Newsletter Maggio 2015
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Newsletter Maggio 2015
AESI ASSOCIAZIONE EUROPEA DI STUDI INTERNAZIONALI www.aesieuropa.eu IN COLLABORAZIONE CON : COMMISSIONE EUROPEA Rappresentanza in Italia CASD Circolo Studi Diplomatici SEMINARI DI STUDI EUROPEI PREPARATORI ALLE CARRIERE INTERNAZIONALI E COMUNITARIE “AVVENIRE DELL’UNIONE EUROPEA: RIFORMA E SOSTENIBILITA’ ” 4 ANNO ACCADEMICO 2014/2015 NEWSLETTER MAGGIO 2015 A CURA DI: Amb. Gianfranco Varvesi e Dott.ssa Federica Parisi – AESI PROGRAMMA 12 Maggio 2015 SALA DEL REFETTORIO – PALAZZO SAN MACUTO ore 16.00 PARLAMENTO ITALIANO “VALORI DEMOCRATICI ED ETICA” Saluto : Amb. Enrico Pietromarchi – Presidente On. AESI Coordinatore: Prof. Massimo Maria Caneva – Presidente AESI Dott. Lucio Battistotti – Direttore Rappresentanza Commissione Europea in Italia Amb. Daniele Mancini – Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Prof. Ugo Villani - Comitato Scientifico AESI e Ordinario Diritto Internazionale Università di Bari Prof. Rev. Robert Gahl – Pontificia Università Santa Croce (Santa Sede) Modera: Dott. Diego Rovelli - Direzione -AESI Intervento del Prof. Massimo Maria Caneva – Presidente AESI Le divisioni ravvisabili oggi in Europa, nel momento in cui si sente l’urgenza di un condiviso ordinamento istituzionale che faciliti sia l’integrazione tra gli Stati membri e sia un nuovo programma comune di politica estera (pensiamo a quanto sta avvenendo nel Mediterraneo ed in Medio Oriente dove intere popolazioni sono lasciate sole davanti al dramma non solo dei conflitti, ma anche delle violente persecuzioni religiose), dipendono dalla mancanza di chiare regole istituzionali di gestione comunitaria delle diverse problematiche, ma soprattutto sono espressioni di forti contrasti ed interessi politici sotterranei tra potenti schieramenti internazionali di lobbies finanziarie che provocano una sorta di incomprensione e smarrimento politico dell’Europa. Inoltre una profonda crisi di identità, incrementa il numero degli scettici e favorisce i nemici dell’Europa. Magistralmente presentata e diffusa attraverso gli organi di informazione mediatica per avere poi una vasta risonanza nell’agone politico, la nuova strategia è quella di una esasperata globalizzazione della ricerca della propria sicurezza e di una competitività dell’uno contro l’altro, che ha dimenticato la dimensione della cultura della solidarietà e del bene comune. Come ci si può stupire allora quando molti cittadini europei, invece di guardare con interesse alla comune casa europea, corrono dietro a nuove formule di rinascente nazionalismo che esacerbano la vita civile creando rancori e divisione? L’avvenire dell’Europa è la riscoperta della finalità antropologica della politica, la quale acquista autorevolezza solo se e nella misura in cui riscopra che il singolo cittadino non può mai essere trattato come strumento, ma come fine dell’azione politica. Se è vero questo, è tanto più doveroso e necessario denunciare cha alla base di tutto ciò c’è una grande crisi della nostra epoca che si esprime soprattutto come profonda crisi della verità sull’uomo e sulla donna e quindi delle loro responsabilità. Il vero pericolo, in altre parole, è un nuovo tipo di pericolosa globalizzazione intesa ed organizzata da alcune grandi potenze politiche e finanziarie mondiali che hanno bisogno di giovani, di politici dal pensiero debole su questi temi. Infatti, lì dove si riscopre una convinzione forte ed eticamente fondata in termini umani e professionali, dove si lotta per un desiderio di coerenza nella ricerca della verità sull’uomo e sul mondo, questo tipo di “globalizzazione del potere” agisce spesso con pressioni politiche, economiche e talvolta militari. Ma spesso riscontriamo anche l’indifferenza cinica di chi lascia fare perché si esauriscono le forze dei contendenti per poi imporre sanzioni e protocolli che mai potranno essere espressione della vera pace. Il pensiero debole è la base quindi di un nuovo concetto di manipolazione delle coscienze laicista molto sottile e particolarmente fecondo nei sistemi democratici occidentali. Esso significa mancanza di responsabilità personale ed oggi si impone attraverso le logiche di mercato del benessere a tutti i costi e della pubblicità selvaggia con uno strano concetto di libertà dell’uomo sull’altro uomo. Per questo l’AESI ripensa l’idea di università in Europa, valorizzare il suo ruolo di servizio alla società ed alla ricerca di soluzioni comuni alle più urgenti necessità della comunità internazionale, ad una corretta comprensione della problematiche internazionali, a favorire l’elaborazione di quelle soluzioni comuni che risultano importanti per fornire risposte adeguate alle drammatiche crisi di oggi, soluzioni nelle quali si sperimenti personalmente il valore della cooperazione e della solidarietà. Non dimentichiamo che l’università può essere il luogo dove le soluzioni per un progresso civile e culturale di integrazione possono essere cercate con serenità e professionalità senza perdere di vista il futuro ed i suoi tempi di attuazione. L’università deve avere una sua coscienza, ma anche una forza intellettuale e morale la cui responsabilità si estende alle necessità di tutta l’umanità. Gli aspetti sociali della cittadinanza sono stati rappresentati e perseguiti come dimensioni economiche e politiche tout court senza cercarne una sufficiente comprensione e giustificazione sul terreno dei diritti della persona. Alla radice di questa crisi internazionale, non ci sarà forse in realtà una nuova pericola dottrina di alcuni riguardante perversi stili di vita e visioni politiche ed etiche della stessa convivenza umana? Fomentando il terrore e lo spettro della recessione, essi portano la comunità internazionale a temere inesorabilmente per il proprio futuro, facendo precipitare le economie di interi paesi e facendo ricadere su interi popoli - e non su i veri responsabili – la colpa di drammatiche crisi, sin anche di atti terroristici. Imponendo strategie politiche di questo tipo, si ritiene allora che l’uso della forza sia l’unica soluzione a tutto. Si umiliano così con la violenza non solo la persona umana, ma anche interi popoli che versano già in situazioni di crisi profonda, specie per l’assenza di sistemi democratici. Si pensa a proposito, che il terrorismo debba essere affrontato con