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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Corso di Economia delle Risorse Naturali e dell’Ambiente
Dr. Giacomo Branca
STRUMENTI PER IL CONTROLLO DELLE ESTERNALITA’1
Appunti dalle lezioni
Stesura provvisoria
_________________________
Viterbo, Maggio 2013
1
La stesura della presente dispensa è stata svolta con la preziosa e valida collaborazione di Arianna Centini a partire
dal suo lavoro di tesi. Trattandosi di una versione provvisoria è possibile che vi sia qualche inesattezza. Si pregano
gli studenti di prestare molta attenzione e di segnalare al docente eventuali passaggi dubbi o poco chiari.
I
Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
INDICE
1 - LA TEORIA DELLE ESTERNALITÁ................................................................................ - 5 1.1 L’inquinamento come esternalità. .................................................................................... - 5 1.2 – La derivazione della curva del BMNP .......................................................................... - 6 1.3 – Il livello ottimale di esternalità ................................................................................... - 10 1.4 Approccio economico-giuridico alla risoluzione del problema delle esternalità: il Teorema
di Coase. ............................................................................................................................... - 12 1.5 Le critiche al Teorema di Coase. ................................................................................... - 15 2 - GLI STRUMENTI PER IL CONTROLLO ECONOMICO DELL’INQUINAMENTO .. - 18 2.1 Classificazione degli strumenti per il controllo delle esternalità. .................................. - 18 2.2 Le tasse ed il livello ottimale di inquinamento. ............................................................. - 18 2.3 Gli Standard ambientali. ................................................................................................ - 25 2.4 I permessi negoziabili di inquinamento. ........................................................................ - 32 -
II
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1 - LA TEORIA DELLE ESTERNALITÁ
Il sistema di mercato concorrenziale, efficiente nell’allocare le risorse caratterizzate da un prezzo,
non riesce invece a guidare correttamente le imprese verso un uso efficiente delle risorse ambientali
che, solitamente, non hanno un prezzo. Tale fallimento del mercato deriva dal fatto che quando si
decide il quantitativo delle risorse da utilizzare, le imprese tengono conto solamente del prezzo di
mercato. Quando un’impresa sfrutta e degrada una risorsa ambientale senza prezzo determina un
costo esterno per la società. Solo prendendo in considerazione questi costi esterni, sarà possibile
spingere il livello di produzione ottimale di un mercato guidato dalla ricerca del profitto verso il
livello di produzione socialmente ottimo.
Un’esternalità è presente ogniqualvolta le funzioni di utilità o di produzione di un individuo A
includono variabili reali (non monetarie) i cui valori dipendono da scelte fatte da altri (persone,
aziende, governi) senza attenzione agli effetti sul benessere di A (Baumol e Oates 1988). Perché si
abbia un’esternalità devono valere entrambe queste condizioni:

interdipendenza (l’attività economica di produzione o consumo influisce sui livelli di
produzione o utilità di altri produttori o consumatori);

non valutazione (l’effetto non è né valutato né compensato, cioè non si riflette nei prezzi del
mercato).
Se si è in presenza solo di interdipendenza, si dice che l’esternalità viene internalizzata.
1.1 L’inquinamento come esternalità.
La definizione economica di inquinamento dipende sia da un effetto fisico dei rifiuti
sull’ambiente che da una reazione dell’uomo a tale effetto fisico, che può essere di natura biologica,
chimica o acustica (perdita di benessere).
A questo punto si devono distinguere due specifici significati economici dell’inquinamento.
Si pensi ad un’industria posta a monte che scarichi rifiuti in un fiume provocando una perdita di
inquinanti nell’acqua che causano la morte di gran parte del patrimonio ittico, determinando un
danno per i pescatori a valle; se questi ultimi non vengono ricompensati per la perdita di benessere,
l’industria a monte continuerà a produrre come se il danno creato a valle non fosse rilevante. Si dice
allora che l’industria crea un costo esterno, noto anche come esternalità negativa o diseconomia
esterna (quando un individuo genera invece una variazione positiva di benessere ad una terza parte,
si parla di esternalità positiva o economia esterna).
Siamo in presenza di un costo esterno se prevalgono le due condizioni seguenti:
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1.
un’attività intrapresa da un agente provoca una perdita di benessere ad un altro agente;
2.
la perdita di benessere non viene compensata.
Si noti che entrambe le condizioni sono essenziali per l’esistenza di un costo esterno; in
quanto se la perdita di benessere viene compensata dall’agente che ha prodotto l’esternalità, si dice
che l’effetto viene internalizzato.
1.2 – La derivazione della curva del BMNP
Esiste un solo prezzo – Pe, il prezzo di equilibrio del mercato – in corrispondenza del quale la
quantità del bene che i produttori desiderano offrire è pari alla quantità del bene che i consumatori
desiderano comprare.
Figura 1.1
Il concetto di quantità marginale è centrale in economia. Una quantità marginale si riferisce a
ogni singola unità, e perciò il ricavo marginale è costituito dall’entità del ricavo incassato da
un’azienda che vende una particolare unità del proprio prodotto. È importante non confondere gli
importi marginali con gli importi totali, in quanto, anche se il ricavo marginale – ossia il ricavo
supplementare derivante dalla produzione di un’ulteriore unità di prodotto – è costante al crescere
della produzione, il ricavo totale – in altre parole l’importo totale incassato dall’azienda per l’intera
produzione – evidentemente cresce al crescere della produzione. Dato che il nostro produttore
riceve la stessa somma di denaro per il primo o ultimo bene venduto, diciamo che il produttore ha
un ricavo marginale (RM) costante. Infatti, nella figura 1.2 il ricavo marginale è rappresentato da
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una retta orizzontale. Il ricavo totale incassato dal nostro produttore può essere calcolato
moltiplicando semplicemente il ricavo marginale per il numero totale di beni venduti.
La curva orizzontale del RM implica che, qualunque sia la quantità venduta dal produttore, il
prezzo ricevuto sarà sempre lo stesso. Ciò dipende dalle ipotesi che sono alla base del modello di
concorrenza perfetta (RM = Prezzo di mercato che è considerato un dato esogeno per l’azienda
concorrenziale).
Figura 1.2
I costi derivanti dall’attività industriale si possono dividere in due categorie: i costi fissi e i
costi variabili.
1.
I costi fissi, si riferiscono a quelle voci che l’azienda è tenuta a pagare già prima di poter
produrre una unità di bene. I costi fissi non variano al variare della produzione dei beni
prodotti.
2.
I costi variabili, si riferiscono a quelle voci che provocano una spesa per ogni nuova unità di
bene prodotto. Tali costi salgono con l’aumentare della produzione. Per gli obiettivi della
nostra analisi concentriamoci sul costo variabile per ogni unità prodotta, vale a dire sui costi
variabili marginali. A differenza del RM, il CVM della produzione di qualsiasi bene è
dipendente dal quantitativo prodotto: ciò avviene a causa di variazioni della produttività dei
fattori. L’aumento della produttività – CVM decrescenti – interviene spesso quando in una
prima fase le imprese espandono la propria produzione ma l’aumento della produttività –
diminuzione dei CVM – continua però solo fino ad un certo punto, per poi iniziare a
diminuire (figura 1.3).
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Figura 1.3
Il profitto che l’impresa ottiene da una singola unità di bene prodotto – profitto marginale – è
semplicemente pari alla differenza fra la quantità di denaro che essa ricava dal vendere il bene –
ricavo marginale – e la quantità di denaro necessario alla produzione dello stesso bene – il costo
variabile marginale. Il profitto marginale derivante dalla produzione di una unità di bene si ottiene
sottraendo il costo variabile marginale dal ricavo marginale (figura 1.4).
Figura 1.4
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Inizialmente l’impresa aumenta la sua produzione e ha una produttività crescente; i CVM
diminuiscono e il profitto marginale aumenta. Quando la produttività inizia a scendere, i CVM
salgono e il profitto marginale diminuisce. L’impresa produrrà beni fino a quando il profitto
marginale sarà nullo (quando i CVM sono pari ai RM). In corrispondenza di questo punto, noto
come livello di produzione ottimale, il suo profitto totale sarà massimo. Dato che l’impresa fisserà
sempre la propria produzione a un livello corrispondente a CVM crescenti, gli economisti spesso
semplificano i propri diagrammi della curva CVM ignorando la parte iniziale decrescente, e
tracciandola semplicemente come una linea crescente. Essendo questa una convenzione diffusa,
anche noi adotteremo tale approccio. La differenza tra RM e CVM corrisponde alla curva del
beneficio privato marginale netto – BPNM. L’impresa produrrà beni fino a che producono un
BPNM positivo, anche se piccolo; in altre parole un RM superiore a CVM, con il risultato che la
produzione viene fissata a Qm.
