black book - Amici del Cabiria
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BLACK BOOK Sito: http://www.zwartboekdefilm.nl/ Trailer: http://www.mymovies.it/trailer/?id=44568 Anno: 2006 Titolo Originale: Zwartboek, Altri titoli: Blackbook Durata: 135 Origine: GERMANIA, GRAN BRETAGNA, OLANDA Genere: GUERRA, THRILLER Tratto da: ispirato al libro "Grijs Verleden" di Chris van der Heyden Produzione: FU WORKS, HECTOR BV, MOTEL FILMS, CLOCKWORK PICTURES, EGOLI TOSSELL FILM AG, MOTION INVESTMENT GROUP, VIP 4 MEDIENFONDS, STUDIO BABELSBERG MOTION PICTURES GMBH Distribuzione: DNC - ENTERTAINMENT Data uscita: 02-02-2007 Regia: Paul Verhoeven Attori: Carice van Houten Rachel Steinn Thom Hoffman Hans Akkermans Halina Reijn Ronnie Sebastian Koch Muntze Christian Berkel Generale Kautner Waldemar Kobus Franken Michiel Huisman Rob Derek de Lint Gerben Kuipers Peter Blok Van Gein Ronald Armbrust Tim Jeroen Uijttenhout Soldato SS Dolf de Vries Notaio Smaal Diana Dobbelman Sig.ra Smaal Matthias Schoenaerts Joop Xander Straat Maarten Heleen Mineur Stientje Dirk Zeelenberg Siem Pieter Tiddens Herman Jobst Schnibbe Autista Müntze Rixt Leddy Anny Marisa Van Eyle Moglie del contadino Seth Kamphuijs Max Jack Vecht Padre di Rachel Lidewij Mahler Linda Boris Saran Joseph Gijs Naber Cas Michiel de Jong David Frank Lammers Kees Marcel Musters Henk Bas van der Horst Jantje Janni Goslinga Maiko Kemper Willem de Wolf Susan Visser Rian Gerritsen Reinier Bulder Contadino Herman Boerman Skipper Jacqueline Blom Madre di Rachel Carsten Sasse Wimie Wilhelm Ronald de Bruin Menno Van Beekum Hugo Metsers Theo Maassen Tjebbo Gerritsma Soggetto: Chris van der Heyden, Paul Verhoeven, Gerard Soeteman Sceneggiatura: Paul Verhoeven, Gerard Soeteman Fotografia: Karl Walter Lindenlaub Musiche: Anne Dudley Montaggio: James Herbert, Job ter Burg Scenografia: Wilbert Van Dorp Costumi: Yan Tax Effetti: Rick Wiessenhaan, Hans van Helden Critica: "L'ha diretto un regista noto, Paul Verhoeven, che si era fatto molto apprezzare tra le fila del cinema del suo Paese, almeno fino agli anni Ottanta. Poi si è trasferito a Hollywood, alla ricerca, forse, di più facili successi, come doveva dimostrare nel '92 con il tanto chiacchierato 'Basic Instinct'. Ora è tornato a casa, ha ritrovato gli impegni civili ed estetici di una volta e ci ha raccontato con passione spesso molto calda un episodio autentico degli anni della Resistenza olandese ai nazisti durante l'occupazione. (...) Verhoeven si impone soprattutto nelle pagine corali, con i partigiani, i nazisti, le anonime folle olandesi sotto la dominazione straniera. Immagini forti ed anche, nello stesso, tempo di grande valore figurativo, in climi ora ansiosi ora dolenti. I casi dei singoli, qua e là, sono un po' accentati, ma si inseriscono comunque senza difficoltà nel crudo ritratto realistico di quegli anni. Grazie anche a interpreti qui da noi poco noti, ma tutti sostenuti dal vigore." (Gian Luigi Rondi, 'Il Tempo', 2 settembre 2006) "'Black Book', Libro Nero, che Paul Verhoeven ha girato nel suo Paese, l'Olanda, dopo vent'anni di lavoro in Usa, sembra un film antinazista classico, ma non lo è: è un prodotto del revisionismo storico, della convinzione del regista, 70 anni, che 'nessuno sopravvive, innocente a una guerra', della sua ottica inconsueta. (...) Il revisionismo arriva qui corretto dalla forma migliore, quella pacifista. Attori, ricostruzione d'epoca del film sono impeccabili, come è nello stile personale di Verhoeven" (Lietta Tornabuoni, 'La Stampa', 2 febbraio 2007) "Dopo vent'anni di esilio volontario a Hollywood, Paul Verhoeven torna in Olanda e realizza un film sull'occupazione tedesca; soggetto stimolante per un regista che ha sempre messo l'ambiguità morale al centro del proprio cinema. Tuttavia, 'Black book' non è una rilettura problematica della storia del '900, ma piuttosto un romanzo di avventura memore dei feuilleton antinazisti che Fritz Lang girò all'epoca, mescolando vari generi popolari: dal film di guerra alla vicenda di spionaggio, al melodramma sentimentale. Benché il cineasta dichiari che il soggetto è basato su fatti autentici, ti accorgi presto che la sua attenzione è concentrata su un intrigo a doppio fondo pieno di colpi di scena spettacolari. Se un cattivo tedesco diventa improvvisamente buono e un buon olandese