una “azione preventiva della forza” a tutti i costi e senza confini. Ma l’odierna crisi delle Nazioni Unite e dell’Enione Europea dove va ricercata, quali sono le origini profonde? L’Europa si è divisa perché alla base della sua integrazione non c’è stata la forza della condivisione fino in fondo di comuni ideali e di comuni strategie per ottenerli e preservarli. Una Europa unita nella presente crisi del Mediterraneo avrebbe potuto giocare la sua parte nello scenario mondiale con più credibilità. Gli Stati non vogliono essere disturbati nella loro vita sociale ed economica, non si apre ad una cultura della solidarietà perché ci sono politici che urlano contro questo ideale per ottonere consensi e voti, camuffandosi in salvatori della patria. Per avere una sua forza l’Europa, soprattutto nella ricerca della pace e della sicurezza internazionale, deve in primo luogo fondare la sua integrazione sui valori più profondi della persona umana, comprendere che l’allargamento sino ai suoi confini geografici, storici e culturali è un imperativo inderogabile dopo il secondo conflitto mondiale e che le crisi internazionali sono una comune responsabilità. Le scelte della pace e per la pace non sono,come alcuni desiderano oggi erroneamente far credere alla comunità internazionale, “scelte deboli ed irresponsabili”. Scegliere la via della pace e del bene comune è invece espressione di una politica lungimirante capace di grande comprensione della realtà dell’uomo, della sua cultura, delle sue esigenze e dei suoi problemi. Intervento del Dott. Lucio Battistotti Direttore Rappresentanza Commissione Europea in Italia VALORI DEMOCRATICI ED ETICA NELL'AZIONE DELL'UE Permettetemi di iniziare con una citazione del Discorso del Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz tenuto nella giornata internazionale della democrazia lo scorso 15 settembre, "la democrazia ha bisogno di impegno civico, di meccanismi e di istituzioni inclusive, trasparenti ed efficaci, di fiducia reciproca, di un senso di responsabilità collettiva e del coraggio di lavorare per il bene comune". Il processo di integrazione europea, promuovendo la creazione del primo Parlamento sopranazionale della storia eletto a suffragio universale, ha compiuto un passo importante verso l’affermazione di una forma di democrazia sovranazionale. Questo è il senso dell’unificazione europea: essa si configura come una tappa nella storia dell’evoluzione delle forme di governo, come l’avvio di nuove forme di statualità, basate sulla solidarietà tra le nazioni e sulla democrazia sovranazionale. La cosiddetta multilevel governance, cioè la redistribuzione del potere su diversi piani di governo è infatti un processo costante per rendere maggiore l'efficienza delle istituzioni politiche. È uno strumento per restituire alle democrazie poteri decisionali su questioni determinanti per il futuro dei popoli. Il funzionamento dell'Unione si fonda su tre principi democratici: l'uguaglianza, la rappresentatività e la partecipazione. In una moderna democrazia come l'Unione europea, i cittadini devono avere infatti a disposizione anche modi diretti di determinare l'agenda politica e partecipare al processo decisionale. Mentre la democrazia rappresentativa si esprime attraverso istituzioni elettive come il Parlamento europeo, la democrazia partecipativa si concretizza nei trattati europei attraverso un nuovo strumento: l'iniziativa dei cittadini europei. Il trattato di Lisbona ribadisce infatti il principio dell'uguaglianza democratica, vale a dire il diritto dei cittadini a beneficiare di uguale attenzione da parte delle istituzioni europee, rafforza la democrazia rappresentativa, affidando al Parlamento Europeo un ruolo più importante e coinvolgendo maggiormente i parlamenti nazionali, e sviluppa la democrazia partecipativa attraverso nuovi meccanismi di interazione tra i cittadini e le istituzioni, come il diritto di iniziativa. L'articolo 11 comma 4 del TUE stabilisce che: "Cittadini dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri (almeno 7 diversi Stati Membri), possono prendere l'iniziativa d'invitare la Commissione europea, nell'ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione ai fini dell'attuazione dei trattati". Questo nuovo strumento dà, quindi, la possibilità di determinare l'agenda politica dell'Unione europea: i cittadini possono individuare un problema e chiedere che l'UE intervenga per risolverlo. Non è né una petizione (diritto, questo, già esercitabile dai cittadini europei sia individualmente che in forma associata), né uno strumento decisionale diretto come il referendum, ma è da considerarsi invece come l'equivalente del diritto del Parlamento europeo e del Consiglio di chiedere alla Commissione di proporre nuove norme. Ricevuta l'iniziativa, infatti, la Commissione è tenuta a considerare se e quali azioni intraprendere e a motivare la sua decisione di agire o meno in tal senso. In sintesi, avendo un carattere transnazionale e determinando l'agenda europea, l'iniziativa dei cittadini è un modo nuovo di partecipare alla moderna democrazia, che apre la strada sia al dialogo tra cittadini di tutta Europa che alla comunicazione "dal basso" dei cittadini con le istituzioni dell'UE. Si può inoltre rilevare come la democrazia europea abbia dimostrato la capacità di evolvere grazie anche alla sperimentazione di procedure (il "metodo funzionalista") che solo in un secondo momento sono state istituzionalizzate. Si sono quindi sviluppate prassi partecipative che hanno permesso di creare un legame con i cittadini con l’obiettivo di colmare, almeno in parte, il deficit democratico dell’UE. Un esempio è il coinvolgimento della società civile e dei gruppi d'interesse tramite le pratiche di consultazione messe in atto dalla Commissione, il dialogo sociale, le forme di partenariato, i comitati consultivi e il dialogo civile promossi dal Comitato economico e sociale. La Commissione europea, d'altra parte, si è aperta da molto tempo alle rappresentanze dei gruppi d'interesse e delle organizzazioni della società civile ed ha riconosciuto il contributo che tali attori possono offrire sul piano tecnico nell’acquisizione di informazioni e nella verifica ex ante delle potenziali decisioni, fornendo anche una fonte indiretta di legittimazione dell’operato delle istituzioni dell’UE. Vorrei evidenziare che sin dal suo