Figura 1.5. Il livello ottimale della produzione (ottimo privato)
Sottraendo al prezzo (P) il costo marginale (CVM), otteniamo una curva del profitto
marginale (prof MA), che indica la variazione di profitto derivante da una variazione unitaria di
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produzione. Il profitto equivale al beneficio netto ottenuto dall’impresa, e, quindi, il profitto
marginale è formalmente equivalente ai benefici marginali netti privati (BMNP). Evidentemente i
profitti totali, rappresentati dall’area sotto la curva BMNP vengono massimizzati solo se prof MA=0.
1.3 – Il livello ottimale di esternalità
Nella figura 1.6, sull’asse delle ascisse è indicato il livello di attività Q dell’inquinatore,
mentre sull’asse delle ordinate compaiono i costi e i benefici in termini monetari.
Colui che inquina sosterrà dei costi nell’intraprendere l’attività che genera inquinamento, e,
d’altro canto, riceverà dei benefici in forma di ricavi: la differenza tra ricavo e costo genera appunto
il beneficio netto privato. La retta BMNP non è altro la versione marginale di questo beneficio
netto, ossia, rappresenta la variazione del beneficio netto a seguito di una variazione unitaria del
livello di attività.
Il CMAE rappresenta invece il costo marginale esterno, ossia, il valore del danno causato
dall’inquinamento che l’attività Q produce; qui il CMAE è una funzione crescente dell’output Q.
Siamo ora in grado di identificare il livello ottimale sociale di esternalità come quel livello in
corrispondenza del quale le due curve si intersecano, cioè, dove BMNP = CMAE. Sappiamo che,
poiché le due curve esprimono quantità marginali – beneficio marginale e costo marginale – le aree
al di sotto di esse rappresentano grandezze totali. L’area sotto BMNP è il beneficio totale netto
privato dell’inquinatore, mentre l’area sotto il CMAE coincide con il costo totale esterno.
Considerando l’ipotesi che colui che inquina e colui che subisce l’inquinamento abbiano
uguale peso, ossia i guadagni o le perdite di una parte non sono valutati più di quelli dell’altra, si
potrebbe stabilire che lo scopo di una società consiste nella massimizzazione della somma dei
benefici sociali netti (somma dei benefici meno la somma dei costi).
Pertanto il livello di inquinamento fisico corrispondente a questo livello di attività coincide
con il livello socialmente ottimale di inquinamento. Per finire, la quantità ottimale di danno
economico corrisponde al livello ottimale di inquinamento Q* ed è rappresentato dall’area OYQ*
(nel grafico area B), che è nota come livello ottimale di esternalità.
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Figura 1.6. Il livello ottimale di esternalità.
Area B
= il livello ottimale di esternalità
Area A+B
= il livello ottimale dei benefici netti privati
Area A
= il livello ottimale dei benefici netti sociali
Area C+D
= il livello di esternalità non ottimale che deve essere eliminato.
Area C
= il livello dei benefici netti privati che sono socialmente ingiustificati.
Q*
= il livello socialmente ottimale di attività economica.
Q
= il livello di attività economica che produce i massimi benefici privati.
Con riferimento alla figura 1.6, si dimostra che l’impresa che inquina opera in corrispondenza
di un punto Q, dove viene massimizzato il beneficio privato A+B+C, determinando però un costo
esterno rappresentato da B+C+D; così il beneficio sociale netto sarà uguale a A+B+C–B–C–D=A–
D, evidentemente minore di A che indica i benefici sociali netti quando l’attività dell’inquinatore è
fissata in Q*.
Si dice che il livello di esternalità C+D è Pareto rilevante dal momento che la sua rimozione
porta ad un miglioramento in senso paretiano, cioè ad un guadagno netto in termini dei benefici
sociali, mentre il livello di esternalità B è Pareto irrilevante in quanto la sua rimozione non è affatto
necessaria.
A livello formale abbiamo che in Q*:
BMNP = CMAE
ma
BMNP = P – CMA
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dove il CMA è il costo marginale della produzione del prodotto inquinante, da cui:
P – CMA = CMAE
o
P=CMA+CMAE
Ora, CMA+CMAE rappresenta la somma dei costi marginali dell’attività che produce
l’esternalità, ossia, il costo marginale sociale – CMAS.
Quindi se,
BMNP=CMAE, allora, P=CMAS
L’uguaglianza tra prezzo e costo marginale sociale è la condizione di ottimo paretiano in
presenza di esternalità.
1.4 Approccio economico-giuridico alla risoluzione del problema delle
esternalità: il Teorema di Coase.
Si è dunque dimostrato che un livello socialmente ottimale di attività economica non
coincide con l’ottimo privato se ci troviamo in presenza di costi esterni. Emerge a tal punto il
problema di come raggiungere l’ottimo sociale, ed è proprio in questo contesto che sembra
necessaria una qualche forma di intervento da parte dell’autorità pubblica. Tuttavia, in alcuni casi,
anche se i mercati non possono garantire la quantità ottima di esternalità, essi possono essere spinti
in quella direzione senza che sia necessaria una regolamentazione. Questa idea è stata espressa per
la prima volta in un saggio di Ronald Coase. Ma, per comprendere quanto si dirà in seguito,
dobbiamo prima definire il concetto di “diritti di proprietà”.
Diversamente al significato apparente dell’espressione, un diritto di proprietà si riferisce al
diritto all’uso di un bene. Ad esempio la proprietà di un’autovettura implica il diritto al suo uso.
Tali diritti sono raramente assoluti, ma risultano circoscritti in qualche misura dalle regole
universalmente accettate di una società: ad esempio, il diritto di uso di un’autovettura implica il
rispetto delle regole del codice della strada, il pagamento della tassa di circolazione etc.
Si dice allora che i diritti sono attenuati. I diritti possono essere privati, ossia posseduti da
soggetti facilmente identificabili, o comuni, nel caso in cui l’uso della proprietà in questione è
posseduto assieme ad altri; questo secondo tipo di proprietà e noto con il nome di proprietà comune.
Più precisamente, i beni sui possono classificare in base alle due proprietà di Escludibilità e
Rivalità, come illustrato nella tabella che segue:
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Consumo escludibile
Consumo non escludibile
Consumo rivale
Beni privati
Beni comuni
Consumo non rivale
Beni a pedaggio
Beni pubblici
In questo quadro, Coase ha dimostrato che, “se i soggetti interessati ad un problema di
esternalità sono pochi, se i costi di transazione di un negoziato sono ridotti e se i diritti di proprietà
dell’uso della risorsa sono chiari e ben definiti, il risultato del negoziato porterà ad una allocazione
ottima senza intervento di terzi e indipendentemente dal diritto di proprietà sulla risorsa”. In
particolare, finché siamo in grado di stabilire una negoziazione tra inquinatore ed inquinato, essa
condurrà fino al punto Q*, che rappresenta il livello di attività economica socialmente ottimale: a
prescindere da chi possiede i diritti di proprietà, esiste una tendenza automatica a raggiungere il
livello socialmente ottimale.
Vediamo come funziona il meccanismo della negoziazione in presenza di esternalità. In
assenza di regolamentazione, l’inquinatore cercherà di operare ad un livello di attività pari a Qprof
dove i profitti sono massimi, d’altro canto, il livello socialmente ottimale è in corrispondenza di Q*.
Prendiamo in esame una situazione in cui colui che subisce l’inquinamento possieda dei
diritti di proprietà, ossia, colui che subisce l’inquinamento ha il diritto di non subire inquinamento
mentre l’inquinatore non ha il diritto inquinare.
Figura 1.7. Teorema di Coase
In questo caso il punto di partenza è rappresentato dall’origine della figura 1.7. Colui che subisce
l’inquinamento chiederà che non ci sia inquinamento e, poiché possiede i diritti di proprietà,
prevarrà la sua posizione. Ma cosa accadrebbe se entrambe le parti – inquinato ed inquinatore –
potessero negoziare sul livello di esternalità? Supponiamo che il quesito da risolvere sia se spostarsi
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o meno verso il punto d: se si spostassero verso il punto d, l’inquinatore otterrebbe come profitto
totale l’area Oabd, mentre l’inquinato perderebbe l’area Ocd, ma, dal momento che l’area Oabd è
maggiore dell’area Ocd, c’è spazio per una negoziazione; in altre parole, l’inquinatore potrebbe
offrire una quantità maggiore rispetto all’area Ocd e minore rispetto all’area Oabd per compensare
il danno: dopo questa compensazione l’inquinatore avrà ancora un profitto netto e chi subisce
l’inquinamento starebbe meglio in quanto, benché perda l’area Ocd, grazie alla compensazione
ottiene una quantità maggiore dell’area Ocd. Se tale negoziazione potesse essere conclusa, si
vedrebbe che lo spostamento verso il punto d rappresenta un miglioramento per entrambe le parti
(questo spostamento è noto come miglioramento paretiano, con il quale almeno una parte sta
meglio e nessuna parte sta peggio e il benessere sociale complessivo aumenta).
