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Messa a fuoco 2 Lontananze La misura delle distanze ce la insegnano gli strumenti fotografici della messa a fuoco, ma ancor prima ce l’ha insegnata abbondantemente la vita. Soprattutto vicinanza e lontananza dagli altri esseri come noi, animali e umani. Arthur Schopenhauer, in uno degli aneddoti raccolti in Parerga und Paralipomena (parte II, capitolo XXXI), ha raccontato il dilemma dei porcospini (Stachelschweinen). Egli ha raccontato che «Alcuni porcospini, in una gelida giornata invernale, si strinsero vicini, vicini, per allontanare, col calore di ognuno, il pericolo di finire assiderati. Dopo un poco, però, ciascuno si sentì addosso le spine dell’altro e il dolore li costrinse nuovamente a stare lontani. Quando di nuovo il bisogno di riscaldarsi li spinse a raccogliersi insieme, il vecchio malanno tornò a manifestarsi. Continuarono così a cadere ora nell’uno ora nell’altro malanno, finché non trovarono una giusta misura di distanza reciproca, la posizione migliore che conveniva a ciascuno. Non diversamente il bisogno di socialità, che nasce dal vuoto e dalla monotonia della vita interiore, spinge gli uomini l'uno verso l'altro, ma le qualità spiacevoli e i difetti insopportabili di ciascuno li inducono a stare lontani gli uni dagli altri. La distanza media che riescono finalmente a trovare e che rende possibile la loro convivenza, si identifica con la cortesia e le buone maniere. A coloro che non sanno mantenere quella distanza in Inghilterra dicono: ‘keep your distance!’. Con questa distanza il bisogno di calore reciproco è soddisfatto solo in parte: in compenso non si è costretti a soffrire delle spine altrui. E però chi possiede molto calore interiore preferisce rinunciare alla società per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli. Sigmund Freud, in una pagina del saggio Masspsychologie und Ich-Analyse (Studieausgabe, IX, 95) .ha ripreso l’aneddoto di Schopenhauer e ha ragionato sulle ragioni che spingono gli uomini a cercare l’affetto e la vicinanza degli altri, ma anche su quelle che turbano i rapporti fra persone vicine (famigliari, amici, amanti) introducendo elementi di rivalità, invidia, competizione (le spine dei porcospini). Ho pensato a queste riflessioni filosofiche e psicologiche quando ho incontrato, leggendo di recente racconti e memorie del germanista Marianello Marianelli, nativo di San Miniato in Toscana e a lungo legato ai suoi luoghi, ai loro costumi e alla loro saporosa parlata, l’espressione «fare le lontananze», che ricorre molte volte nei suoi scritti e si riferisce alle forme del corteggiamento in uso un tempo fra i giovani del suo paese. Non ho trovato una spiegazione sicura per quella espressione (che corrisponde ad altre simili, ma diverse nel loro significato gestuale, tipo «stare insieme», «go steady» o, nell’Inghilterra di Thomas Hardy, «to walk together», che evoca una scena di paese in cui le donne curiose e pettegole alla finestra registrano il fatto che da qualche tempo un giovane e una giovane si accompagnano e camminano insieme per strada). Forse dovrei interpellare i fratelli Taviani, che sono anch’essi di San Miniato e di vicinanze e distanze, campi lunghi e primi piani, se ne intendono. Mi piace comunque pensare che l’espressione usata dagli abitanti di Ponte a Egola rappresenti un comportamento legato all’arrivo, anche nei paesi toscani, dei modelli dell’amore romantico (che si muovevano nettamente, e direi consapevolmente, in controtendenza rispetto alle sagge e pessimistiche prescrizioni di Schopenhauer): la tendenza cioè, dei due innamorati (o fidanzati) ad allontanarsi dal resto della comunità, a cercare di stare vicini vicini in un posto remoto possibilmente lontano da tutti e in particolare dalle comari pettegole, senza paura di ferirsi con le spine, proiettando se stessi nella dimensione cantata da Franco Battiato: la «lontananza d’azzurro».