Stralcio volume

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Stralcio volume
PARTE PRIMA
IL POSSESSO IN GENERALE
CAPITOLO PRIMO
STORIA E DEFINIZIONE
DEL CONCETTO DI POSSESSO
SOMMARIO: 1. Il possesso e la realtà. – 1.1. L’apparenza del diritto. – 1.2. Materiali-
tà e sembianza. – 1.3. Storia di una scissione. – 2. Possesso, personalità e pace sociale. – 3. L’astensione dei terzi. – 4. L’oggetto del possesso. – 4.1. Il possesso come oggetto di negozio giuridico. – 4.2. Il compossesso. – 4.3. Il possesso di buona fede. – 5. Il c.d. possesso “solo animo”.
1.
Il possesso e la realtà.
Chi usufruisce di un diritto reale svolge determinate attività e tiene
determinate condotte nei confronti diretti di un bene, al fine di conseguire le utilità che questo bene è in grado di offrire. Dove si riscontrano
atti simili, qualsiasi soggetto esterno ragionevolmente può presumere
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l’esistenza di un diritto reale in capo all’agente , sulla base del sentire
2
comune, ossia dell’id quod plerumque accidit .
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«Non pare che l’Amministrazione debba provare l’esistenza della proprietà privata in altra forma idonea al di fuori dei cartelli segnalanti il divieto di parcheggio (…);
l’istituto del possesso ha proprio, tra l’altro, la funzione di esimere dal presentare il titolo legittimante la proprietà ad ogni piè sospinto» (Giudice di Pace Sestri Ponente n.
565/2001, www.studiocelentano.it).
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Non per nulla, ex art. 1140 c.c. il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in
un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. In giurisprudenza, questa definizione è pacifica; per la dottrina, si vedano F. DE MARTINO, Del
possesso. Della denunzia di nuova opera e di danno temuto, in Commentario al codice civi-
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IL POSSESSO IN GENERALE
Più propriamente, «ognuno di noi (…) sente che tutti quelli (oggetti,
n.d.a.) che hanno utilità hanno anche normalmente un padrone a cui
questa utilità si devolve (…). Ma non sempre possiamo affermare, in
piena conoscenza di causa, che della tal cosa è proprietario Tizio, della
talaltra Caio (…). Alla persuasione circa l’altrui diritto si sostituisce perciò, in pratica, la presunzione che nasce dal fatto (…). Si considera come padrone dell’orologio chi normalmente lo porta nel taschino o al
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polso» .
Dopo questa premessa, possiamo accingerci ad affrontare uno dei
grandi temi del diritto civile, tema che risulta assai vicino alla nostra vita
quotidiana: il Titolo VIII del Libro III del codice civile disciplina, infatti, il possesso in quanto situazione soggettiva giuridicamente rilevante,
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che l’ordinamento ritiene di dover tutelare in maniera efficace .
Il possesso è un istituto che trova le sue radici nel nostro rapporto
le, a cura di A. Scialoja-G. Branca, Zanichelli-Il Foro italiano, Bologna-Roma, 1984; C.
TENELLA SILLANI, Possesso e detenzione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), XIV, Utet, Torino,
1996, p. 8; A. FEDELE, Nozioni generali sulla fattispecie del possesso, Giappichelli, Torino,
1974; F.S. GENTILE, Il possesso, in Giur. sist. dir. civ. e comm., fondata da W. Bigiavi, Utet,
Torino, 1977; V. BARBERO, Il sistema del diritto privato, Utet, Torino, 1993; F. SANTORO
PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Jovene, Napoli, 2002; F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Esi, Napoli, 2006.
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V. ARANGIO RUIZ, Istituzioni di diritto romano, Jovene, Napoli, 1987, p. 269. Si
rinviene una singolare applicazione di questa osservazione laddove i giudici affermano
che una condotta induca addirittura a considerare esistente una qualifica di un bene
che, di diritto, non gli appartiene: «ai fini dell’imposta di registro, un’area con destinazione agricola, ma sulla quale si sia abusivamente costruito, deve essere considerata
edificabile. (…) La sua natura edificatoria emerge dalla situazione “di fatto”, cioè dalla
sussistenza di alcuni elementi quali: lo sviluppo edilizio della zona, l’esistenza di servizi
pubblici, il collegamento con i centri urbani già organizzati. (…) Esistono quindi due
tipi di area edificabile: quella “di diritto”, così qualificata dal piano regolatore, e quella
“di fatto”, potenzialmente edificatoria anche in assenza di specifica previsione urbanistica. (…) L’edificabilità “di fatto” è una situazione giuridica oggettiva nella quale può
trovarsi un immobile, e che influisce sul valore dei beni ai fini dell’imposta di registro e
dell’Invim» (Cass. 19 aprile 2006, n. 9131, in www.donnegeometra.it).