D’altro canto, se lo spostamento dal punto O verso il punto d rappresenta un
miglioramento sociale, lo è pure lo spostamento verso il punto e (basta ripetere il ragionamento
appena fatto), e, ancora, è un miglioramento sociale un ulteriore spostamento verso il punto Q* ,
mentre ogni spostamento alla destra del punto Q* non è realizzabile dal momento che i benefici
netti dell’inquinatore diventano inferiori ai costi subiti dall’inquinato, pertanto colui che genera
l’inquinamento non può compensare colui che subisce l’inquinamento spostandosi oltre il punto Q*
che rappresenta il livello di attività socialmente ottimale ed anche il punto di arrivo del negoziato tra
le parti.
Immaginiamo ora che i diritti di proprietà appartengano all’impresa che inquina. Il punto
di partenza è allora il punto Qprof in quanto è verso questo punto che l’inquinatore si dirigerà dato
che ne ha il diritto.
Ancora una volta è possibile che le due parti giungano ad un accordo e prendano la decisione di
spostarsi dal punto Qprof indietro verso il punto f: questa volta però è l’inquinato che può
compensare l’inquinatore per la rinuncia da parte di questi ad una certa quantità di attività, e, poiché
l’inquinato potrebbe sopportare una perdita pari all’ara fhiQprof se non ci fosse lo spostamento verso
il punto f, egli sarà disposto allora ad offrire una qualunque quantità minore di essa per poter
effettuare lo spostamento, d’altro canto, l’inquinatore sarà disposto ad accettare qualsiasi quantità
maggiore dell’area fgQprof , che rappresenta i profitti cui deve rinunciare. Esiste, ancora uno spazio
per una negoziazione, e avverrà lo spostamento verso il punto f. Ma se lo spostamento verso il
punto f rappresenta un miglioramento del benessere sociale, lo stesso si può dire per uno
spostamento dal punto f verso il punto j e dal punto j verso il punto Q*, e, quindi il punto Q* è
ancora una volta il livello di attività socialmente ottimale ed anche il punto di arrivo del negoziato
tra le parti.
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1.5 Le critiche al Teorema di Coase.
Evidentemente il Teorema di Coase risulta di considerevole importanza in quanto elimina
la necessità di una regolamentazione dell’inquinamento da parte dello Stato. Tuttavia esso presta
anche il fianco a numerose critiche. Di seguito tratteremo quelle più importanti.
Il tipo di concorrenza e la definizione della curva di contrattazione
L’analisi del livello ottimale di esternalità si basa sull’ipotesi di concorrenza perfetta. Era
su questa base che avevamo visto che:
BMNP=P-CMA
e quindi,
(BMNP=CMAE) implica (P=CMAS)
Nella teoria della contrattazione si assume che il BMNP sia la curva di contrattazione
dell’inquinatore; ad essa fa riferimento colui che inquina quando decide quanto pagare, o quanto
accettare al momento della compensazione. Ma supponiamo che non ci sia concorrenza perfetta: in
questo caso, P-CMA non rappresenta più la curva di contrattazione dal momento che non sarà
uguale a BMNP; se chi inquina è un’impresa, dovrebbe essere piuttosto evidente che la sua curva di
contrattazione è rappresentata dalla sua curva del profitto marginale e, sotto l’ipotesi di concorrenza
perfetta, questa è uguale al ricavo marginale meno il costo marginale, ossia:
BMNP=RMA-CMA
Poiché in concorrenza imperfetta il RMA non è uguale a P in quanto la curva di domanda
giace al di sopra della curva del ricavo marginale, la soluzione in termini di negoziazione non vale
più in condizioni di concorrenza imperfetta.
Quanto rilevante sia questo tipo di critica dipende da due fattori. Primo, dipende da quanto
reputiamo differente sia il mondo reale rispetto alla situazione di concorrenza perfetta: mentre
alcuni economisti sosterrebbero che il grado di imperfezione
concorrenziale – o grado di
monopolio – non sia molto grande, secondo il nostro punto di vista invece, la concorrenza perfetta
rappresenta una conveniente astrazione per la costruzione dei modelli economici, ma è spesso
lontana dal descrivere il mondo reale. Pertanto l’esistenza di situazioni di concorrenza imperfetta
costituisce la base per una critica rilevante al Teorema di Coase. Il secondo punto è più complicato:
esiste la possibilità che la curva di contrattazione dell’inquinatore possa essere definita come la
curva che unisce gli interessi dei consumatori e degli inquinatori, i quali devono negoziare con
coloro che subiscono il danno da inquinamento. Mentre questo approccio è tecnicamente corretto,
esso richiede un coinvolgimento piuttosto complesso di produttori – gli inquinatori – consumatori e
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coloro che subiscono l’inquinamento in un unico processo di negoziazione, e questo non sembra
affatto realistico.
L’assenza di negoziazione e l’esistenza di una transazione.
La seconda critica al Teorema di Coase riguarda la nostra difficoltà ad immaginare nella
realtà degli esempi di processi di negoziazione di questo tipo. Nonostante alcuni esempi in cui le
industrie negoziano con la popolazione locale affinché questa accetti la presenza di impianti
inquinanti nel proprio territorio, l’esistenza di ostacoli al processo di negoziazione rende difficile
l’applicazione nella realtà del Teorema di Coase. Ad esempio, alti costi di transazione (costi
necessari a far incontrare le parti, per organizzare gli inquinati che sono spesso localizzati lontano
gli uni dagli altri e difficili da identificare, o per realizzare il processo di negoziazione stesso)
possono superare i benefici attesi della negoziazione. Inoltre sembra improbabile che i costi di
transazione ricadano sulla parte che non possiede i diritti di proprietà.
D’altro canto, i costi di transazione sono costi reali e non abbiamo, perciò, alcuna ragione per
considerarli in modo differente rispetto agli altri costi presenti nel sistema economico. Quindi, se i
costi di transazione sono molto alti, significa che i costi della negoziazione superano i benefici: sarà
ottimale, in questo caso, che non si realizzi alcuna negoziazione. Portata a questo livello,
l’argomentazione diventa presto inutile dato che si limita ad affermare che le negoziazioni avranno
o meno luogo; nel primo caso, la quantità di esternalità che ne deriva sarà ottimale (per il Teorema
di Coase); nel secondo caso è ancora ottimale in quanto significa che i costi di transazione superano
i benefici netti attesi derivanti dalla negoziazione.
L’argomentazione basata sui costi di transazione ci suggerisce di essere cauti riguardo ogni
raccomandazione sulla regolamentazione di esternalità:
1.
Innanzitutto la presenza di esternalità non significa che si debba fare qualcosa sulla base
dell’efficienza economica, poiché potrebbe essere il caso di un’esternalità Pareto-irrilevante.
Questo tipo di errore è molto comune, come ad esempio nelle affermazioni che tutto
l’inquinamento dovrebbe essere eliminato.
2.
L’esistenza dei costi di transazione elevati potrebbe spiegare perché si rilevi importante
l’intervento dello Stato, dal momento che può accadere che l’intervento da parte dello Stato sia
meno costoso del negoziato e permetta di raggiungere l’ottimalità.
L’identificazione delle parti coinvolte nella negoziazione.
Anche se i costi di transazione sono minori dei benefici che si ottengono da una
negoziazione, può accadere che la negoziazione stessa non abbia luogo. Molte sostanze che
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producono inquinamento hanno una durata di vita elevata (rimangono nell’ambiente per lunghi
periodi di tempo e possono danneggiare le risorse per anni) con la conseguenza che non esistano
ancora gli individui destinati ad essere inquinati, rendendo impossibile di parlare di due parti che si
incontrano per negoziare (ad esempio nel caso di sostanze chimiche altamente tossiche e i rifiuti
radioattivi). L’identificazione delle parti (inquinatori e coloro che subiscono l’inquinamento) risulta
difficile anche nei casi delle risorse di libero accesso, ossia di quelle risorse il cui accesso non è
posseduto da alcun individuo. In questa situazione non è chiaro chi sarebbero gli attori del
negoziato.
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2 - GLI STRUMENTI PER IL CONTROLLO ECONOMICO
DELL’INQUINAMENTO
2.1 Classificazione degli strumenti per il controllo delle esternalità.
Oltre all’approccio negoziale (approccio di tipo economico-giuridico), gli strumenti per il
controllo dell’inquinamento si possono classificare in:
-
strumenti basati su incentivi economici (tasse, sussidi e permessi trasferibili).
