Quando i veicoli elettrici sono ricaricati costituiscono un carico addizionale per la rete. Il loro
effetto sul funzionamento degli impianti e sull’emissione di gas serra dipende da molti fattori:
• quantità di carico addizionale connesso alla rete. Il carico addizionale connesso alla rete dipende da una parte dalla quantità di veicoli elettrici in ricarica in un certo istante temporale e dall’altra dalla capacità di ricarica, che a sua volta dipende dall’elettronica di potenza a
bordo dei veicoli e dal massimo carico connettibile alla presa. Sul carico dovuto ai veicoli
elettrici quindi giocano un ruolo fondamentale i loro consumi specifici (già anticipati nel Capitolo 2) e le loro percorrenze, le modalità di ricarica e le caratteristiche degli allacci di ricarica (che saranno descritti nel seguito di questo capitolo);
• periodo di ricarica. Il periodo di ricarica è definito come l’istante temporale nel quale il veicolo elettrico è connesso alla rete per la ricarica. La ricarica può avvenire di sera o di notte,
quando i pendolari tornano a casa e connettono il loro veicolo alla presa di rete privata/condominiale, ma può anche avvenire di giorno, durante lo svolgimento degli affari quotidiani,
o in un qualunque momento il veicolo sia parcheggiato e connesso a un punto di ricarica
pubblico/aziendale. In corrispondenza, per la ricarica del veicolo saranno distribuite in rete
(“dispacciate”) potenze di generazione da carico di base, intermedio o di picco;
• durata della ricarica. La durata della ricarica è la quantità di tempo necessario per ricaricare
la batteria. La durata della ricarica dipende da una parte dall’energia richiesta per ricaricare
la batteria, a sua volta influenzata dallo stato di carica (State of Charge – SOC) della batteria e dalla capacità di energia generale della batteria. Dall’altra, la durata della ricarica dipende dalle modalità di ricarica della batteria (quale, ad esempio, la ricarica a corrente costante) e dalla potenza disponibile alla presa (diversa per allacci domestici o industriali);
• gestione del carico. Il processo di ricarica (sia istante sia durata della ricarica) può essere
modificato dalla (tele)gestione del carico, modificando così anche l’impatto globale sulla
rete elettrica. Ad esempio, gli utenti potrebbero essere incentivati a ritardare l’inizio della
ricarica di qualche ora (con tariffe differenziate diurne o con meccanismi retroazionati automatici), in modo da sfruttare periodi di carico fuori picco (di notte) invece che di picco (di
giorno). Allo stesso modo, potrebbero essere programmate ricariche regolari o veloci solo
in certi periodi o per determinate quantità di energia da immagazzinare nella batteria;
• struttura del settore di generazione. Anche se molti studi stimano le emissioni di gas serra
da parte dei veicoli elettrici assumendo fattori medi di emissione basati sul mix di generazione annuale dovuto a tutte le sorgenti in rete, sono da considerare anche emissioni addizionali, che dipendono dall’impianto di generazione marginale connesso alla rete quando i
veicoli elettrici sono ricaricati. Di notte funzionano tipicamente impianti di carico di base,
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Sviluppare la mobilità elettrica
quali idroelettrici, nucleari o a carbone, mentre in alcuni sistemi di generazione (ad esempio in Germania), gli impianti marginali diurni sono alimentati a gas. Le emissioni addizionali di gas serra dovute ai veicoli elettrici dipendono quindi dalla struttura del sistema di generazione e dal periodo di ricarica;
• disponibilità di sorgenti di energia rinnovabile. La disponibilità di sorgenti di energia rinnovabile (Renewable Energy Sources – RES) dipende dalla regione geografica e dal grado di
sfruttamento del potenziale esistente. A livello europeo, ad esempio, la tipologia di energia
rinnovabile disponibile è molto diversa per ogni stato membro. Inoltre, le energie rinnovabili sono in generale fluttuanti e dipendenti dal tempo (sia dalle ore del giorno sia dalle stagioni). Quindi, se si vogliono sfruttare tali forme di energia per la ricarica dei veicoli elettrici è necessario adattare la ricarica alle loro caratteristiche fluttuanti, rendendo indispensabile la presenza di sistemi di accumulo. In corrispondenza, l’effetto di carico addizionale dei
veicoli elettrici dipende non solo dal sistema di generazione convenzionale, ma anche dalla
quantità e disponibilità nel tempo di sorgenti RES. Se la ricarica dei veicoli sarà adattata alle
caratteristiche di fornitura delle energie rinnovabili, potrà addirittura non presentarsi il problema del carico aggiuntivo dovuto ai veicoli elettrici, e questa è una tra le opzioni tecnologiche più favorevoli per la mobilità elettrica. Viceversa, non controllandone la ricarica, le
sorgenti di energia rinnovabile fluttuante potrebbero produrre carichi addizionali sulla rete
in aggiunta a quelli dovuti ai veicoli elettrici.
Dai fattori descritti emerge come l’impatto dei veicoli elettrici sulla loro integrazione nel sistema elettrico e quindi sulle emissioni di gas serra sia legato strettamente al panorama energetico-economico e al livello di flessibilità sia della fornitura di energia (impianti di generazione
convenzionali, sorgenti di energia rinnovabili) sia della domanda di energia (veicoli elettrici, altri consumatori di elettricità).
Si possono distinguere tre diversi “mondi energetici” con cui i veicoli elettrici possono interferire:
1. l’incorporazione dei veicoli elettrici nella struttura del sistema elettrico esistente;
2. l’uso dei veicoli elettrici per ottimizzare il sistema elettrico esistente;
3. l’integrazione dei veicoli elettrici in una strategia energetica globale.
La maggior parte degli studi finora disponibili ha analizzato l’impatto nella prima ipotesi di scenario energetico, ma esistono anche analisi che si sono spinte a prevedere le possibili evoluzioni del sistema elettrico in funzione della presenza dei veicoli elettrici.
Per quanto riguarda le implicazioni relative alla prima ipotesi di scenario (struttura del sistema
elettrico non influenzata dai veicoli elettrici), in generale si prevede che l’impatto dei veicoli elettrici sulla domanda totale di energia sarà modesto, almeno nel breve e medio periodo. Tuttavia, soprattutto in funzione delle modalità di ricarica, potrebbero presentarsi diversi scenari legati al parco di generazione.
Vale la pena ricordare un esempio relativo alla Germania [Horst et al., 2009], che dimostra
come la ricarica non gestita di una significativa quantità di veicoli elettrici potrebbe condurre
anche a gravi problemi nel sistema di fornitura di energia. Nella Figura 4.1 a) è mostrato l’impatto sulla domanda di carico di 20 milioni di EV ricaricati per cinque ore a partire dalle ore 18
(in verde) in confronto con l’originale domanda di carico in assenza di EV. Considerando lo
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Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
stesso scenario di penetrazione, ma con un tempo di ricarica più veloce (due ore) si otterrebbe un’addizionale domanda di carico di quasi 80.000 MW, cioè più del doppio dell’originale carico del sistema. Se fosse realizzato un metodo di carico controllato, con ricarica solo dopo le
ore 23, il carico addizionale sarebbe spostato verso le ore notturne (Figura 4.1 b). In questo
modo, sarebbe sì aumentato l’utilizzo degli impianti di carico base e medio, cioè si riempirebbe parzialmente la “valle notturna”, ma questo comporterebbe anche un aumento di domanda di carico di picco, con carichi persino maggiori che di giorno. In questo caso il picco raggiungerebbe 100.000 MW. Questo è uno scenario estremo e di lungo periodo (considerando che il
parco auto tedesco al 2010 è di circa 41 milioni di unità, mentre il piano nazionale per la mobilità elettrica vorrebbe portare sulle strade 1 milione di veicoli al 2020), ma deve comunque
essere affrontato per tempo.
Figura 4.1. Profilo di carico di un mercoledì in Germania considerando 20 milioni di EV ricaricati per cinque ore a partire da: a) ore 18; b) ore 23
Passando allo scenario di ottimizzazione del sistema elettrico, quasi tutti gli studi (in Germania, Francia, Inghilterra) suggeriscono la ricarica notturna dei veicoli elettrici, sia per avere
meno emissioni di CO2 sia per sfruttare gli impianti di generazione marginali a basso costo. Ad
esempio, per la Francia l’Associazione Europea per i veicoli elettrici a batteria “EABEV” sostiene che un effetto della ricarica notturna sarebbe quello di incentivare i produttori di elettricità
a sostituire vantaggiosamente gli impianti per generazione di picco a basso investimento di capitale con impianti a più elevato investimento progettati per funzionamento continuo, più efficienti e con minori emissioni di CO2 e di inquinanti atmosferici [European Association for Battery Electric Vehicles, 2009]. È stato stimato che nell’ipotesi di ricarica notturna almeno il 23%
delle auto francesi potrebbero essere elettriche senza richiedere significativo aumento della
struttura di generazione.
Infine, considerando l’integrazione dei veicoli elettrici in uno scenario energetico globale, viene evidenziato come possano esse utilizzati in modo bidirezionale, quindi anche per fornire
energia alla rete, quando richiesto (il cosiddetto principio Vehicle-To-Grid, V2G), [Pehnt et al.,
2007]. L’utilità degli EV sarebbe soprattutto nel miglioramento della qualità locale della rete e
della tensione, per cui sono sufficienti relativamente pochi veicoli connessi alla rete. Nel caso
di grandi quantità di veicoli connessi, potrebbero anche fornire capacità di riserva di energia o
anche funzionare come accumulo. Tuttavia, la quantità di energia accumulata sarebbe relati-
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Sviluppare la mobilità elettrica
vamente bassa. Ad esempio, un milione di veicoli elettrici potrebbe accumulare solo 10 GWh
(assumendo una capacità media della batteria di 10 kWh per veicolo). Invece, la riserva di regolazione che potrebbe essere fornita risulta significativa: la stessa quantità di veicoli potrebbe fornire 3 GW di riserva di regolazione positiva/negativa (assumendo un carico connesso
unitario di 3 kW). Nel caso della Germania, questo corrisponde a circa metà della capacità installata delle stazioni di accumulo (6.7 GWel). Naturalmente, viene comunque evidenziato come
limite del concetto V2G, che porrà problemi alle batterie a causa dell’aumentato ciclaggio, che
potrebbe risultare conveniente dal punto di vista economico solo se – e quando – i costi delle
batterie saranno bassi, i prezzi di vendita dell’energia elevati e la vita delle batterie non sarà
limitata troppo pesantemente.
Venendo ad analizzare il panorama italiano, a fine 2009 è stato pubblicato uno studio del Joint
Research Center di Ispra finalizzato alla valutazione dell’impatto dei veicoli elettrici a scala locale, considerando come area test la Provincia di Milano [Perujo, Ciuffo, 2009]. Richiamando la difficoltà di stimare le dimensioni di questo mercato, gli autori formulano differenti ipotesi in termini di penetrazione dell’auto elettrica, con una forbice molto ampia al 2030, con percentuali variabili dal 2 al 30% in termini di flotta circolante sul totale. Per quanto riguarda il consumo previsto di energia elettrica, anche nello scenario più “aggressivo” (30% di flotta elettrica al 2030),
l’aumento risulta molto contenuto, ammontando a circa il 2.5% del consumo totale. Viene poi stimato l’impatto sulla potenza richiesta nei diversi scenari, nel caso di potenza media (stessa percentuale media al giorno di veicoli che ricaricano la batteria) e potenza massima (nel caso estremo improbabile, ma non impossibile, che tutti i veicoli effettuino la ricarica nello stesso giorno).
Nelle due figure seguenti sono riportati i casi di uno scenario medio-leggero (percentuale di EV
del 3% sul totale) e di uno scenario aggressivo (25%), relativi ai mesi invernali.
Figura 4.2. Impatto sulla richiesta di potenza totale media e massima nei mesi invernali in Italia. Scenario medio-leggero: 3% di flotta elettrica sul totale
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Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Figura 4.3. Impatto sulla richiesta di potenza totale media e massima nei mesi invernali in Italia.
Scenario aggressivo: 25% di flotta elettrica sul totale
Gli autori evidenziano la criticità dell’impatto nell’ipotesi di scenario a elevata penetrazione di
veicoli elettrici, sostenendo che in questo caso sarebbe necessario adottare strategie di “reti
intelligenti”, per evitare potenziali problemi di capacità di rete, e promuovere anche una strategia V2G, pur sottolineando che debbano essere accuratamente valutati i pro e contro di una
tale soluzione (per evitare, ad esempio, che gli utenti non trovino sempre disponibile la loro
auto in caso di necessità).
Nel corso del 2009 è stato inoltre avviato un progetto di ricerca nazionale da parte di RSE –
Ricerca sul Sistema Energetico, con l’obiettivo di verificare l’impatto della diffusione di veicoli elettrici in un orizzonte temporale di lungo termine (fino al 2030). In particolare, dopo
aver sviluppato uno scenario di mobilità riguardante le varie tipologie di veicoli per trasporto privato, è stata valutata l’evoluzione del sistema di generazione conseguente all’incremento di domanda, elaborando due scenari, caratterizzati uno dalla presenza e l’altro dall’assenza del previsto sviluppo dei veicoli elettrici. Le elaborazioni sono state realizzate utilizzando
il modello MATISSE del sistema elettrico nazionale, sviluppato da RSE in collaborazione con
il Politecnico di Torino e l’Associazione Italiana Economisti dell’Energia. MATISSE è in grado
di combinare vincoli energetici, socio-economici ed ambientali per determinare le configurazioni ottimali (in termini di minimo costo complessivo) del sistema elettrico, modellato con
dettaglio regionale, su orizzonti temporali che si estendono al 2030. In Figura 4.4 sono mostrati gli andamenti della domanda elettrica per usi finali negli scenari sviluppati con e senza veicoli elettrici, i cui consumi al 2030 sono pari a circa 17,5 TWh (ovvero a circa il 4% del
totale).
139
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 4.4. Andamenti della domanda elettrica in Italia (al netto di perdite di rete e consumi per pompaggio) assunti negli scenari analizzati
La domanda dei veicoli elettrici è stata modellata con la distribuzione regionale e la distribuzione mensile elaborate nell’ambito del progetto, a cui si rimanda anche per la descrizione del
profilo orario di ricarica quotidiana utilizzato, ossia un profilo biorario focalizzato su ricarica
notturna di fonte EPRI.
Figura 4.5. Potenza di generazione installata dal modello MATISSE negli scenari analizzati
140
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Secondo gli scenari elaborati con il modello MATISSE, la Figura 4.5 mostra la differenza di potenza di generazione installata. In particolare, al 2030 lo scenario con veicoli elettrici prevede circa 2400 MW di cicli combinati in più, a fronte di circa 300 MW di turbogas a ciclo aperto in meno:
una differenza, quindi, minore del 2% rispetto al totale, nel caso di scenario con veicoli elettrici.
La potenza installata delle altre tecnologie rimane sostanzialmente inalterata nei due scenari,
comprese le fonti rinnovabili, la cui produzione in entrambi gli scenari si attesta a circa 91TWh
nel 2020 e a circa 106 TWh nel 2030 (si veda la Figura 4.6).
