Cronaca

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Cronaca
UNA VISIONE SULLA VITA CONSACRATA
ATTUALITA’ E PROSPETTIVE
1.
Una visione d’insieme
Come già aveva affermato Giovanni Paolo II, la VC non ha soltanto una bella storia da
raccontare, ma anche una bella storia da riscrivere. Perciò anche se consapevole del disagio
che essa sta attraversando, soprattutto in Europa, dovuto all’invecchiamento inarrestabile del
personale, allo scarso flusso vocazionale e al nuovo contesto sociale, culturale ed ecclesiale in
cui ci troviamo, credo di poter affermare che lo sforzo fatto dagli Ordini, Congregazioni ed
Istituti a partire del Concilio Vaticano IIº - uno sforzo peraltro mirabile – non è stato inutile,
anzi sta dando i suoi frutti. E, come il profeta Geremia, dobbiamo imparare a vedere i germogli
di novità che stanno emergendo.
E’ vero che la VC in Europa ha sofferto un indebolimento e si trova attualmente in difficoltà a
rispondere ai nuovi bisogni della Chiesa e della società. Ma anche è vero che a suo tempo
Paolo VI chiese ai nostri istituti l’aiuto per l’America Latina, specialmente dopo la Conferenza
del CELAM a Medellin. Posteriormente Giovanni Paolo II chiese l’aiuto per Africa, Asia e l’Est
d’Europa, e le nostre istituzioni religiose risposero ancora una volta con generosità. Lo sforzo
fatto non è stato inutile. Il Signore ci ha benedetto e ora possiamo rilevare il grande apporto
che i religiosi di America Latina, Asia ed Africa stanno offrendo alle chiese di altre continenti.
A ciò si deve aggiungere il bisogno, che sentiamo in maniera viva, di accompagnare la nuova
realtà della VC che sta sorgendo in Asia ed Africa e gli sforzi che le Ordini, Congregazioni ed
Istituto stanno facendo in questo senso.
Più concretamente, a partire dal motto del Congresso 2004, noi abbiamo voluto interpretare e
vivere la nostra vita religiosa come una vita samaritana, caratterizzata da una grande passione
per Cristo e da una grande passione per l’umanità.
Perciò i tratti principali che la definiscono sono:
1.
La spiritualità. In tutti in nostri istituti si sta facendo uno sforzo notevole affinché la
Parola e l’Eucaristia siano veramente il centro della vita del consacrato e della sua
comunità. Siamo convinti che la persona consacrata memoria vivente e trasfigurata
della dimensione trascendente che esiste nel cuore di ogni essere umano.
2.
La comunità. Perché sappiamo che la testimonianza della comunione, aperta a tutti
coloro che hanno bisogno, è fondamentale nel nostro mondo tanto sommerso
nell’egoismo e nella solitudine. La VC, se vissuta in comunità, è già, in sé stessa,
vangelo proclamato.
3.
La missione. Una missione da realizzare e vivere nei “margini” della società e della
chiesa, sulle loro ‘frontiere’, che non sono solamente geografiche, ma culturali. Ciò
significa piazzarci nel mondo dell’esclusione, della povertà, in un contesto sempre più
secolarizzato, dove si tenta di cancellare Dio non soltanto delle scelte politiche degli
stati, ma soprattutto del tessuto sociale e della coscienza stessa, sì da vivere facendo a
meno di Dio. Ci sembrano questi i “luoghi” dove i consacrati devono essere presenti per
esprimere la dimensione missionaria della Chiesa. La missione però comprende anche la
“passione” – intesa come sofferenza o degenza – di tanti religiosi che continuano a
pregare per la Chiesa e per gli operai della messe, e la “passione” come martirio di tanti
religiosi incarcerati o trucidati a causa del Regno. Loro sono la migliore
rappresentazione di Cristo Gesù.
2.
Il futuro della vita consacrata: Gesù Cristo
In occasione del Congresso internazionale sulla VC “Passione per Cristo. Passione per
l’umanità”, l’abate Bernardo Olivera ha detto che “il futuro della vita consacrata sta nel suo
fondamento: Gesù Cristo». Sono pienamente d’accordo perché, a mio avviso, mai come oggi
“la vera sfida attuale della VC è quella di restituire Cristo alla vita religiosa e la vita religiosa a
Cristo”.1 Ecco perché a riguardo della VC si parli oggi con tanta insistenza di “ritorno al
vangelo” e di radicalità evangelica”.