-
strumenti di comando e controllo (Standard);
2.2 Le tasse ed il livello ottimale di inquinamento.
Questo tipo di tassa è nota come Tassa Pigouviana, dal nome dell’economista Arthur C. Pigou. Nel
suo schema teorico la tassa veniva considerata come un mezzo adeguato per uguagliare i costi
privati e quelli sociali. Le tasse Pigouviane tendono oggi ad essere note come tasse
sull’inquinamento (pollution charges).
La tassa Pigouviana ottimale.
Osserviamo la figura 2.1, che riprende la rappresentazione del problema delle esternalità
precedentemente trattato.
Figura 2.1
Se avessimo imposto una tassa su ciascuna unità del livello di attività che produce
inquinamento e se avessimo posto la tassa uguale a t*, si può vedere che questa tassa avrebbe
prodotto come effetto lo spostamento della curva BMNP verso il basso fino al livello BMNP – t*,
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in altri termini t* deve essere pagata su ciascuna unità di attività cosicché il beneficio marginale
netto viene ridotto di un ammontare pari a t*. L’inquinatore cercherà ora di massimizzare i benefici
netti privati subordinatamente alla tassa, e questo si verificherà in Q*: in questo modo, la tassa t* è
una tassa ottimale in quanto consente di raggiungere l’ottimo sociale in corrispondenza di Q*. In
che modo viene determinata t*? Essa è uguale a CMAE in corrispondenza del punto di ottimo.
Se una tassa è uguale al costo marginale esterno (cioè al danno marginale da inquinamento) in
corrispondenza del livello ottimale di inquinamento allora è una tassa pigouviana ottimale. Una
funzione di danno ci dice in che modo i danni causati dall’inquinamento varino con il livello di
inquinamento emesso, e quale sia il valore monetario di quel danno che, in questo modo, sarebbe
possibile collegare al livello di attività dell’inquinatore. In effetti, ci sono dei passaggi necessari per
trovare queste funzioni di danno che possiamo elencare in questa sequenza:
Attività economica dell’inquinatore
Emissioni di inquinamento
Concentrazione dell’inquinamento nell’ambiente
quinamento
Funzione di danno fisico
Esposizione all’in-
Valore monetario del danno
Un’analisi formale della tassa pigouviana ottimale.
I benefici netti sociali (BNS) sono uguali ai benefici lordi derivanti dall’attività inquinante
(PQ) meno i costi privati (C) e meno i costi esterni (CE), ossia:
[a]
BNS = PQ – C(Q) – CE(Q)
dove P è il prezzo e Q è il prodotto (l’attività produttiva che produce inquinamento); si suppone che
P sia parametrico, cioè non dipenda da Q, come accade invece in concorrenza imperfetta. Allora:
[b]
∂BNS
=
P -
∂Q
∂C
- ∂CE
∂Q
∂Q
=
0
rappresenta una condizione del primo ordine per la massimizzazione di BNS. Da cui:
[c]
P =
∂C
+
∂Q
∂CE
=
∂Q
∂CS
∂Q
dove l’uguaglianza di costo sociale (CS) con la somma dei costi privati (C) più i costi esterni (CE)
garantisce che i BNS siano massimi. Alternativamente:
[d]
P –
∂C
∂CE
=
∂Q
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∂Q
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oppure
∂BNP
=
∂CE
∂Q
∂Q
dove BNP sono i benefici netti privati, cioè il prezzo meno i costi privati.
L’equazione [c] esprime la regola secondo la quale il prezzo del prodotto che inquina deve essere
uguale al costo marginale sociale; l’equazione [d] risistema la [c] per fornire la regola di
ottimizzazione che abbiamo utilizzato, secondo la quale i benefici marginali netti privati dovrebbero
uguagliare i costi marginali esterni. Usando l’equazione [c] si vede che quell’uguaglianza può
essere soddisfatta se imponiamo una tassa t*, dove:
[e]
t*
=
∂CE
∂Q*
in cui Q* rappresenta il livello di attività che si ottiene risolvendo l’equazione [c]. Allora:
[f]
P
=
∂C
+ t*
∂Q*
Le tasse sull’inquinamento e i diritti di proprietà.
La figura 2.2 riprende la figura 2.1, ma questa volta abbiamo indicato con un’area
ombreggiata l’ammontare della tassa versata dall’ impresa all’erario:
Figura 2.2. Le tasse sull’inquinamento e i diritti di proprietà.
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
se l’inquinatore continuasse a produrre al livello Q∏ , dovrebbe pagare una tassa complessiva per
l’inquinamento pari a: obdQ* + Q*deQ∏ , che corrispondono, rispettivamente alle aree acdQ* e
Q*dQ∏ f. Ora, Q*deQ∏ (l’area punteggiata) non verrà pagata qualora l’impresa scelga di produrre
Q*. Tuttavia, l’impresa continua a pagare obdQ* benché ora stia emettendo il livello ottimale di
inquinamento. Sembra allora che l’inquinatore venga penalizzato due volte (perché è costretto a
ridurre la produzione oltre a pagare la tassa sulla quantità prodotta, pur emettendo il livello ottimale
di esternalità). Tutto questo ha una giustificazione sociale? Dipende dall’allocazione dei diritti di
proprietà. Se l’impresa non possiede alcun diritto ad utilizzare l’ambiente per scaricare i rifiuti,
allora la tassa sull’inquinamento obdQ* è una tassa per l’utilizzo di una proprietà che appartiene ad
altri (ad es. lo Stato); se invece l’impresa possiede il diritto di proprietà sui beni ambientali, allora la
tassa si rivela iniqua per l’impresa.
Tassa pigouviana e capacità di assimilazione dell’ambiente Vedere Pearce&Turner, appendice 2 al capitolo 6
Tasse pigouviane e concorrenza imperfetta
Vedere Pearce&Turner, capitolo 6 pag 98;
Le tasse sull’inquinamento e i costi di riduzione dell’inquinamento.
Una caratteristica delle tasse ambientali è che dovrebbero incentivare l’installazione di sistemi
di riduzione o di controllo dell’inquinamento. Fino ad ora si è ipotizzato che l’inquinatore si adegui
alla tassa sull’inquinamento modificando il livello di attività che produce inquinamento; per
introdurre l’alternativa rappresentata dall’utilizzo di sistemi di riduzione dell’inquinamento
presentiamo un altro diagramma: nella figura 2.3 che segue:
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Figura 2.3. Livello ottimale di inquinamento in presenza di tecnologie di abbattimento dell’inquinamento
non utilizziamo la curva BMNP ma CMAR che rappresenta la curva del costo marginale di
riduzione dell’inquinamento2. Si assume che sia una retta per comodità analitica, mentre è probabile
che sia in realtà una curva o una funzione a gradini. Sull’asse orizzontale abbiamo ora il livello
dell’inquinamento o di rifiuti R; la curva CMAR indica i costi addizionali derivanti dalla riduzione
del livello di inquinamento per mezzo di tecnologie adeguate: ad esempio il costo marginale per
ridurre l’inquinamento sotto il livello R1 è pari a CMAR1; analogamente, se vogliamo ridurre il
livello di inquinamento sotto il livello R2, dovremo sopportare un costo maggiore pari a CMAR2.
Pertanto più è basso il livello di inquinamento, più elevato sarà il costo marginale di un’ulteriore
riduzione. E’ infatti più conveniente eliminare quantità iniziali di inquinamento, ma una volta
raggiunto un livello molto basso di inquinamento, una sua ulteriore riduzione chiede forme
sofisticate di trattamento che prevedono ad esempio l’uso di agenti chimici specifici, di attrezzature
speciali per il filtraggio, e così via: da qui la giustificazione per la forma della curva CMAR.
Nella figura 2.3 il livello ottimale di inquinamento corrisponde al punto in cui CMAR =
CMAE – questo in linea con l’analisi precedente per la quale BMNP = CMAE. In verità c’è una
connessione al livello formale. Prima ci siamo occupati di casi in cui l’inquinatore si adegua ad una
tassa riducendo la produzione: così facendo, l’inquinatore va incontro ad un costo netto pari al
profitto perduto (beneficio netto privato). Si potrebbe pensare allora alla curva BMNP come ad
una curva dei costi di riduzione dell’inquinamento nel caso in cui, per ridurre l’inquinamento, si
possono utilizzare solo le riduzioni nel livello di produzione. La curva CMAR è allora analoga di
2
Si noti che nel caso precedente, si ipotizzava che l’impresa non avesse a disposizione alcuna tecnologia di
abbattimento delle emissioni inquinanti. Pertanto, l’unica possibilità che aveva l’impresa di ridurre l’inquinamento
consisteva nella riduzione della quantità prodotta e, quindi dei profitti. La curva BMNP (o del profitto marginale) era
dunque una vera e propria curva marginale di abbattimento. Tale ipotesi è rimossa in questo caso.
