Per papa Leone X de` Medici e Firenze Breve nota

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Per papa Leone X de` Medici e Firenze Breve nota
Per papa Leone X de’ Medici e Firenze
Breve nota sul progetto scientifico
di
Nicoletta Baldini
A cinquecento anni dall’elezione al soglio pontificio di Leone X, primo papa di casa Medici, Firenze
lo ricorda e lo celebra con una mostra allestita presso il Museo delle Cappelle Medicee. L’esposizione,
ed il catalogo che ad essa fa da guida, intendono porre l’accento proprio sul legame del pontefice, figlio
di Lorenzo il Magnifico e di Clarice Orsini, con la città che gli aveva dato i natali l’11 dicembre del 1475
e con la quale il rapporto non venne mai meno. Una consuetudine che, anzi, si rese via via più profonda
e già dai primi anni del cardinalato di Giovanni, anni che coincisero con l’esilio, nel 1494, della famiglia
Medici da Firenze, e con le trame diplomatiche che ne prepararono il ritorno alla guida nel 1512, ma,
non di meno, in seguito, quando il Medici fu eletto papa. Ed è proprio nell’infittirsi di questo legame
che meglio, e in modo sempre più puntuale, si delinea la personalità del figlio maschio secondogenito
del Magnifico per il quale il padre, fin dalla più tenera età, aveva scelto la carriera ecclesiastica.
Non è dunque casuale aver privilegiato lo studio della figura di Leone X dall’angolo visuale fiorentino. Se lo vediamo infatti giovane e spensierato apprendere, con scarsa applicazione, i rudimenti del sapere (dai dotti umanisti a cui Lorenzo aveva affidato l’educazione dei figli), preferendo allo studio gli
svaghi e le cacce nelle ville paterne e nelle fondazioni, prossime alla città, che erano parte dei benefici di
lui giovanissimo cardinale, quando, ai tempi dell’esilio, con la morte, nel 1503, del fratello primogenito
Piero, egli divenne guida e riferimento imprescindibile per la famiglia, il suo temperamento si calibrò, in
modo lucido e spregiudicato, sui fatti contingenti. Certamente memore degli strumenti della politica paterna, il cardinale seppe essere, lui più di tutti, l’artefice dei futuri destini dinastici non solo facendosi
promotore delle mosse politiche atte a riportare i Medici a Firenze ma, una volta di nuovo ‘a casa’, impiegando sapientemente gli strumenti del consenso unitamente a quelli della propaganda – strumenti
che erano già stati di Lorenzo – per cementare e stabilizzare il proprio potere e, di rimando, quello dei
suoi congiunti. E un mezzo privilegiato per rafforzare quel potere, inizialmente incerto, ebbero anche le
occasioni delle feste cittadine come pure, in seguito, quando, dal 1513, Giovanni siederà sulla cattedra
di San Pietro, i grandi progetti architettonici pensati per Firenze, in taluni casi intrapresi, in altri rimasti
solo sulle carte giunte fino a noi, così come le imprese decorative quali quella della Villa medicea di
Poggio a Caiano, luogo che tanto caro era stato al Magnifico. Imprese la cui esecuzione era affidata –
come pure l’amministrazione del potere – ai membri della sua famiglia (il fratello Giuliano, il nipote Lorenzo e la madre di quest’ultimo Alfonsina Orsini) ma che il papa dall’Urbe seguiva e controllava personalmente. Sempre consigliando e vigilando.
Nel percorso espositivo e nelle pagine del catalogo il pontificato leonino non poteva essere affrontato soltanto nei suoi riverberi politici ed artistici su Firenze, si è così cercato di dar conto, sebbene in
modo calibrato, di alcuni aspetti di quel papato e delle sue linee guida come pure delle imprese artistiche ed architettoniche che il munifico Medici promuoverà nell’Urbe, tuttavia in questa sintesi si è provato soprattutto a porre in risalto gli aspetti distintivi di quel pontificato pure nel confronto con il recente passato. Una magnificenza quella degli anni leonini sulla cattedra di Pietro che tuttavia non poté
non avere riflessi anche nella città toscana, per esempio quando ci si apprestò ai preparativi per
l’accoglienza del pontefice il quale, nell’autunno del 1515, fece ritorno a Firenze. Nella realizzazione dei
numerosi apparati effimeri, posti lungo il percorso seguito da Leone X e dal suo corteo all’interno delle
mura urbiche, e che non sono giunti fino a noi (ma ampiamente ricordati dalle fonti coeve) vennero
coinvolte le botteghe dei pittori e degli scultori che, con differenti competenze e, comprensibilmente,
con linguaggi differenti, seppero farsi interpreti degli onori offerti al papa dalla sua città che festeggiava
e gioiva delle aspettative di un pontificato appena agli esordi. Un momento, questo dell’ingresso di Leone X a Firenze che, in qualche modo, sintetizza e diventa punto di arrivo – ma anche di partenza per
gli sviluppi successivi sempre in campo architettonico e pittorico per i cantieri più sopra menzionati –
di quel rapporto fra il Medici e la sua città che è giustappunto il tema della mostra. E mi piace ricordare
come, anche in quei giorni trascorsi a Firenze (quando gli impegni politici gli consentirono di risieder-
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vi), furono ancora i luoghi della sua giovinezza, la badia a Passignano e le ville del contado, ad essere
privilegiate da un giovane uomo a cui un padre (tanto celebrato e nelle gesta tanto ricordato), aveva
preparato un così fulgido destino.
Nel concludere un lungo e complesso lavoro, nato dall’invito a realizzare il progetto scientifico rivoltomi dalla Soprintendenza fiorentina nelle persone del Soprintendente, Cristina Acidini, e della Direttrice del Museo delle Cappelle Medicee, Monica Bietti, che naturalmente ringrazio, appunto in conclusione vorrei esprimere la mia gratitudine agli autori dei numerosi saggi e delle schede i quali, con grande
generosità, hanno dato il loro contributo scientifico al catalogo. Molti di essi sono colleghi ma, soprattutto, amici, e la loro amicizia, la loro presenza comprensiva e solidale ha reso questo mio impegno più
lieve e piacevole. A loro specialmente e a tutti coloro (e ricordo, fra gli altri, Giulia Bastianelli, Laura
Belforte, Nicola Bianchini e Maddalena Paola Winspeare di Sillabe) che, nei mesi, hanno contribuito a
quest’opera, va un grazie sincero.
L’ultimo pensiero è per la mia città, Firenze, dalla cui bellezza (e dalla cui storia) non sono mai riuscita ad allontanarmi a lungo, ed alla quale questo lavoro vorrei, con amore, dedicare.
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