Tutta la vita cristiana è già – o dovrebbe esserlo – un processo di “conversione permanente” a
Cristo, in modo che ogni cristiano diventi una “versione” di Cristo, una sua icona vivente. Tale
processo è bene indicato da San Paolo quando, parlando del disegno salvifico universale di Dio,
esclama: “Quelli che da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi
all’immagine del Figlio suo” (Rom 8, 29). Se è bello sapere che la vocazione umana e cristiana
è riprodurre in noi l’immagine del Figlio di Dio, a maggior ragione ciò vale per la VC, la cui
identità è appunto quella di diventare “memoria viva” di Gesù, appropriandosi dello suo stile di
vita obbediente, povero e casto.
La straordinaria abbondanza e convergenza, anche terminologica, con cui si esprime a questo
riguardo l’esortazione apostolica Vita Consacrata (cf. 14.18.22.29.31.32), vuole evidenziare
che la nostra originalità non è quantitativa (“di più”), ma qualitativa (“distinta”). Perciò più che
di “consigli evangelici”, preferisco parlare di “valori evangelici”, visto che essi non sono
‘facoltativi’ per alcuni, ma sono una via di pienezza per tutti. Gli stessi atteggiamenti, che ogni
cristiano deve vivere in quanto discepolo e imitatore di Cristo, sono vissuti dal consacrato nella
forma concreta in cui Egli li visse; vi sono infatti vari modi di viverli, a seconda degli stati di
vita. Focalizzare l’obbedienza, la povertà e la castità in questo modo, mentre non rende i
consacrati imitatori ‘esclusivi’ di Gesù, impedisce allo stesso tempo che essi perdano la loro
identità carismatica.
Naturalmente ci sono altri motivi che spiegano l’attuale insistenza sul ritornare a Cristo.
Innanzitutto, la crescita delle istituzioni della VC e lo sviluppo della sua teologia rischiano di
identificare la VC stessa con le sue dimensioni di consacrazione, comunione e missione, e
soprattutto di confondere la missione con l’azione o le opere. Oggi inoltre più che mai la luce
che la VC deve irradiare sul mondo non può provenire dalle sue strutture e istituzioni, ma deve
manifestarsi nella vita delle persone consacrate e delle comunità religiose, nella loro identità,
visibilità e credibilità di consacrati. Questo è possibile a condizione che esse abbiano una forte
mistica, frutto della esperienza di Dio, della sequela di Cristo e della disponibilità allo Spirito.
Dio è e deve restare la prima occupazione della VC.
3.
L’obiettiva eccellenza della vita consacrata
«Nella tradizione cristiana, leggiamo in Vita Consecrata, si è sempre parlato di “obiettiva
eccellenza” della vita consacrata» (VC 18). Secondo non pochi osservatori il calo delle
vocazioni di speciale consacrazione sarebbe imputabile anche ad una specie di “livellamento” in
basso di tutte le vocazioni e alla conseguente perdita di questo stato di “eccellenza” della VC.
Cosa ritengo di poter dire al riguardo?
Prima di tutto penso sia importante capire che cosa si intenda per “obiettiva eccellenza” della
VC. Ricordando la vocazione universale alla santità, il Concilio Vaticano II è giunto a rinnovare
radicalmente il modo di concepire la vita cristiana, superando la terminologia degli stati di
perfezione che lasciava intendere, anche se ciò non è mai stato detto, che esistessero anche
stati di imperfezione. La santità è dono e compito per tutti i cristiani; essa è intesa come la
perfezione della carità, concretizzata nella sequela-imitazione di Gesù. A questo proposito
conviene ricordare la straordinaria chiaroveggenza di San Francesco di Sales che parlava di
una santità per tutti secondo il proprio stato di vita.
1 ACG
382 (2003) 16. Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 2 La vita secondo i consigli evangelici continuava però ad essere vista come impegno “esclusivo”
dei consacrati. La valutazione oscillò tra un massimalismo preconciliare, che considerava i
consigli evangelici come caratteristica esclusiva della VC, ed un minimalismo che riduceva il
senso della consacrazione a professare con voto ciò che ogni cristiano è chiamato a vivere
come cammino di santificazione.