Figura 4.6. Produzione da fonti rinnovabili negli scenari analizzati (in GWh)
A partire dallo sviluppo del parco di generazione determinato da MATISSE, si è poi focalizzata
l’attenzione sull’anno 2030, simulando l’esercizio di tale parco in maniera più dettagliata utilizzando il modello MTSIM, simulatore di mercato elettrico zonale che, dato un parco di generazione definito, è in grado di determinare il dispacciamento orario degli impianti e i prezzi orari zonali che si determinano sul Mercato del Giorno Prima dell’energia elettrica su un orizzonte temporale annuale. Per le simulazioni, al 2030 si è mantenuta l’attuale suddivisione in zone
del mercato elettrico, aggiornando tuttavia i vincoli di trasporto interzonali in funzione dei principali interventi previsti nel Piano di Sviluppo della rete di trasmissione nazionale di TERNA. Relativamente invece alle strategie di offerta degli operatori del mercato, si è preso a riferimento l’anno 2007, non inficiato dalla crisi economica. Nella Tabella 4.1 è mostrata la differenza di
produzione al 2030 delle principali tecnologie di generazione tra lo scenario con veicoli elettrici e quello senza: come si vede, la maggiore domanda è in prevalenza soddisfatta da una maggiore produzione dei cicli combinati, con un contributo tuttavia non trascurabile degli impianti
a carbone.
141
Sviluppare la mobilità elettrica
Tecnologia
Differenza di produzione [TWh]
Ciclo Combinato
12,7
Carbone
4,2
Carbone CCS
1,1
Altro
0,6
Tabella 4.1. Differenza di produzione al 2030 tra lo scenario con veicoli elettrici e quello senza
Tale maggiore produzione implica maggiori emissioni di CO2 per circa 7,5 Mt che, ripartite sulla domanda netta dei veicoli elettrici, corrispondono a un’emissione specifica di 428 gCO2/kWh.
Il costo dei permessi di emissione relativi è pari a circa 275 milioni di euro.
Dividendo le maggiori emissioni di CO2 dello scenario 2030 con veicoli elettrici per i chilometri percorsi da tali veicoli in modalità elettrica si ottiene un’emissione specifica media di circa 68,3 gCO2/km.
Per quanto riguarda i consumi di combustibili fossili, lo scenario con veicoli elettrici prevede un
maggior consumo di carbone di circa 1,5 Mt e un maggior consumo di gas naturale di circa 2,3
Gm3, per un extra-costo complessivo pari a circa 1,1 miliardi di euro. Tali maggiori consumi di
combustibili fossili, pari a circa 2,92 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio), corrispondono a 111 MJ/100 chilometri percorsi. A titolo di confronto, un’autovettura diesel attuale in grado di percorrere 100 chilometri con cinque litri di gasolio consuma circa 177 MJ/100 km.
In termini di prezzi di mercato dell’energia, il Prezzo Unico Nazionale (PUN) di acquisto medio
pesato sulla domanda, passa da 85,1 €/MWh nello scenario senza veicoli elettrici a 89,1 €/MWh
nello scenario con veicoli elettrici. L’acquisto dalla borsa elettrica dell’energia necessaria ad alimentare i veicoli elettrici nello scenario considerato (perdite di rete comprese) comporta un
esborso di circa 1,4 miliardi di euro [de Nigris, 2010]1.
Nel secondo anno del progetto condotto da RSE sono stati svolti approfondimenti e aggiornamenti per quanto riguarda sia i profili di ricarica dei veicoli elettrici sia gli scenari del sistema
elettrico. I risultati dell’analisi, che peraltro si sono modificati di poco rispetto a quelli riportati in questo paragrafo, sono reperibili nei rapporti di Ricerca di Sistema relativi al secondo anno
del triennio 2009-2011 e sono sintetizzati nel rapporto di sintesi [de Nigris, 2011].
4.3 I veicoli elettrici nel sistema di distribuzione
L’introduzione dei veicoli elettrici impatta sul sistema di generazione ma soprattutto sul sistema di
distribuzione dell’energia elettrica. Le attuali reti, infatti, non risultano idonee ad accogliere un consistente numero di carichi con elevata aleatorietà spazio-temporale, quali possono essere considerati i veicoli elettrici. D’altra parte, la loro presenza potrebbe costituire un vantaggio non indifferente per le reti stesse per la presenza di sistemi di accumulo connessi in modo diffuso nella rete. Per
poter cogliere tale opportunità è necessario ripensare il sistema di distribuzione facendolo evolvere verso reti intelligenti attraverso l’applicazione di sistemi di automazione e telecomunicazione.
1
RSE (www.res-web.it alla pagina dedicata al Progetto P10 della Ricerca di Sistema).
142
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
❑ 4.3.1 Impatto dei veicoli elettrici sul sistema di distribuzione
Le incertezze sulla diffusione dei veicoli elettrici, sulle tipologie di ricarica e sulle abitudini di guida rendono difficile prevedere gli effetti dell’utilizzo di tali veicoli sui sistemi di distribuzione.
Inoltre, i carichi dovuti ai veicoli elettrici potrebbero essere concentrati in certe aree, aumentando così il potenziale impatto negativo.
In generale gli effetti sulla rete di distribuzione riguardano aumenti dei transiti di potenza nelle linee, perdite di rete, cadute della tensione, sovraccarico dei trasformatori e distorsioni armoniche.
Come mostrato in molti studi a livello internazionale, l’aumento del carico produce un aumento nell’utilizzo dei trasformatori e delle linee. Questo comporta un aumento delle perdite di rete
e una diminuzione del tempo di vita dei trasformatori, come evidenziato ad esempio nella Figura 4.7, dove LOL (Loss Of Life) è la diminuzione stimata di vita media dei trasformatori [Meliopoulos et al., 2009]. Varie fonti concordano nell’affermare che un utilizzo più uniforme dei
trasformatori consentirà di ridurre gli interventi di manutenzione, anche se è necessario valutare quanto questo incida sui costi totali e quanto compensi una loro sostituzione anticipata.
Figura 4.7. Aumento della percentuale di LOL (Loss Of Life) per due diversi distributori USA in funzione
del numero di PHEV inclusi nel sistema di distribuzione
Nel contesto italiano si può immaginare che l’introduzione dei veicoli elettrici avvenga in uno scenario in cui la misura intelligente dell’energia sia integrata con l’infrastruttura di ricarica e con i
sistemi di gestione e telecontrollo della rete elettrica. Tale integrazione consentirebbe di ottimizzare le potenze messe a disposizione dalla rete per la ricarica dei veicoli elettrici e di conseguenza di utilizzare particolari fasce orarie per poter sfruttare impianti di produzione altrimenti inutilizzati (ad esempio ricaricando i veicoli elettrici durante la notte) e gli eventuali eccessi di produzione delle risorse energetiche rinnovabili non programmabili. Tuttavia non si può escludere l’ipotesi più critica, nella quale le utenze domestiche si dotino di sistemi tali da permettere la ricarica delle auto elettriche fino a raggiungere la potenza contrattualmente disponibile. In questo
caso, se non regolamentata, la ricarica delle auto elettriche potrebbe avvenire già a partire dal-
143
Sviluppare la mobilità elettrica
le ore del tardo pomeriggio, al ritorno dal lavoro. La richiesta di maggiori transiti di energia andrebbe a sommarsi proprio dove la richiesta di potenza è già elevata, ossia nelle ore serali, mettendo a dura prova le linee e i trasformatori della maggior parte delle cabine MT/BT.
Per una valutazione quantitativa della situazione italiana, nell’ambito del progetto di Ricerca di
Sistema già citato2 è stata avviata presso RSE l’analisi del possibile impatto sulla rete di distribuzione dovuto all’alimentazione di un numero significativo di utenti costituito da veicoli elettrici. A
questo scopo occorre innanzitutto verificare che i flussi di potenza non presentino cadute di tensione lungo i rami della rete di bassa tensione al di fuori dei valori consentiti dalle regole di fornitura e che non vengano superati i valori di dimensionamento dei principali componenti della rete
(trasformatori e linee elettriche aeree e in cavo). Le caratteristiche della rete di distribuzione di
bassa tensione italiana sono molto variegate e risulta difficile definire un modello di rete rappresentativo. In una prima fase dello studio [Celaschi et al., 2010] sono state considerate come rappresentative della situazione italiana alcune strutture di rete di distribuzione di riferimento, tra cui
quella elaborata dalla Cigré Task Force C6.04.02, nella configurazione relativa alla rete urbana,
che potrebbe essere di maggiore interesse per la diffusione di veicoli elettrici. Per validare il modello di rete e ottenere un primo set di risultati, si è utilizzato un profilo di carico di riferimento
sempre proposto da Cigré, un’ipotesi di penetrazione dei veicoli elettrici varabile tra il 5% e il
20%, e un profilo di ricarica dei veicoli focalizzato sulla ricarica notturna (quale quello EPRI già
considerato nell’analisi del sistema di generazione). L’aggiunta del carico dovuto alla ricarica dei
veicoli elettrici, sebbene aumenti il carico notturno contribuendo a spianare il profilo, contribuisce anche a innalzare il livello di picco, specialmente per le utenze residenziali (come mostrano
i diagrammi riportati in Figura 4.8). Tali utenze, infatti, hanno il picco spostato verso la tarda sera,
proprio nel momento in cui i veicoli elettrici verrebbero verosimilmente collegati alla rete lasciando decidere liberamente agli utenti senza vincoli o incentivi tariffari.
Figura 4.8. Diagramma di carico relativo alla rete urbana, con differenti penetrazioni di EV
2
RSE (www.res-web.it alla pagina dedicata al Progetto P10 della Ricerca di Sistema).
144
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Il grafico in Figura 4.9 riporta il fattore di utilizzo (frazione del carico nominale di progetto) a livello delle diverse linee che compongono il modello della porzione di rete (rappresentata da 29
linee di bassa tensione denominate 1 a 29): all’aumentare del livello di penetrazione del parco di
veicoli elettrici si ha un fattore di utilizzo che progressivamente aumenta, fino a superare il 120%
per le linee subito a valle del trasformatore, denotando una condizione di sovraccarico.
Anche se le valutazioni presentate richiedono ulteriori approfondimenti3, in particolare per quanto riguarda l’impiego nelle simulazioni di strutture di rete e di carichi reali urbani italiani, mostrano già che solo l’integrazione dell’infrastruttura di ricarica con i sistemi di gestione della rete
elettrica consentirà di superare i possibili problemi di sovraccarico delle linee e di ottimizzare
le potenze messe a disposizione per la ricarica dei veicoli elettrici, minimizzando i tempi di ricarica nel rispetto dei vincoli di rete.
Figura 4.9. Istogramma del fattore di utilizzo (%) per il caso base e gli scenari di penetrazione degli EV
❑ 4.3.2 Dalle reti di distribuzione alle Smart Grid
Il concetto di una rete intelligente per trasportare energia alle utenze è emerso negli ultimi anni,
creando molte discussioni e controversie riguardo alla sua definizione, struttura, utilità e flessibilità tecnica. Parallelamente sono aumentate le pressioni verso i governi volte a incrementare gli incentivi per lo sviluppo tecnologico e per cercare di incorporare significativi livelli di fonti rinnovabili (FER) nei prossimi anni.
Il successo di tali iniziative, che sono strettamente collegate fra loro, dipende dalle tecnologie
utilizzate e dall’approccio adottato nel loro impiego.
Il concetto di “Smart Grid” è piuttosto qualitativo poiché esistono diversi tipi di implementazione, che hanno diversi livelli di complessità. In generale le implementazioni standard consisto3
Si veda l’aggiornamento dei risultati ottenuti nel secondo anno di progetto di RSE in [de Nigris, 2011] o nel
sito www.rse-web.it
145
Sviluppare la mobilità elettrica
no nell’uso di sensori e tecnologie di comunicazione avanzate con lo scopo di dare all’utente
finale una vasta gamma di servizi attualmente non disponibili.
Una rete di questo tipo, riportata in Figura 4.10, costituisce quindi l’integrazione delle tecnologie che consentono di ripensare il design e il funzionamento della rete elettrica convenzionale, per rispondere alle seguenti esigenze:
• manutenzione predittiva per migliorare la qualità del servizio;
• velocità di reazione agli input locali;
• sistemi veloci di trasmissione dati;
• necessità di sistemi diagnostici centralizzati;
• ripristino dello stato di funzionamento normale in seguito a interruzioni e disturbi di rete;
• flessibilità nella riconfigurazione del sistema;
• riduzione dell’impatto ambientale.
Una funzione fondamentale di una Smart Grid è quella di inviare il surplus di energia di determinate aree ad altre zone in quel momento in deficit, il tutto in tempo reale e in modo dinamico.
Si deve inoltre sottolineare che rispetto all’attuale rete di distribuzione in cui il flusso di potenza è unidirezionale (da produttore a utilizzatore), in una Smart Grid, vista la presenza diffusa
di generatori a fonti rinnovabili, si rendono gli utenti finali parti attive nel processo di fornitura dell’energia.
Figura 4.10. Elementi di una Smart Grid
L’insieme dei generatori a fonti rinnovabili o assimilate allacciati alle reti di distribuzione costituisce la cosiddetta Generazione Distribuita (GD). La GD è quindi un nuovo modello di produzione e distribuzione di energia che si basa sull’integrazione nelle reti elettriche di piccoli-medi
impianti a fonte rinnovabile e di cogenerazione (quasi sempre a gas naturale) generalmente
connessi alla rete di distribuzione e spesso collocati in prossimità dell’utente finale. In tal modo
146
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
si possono sfruttare le infrastrutture esistenti incrementando la potenza disponibile senza dover aumentare la capacità di trasporto delle reti di trasmissione e distribuzione. La vicinanza
all’utente finale permette inoltre di diminuire le perdite dovute al trasporto dell’energia. In Figura 4.11 è rappresentata la differenza fra il sistema attuale, caratterizzato da poche grandi
centrali collegate alla rete di trasmissione tradizionale e da un sistema di distribuzione sostanzialmente passivo, e quello contraddistinto da un’elevata presenza di GD.
Figura 4.11. Rete tradizionale in confronto a una rete con Generazione Distribuita
Al giorno d’oggi l’energia elettrica riveste un ruolo fondamentale nella vita quotidiana; basti osservare che sicurezza nazionale, salute/benessere, comunicazioni, trasporti, riscaldamento, illuminazione, computer ed elettronica dipendono da questa forma di energia.
Limitandoci al nostro Paese, alcune ricerche hanno evidenziato la necessità di modernizzare l’infrastruttura attuale al fine di incrementare la sicurezza della fornitura alle utenze alla luce anche della domanda crescente di energia. Esperti e ricercatori stanno discutendo la necessità di
importanti cambiamenti nella progettazione, nello sviluppo e nel funzionamento del sistema di
produzione e distribuzione dell’energia. La rete elettrica del futuro dovrà garantire standard
sempre maggiori rispetto ad affidabilità, sicurezza, potenza, efficienza e riduzione dell’impatto
ambientale. Dal momento che il consumatore diventerà produttore, la rete dovrà essere in grado non solo di trasportare l’energia elettrica, ma anche di gestire in modo ottimale i flussi di
energia richiesti e prodotti dagli utenti finali, flussi che saranno prevalentemente generati dagli impianti a fonti rinnovabili.
Nel settore delle FER l’eolico è cresciuto più velocemente, seguito dalla generazione solare fotovoltaica, che con i nuovi sviluppi tecnologici e gli incentivi erogati potrebbe addirittura sorpassarlo in termini di crescita relativa. Nuovi impianti di generazione eolica e solare vengono
ogni anno installati e interconnessi in tempi relativamente brevi, creando nuove problematiche
alle reti di distribuzione e alla generazione tradizionale. In Figura 4.12 viene riportata la composizione percentuale della potenza installata totale in Italia negli ultimi anni.
147
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 4.12. Composizione percentuale della potenza installata totale in Italia tra il 2000 e il 2008
La gestione dei flussi di potenza richiederà necessariamente la comunicazione fra i diversi enti
(generatori, accumuli, ecc.). Non esistendo attualmente una norma che imponga una scelta tecnologica sul sistema di comunicazione da adottare, questo potrà essere selezionato tra quelli
più idonei in base alle opzioni disponibili, alla geografia, ai clienti, ai dispositivi serviti, al carico e alla generazione.