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
questa curva di costo nel caso in cui l’inquinamento viene ridotto attraverso l’installazione di
appositi sistemi. Si noti, infine, che la tassa pigouviana ottimale è ancora una volta t*, che è ora
uguale a CMAE e CMAR in corrispondenza del livello ottimale di inquinamento.
Tasse in presenza di tecnologie di abbattimento; costi di riduzione dell’inquinamento e scelte delle
imprese (pagare tassa e inquinare vs ridurre inquinamento e sostenere i costi del disinquinamento).
Differenze tra le imprese. Effetti dei miglioramenti tecnologici sulla funzione dei costi di
abbattimento
Vedere slides lezioni E. Ambiente
Perché le tasse sull’inquinamento sono poco diffuse?
Le tasse ambientali hanno molti pregi: utilizzano i meccanismi di mercato per stabilire di fatto
un prezzo per i beni ambientali. garantiscono un risultato ottimale se sono noti sia i costi dei danni
che i costi di riduzione, e, anche se non fossero noti, esse mantengono proprietà di minimo costo
(cioè di efficacia in termini di costo). Nel mondo reale, le tasse sull’inquinamento rappresentano
l’eccezione anziché la regola, in quanto non solo queste tasse sono di piccola entità, ma la loro
formulazione tende ad avere poco a che fare con la teoria sopra descritta. Alcune motivazioni di tale
fenomeno sono discusse di seguito.
L’incertezza imputata alla giustizia delle tasse pigouviane.
Un settore si opporrà sempre all’introduzione di nuove tasse, ma ciò non è sufficiente a
spiegare l’opposizione nel caso in cui venga introdotta una qualche forma di regolamentazione. Un
timore diffuso è che la tassa andrà oltre la tassazione dell’inquinamento Pareto-rilevante (non
ottimale), fino a giungere alla tassazione del livello ottimale di inquinamento, o, addirittura
dell’inquinamento fisico nel caso R<A. L’industria potrebbe accettare il primo tipo di eventualità
(principio
individuale
dell’inquinatore-pagatore)
ma
non
il
secondo
(principio
esteso
dell’inquinatore-pagatore).
La mancanza della conoscenza sulla funzione di danno.
Una tassa pigouviana in senso stretto richiede che si conosca almeno una parte della curva
CMAE, che rappresenta la versione marginale della funzione di costo totale esterno, o funzione di
danno. Molti economisti e, ancor più, gli operatori preposti al controllo dell’inquinamento ritengono
che sia assai difficile stimare concretamente le funzioni di danno e che, anche se potessimo essere
certi di alcune stime, sarebbe possibile trovare altri esperti che proporrebbero stime diverse dei
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
danni, lasciando aperta la strada a disputare circa il fondamento legale di una tassa. Questa
obiezione ha una qualche validità, e l’accusa che le stime dei danni possano essere manipolate
potrebbe costituire un serio problema nei Paesi in cui è possibile discutere il fondamento legale
della tassazione nelle corti dei tribunali. D’altro canto, non è realistica l’idea secondo la quale si può
calcolare una tassa pigouviana “ottimale”. Tuttavia, l’impiego delle tasse per regolare il consumo e
la produzione non è infrequente nei sistemi economici moderni.
Tasse sulle emissioni e incertezza.
Vedere slides lezioni E. Ambiente
Lo status quo.
La regolamentazione dell’inquinamento ha assunto proporzioni sempre maggiori a partire
dalle prime leggi in difesa della salute collettiva, formulate soprattutto nel diciannovesimo secolo
quando l’unico meccanismo di controllo dell’inquinamento consisteva nella regolamentazione
diretta, basata sugli standard e sostenuta da controlli e pene per i trasgressori. Le tasse, quindi,
rappresentano relativamente una novità nel contesto delle politiche di controllo dell’inquinamento;
questo elemento di novità non è sempre ben accolto dagli organi preposti alla regolamentazione,
anche perché costoro vogliono sapere prima perché il sistema di regolamentazione esistente non è
adeguato. Non si tratta, quindi, di porre in evidenza le caratteristiche positive della tassazione, ma di
mostrare che i sistemi alternativi, specialmente quelli già in funzione, sono peggiori di quelli
proposti.
Tasse sulle emissioni e non uniform emissions.
Vedere slides lezioni E. Ambiente
Tasse sulle emissioni e tax revenues.
Vedere slides lezioni E. Ambiente
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
2.3 Gli Standard ambientali.
La forma più diffusa di controllo dell’inquinamento consiste nella definizione di Standard
ambientali. Con la definizione di uno Standard si cerca di fissare dei livelli massimi di
concentrazione delle sostanze inquinanti nell’ambiente: ad esempio, X microgrammi per metro
cubo, oppure una percentuale di ossigeno disciolto nell’acqua, o un livello di decibel che non
devono essere superati. Generalmente gli Standard vengono fissati con riferimento a qualche
criterio connesso alla salute dell’uomo, ad esempio si impone che non venga superato un certo
livello di sostanze inquinanti per mantenere l’acqua potabile, oppure si richiede che le
concentrazioni di anidride solforosa e di particelle in sospensione siano mantenute a livelli tali da
non poter danneggiare l’apparato respiratorio.
Pertanto, solo in modo casuale uno Standard determinerà una soluzione economicamente efficiente
e, quindi, un livello ottimale di esternalità. Si osservi, a tal proposito la figura 2.9:
Figura 2.9. L’inefficienza degli Standard.
viene fissato uno Standard S cui corrisponde un livello di inquinamento RS, e un livello di attività
QS. La definizione degli Standard richiede anche la presenza di una qualche agenzia di
monitoraggio che controlli l’attività dell’inquinatore e che abbia il potere di imporre una multa in
caso di infrazione perché altrimenti l’unico incentivo per l’inquinatore a rispettare lo Standard
sarebbe rappresentato solo da una qualche forma di coscienza sociale. Gli Standard, quindi, sono
associati alle multe, nel senso che gli inquinatori possono essere sanzionati in caso di violazione.
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Supponiamo che, nella figura 2.9, la multa in questione venga fissata uguale ad M: affinché lo
Standard funzioni, occorre che l’impresa inquini solo fino al livello massimo consentito QS che non
è ottimale perché è inferiore a Q*. Quindi, a meno che lo Standard non venga fissato proprio a Q*,
il risultato non sarà ottimale. Lo Standard potrebbe coincidere con l’ottimo a patto che quest’ultimo
sia identificabile, un problema che è comune anche alla soluzione in termini di tassa pigouviana.
Fino a questo punto sembra che non ci sia molto da scegliere tra Standard e tasse dato che entrambi
richiedono, perché si possa ottenere un ottimo, un’informazione precisa sulle funzione BMNP e
CMAE.
Ma può accadere che la multa M si riveli inefficiente anche in questo caso: l’inquinatore ha
incentivo ad inquinare fino a QB perché la multa complessiva fino a QB è minore dei benefici netti
privati derivanti dall’attività che produce inquinamento: d’altro canto, l’inquinatore non andrà oltre
QB in quanto una quantità maggiore di inquinamento implicherà una multa superiore ai benefici
marginali netti.
Inoltre, in molti casi (ad esempio quando ci sono molte imprese che inquinano contribuendo
ciascuna in piccola parte a produrre l’inquinamento complessivo) il monitoraggio delle attività
inquinanti è assai difficile e comunque molto costoso. L’inquinatore quindi, confronta il valore
della multa moltiplicato per la probabilità di incorrere nella multa stessa, da un lato; con il beneficio
netto dell’attività che produce inquinamento dall’altro. Man mano che la probabilità di subire la
sanzione è minore di 1, il livello di produzione (e inquinamento) aumenta, superando QB ed
allontanandosi ulteriormente dal punto di ottimo.
Tale discussione dovrebbe far emergere immediatamente il secondo requisito generale perché uno
Standard sia ottimale: la multa dovrebbe essere certa e uguale a M*; perché uno Standard sia
ottimale, occorre che il livello di produzione corrispondente sia ottimale, che il livello della multa
sia posto uguale a M* e che la multa stessa abbia probabilità uguale a uno di essere imposta a chi
trasgredisce lo Standard.
Le difficoltà di realizzare tale condizioni spiegano la diffidenza con la quale gli economisti
considerano gli Standard.
Le tasse come soluzione di minimo costo.
Si è già detto e dimostrato, che, se deve essere adottato uno Standard, una tassa rappresenta il
modo migliore di realizzarlo; evidentemente ciò non sancisce la superiorità delle tasse nei confronti
degli Standard, ma è una prova che una combinazione di Standard e tasse, sarà preferibile
all’adozione del solo Standard (v. Teorema di Baumol e Oates, pag 22).