Al riguardo la teologia della VC ha ricevuto delle indicazioni molto interessanti dal Magistero
della Chiesa. Ciò che la “Presbyterorum Ordinis” (15-17) del Concilio Vaticano II e la “Pastores
dabo vobis” (27-30: ‘Esistenza sacerdotale e radicalismo evangelico’) affermano dei “consigli
evangelici” nella vita dei presbiteri, è pure presentato in modo analogo, proprio da “Vita
Consecrata”, rispetto ai laici!: “Ogni rigenerato in Cristo è chiamato a vivere, con la forza
proveniente dal dono dello Spirito, la castità corrispondente al proprio stato di vita,
l’obbedienza a Dio e alla Chiesa, un ragionevole distacco dai beni materiali, perché tutti sono
chiamati alla santità, che consiste nella perfezione della carità” (VC 30).
Tra l’estremo massimalista, oggi superato, e quello minimalista, pericoloso in quanto può
condurre ad una crisi di identità, occorre cercare non tanto un cammino “intermedio” ma ciò
che è proprio e tipico della VC. La stessa Esortazione apostolica Vita Consacrata, in vari suoi
passi, ce lo indica. Già dall’inizio del 1° capitolo essa afferma: “Il fondamento evangelico della
vita consacrata va cercato nel rapporto speciale che Gesù, nella sua esistenza terrena, stabilì
con alcuni dei suoi discepoli, invitandoli non solo ad accogliere il Regno di Dio nella propria
vita, ma a porre la propria esistenza a servizio di questa causa, lasciando tutto e imitando da
vicino la sua forma di vita” (n. 14). In seguito la VC è chiamata “esistenza cristiforme”. Questa
stessa prospettiva è presentata al n. 18: “La sua forma di vita casta, povera e obbediente
appare infatti il modo più radicale di vivere il Vangelo su questa terra”.
E’ appunto in questo contesto che l’Esortazione Vita Consacrata parla della obiettiva eccellenza
della VC. Inoltre essa afferma: “La vita consacrata ‘più fedelmente imita e continuamente
rappresenta nella Chiesa, per impulso dello Spirito Santo, la forma di vita che Gesù, supremo
consacrato e missionario del Padre per il suo Regno, ha abbracciato ed ha proposto ai discepoli
che lo seguivano (…). Veramente la vita consacrata costituisce memoria vivente del modo di
esistere e di agire di Gesù” (VC 22). “Ciò appare con evidenza dal fatto che la professione dei
consigli evangelici è intimamente connessa col mistero di Cristo, avendo il compito di rendere
in qualche modo presente la forma di vita che Egli prescelse, additandola come valore assoluto
ed escatologico” (VC 29). “Le persone consacrate, che abbracciano i consigli evangelici,
ricevono una nuova e speciale consacrazione che, senza essere sacramentale, le impegna a
fare propria - nel celibato, nella povertà e nell’obbedienza - la forma di vita praticata
personalmente da Gesù e da Lui proposta ai discepoli” (VC 31). “Quanto alla significazione
della santità della Chiesa, un’oggettiva eccellenza è da riconoscere alla vita consacrata, che
rispecchia lo stesso modo di vivere di Cristo” (VC 32).
Questi testi di Giovanni Paolo II sono molto illuminanti. Personalmente continuo a credere alla
“obiettiva eccellenza” della VC, nel senso detto da San Paolo, secondo il quale chi è diviso
difficilmente può consacrarsi totalmente a Dio e votarsi nel contempo pienamente al prossimo
(ICor. 7:29-35). E dunque condivido l’interpretazione di coloro che attribuiscono un calo delle
vocazioni di speciale consacrazione anche a questo livellamento verso il basso di tutte le
vocazioni. Comunque ne sono cosciente che il fenomeno della scarsità del flusso vocazionale è
molto più complesso e ha altre spiegazioni non indifferenti, come sono la stessa diminuzione
demografica, l’alto benessere, l’atmosfera culturale secolarizzata, e nondimeno le innegabili
mancanze della VC.
4.