preambolo, il Trattato sull'Unione Europea fa menzione dei valori democratici fondanti della stessa: "Ispirandosi alle eredità culturali, religiose ed umanistiche dell'Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili ed inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza e dello stato di diritto; […] Confermando il proprio attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali nonché dello Stato di diritto, […] (i capi di stato e di governo) hanno deciso di istituire l'Unione Europea". La democrazia viene poi riaffermata nell'articolo 2 del TUE come principio fondamentale: "L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini." Inoltre il termine figura ancora nell'articolo 10 in relazione alla democrazia rappresentativa("il funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa")e nell' articolo 21 in relazione all'azione esterna dell'UE: "L'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l'allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale". Infine, il principio di democrazia è presente anche nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione europea. Quest'ultima precisa e garantisce, tanto per i cittadini dell'Unione quanto per coloro che in essa vi risiedono (indipendentemente dalla nazionalità e dal periodo di soggiorno), principi etici e diritti che ispirano l'Unione, e che sono riconducibili alla dignità, alla libertà, all'uguaglianza, alla solidarietà, alla cittadinanza ed alla giustizia: "Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell'uguaglianza e della solidarietà; essa si basa sul principio della democrazia e sul principio dello Stato di diritto. Pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia". Vorrei citare l'amico e Professore Vincenzo Guizzi che nel suo Manuale di diritto e politica dell'Unione europea recentemente pubblicato definisce il principio democratico come "una vera condicio sine qua non dell'essere europeo". Che rilevanza viene data a questo principio nelle priorità politiche della commissione? Il cambiamento democratico è fra le 10 priorità del Presidente Juncker e della sua Commissione che è stata costruita mediante un processo democratico di audizioni parlamentari: "Un'Unione di cambiamento democratico" è proprio la decima priorità della Commissione. I cittadini si aspettano che l'UE dia prova della massima trasparenza possibile sul lavoro della Commissione e che venga rafforzata la rendicontabilità e l'accessibilità (ai cittadini) delle azioni dell'UE. Per questo la Commissione potenzierà gli strumenti di cui dispone per legiferare meglio, in particolare le consultazioni pubbliche. Questi elementi sono richiamati dal Presidente Juncker nel suo programma di lavoro presentato al Parlamento in occasione nella sua elezione il 15 luglio 2014. Si tratta di un vero e proprio manifesto politico proposto da un presidente che ha una maggiore forza democratica rispetto ai precedenti poiché - come sapete - è stato proposto come candidato dalla famiglia politica del PPE prima delle elezioni del Parlamento europeo. Vorrei concludere infine sottolineando come il principio di democrazia trovi una sua immediata concretizzazione attraverso i cosiddetti "Citizens' Dialogues" (dialoghi con i cittadini) che la Commissione sta organizzando in tutta Europa per incontrare cittadini e ragazzi e discutere direttamente con loro su temi e preoccupazioni che li riguardano. La Commissione si sottopone così a un controllo democratico molto forte. Proprio lo scorso sabato 9 maggio per la festa dell'Europa è stato organizzato un "Citizens' Dialogue" a Milano nel quale il Presidente del Parlamento europeo Martin Schulz e l' Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Federica Mogherini hanno incontrato i cittadini. Ho cercato di darvi così una panoramica sui riferimenti al principio democratico presenti nei trattati dell'Unione Europea e su come nella pratica esso si realizza nell'attività della Commissione nei confronti dei cittadini. Nella speranza di esservi stato utile vi ringrazio dell'attenzione e vi auguro buon proseguimento. Intervento dell’ Amb. Daniele Mancini – Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Ministero Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e Comitato Scientifico AESI “VALORI DEMOCRATICI ED ETICA” Ringraziamenti; Complessità del tema assegnato; inevitabilità di una “lettura” parziale; Auspicio di poter suscitare interrogativi, dubbi, aggiornare la bussola più che fornire risposte; importanza dei “punti di riferimento”; - Individuare le “lignes d’horizon” (Attali) I) - Partire dalla definizione etimologica delle parole che compongono il tema assegnato, per evitare il relativismo e le genericità: - Valori, democrazia, etica; 1. Valori: quanto considerato desiderabile da un individuo o una società. I valori variano storicamente e geograficamente perché non appartengono a categorie assolute, bensì sono frutto dello “spirito dei tempi” (es.: schiavitù, democrazia, etc.) 2. Democrazia: dal greco démos: governo del popolo; sistema di governo in cui la sovranità è esercitata dall’insieme dei cittadini; - Evoluzione storica del concetto: differenza tra l’era antica e la democrazia liberale; - Democrazia nel mondo moderno: tutti gli Stati si definiscono democratici (es. “democrazie popolari”); - Democrazia “sostanziale”, “democracy index” dell’Economist (Italia 31° posto su167); - - Contraddizioni della democrazia: paradosso di una maggioranza che vuole divenire antidemocratica: il “suicidio di Weimar”; 3. Etica: dal greco éthos: carattere, comportamento, consuetudine; - Branca della filosofia che studia i fondamenti razionali che permettono ai comportamenti umani di venire distinti tra “ciò che è giusto e ciò che non lo è”, buono, lecito etc; - - Non ci addentreremo nell’analisi di etica laica ed etica religiosa; Segnalo l’importante tema dell’etica applicata alla scienza-biotica (1970) ed ecosofia , ovvero i problemi che travalicano l’ambito del sapere scientifico per investire quello delle responsabilità morali e della regolamentazione giuridica : si pensi, ad esempio, alla pillola di Pincus per la contraccezione ormonale (1953); ai trapianti d’organo (1967); al concepimento in vitro (1978); alla clonazione (1997); - Etica dei media e della comunicazione (web etica); - Neuroetica; - Etica e finanza; - Etica e lavoro 4. Differenza tra etica e morale: - - - - - - L’etica pone una cornice di riferimento dei canoni e dei confini entro i quali la libertà umana si può esprimere ma essa si occupa anche del “senso dell’esistenza”. Sebbene siano utilizzati come sinonimi, etica e morale non coincidono; per morale si intende assieme dei valori, norme e costumi di un individuo o di un gruppo umano, invece con etica ci si riferisce all’intento razionale (cioè filosofico) di fondare la morale intesa come disciplina non soggettiva, cioè non “personale”; II) Esiste in concetto di etica nelle relazioni internazionali ?; Non ha senso porre la questione dell’obiettività e dell’imparzialità in via teorica; Es: cos’è la realpolitik? Patto Molotov-Ribbentrop. Giri di valzer; il nemico del mio nemico è mio amico; è etico l’atteggiamento delle grandi potenze verso la Siria? E’ etico l’atteggiamento della UE nel Mediterraneo? Esperienza personale: ho rappresentato l’Italia presso Paesi diversi: Primo e Terzo mondo; bilaterale e multilaterale; Nord e Sud; diversi gradi di rappresentatività democratica, composizione etnica, affiliazione religiosa; Non posso dire di avere mai incontrato una universale accettazione di nessuno dei tre termini oggi propostici: valori, democrazia, etica; Soffermiamoci sui concetti di: Occidente (in rapporto a quale Oriente? Vedasi la spietata analisi di Edward SAID), Occidente e rapporto con il “Rest of the world”, Rapporti Nord-Sud del mondo; Oggi assistiamo al declino del “nostro mondo” e dei “nostri valori” più che al declino universale alla fine della centralità dell’Occidente durata 500 anni; nel 1950 USA producevano il 50% del pil mondiale; oggi altri “mondi” emergono e altri “valori” si affermano, anche se li rifiutiamo (nichilismo, indifferenza, fondamentalismi, separazione tra mercato e democrazia); Crisi delle istituzioni nate a Bretton Woods, del WTO; del CSNU; Crisi della governance: che è oggi “in control”? (Immagine di Thierry de Montbrial e del treno); Quante elaborazioni alla fine del XX secolo: II secolo americano; secolo dell’Asia, (India); La realtà è che oggi il mondo è di nessuno (Kupchan: “no one’s world”); - - - - - - - - - Tramonto dell’era della “democrazia liberale”?; III) Ultimo libro di Sergio Romano: “Guerra Fredda, la controstoria”; L’Europa passa dalla pace della Guerra Fredda alla guerra vera (Yugoslavia, Kosovo, Ucraina, oggi Mediterraneo); La fine della Guerra Fredda ha avuto come effetto “la rimessa in movimento della storia” (smentendo Fukuyama) il sorgere dell’era dell’instabilità, degli Stati falliti (Bosnia, Somalia, etc) , dei non-Stati (ISIS, Gaza, Kurdistan, Bosnia, Kosovo, Siria, Libia); Le grandi incognite: come si combatte un “non Stato”? Come lo si governa? Come si ricostruisce l’ordine perduto?; Mio punto, collegato alla “questione etica”: attenzione ad esprimere nostalgia per l’ordine della Guerra Fredda, che assicurava stabilità ma non moralità; Siamo sul “ciglio dell’Abisso”? (John Foster Dallas); L’Occidente non è mai stato tanto in guerra come da quando è finita la Guerra Fredda: Balcani, Afghanistan, due volte in Iraq, Libia; oggi la coalizione anti-ISIS; Mali; Somalia; Venti anni di guerre si lasciano alle spalle “Stati falliti”, proliferazione di soggetti non statali, che danno origine alle “guerre asimmetriche”; Non c’è più l’ordine di Westfalia e del Congresso di Vienna o della pace di Versailles. Sempre meno funziona l’ONU; non c’è più il poliziotto del mondo; non c’è ancora l’Unione Europea; Nuovi protagonisti (BRICS, Next Eleven etc) reclamano una più ampia e democratica governance, partecipazione al governo dell’economia globale, della sicurezza, della giustizia, dell’ambiente. Ciò richiederà più regole e non meno; più democrazia e non meno; più valori condivisi e non meno. Il mondo tendenzialmente diviene un’impresa cooperativa (“e pluribus unum”). IV) Soffermiamoci un momento sul concetto di “guerra giusta”. Ne hanno scritto Agostino d’Ippona; Tommaso d’Aquino; Erasmo da Rotterdam; Grozio; i Giusnaturalisti; Montesquieu; il romanticismo, fino ad arrivare a Michael Walzer; Prendiamo in considerazione il tema dell’”ingerenza umanitaria”, i cui precursori furono alcuni grandi Papi, da Benedetto XV a Pio XII a Paolo VI, fino ad arrivare a Giovanni Paolo II, che definì il magistero dell’”Ingerenza umanitaria” (i quattro fondamenti); Essa sembrava definire l’evoluzione del diritto internazionale, di cui rimetteva in discussione alcune strutture portanti (sovranità statale, il significato di nazione etc.); In quello scenario, l’ingerenza umanitaria, che si fonda sulla dignità della persona, può essere paragonata ad una piccola barca che fa vela verso la riva di un nuovo ordinamento internazionale; - - - - - - - - In Occidente, di fronte al declino economico e a quello dei valori tradizionali, si risponde con le visioni apocalittiche da catastrofismo ambientale; visioni intimistiche e irrazionali; si rifiuta l’idea del progresso; Oggi Papa Francesco parla di combattere “la globalizzazione dell’indifferenza”; V) Coniato il termine di Antropocene o era dell’uomo; La tendenza, è quella di passare da una visione basata sugli Stati (stato-centrica), ad una basata sugli individui (umano-centrica). Sicurezza e sviluppo sono sempre più legati alle esigenze dell’essere umano; Crisi della forma Stato; cresce la rete delle interdipendenze: tra locale, nazionale e internazionale; tra intergovernativo, transnazionale e soprannazionale; tra etica, diritto e politica, tra economia di mercato ed economia di giustizia; tra persona umana e ambiente naturale; tra persone e popoli; tra popoli e famiglia umana universale; Viviamo in un’era di interdipendenza planetaria, in cui cresce il potere degli individui e diminuisce quello degli Stati e delle Nazioni. VI) Sachs, convegno con SSNU all’Accademia delle Scienze Sociali: interconnessioni della società globale: aziende, idee, malattie, moda; si va definendo la necessità di una era dello sviluppo sostenibile: se è chiaro l’obiettivo, globale ed etico, mancano ancora gli strumenti e la visione politica; Cresce la spinta dal basso, l’autorganizzazione della società civile: i mass media, le Chiese, le organizzazioni non governative, i gruppi di pressione: entità che sempre più assurgono al ruolo di forza di polizia planetaria; non gendarmi del mondo, ma di coscienza civica; (società civile globale) Necessario costruire non