Queste scelte si baseranno su una varietà di tecnologie che includono i cellulari, le fibre ottiche, i PLC, ZigBee, WiFi, WiMax e altro. In ogni caso, a prescindere dalla tecnologia scelta le
comunicazioni devono essere altamente affidabili in quanto fanno transitare i dati critici necessari per l’esercizio della rete stessa, per la fatturazione e per la sicurezza.
I requisiti di sicurezza che devono essere garantiti sono l’integrità, la confidenzialità, la disponibilità, l’autenticazione, il controllo dell’accesso e la privacy.
Nella Figura 4.13 viene riportato un esempio di tecnologie di comunicazione che possono essere impiegate durante lo scambio di informazioni con la rete elettrica.
Figura 4.13. Esempio di tecnologie di comunicazione utilizzabili tra veicolo e rete
Fonte: Argonne National Laboratory, 2009
148
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Nel seguito viene poi fornita una breve panoramica delle tecnologie di comunicazione, attualmente disponibili, che potrebbero essere utilizzate per consentire la connessione e la comunicazione dei generatori, veicoli, sistemi di automazione, ecc., con la rete. Per quelle più promettenti vengono anche analizzati gli aspetti di consumo di potenza, interferenza e di sicurezza
(Markel et al., 2009).
PLC o Onde convogliate (HomePlugTM)
PLC (Power Line Carrier) è una tecnologia che utilizza i conduttori esistenti come linea di trasmissione. Si realizza sovrapponendo al trasporto di corrente elettrica un segnale a frequenza
più elevata che è modulato dai dati da trasmettere. PLC consente anche la trasmissione sulle
linee di media tensione.
Per non avere problemi di radio interferenza per la trasmissione sono state scelte delle bande
opportune definite in specifici standard. HomePlug è uno standard attivo sulle reti power line.
Negli Stati Uniti, dove la tecnologia PLC è adottata dal 2005, le nuove installazioni trasmettono i dati solo in una zona residenziale circoscritta e limitata per evitare il fenomeno antenna
che può essere presente nella trasmissione PLC in media tensione. I dati continuano poi il loro
percorso verso i concentratori tramite i tradizionali canali, vale a dire cavo e fibra ottica.
ZigbeeTM (IEEE 802.15.4)
Zigbee è un particolare protocollo nato per reti (star, mesh, peer-to-peer) di sensori e applicazioni di controllo. Utilizza piccole antenne digitali a bassa potenza ed è basato sullo standard
IEEE 802.15.4 per WAN (Wireless Area Network).
ZigBee opera nelle frequenze radio assegnate per scopi industriali, scientifici e medici (ISM):
868 MHz in Europa, 915 MHz negli Stati Uniti e 2.4 GHz nella maggior parte del resto del mondo. Il data rate può raggiungere i 250 kbit/s. Ha un ridotto duty cycle (<0.1%).
In generale viene utilizzato in applicazioni che richiedono una bassa velocità di trasmissione dati
e bassi consumi, tipicamente controllo di ambienti domestici e industriali e monitoraggio di
rete di sensori (riscaldamento, illuminazione, elettrodomestici, idraulica, sistemi di allarme, climatizzazione, azionamenti, controllo di accessi).
ZWaveTM
ZWave è un protocollo di comunicazione proprietario pensato specificatamente per l’automazione degli edifici residenziali e commerciali (illuminazione, sistemi di allarme, controllo accessi, ecc.). La tecnologia si basa sull’utilizzo di radio frequenza a bassa potenza
ZWave ha un data rate basso (9 kbit/s), un duty cycle limitato all’1% e opera esclusivamente
nella banda dei 900MHz.
Rete cellulare
La rete cellulare, ampiamente disponibile, consente la trasmissione sia di fonia sia di dati e
l’accesso a Internet attraverso onde radio.
Sia la tecnologia GSM (Global System for Mobile Communications) sia quella CDMA (Code Di-
vision Multiple Access) consentono una velocità di trasmissione di oltre 100 kbit/s.
149
Sviluppare la mobilità elettrica
Wi-Fi
Wi-Fi consente la connessione di dispositivi a reti locali senza fili (WLAN) e si basa sul protocollo IEEE 801.11 con una frequenza operativa di 2.4-2.5 GHz.
Le reti Wi-Fi sono infrastrutture relativamente economiche e di veloce attivazione e permettono di realizzare sistemi flessibili per la trasmissione di dati usando frequenze radio, estendendo o collegando reti esistenti ovvero creandone di nuove.
Wi-fi è usato da anni in tutto il mondo per portare connettività veloce nelle zone isolate e nei
piccoli centri.
WiMax
WiMax è una tecnologia che consente l’accesso a reti di telecomunicazione a larga banda e senza fili ed è basata sullo standard IEEE 801.16. WirelessMAN (Wireless Metropolitan Area Network).
A seconda della normativa di riferimento del paese, le frequenze di lavoro potrebbero essere
soggette a licenza.
La tecnologia supporta velocità di trasmissione di dati condivisi fino a 70 Mbit/s in aree metropolitane e teoricamente consentirebbe una copertura di 50 chilometri per ciascuna base. In
realtà, sembra che in assenza di visibilità ottica questa distanza si riduca drasticamente.
Bluetooth
La tecnologia Bluetooth è nata in ambito industriale per reti senza fili, basandosi sulla specifica IEEE 802.15.1. Opera alla frequenza di 2.4 GHz.
Questo standard è stato progettato con l’obiettivo primario di ottenere bassi consumi, un corto raggio di azione (da 1 a 100 metri) e un basso costo di produzione per i dispositivi compatibili.
Il requisito di progetto di questo standard era di consentire il collegamento wireless tra periferiche come stampanti, tastiere, telefoni, microfoni, ecc. a computer o PDA (Personal Digital
Assistant o palmare) o tra PDA e PDA.
Bluetooth cerca i dispositivi coperti dal segnale entro un raggio di qualche decina di metri e li
mette in comunicazione tra di loro. Questi dispositivi possono essere ad esempio palmari, cellulari, PC portatili, stampanti, fotocamere digitali, console per videogiochi.
Consumo di potenza
In generale i consumi sono un argomento di cui tenere conto quando si parla di dispositivi che
vengono messi in rete anche perché solitamente l’alimentazione viene fornita da una batteria.
I dispositivi BPL (Broadband Power Line) non richiedono batterie in quanto ricevono l’alimentazione direttamente dalla rete elettrica.
I dispositivi Zigbee sono progettati per avere bassi consumi di energia, tuttavia in reti complesse possono essere presenti dispositivi Zigbee Router. Questi agiscono come router intermedi
passando i dati da e verso altri dispositivi, tengono i loro ricevitori sempre attivi con il conseguente incremento del consumo di energia.
In generale i protocolli Zigbee minimizzano il tempo di attività del radiotrasmettitore in modo
da ridurre il consumo di energia.
150
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Anche gli ZWave possono avere una modalità di risparmio energetico limitando il tempo di attività allo 0.1%.
I dispositivi cellulari hanno un consumo superiore rispetto a Zigbee e ZWave in ragione della
maggior range richiesto alle trasmissioni, tuttavia l’alimentazione viene ricevuta dalla presa.
Interferenze
Poiché molti protocolli wireless utilizzano le medesime bande ISM, in aree densamente abitate si potrebbero verificare fenomeni di congestione e interferenza potenzialmente pericolosi.
Infatti la frequenza 2.4 GHz viene utilizzata per IEEE802.11/b/n/g (WiFi), IEEE802.15.4 (Zigbee), Bluetooth e per il cordless, e la letteratura ben documenta questo problema.
Questi fenomeni di interferenza possono essere minimizzati attraverso un’attenta scelta del canale di trasmissione e della gestione della rete.
Sicurezza
Con l’introduzione di tecnologie ICT, controllo distribuito, comunicazioni bi-direzionali fra i dispositivi in rete non si può trascurare l’aspetto sicurezza, intesa come sicurezza informatica. È
un tema molto importante nella gestione delle reti distribuzione per prevenire ed evitare accessi illeciti alla rete.
HomePlug, Zigbee e ZWave usano tutti il sistema di crittografia AES encryption4 a 128 bit per
garantire la trasmissione dati sulla rete.
Poiché HomePlug utilizza i cavi elettrici di casa anziché cavi coassiali schermati, le trasmissioni a banda larga possono essere trasmesse inintenzionalmente nell’etere alle frequenze radio.
Per questo HomePlug usa la medesima crittografia di PHYsical Layer (PHY), di Zigbee e ZWave, per prevenire che trasmissioni RF possano venire intercettate.
La sicurezza dei cellulari è stata migliorata con l’introduzione del trasferimento dati via cellulare, tuttavia non è sufficiente per gli scopi di comunicazione dati per la rete di distribuzione.
Dagli anni Novanta l’algoritmo di crittografia più utilizzato, per le reti di trasmissione GSM, è
quello a 64-bit denominato A5/1, che tuttavia nei primi anni del nuovo millennio ha dimostrato diverse vulnerabilità.
Il passaggio alle reti 3G ha portato a un’evoluzione dei sistemi, con l’aggiornamento anche degli algoritmi di crittografia: al momento su questo tipo di reti viene utilizzato un algoritmo di
crittografia a 128-bit denominato A5/3 o KASUMI, pensato per garantire maggior sicurezza nelle comunicazioni.
Per rendere più sicure le trasmissioni cellulari si sta sviluppando una proposta di crittografia basata sull’AES.
Risulta dunque evidente l’importanza di avere in futuro una rete di distribuzione con protocolli di
distribuzione armonizzati che permetta di interfacciare e gestire i soggetti che interagiscono con
la rete stessa. Tra questi dovranno essere necessariamente considerati i veicoli elettrici.
4
AES è un algoritmo di cifratura a blocchi fissi di 128-bit utilizzato come standard dal governo degli Stati Uni-
ti. È stato adottato dal National Institute of Standards and Technology (NIST).
151
Sviluppare la mobilità elettrica
Con riferimento alla visione della Smart Grid proposta dal NIST (National Institute of Standards
and Technology) per la definizione degli standard di interoperabilità, in Figura 4.14 sono schematizzate le relazioni di scambio energetico e informativo del veicolo elettrico con gli altri soggetti appartenenti al dominio applicativo “clienti” della Smart Grid. La figura evidenzia anche
le relazioni di questo dominio con gli altri ambiti applicativi, rendendo evidente la varietà di soggetti coinvolti nei processi di gestione della rete elettrica e la conseguente necessità di condividere uno stesso modello per i dati scambiati.
Il processo di standardizzazione degli scambi informativi richiede, in generale, la definizione dei casi applicativi (casi d’uso) per individuare correttamente i soggetti coinvolti, il
significato delle informazioni scambiate e la modalità di interazione fra i vari attori. Le applicazioni per la mobilità elettrica aggiungono quindi nuovi casi a quelli già presi in considerazione nel contesto di standardizzazione più generale relativo alle comunicazioni per la
Smart Grid.
Figura 4.14. Il veicolo elettrico all’interno del dominio applicativo “clienti” nello scenario delle Smart Grids
(NIST Framework and Roadmap for Smart Grid Interoperability Standards)
Per il caso specifico del veicolo elettrico, i principali temi da affrontare riguardano, da un lato,
il livello fisico della comunicazione (wired, wireless, ecc.); dall’altro, non meno importante, la
152
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
definizione di un modello standardizzato dei dati da scambiare, ottenuto a partire dai casi d’uso
condivisi. Come già evidenziato, l’obiettivo è quello di integrare il veicolo elettrico nel contesto
più ampio della Smart Grid e coordinare i relativi standard con quelli in fase di definizione per
le applicazioni di controllo della rete elettrica.
L’automazione delle reti di distribuzione è una componente fondamentale per la connessione
di una flotta consistente di veicoli elettrici, data la variabilità spazio-temporale del carico.
La comunicazione tra veicolo elettrico e infrastruttura di ricarica potrebbe essere articolata su
due livelli: un primo livello di base che servirà a verificare l’avvenuta connessione e la disponibilità di potenza; un secondo livello, che usa un protocollo TCP/IP, sarà necessario per servizi
più sofisticati, tra cui per esempio lo scambio di informazioni per l’identificazione del contratto, i segnali di prezzo, lo stato di carica e i servizi a valore aggiunto. Le comunicazioni di alto
livello possono avvenire sia tramite connessioni cablate, come previsto in alcuni progetti di
norma, sia tramite comunicazioni wireless.
❑ 4.3.3 Connessione dei veicoli elettrici alla rete elettrica
La diffusione delle auto elettriche dovrà essere accompagnata dalla predisposizione di una rete
di punti di ricarica capillare per servire i clienti nei luoghi in cui essi si troveranno ad averne bisogno: parcheggi pubblici, garage condominiali e box di proprietà.
Anche se si ritiene che si possa affermare la ricarica domestica notturna nel proprio box o posto auto, nella fase di avvio della mobilità elettrica sarà indispensabile la presenza di punti di
ricarica in ambito pubblico, in grado di mettere a disposizione potenze di ricarica anche dell’ordine di qualche decina di kW, adeguate alla ricarica rapida delle auto elettriche.
Dal punto di vista della funzionalità e del luogo in cui saranno installate, si possono quindi distinguere due principali tipologie di connessione:
• ricarica da punto di consegna privato (box/posto auto);
• ricarica da punto di consegna pubblico (aree pubbliche chiuse o aperte).
Ricarica da punto di consegna pubblico
I punti di ricarica in ambito pubblico dovranno fornire al cliente la potenza necessaria nel tempo richiesto e, inoltre, permettere il riconoscimento univoco del cliente o dell’auto per la fatturazione dell’energia.
La potenza erogata al dispositivo di ricarica del veicolo sarà con ogni probabilità una funzione
della fascia oraria, del prezzo dell’energia e di eventuali congestioni di rete.
Per tenere conto di queste variabili, ma anche dell’esigenza degli utenti di ricaricare le proprie
auto in un tempo compatibile con le proprie necessità (es. carica lenta o veloce), la potenza
erogata per la ricarica del singolo veicolo elettrico è frutto di una “negoziazione” tra il suo dispositivo di ricarica, la rete che eroga tale potenza e il/i satelliti di ricarica, che gestiscono la
ricarica contemporanea di diverse auto elettriche (Figura 4.15).
153
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 4.15. Architetture dei sistemi di ricarica
Fonte: RSE
Si può quindi generalizzare il processo di ricarica dei veicoli, che è negoziato su tre livelli:
1) la rete elettrica con la sua logica di gestione dell’energia, il sistema di misura e invio dei dati
di fatturazione ai fornitori di energia;
2) il dispositivo di ricarica in grado di comunicare sia con il veicolo che con la rete durante i
processi di autenticazione, definizione della tipologia di ricarica, erogazione dell’energia,
sconnessione del veicolo e invio dei dati di fatturazione al fornitore di energia;
3) il sistema di gestione dell’auto elettrica e del relativo accumulatore.
In alcuni casi la negoziazione può prevedere anche un livello addizionale. Infatti, oltre a un’architettura con colonnine di ricarica “singole” (Figura 4.15, le due piazzole a destra), è stata pensata
anche una soluzione con un sistema master e diversi “satelliti” (Figura 4.15, le piazzole a sinistra).
In questo caso la colonnina master suddivide la potenza totale resa disponibile dalla rete nel punto di consegna su uno o più satelliti cui può accedere una sola auto elettrica per volta. Operativamente, stabilita la potenza massima che ciascun satellite può rendere disponibile all’auto ad esso
allacciata, il satellite provvede alla ricarica compatibilmente con gli accumulatori installati sull’auto.