Rinnovamento della vita consacrata
Il Concilio Vaticano II aveva parlato di “rinnovamento” della VC. Successivamente si è parlato
con sempre maggior insistenza di “rivitalizzazione”, di “ristrutturazione”, di “rifondazione”,
dando per scontata la fine di un certo modello e ribadendo l’esigenza di elaborare “nuovi
modelli” di VC. Sulla base della mia esperienza, pensando soprattutto alla crisi in atto nei paesi
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 3 occidentali (calo di vocazioni, età sempre più elevata e unificazione delle province, alienazione
delle grandi strutture sempre più vuote ecc.), mi domando dove sta andando la VC?
Sono convinto che poche istituzioni come la VC all’interno della Chiesa abbiano adempiuto così
bene il compito di una “accomodata renovatio” (PC n. 1) chiesta dal Concilio Vaticano II. Si è
trattato di un rinnovamento che si è espresso in forme diverse, a partire dalle Costituzioni, poi
l’abito, le forme di governo, l’organizzazione della comunità, l’apostolato … Tuttavia il
succedersi delle diverse parole per indicare il rinnovamento non è stato un mero virtuosismo
linguistico, perché di fatto ha portato gli Ordini, le Congregazioni e gli Istituti a cambiamenti
molto impegnativi delle loro strutture, forme di governo, stili di vita.
Forse stiamo imparando che per natura la VC deve essere sempre in stato di cambiamento,
appunto per non perdere la sua identità cristocentrica, la sua istanza profetica, la sua grande
riserva di umanità. Dunque piuttosto che proclamare ai quattro venti la fine o il non senso
della VC, ai nostri giorni è arrivata l’ora di creare forme di vita o ricreare quelle strutture
apostoliche che corrispondono meglio al Vangelo, che ci permettono di approfondire le
esigenze dell’amore fraterno, della testimonianza apostolica, della semplicità e della donazione
di Gesù. In altre parole è giunta l’ora di ricuperare la specificità della VC, ossia ciò che la può
rendere credibile, efficace e significativa.
È indispensabile quindi ridefinire l’identità della VC, che non si fonda sui voti, nè sulle
Costituzioni, nè sull’abito, e neppure sulla missione, ma sul suo peculiare rapporto con Cristo.
Occorre ridire ciò che è una persona consacrata, perché i consacrati hanno ‘qualche cosa di
speciale’ da offrire al mondo e alla Chiesa; ed è appunto quel ‘qualche cosa di speciale’ che li
rende significativi. Nel Congresso “Passione per Cristo, passione per l’umanità” si diceva che lo
Spirito Santo sta conducendo la VC verso una forma più essenziale; essa deve apparire sempre
meno come organizzatrice di opere di promozione umana e sempre più come segno della
presenza tenera di Dio al servizio dell’uomo indigente, attraverso un’evangelizzazione più
esplicita, in comunità di intensa fraternità, con uno stile di vita austero e semplice.
5.
Nuove forme di VC
Non a caso da tempo stanno nascendo in tutta la Chiesa, insieme ai nuovi movimenti ecclesiali,
anche così dette “nuove forme” di VC, con caratteristiche, spesso, notevolmente diverse
rispetto a quelle dei grandi Ordini e Istituti religiosi del passato. La domanda che mi faccio è,
prima di tutto, che cosa siano – e significhino – queste “nuove forme di VC”, ma anche se e in
che misura possono essere una “opportunità” per gli Ordini e gli Istituti del passato.
Se riandiamo alla storia della VC, possiamo individuare le novità che apportarono gli eremiti, la
vita cenobitica, il monachesimo, i mendicanti, i regolari, le congregazioni e istituti al servizio
dell’uomo, le società di vita apostolica, gli istituti secolari, fino a configurare tutti insieme
l’odierna VC caratterizzata dalla consacrazione mediante i voti di obbedienza, povertà e castità,
la comunità e la missione, o meglio dalla “fuga mundi” per rendere visibile il “primato di Dio” e
ritornare ad essere samaritani con i “bisognosi del mondo”. A sua volta la nascita di queste
diverse istituzioni diede luogo a grandi movimenti sia all’interno della Chiesa e della Società
nonché della VC stessa.