muri, ma ponti; sviluppare le interconnessioni tra scienza e fede; favorire il dialogo tra le religioni; Tutto ciò richiama la responsabilità etica di ciascuno di noi; non cerchiamo alibi, non ci piangiamo addosso; “Staffetta generazionale”: le due ultime generazioni hanno sconfitto i totalitarismi, e avviato il boom economico e consolidato le basi del mondo globale; la vostra generazione avrà il compito di compiere un grande “aggiornamento”: preservare l’ambiente, estinguere la povertà, battaglia mai vinta una volta su tutte; la storia non finisce. VII) Conclusioni: dobbiamo credere che non esistano valori universali? La giustizia, la verità, la carità, la solidarietà, la fratellanza, l’amore, sono valori universali, validi in ogni tempo; Quando tante persone affogano nel Mediterraneo sappiamo ciò che è etico e ciò che non lo è; così come quando sappiamo che 900 milioni di persone soffrono la fame e 800 milioni sono gli obesi; - - - - Questi sono valori universali. Poi ne esistono di relativi, ad esempio, sono etici o meno gli OGM? A questa domanda il Padre della “Rivoluzione verde” e Premio Nobel per la Pace nel 1970, Norman Bourlag, rispose: “ se lo chiedete a che ha fame vi risponderà che non è etica la fame. Se lo chiedete ad un occidentale vi dirà forse di no perché non ricorda più cosa è la fame. Necessità di una “riumanizzazione” dell’umanità, nel momento in cui tutti i valori e parametri tradizionali vacillano e divengono inadeguati: non funziona più il mercato; tramonta il concetto classico di democrazia liberale; proliferano i soggetti internazionali e si indebolisce l’idea di nazione e di stato; divengono evidenti i “limiti dello sviluppo” (ricordo il “rapporto sui limiti dello sviluppo” “The limits of growth” del Club di Roma e del MIT del 1972); è in crisi il concetto tradizionale di famiglia nucleare. Al punto che si parla di “post umanità” o “trans-umanità”; Creare i presupposti per un Nuovo umanesimo: (convegno di Assisi del marzo 2014 presso l’Istituto Teologico). La dignità della persona deve essere posta o riportata al centro del disegno: corpo e anima, cultura e spiritualità; vita personale, sociale e politica. Combattere il relativismo etico, che induce a ritenere inesistente un criterio oggettivo e universale per stabilire il fondamento e la corretta gerarchia dei valori. A questo punto possiamo rispondere alla domanda lasciata in sospeso in precedenza. Esiste un’etica nelle relazioni internazionali? Possiamo rispondere che esiste un crescente bisogno di etica nello sviluppo di una visione globale del mondo, più dal basso che dall’alto. “La storia è in movimento e bussa alla nostra porta: è il momento di far sentire la nostra voce” (Le Monde: Daniel Rauchan). Intervento del Prof. Ugo Villani - Ordinario Diritto Internazionale Università di Bari e Comitato Scientifico AESI L’Unione europea si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, valori che sono comuni agli Stati membri. Riguardo alla democrazia va osservato che, sin dalle loro origini, le Comunità europee hanno sofferto di un deficit democratico derivante, principalmente, dal trasferimento di poteri legislativi dagli Stati membri alle stesse Comunità. Tale trasferimento aveva comportato una sottrazione di poteri ai parlamenti nazionali che, per quanto “fisiologica” nel processo di integrazione europea, non era stata accompagnata da alcuna misura di compensazione a livello europeo. Il Parlamento europeo, infatti, deteneva un potere meramente consultivo rispetto alle proposte formulate dalla Commissione, mentre il potere decisionale era concentrato nel Consiglio, formato dai ministri degli Stati membri. Nel Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 i principi democratici sono enunciati, anzitutto, nella forma della democrazia rappresentativa. A questo riguardo l’art. 10 TUE ribadisce una duplice legittimità: essa consiste, da un lato, nella legittimità “europea”, che si manifesta nella rappresentanza diretta dei cittadini dell’Unione nel Parlamento europeo; dall’altro, nella legittimità “nazionale”, che si esprime nella rappresentanza indiretta dei popoli dei singoli Stati membri nell’ambito del Consiglio europeo e del Consiglio, attraverso i Capi di Stato o di governo e, rispettivamente, attraverso i governi, a loro volta democraticamente responsabili verso i parlamenti nazionali (o verso i loro cittadini). Per quanto riguarda il Parlamento europeo, anzitutto è prevista, quale procedura legislativa ordinaria, la “codecisione”, nella quale l’adozione di un atto avviene solo se esso sia approvato sia dallo stesso Parlamento che dal Consiglio. Esistono, peraltro, procedure legislative speciali, nelle quali solitamente l’atto è adottato dal Consiglio con la partecipazione del Parlamento in funzione meramente consultiva. Inoltre in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) il Parlamento non partecipa in alcun modo al procedimento decisionale, limitandosi ad essere consultato regolarmente dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali e ad essere informato. Anche nella governance europea dell’economia, che pure incide sensibilmente sulla vita quotidiana dei cittadini, il Parlamento europeo è collocato in una posizione sostanzialmente marginale. Va infine sottolineato che il Parlamento e i suoi membri non hanno tuttora poteri di iniziativa legislativa. Il Parlamento europeo può solo chiedere alla Commissione di presentare adeguate proposte sulle questioni per le quali reputa necessaria l’elaborazione di un atto dell’Unione ai fini dell’attuazione dei Trattati. Per la nomina della Commissione, il Consiglio europeo propone al Parlamento europeo un candidato alla Presidenza, destinato ad essere eletto dallo stesso Parlamento a maggioranza dei suoi membri, “tenuto conto delle elezioni del Parlamento europeo e dopo avere effettuato le consultazioni appropriate” (art. 17, par. 7, TUE). Il riferimento ai risultati elettorali del Parlamento induce a prefigurare il candidato Presidente della Commissione come politicamente coerente con la maggioranza parlamentare, subordinando sempre di più l’individuazione del Presidente (e, indirettamente, dell’intera Commissione) all’orientamento politico del Parlamento. È sulla base di questa disposizione che, in occasione delle elezioni del Parlamento europeo del maggio 2014, i principali raggruppamenti politici