cattivissimo, ciò non ha tanto a che vedere con l'umana ambiguità, quanto invece con le convenzioni più semplici e manichee del genere. Cominciano ad infastidire un po', allora, l'improbabilità delle situazioni, la magniloquenza di certi episodi e la superficialità generale del progetto, che l'accuratezza della realizzazione non basta a mascherare. L'ancora sconosciuta attrice Carice Van Houten ha tutto per farsi notare." (Roberto Nepoti, 'la Repubblica', 2 febbraio 2007) "Tornato in Olanda dopo lunghi anni a Hollywood (anni duri ma proficui: 'Robocop', 'Basic Instinct', 'Starship Troopers'...), Verhoeven resta un caso a sé. Più hollywoodiano degli hollywooditi, è pronto a tutto per lo spettacolo. Però i suoi film tracotanti, gonfi di astuzie e kitsch, hanno un retrogusto singolare. 'Black Book' riprende, rovesciandola, l'Olanda in lotta con i nazisti di Soldato d'Orange. (...) Gettato il sasso, il film nasconde la mano. Non senza dettagliare gli orrori compiuti dagli olandesi a liberazione avvenuta. Facile accusare Verhoeven di qualunquismo. Ma questa danza macabra molto fiamminga, piena di dettagli truci e immagini sorprendenti, non si dimentica tanto in fretta." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 2 febbraio 2007) "Prima di vedere il 'Black book' ('Libro nero') dell'olandese Paul Verhoeven, andrebbe letta l'opera dello storico israeliano Zeev Sternhell: egli sostiene che, fascista o antifascista, l'Europa è antigiudaica. Implicitamente, è un invito per ogni ebreo del Vecchio continente a emigrare in Israele. (...) Corale, insolito, spiritoso, perfino leggermente erotico, 'Black book' dice quel tuttora pochi hanno il coraggio di dire: i deboli son buoni finché restan deboli... Basterebbe questo a giustificare il biglietto d'ingresso." (Maurizio Cabona, 'Il Giornale', 2 febbraio 2007) "Visto, amato, deriso alla Mostra di Venezia, accusato di revisionismo sui partigiani dei Paesi Bassi, il nuovo film di Verhoeven, l'olandese volante di 'Basic instinct', non pretende tanto, fa spettacolo, non sborsa vera personalità. È un mix fra 'Diario di Anna Frank' e 'Quella sporca dozzina', mescola bombe, fughe e melò, partigiane e soubrettine, persecuzioni (inizia oggi in Israele, alla recherche del tempo di guerra perduto). Dal regista che fu intellettuale ('Il quarto uomo', 'Soldato d' Orange'), il recupero di un tema forte e provocatorio, il libriccino nero del titolo, il diario di un avvocato mediatore tra occupanti e resistenti con i nomi dei collaborazionisti olandesi. E si unisce dichiaratamente realtà e finzione. (...) Il messaggio è chiaro e pericoloso: in guerra non ci sono innocenti né eroi né angeli né demoni, tutto ricomincia sempre daccapo. Verhoeven fra il bianco e nero sceglie il grigio e dice che i conflitti mutano costumi ed etica, mostra gli olandesi nel ' 45 torturati in prigioni come Guantánamo. Né si può chiedere al regista di Schwarzenegger di rinunciare allo spettacolo, il filmone fila diritto come un treno nel tempo nella via crucis delle passioni belliche pigiando tutti i tasti anche tutti insieme in modo non gratuito quando rimbalza sull' oggi." (Maurizio Porro, 'Corriere della Sera', 2 febbraio 2007) Da Verhoeven un atto d'accusa contro guerre, estremismi e giustizialismo dei vincitori. Imperfetto, ma coraggioso e molto attuale Da un irriconoscibile Verhoeven un coraggioso atto d'accusa contro ogni guerra, estremismo e arrogante giustizionalismo dei vincitori. La storia di Black Book è semplice e le accuse di revisionismo del tutto speciose: l'oppressore schiaccia le minoranze, deporta, uccide. Gli oppressi muoiono, si organizzano, non demordono. Alla fine la spuntano, ma all'invertirsi dei rapporti di forza la loro vendetta sarà terribile. Cambiano le bandiere, ma le violenze sono le stesse, se non peggiori. A incarnare il paradosso è la vera odissea di Rachel Steinn (bravissima Carice van Houten), ebrea olandese che scampa ai lager infiltrandosi fra i nazisti, per poi rischiare il linciaggio, alla liberazione, dai suoi stessi compagni di un tempo. Siamo nel 1944, ma la storia è attualissima e Verhoeven non manca di sottolinearlo. La parola chiave è coraggio: già dirompente in sé, il suo scomodo parallelismo fra nazisti e resistenti, è per di più all'ordine del giorno della politica internazionale. Basta cioè l'autoinvestitura dei "buoni" a legittimarne metodi e crociate moralizzatrici? Per chi non cogliesse lo spunto fra le righe, Verhoeven inserisce poi un esplicito (e ancor più azzardato) richiamo all'oggi, contestualizzando incipit ed excipit in un kibbutz israeliano del '56, che alla fine sarà travolto da una nuova guerra. Un film sul nazismo, gli ebrei cattivi, la politica sotto accusa: la materia è incandescente e il terreno sdrucciolevole, ma nonostante qualche sbavatura e semplificazione, Verhoeven se la cava con coraggio.