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Sul tema, R. AJELLO, Sulla conservazione del possesso “solo animo”, in Giur. agr. it.,
t. II, 1967, p. 877; C.M. BIANCA, Diritto civile, La proprietà, IV, Giuffrè, Milano, 1999;
R. SACCO, Il possesso, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F.
Messineo e continuato da L. Mengoni, Giuffrè, Milano, 1988; A. FEDELE, Possesso ed
esercizio del diritto, Giappichelli, Torino, 1950; C.A. FUNAIOLI, L’animus nel possesso e
il dogma della volontà, in Giust. civ., 1951; A. NATUCCI, Titolo e “animus” nella disciplina del possesso, in Quadrimestre, 1989.
STORIA E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI POSSESSO
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con il mondo circostante e che ritorna molto più di altre figure giuridiche: questa sua frequente ricorrenza gli ha fatto acquisire – nella prassi
e nel sistema delle leggi – una notevole importanza sia con riferimento
alla sua disciplina che alla sua tutela.
Non pare esservi alcun dubbio o esitazione nell’affermare che la fattispecie di cui ci occupiamo costituisce «il necessario complemento di
un sistema normativo destinato a regolare l’appartenenza, l’uso ed il godimento delle cose, nel legame inscindibile che la storia ha creato tra i
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rapporti giuridici reali e quelli di mero fatto» .
Prima, o indipendentemente dalla nascita di un sistema di diritti,
quindi, l’uomo ha dovuto rispondere alla sua necessità di attribuire una
maggiore certezza – e, di conseguenza, una maggiore stabilità – alla sua
convivenza con gli altri uomini e ha pensato di farlo mediante il suo
rapporto con le cose circostanti.
In quest’ottica, si spiega la teoria quasi “romantica” secondo la quale
«il possessore è come il feudatario di frontiera, che per difendere sé difende la sua marca e difende i diritti del suo signore. (…) Il possesso
non merita protezione solo perché il possessore potrebbe meritare protezione. Esso merita protezione perché è interesse del proprietario, ed è
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interesse della società, che il possesso riceva protezione» .
Più concretamente, l’approccio potrebbe essere questo: due soggetti
entrano in contatto per una transazione commerciale e ciascuno valuta
l’altro e il suo patrimonio per decidere se potrà ottenere dalla transazione tutto ciò che desidera. Nel momento in cui un patrimonio può essere formato da beni di cui il soggetto A è solo apparentemente proprietario, sorgono dei problemi relativi alla posizione del soggetto B:
qualora A disponga di un bene non suo, B dovrà essere tutelato o dovrà
soccombere di fronte all’effettivo avente titolo? B potrà essere caricato
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di oneri circa l’accertamento del titolo in capo alla sua controparte?
5
C. TENELLA SILLANI, Possesso e detenzione, in Dig. disc. priv. (sez. civ.), XIV, Utet,
Torino, 1996, pp. 8-40, p. 9.
6
R. SACCO, Il possesso, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu
e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 1988, p. 28.
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«Pare a me che l’onere si configuri come un obbligo (…) condizionato e che la regola istitutiva di un onere sia dotata di una forza, o intensità normativa, comparativamente minore rispetto ad una regola costitutiva di un obbligo incondizionato (…).
L’onere non si presenta come una posizione soggettiva in sé, ma piuttosto come una
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IL POSSESSO IN GENERALE
La scissione tra proprietà e possesso, pertanto, si pone alla base di
uno scontro nell’ambito della tutela di posizioni soggettive di tipo privatistico e, in via più specifica, di tipo commerciale.
L’esigenza di proteggere la circolazione dei beni, al fine di eliminare
ogni remora possibile nell’acquirente, indusse alcuni legislatori a favori9
re B e a dare vita al principio dell’apparenza: la situazione di fatto produce i suoi effetti come quella di diritto che rappresenta, se il terzo è
tratto in inganno dalle apparenze, appunto.
Questo criterio è stato invocato ed applicato non solo in modo unidirezionale – il possessore risponde di ciò che fa come un proprietario –,
ma anche dal punto di vista passivo, vale a dire, il possessore deve essere protetto come lo sarebbe il proprietario.
Dall’elaborazione di questo pensiero è derivato che «il possesso si
trasforma in diritto, quanto meno nel punto in cui esso è violato come
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stato di fatto; e (…) si considera diritto soggettivo» .
condizione, senza la quale una posizione soggettiva vantaggiosa non può essere acquisita o esercitata. Le regole in termini di “onere” (…) ascrivono ad un soggetto una posizione favorevole, ma sotto condizione» (R. GUASTINI, Qualificazioni del comportamento e situazioni soggettive, in S. CASTIGNONE-R. GUASTINI-G. TARELLO, Introduzione
teorica allo studio del diritto, Ecig, Genova, 1988, pp. 67-76, p. 74).