si sono presentati ciascuno con un proprio candidato Presidente. Com’è noto, il Consiglio europeo ha designato quale Presidente il leader del partito “vincitore” delle elezioni, Jean-Claude Juncker del Partito Popolare europeo, il quale ha poi ottenuto la “fiducia” del Parlamento europeo. Il legame di fiducia politica tra il Parlamento e la Commissione emerge anche dalla possibilità, prevista sin dai Trattati originari, che il Parlamento europeo, con una mozione di censura, determini le dimissioni dell’intera Commissione, nonché dal potere dello stesso Parlamento e dei suoi componenti di rivolgere interrogazioni alla Commissione e dall’esame che il Parlamento compie della relazione generale annuale della Commissione. Nei rapporti con il Consiglio va sottolineato che il Parlamento europeo non condivide solo, di regola, i poteri legislativi, ma anche quelli in materia di approvazione del bilancio. Peraltro il Parlamento resta in una posizione marginale nella definizione del sistema delle risorse proprie, esercitando al riguardo un ruolo meramente consultivo. Ai parlamenti nazionali è dedicato l’intero art. 12 TUE, il quale, dopo avere dichiarato che essi contribuiscono attivamente al buon funzionamento dell’Unione, dispone che siano informati dalle istituzioni europee e ricevano i progetti di atti legislativi, in conformità del Protocollo n. 1. Questo stabilisce dei termini prima dei quali il progetto non può essere esaminato o approvato dal Consiglio, al fine, evidentemente, di consentire ai parlamenti nazionali un adeguato esame e discussione del progetto e la formulazione di osservazioni e atti di indirizzo nei riguardi dei propri esecutivi. In alcuni casi i parlamenti nazionali possono avere rapporti diretti con le istituzioni europee. L’ipotesi di maggior interesse riguarda il controllo preventivo sul rispetto del principio di sussidiarietà nei progetti di atti legislativi europei, che ciascun parlamento nazionale (o sua camera) può esercitare formulando un parere motivato nel quale dichiara di ritenere che il progetto non sia conforme a tale principio. Il parere va tenuto in conto dalle istituzioni proponenti; se proviene da almeno un terzo dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato e, al termine del riesame, l’istituzione proponente è tenuta a motivare la sua decisione, di mantenere il progetto, così come di modificarlo o ritirarlo. Infine, se un atto da adottare con la procedura legislativa ordinaria sia contestato dalla maggioranza dei voti dei parlamenti nazionali, la Commissione deve riesaminare la proposta e, ove intenda mantenerla, deve inviare il proprio parere e quelli dei parlamenti nazionali al Parlamento europeo e al Consiglio. Questi ne tengono conto e, anteriormente alla conclusione della prima lettura, esaminano la compatibilità della proposta con il principio di sussidiaretà. Se il Consiglio o il Parlamento europeo ritengono che la proposta sia incompatibile con tale principio essa non forma oggetto di ulteriore esame. L’attribuzione di un siffatto potere ai parlamenti nazionali suona quale espressione di accresciuta sensibilità per i principi democratici, non solo per l’ovvia considerazione che detti parlamenti sono organi squisitamente democratici; ma anche perché tende a garantire che sia rispettata quella esigenza – sottesa al principio di sussidiarietà – che le decisioni siano prese nella maniera il più possibile vicina ai cittadini. L’art. 11 TUE contempla varie forme anche di democrazia partecipativa. Le istituzioni, anzitutto, danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la possibilità di fare conoscere e di scambiare pubblicamente le proprie opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione; in secondo luogo è prescritto che sia assicurato un dialogo aperto, trasparente e regolare tra le istituzioni europee e le associazioni rappresentative e la società civile; infine la Commissione, allo scopo di assicurare la trasparenza delle azioni dell’Unione, procede ad ampie consultazioni delle parti interessate. Nel contesto della democrazia partecipativa è previsto un potere di iniziativa legislativa popolare. Cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione e aventi la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono invitare la Commissione, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali essi ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione dei Trattati. La più precisa regolamentazione di tale iniziativa popolare è contenuta nel regolamento n. 211/2011 del 16 febbraio 2011, il quale ha già trovato alcune applicazioni in materia particolarmente “sensibili”, come il diritto all’acqua, i diritti dell’embrione, l’abolizione della vivisezione. In conclusione, malgrado alcune “zone d’ombra” (si pensi alla PESC) e talune tendenze verticistiche, come quelle risultanti dal rafforzamento del ruolo del Consiglio europeo, ci sembra che il quadro attuale mostri un complessivo avanzamento dei principi democratici nella costruzione europea. Esso deriva non solo dal netto ampliamento dei poteri del Parlamento europeo, ma anche dal nuovo ruolo assegnato ai parlamenti nazionali, il quale intacca il monopolio governativo della rappresentanza degli Stati e può risultare particolarmente congeniale a un’esperienza non meramente internazionale, ma sopranazionale qual è quella europea. In ogni caso le diverse forme ed espressioni nelle quali oggi si atteggiano i principi democratici offrono al cittadino europeo nuove e più efficaci opportunità di partecipare alle determinazioni concernenti la vita e il futuro dell’Unione. FORUM AESI RAPPRESENTANZA DELLA COMMISSIONE EUROPEA IN ITALIA Intervento della Dott.ssa Giuseppina Visciano - Stager AESI Per Habermas, la democrazia è quella “autodeterminazione che i destinatari creano con leggi di cui sono al tempo stesso gli autori”. In questo contesto l’Unione Europea è un esempio di nuova democrazia transazionale, in quanto da modo ai suoi cittadini di mettere a frutto tramite le varie democrazie nazionali, l’uso civico della libertà di autodeterminazione. La tematica europea della transnazionalizzazione della democrazia è diventata sempre più urgente a partire dal XX secolo, momento in cui è cresciuta in modo esponenziale la necessità di far fronte ad una sempre più complessa società mondiale. Mercati finanziari, nuove tecnologie, deficit