(www.cinematografo.it) Il primo film di Paul Verhoven girato in Olanda, dopo un ventennio trascorso a Hollywood, è un intrigante thriller sullo sfondo della tragedia dell’Olocausto. Una pellicola dura, violenta, emotivamente molto coinvolgente, in cui la pignola cura del dettaglio di Verhoeven flirta con una sensualità rapace e politicamente scorretta. Protagonista assoluta del film è la trentenne e affascinante Carice Van Houten, molto apprezzata all’ultima Mostra di Venezia dove il film era in concorso, nel complesso ruolo di Rachel, cantante ebrea che allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale si nasconde presso una famiglia cattolica. Nel tentativo di fuga dal rifugio, i suoi genitori, suo fratello e un’altra ventina di ebrei facoltosi vengono massacrati in un agguato nazista. Da qui inizia un vero e proprio incubo che, oltre a lasciare sul campo numerose vittime, ci permette di assistere a una sorta di “perdita dell’innocenza” da parte della protagonista, che a inizio film ci viene presentata come leggera e ingenua, e alla fine appare disillusa e pronta a tutto. Trovato asilo presso la Resistenza olandese, la donna accetta di diventare parte attiva della guerriglia contro il nemico, al punto di introdursi nell’Alto Comando tedesco come segretaria. Da qui viene coinvolta in un gioco di spionaggio spietato e doloroso, ricco di colpi di scena, in cui la ragazza è costretta non solo a vivere fianco a fianco con chi ha ucciso i suoi familiari, ma soprattutto ad andare a letto con il nemico, rischiando di rimanere sentimentalmente legata ad un ufficiale nazista. Girato in forma di lungo flashback, con Rachel insegnante dopo la guerra in un kibbutz israeliano, Black Book è un film che esplora una dimensione violenta e amara della Resistenza. In un mondo fatto di doppiogiochisti, talpe, gente pronta a vendere corpo e anima pur di sopravvivere, il personaggio di Rachel è una cartina di tornasole per tutte le ambiguità e le violenze di un’epoca inquieta e lacerata. Un’ebrea che si vede al centro di uno sporco gioco in cui l’infamia dell’antisemitismo diventa l’alibi per una serie di atrocità miranti all’arricchimento personale, a prescindere dalla bandiera che si è scelto di servire. Lontano dal manicheismo di tanto cinema hollywoodiano, Verhoeven porta sullo schermo un thriller inquieto e carnale dove le emozioni forti e le scelte etiche si alternano in un calderone di pulsioni estreme. Sesso, morte, rabbia, ricerca della verità e della vendetta sono alcuni dei temi presenti in questa pellicola, in cui il talento del regista olandese dà vita ad una produzione visivamente ricchissima e tematicamente affascinante. Nella sua miscela erotico-noir, Verhoeven sembra voler fare piazza pulita di eroi e mostri, tessendo una narrazione ambigua e al tempo stesso coinvolgente che offre una prospettiva differente sui sentimenti contrastanti e laceranti vissuti in quegli anni. Un po’ come se il tono decadente e al tempo stesso molto umano del cinema di Fassbinder incontrasse il ritmo e la spettacolarizzazione narrativa di stile hollywoodiano. Una combinazione felice per Verhoeven che, tornato ad una narrazione più sanguigna ma anche più solida, è in grado di confrontarsi con una maggiore maturità ed eleganza in una storia complicata e spinosa, la cui esigenza narrativa affonda le radici in una concezione comunque politica e sociale del cinema.(www.fice.it) Note: - BAFTA AWARDS 2007: NOMINATED BEST FILM NOT IN THE ENGLISH LANGUAGE - LONDON CRITICS CIRCLE FILM AWARDS 2007: NOMINATED ALFS AWARD FOREIGN LANGUAGE FILM OF THE YEAR - NEDERLANDS FILM FESTIVAL 2006: WON GOLDEN CALF BEST ACTRESS (CARICE VAN HOUTEN), BEST DIRECTOR (PAUL VERHOEVEN), BEST FILM. - VENICE FILM FESTIVAL 2006: WON BEST INTERNATIONAL FILM; NOMINATED GOLDEN LION