Intervista a Carmen Ravanelli Guidotti

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Intervista a Carmen Ravanelli Guidotti
IL SECOLO D'ORO DELLA MAIOLICA
7 giugno 2003 - 26 ottobre 2003
Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza - Fondazione
Di vile materia ma non di vile artificio
Intervista a Carmen Ravanelli Guidotti
conservatore del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza.
Uno dei temi più interessanti e originali che attraversano le ceramiche dell’Ermitage in
mostra a Faenza è senz’altro quello delle “belle”. Quali sono le caratteristiche di queste
gentili donne la cui bellezza è rimasta intatta dopo cinquecento anni di residenza a San
Pietroburgo?
In questa mostra sono ampiamente rappresentate le belle donne e particolarmente nella forma
più peculiare del ritratto non fisionomico ma idealizzato del Rinascimento, che decora due
coppe dette amatorie. Queste ceramiche costituivano un omaggio gentile alla donna amata in
occasione o in prossimità delle nozze. Era preferito il ritratto di profilo, molto spesso
accompagnato da un cartiglio su cui era epigrafato il nome della bella, e qualche epiteto
gentile. “Bella”, prima di tutto, sicuramente riferito alla bellezza interiore della donna, e poi
anche gentile, polita e così via.
Tra le coppe amatorie, in questa mostra, troviamo raffigurata però anche un coppia di
innamorati
Questo caso è molto più raro e fa parte dell’eccellenza della raccolta e del corpus collezionistico
in mostra. Abbiamo infatti la figurazione di due nubendi, fidanzati prossimi alle nozze. Si dice
che questa produzione amatoria o gamelia fosse proprio commissionata come dono nuziale e che
i giovani nubendi offrissero in queste coppe confetti e confetture ai convenuti alla fine dei
festeggiamenti nuziali.
I ritratti sono molto frequenti come motivo decorativo delle ceramiche in mostra e
rappresentano soggetti molto vari, dalle donne gentili, alle figure di santi fino ai grandi
cavalieri. Cosa hanno in comune soggetti così diversi?
All’interno del concetto più largo del ritratto possono essere incluse anche altre tipologie: tutti i
ritratti hanno in comune il tratto dell’idealizzazione. I grandi condottieri, visti come i cavalieri
dell’umanità, e quindi con tutte le caratteristiche ideali del cavaliere, venivano trattati con lo
stesso modulo che ritroviamo, ad esempio, nei disegni di Jacopo da Bologna del primo
cinquecento. Bisogna sottolineare, per la sua importanza, la presenza del busto del ritratto
Carlo V, proveniente da Castel Durante e quindi legata alla produzione di vita artistica di tema
ideale. Accanto a Carlo V in mostra c’è un’opera che raffigura Marcovaldo di Anweiler, che nel
1195 venne nominato dall’Imperatore Enrico VI duca di Ravenna e conte di Romagna. Il suo
ritratto ricorda molto da vicino i cavalieri con gli elmi fantastici così diffusi nell’iconografia del
Rinascimento.
Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
viale Baccarini 19 – Faenza RA - Tel. 0546.697311 - www.micfaenza.org – e-mail: [email protected]
Le ceramiche si colorano anche di motivi politici?
Certo. La rappresentazione di Carlo V non si limita al ritratto, ma attraverso una splendida
serie di opere istoriate ne viene celebrata anche la potenza e l’impronta che ha lasciato sulla
storia italiana. A far questo ci pensano le maioliche di Urbino e particolarmente di Francesco
Xanto Avelli, un “maiolicaro” tra i più affermati negli anni 30 del 1500, che ha lavorato per i
Della Rovere. Xanto viveva molto vicino alla corte, era un uomo colto, verseggiava sul retro dei
suoi piatti, ricordava le citazioni colte, le fonti letterarie. Questo artista ha dato risalto alla
figura di Carlo V in quelle maioliche che noi chiamiamo politiche e narrano in forma istoriata e
manierista, l’assedio di Firenze, il sacco di Roma, Roma punita sotto forma di allegoria della
donna lasciva. Questo aspetto in mostra è particolarmente importante e le committenze di
queste opere erano particolarmente influenti nella vita politica del tempo. Questo particolare si
può notare anche dalle araldiche presenti sui piatti che riconducono a famiglie molto in vista
nello scacchiere politico italiano come i Medici, e i Della Rovere. In mostra troviamo un bacile
fastosissimo, abbinato ad una fiasca dello stesso grande servizio, con la raffigurazione della
discesa di Carlo V in Italia, che porta l’arma del duca Guidobaldo II Della Rovere. Sicuramente
erano oggetti che appartenevano ad un più vasto servizio granducale .
Ci può segnalare un pezzo particolarmente importante della mostra, uno dei suoi
“preferiti”?
Un gruppo di plastiche, ben quattro opere modellate, che rappresentano l’espressione più tarda
della maiolica italiana rinascimentale. Le plastiche a tutto tondo dell’officina di Patanazzi ad
Urbino, chiudono infatti il periodo della maiolica italiana rinascimentale e umanistica. Sono
quasi tutte parti superiori di calamai molto articolati che erano veri e propri servizi completi per
la scrittura. Avevano una base con cassettini che potevano contenere il porta calamo, i pennini,
le piume, lo spolvero per la polvere. A decorazione del tutto era posto questo “fastigium”
sovrapponibile, come un coperchio. In mostra non ci saranno dunque solo piatti, coppe, oggetti
d’uso canonici, ma anche composizioni plastiche che erano l’ornamento fastoso e policromo di
oggetti d’uso più articolati. Tra queste anche un guttatoio, versatore per liquori, essenze, elisir,
raffigurante Bacco.
I temi della decorazione ceramica di queste opere, la forma dei manufatti, le stesse
destinazioni d’uso, sono molto eterogenee. A cosa possiamo far risalire questa
caratteristica?
Risalta da queste opere il fatto che gli artisti della maiolica erano capaci, particolarmente nel
Rinascimento, di entrare a colloquio con le altre arti. Queste opere plastiche di cui abbiamo
parlato attingono ai bronzetti, agli argenti. I rinfrescatoi a triangolo, ad esempio, non sono altro
che la versione policroma e istoriata di grandi bacili in bronzo dorato, in argento sbalzato, che
poi figuravano sulle mense di corte e aristocratiche. L’arte della maiolica, come si legge nelle
antiche carte, è di vile materia ma non di vile artificio. I manufatti assumono dignità in virtù di
questa duttilità straordinaria. Gli artigiani, con la loro maestria, sono stati in grado di elevarsi al
livello di artisti, abbandonando lo statuto dei vasai per entrare a pieno titolo nel grande mondo
dell’arte, in piena sintonia con la cultura del tempo. Per questo le ceramiche sono in grado di
rappresentare la cultura italiana del Rinascimento nel suo momento più rigoglioso. Non a caso la
mostra si intitola l’età d’oro.
Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza
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