democratici, nuove e più complesse mobilità dei popoli, senza contare inoltre, le numerose problematiche legate al welfare state, hanno superato il consueto raggio d’azione degli Stati nazionali. La politica, incapace di organizzarsi di fronte a queste problematiche sembra averne perso il controllo. Quello che distingue la posizione europea da coloro che propongono la creazione di uno stato federale europeo sul modello degli Stati Uniti d’America, è il ruolo che l’Europa riserva allo Stato Nazionale. La particolarità dell’Unione Europea consisterebbe nel fatto che gli Stati membri, pur conservando il monopolio della forza, si vincolano, spontaneamente ad un diritto sovranazionale europeo, condividendo così la propria sovranità. I singoli governi si accordano ad attuare un diritto europeo che deve essere convertito poi in termini nazionali. Inoltre, rispetto al consueto modello federale, l’Europa ha sviluppato e sta procedendo a perfezionare un secondo upgrade proprio del suo processo democratico. Questo avviene con la duplicazione della sovranità, e con la divisione del potere costituente tra i cittadini dell’Unione e i popoli europei in quanto membri dei singoli stati. Il Parlamento Europeo rappresenta i cittadini in quanto membri dell’Unione Europea, viceversa il Consiglio d’Europa rappresenta la totalità dei popoli in quanto appartenenti al proprio Stato: la duplicazione della sovranità fa in modo che lo Stato nazionale continui a svolgere il ruolo di garante del diritto e della libertà democratiche del suo popolo. La nostra contemporaneità ci pone però di fronte a quesiti ancora senza risposta, si veda il conflitto tra culture e religioni diverse, i problemi etici posti dalla tecnica, dal welfare state e dal potere incontrollabile della finanza nella gestione dell’economia. La politica ha cercato in questi anni di rispondervi con giustificazioni di tipo sociologico e funzionalista che però non collimano con i bisogni di una democrazia transnazionale come quella europea che non può certo contentarsi di avere fondamento nella sua stessa legittimazione né nella sua efficacia. Alcuni esempi sono le missioni Mare Nostrum e Triton. Nell’immediato danno risposte legittime e cercano di essere efficaci, tuttavia nella loro attuazione si fatica a scorgere una visione etica di lungo corso. Il gap che passa dall’etica fondante dei singoli dettami costituzionali ai valori condivisi della società europea, in questo frangente appena evocato, sembra incolmabile . D’altra parte però, proprio per la sua efficacia costituiva, lo Stato non può più raccogliere l’adesione dei cittadini attraverso i mezzi della coercizione giuridica e del comando autoritativo, se non rinunciando alla propria funzione e ricadendo nello stesso totalitarismo da cui è fuggito nel secondo dopoguerra. L’Europa pertanto auspica ad essere una comunità politica, non solo come l’oggetto destinatario di norme legali, ma innanzitutto come soggetto democratico. Solo così essa diviene dêmos di una democrazia, situata in un orizzonte di significato entro cui sia i cittadini che le istituzioni comprendono e giustificano la loro condotta. Senza il fondamento democratico, sembrerà banale ma non trascurabile, sia la pólis greca che poi la res publica romana che le successive formalizzazioni statali che conosciamo, si sarebbero formalizzate in un ordinamento limitato al proprio vincolo societario su base puramente secolare. In conclusione l’unico orizzonte europeo possibile è tecnicamente di natura democratica, perché consegna ai suoi abitanti un’immagine stabile di quelli che sono gli interessi ultimi della sua comunità, alla luce della sua identità formatasi dal passato, nel presente, per il futuro. Pertanto vorrei sollevare l’attenzione su una domanda che personalmente trovo molto interessante e che riguarda la natura della democrazia oggi: Così come molte altre democrazie quella europea ha commesso troppo spesso lo sbaglio di investire troppo sulle elezioni e troppo poco sugli altri tratti essenziali della democrazia. Soprattutto guardandosi dallo spauracchio della maggioranza, ossia l’idea, o la paura che si innesta strumentalmente negli elettori, che la vittoria elettorale dia ai vincitori il diritto di fare quello che vogliono. Quindi come può l’Europa tenere a bada questa tentazione e costruire sistemi di garanzia e tutele per evitare eccessi di immobilismo o, eccessi di decisionismo? Ma soprattutto l’Europa ha caratteristiche intrinseche per trovare un equilibrio tra questi due estremi? Intervento della Dott.ssa Viviana Malomo - Stager AESI Con il termine «etica», dal greco «costume, norma di vita», si intende quella branca della filosofia morale che studia il comportamento umano, la scienza dei costumi e delle relazioni sociali. Negli ultimi anni il concetto di etica sembra sia diventato protagonista del dibattito europeo, sempre più spesso si usano espressioni come finanza etica, commercio etico, etica degli affari. Una crisi gravissima fa da contraltare a questa apparente “eticizzazione” dell’economia, crisi interpretabile anche come la conseguenza ed il frutto di comportamenti eccessivi e spregiudicati da parte di alcuni operatori economici, in particolare finanziari. Le esigenze avanzate in tutti i tempi ed in tutti gli ambienti sociali per il miglioramento della condizione dell’uomo sono sfociate nella rivendicazione di libertà e di diritti, sinonimo di democrazia, sinteticamente individuati come diritti dell’uomo. Le esperienze negative delle dittature o della violazione della dignità umana, nonché la stessa esperienza storica dell’integrazione europea, sono state il risultato della compressione dei valori etici, ossia il tentativo di disconoscere valori come la libertà dell’individuo, il diritto all’integrità personale, il valore fondante della famiglia e diritti come quelli di proprietà, di istruzione e alla salute. Fino al 10 dicembre del 1948, giorno in cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato a larga maggioranza la Dichiarazione universale, i diritti umani non erano internazionalmente riconosciuti. Nessuna regola internazionale prendeva in considerazione i diritti della persona in quanto tale; ciascuno stato, pertanto, attraverso il proprio apparato di governo, esercitava poteri sovrani su una porzione di territorio, e sulle persone presenti su quella porzione di territorio, senza