indicazioni Zola Predosa boselli.rtf
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Zola Predosa, 18 01 2008 Scenari del nuovo mondo e Indicazioni per il curricolo Riflettervi avendo a mente la lezione di Piero Bertolini Sintesi della relazione di Gabriele Boselli, alias [email protected] 1. Le Indicazioni del Ministero Nel prologo di un’altra epoca La cultura, la scienza, l’etica, lo stesso quadro antropologico della nostra terra sono alla vigilia di trasformazioni radicali. Quando gli alunni di oggi saranno grandi, il mondo attuale non ci sarà più. Competerebbe dunque a un quadro nazionale indicare non il presente, ma il futuro, leggendolo nell’intera storia del pensiero umano. Chi scrive Ogni testo ha almeno due autori: chi scrive e chi legge. Il testo conta, ma anche il punto di vista e lo spirito con cui lo si legge. Lo stato d’animo con cui le nuove Indicazioni saranno avvertite e realizzate concretamente dal mondo della scuola a sua volta dipende dalla cornice culturale in cui sapremo insieme intendere e presentare il testo. Nei macroprocessi comunicativi autore, sorgente e soprattutto contesto fanno insieme contenuto Mauro Ceruti, autore della parte iniziale delle Indicazion, è chi ha per primo portato in Italia uno tra I principali tra i saperi del divenire, il pensiero della complessità, in particolare quello di E.Morin. Ha sempre individuato nella complessità una caratteristica intrinseca del mondo attuale e prossimo-venturo e, in forte collegamento con il pensiero di Piero Bertolini, ha tracciato da almeno vent’anni un disegno filosofico e pedagogico che cerca di corrispondervi. Difficoltà di scrittura e di lettura Ma la complessità del Tardo-moderno e l’ipercomplessità di un Post-moderno che ancora fatica ad affermarsi sono soggetti difficili da trattare e risolvere in fattori di orientamento della progettualità culturale e didattica delle scuole. La nostra epoca è il luogo delle dizioni e delle contraddizioni del mondo, delle linearità e delle non-linearità, delle distinzioni e delle contrapposizioni, del pensiero e del non-pensiero (Boselli 2007), dell’inclusione e dell’esclusione. Domande Il pensiero “semplicemente complesso” d'inizio millennio esaltato nel concetto originario di competenza appare un pensiero della contingenza e dell'emergenza (Luhman/Schorr, 1985). Quella che serve per affrontare il futuro è a mio avviso un’altra forma di pensiero. I ragazzi delle scuole ordinarie dovranno vedere solo la superficie degli eventi e ciò che immediatamente sta oltre il loro passo? Ciò che è lontano in profondità, in altezza e in ampiezza non esisterà? La progettualità politica e quella pedagogica si prostreranno di fatto a quella economica, con le parole d'ordine della modernizzazione o del rapporto scuola-lavoro? Possiamo rinunciare al pensiero pensante, alla conoscenza, accettare che la contingenza, ovvero il dominio del Mercato su tutto e tutti, l'abbia vinta? Che valore può avere una competenza senza soggetto conoscente? Sempre evitando il fondamentalismo e la cattiva ideologia, accettare senza capire, senza reagire e senza progettare altrimenti (A.Erbetta 2002)? . Tentativi di risposta Seguendo Morin (Morin 87), nel cap IV di Postprogrammazione (Boselli 1991) dedicato all’analisi delle conseguenze 2 pedagogiche dell’ipercomplessità e del passaggio dal concetto di sistema a quello di ipersistema, rilevavo l’opportunità della transizione a una progettualità pedagogica europea (ma di marca”continentale”) che prepari i giovani a pensare il mondo in cui vivranno loro, non quello in cui stiamo vivendo noi. Dunque l’opportunità di strutture e indicazioni che portino non a semplici competenze ma avvii al conoscere. La scuola per corrispondere alla ipercomplessità dovrà veicolare una cultura non monolitica ma plurale, non descrittiva ma interpretativa, non solo universale ma anche regionale, non dominata dalla necessità ma