Il riconoscimento del cliente o dell’auto per la fatturazione dell’energia prelevata dai punti di
ricarica può avvenire sia attraverso tecnologie tipo RFId (Radio Frequency Identification) sia
attraverso comunicazione diretta tramite il cavo di ricarica. La misura (metering) dell’energia
avviene per ciascun punto di ricarica e misura l’energia in transito verso l’auto, comprese le perdite che possono avvenire a bordo auto e nell’accumulo.
In Figura 4.16 sono riportate due diverse colonnine e alcuni tipi di connettori per la ricarica delle auto elettriche.
154
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Figura 4.16. Colonnine di ricarica delle auto elettriche e connettori di diversa tipologia
L’energia misurata in ciascuna ricarica viene associata al contratto di fornitura dell’auto, mutuando le soluzioni consolidate per i prelievi di denaro dagli sportelli bancomat e per la tariffazione della telefonia mobile. In prospettiva, un’auto elettrica si potrà muovere in tutta Europa
ricaricandosi dalle colonnine collocate dai diversi operatori, nei diversi Paesi, pur continuando
a pagare l’energia utilizzata al fornitore con cui ha stipulato il contratto, proprio come accade
per il roaming nazionale e internazionale. Nel caso in cui il contratto di fornitura per la ricarica delle auto sia stato stipulato con un fornitore di energia con il quale si ha già un altro contratto (ad esempio di fornitura di energia domestica) sarà anche possibile una rendicontazione unica. A questo proposito bisogna considerare che in Italia l’attuale regime delle accise per
la tariffa “altri usi” è su base provinciale. Un veicolo non potrebbe quindi approvvigionarsi di
energia fuori dalla provincia di residenza del proprietario, a meno di non convogliare l’accisa
“altri usi” a favore della provincia in cui si effettua il rifornimento.
In prospettiva si prevedono modelli di business anche più articolati: ad esempio, è ragionevole pensare a un fornitore di energia che si accolli in tutto o in parte il costo iniziale di investimento per l’acquisto dell’auto elettrica, che utilizzi l’accumulatore dell’auto elettrica per fornire servizi alle reti di distribuzione e che faccia pagare all’utente finale solo l’energia effettivamente utilizzata per la mobilità.
Ricarica da punto di consegna privato
I punti di ricarica privati saranno fisicamente diversi (si veda la Figura 4.17) e avranno solo alcune delle funzioni proprie delle colonnine pubbliche.
155
Sviluppare la mobilità elettrica
Un recente provvedimento dell’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (Delibera ARG/elt 56/10)5
ha eliminato i vincoli normativi che ostacolavano la predisposizione dei punti di ricarica presso
le utenze domestiche. È ora possibile nelle abitazioni private e loro pertinenze o negli spazi condominiali (previo accordo dell’assemblea condominiale) richiedere al proprio fornitore di energia elettrica più punti di fornitura, ognuno con un contatore, destinati espressamente all’alimentazione di veicoli elettrici. Il provvedimento dell’Autorità si estende anche alle aree aziendali destinate a parcheggio di flotte di veicoli. L’Autorità ha anche stabilito che ai punti di ricarica verrà applicata la stessa tariffa di trasporto già prevista per “altri usi”, indipendentemente dal fatto che il richiedente sia un cliente domestico (famiglia) o non domestico (impresa).
È stato così possibile anche in Italia avviare esperienze pilota in modo regolato anche riguardo alla connessione della ricarica domestica. Ad esempio, nella Figura 4.17 è mostrato un punto di ricarica domestico, necessariamente collegato a un nuovo allaccio, installato nel progetto e-mobility Italy, collaborazione tra ENEL e Daimler.
Figura 4.17. Punto di ricarica privato installato a Pisa nell’ambito del progetto e-mobility Italy
Di fatto, un punto di ricarica domestico si discosta poco da un punto di ricarica pubblico posto
in una proprietà privata. Questa soluzione permette di abilitare il controllo dell’energia destinata alla ricarica dei veicoli elettrici differenziandola rispetto ai normali consumi elettrici, fa sì
che la potenza assorbita dall’auto non interferisca sui normali comportamenti di consumo della famiglia e rende facile una tariffazione dedicata alla ricarica dei veicoli elettrici.
Considerato che l’attività di ricarica dei veicoli elettrici amplia le potenzialità dell’energia elettrica rispetto a come è stata concepita fino ad ora, rendendola più simile a un “combustibile”,
5
Sui veda, inoltre, il sito web dell’Autorità: http://www.autorita.energia.it
156
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
sarà anche necessario intervenire adeguatamente cambiando il quadro normativo. Al presente non si può escludere che in futuro, come riposta alle richieste avanzate dai clienti che dispongono di una propria generazione, potrà essere regolamentata anche una ricarica domestica con energia autoprodotta.
Vediamo quindi quali possono essere le implicazioni tecnologiche più evidenti e come si possono risolvere i potenziali problemi.
Un sistema di ricarica connesso a valle di un punto di consegna esistente si dovrebbe confrontare con la limitazione della potenza disponibile data dal contratto di fornitura sottoscritto e renderebbe più difficile praticare tariffe dell’energia incentivate rispetto alle forniture tradizionali
domestiche e industriali. Tecnicamente, i contratti più diffusi per le abitazioni italiane si situano nel range 3÷6 kW, con potenza disponibile da 3,3 a 6,6 kW monofase; tali contratti necessariamente limitano la possibilità di ricarica veloce. I contratti per le utenze commerciali e industriali impegnano potenze superiori (fino alla decina di kW) e possono rendere disponibili anche modalità di ricarica trifase, adatte quindi per una ricarica veloce.
Le maggiori limitazioni riguarderebbero, dunque, la ricarica a valle di un’utenza residenziale con
potenza limitata. In questo caso, o si prevede un sistema di ricarica a una potenza definita, inferiore a quella disponibile all’intera utenza, oppure un sistema più evoluto che consenta la ricarica dei veicoli in sinergia con l’utilizzo degli altri carichi elettrici. In questo modo risulterebbe possibile ricaricare il veicolo elettrico sfruttando la potenza non utilizzata dai normali servizi domestici fino a concorrenza della potenza disponibile.
Le stazioni di ricarica
Le stazioni di ricarica possono essere suddivise in quattro diverse tipologie che si differenziano in funzione della diversa collocazione (in aree pubbliche o private) e della possibilità, nel caso
delle aree private, di permettere o meno l’accesso pubblico:
1. la stazione di ricarica in area pubblica con accesso pubblico è normalmente installata in località definite in concerto con l’amministrazione locale e con la possibilità che chiunque possa accedervi per ricaricare il proprio veicolo;
2. la stazione di ricarica in area privata con accesso pubblico è installata in parcheggi privati
di centri commerciali, cinema, stadi e in generale in luoghi dove è prevista la permanenza
per più di qualche ora. Anche in questo caso è prevista la possibilità che chiunque possa accedervi per ricaricare il proprio veicolo. Questa stazione si differenzia dalla precedente solo
per la minore complessità che deriva dalla sua installazione;
3. la stazione di ricarica in area privata con accesso privato è presente nei parcheggi privati
delle flotte aziendali; in questo caso l’accesso è consentito solo agli autorizzati;
4. il punto di ricarica privato è installato in box o parcheggio privato (con accesso privato) del
singolo cliente.
Le stazioni di ricarica con accesso pubblico sono utilizzate in aree pubbliche (strade e piazze)
o in area privata con accesso pubblico (centri commerciali, cinema, parcheggi di interscambio
della metropolitana, ecc.). Rappresenta la situazione più complessa, che racchiude in sé tutte
le funzionalità delineate nei paragrafi precedenti. Le rimanenti soluzioni, di fatto, sono una
semplificazione di questa situazione. Il punto di ricarica singolo privato, normalmente costitui-
157
Sviluppare la mobilità elettrica
to da un quadro elettrico, è dedicato ai parcheggi privati (box singolo o parcheggio privato) per
i quali è prevista una soluzione semplificata.
Tipologie di ricarica
L’automobilista odierno è abituato a rifornire la sua auto in un tempo breve: una pompa di carburante eroga 60 litri di carburante (ovvero diverse centinaia di kWh) in pochi minuti.
Per non modificare subito radicalmente le abitudini dei clienti e per alleviare la loro “ansia da
ricarica”, risulta quindi di fondamentale importanza per lo sviluppo e la diffusione della mobilità elettrica tra il grande pubblico che le stazioni di ricarica lenta siano affiancate da sistemi di
ricarica rapida ed extra-rapida.
Nei progetti attualmente in fase di avvio in Italia in un primo periodo verranno rese disponibili le tecnologie di ricarica “lenta” (monofase) e “rapida” (trifase); successivamente anche tecnologie di ricarica veloci quasi quanto i rifornimenti delle auto endotermiche, chiamati ricarica
“super rapida” ed “extra rapida”.
Le caratteristiche delle varie tipologie di ricarica sono sintetizzate nella Figura 4.18.
Figura 4.18. Tipologie di ricarica
Il modello Battery swap (o Battery switch), che prevede la sostituzione dell’intera batteria nella “stazione di scambio” e al quale si sta già lavorando a cura dell’azienda Better Place6, a parte alcuni problemi tecnologici che devono ancora essere affrontati, è paragonabile alla ricarica extra rapida.
Lo scenario futuro di ricarica rapida più probabile prevede una sorta di negoziazione tra veicolo e
stazione di ricarica per definire il miglior compromesso tra potenza richiesta dall’autoveicolo e potenza disponibile alla stazione di ricarica. La potenza disponibile alla stazione di ricarica dipende,
6
Better Place è un’azienda californiana che integra aziende e componenti già esistenti necessari per realizzare
una diffusione di massa dei veicoli elettrici. “Project Better Place” propone un modello basato sulla sostituzione della batteria in una stazione di servizio.
158
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
oltre che dalle caratteristiche tecniche della stazione, anche dai vincoli tecnici della rete di distribuzione in quel punto e dallo “stato dinamico della rete” che varia durante la giornata in funzione della domanda. Per questa ragione è di fondamentale importanza il ruolo che assumono le reti
di distribuzione in un’ottica di Smart Grid. In questo scenario il sistema di ricarica dei veicoli elettrici dovrà essere integrato nei sistemi di gestione della distribuzione, i quali dovranno gestire le
ricariche contestualmente con i normali carichi in modo da non solo evitare problemi alla distribuzione, ma diventare anzi un’opportunità per utilizzare al meglio la rete, ottimizzando la distribuzione dei carichi nell’arco della giornata (come sarà descritto più in dettaglio nel proseguimento
del capitolo). È per questa ragione che molti distributori europei stanno devolvendo molte risorse per predisporre le infrastrutture di ricarica tali da permettere la diffusione dei veicoli elettrici.
È ipotizzabile, quindi, uno scenario dove la stazione di ricarica colloquia da un lato con la rete di
distribuzione per sapere di quale potenza può disporre e dall’altro con le automobili per concordare potenze e modalità di ricarica così da distribuire le potenze alle auto in base ai tipi di contratto sottoscritti o definendo priorità. Sono stati già pensati degli applicativi per tenere il cliente costantemente informato sull’andamento della sua ricarica ricevendo informazioni attraverso
i canali a cui è più familiare, come gli SMS, un portale sul telefonino o una pagina web dedicata.
Modalità di comunicazione tra veicoli elettrici e rete
Come già descritto nei precedenti paragrafi, il veicolo elettrico può essere visto come un nodo
intelligente posto in una Smart Grid (si veda la Figura 4.19).
Attraverso le comunicazioni bidirezionali e una sensoristica e un controllo tecnologicamente
avanzati, la Smart Grid consente di aumentare l’efficienza e l’affidabilità della rete elettrica e
facilitare la connessione alla rete dei generatori distribuiti provenienti anche da risorse rinnovabili. Inoltre, attraverso le tecnologie di comunicazione disponibili, permette una gestione intelligente dei carichi domestici, lasciando al cliente la possibilità di scegliere come, quando e a
che prezzo utilizzare l’energia.
Figura 4.19. Smart Grid: flusso bidirezionale di energia e informazioni
Fonte: ETSI Green Agenda, 2009
159
Sviluppare la mobilità elettrica
In questo quadro si inserisce l’introduzione del veicolo elettrico, che può essere visto non solo
come carico per la rete durante le fasi di ricarica, ma anche come potenziale disponibilità di
energia per la rete quando la batteria è carica. Le tecnologie ICT (Information & Communica-
tion Technology) si rivelano di importanza centrale nella gestione di queste situazioni.
Funzionalità del sistema di ricarica
Con l’introduzione sul mercato dei veicoli elettrici le utility avranno necessità di comunicare
con essi per incentivare la ricarica durante le ore a basso profilo di carico, per la fatturazione
del consumo di elettricità e, forse in futuro, per l’utilizzo dei veicoli elettrici come dispositivi di
accumulo distribuito.
La stazione di ricarica si trova a ricoprire il ruolo di oggetto intelligente che funge da raccordo
tra la gestione della ricarica del veicolo elettrico e il soddisfacimento delle esigenze e dei vincoli della rete di distribuzione.
La Figura 4.20 mostra le tipologie di dati circolanti tra il veicolo elettrico (EV/PHEV) e la rete
elettrica.
Figura 4.20. Esempio di dati scambiati durante la fase di ricarica
Fonte: RWE
Risulta difficile definire con precisione che funzionalità deve avere un sistema di ricarica, in
quanto numerose sono le variabili, non note, che possono influire: i modelli di business, le decisioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, la posizione dell’Autorità garante della concorrenza, la decisioni di eventuali incentivi per promuovere la mobilità a emissioni zero.
In questa situazione il sistema di ricarica deve per forza di cose essere concepito in modo flessibile affinché possa essere adeguato all’evolversi dello scenario futuro. Oltre alle ovvie carat-
160
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
teristiche “fisiche” di resistenza alle manomissioni e agli atti vandalici, all’adeguata protezione
agli agenti atmosferici e al display in grado di consentire una lettura facile e agevole di tutte
le informazioni necessarie al colloquio utente/gestore della stazione di ricarica, le principali
funzionalità del punto di ricarica (senza che questo elenco possa considerarsi esaustivo) potrebbero essere:
• identificazione e autenticazione dell’utente attraverso tecnologia RFId per l’accesso al sistema;
• autorizzazione dell’utente alla ricarica e verifica di un contratto attivo;
• sblocco del sistema di protezione della presa;
• controllo integrità del cavo attraverso filo pilota per garantire che il cavo non sia stato manomesso e che non esistano rischi elettrici per l’utente;
• identificazione dello stato di carica della batteria;
• misura, ai fini fiscali, dei dati di consumo di elettricità (durata ricarica, Id utente e kWh erogati);
• riconoscimento di malfunzionamento degli apparati;
• riconoscimento di interruzione dell’erogazione di energia elettrica con la conclusione dell’erogazione di energia e blocco dello sportello di protezione della presa;
• pagamento della ricarica (ad esempio con scheda prepagata o fattura a domicilio);
• comunicazione in tempo reale dei dati al centro di controllo tramite comunicazione GPRS;
• gestione e trasmissione di informazioni relative a servizi a valore aggiunto.
In un futuro non molto lontano potrebbero essere gestiti anche tutta una serie di servizi a valore aggiunto, quali informazioni ricevute sul navigatore a bordo veicolo o su smartphone riguardanti la dislocazione dei punti di ricarica, il loro stato (libero/occupato), la possibilità di prenotazione del punto di ricarica via web/cellulare, la possibilità di ricaricare clienti di altri venditori di energia/servizi (modalità di roaming tra i diversi gestori del servizio di ricarica).