incontrare limiti ‘esterni’. Con la Dichiarazione universale, per la prima volta nella storia, gli stati s’impegnano l’uno nei confronti dell’altro a rispettare senza fare distinzioni di razza, sesso, lingua o di alcun altro genere - i diritti elencati in una Dichiarazione solenne; ed accettano l’idea che si debba rispondere dell’eventuale mancato rispetto di quell’impegno, alla comunità internazionale; si creano le condizioni per lo sviluppo di un diritto internazionale dei diritti umani quale componente essenziale del diritto internazionale contemporaneo. Ed è questa la vera ragione dell’importanza della Dichiarazione universale dei diritti umani. Nonché, la stessa Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che, riconosce una serie di diritti personali, civili, politici, economici e sociali dei cittadini e dei residenti dell’UE, riunendo in un unico documento i diritti che prima erano dispersi in vari strumenti legislativi, è stato certamente un segno di pregresso verso un “Europa dei diritti della persona”. Robert Schuman, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, afferma che “La democrazia deve la sua origine e il suo sviluppo al cristianesimo. È nata, quando l’uomo è stato chiamato a realizzare la dignità della persona nella libertà individuale, il rispetto dei diritti degli altri e l’amore verso il prossimo. Prima dell’annuncio cristiano tali principî non erano stati formulati, né erano mai divenuti la base spirituale di un sistema di autorità”, ed è proprio la tematica dei diritti dell’uomo forse il canale privilegiato, che permette di dare un proprio apporto peculiare al discorso etico. Lo sviluppo delle tecnologie, della scienza, delle comunicazioni, e la stessa globalizzazione per certi versi hanno contribuito in maniera determinante al miglioramento delle nostre condizioni di vita, ma pongono problemi etici finora inediti, ripropongono, inoltre, temi antichi in una prospettiva nuova, in quanto spesso, purtroppo, la persona umana è ridotta anch’essa a risorsa, allo stesso titolo delle risorse naturali energetiche, tecnologiche e finanziarie. In quanto risorsa, pertanto, la risorsa umana non è che un costo da ridurre, in combinazione e comparazione con i costi delle altre risorse. La combinazione tra progresso tecnologico, minori costi di trasporto e liberalizzazione delle politiche nell’Unione europea ha determinato un incremento dei flussi commerciali e finanziari tra i paesi, con importanti ripercussioni sul funzionamento dell’economia dell’UE. A fronte dei benefici ed opportunità prodotti dalla globalizzazione, l’Europa deve sostenere la forte concorrenza delle economie a bassi costi, come quella cinese e indiana, e di quelle incentrate sull’innovazione, come quella statunitense. Per essere equilibrato, il processo di globalizzazione esige una nuova capacità di intervento politico, attraverso l’introduzione di meccanismi, regole e correttivi che possano migliorare il sistema economico internazionale, solo così si potrà mettere fine alle sperequazioni, nel rispetto delle varie culture, nella difesa dell’ambiente e nel rispetto delle biotecnologie. Solo alla luce dei diritti umani cui di frequente ci si richiama, si può raccogliere la “sfida etica” della globalizzazione per ristabilire il primato delle regole, ritrovando il difficile, ma imprescindibile, equilibrio tra efficienza, equità, libertà e benessere, all’interno dell’Unione Europea. È necessario, quindi, trovare una risposta adeguata alla globalizzazione, tale da trasformare i potenziali benefici della medesima in vantaggi concreti, minimizzando al contempo i costi sociali. Ed è proprio in tal contesto che si pone l’importante ruolo che svolge la Commissione europea nella definizione di una strategia politica coerente volta ad affrontare le sfide della globalizzazione, la quale segue con attenzione l’evoluzione delle principali tendenze nel commercio mondiale e valuta inoltre periodicamente l’impatto della globalizzazione sull’andamento economico dell’UE, formulando suggerimenti alla luce delle sue analisi. Inoltre, nel campo della vita umana, tutti conoscono i mirabili progressi della biologia e della bioingegneria, ma sono noti parimenti i pericoli di azioni, troppo ardite, che comportano forme inaccettabili di manipolazioni ed alterazioni. La vita e la libertà sono beni inseparabili, quando se ne viola uno anche l’altro finisce con l’essere violato, ed ancora oggi viviamo questa divisione, espressa dal conflitto tra libertà di ricerca tecnico scientifica ed esigenze legate alla verità e dignità della persona. Purtroppo, si consentono delle pratiche di tipo eugenetico che negano di fatto il diritto alla vita (in alcune legislazioni, infatti, vi è della possibilità di pratiche abortive, senza alcuna limitazione, in particolare quando determinate da vere e proprie motivazioni eugenetiche). Ed è sotto il profilo etico, che l’eugenetica moderna presuppone un’eliminazione sistematica, programmata di esseri umani, nella maggior parte dei casi motivata da ragioni e pressioni di origine economica , c.d. etica utilitarista. Tra gli obiettivi fondamentali per l'Unione europea, vi è, altresì, la necessità di raggiungere una politica migratoria europea lungimirante e globale, fondata sulla solidarietà, al fine di stabilire un approccio equilibrato per affrontare sia l'immigrazione regolare sia quella clandestina. Tuttavia, oggi si dimostra la particolare difficoltà dell’Europa, con una politica collettiva, nel far fronte al dramma dei “migranti”, (quali le missioni Mare Nostrum e Triton). Pertanto, la pace nel Mediterraneo, un nuovo dialogo con l’Europa, maggiore coesione sociale e libertà nel rispetto delle diverse culture e religioni, sono obiettivi, che una volta raggiunti contribuiranno a determinare un benessere all’interno dell’Europa. Concludendo, con queste parole, si può affermare che l’Europa deve essere vista come una risposta politica alle domande del futuro, in tutti i campi tematici: mercato del lavoro, ecologia, Stato sociale, migrazione internazionale, libertà politiche, diritti fondamentali Pertanto, solo nello spazio transnazionale dell’Europa, le politiche dei singoli Stati possono divenire, da oggetto minacciato, soggetto di una globalizzazione organizzata, a salvaguardia dell’etica e dei diritti umani sopra richiamati, nel rispetto della vita etica stessa.