aperta sul possibile, non deterministica ma indeterministica, non epistemica ma epistemologica, non sistemica ma costellazionale. I nuovi saperi della scuola dovranno tener conto che non solo i contenuti e le forme ma anche le stesse categorie classiche della conoscenza umana stanno mutando nell'interazione con il nuovo mondo, con velocità assai maggiore che nel tempo della pura parola o dell’immagine preelettronica. Additare la complessità (iper) vuol dire riavviare la ricomposizione secondo ermeneutica dei saperi classici e l'entrata di quelli "nuovi" e in particolare delle nuove morfologie del sapere che possono servire a intendere le pieghe del mondo di fine millennio, i reticoli multiplanari, i nodi distributivi, le strade senza uscita, gli scarti dell'intenzionalità generale che covano sotto le apparenti regolarità evolutive di un universo divenuto "pluriverso" ipercomplesso. La scuola ha bisogno di inventare (trovare, esser compresa, immaginare) saperi "nuovi" come l'informatica o rinnovati nella loro struttura epistemologica. Di essere una scuola che sappia pervenire a interpretazioni originali del mondo e sappia progettare le forme inevitabilmente irregolari (ma non caotiche o deintenzionalizzate) della didattica che dovranno resistere alle vettrici di piegamento della contemporaneità. L’Intero e la complessità Individuerei nella Complessità un tratto essenziale (generativo) non tanto del mondo quanto della odierna pensabilità del mondo. Non posso pensare (ri-creare) il mondo senza una struttura complessa (o per meglio dire ipercomplessa) di idee. La scuola e l’università devono educarsi ed educare i giovani a fuggire le semplificazioni e i riduzionismi (la complessità, checchè ne dica Luhmann, è irriducibile) e portare la mente a vedere in grande, oltre il presente ma con attenzione all’attuale (Gentile). Devono far capire che non si può non produrre un universo di idee perennemente in fieri, dirette a relazionare numeri enormi di variabili ad alta instabilità, a collegare gli stati evolutivi di costellazioni fenomeniche e culturali di ennesimo ordine, nel passaggio , questo sì post-gentiliano dall'uni-verso al pluri-verso. Le correnti d’idee che cambieranno il mondo Come orientare i docenti e attraverso di loro gli studenti a una intelligenza dell’ipercomplessità? Diffondendo –penso io ma, credo, anche Ceruti- la discussione sugli emergenti vettori filosofici (affermarsi della fenomenologia e dell’ermeneutica), antropologici (le tensioni della pluralità), economici (Mercato unico mondiale ), matematici (teoria dei frattali) ecologici (mutazioni del paesaggio e dei climi) e genetici (biotecnologie). Ciò di cui tutti dobbiamo prendere atto è che ormai l'accumulo quantitativo e la pressione qualitativa delle conoscenze e delle ignoranze (i cambiamenti culturali sono indotti anche dai vuoti) hanno ormai prodotto una massa critica e posto le condizioni non solo per sviluppi importanti ma per vere e proprie discontinuità paradigmatiche. 2. Personali riflessioni sulla lezione di Piero Bertolini Le Indicazioni Ceruti-Fiorin-Fioroni sono comunque, checchè se ne pensi, una occasione per ripensare le coordinate dell’esistere e del pensare pedagogico, dell’orizzonte verso cui questo può in-tendersi. Cercherò ora di condensare in poche parole alcuni nuclei di pensiero espressi da Colui cui sono dedicate queste giornate, Piero Bertolini, in molte migliaia di pagine di libri e di riviste, in infinite conferenze e lezioni. Non intendo sintetizzare il Suo pensiero ma solo ricordare i nuclei essenziali di quel che ne ho capito io e mi sembra importante richiamare adesso. Relazione E’ il concetto cardinale che, su indicazione di Enzo Paci maturata anche negli studi su Whitehead, Bertolini pone a matrice di tutto il suo pensiero. Intende per relazione il quadro articolato in cui si attua il modo di esistere necessario di ogni esistente, l’evento originario