Oggi come ieri lo Spirito agisce liberamente e creativamente; e ovviamente può suscitare, anzi
sta suscitando, “nuove forme” di VC, come ha fatto lungo tutta la storia del cristianesimo. “La
perenne giovinezza della Chiesa continua a manifestarsi anche oggi: negli ultimi decenni, dopo
il Concilio Ecumenico Vaticano II, sono apparse nuove o rinnovate forme di VC. In molti casi si
tratta di Istituti simili a quelli già esistenti, ma nati da nuovi impulsi spirituali ed apostolici. La
loro vitalità deve essere vagliata dall'autorità della Chiesa, alla quale compete l'opportuno
esame sia per saggiare l'autenticità della finalità ispiratrice sia per evitare l'eccessiva
moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente rischio di una nociva
frammentazione in gruppi troppo piccoli. In altri casi si tratta di esperienze originali, che sono
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 4 alla ricerca di una propria identità nella Chiesa e attendono di essere ufficialmente riconosciute
dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo giudizio.
Queste nuove forme di VC, che s'aggiungono alle antiche, testimoniano della costante
attrattiva che la donazione totale al Signore, l'ideale della comunità apostolica, i carismi di
fondazione continuano ad esercitare anche sulla presente generazione e sono pure segno della
complementarietà dei doni dello Spirito Santo.
Lo Spirito, tuttavia, nella novità non si contraddice. Ne è prova il fatto che le nuove forme di
VC non hanno soppiantato le precedenti. In così multiforme varietà s'è potuta conservare
l'unità di fondo grazie alla medesima chiamata a seguire, nella ricerca della perfetta carità,
Gesù vergine, povero e obbediente. Tale chiamata, come si trova in tutte le forme già
esistenti, così è richiesta in quelle che si propongono come nuove”. (VC 12)
Tuttavia confesso che non mi risultano molto chiare né l’identità delle così dette “nuove forme”
di VC né le novità che esse possono apportare. Tali gruppi si definiscono, infatti, più come
movimenti che come forme di VC, anzi non vogliono essere annoverate tra le diverse istituzioni
di VC. Inoltre la qualificazione di “consacrato o consacrata” usata, almeno in alcuni di questi
gruppi, per riferirsi a esperienze di coppie o di famiglie che vivono in comunità, ispirati a una
determinata spiritualità ed impegnati in campi particolari di azione, altera profondamente il
senso del termine, riservato per esprimere il “celibato” o la “verginità” per amore del Regno e
da non confondersi con la castità matrimoniale. Infine il forte senso di appartenenza, che può
caratterizzare qualsiasi gruppo nelle sue origini, non indica una novità in senso stretto, visto
che anche le diverse forme di VC hanno esperimentato nei loro inizi questo effetto.
6.
Vita consacrata e Chiesa locale
A ciò si deve aggiungere che è sempre più ricorrente oggi il discorso sul rapporto tra VC e
Chiesa locale. Teoricamente si è tutti convinti dell’importanza di un reciproco dialogo. Nei fatti,
spesso, ognuno rischia di andare per la propria strada. La sfida continua ad essere come
conciliare, da parte dei religiosi, la propria specificità carismatica e la necessaria “riscoperta”
della propria appartenenza ad una Chiesa locale.
In un’ecclesiologia di comunione la VC non può non crescere nel “sensus Ecclesiae”,
soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II e dal documento “Mutuae relationes”. Essa è nata
come un dono dello Spirito alla Chiesa; essa appartiene alla vita, alla missione e alla santità
della Chiesa, come esplicitamente afferma la “Lumen Gentium” (n. 44). La storia della Chiesa
rileva che i consacrati sempre sono stati e sono tuttora all’avanguardia e nelle frontiere
dell’evangelizzazione, della promozione umana, della cultura, dell’impiantazione della Chiesa e
della costruzione del Regno di Dio. Le schiere di santi e martiri consacrati fanno poi vedere che
la passione per Dio e per l’umanità produce frutti di santità a vantaggio della Chiesa tutta.
E’ vero che nei fatti più che di rapporti di incontro e di dialogo tra Chiesa locale e VC talvolta si
sono verificati momenti di scontro e incomprensione. Ciò è dovuto al fatto che la Chiesa locale
non ha sempre rispettato i carismi e ha preteso di ridurre tutta la sua missione al ministero
pastorale. Talvolta anche la VC non ha vissuto la sua vita carismatica come espressione della
Chiesa e non ha capito che la sua autonomia si riferisce alla sua vita interna e organizzazione,
ma non alla liturgia e alla pastorale che si costruisce nella Chiesa locale. A volte la profezia
della VC è stata considerata come un disturbo alla vita e azione della Chiesa locale e quindi si è
cercato di farla tacere e di emarginarla; a volta anche nella VC non sono mancate deviazioni
teologiche, pastorali, liturgiche, spirituali.