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
L’incertezza e la funzione del beneficio.
La figura 2.10 rappresenta il familiare diagramma dell’inquinamento in cui si ipotizza che
esista una qualche incertezza sulla posizione precisa della funzione del beneficio: la curva BMNP
(vera) rappresenta la vera funzione del beneficio, mentre BMNP (falsa) non è la curva vera del
beneficio. Supponiamo che il decisore ritenga che la BMNP (falsa) sia la curva corretta e ci
chiediamo se il costo di questo errore sia maggiore nel caso di uno Standard o in quello di una tassa:
finchè la curva CMAE e BMNP hanno la medesima pendenza (in valore assoluto, mentre il segno è
opposto), allora i costi derivanti dall’errore sono gli stessi e non c’è alcuna ragione di preferire una
tassa ad uno Standard; in questo modo, la tassa t viene fissata nell’intento di raggiungere il livello
ottimale di inquinamento, ipotizzando che la BMNP (falsa) rappresenti la curva corretta.
Figura 2.10. Equivalenza tra tassa e Standard.
Ma la curva corretta è la BMNP (vera), e, dunque, l’inquinatore, sapendo questo, arriva al punto in
cui la curva BMNP (vera) è uguale a t: l’effetto sarà un livello maggiore di inquinamento (Q’
invece di Q*). La perdita associata a questo maggiore livello di inquinamento è rappresentata
dall’area sotto la curva CMAE tra Q*Q’ meno l’area sotto la curva BMNP (vera) tra Q*Q’: quello
che risulta è il triangolo bde.
Supponiamo ora che l’autorità regolamentatrice decida di fissare uno Standard al livello Q,
pensando ancora che la curva corretta sia la BMNP (falsa): a patto che lo Standard venga fatto
rigidamente rispettare, il livello di attività economica è pari a Q, sotto il livello ottimale Q*, con
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
una perdita pari al triangolo dell’area abc. In questa ipotesi di uguale pendenza tra le due curve
CMAE e BMNP è chiaro che i due triangoli ombreggiati sono equipollenti.
Nella figura 2.11 si ripete la stessa analisi ma nell’ipotesi che le due curve abbiano inclinazioni
(cioè valore assoluti e segno) diverse: in (a) la curva CMAE è più inclinata della BMNP, mentre in
(b) accade il contrario; osservando i due grafici possiamo concludere che, poiché in (a) la soluzione
mediante la tassa provoca una perdita di benessere molto più grande, si deve preferire lo Standard;
in (b) è lo Standard a causare la perdita maggiore, e, di conseguenza deve essere preferita la tassa.
Si noti che tutti questi risultati valgono anche se l’incertezza avesse riguardato la curva CMAE.
Figura 2.11. Standard versus tasse.
Efficienza dinamica.
In caso di applicazione di uno standard, l’impresa non ha nessun incentivo a ridurre
l’inquinamento oltre quanto stabilito dallo standard poiché non va incontro ad alcuna sanzione
qualora rispetti lo standard stesso. Può essere, però, desiderabile sotto il profilo sociale incoraggiare
gli inquinatori ad investire in tecnologie che consentano di ridurre l’inquinamento ad un costo più
basso: nell’approccio in termini di Standard questo incentivo non esiste, mentre con una tassa
l’inquinatore paga sempre la tassa (anche qualora produca solo la quantità socialmente ottimale) e
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
quindi, ha un incentivo ad investire in tecnologie sostenibili che consentano di evitare di pagare la
tassa..
I costi amministrativi.
I costi amministrativi necessari per definire e gestire un sistema basato sugli Standard
ambientali sono in genere alti: ci deve essere un sistema di monitoraggio e deve essere predisposto e
realizzato un sistema di sanzioni per chi trasgredisce lo Standard. Inoltre, la ricerca scientifica in
campo ambientale è affidata alla pubblica amministrazione (definizione dello standard, effettuare il
monitoraggio, determinare le tecnologie relative al monitoraggio, ricerca di soluzioni tecnologiche
che consentano di ridurre le emissioni inquinanti, etc.).
La proibizione totale.
C’è un caso in cui l’efficienza della tassa è decisamente inferiore ad uno Standard, ed è quando la
sostanza inquinante è così pericolosa da richiedere un totale divieto di utilizzarla. In tali circostanze
abbiamo di fronte una curva CMAE verticale, nel senso che ci sono dei costi marginali esterni
infiniti associati all’uso della sostanza inquinante; in altri termini, l’incertezza è tale da far decidere
che sia troppo rischioso utilizzare quella sostanza (ad esempio alcune eco-tossine di alcuni additivi
alimentari).
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Confronto tasse-standard
Le tasse come soluzione a basso costo per la definizione di uno standard.
Esiste un altro aspetto della soluzione mediante le tasse al problema dell’esternalità che assume una
certa importanza ed è il seguente: rispetto agli standard fissati rispetto alle tasse, le tasse
tenderanno ad essere un metodo poco costoso per raggiungere un dato standard. Di questo
risultato, che si deve a Baumol e Oates, presentiamo ora un dimostrazione con l’ausilio di un
grafico.
Nella figura 2.7, sull’asse orizzontale è illustrata la riduzione dell’inquinamento (ossia il livello di
riduzione), sull’asse verticale sono rappresentati invece i valori monetari: CMAR1,CMAR2, CMAR3,
sono allora le curve del costo marginale di riduzione per tre diverse imprese che producono il
medesimo bene. Si ricordi che le curve CMAR hanno inclinazione positiva da sinistra verso destra e
non da destra verso sinistra, dal momento che abbiamo posto sull’asse orizzontale i livelli di
riduzione dell’inquinamento anziché i livelli di inquinamento.
Figura 2.7. Tasse come metodo a basso costo per il raggiungimento di uno standard.
La curva CMAR è diversa da impresa ad impresa a causa delle differenti tecnologie utilizzate
dalle imprese stesse: vediamo che, per ogni livello di riduzione dell’inquinamento, l’impresa
1 ha i costi di riduzione più elevati, poi seguono nell’ordine l’impresa 2, e l’impresa 3. Per
semplicità assumiamo che S1S2=S2S3, e S1+S2+S3=3S2 .
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Supponiamo ora di definire uno Standard che fissa S2 come livello di riduzione
dell’inquinamento; un modo per realizzare questo standard consiste nell’imporre a ciascuna
impresa la riduzione dell’inquinamento di un ammontare pari ad 0S2: questo significa che
l’impresa 1 raggiungerà il punto A, l’impresa 2 il punto B e l’impresa 3 il punto C; in tal
modo si raggiunge lo Standard complessivo in 3S2 .
Un’alternativa è quella di fissare una tassa t* in modo tale che l’impresa 1 arrivi al punto X,
l’impresa 2 al punto B e l’impresa 3 al punto Y. Per comprendere questo risultato si pensi
all’impresa 1: fino a S1 è più conveniente per l’impresa ridurre l’inquinamento che pagare la
tassa (t* infatti giace al di sopra di CMAR1); oltre S1, però l’impresa pagherà la tassa piuttosto
che ridurre l’inquinamento (t* giace al di sotto di CMAR1). La stessa analisi si applica alle
altre imprese, con il risultato che si raggiunge lo Standard complessivo 3S2, la l’impresa 1,
avendo i costi di riduzione più elevati, ha ridotto l’inquinamento meno di S2, mentre l’impresa
3, che ha i costi di riduzione più bassi, ha ridotto l’inquinamento più di S2. Ciò equivale a
imporre degli standard individuali per le singole imprese.
Sembra dunque che non ci sia nulla da scegliere tra l’approccio in termini di definizione di uno
Standard e l’approccio in termini di tassazione; entrambe permettono di raggiungere lo Standard
complessivo 3S2, ma esiste una differenza rappresentata dai costi in termini di rispetto dello
Standard, costi la cui determinazione richiede che vengano sommate le aree rilevanti sotto le curve
CMAR nel modo seguente:

Soluzione in termini di definizione di uno Standard.
Costi totali di riduzione = CTRST = OAS2+OBS2+OCS2

Soluzione mediante la tassa.
Costi totali di riduzione = CTRTAS = OXS1+OBS2+OYS3
È evidente che i due costi totali non sono gli stessi. Infatti, sottraendo CTRTAS da CTRST, si ottiene:
CTRST – CTRTAS = S1XAS2 – S2CYS3.
Ma, S1XAS2 è nettamente più grande di S2CYS3, cosicché
CTRST > CTRTAS.
Abbiamo quindi dimostrato che la definizione di uno Standard uniforme comporta costi totali di
riduzione dell’inquinamento più elevati rispetto all’imposizione di Standard individuali per le
singole imprese, determinati sulla base dei costi di riduzione dell’inquinamento o all’uso di una
tassa che permette di rispettare lo stesso Standard. L’uso delle tasse (o degli standard individuali)
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
rappresenta dunque una soluzione di minimo costo per il raggiungimento di un dato Standard (2nd
best).