❑ 4.3.4 Standard per veicoli elettrici
L’armonizzazione degli standard è essenziale per un’introduzione e diffusione di massa del veicolo elettrico in tutta Europa e nel mondo. Uno standard comune consentirebbe a chi guida un
veicolo elettrico plug-in di trovare in tutte le nazioni le medesime interfacce per la connessione del veicolo all’infrastruttura di ricarica e, ad esempio, il pagamento della ricarica in modo
simile al roaming della telefonia cellulare.
D’altra parte, la standardizzazione della mobilità elettrica appare ancora più complicata rispetto ad altri settori, in quanto il veicolo EV/PHEV può essere considerato sia come un dispositivo elettrico sia come un veicolo su strada, ciascuno con i propri comitati regolatori e con approcci differenti.
Il veicolo elettrico, a livello internazionale, in quanto veicolo su strada è regolato dal comitato ISO
attraverso il sottocomitato TC22 SC21; se invece viene visto come dispositivo elettrico è regolato
dal comitato IEC TC69. Essenzialmente il comitato ISO lavora sul veicolo elettrico nella sua globalità mentre il comitato IEC lavora sui componenti elettrici e sulle infrastrutture di alimentazione.
A livello europeo gli organismi preposti alla preparazione ed emissione di norme sono CEN e
CENELEC, che corrispondono rispettivamente a ISO e IEC.
161
Sviluppare la mobilità elettrica
Il 29 giugno 2010 la Commissione Europea ha conferito mandato a CEN, CENELEC ed ETSI
(per la parte telecomunicazioni) di sviluppare degli standard o di adeguare quelli esistenti, al
fine di assicurare l’interoperabilità e la connettività tra il punto di ricarica e il veicolo elettrico
(prioritariamente per quelli a quattro ruote ma estesi anche ai veicoli a due-tre ruote) in tutti
i paesi europei, analizzando anche l’aspetto della ricarica intelligente e valutando i requisiti di
sicurezza e di compatibilità elettromagnetica.
A tale scopo è stato costituito un focus group ad hoc sul veicolo elettrico, articolato in Project
Team che lavorano su argomenti specifici (Terminologia, Connettori, Batterie, Comunicazione,
Modi di ricarica, Norme, Compatibilità Elettromagnetica) per predisporre un piano di lavoro europeo a fronte delle attività IEC ed elaborare per la primavera 2011 un documento che individui tutti gli aspetti non coperti da norme o che richiedano una revisione di norme o direttive,
con l’obiettivo primario di conseguire uno standard comune che consenta di effettuare la ricarica in qualunque nazione europea ci si trovi.
In Italia l’ente normatore nazionale, il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), a inizio 2010 ha
dato vita al comitato tecnico CT 312 Componenti e sistemi elettrici ed elettronici per veicoli elettrici e/o ibridi per la trazione elettrica stradale. Tale comitato ha lo scopo di provvedere alla normazione dei motori ad alimentazione elettrica per trazione elettrica stradale a due, tre e quattro ruote, dei dispositivi elettrici ed elettronici di avviamento, commutazione, regolazione e
controllo di tali tipi di motori, nonché degli accumulatori speciali. Obiettivo del Comitato è di
affrontare in maniera strutturata la tematica del veicolo elettrico, costituendo l’interfaccia nazionale per l’analoga attività avviata a livello CEN/CENELEC. Nel maggio 2010 il Comitato ha
emesso una prima Norma Sperimentale riguardante le Prescrizioni di sicurezza per stazioni di
ricarica per veicoli elettrici stradali.
Nel paese sono in corso diverse iniziative promosse e partecipate dalla Commissione Italiana
dei Veicoli Elettrici Stradali (CIVES), appartenente al CEI, di cui fanno parte i Ministeri dell’Ambiente, dell’Industria, dei Trasporti, la Regione Lombardia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche,
numerosi Comuni e loro Agenzie, oltre a costruttori di veicoli e componenti, produttori e distributori dell’energia elettrica e strutture di ricerca.
Tra le attività atte a promuovere la diffusione della mobilità elettrica si segnala la proposta di
Legge n.3553 presentata alla Camera dei Deputati il 17 giugno 2010. In essa sono descritti i
provvedimenti che si propone siano adottati dal governo a sostegno dello sviluppo delle infrastrutture di ricarica.
Nonostante l’intensa attività normativa che si sta svolgendo nei vari comitati tecnici, ad oggi
la mancanza di standard armonizzati sugli aspetti connettore/cavo e sui protocolli di comunicazione – come mostra la Figura 4.21 – rappresenta un grave ostacolo alla diffusione delle infrastrutture necessarie alla ricarica, e quindi del veicolo elettrico stesso.
Le questioni ancora aperte sotto l’aspetto della standardizzazione sono:
• definizione dello standard per le spine e le prese per il collegamento del veicolo all’infrastruttura;
• definizione del protocollo di comunicazione tra stazione di ricarica e veicolo;
• modalità del roaming tra i diversi operatori che gestiscono il sistema di ricarica.
162
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Figura 4.21. Aspetti di interfaccia non ancora coperti da standard
Fonte: RWE
Un unico connettore e un’unica interfaccia di comunicazione con la rete, infatti, consentirebbero a tutti i modelli di veicoli elettrici circolanti, indipendentemente dal costruttore, di poter
accedere a qualunque colonnina di ricarica. Ciò andrebbe a beneficio sia del cliente, cui verrebbe garantito un più facile accesso alle infrastrutture di ricarica, sia delle utility che installano le colonnine. Le utility vedrebbero un abbattimento dei costi, in quanto potrebbero acquistare l’hardware da differenti costruttori; inoltre, tramite un’infrastruttura intelligente in grado
di controllare l’interazione tra veicolo e rete e che utilizzi protocolli internazionalmente condivisi e riconosciuti, potrebbe essere effettuata una gestione più proficua del carico elettrico invogliando il cliente a ricaricare durante i periodi con basso profilo di carico.
Nella Figura 4.22 sono presentate le differenti tipologie di connettori che sono considerati a livello internazionale come standard di fatto.
Per quanto riguarda l’Europa, a seguito del già citato mandato agli organismi normatori, si dovrebbe giungere entro il prossimo anno a uno standard condiviso.
Anche la questione della comunicazione tra veicolo e rete è ancora aperta, ma vede impegnate in uno sforzo comune tutte le principali utility europee.
Tutti gli attori coinvolti nel mercato delle auto elettriche (utility, costruttori e distributori di
energia) si rendono conto di quanto sia cruciale e urgente l’argomento dell’armonizzazione degli standard, e per questo hanno già messo in campo alcune iniziative comuni.
Per evitare potenziali conflitti e lavori paralleli che porterebbero a una dispersione di energie
con conseguente ritardo nel raggiungimento di uno standard, sia negli anni scorsi sia più recentemente sono stati creati dei gruppi di lavoro congiunti IEC/ISO su specifici argomenti: ad
esempio il JWG V2G CI Vehicle to Grid Communication Interface, che ha l’obiettivo di uno standard in ambito comunicazione veicolo-rete.
163
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 4.22. Tipologie di connettori
4.4 Benefici e opportunità dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
La diffusione dei veicoli elettrici, se bene integrata nel sistema elettrico a cui sono connessi,
può portare al conseguimento di benefici e opportunità altrimenti di difficile realizzazione. Difatti la presenza di sistemi di accumulo diffusi svincola il diagramma di produzione da quello di
carico. Questo è importante ad esempio per l’integrazione delle fonti rinnovabili, data la natura aleatoria di questo tipo di generazione.
Uno studio effettuato negli Stati Uniti mostra come il sistema di generazione, trasmissione e
distribuzione, se utilizzato in modo ottimale per tutte le ore del giorno, può fornire abbastanza potenza ai veicoli elettrici (è da notare che negli Stati Uniti si parla usualmente di veicoli ibridi plug-in PHEV) per sostituire il 73% delle auto, fuoristrada, furgoni e ridurre l’importazione
di petrolio del 52%.
Tuttavia, un utilizzo ottimale della rete di potenza non è così semplice come in realtà potrebbe apparire, in quanto questi nuovi mezzi rappresentano un carico addizionale assolutamente
non trascurabile sulle linee di distribuzione primarie e secondarie esistenti e molte linee non
hanno abbastanza capacità per sopportare il sovraccarico che ne deriverebbe, né tantomeno
è agevole la loro automazione.
La ragione principale di questa difficoltà risiede nel fatto che i circuiti di distribuzione sono progettati in base a statistiche e profili di carico storici che non sarebbero più validi in presenza di
un’elevata penetrazione di veicoli PHEV.
164
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
La maggior parte dei cambiamenti nei livelli di carico richiederà un ammodernamento dei trasformatori e altre apparecchiature. In aggiunta, tramite l’impiego dei contatori e apposite tariffe che riflettono i costi relativi alle congestioni al punto di vendita sarà necessario effettuare un controllo della domanda e approntare uno scheduling adatto alla connessione dei veicoli plug-in.
L’Information Technology giocherà quindi un ruolo fondamentale nella creazione delle Smart
Grid a servizio anche della ricarica di veicoli elettrici, come riportato in Figura 4.23.
Figura 4.23. Scambio di informazioni all’interno di una Smart Grid
La rete futura avrà quindi la possibilità di ricaricare, ma anche di ricevere energia dai veicoli
plug-in, per cui sarà necessario definire un metodo intelligente per programmare un utilizzo ottimale dell’energia da e verso i veicoli.
Le batterie, o più in generale i sistemi di accumulo installati a bordo, possono fornire potenza alla rete durante la sosta dei veicoli; questo particolare funzionamento è conosciuto come V2G (vehicle to grid), viceversa se è la rete a caricare la batteria si parla di G2V
(grid to vehicle).
È però necessario sincronizzare gli istanti di tempo per la carica e la scarica in modo da far convergere le esigenze dell’utenza con quelle del sistema di distribuzione. Per fare ciò esistono appositi metodi di ottimizzazione.
Il V2G può anche essere utile nel peak-shaving, considerando il fatto che tante batterie di automobili aggregate fra loro rappresentano una grande quantità di energia accumulata, come
mostrato in Figura 4.24.
165
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 4.24. Capacità di accumulo per diverse tipologie di veicoli
Le batterie dei veicoli plug-in sono progettate per sopportare una scarica veloce così da fornire
una rapida accelerazione all’auto. Perciò, considerando il parco auto connesso alla rete è possibile alleviare i sovraccarichi sul sistema di distribuzione oltre a svolgere funzioni di regolazione.
Un’altra importante funzione del V2G è quella del contenimento della discontinuità delle fonti
rinnovabili, come precedentemente citato. Sempre riferendosi a studi svolti negli Stati Uniti si
possono citare due casi riguardanti la produzione eolica e solare, riportati in Figura 4.25.
(a)
(b)
(c)
Figura 4.25. Produzione eolica con V2G (a) e senza V2G (b); ricarica dei PHEV con energia solare (c)
Tra le funzioni V2G si può pensare all’appiattimento dei diagrammi di carico privilegiando la ricarica notturna rispetto a quella diurna.
Si deve però tenere ampiamente in considerazione il fatto che l’utilizzo di batterie per il V2G può
aumentarne il deterioramento e che un veicolo non può essere scaricato al di sotto di una certa percentuale dello State of Charge (ad esempio, 30%). Questo sarà uno degli aspetti fondamentali che dovranno essere affrontati per poter utilizzare i veicoli elettrici a supporto della rete.
166
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
Un importante beneficio derivante dalle applicazioni V2G risulta anche la mitigazione della discontinuità introdotta dalle sorgenti di alimentazione non costanti come le fonti rinnovabili, prima descritte, contribuendo quindi all’aumento di installazione di questi impianti e a un miglioramento delle loro caratteristiche.
Oltre all’integrazione con le fonti rinnovabili, tra le opportunità della distribuzione diffusa degli
accumulatori non si può non considerare la possibilità di sinergie con altri sistemi di trasporto
elettrico.
Una prospettiva interessante per l’installazione delle colonnine di ricarica di veicoli elettrici e
ibridi plug-in è la possibilità di interfacciarle a un impianto di trazione elettrica (TE) metropolitano, impiegando l’energia recuperabile dai treni in frenatura e utilizzando ove possibile le linee elettriche di alimentazione degli impianti TE come dorsale per l’erogazione del servizio
stesso di ricarica.
Il tema della mobilità in ambito urbano è sempre stato considerato come uno degli aspetti fondamentali per la crescita di una città. Nel corso dei secoli le nostre città si sono sviluppate attorno a vie di transito più o meno importanti che permettessero il movimento agevole di persone e merci. In questo contesto, la disponibilità di mezzi per il trasporto ha portato a preferire lo sviluppo attorno a corsi d’acqua facilmente navigabili, o a importanti crocevia.
Ma dalla fine del XIX secolo la disponibilità di mezzi semoventi ha dato un notevole impulso ai
trasporti terrestri, potendo raggiungere facilmente i diversi quartieri delle città. L’avvento dell’automobile ha inizialmente portato ulteriori benefici, dimostrando però ben presto i suoi limiti nella mobilità urbana, prevalentemente dovuti alla mancanza di disponibilità di spazi sufficienti nelle città storicamente non concepite per questo tipo di veicolo. Il trasporto pubblico locale, in particolare basato sull’utilizzo di mezzi elettrici, è diventato quindi fondamentale nella
mobilità urbana sia perché si adatta meglio agli spazi disponibili, sia perché non è causa di inquinamento locale in aree già compresse da altre attività antropiche intensive. Infatti i veicoli
elettrici, come treni, tram e metropolitane, sono da sempre quelli più efficienti dal punto di vista energetico e sostenibili da quello ambientale.
Le moderne strategie per la mobilità hanno quindi cercato di integrare il trasporto pubblico con
quello privato, privilegiando il primo nelle aree più centrali e nei centri storici e cercando di integrarlo col secondo nei quartieri più periferici attraverso appositi centri di interscambio. Questa integrazione è stata attuata creando numerosi parcheggi di interscambio, posti in aree strategiche o
periferiche della città, fra le automobili provenienti dalle zone suburbane e le linee di trasporto interne. In particolare si è rivelata molto efficace la creazione di grandi parcheggi di interscambio con
le linee metropolitane, che hanno permesso di decongestionare il traffico nelle aree più centrali.
Tuttavia, se per la mobilità si è avuta un’integrazione efficace, le diverse tecnologie impiegate
nella trazione dei veicoli, automobilistici da un lato e metropolitani dall’altro, non hanno finora permesso di sfruttare appieno la sinergia fra i due sistemi anche dal punto di vista energetico e infrastrutturale. Questa opportunità è oggi permessa dalla diffusione dei veicoli automobilistici a trazione elettrica e ibrida plug-in.
L’uso del veicolo elettrico permette infatti di abbattere a livello locale le emissioni inquinanti,
risolvendo uno dei maggiori problemi legati alla mobilità urbana. L’impiego dell’energia elettrica come fonte per la ricarica delle batterie consente inoltre di poter utilizzare diverse sorgen-
167
Sviluppare la mobilità elettrica
ti primarie di energia, in particolar modo quelle rinnovabili. Come si è visto, però, la sua diffusione di massa nel breve-medio periodo causerebbe diverse problematiche legate alla necessità di creare infrastrutture per la ricarica delle batterie, non solo come installazione di punti
di ricarica, ma anche come necessità di creare una rete elettrica in grado di erogare la potenza elettrica richiesta. Per questo diversi studi sono oggi concentrati su questo tema, andando
ad analizzare l’impatto dei veicoli elettrici sulla rete esistente e valutando gli investimenti richiesti per l’adeguamento delle reti di distribuzione dell’energia elettrica.
Si può quindi pensare di sfruttare le sinergie delle diverse modalità di trasporto per creare un
sistema di mobilità integrato anche dal punto di vista energetico e infrastrutturale.