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Peraltro, organizzare un sistema di registrazioni che dovrebbe rendere quest’onere
più lieve non elimina le incertezze; si avrà modo di vedere che il valore probatorio attribuito agli estratti catastali è molto basso, se non nullo, ufficialmente perché si tratta di documenti avente carattere o finalità tributarie. Nella nostra moderna società, il possesso pare
destinato a scomparire – almeno per quanto riguarda denaro e determinati beni mobili
(azioni, obbligazioni) – e l’esigenza di pubblicità imporrà la creazione di un sistema centralizzato di registrazione ma, per i beni immobili la signoria di fatto regnerà ancora a lungo.
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«En fait de meubles, la possession vaut titre» (art. 2279 code civil).
10
F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, II, Giuffrè, Milano, 1965, p.
252. Contraria a questa affermazione è Cass., Sez. Un., 24 settembre 1992, n. 12515, in
Giur. it., 1993, p. 2143, per la quale «la legge ordinaria appresta – in via aggiuntiva e con
le limitazioni che ritiene opportune in vista degli interessi generali – la tutela di un “fatto”, il possesso, che non è di per sé né diritto soggettivo, né interesse legittimo». Si ribadisce questa posizione, svincolando la tutela di un fatto da quella di un diritto: «una volta
dimostrato che il potere sulla cosa, in nome proprio o in nome altrui, si è manifestato in
un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, la tutela
possessoria soccorre ancorché quel potere non risulti sorretto da titolo idoneo: che, altrimenti, non verrebbe ad accordarsi tutela al possesso o alla detenzione, quale concreto
esercizio di un determinato potere di fatto sulla cosa, bensì al diritto di possedere o al
diritto di detenere la cosa» (Cass. 20 maggio 2008, n. 12751, in www.101professionisti.it).
STORIA E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI POSSESSO
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La norma attuale prevede che
il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente
all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa (art.
1140 c.c.).
1.1. L’apparenza del diritto.
La legge definisce esplicitamente il possesso come l’esercizio di un
diritto che “si manifesta”: dicendo che un terzo può rivolgersi a chi
esercita una funzione apparente esigendo che questi eserciti realmente
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la funzione stessa esprimiamo il principio di apparenza .
Questo principio consiste in una «situazione particolare di incertezza
nella quale giunge l’intervento dell’ordinamento per equiparare ciò che
non è a quello che è, ossia, per consentire ad un fatto che appare governato da un diritto di produrre gli identici effetti propri di un fatto giustificato dal diritto. La ragione di questo intervento non è tanto nella tu12
tela di chi ha confidato, o meglio di chi è stato ingannato , poiché l’ordinamento interviene di rado per fini così nobili, quanto nel non interrompere il flusso delle normali transazioni commerciali o convenzioni a
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titolo oneroso» .
In giurisprudenza, leggiamo:
il principio della c.d. apparenza del diritto, su cui i ricorrenti fondano la censura del motivo in esame, si ha quando una situazione giuridica, in realtà inesistente, appare esistente ad un soggetto non a causa di un suo comportamento colposo, ma a causa del comportamento colposo del soggetto, nei cui confronti l’apparenza è invocata: in tale ipotesi è tutelata la posizione del sogget11
Per la ricostruzione storica, si veda L. BIGLIAZZI GERI-U. BRECCIA-F.D. BUSNELNATOLI, Diritto civile, I, Fatti e atti giudici, Utet, Torino, 1987, pp. 460-469.
12
È indiscutibile che «il principio di apparenza viene così considerato un duttile
strumento di tutela per quanti confidano, legittimamente, nell’effettività di una data
situazione, pur se essa stessa è, in realtà, difforme dal vero» (G.V. PATIERNO, Presupposti giuridici della tutela del contraente di buona fede nelle ipotesi di rappresentanza apparente, in www.diritto.it, 2011).
13
H.J. IEZZONI, Il principio dell’apparenza del diritto, in www.abcdiritto.it, 2009.
LI-U.
IL POSSESSO IN GENERALE
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to, al quale la situazione giuridica sia apparsa, senza sua colpa, esistente
(Cass. 20 giugno 2007, n. 18191, in www.cortedicassazione.com).