2.4 I permessi negoziabili di inquinamento.
Come nel caso della definizione di uno Standard, l’autorità preposta alla regolamentazione
autorizza solo un certo livello di emissioni di sostanze inquinanti ed emette dei permessi – noti
come diritti o certificati di inquinamento – per questo livello; tuttavia, mentre la definizione di uno
Standard termina a questo punto, i permessi di inquinamento sono invece negoziabili, nel senso che
possono essere acquistati e venduti sul mercato dei permessi.
La figura 2.13 illustra gli elementi essenziali dei permessi negoziabili; la curva CMAR rappresenta
la curva dei costi marginali di riduzione dell’inquinamento che, come si è visto precedentemente,
può essere interpretata come la funzione BMNP se il solo modo di ridurre l’inquinamento consiste
nella riduzione della produzione. Sull’asse orizzontale sono indicati il livello di emissioni e il
numero di permessi: l’ipotesi più semplice è che occorra un permesso per ciascuna unità di
emissione di inquinamento.
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
Figura 2.13. Permessi negoziabili
Il numero di permessi ottimale allora è 0Q* e il loro prezzo ottimale è 0P*. Pertanto, se le autorità
cercano di raggiungere un ottimo paretiano, dovrebbero emettere 0Q* permessi. S* è la curva di
offerta dei permessi, la cui emissione è regolamentata – ossia fissata esogenamente dall’autorità
regolamentatrice – e non è sensibile al prezzo.
La curva CMAR è di fatto la curva di fatto dei permessi: in corrispondenza del prezzo del permesso
P1, ad esempio l’inquinatore acquisterà 0Q1 permessi, perché, in termini di strategie di controllo
dell’inquinamento, è più conveniente ridurre l’inquinamento da Q2 a Q1 che acquistare i permessi; a
sinistra di Q1, è più conveniente acquistare i permessi che ridurre l’inquinamento. CMAR
rappresenta quindi, la curva di domanda dei permessi.
I diversi tipi di sistemi di permessi.
La letteratura ha classificato tre diversi sistemi di permessi:
1. il sistema dei permessi basato sui punti ricettori – ambient permit system – APS;
2. il sistema di permessi di emissione – emission permit system – EPS;
3. il sistema di controbilanciamento dell’inquinamento – pollution offset – PO.
1. il sistema dei permessi basato sui punti ricettori – ambient permit system – APS, utilizza
permessi definiti sulla base dell’esposizione in corrispondenza del punto ricettore. Gli
Standard di qualità potrebbero variare secondo il punto ricettore, nel senso che non c’è alcun
bisogno che ogni punto ricettore abbia lo stesso Standard di qualità ambientale. Con questo
tipo di sistema, i permessi devono essere ottenuti sul mercato come permessi in
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
corrispondenza del punto ricettore, con la conseguenza che lo scambio non avverrà sulla
base di uno a uno, ma bisognerà scambiare i permessi sulla base del numero di permessi
richiesto per permettere un dato livello di concentrazione dell’inquinamento in
corrispondenza del punto ricettore. Ciascun inquinatore quindi, può trovarsi di fronte
mercati troppo complessi secondo i diversi punti ricettori, e di conseguenza prezzi differenti.
2. il sistema di permessi di emissione – emission permit system – EPS, è molto più semplice:
i permessi vengono emessi sulla base della fonte di emissione, ignorando gli effetti che
possano produrre le emissioni sui punti ricettori. In una determinata regione o zona,
l’inquinatore avrebbe un solo mercato in cui trattare ed un unico prezzo, che il prezzo di un
permesso per emettere sostanze inquinanti in quella regione: lo scambio dei permessi è su
base di uno a uno. L’APS, presenta alcune ovvie complicazioni per gli inquinatori, ma
potrebbe essere un incubo anche sotto il profilo amministrativo per le autorità
regolamentatrici. D’altro canto anche l’EPS, per quanto sia più semplice, non evita alcuni
problemi, in quanto, non discriminando in base ai punti ricettori, è improbabile che riesca a
distinguere le fonti sulla base dei danni provocati e, risulterà inefficiente: a livello formale,
possiamo dire che il prezzo dei permessi non approssimerà il costo marginale esterno. In
secondo luogo, è probabile che ogni area subisca una concentrazione dell’inquinamento in
alcune piccole aree specifiche – i cosiddetti punti caldi – dove i livelli di concentrazione
superano lo Standard: dal momento che l’EPS è basato sulle emissioni che avvengono su
un’area più vasta, non riuscirà a tenere conto della violazione dello Standard in tutti i punti.
La semplice ridefinizione dell’area in modo da far rientrare il punto caldo all’interno di una
zona più piccola, alla quale viene poi riapplicato lo Standard equivale, in realtà, a
trasformare l’EPS, nell’APS, con i connessi problemi di molteplicità di mercati e prezzi
messi prima in evidenza. L’ESP inoltre funziona sulla base di uno scambio uno ad uno
all’interno di una zona definita, mentre non avviene alcuno scambio al di fuori di quella
zona: con l’APS si tiene conto di tutti i punti ricettori, mentre con l’EPS si potrebbero
produrre dei danni al di fuori dell’area in questione e tali danni sarebbero destinati ad essere
ignorati. Per superare tali difficoltà è stato suggerito un terzo sistema, denominato di
controbilanciamento dell’inquinamento, PO.
3. il sistema di controbilanciamento dell’inquinamento – pollution offset – PO, i permessi
vengono definiti in termini di emissioni, lo scambio avviene all’interno di un’area definita
ma non sulla base di uno a uno; inoltre lo Standard deve essere rispettato in corrispondenza
STESURA PROVVISORIA
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Appunti di Economia dell’ambiente, Maggio 2013
di tutti i punti ricettori. Il valore di scambio dei permessi, viene determinato dagli effetti che
le sostanze inquinanti esercitano in corrispondenza dei punti ricettori. Il sistema PO
combina le caratteristiche sia dell’EPS – i permessi sono definiti in termini di emissioni e
non avviene alcuno scambio al di fuori dell’area stabilita –, sia dell’APS – il tasso di
scambio dei permessi è definito dagli effetti delle emissioni inquinanti sui punti ricettori
circostanti.
Qual è il sistema migliore?
Tietenberg ha offerto un’ampia rassegna dell’evidenza empirica: dal suo studio, risulta che
l’EPS è più costoso dell’APS in termini dei costi totali di riduzione richiesti, mentre l’APS viene
considerato un sistema quasi irrealizzabile a causa della sua complessità. L’evidenza empirica
produce risultati contrastanti, dal momento che i due sistemi potrebbero avere livelli differenti di
controllo delle emissioni a causa delle difficoltà insite nella configurazione spaziale dei requisiti
necessari per rispettare lo Standard. Il sistema PO non è ancora stato sottoposto a verifica empirica.
Lo scambio dei permessi nella realtà.
Negli Stati Uniti, il Clean Air Act (1970) ha fissato degli Standard nazionali di qualità
dell’aria – national ambient air quality standards, NAAQS – che sono poi stati applicati dai singoli
Stati con piani di applicazione – state implementation plans, SIP –. Il Clean Air Act ha segnato
l’inizio dell’introduzione di controlli federali attraverso l’Agenzia di controlli ambientale –
Environmental protection agency, EPA – su ciò che prima era di competenza dei singoli stati. Per
ogni Stato il SIP dove comunicare all’EPA in che modo lo Stato avrebbe applicato lo Standard per
tutte le sostanze inquinanti eccetto le nuove fonti che venivano controllate direttamente dallo
Standard fissato dall’EPA. Nel 1977 il Clean Air Act è stato emendato in quanto molti Stati non
stavano rispettando gli Standard: le aree che non rispettavano gli Standard sono state dichiarate
regioni di non conformità – non-attainment regions –, cui sono state imposte severe
regolamentazioni.
Tutte le tecnologie di controllo ragionevolmente disponibili – reasonably available control
technologies, RACT – dovevano essere applicate agli impianti esistenti, e ci doveva essere un
ulteriore ragionevole progresso nell’ottenere riduzione annuali in modo da poter raggiungere lo
Standard. Per le nuove fonti di inquinamento si era sottoposti a permessi di costruzione
subordinatamente all’uso del più basso tasso di emissioni ottenibile – lowest achievable emission
rate, LAER –, cioè del tasso di emissione più basso raggiunto in altri luoghi. Nell’area in cui
venivano rispettati gli Standard, l’attenzione si spostava sulla prevenzione di un significativo
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peggioramento – prevention of significant deterioration, PSD – per garantire che le aree non
peggiorassero.