e imprescindibile (si è sempre in qualche struttura relazionale) che fonda l’esistenza stessa di ogni soggetto: l’essere-ad-altri, il prendere progressiva coscienza del mondo come proprio, il frutto continuamente rinnovato del vissuto di una realtà che trascende il soggetto. L’atto pedagogico, atto di intenzionale e altruistica gestione delle possibilità insite nella relazione, esso stesso essenzialmente (generativamente) relazionale, si contraddistingue rispetto alle relazioni ordinarie per ampiezza della 3 disponibilità, consapevolezza, fondazione culturale, finalizzazione all’altro, doverosità delle operazioni di valutazione. Aiuta tramite le discipline (sistemi di messa in relazione degli eventi storicamente consolidati) a pervenire al conoscere scientificamente i campi di esperienza. La stessa qualità del conoscere (relazione con la cultura e le scienze) dipende dalla qualità del pro-tendersi agli universi che le discipline rappresentano, dall’intensità con cui il ragazzo si sente vitalmente collegato al mondo di cui queste parlano. Soggetto La riflessione bertoliniana sul soggetto muove teoreticamente dalle Meditazioni cartesiane di Husserl: l’idea moderna del soggetto nasce infatti con il cogito di Descartes. L’uomo cartesiano scopre che pensando esiste, si riconosce soggetto attraverso la relazione con il mondo e attraverso capacità autoriflessive. La soggettualità è da intendersi non come istanza assoluta (soggettivismo) e dunque sostanzialmente chiusa ma esplicantesi nella storicità e materialità del suo avventurarsi nel mondo con l’interezza delle proprie istanze di libertà. Compito dell’insegnante-Maestro è di esser pienamente soggetto egli stesso e di accompagnare il bambino a farsi pienamente soggetto prendendo coscienza di sé e conoscenza del mondo. Si è soggetti-persone quando si arriva a sapere di sé e a sentire di dover trascendersi nel senso di sapere ulteriormente di sé. Educare è indicare al soggetto vie per trovare ed esprimere se stesso nella relazione con la cultura e l’Altro, il suo prossimo e il suo lontano. Il soggetto perverrà ad essere autore di una propria faticosa impresa di visione del mondo. Diviene soggetto chi perviene a immaginare ed esprimere in modo autonomo e critico un proprio orientamento nel mondo, colui che abita il mondo in modo originale. Il soggetto in educazione è essenzialmente apertura infinita a… Oggetto Contrario ad ogni soggettivismo, Bertolini avversò anche l’oggettivismo, ovvero la pretesa di conoscere l’oggetto in sè e per sè, fuori dalla relazione in cui soggetto e oggetto reciprocamente si costituiscono: anche in educazione non c’è conoscenza dell’oggetto senza soggetto né di quest’ultimo senza il primo. L’oggetto è conoscibile in quanto essenzialmente presente a… Conoscenza Il conoscere muove sempre da un atto originario della coscienza (intenzionale); senza che la coscienza non sia tesa ad altro non c’è acquisizione di conoscenza e comunque il disegno che la conoscenza del mondo assumerà nel soggetto individuale sarà inerente alla coscienza di questi, alle sue linee d’impronta. E sarà costitutiva del mondo concretamente vissuto. Il problema pedagogico è allora quello di evocare positivamente questo tipo di coscienza orientandola all’oggetto entro le strutture dell’intersoggettività, portando l’allievo a sentire le discipline come espressione importante di parte del proprio mondo-della-vita, prodotti della “comunità intenzionale” degli uomini. Si formerà così, per tutti e per ciascuno, il Thesaurum storicamente accumulato, il luogo delle discipline di tutti gli atti cognitivi dell’umanità, l’effetto del conoscere di miliardi di soggetti intorno agli eventi che ne hanno costellato l’esistenza. Il processo pedagogico rinnova la conoscenza umana, soprattutto disegnando gli ambienti più adatti a perpetuarne la spinta, portando il ragazzo ad essere –in relazione con i genitori, la