La teoria dell’apparenza giuridica nasce storicamente in Germania,
nel XIX secolo, per rispondere ad un’esigenza di tutela dei terzi nel
traffico giuridico; di qui, entra nell’ordinamento italiano, e attualmente
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la sua esistenza nel sistema è considerata pacifica , in quanto rinvenibile agli artt. 534 comma 2, 1153, 1189, 1415 c.c. Secondo alcuni, «l’apparenza di diritto è una relazione fra due fenomeni, per cui una situazione di fatto, immediatamente presente e reale, manifesta per illazione
o rinvio, cioè segnala una situazione giuridica facendola apparire come
reale, mentre in realtà non esiste, o esiste con modalità diverse da quelle
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segnalate» .
Quando leggiamo all’art. 1189 che debbono sussistere “circostanze
univoche” per aversi apparenza del diritto, distinguiamo l’errore – sog16
gettivo – dall’apparenza – oggettiva – . Siamo giunti ad identificare, così,
un legame piuttosto complesso tra buona fede – l’elemento soggettivo – e
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18
la situazione non corrispondente al vero – l’elemento oggettivo – .
Tra coloro che non sono del tutto favorevoli alla teoria dell’apparenza del diritto, si sottolinea che «nel nostro ordinamento, in tutte le ipotesi in cui ha rilevanza la c.d. apparenza, la buona fede è quasi sempre
elemento costitutivo della fattispecie (…) sì che conviene parlare senz’altro di tutela della buona fede, anziché dell’apparenza. Il frutto che si
ricava dall’analisi è solo questo: che la tutela giuridica della buona fede
comprende due tipi di ipotesi: quello del puro stato soggettivo e quello
dello stato soggettivo sostenuto da un elemento oggettivo. Quest’ultimo
14
Ex pluribus, V. ROPPO, Il contratto, in G. IUDICA-P. ZATTI (a cura di), Trattato di
diritto privato, Giuffrè, Milano, 2001, p. 303.
15
L. MENGONI, Gli acquisti “a non domino”, Giuffrè, Milano, 1994, p. 343.
16
A. FALZEA, Apparenza, in Enc. dir., II, Giuffrè, Milano, 1958, pp. 682-702, p. 693.
17
Che solitamente è costituita dalla titolarità di un diritto soggettivo.
18
«Nel mondo giuridico lo stato di fatto non sempre corrisponde allo stato di diritto; ma lo stato di fatto, spesse volte, e per considerazioni di ordine diverso, merita lo
stesso rispetto dello stato di diritto e, in determinate condizioni e in riguardo a determinate persone, genera conseguenze non differenti da quelle che deriverebbero dal
corrispondente stato di diritto. Uno di detti casi è l’apparenza del diritto» (M. D’AMELIO, Apparenza del diritto, in Noviss. Dig. it., I, Utet, Torino, 1957, p. 714).
STORIA E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI POSSESSO
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si qualifica “apparenza” (…). Non si guadagna, anzi si perde per la confusione che ne deriva, continuando a parlare di apparenza di diritto in
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codeste ipotesi di tutela limitata della buona fede» .
Dal momento che l’essere in buona fede può venire tradotto con l’essere in assenza di informazione circa la realtà giuridica posta a base di
un rapporto tra soggetto e bene, il principio dell’apparenza del diritto è
stato invocato spesso in materia condominiale, laddove si tratta di esigere dal condomino – o supposto tale – le somme da questi dovute a titolo
di compartecipazione alle spese comuni.
Sul tema, nel tempo la Corte di Cassazione ha effettuato alcuni cambi di rotta, ritenendo dapprima applicabile detto principio in quanto
fondamento della tutela dell’affidamento incolpevole; tale orientamento
è stato inaugurato da Cass. 27 giugno 1994, n. 6187 e proseguito da
20
Cass. 8 luglio 1998, n. 6653 , ma è stato disatteso da Cass. 20 marzo
21
22
1999, n. 2617 , che ha aperto la strada al nuovo indirizzo .
Chiaramente è evidenziato che
in tema di pagamento degli oneri condominiali, l’azione giudiziaria tesa al recupero del credito deve essere predisposta contro colui il quale risulti essere
il proprietario dell’immobile sulla base delle notizie ricavabili dai pubblici registri, non trovando applicazione in questa sede il principio di apparenza del
diritto (Cass., Sez. Un., 8 aprile 2002, n. 5035, in www.civile.it).
Uno dei motivi per i quali il principio è inapplicabile viene identificato nel fatto che
agli amministratori di condominio non si possa applicare la qualifica di “terzi”
intesa dalla legge: essi sono infatti in grado di definire sempre (per esempio
rivolgendosi al Catasto) chi sia il vero proprietario di un immobile, e pertanto
19
S. PUGLIATTI, La trascrizione, vol. I, tomo I, La pubblicità in generale, in Trattato
di diritto civile, diretto da A. Cicu e F. Messineo, XIV, Giuffrè, Milano, 1957, pp. 257258. Contrario all’istituto anche F. GAMBATO SPISANI, L’apparenza (giuridica) inganna:
note critiche su un principio, in www.ratioiuris.it, 2005.