Un’idea cruciale per la creazione e lo sfruttamento delle sinergie fra i diversi sistemi può essere quella di realizzare le stazioni di ricarica presso i parcheggi di interscambio fra mobilità privata e linee metropolitane, secondo lo schema di Figura 4.26.
Figura 4.26. Rappresentazione schematica di un sistema di mobilità integrato dal punto di vista energetico e ambientale
Quella che a prima vista potrebbe sembrare un’idea piuttosto semplice, se ben strutturata agevola le sinergie sopra illustrate sotto diversi punti di vista. Dal punto di vista ambientale, l’installazione di colonnine di ricarica nei parcheggi di interscambio favorisce la mobilità interna ai
centri storici attraverso l’uso delle linee di trasporto pubblico già esistenti, in particolare di
quelle metropolitane, permettendo di decongestionare queste aree dal traffico e renderle più
168
Introduzione dei veicoli elettrici nel sistema elettrico
fruibili da parte dei cittadini. I parcheggi di interscambio possono inoltre essere dotati di pannelli fotovoltaici o altre fonti rinnovabili, direttamente connessi alle colonnine di ricarica o agli
impianti di distribuzione dell’energia elettrica.
Gran parte dell’energia di frenatura dei treni metropolitani viene oggi dissipata a bordo con notevoli sprechi energetici e problemi di riscaldamento delle gallerie e delle stazioni in considerazione dell’elevato traffico dei treni e delle numerose fermate e ripartenze a cui ognuno di essi
è sottoposto. Dal punto di vista energetico, la connessione delle colonnine di ricarica agli impianti metropolitani permetterà quindi il recupero di questa energia migliorando il rendimento
energetico del sistema di trasporto e diminuendo al contempo il problema della dissipazione di
calore nei tunnel.
Dal punto di vista infrastrutturale, si è visto che uno dei problemi fondamentali per la diffusione del veicolo elettrico è l’adeguatezza delle reti elettriche attuali per la ricarica delle batterie.
I problemi principali non si hanno infatti a livello di produzione dell’energia elettrica, ma del suo
trasporto dalle centrali ai veicoli. Inoltre, l’adeguamento delle reti attuali in ambito urbano non
solo richiederebbe un notevole sforzo economico, ma soprattutto comporterebbe il superamento di diverse criticità tipiche della costruzione e manutenzione dei sottoservizi (interruzione di
strade, interferenze con gli altri servizi esistenti, ecc.).
L’impiego degli impianti di trazione per la distribuzione dell’energia elettrica alle colonnine di
ricarica ha il vantaggio di utilizzare gran parte delle infrastrutture esistenti e spesso già adeguate a sopportarne il carico.
Lo stato attuale degli impianti metropolitani permette l’allacciamento di sistemi di ricarica di potenza massima di circa 1 MW in quantità pari alla metà del numero di Sotto Stazioni Elettriche
(SSE); è da escludere la possibilità di realizzare singoli impianti di ricarica con potenze di ordine superiore, tuttavia occorre realizzare uno studio approfondito per ciascun caso specifico simulando il comportamento elettrico reale della rete. Una soluzione potrebbe essere quella di
dislocare numerosi piccoli impianti di ricarica in superficie distribuiti lungo la linea metropolitana, anziché pochi impianti concentrati nelle ampie zone di parcheggio.
È possibile, inoltre, valutare l’opportunità di realizzare stazioni per la ricarica dei veicoli elettrici destinati al trasporto pubblico (es. autobus, minibus) il cui servizio è solitamente ridotto nelle ore serali, in cui molti mezzi restano parcheggiati in deposito.
Dal punto di vista del risparmio economico-energetico introdotto impiegando l’energia recuperata dalla frenatura dei convogli metropolitani, occorre sottolineare che i valori di quest’energia
sono variabili poiché legati a condizioni probabili ma non certe, dovute alla marcia-arresto dei treni; vi sono inoltre variazioni rilevanti nei giorni festivi durante i quali in numero di corse è ridotto. Resta in ogni caso il vantaggio di poter utilizzare la rete metropolitana, già presente e ramificata nella città, come dorsale di collegamento e smistamento dell’energia destinata alla ricarica, dovendo così intervenire in misura minore nella realizzazione delle linee di alimentazione.
Il sistema di ricarica presentato si integra bene dal punto di vista tecnico-elettrico, ma soprattutto ha il vantaggio di una buona integrazione anche dal punto di vista del flusso dei veicoli,
poiché usufruisce dei parcheggi di interscambio metropolitani già progettati rispetto alla domanda di mobilità richiesta. Tutto questo ha il vantaggio di introdurre in modo graduale i veicoli
elettrici nella mobilità urbana senza dover cambiare le abitudini dei viaggiatori.
169
Sviluppare la mobilità elettrica
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170
C a p i to l o 5
Analisi di sistema
d i Stefano Campanari, Allegra Canepa, Pierpaolo Girardi,
Gabriele Grea, Giuseppe Maurizio Riva
Sviluppare la mobilità elettrica
5.1 Benefici ambientali ed energetici
In questo capitolo vengono discussi gli aspetti ambientali ed energetici riguardanti l’impiego di
diverse tecnologie per la mobilità sostenibile, in particolare l’utilizzo di diversi tipi di veicoli elettrici introdotti al Capitolo 1 per il caso di trasporto privato (o commerciale leggero), confrontati con veicoli a motore a combustione interna.
Il capitolo focalizza l’attenzione sui veicoli elettrici in particolare delle tipologie elettrico puro
(electric vehicle EV o battery electric vehicle, BEV, eventualmente plug-in, PEV), o “ibridi” plugin e non plug-in con integrazione tra batteria e motore a combustione interna (plug-in hybrid
electric vehicle, PHEV, e hybrid electric vehicle, HEV). Inoltre, viene presentato un confronto
tra BEV e veicoli elettrici a fuel cell (fuel cell electric vehicle, FCEV).
❑ 5.1.1 LCO2: Analisi delle emissioni di anidride carbonica lungo il ciclo di vita (LCA)
L’introduzione, nel mercato italiano ed europeo, di veicoli ibridi plug-in e veicoli elettrici per il trasporto passeggeri sembra una grande opportunità per ridurre i drammatici eventi di inquinamento urbano di cui sono vittime le nostre città. Tuttavia, è evidente che a fronte di questa riduzione
di impatti nella fase di utilizzo del veicolo, dovuta a ridotte o nulle emissioni atmosferiche, si verifica un aumento di impatti in tempi e luoghi diversi. Occorre infatti produrre, ricaricare e smaltire le batterie. La produzione e lo smaltimento delle batterie e la produzione dell’energia necessaria per ricaricarle comportano impatti ambientali. Per capire quale sia il costo ambientale da pagare a fronte dei vantaggi offerti dai veicoli ibridi plug-in (PHEV) ed elettrici (EV), occorre analizzare l’intero ciclo di vita dei veicoli (LCA) e confrontarli con i veicoli a combustione interna (ICE)
e ibridi attuali, non plug-in (HEV). La LCA è infatti uno strumento che permette di considerare tutti gli impatti che possono verificarsi lungo tutta la vita del prodotto: dall’acquisizione delle materie prime necessarie alla produzione allo smaltimento finale a fine vita. Tali impatti sono riferiti a
una grandezza detta “unità funzionale” che è la misura del servizio offerto. Nel nostro caso il servizio reso dal sistema è il trasporto di passeggeri ed è quindi logico che l’unità funzionale sia costituita dal prodotto tra una distanza e un numero di passeggeri. Sarà quindi:
UF =100km*passeggero
Questa unità di misura permette eventuali confronti con mezzi di trasporto di vario tipo e con
un diverso numero di passeggeri (automobile, autobus, ecc.). Nel caso di LCA finalizzati al confronto di filiere alternative, come il presente, risulta fondamentale scegliere due sistemi capaci di offrire due servizi il più possibile simili. Per questo motivo occorrerà individuare veicoli a
propulsione diversa ma il più simile possibile per il resto, eliminando tutte quelle differenze di
comfort, di estetica, strumentazione, cerchi, pneumatici o altro non legati direttamente al sistema di propulsione.
Sebbene l’argomento sia molto attuale, la letteratura non è così ricca come ci si aspetterebbe.
In tutti gli studi analizzati, risulta che gli impatti della fase di costruzione e dismissione del veicolo, eccezion fatta per le batterie, sono identici nei diversi casi [Samaras, Meisterling, 2008]
e che quindi sia possibile escluderli dall’analisi ai fini del confronto, com’è possibile vedere in
Figura 5.1. È questa un’ipotesi che accetteremo anche nel nostro studio.
172
Analisi di sistema
Figura 5.1. Risultati del confronto in termini di emissioni CO2 lungo il ciclo di vita di quattro veicoli: uno
tradizionale (CV) uno HEV e due PHEV. La costruzione del veicolo è identica nei quattro casi. I PHEV sono
seguiti dai chilometri di autonomia in modalità solo elettrica.
Fonte: Samaras, Meisterling 2008
Un altro elemento emerso dagli studi analizzati è la centralità delle batterie nella LCA di HEV,
PHEV e soprattutto EV. Ciononostante, i dati disponibili inerenti inventari di batterie per autotrazione, e in particolare di batterie basate sul litio, non sono facilmente reperibili. Due tra i
principali studi ritrovati in letteratura non trattano [Rantik, 1999], o trattano marginalmente
[Matheys, Van Autenboer, 2004] questo tipo di batterie. Indicazioni più interessanti e recenti
provengono da uno studio Empa [Gauch et al., 2009], che riporta un’analisi del ciclo di vita di
batterie litio-ioni. Qui vengono evidenziate e confrontate le emissioni di CO2 di veicoli standard
(ICE) ed elettrici sia per la costruzione (Figura 5.2), sia per l’intero ciclo di vita (Figura 5.3).
Global Warming Potential GWP (kg CO2-eq.)
Figura 5.2. Emissione di gas climalteranti per la costruzione dell’auto elettrica e a combustione interna
Fonte: EMPA Gauch et al., 2009
173
Sviluppare la mobilità elettrica
Global Warming Potential GWP [kg CO2-eq./150˙000km]
Figura 5.3. Emissione di gas climalteranti per la costruzione e l’utilizzo per 150.000 chilometri dell’auto
elettrica e a combustione interna
Fonte: EMPA Gauch et al., 2009
Nella presente analisi verranno utilizzate le pressioni ambientali del ciclo di vita di batterio al litio
per veicoli PHEV e EV e batterie NiMH per i veicoli HEV, in quanto i veicoli HEV attualmente in commercio sono dotati di batterie NiMH, mentre i veicoli per i quali è prevista un’autonomia significativa in modalità elettrica saranno probabilmente dotati, se destinati al trasporto privato, di batterie agli ioni di litio (si veda ad esempio http://www.renault-ze.com). I dati relativi al ciclo di vita
delle batterie provengono da ecoinvent1. Infine, per quanto riguarda gli impatti ambientali dei
PHEV, giocano un ruolo fondamentale due parametri: la quota parte di chilometri annui coperti in
modalità elettrica (detto utility factor), e il sistema di produzione di energia elettrica che ricarica
la batteria. L’utility factor dipende essenzialmente dall’autonomia del PHEV in modalità solo elettrica e dalle abitudini di guida (percorrenza media annua, percorrenza giornaliera, ecc.). La Tabella 5.1 mostra l’influenza di tale parametro sui consumi dei PHEV a partire dalle ipotesi sviluppate
da EPRI in uno degli studi più completi sugli impatti ambientali dei PHEV [Duvall et al., 2007].
Tabella 5.1. Consumi energetici per l’unità funzionale. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometro di autonomia in modalità solo elettrica
Fonte: EPRI – Duvall et al 2007 – elaborazioni RSE
1
Ecoinvent è il database LCA più utilizzato al mondo.
174
Analisi di sistema
Per stabilire quali siano gli impatti dei PHEV e degli EV è necessario individuare innanzitutto
quale sia il mix di fonti e tecnologie utilizzate per produrre l’energia elettrica. Nell’immediato,
o nel brevissimo termine, anche il comportamento degli utenti influenza gli impatti dell’energia elettrica che ricaricherà le batterie. In funzione dell’orario di ricarica, infatti, potranno entrare in produzione impianti diversi. Se ipotizziamo un profilo di ricarica come quello utilizzato
nello studio EPRI [Duvall et al., 2007] quindi con una ricarica prevalentemente notturna, come
si vede in Figura 5.4, si può pensare che l’energia che ricaricherà la batteria sarà prevalentemente termoelettrica.
Figura 5.4. Profilo di ricarica del veicolo elettrico ipotizzato da EPRI
Fonte: Duvall et al., 2007
Infatti, il grafico in Figura 5.5 mostra quali sono le fonti che in una giornata tipo soddisfano la
domanda di energia elettrica. Le tipologie di impianto che hanno potenza disponibile per soddisfare una maggiore domanda notturna sono quindi il termoelettrico, l’idroelettrico e le importazioni. Tuttavia, di notte, la disponibilità aggiuntiva di energia estera viene per lo più già utilizzata per le pompe dei bacini idroelettrici a pompaggio. Quindi è improbabile che sia l’energia estera o idroelettrica a ricaricare le batterie delle auto. Rimane quindi la produzione termoelettrica.
Per quanto riguarda le emissioni di anidride carbonica, il fattore di emissione (g CO2/kWh) dell’energia termoelettrica tenendo conto delle perdite di trasformazione e trasporto e dell’intero
ciclo di vita dell’energia (approvvigionamento delle fonti di energia primaria, costruzione e dismissione degli impianti) è di 658 g CO2/kWh, come deducibile dal database LCA di SESAMO
[Girardi et al., 2003]. Tenendo conto delle ipotesi di Tabella 5.1 il confronto tra veicoli tradizionali a benzina (Internal Combustion Engine, ICE) veicoli ibridi (HEV) puramente elettrici (EV)
e ibridi ricaricabili da rete (PHEV) è mostrato in Figura 5.6, dove i PHEV sono seguiti dai chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. Come si nota, i veicoli dotati di un motore elettrico emettono un quantitativo di anidride carbonica inferiore ai veicoli tradizionali. Questa differenza, in termini percentuali, è tanto maggiore quanto maggiore è l’autonomia del veicolo in
modalità solo elettrica (e quindi il relativo utility factor).
175
Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 5.5. Energia per fonte in una giornata tipo
Fonte: www.terna.it
Emissioni di CO2
Figura 5.6. Emissioni di CO2 per i diversi tipi di veicoli, espressi come percentuale delle emissioni del veicolo a combustione interna (ICE) a benzina. Dal conto sono state escluse le fasi di costruzione e smaltimento dei veicoli. I consumi derivano da Tabella 5.2. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. L’energia elettrica che ricarica le batterie è fornita dal sistema termoelettrico attuale.
176
Analisi di sistema
Tuttavia i dati di Tabella 5.2 derivano da uno studio EPRI [Duvall et al., 2007] e i consumi delle
automobili a benzina, americane, sono probabilmente superiori a quelli della realtà europea. Inoltre, come accennato, ai fini di una LCA comparativa è fondamentale confrontare tra loro filiere in
grado di fornire lo stesso servizio. Per questo, e per svincolarci da effetti cross-tecnologici, è bene
confrontare auto che siano quanto più simili possibili tra loro. A questo scopo risulta utile considerare la Toyota Auris, auto per la quale è disponibile sia una versione a benzina tradizionale
(ICE) che una ibrida (EV). È ragionevole ipotizzare che queste auto possano essere utilizzate per
realizzare dei modelli plug-in. Inoltre sono confrontabili per sviluppo tecnologico a una vettura
puramente elettrica. Considerando quindi per i consumi delle auto tradizionali e delle auto ibride
rispettivamente i consumi di benzina dichiarati dalla Toyota (www.toyota.it) per i modelli Auris 1.6
Valvematic ed Auris HSD, otteniamo le prestazioni energetiche riportate in Tabella 5.2.