società, il maestro e tutta la comunità scolastica- protagonista di un conoscere proprio. Intenzionalità Forma essenziale della coscienza inerente alla relazione tra il soggetto e l’universo dei suoi oggetti, rispettati nella loro irriducibilità e autonomia e anzi individuati come costitutivamente necessari all’esistenza della stessa soggettività. Ma anche gli oggetti non si darebbero senza la particolare curvatura intenzionale data dall’attività rappresentativa e costitutiva del soggetto. Quelli educativi sono atti intenzionali per eccellenza: atti di protensione (tendersi in pro di..) per avviare una co-costruzione (asimmetrica ma non verticale) di significati fra maestro e scolaro. Se un atto non è autenticamente e consapevolmente intenzionale è preda di pulsioni irrazionali, disperdente, oppure consegna l’umanità del soggetto alla vuota mathesis dei saperi oggettivistici. Muovendo dallo stato di coscienza, l’intenzionalità dello scolaro, incontrandosi con quella di genitori, maestri, compagni e con l’intenzionalità infusa nelle tradizioni disciplinari e nei testi, si con-verte a quel che l’umanità considera pensiero plausibile e autentico insieme, a teleologie rispettose della soggettualità e nel contempo culturalmente degne. Nei suoi studi sui ragazzi difficili, Bertolini individuò nelle torsioni dell’intenzionalità la matrice principale del dolore che questi soffrono e fanno soffrire. Progetto Raggiunta un’interpretazione (ma già in ogni interpretazione è presente una qualche tensione progettuale) il soggetto si protende a un futuro che vede possibile portare ad attualità attraverso una esplorazione delle possibilità, un atto di scelta, un’assunzione di rischio, uno spendersi in pro-di. Un vero progetto in pedagogia o in didattica non è un piano di lavoro particolareggiato per raggiungere un obiettivo prestabilito, inclinato dunque verso le derive della programmazione. Si nutre di –ed esprime e sviluppa- l’identità dei soggetti progettanti, pur nei limiti delle strutture in cui questi agiscono. Fa 4 spazio all’intenzionalità. Progetto pedagogico è da un lato il prender atto che qualcosa ci richiama all’educazione come “realtà originaria dell’uomo” e di lì ci provoca ad assumere e a lasciar assumere una forma ulteriore. Il progetto è strumento attuativo di una responsabilità educativa non tassonomizzabile perché la possibilità in pedagogia non può essere pensata che come infinita. Un progetto attua il comandamento del “lasciar essere”, fermo restando che questo non equivale in nulla al “lasciar perdere”. Conclusione La scuola ospita da sempre saperi di lungo respiro che –incontrandosi con il nuovo- portano a pensare le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo venturo. Quando si lascia muovere dal vento del pensiero, quando sa essere crogiuolo del conoscere (anzichè catena di montaggio delle competenze) la scuola diventa organismo magistrale, posto sopra le oscillazioni della contingenza. I Maestri seguono pertanto in primo luogo indicazioni perenni, che attraversano le epoche, che costituiscono il senso della storia, che preparano il futuro. La scuola è il mondo che è stato, ed è pure il mondo che comincia. Pur nella modestia delle sue forze, pur nella diffusa incomprensione del suo valore. è in-tesa a ogni area e stagione del Possibile. Bibliografia G. Boselli Postprogrammazione, Scandicci La Nuova Italia, 1991, 1998 2.a Ceruti, M. La danza che crea, Milano, Feltrinelli, 1999 Ceruti, M. Il vincolo e la possibilità, Milano, Feltrinelli, 2000 Mortari, L. Aver cura della vita della mente, La Nuova Italia, Scandicci, 2002 Erbetta A. (a cura di) Senso della politica e fatica di pensare, Bologna CLUEB, 2002 Bertolini, P. (a cura di) Per un lessico di pedagogia fenomenologica, Erikson, Trento, 2006 Boselli, G. Non-pensiero. Scenari e volti per un'educazione al pensare venturo, Erikson, Trento 2007 La rivista elettronica Paedagogica