20
Entrambe in www.cortedicassazione.com.
21
In www.cortedicassazione.com.
22
Tra le prime decisioni che affermano l’inoperatività del principio in materia condominiale, si vedano Cass. 19 aprile 2000, n. 5122, in www.cortedicassazione.com; Cass.
3 aprile 2001, n. 4866, in www.cortedicassazione.com; Cass. 11 giugno 2001, n. 7849, in
www.cortedicassazione.com.
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non hanno la necessità di tutelarsi verso il proprietario apparente (Cass. 12
luglio 2011, n. 15296, in www.il messaggero.it) 23.
Vediamo due esempi.
Il condominio Alfa ottiene un decreto ingiuntivo contro la società
Tizia per il pagamento di alcuni oneri condominiali, ma essa si oppone
sostenendo la sua carenza di legittimazione passiva in quanto da tempo
aveva venduto a Caia l’immobile in condominio. Viene accertato che
l’alienazione non è mai stata comunicata al condominio e che Tizia ha
pagato più volte in nome proprio altre somme richieste dal condominio
e partecipato alle assemblee. Alfa resiste, pertanto, all’opposizione invocando il principio di apparenza del diritto.
Così i giudici:
l’esigenza di tutela dell’apparenza si giustifica ogniqualvolta il terzo di buona
fede possa rimanere pregiudicato dalla carenza di effetti giuridici della situazione apparente nella quale abbia senza colpa confidato; è evidente come nel
caso del rapporto fra condominio e condomino, titolare esclusivo della singola porzione, sussista un rapporto reale ed effettivo, che legittima l’ente di gestione a pretendere da quel soggetto il contributo alle spese comuni, senza
che su detto rapporto obiettivo possano incidere (in danno del condominio)
eventuali comportamenti soggettivi in senso contrario (Trib. Pistoia, sez.
Monsummano Terme 3 aprile 2001, in www.tribunale.org).
Il fatto che
l’affidamento del condominio risulta ingenerato da una condotta obiettiva dell’opponente, protratta per un lasso di tempo tale da giustificare, ragionevolmente, l’equivoco intorno alla qualità di condomino della I 24 (Trib. Pistoia, sez.
Monsummano Terme 3 aprile 2001, in www.tribunale.org)
è considerato rilevante solo ai fini di rigettare la richiesta di risarcimen23
Poiché l’amministratore è un organo del condominio, il discorso può tranquillamente essere traslato su di esso: «rispetto al rapporto in esame il condominio non si
pone come terzo, bensì come parte dello stesso (…). Tra condominio e condomino il
rapporto è tutt’altro che meramente apparente, è reale ed effettivo» (C. DONADON,
Inapplicabilità del principio dell’apparenza del diritto in materia di condominio, in
www.tribunale.org, 2001).
24
La società che abbiamo chiamato “Tizia”.
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to del danno ex art. 96 c.p.c. presentata da Tizia. In questa ipotesi, infatti, vale quanto affermato altrove, e cioè che il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento
non è invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicità
mediante i quali sia possibile controllare con ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere (Cass. 29 aprile 2010, n. 10297, in www.cortedi
cassazione.com) 25.
Sempre in materia condominiale, ci troviamo di fronte all’impugnazione della decisione di un Giudice di Pace per erronea individuazione di
Tizio come soggetto obbligato, ancorché non proprietario dell’unità immobiliare facente parte del condominio Caio. Secondo Tizio, il principio
informatore della materia, violato dalla decisione impugnata, è quello per
cui solo il proprietario dell’unità abitativa condominiale può essere tenuto al pagamento degli oneri di gestione del fabbricato comune.
La Corte accoglie la doglianza: innanzitutto,
il condominio negli edifici, cosi come configurato negli artt. 1117 e ss. c.c.,
costituisce un ente di gestione a partecipazione necessaria di tutti i soggetti
titolari delle porzioni di piano di proprietà individuale (Cass. 12 gennaio 2011,
n. 574, in www.diritto-in-rete.com);
in seguito,
la ripartizione delle spese comuni contemplate dall’art. 1123, comma 1, c.c.,
grava, salvo diversa convenzione, su ciascun condomino in base a un criterio
di realità, che come prescinde dal godimento effettivo della porzione di proprietà particolare, così non considera rilevante che altri, piuttosto che il proprietario, utilizzi l’unità immobiliare singola, fruendo delle cose e dei servizi
comuni e concorrendo di fatto ai relativi oneri. Tale criterio (…) deve ritenersi
25
In senso conforme, Cass. 18 maggio 2005, n. 10375 e Cass. 19 gennaio 2004, n.