Tabella 5.2. Consumi energetici per l’unità funzionale (100km). I veicoli plug-in sono seguiti dal numero
di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica
Fonte: Toyota per i consumi di benzina, EPRI – Duvall et al., 2007 per i consumi elettrici (elaborazioni RSE)
Emissioni di CO2
Figura 5.7. Emissioni di CO2 per i diversi tipi di veicoli, espressi come percentuale delle emissioni del veicolo a combustione interna (ICE) a benzina. Dal conto sono state escluse le fasi di costruzione e smaltimento dei veicoli. I consumi derivano da Tabella 5.2. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. Il fattore emissivo dell’energia elettrica considerato è quello dello scenario termoelettrico italiano attuale (2008).
177
Sviluppare la mobilità elettrica
Con questi consumi, sempre ipotizzando che l’energia per la ricarica provenga principalmente
dal termoelettrico, i veicoli ricaricabili dalla rete elettrica, pur avendo prestazioni migliori in termini di emissioni di anidride carbonica rispetto ai veicoli tradizionali (ICE) non risultano competitivi rispetto a ibridi non plug-in come mostrato in Figura 5.7. Tanto maggiore è l’utilizzo di
energia elettrica fornita dalla rete, tanto peggiore sono le prestazioni dei veicoli rispetto all’ibrido non plug-in.
Questo differenziale si assottiglia solo marginalmente considerando il modello più energivoro
di Toyota Auris HSD (4l/100km) e prestazioni più ottimistiche per i motori elettrici (0.17
kWh/km, [Notter et al., 2010]). Tali risultati ovviamente dipendono non solo dai consumi delle auto ma anche, come detto, da come l’energia elettrica che ricarica le batterie dei veicoli EV
e PHEV viene prodotta. Se questa viene prodotta interamente da impianti a gas a ciclo combinato avremo un fattore di emissione di anidride carbonica per kWh molto più basso (pari a 434
g/kWh considerando tutto il ciclo di vita, quindi anche approvvigionamento del gas naturale e
costruzione e dismissione degli impianti), ne consegue che il veicolo elettrico puro (EV) emetterebbe la metà rispetto a un veicolo a combustione interna (ICE) e circa il 15% in meno rispetto a un veicolo ibrido non plug-in (HEV).
Emissioni di CO2
Figura 5.8. Emissioni di CO2 per i diversi tipi di veicoli, espressi come percentuale delle emissioni del veicolo a combustione interna (ICE) a benzina. Dal conto sono state escluse le fasi di costruzione e smaltimento dei veicoli. I consumi derivano da Tabella 5.2. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. Il fattore emissivo dell’energia elettrica considerato è misto
di centrali a ciclo combinato a gas naturale.
La situazione sarebbe ribaltata se si ipotizza che l’energia elettrica provenga esclusivamente da
centrali a carbone. In questo caso il veicolo a trazione esclusivamente elettrica non solo presenta emissioni di anidride carbonica superiori agli ibridi plug-in e non plug in, ma addirittura
superiori al veicolo a benzina con solo motore a combustione interna (ICE).
178
Analisi di sistema
Emissioni di CO2
Figura 5.9. Emissioni di CO2 per i diversi tipi di veicoli, espressi come percentuale delle emissioni del veicolo a combustione interna (ICE) a benzina. Dal conto sono state escluse le fasi di costruzione e smaltimento dei veicoli. I consumi derivano da Tabella 5.2. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. L’energia elettrica considerata è derivante esclusivamente
da centrali a carbone.
Ma quale fonte primaria fornirà quindi l’energia elettrica che ricarica le batterie e quali saranno le prestazioni dei veicoli PHEV ed EV? Per rispondere a questa domanda occorre pensare che
il sistema di produzione di energia elettrica potrebbe, nel medio periodo, essere influenzato proprio dalla domanda aggiuntiva di energia dovuta alla mobilità elettrica. Per questo motivo RSE
ha sviluppato simulazioni tramite il modello MATISSE [Benini et al., 2009] per capire come tale
domanda aggiuntiva influenzerà il parco di generazione elettrica fissando come orizzonte temporale il 2030. Inoltre, a partire da questo parco termoelettrico e utilizzando il modello MTSIM
[Migliavacca, Formaro, 2009], ne risulta che la composizione dell’energia elettrica che ricaricherà le batterie sarà come in Tabella 5.3 [de Nigris, 2010].
2
3
Tabella 5.3. Composizione dell’energia elettrica che ricaricherà l’energia elettrica al 2030 secondo le ipotesi di de Nigris
Fonte: de Nigris, 2010
2
Carbon Capture and Storage: cattura e sequestro della CO2.
3
Per i calcoli successivi come fattore emissivo da associare ad altro è stato scelto quello dell’eolico offshore 2025.
179
Sviluppare la mobilità elettrica
Per calcolare il fattore emissivo (gCO2 /kWh) sono stati utilizzati dati provenienti dal progetto
NEEDS per carbone CCS4 ed eolico offshore (www.needs-project.com) e dal progetto Sesamo
[Girardi et al., 2003] per il ciclo combinato a gas naturale e centrale a carbone senza CCS.
Considerando le perdite di rete e tutto il ciclo di vita, quindi approvvigionamento delle fonti primarie e costruzione e dismissione degli impianti, si può stimare un fattore pari a 483 g/kWh.
Emissioni di CO2
Figura 5.10. Emissioni di CO2 per i diversi tipi di veicoli, espressi come percentuale delle emissioni del veicolo a combustione interna (ICE) a benzina. Dal conto sono state escluse le fasi di costruzione e smaltimento
dei veicoli. I consumi derivano da Tabella 5.2. I veicoli plug-in sono seguiti dal numero di chilometri di autonomia in modalità solo elettrica. L’energia elettrica considerata è prodotta secondo le proporzioni illustrate
in Tabella 5.3.
Se ne conclude che i veicoli ricaricabili dalla rete, nello scenario a medio termine ipotizzato,
sono caratterizzati da emissioni di anidride carbonica quasi dimezzate rispetto ai veicoli a sola
combustione interna a benzina (ICE) e comunque inferiori, anche se di poco, rispetto agli ibridi non ricaricabili dalla rete. Se la capacità di questi veicoli di eliminare dalle aree abitate una
delle principali fonti di inquinamento atmosferico è un vantaggio certo, la loro capacità di ridurre la produzione di gas climalteranti del settore “trasporto privato” sarà fortemente legata
allo scenario elettrico di riferimento. In altri termini la possibilità, attraverso queste tecnologie,
di contenere il contributo del trasporto privato all’effetto serra, dipende fortemente da scelte
strategiche sul settore elettrico che vanno operate sin da ora. La possibilità che in Italia i veicoli ricaricabili da rete permettano sensibili riduzioni rispetto a veicoli ibridi “attuali” risulta invece remota. Infatti, affinché le emissioni di anidride carbonica degli EV siano la metà di quelle degli HEV occorrerebbe uno scenario elettrico caratterizzato da emissioni pari a circa 260g /kWh.
Rispetto ai veicoli ibridi HEV, quindi, i veicoli ricaricabili dalla rete offriranno l’opportunità di ridurre le emissioni inquinanti dalle città senza, a meno di scenari estremi ad alta intensità di carbonio, aumentare le emissioni di CO2, ma senza neanche riuscire a migliorarle sensibilmente.
4
Coerentemente con quanto previsto per l’Italia [Politi M., 2009] i dati LCA si riferiscono al sequestro in acquiferi pro-
fondi 800 metri e distanti meno di 200 chilometri dalla centrale elettrica.
180
Analisi di sistema
Infine occorre ricordare che oltre agli impatti che precedono la fase d’uso, la LCA considera gli impatti a fine vita. Una LCA completa, non limitata come la presente alle sole emissioni di anidride carbonica, metterebbe in evidenza che per quanto riguarda i veicoli PHEV ed EV esiste anche un altro
fattore di pressione ambientale che controbilancia i vantaggi delle ridotte o nulle emissioni in area
urbana. Si fa riferimento in particolare al trattamento a fine di vita delle batterie, che costituiscono a tutti gli effetti un rifiuto pericoloso. Allo stato attuale è difficile predire quale sarà il destino a
fine vita delle batterie dei veicoli a trazione elettrica; tuttavia, la crescente attenzione all’ambiente
e la necessità di non esaurire le risorse di litio lasciano supporre un’alta percentuale di raccolta e
riciclo delle stesse. Questo porterebbe, secondo la umicore (www.batteryrecycling.umicore.com) a
un risparmio di energia e di emissioni di CO2 pari al 70% per la produzione delle batterie.
❑ 5.1.2 Bilanci WTW di veicoli a fuel cell e confronto con veicoli BEV
Questa sezione include un’analisi dei bilanci “dal pozzo alla ruota” o well-to-wheel (WTW) di
veicoli per trasporto privato (in particolare automobili o veicoli commerciali leggeri) volta a
confrontare il consumo di energia primaria corrispondente all’impiego di varie possibili tecnologie (in particolare veicoli elettrici e a fuel cell con diverse ipotesi circa lo scenario termoelettrico di confronto e i combustibili utilizzati), evidenziando gli effetti dell’autonomia e del peso
del veicoli sui bilanci WTW.
Figura 5.11. Catena di conversione dell’energia dalle fonti primarie al veicolo e relative efficienze. L’idrogeno gassoso è prodotto e compresso a 60 bar. Ext./Tra. rappresentano estrazione e trasporto
181
Sviluppare la mobilità elettrica
I risultati qui discussi sono una sintesi prevalentemente tratta da rapporti e pubblicazioni citate in letteratura [Edwards et al., 2007; DOE, 2009; Campanari et al., 2009].
La Figura 5.11 mostra differenti possibili percorsi di alimentazione di veicoli BEV o FCEV considerati nello studio; in particolare si considera la trasformazione di energia primaria proveniente da energia rinnovabile, gas naturale (NG), carbone o dal parco medio termoelettrico italiano,
rispettivamente in energia elettrica per l’alimentazione di un veicolo elettrico (BEV) e in idrogeno per l’alimentazione di un veicolo a fuel cell (FCEV). I vari passaggi sono utili a determinare
l’efficienza della conversione energetica dal pozzo al serbatoio del veicolo (well-to-tank o WTT).
Il diagramma seguente (Figura 5.12) mostra i consumi dal pozzo alla ruota (WTW) in funzione di diverse autonomie di percorrenza, calcolati utilizzando il ciclo di guida europeo normaliz-
Vehicle WTW consumptions [Wh/km]
zato NEDC.
Range [km]
Figura 5.12. Consumo energetico dal pozzo alla ruota (well-to-wheel) in Wh/km per veicoli BEV e FCEV
con diversa provenienza dell’energia primaria (in legenda per i BEV: Ren.: rinnovabili; NG: gas naturale;
Coal: carbone; Mix: parco termoelettrico medio italiano; per gli FCEV: LH2: a idrogeno liquido, CGH2: a
idrogeno compresso gassoso, con idrogeno prodotto da diverse fonti primarie; nei casi finali benzina,
etanolo, metanolo e NG con fuel processor a bordo veicolo) in funzione dell’autonomia del veicolo.
L’analisi considera dei range massimi di autonomia tipici degli attuali veicoli diesel o a benzina, superiori a quelli oggi concepibili per i veicoli BEV. La curva più bassa è relativa a un caso
del tutto ideale di alimentazione di veicoli BEV con energia elettrica proveniente unicamente da
fonte rinnovabile (caso ideale poiché in qualsiasi scenario di mix energetico plausibile la quota delle rinnovabili è solo una parte, generalmente minoritaria, del totale della produzione elettrica che per il resto si affida alle fonti convenzionali). In questo caso non viene conteggiata
alcuna perdita di conversione da energia primaria a energia elettrica, potendosi disporre di
energia primaria in modo gratuito ed illimitato, e a monte del veicolo (ovvero nel percorso wellto-tank) vi sono sostanzialmente solo perdite di trasmissione di energia elettrica sulla rete (si
veda Figura 5.11); pertanto i consumi energetici complessivi del percorso well-to-wheel sono
182
Analisi di sistema
i più bassi. Allontanandosi da questo caso ideale, in tutti gli altri casi la soluzione BEV risulta
competitiva, in particolare nella fascia di autonomia di 100-200 chilometri, oltre la quale cresce il peso delle batterie di bordo e dell’autoveicolo e aumentano rapidamente i consumi nei
cicli guida [Campanari et al., 2009]. L’analisi conferma in questo senso l’idoneità delle soluzioni BEV per le applicazioni di guida urbana e su brevi percorsi, mentre indica più promettenti altre soluzioni (FCEV) per veicoli di autonomia maggiore.
La Figura 5.13 mostra le emissioni di CO2 calcolate su cicli guida NEDC, in funzione dell’autonomia del veicolo, con riferimento a tutte le emissioni dal pozzo alla ruota, riportando anche il
caso di alcuni veicoli convenzionali di esempio (si noti che i valori sono ovviamente superiori alle
sole emissioni del veicolo abitualmente conteggiate, che si riferiscono alla sola quota tank-
to-wheel).
Si nota anche in questo caso la piena competitività dei BEV nei veicoli di autonomia ridotta
(100-200 chilometri), mentre il confronto diventa via via più arduo al crescere del range di autonomia e quindi dei pesi delle batterie necessarie a bordo del veicolo; al limite arrivando per
grandi autonomie, oggi non proponibili con veicoli BEV, a livelli di emissione di CO2 simili a
Emissions [gCO2/km]
quelle di auto sportive e grandi SUV.
Range [km]
Figura 5.13. Emissioni di CO2 dal pozzo alla ruota (Well-to-wheel) in gCO2/km per veicoli BEV e FCEV con
diversa provenienza dell’energia primaria (si veda la didascalia della Figura 5.12, con aggiunta del caso
LH2-CO2Cap. di idrogeno da carbone con cattura CO2), in funzione dell’autonomia del veicolo.
Analogamente al caso di Figura 5.12 si può vedere come per le autonomie di guida dei veicoli odierni diesel o a benzina (700-800 chilometri e oltre) solo le soluzioni FCEV risultino competitive, arrivando a emissioni di CO2 globali confrontabili o in alcuni casi inferiori a quelle dei
migliori veicoli ICE Diesel o ibridi; questi ultimi hanno già raggiunto valori di emissioni globali
di CO2 molto bassi, dell’ordine dei 100-120 g/km, in alcuni casi inferiori a diverse soluzioni BEV
e FCEV per i suddetti range di autonomia.
183
Sviluppare la mobilità elettrica
Solo il caso di FCEV con alimentazione a idrogeno prodotto in centrali con cattura della CO2 raggiunge valori molto più bassi (si tratta della curva più bassa in Figura 5.13), mentre le emissioni di CO2 sarebbero evidentemente nulle nel caso di BEV alimentato con energia elettrica
prodotta da rinnovabili (gli stessi risultati in termini di emissioni si otterrebbero utilizzando
energia elettrica prodotta da fonte nucleare; il consumo di energia primaria aumenterebbe invece in proporzione al rendimento termico della centrale).
A conclusione di questi confronti dedicati ai consumi energetici e alle emissioni di CO2, è da ricordare come permangano per i veicoli BEV e FCEV vantaggi netti di eliminazione o riduzione
sostanziale delle emissioni allo scarico del veicolo degli inquinanti classici come CO, HC, NOx
e particolato, che sono viceversa prodotti dagli autoveicoli ICE, e negli FCEV compaiono in piccola quantità solo nel caso di funzionamento con onboard fuel processor (casi FCEV gasoline,
methanol, ethanol); mentre nel caso BEV compaiono per la quota emessa dalle centrali termoelettriche che alimentano la rete.