L’altro grande cambiamento nel 1977 è stato l’introduzione di un programma di scambio delle
emissioni, che opera attraverso un credito alla riduzione delle emissioni. Supponiamo che una fonte
controlli le emissioni le emissioni più di quanto sia richiesto dallo Standard: questo le assicura un
credito pari all’eccesso di riduzione delle emissioni, credito che potrebbe essere scambiato in molti
modi.
Il primo consiste in una politica di compensazioni, che possono essere utilizzate nelle aree di
conformità, permettendo la costituzione di nuove fonti, e che si aggiungono alle emissioni a patto
che vi sia un credito da qualcun'altra parte nella stessa regione. Di fatto, la nuova fonte acquista i
crediti delle fonti già esistenti, il livello complessivo di inquinamento non aumenta e non viene
scoraggiata la costituzione di un nuovo settore nelle regioni di non conformità, che, diversamente
subirebbero una perdita in termini di reddito e di occupazione.
Il secondo modo consiste in una politica della bolla. Il modo migliore di pensare a una bolla e
di immaginare una cupola di vetro che copre diverse fonti di inquinamento, o nel senso di punti
differenti all’interno di un unico impianto, o nel senso di impianti differenti. L’obbiettivo consiste
nell’impedire che le emissioni complessive provenienti dalla bolla immaginaria superino il livello
richiesto dello Standard: se un qualunque punto supera lo Standard RACT, ad esempio può essere
compensato con dei crediti di riduzione delle emissioni ottenuti da qualche altra parte all’interno
dello stessa bolla.
La terza procedura utilizza lo schema reticolare, che è simile alla bolla ma fa riferimento alle
fonti che stanno intraprendendo la modificazione, e che desiderano evitare il rischio di essere
classificate come una nuova fonte di inquinamento e perciò de essere sottoposte ad uno Standard
più rigido – LAER –. Inoltre finché le emissioni a livello di tutto l’inquinamento non aumentano, la
fonte modificata può accrescere le emissioni se ci sono dei crediti alla riduzione delle emissioni che
controbilanciano questo aumento.
Il quarto punto e per concludere, vi è il deposito con il quale le fonti possono accumulare i
crediti alla riduzione delle emissioni per utilizzarli successivamente nell’ambito di uno schema
reticolare, di una bolla o di una compensazione.
Queste componenti hanno una consistente affinità con i sistemi di scambio dei permessi discussi
precedentemente. Il progresso di questi aspetti legislativi della politica ambientale statunitense è,
quindi, complesso e variegato: una valutazione complessiva di questa politica è difficile, ma
emergono alcune considerazioni generali.
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1°.
Lo scambio ha avuto tendenzialmente come risultato una migliore qualità dell’aria, benché
ci siano delle eccezioni.
2°.
Sembra che ci siano stati dei risparmi significativi nei costi.
3°.
La politica di compensazione probabilmente ha aiutato delle zone che diversamente
sarebbero state danneggiate sotto il profilo economico dato che le imprese non sarebbero
state in grado di operare nelle regioni di non conformità.
4°.
I costi amministrativi sono stati elevati.
5°.
È probabile che l’introduzione della tecnologia di riduzione dell’inquinamento sia stata
stimolata dal tipo di politica adottata: nel 1986 si supponeva che le bolle esistenti fossero
circa 250; nello stesso anno sono stare riportate 3.000 transazioni per compensazioni; non
sembra invece essere nota la quantità di reticoli, e il deposito ha avuto fin ora un impatto
piuttosto limitato.
I vantaggi dei permessi negoziabili.
La figura 2.14 riprende la figura 2.13, con l’omissione della curva CMAE e con l’aggiunta
della curva CMAR totale data dalla somma delle curve CMAR dei singoli inquinatori che qui
supponiamo, per semplicità, siano solo due; questa somma ha senso dal momento che si è visto che
la curva CMAR è la curva di domanda dei permessi: sommare le curve CMAR, equivale a
sommare un insieme di curve di domanda. Con riferimento alle curve CMAR individuali dei due
inquinatori possiamo determinare quanti permessi vengano acquistati: l’inquinatore 1 acquista 0Q1
permessi e l’inquinatore 2 acquista 0Q2 permessi al prezzo P*.
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Figura 2.14. Minimizzazione dei costi con i permessi negoziabili.
Si noti che l’inquinatore con i costi di riduzione dell’inquinamento più elevati – in questo caso il 2 –
acquista un maggior numero di permessi. Questo ci fornisce una giustificazione per l’efficacia dei
permessi in termini di costo: gli inquinatori che hanno bassi costi di riduzione dell’inquinamento
troveranno relativamente più facile ridurre l’inquinamento che acquistare i permessi, mentre
accadrà il contrario per gli inquinatori con costi di riduzione più elevati.
Dal momento che gli inquinatori hanno costi differenti di riduzione dell’inquinamento, emerge
automaticamente un mercato, dove gli inquinatori con bassi costi vendono i permessi e quelli con
costi più elevati li acquistano. Offrendo agli inquinatori la possibilità di scambiare i permessi, il
costo totale di riduzione dell’inquinamento viene minimizzato rispetto all’approccio della
definizione di uno Standard. Ciò che abbiamo, quindi, è una versione analoga al teorema di
Baumol-Oates dove, al posto delle tasse che minimizzano i costi di realizzazione di uno Standard,
abbiamo i permessi.
I nuovi entranti.
Supponiamo che nel settore entrino nuovi inquinatori con il risultato che la curva di domanda
aggregata dei permessi di inquinamento si sposterà verso destra come nella figura 2.15. Finché le
autorità desiderano mantenere lo stesso livello complessivo di inquinamento, manterranno l’offerta
di permessi pari a S*, con la conseguenza che il prezzo dei permessi salirà a P**; i nuovi entranti
acquisteranno i permessi se appartengono a settori con costi di riduzione elevati; diversamente,
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tenderanno ad investire in sistemi di controllo dell’inquinamento: ancora una volta il sistema dei
permessi minimizza il costo totale di riduzione dell’inquinamento. Ma supponiamo che le autorità
pensino che l’aumento della domanda di permessi dovrebbe risultare in una qualche diminuzione
nel livello del controllo dell’inquinamento: allora potrebbero semplicemente emettere nuovi
permessi facendo spostare la curva di offerta S* verso destra.
Figura 2.15. La variazione dell’offerta e della domanda di permessi
Se invece ritenessero che lo Standard precedente debba essere inasprito, esse stesse potrebbero
entrare nel mercato e, acquistando alcuni permessi, ritirarli dal mercato, con la conseguenza che la
curva di offerta si sposterebbe verso sinistra. In breve il sistema dei permessi lascia aperta la
possibilità di modificare gli Standard con relativa facilità per riflettere le condizioni di mercato del
momento: l’autorità regolatrice sarebbe semplicemente coinvolta in operazioni di mercato, al pari di
una Banca Centrale che acquista e vende titoli per influenzare il loro prezzo.
Le opportunità aperte a coloro che non inquinano.
Benché non sia considerata una delle caratteristiche intenzionali del sistema dei permessi, vi è
un altro aspetto interessante che li riguarda: se il mercato dei permessi è veramente libero, chiunque
potrà acquistarli. Un gruppo di pressione ambientalista, ad esempio, interessato ad abbassare il
livello complessivo di inquinamento, potrebbe entrare nel mercato e acquistando i permessi, ritirarli
dal mercato, o addirittura distruggerli. Questa soluzione sarebbe efficiente perché rifletterebbe
l’intensità della preferenza per il controllo dell’inquinamento in quanto regolata dalla disponibilità a
pagare sul mercato; il pericolo insito in questa idea è che un governo potrebbe reagire in maniera
ostile ad una situazione nella quale il livello di inquinamento giudicato ottimale, o, per lo meno,
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accettabile venisse modificato da persone che non sono d’accordo con esso: il governo potrebbe
allora emettere nuovi permessi ogni volta che il gruppo ambientalista acquistasse i permessi stessi.
Inflazione e costi di aggiustamento.
I permessi sono interessanti in quanto risolvono alcuni problemi connessi alle tasse
sull’inquinamento. Con i permessi è necessario determinare sia lo Standard desiderato che
l’aliquota d’imposta adeguata: bisogna solo definire lo Standard e trovare un meccanismo per
l’emissione dei permessi. Inoltre, se nel sistema economico vi è inflazione, il valore reale delle tasse
sull’inquinamento cambierà, eventualmente riducendo la loro efficacia; dato che, i permessi sono
sensibili all’offerta e alla domanda, l’inflazione viene già conteggiata. Le tasse inoltre richiedono un
aggiustamento in seguito all’entrata nel settore o all’uscita da esso, mentre i permessi, come si è
visto , si adeguano in modo più facile a tali cambiamenti.
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