703, in www.cortedicassazione.com. Il presupposto per la tutela dell’affidamento su uno
stato di fatto oggettivamente apparente e difforme dalla realtà giuridica è, infatti, che
questa non sia conoscibile, poiché colui che ha confidato nel comportamento altrui
non ha altro modo di accertare la realtà se non attraverso le sue manifestazioni. Nei
casi in cui, invece, la legge impone di prevenire tali conflitti mediante l’adempimento
di oneri di pubblicità, da tale adempimento si presume iuris et de iure la conoscibilità
per i terzi. Per un caso di apparenza non accertabile in materia di contratti bancari, vedasi Trib. Catania n. 2428/2010, in www.ordineavvocatiagrigento.it.
IL POSSESSO IN GENERALE
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principio informatore della materia, in quanto fondante il carattere ambulatorio
passivo dell’obbligazione di pagamento delle spese condominiali (Cass. 12
gennaio 2011, n. 574, in www.diritto-in-rete.com).
Tanto premesso,
è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi
possa apparire tale, poiché difettano, nei rapporti fra condominio, che è un
ente di gestione, ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente ad esigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra
parte, il collegamento della legittimazione passiva alla effettiva titolarità della
proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della
gestione condominiale (Cass. 12 gennaio 2011, n. 574, in www.diritto-in-rete.
com) 26.
Ne consegue che
la soluzione equitativa adottata dal giudice di primo grado si pone in contrasto frontale con l’anzidetto principio informatore della materia, che non può
dipendere da fattori di apparenza, per loro natura incompatibili con le esigenze di certezza dei rapporti interni condominiali (Cass. 12 gennaio 2011, n.
574, in www.diritto-in-rete.com).
1.2. Materialità e sembianza.
Dopo questo rapido excursus, possiamo ribadire che il possesso si
presenta come una situazione di mero fatto e che è costituito, nel suo
nucleo essenziale, dalla differenza che intercorre tra l’essere titolari di
un diritto e l’esercitarlo: «la titolarità di un diritto reale assicura la protezione giuridica per l’esercizio di determinati poteri sulle cose: una cosa è l’astratto diritto di esercitare un potere (di utilizzare un bene, di costruirvi, di appropriarsi dei frutti, di passarvi, ecc.), un’altra è il fatto di
27
esercitarlo effettivamente» .
26
Conformi, Cass. n. 1627/2007; Cass. n. 17039/2007; Cass. n. 22089/2007 e Cass.
n. 17619/2007, in www.cortedicassazione.com.
27
D. MINUSSI, Il possesso, 2010, in www.e-glossa.it.
STORIA E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI POSSESSO
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Non manca, peraltro, illustre dottrina che sottolinea come gran parte
del dibattito sul possesso – dibattito che ha sempre coinvolto i giuristi
italiani – sia cagionato, non da ultimo, dal fatto che «la lingua italiana
conosce il sostantivo proprietà, ma non ha un verbo per indicare la rela28
zione che passa fra il proprietario e la cosa» .
Non si può negare che a volte il non avere a disposizione le parole
giuste induce a spenderne troppe di inutili; tuttavia, stringendo ai minimi termini, si può dire che «con il concetto di possesso si allude al po29
tere che in fatto viene esercitato su una cosa» , tramite una o più condotte che inevitabilmente tendono a richiamare una presunta situazione
di diritto invero non riscontrabile nella realtà.
Parafrasando l’art. 810 c.c., la cosa è il bene sul quale si esercita il di30
ritto : l’utilizzo del verbo “possono”, da parte del legislatore, indica
che le cose non nascono già con la caratteristica di formare oggetto di
diritto, bensì sono suscettibili di formarlo in presenza di certi presupposti (occupazione, invenzione). È pur vero che il solo legittimato a goderne i vantaggi è il titolare di un diritto, sia che provveda egli stesso ad
effettuarne l’esercizio sia che, per volontà sua o per legge, ne dia incarico ad un’altra persona, sia che un terzo (gestione d’affari) lo assuma
spontaneamente nell’interesse del titolare stesso. In tutti questi casi titolarità e possesso sono congiunti: il titolare del diritto soggettivo è anche
31
possessore e il concetto di titolarità evoca l’appartenenza di un diritto
ad un soggetto. È, tuttavia, possibile che i poteri corrispondenti all’esercizio di un diritto vengano esplicati, in fatto e nel proprio interesse, da
un soggetto che non ne è titolare.
Il possesso disgiunto dalla titolarità del diritto può essere qualificato
come dato di fatto, cioè come mero factum possessionis e del tutto di28
R. SACCO, Il possesso, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu
e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Giuffrè, Milano, 1988, p. 63.