❑ 5.1.3 La qualità dell’aria, i veicoli elettrici, la produzione termoelettrica
Nel VI Rapporto annuale sulla qualità dell’ambiente urbano, l’Istituto Superiore per la Protezione
e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha evidenziato come alcuni obiettivi di qualità dell’aria siano stati raggiunti su tutto il territorio nazionale per alcuni inquinanti primari, ovvero quelli emessi direttamente dalle sorgenti (ad esempio, SO2, CO, Pb). Per questi inquinanti la riduzione delle emissioni deriva direttamente dall’eliminazione/riduzione dell’inquinante nei combustibili e/o dall’introduzione di dispositivi di abbattimento. Al contrario, altri obiettivi di qualità dell’aria posti per inquinanti sia primari che secondari (che si formano in atmosfera attraverso reazioni chimiche tra precursori, ad esempio PM10, NO2, O3) non sono stati raggiunti. In particolare, per l’area padana il
rapporto ISPRA evidenzia che «il valore limite giornaliero del PM10 per la protezione della salute
umana (50 µg/m3 da non superare più di 35 volte in un anno) è superato in quasi tutte le stazioni di monitoraggio delle aree urbane del bacino padano». Tale situazione è conseguenza della forte densità abitativa e dell’elevata concentrazione di insediamenti industriali nonché delle particolari condizioni meteo-climatiche del bacino padano che favoriscono l’accumulo degli inquinanti primari (direttamente emessi dalle sorgenti) e garantiscono le condizioni ideali per la formazione e
l’accumulo della componente secondaria del particolato.
A ulteriore testimonianza della criticità di alcuni parametri di qualità dell’aria vi è il secondo avvertimento che la Commissione Europea ha inviato all’Italia nel maggio 2010 per la mancata
osservanza delle norme di qualità dell’aria relative alle particelle ultrafini5.
Sempre il Rapporto sulla qualità dell’ambiente urbano osserva che la maggior parte delle emissioni in atmosfera di inquinanti è in diminuzione soprattutto per gli inquinanti primari, grazie, come
detto, all’eliminazione diretta degli inquinanti nei combustibili e/o all’adozione di tecniche di abbattimento. Per altri inquinanti la riduzione delle emissioni è stata finora meno efficace. Si veda
ad esempio la Figura 5.14, dove sono presentati gli andamenti nel tempo delle emissioni annuali
relativi alla produzione di energia elettrica e all’utilizzo delle automobili, unitamente ad alcuni indicatori significativi per i due settori emissivi esposti. Relativamente alla produzione di energia
5
http://ec.europa.eu/italia/attualita/primo_piano/ambiente/particelle_sottili_it.htm
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Analisi di sistema
elettrica si osserva come, a fronte di un aumento della domanda di energia elettrica, sia cresciuta negli anni anche la produzione termoelettrica e di conseguenza siano anche aumentate le emissioni di CO2, tuttavia con un trend più lento grazie all’utilizzo di combustibili con minore contenuto di carbonio (gas naturale) e in parte grazie anche alla realizzazione di nuovi impianti o al rinnovo degli impianti esistenti con il conseguente aumento di rendimento del parco termoelettrico
nazionale. L’adozione di tecnologie di abbattimento degli inquinanti quali desolforatori, denitrificatori e filtri per il particolato ha portato a una vistosa riduzione delle emissioni di SO2, NOX e PM10
che si attestano attualmente a meno del 20% dei rispettivi valori registrati nell’anno 1990.
Anche per gli autoveicoli le emissioni di CO2 sono cresciute con un trend più lento rispetto ai chilometri percorsi, grazie all’aumento di rendimento dei motori a combustione e in particolare dei motori a gasolio. La drastica riduzione del contenuto di zolfo nella benzina e nel gasolio ha portato pressoché alla scomparsa delle emissioni di SO2 e l’adozione di normative sempre più stringenti sulle
emissioni dei veicoli a motore ha portato a una significativa riduzione delle emissioni di ossidi di azoto e particolato fine che attualmente si attestano attorno al 50% dei relativi valori del 1990.
Complessivamente la distribuzione delle emissioni 2005 nei macrosettori della classificazione
SNAP6, 5.14, evidenzia un significativo contributo dei trasporti sia nelle emissioni di particolato primario sia in alcuni suoi precursori come ossidi di azoto e composti organici.
Figura 5.14. Trend dei consumi di elettricità, produzione di energia termoelettrica e relative emissioni inquinanti (in alto), trend dei chilometri percorsi dagli autoveicoli e relative emissioni inquinanti (in basso)
Fonte: elaborazione RSE su dati ISPRA
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La nomenclatura SNAP (Selected Nomenclature for Air Pollution) definisce 10 macrosettori per le emissioni antropi-
che: 1) Produzione energia e trasform. Combustibili, 2) Combustione non industriale, 3) Combustione nell‘industria,
4) Processi produttivi, 5) Estrazione e distribuzione combustibili, 6) Uso di solventi, 7) Trasporto su strada, 8) Altre
sorgenti mobili e macchinari, 9) Trattamento e smaltimento rifiuti, 10) Agricoltura.
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Sviluppare la mobilità elettrica
Figura 5.15. Distribuzione percentuale delle emissioni antropogeniche nei settori SNAP
Fonte: elaborazione RSE su dati ISPRA
La valutazione dei processi di dispersione e trasformazione in atmosfera dei composti emessi dalle diverse sorgenti presenti sul territorio può essere fatta con l’ausilio di adeguati modelli matematici. Tali modelli sono in grado di considerare i diversi processi che interessano gli inquinanti una
volta emessi atmosfera: trasporto, dispersione, trasformazione chimica e deposizione al suolo. A
questo scopo RSE ha sviluppato un sistema modellistico basato sui modelli WRF-SMOKE-CAMX che
è stato applicato per la valutazione del livello di qualità dell’aria sul territorio nazionale e per la stima dei contributi dovuti ai principali settori emissivi; in particolare la generazione termoelettrica
e il trasporto su strada, i due principali settori coinvolti dalla diffusione dei veicoli elettrici. Lo schema del sistema modellistico e dei relativi dati di input e output è illustrato nella Figura 5.16, mentre i tre principali modelli che lo compongono sono brevemente descritti nel seguito.
Figura 5.16. Il sistema modellistico WRF-SMOKE-CAMx
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Analisi di sistema
Il modello WRF (Weather Research and Forecast), versione 3.1.1, è un modello meteorologico di tipo prognostico adatto ad applicazioni su scale spaziali che variano da pochi metri fino
a migliaia di chilometri, costituisce una delle più recenti e avanzate espressioni della modellistica meteorologica e può essere utilizzato per svariate applicazioni sia in campo previsionale
che per studi di qualità dell’aria. Il modello si occupa di definire le principali variabili meteorologiche richieste in input dal modello di chimica e trasporto (CTM): velocità e direzione del vento, temperatura, pressione, umidità relativa, contenuto d’acqua di nuvola e di precipitazione.
Il modello delle emissioni SMOKE (Sparse Matrix Operator Kernel Emissions), versione 2.6 0,
definisce l’input emissivo partendo dai dati dell’inventario delle emissioni e costruendo i singoli campi emissivi orari richiesti in input dal modello di chimica e trasporto. Il suo utilizzo è necessario in quanto un inventario delle emissioni di norma è costituito da un singolo dato di
emissione per ciascun inquinante considerato, relativo a una data area territoriale (provincia,
comune, ecc.) e a un periodo temporale specifico (anno). Questa informazione è ben lontana
da quella che è richiesta da un modello CTM, a cui devono essere fornite emissioni a livello orario su una griglia regolare di celle che costituisce il dominio di calcolo.
Il cuore del sistema è costituito dal modello CAMx (Comprehensive Air Quality Model with ex-
tensions), versione 4.51 [ENVIRON, 2008] che appartiene alla famiglia dei modelli euleriani a
griglia di chimica e trasporto. CAMx ricostruisce i processi di emissione, trasporto, diffusione,
trasformazione chimica e rimozione secca e umida a cui sono soggetti gli inquinanti in atmosfera. I principali composti considerati sono: ozono, PM10 e suoi composti, ossidi d’azoto, composti organici volatili, acido nitrico, ammoniaca, biossido di zolfo. Il codice è stato sviluppato
dalla società ENVIRON che lo rilascia gratuitamente a istituti scientifici e società, pubbliche e
private, interessate a utilizzarlo (www.camx.com). Nel codice sono implementati alcuni algoritmi per l’analisi del ruolo delle sorgenti che consentono con un’unica simulazione di determinare i contributi relativi ai livelli di qualità dell’aria dovuti a differenti tipologie di sorgenti. L’utilità di questi algoritmi è particolarmente importante nel caso di inquinanti secondari, le cui concentrazioni sono dovute all’interazione delle emissioni di differenti comparti attraverso reazioni chimiche di notevole complessità e soprattutto non lineari, aspetto che limita fortemente
l’utilizzo di altri approcci, magari più intuitivi, quali la tecnica denominata zero-out modelling,
basata sulla rimozione delle sorgenti emissive e alla successiva valutazione del contributo alla
concentrazione in aria per differenza rispetto alla situazione indisturbata.
Altri importanti elementi del sistema modellistico sono costituiti dai processori per la stima delle emissioni di sale marino (SEA-SALT) e di composti biogenici (MEGAN, versione 2.03, [Guenther et al., 2006]).
La struttura di codici rappresenta quindi un sistema modellistico perfettamente allineato all’attuale stato dell’arte e in grado di trattare in maniera esaustiva i principali aspetti relativi alla
dinamica degli inquinanti atmosferici. Questa struttura modellistica è stata utilizzata [ERSE,
2010] per alcune prime valutazioni del contributo ai livelli attuali di qualità dell’aria imputabili
ai due principali settori emissivi di interesse per lo sviluppo delle auto elettriche: le emissioni
dalle attuali auto con motori a combustione interna e le emissioni dal settore termoelettrico,
in quanto possibile fornitore futuro dell’energia necessaria ad alimentare le auto elettriche.
Nelle simulazioni è stato utilizzato l’inventario nazionale delle emissioni per l’anno 2005 con ri-
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soluzione provinciale predisposto da ISPRA come disaggregazione spaziale dell’inventario nazionale 2005.
Attraverso l’applicazione del modello CAMx è stato possibile calcolare le mappe di concentrazione di diversi inquinanti sull’intero territorio italiano. A titolo di esempio si riporta in Figura
5.17 la mappa della concentrazione media annua del particolato respirabile, cioè l’insieme delle particelle atmosferiche solide e liquide aventi diametro aerodinamico minore di 2,5 µm
(PM2.5), che hanno un’elevata probabilità, una volta inalate, di raggiungere le vie più profonde del sistema respiratorio. Per questo inquinante la direttiva europea 2008/50/CE fissa un limite di 20 µg/m3 per la concentrazione media annua che, dall’esame della figura, si stima superato in buona parte della pianura padana.
Figura 5.17. Concentrazione media annua del PM2.5
Con il modello CAMX, e in particolare con l’applicazione degli algoritmi di analisi del ruolo delle sorgenti (PSAT), è possibile valutare quali sono le sorgenti che hanno portato a questa situazione di criticità per il PM2.5 in pianura padana. L’applicazione di questi algoritmi ha consentito di costruire le mappe di concentrazione dei contributi dovuti a singole categorie emissive, in particolare Figura 5.18, il settore termoelettrico e gli autoveicoli. Mediamente, sul territorio nazionale il trasporto autoveicolare contribuisce dal 5 al 15% della concentrazione media annua di PM2.5; il settore termoelettrico tra il 2 e il 4%.
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Analisi di sistema
Analoghe valutazioni condotte per gli altri inquinanti hanno evidenziato che gli autoveicoli contribuiscono per più del 15% alle concentrazioni attuali di ossidi di azoto, mentre il loro contributo alle concentrazioni di SO2, grazie alla costante riduzione del contenuto di zolfo nei carburanti, risulta trascurabile.
L’applicazione dell’algoritmo PSAT consente anche di tracciare il ruolo delle sorgenti anche in
corrispondenza di specifici recettori. A completamento dell’analisi relativa all’intero territorio italiano, nella figura successiva viene riportato il confronto fra due recettori, definiti in corrispondenza delle principali aree urbane: Milano e Roma. Tale confronto conferma quanto già evidenziato a livello nazionale, ovvero che il trasporto autoveicolare influenza in modo significativo le
concentrazioni di PM2.5, mentre il contributo del settore termoelettrico è decisamente inferiore. In particolare, il settore trasporto auto veicolare rappresenta sia a Roma che Milano il 14%
circa della concentrazione media annua, che costituisce un contributo paragonabile a quello del
restante settore trasporti su strada (motocicli e veicoli commerciali leggeri e pesanti). Il contributo del settore termoelettrico si attesta attorno al 2% sul recettore di Milano, mentre a
Roma è di poco superiore all’1%. Le concentrazioni di PM2.5 all’interno delle due aree urbane
sono influenzate anche dal trasporto da lunga distanza (rappresentato dai contributo del “bordo”) e che sul recettore di Roma in particolare, raggiunge il 20%.
Figura 5.18. Contributo alla concentrazione media annua di PM2.5 dovuto agli autoveicoli e alla produzione di energia dal settore termoelettrico. Le mappe riportano il contributo sia in valore assoluto che
come frazione rispetto alla concentrazione totale.
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Figura 5.19. Contributo dei diversi settori emissivi e delle condizioni al contorno alla concentrazione media annua di PM2.5 nei recettori di Milano e Roma
In conclusione, le analisi effettuate sul ruolo delle diverse sorgenti emissive nel determinare gli
attuali livelli di concentrazione degli inquinanti nell’aria portano a ritenere che scenari di sviluppo futuro in grado di incidere sull’attuale struttura dei trasporti potrebbero generare apprezzabili benefici in termini di qualità dell’aria. Diversamente, il contributo della produzione di energia
dal settore termoelettrico risulta modesto su tutto il territorio nazionale, in quanto, pur trattandosi di un contributo emissivo rilevante, esso è associato a sorgenti in quota, quindi meno influenti in termini di concentrazione al suolo. I risultati ottenuti sembrano quindi indicare che un eventuale aumento della produzione di energia elettrica, necessaria all’alimentazione dei veicoli
PEV/PHEV, non dovrebbe comportare peggioramenti apprezzabili alla qualità dell’aria.
5.2 Impatto sull’indotto
L’obiettivo del presente paragrafo è quello di proporre un’analisi qualitativa delle potenzialità
economiche e occupazionali dello sviluppo dell’auto elettrica con riferimento all’indotto del settore, tenendo conto sia delle attività funzionali alla riconversione che della nuova struttura delle filiere “a regime”. In particolare sono analizzate in questa sede le problematiche relative ai
nuovi attori protagonisti della filiera dell’auto elettrica, esaminandone le possibili dinamiche di
mercato e il relativo peso nell’economia produttiva del settore.
❑ 5.2.1 La filiera produttiva
Secondo uno studio recente [Deloitte, 2010], nel 2020 le dinamiche di riorganizzazione del settore automotive a livello globale porteranno a un assetto di mercato nel quale il 90% dei veicoli venduti sarà prodotto dai primi dieci costruttori. In questo panorama dunque, un ruolo determinante in particolare per le alimentazioni e propulsioni alternative sarà giocato dalle dinamiche di interazione fra i colossi del settore nella definizione di standard e approcci comuni in
grado di guidare l’evoluzione della domanda.
Per quanto riguarda quest’ultima, il principale driver di scelta sarà rappresentato da una sempre maggiore efficienza nei consumi, che dovrà essere perseguita dall’industria automobilistica attraverso la continua ricerca e lo sviluppo di prodotti basati sulle alternative al petrolio.
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