29
C.M. BIANCA, La proprietà, in Diritto civile, VI, Giuffrè, Milano, 1999, p. 714.
30
Pur partendosi dall’idea che la “cosa” di cui all’art. 810 c.c. sia riferibile a qualunque realtà materiale, la tradizione giuridica ha esteso il concetto anche alle cose “incorporali”, ossia all’opera dell’ingegno – che può essere oggetto del diritto d’autore – e
all’invenzione – oggetto del diritto di brevetto –; la nozione di bene si sposta, dunque,
sempre più dall’oggetto di un ipotetico diritto al diritto stesso.
31
Amplius, V. BARBERO, Il sistema istituzionale del diritto privato, Utet, Torino,
1993, p. 168.
IL POSSESSO IN GENERALE
14
stinto dallo jus possidendi, inteso come potere di fatto sulla res in quanto espressione di un diritto soggettivo; l’ordinamento appronta una tutela del possesso nella prima accezione ma lascia la possibilità di provare o far valere la mancanza della situazione giuridica soggettiva di diritto idonea a supportare l’esercizio dei poteri di fatto propri del possesso.
A ben vedere, la definizione legislativa del concetto di possesso deriva
dal combinarsi di una nota generica (il potere sulla cosa) e di una caratterizzante (l’esteriorizzarsi di tale potere in un’attività corrispondente al32
l’esercizio di un diritto) . Trasfondendola in un determinato contesto
spazio-temporale, la definizione ci induce ad affermare che «il possesso è
una situazione, cioè uno stato di cose che consegue ad un dato avveni33
mento e che dura sino a che sopravviene un avvenimento contrario» .
A dire il vero, la qualificazione del possesso – o, meglio, la sua riconduzione ad uno dei raggruppamenti giuridici classici – ha dato adito a notevoli contrasti in seno alla dottrina. Se per la corrente maggiori34
taria il possesso costituisce una mera situazione di fatto idonea a produrre alcuni effetti giuridicamente rilevanti, secondo un altro filone di
interpreti il possesso costituisce una situazione giuridica soggettiva affievolita rispetto a quella rappresentata dai diritti soggettivi a motivo
della sua opponibilità erga omnes ma non nei confronti del legittimo
35
proprietario . Infine, vi è chi parla di vero e proprio ius possessionis
32
La definizione della situazione possessoria che scaturisce da queste premesse può
essere riassunta con il riferimento ad un elemento oggettivo (il corpus), vale a dire il
potere di fatto sulla res, e ad un elemento soggettivo (l’animus), cioè l’intenzione del
soggetto di tenere la cosa quale proprietario o titolare di altro diritto reale. A tale proposito, Cass. n. 6079/2002 – in Guida al dir., 2002, p. 31 – ha ritenuto irrilevante, ai
fini dell’identificazione dell’animus possidendi ad usucapionem, la conoscenza da parte
del possessore sia del regime giuridico del bene, sia dell’esistenza di diritti altrui sul
medesimo, sia del convincimento di vantare un diritto soggettivo fondante i poteri di
fatto esercitati sul bene. La distinzione tra animus e corpus verrà più ampliamente trattato in sede apposita.
33
A. FEDELE, Possesso ed esercizio del diritto, Giappichelli, Torino, 1950, p. 38.
34
Si veda tra gli altri C.M. BIANCA, La proprietà, in Diritto civile, VI, Giuffrè, Milano, 1999, p. 714.
35
G. BRANCA, Il possesso come diritto affievolito, in Scritti giuridici in onore di Carnelutti, Cedam, Padova, 1950, p. 383; G. ZANOBINI, Interessi occasionalmente protetti nel
diritto privato, in Studi in memoria di Fr. Ferrara, II, Giuffrè, Milano, 1943, p. 718, il quale afferma che il possesso non è un diritto ma un interesse soggettivo, ossia una situazione
STORIA E DEFINIZIONE DEL CONCETTO DI POSSESSO
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attribuendo al possesso la dignità di diritto soggettivo pieno .
Poiché il possesso crea l’apparenza della titolarità di un diritto reale
37
e questo è un diritto soggettivo , vale anche per il possesso l’osservazione secondo la quale «i diritti reali constano essenzialmente di una (ma
molteplice) posizione di libertà in relazione ad una vasta serie di comportamenti, nonché (talora) di un potere di disposizione dell’oggetto.
(…) Il diritto di godere è palesemente una libertà (…). Il diritto di disporre è un potere (o competenza), giacché gli atti di disposizione sono
configurabili come atti creativi di regole giuridiche individuali. In tal
38
senso si parla di “potere negoziale”» .
Proprio in riferimento al potere negoziale si ripresenta lo scontro tra
la situazione di diritto (titolarità) e la situazione di fatto (apparenza),
nonché la conseguente necessità di fissare norme per la risoluzione degli
inevitabili conflitti, riconducibile anche al semplice godimento – materiale e non giuridico – del bene.
1.3. Storia di una scissione.
«L’istituto del possesso ha una storia antica legata alla terra ed alle
cose e questo spiega la permanenza di molti dei caratteri che già valeva39
no ad identificarlo nel diritto romano e nella tradizione romanistica» .
Con specifico riferimento alle origini romane, pare il caso di tracciare per sommi capi la storia che ha portato l’attuale istituto del possesso
ad avere le sue caratteristiche ed a godere della sua disciplina.
L’etimo della parola possessio deriverebbe da potis allo stesso modo
giuridica soggettiva la cui tutela è giustificata non in funzione dell’interesse particolare
bensì di quello generale al fine di evitare che cives ad arma ruant.
36
G. OBERTO, L’oggetto della vendita in generale, in La vendita, a cura di M. Bin, I,
Cedam, Padova, 1994, p. 345.
37
Inteso come potere di agire per il soddisfacimento di un proprio interesse riconosciuto e tutelato dall’ordinamento.
38
R. GUASTINI, Qualificazioni del comportamento e situazioni soggettive, in S. CASTIGNONE-R. GUASTINI-G. TARELLO, Introduzione teorica allo studio del diritto, Ecig,
Genova, 1988, pp. 67-76, 73.
39
C. TENELLA SILLANI, Possesso, in Riv. dir. civ., II, 1994, pp. 397-451, 397.
IL POSSESSO IN GENERALE
16
di altri termini quali potestas, compos, impos, dal momento che dovreb40
be essere interpretato come «io siedo signore» . Per i romani, però, la
41
possessio non indica necessariamente e soltanto la proprietà fondiaria
e la possessio immobilium designa prevalentemente la situazione di al42
cuni soggetti dispensati dal fornire la cautio iudicatum solvi , prendendo così il nome da un dato soggettivo piuttosto che oggettivo.
La distinzione tra proprietà e possesso è, a sua volta, legata alla distinzione tra res màncipi (servitù rustiche, fondi italici, servi) – la cui proprietà in origine portava il nome di mancipium, ampio potere su cose e
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su persone, e che si trasmetteva con la mancipatio – e res nec màncipi –
la cui titolarità è giuridicamente ritenuta di minore rilievo e dotata di
minori protezioni –.
Il codice Albertino rompe la tradizione romanistica di stampo ogget44
tivo e prende spunto dall’art. 2363 del code Napoléon , introducendo
nell’art. 446 la tutela contro lo spoglio nei confronti del possesso, qualunque esso sia.
40
P. BONFANTE, Il punto di partenza della teoria romana del possesso (Studi senesi
per Moriani), 1906, p. 516. Del resto, anche l’espressione «essere compos sui» sarebbe
tuttora da intendersi come «essere in possesso delle proprie facoltà».
41
D. 50.16.
42
D. 2.9.3. L’istituto in questione rappresenta il versamento della garanzia per la restituzione della cosa (da parte del convenuto possessore) o per il pagamento della condanna (da parte dell’attore per quella che, oggi, si direbbe responsabilità aggravata ex
art. 96 c.p.c.) a seguito della “sconfitta” in un processo sulla proprietà di un bene.
43
La mancipatio consiste in un solenne scambio di cosa contro prezzo, più simile al
baratto che a una vera compravendita – a motivo anche del fatto che in quell’epoca
non c’è bronzo coniato (aes rude) –, alla presenza di cinque testimoni e un libripens,
provvisto di una stadera (libra) controllata in precedenza dalle autorità. Successivamente, diviene formale negozio di trasferimento della proprietà dove il libripens assume un ruolo simbolico soprattutto quando porge una verghetta di rame al compratore,
il quale la batte sulla cosa a segno dell’avvenuto acquisto. In una fase più matura del
sistema giuridico romano, la cerimonia è sostituita dalla in iure cessio, processo simulato per trasmettere la proprietà nel quale si finge una lite mediante legis actio sacramenti
in rem (con azione petitoria, diremmo oggi) tra due soggetti che rivendicano un diritto
sul medesimo bene. L’acquirente recita la formula della vindicatio e il venditore, che
pronunciandola sarebbe vincitore, tace. “In iure” significa “davanti al magistrato”,
“cessio” indica l’atto del ritirarsi.
44
«Il possesso è la ritenzione di una cosa o il godimento di un diritto che uno tiene
od esercita per se stesso o per mezzo di un altro, che ritiene la cosa o esercita il diritto
in nome di lui».