Non è giusto contrapporre VC e Chiesa Locale, come se fossero rispettivamente l’espressione
del carisma e l’espressione dell’istituzione. Ciò spiega il fatto che nella pratica sovente la VC e
la Chiesa locale vadano ciascuna per la propria strada. Se da un canto le persone consacrate
non possono rinunciare alla loro identità e missione, anche con la loro carica profetica, perché
sono dono di Dio alla sua Chiesa, dall’altro per la stessa ragione non devono opporsi alla
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 5 Chiesa locale come se fossero una chiesa parallela. Oggi più che mai, la VC deve sviluppare tra
i suoi membri un profondo senso ecclesiale; sono convinto che quanto più la VC è radicata
nella Chiesa particolare, tanto più diventa feconda e significativa; anzi mi azzarderei a dire che
vivere questo sensus ecclesiae contribuisce a rinforzare la vocazione profetica della VC.
7.
Spiritualità – comunione – missione
Parlando dei principali tratti caratteristici della VC avevo indicato tre: spiritualità, comunione,
missione. Essi sono infatti tre aspetti fondamentali della vita della Chiesa, ma insieme anche
della VC. Appunto per questo, nel rispetto del proprio carisma di fondazione e in un’attenta e
doverosa percezione dei “segni dei tempi”, è necessario ed importante precisare quale può
essere lo specifico contributo dei religiosi sia nel campo della spiritualità che della comunione e
della missione.
E’ dunque importante da una parte ribadire che spiritualità, comunione e missione sono tre
aspetti fondamentali della vita della Chiesa e anche della VC, e, dall’altra precisare con
chiarezza la propria specificità. Nel caso della VC equivalgono a quei tratti che a poco a poco
lungo la storia ne hanno determinato l’identità odierna: esperienza di Dio, fraternità in
comunione e missione apostolica. Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolica “Vita
Consacrata” parla esplicitamente di “Confessio Trinitatis”, “Signum Fraternitatis”, “Servitium
Caritatis”. Sono convinto che la VC rappresenta una vera terapia per la nostra società, a
condizione che sia un segno visibile e credibile della presenza e dell’amore di Dio (“mistica”),
che sia un’istanza critica nei confronti di tutto quanto attenta alla persona umana intesa
secondo il disegno di Dio (“profezia”), e che sia solidale con l’umanità, specialmente la più
povera, bisognosa, esclusa o messa in disparte (“diaconia”).
Penso che il contributo della VC potrebbe andare appunto su questo suo triplice segno
profetico: primato di Dio contro il materialismo e il secolarismo immanentista inarrestabili;
autentica fraternità contro l’individualismo esaltato e il culto all’egoismo; servizio della carità
contro la povertà in tutte le sue molteplici forme. Sembra che oggi più che mai quello che
Chiesa e Società chiedono alla VC, sia di ascoltare lo Spirito con totale disponibilità
all’obbedienza e lasciarsi guidare da Lui con più prontezza e gioia.
8.
Novità dei giovani consacrati
Oggi si parla molto di VC invecchiata, ma anche ci sono giovani consacrati. Penso che valga la
pena dire una parola su di essi. Come sono?, che cosa offrono di nuovo alla consacrazione?.
Questo è infatti un tema cui la Unione dei Superiori Generali, al ridosso del Congresso dei
Giovani Religiosi, dedicò un’Assemblea con il titolo “Verso l'avvenire con i giovani religiosi Sfide, proposte e speranze”.2 In essa tentò di conoscere meglio la realtà della nuova
generazione di religiosi. A questo stesso tema si aggiunse la riflessione fatta in seguito al
Congresso Internazionale sulla VC organizzato dalle due Unioni (USG e UISG) in novembre del
2004 con il tema “Passione per Cristo – passione per l’Umanità”. Le assemblee seguenti della
USG misero a fuoco i seguenti temi: Post-Congresso Vita Consacrata 2004: “Ciò che sta
germogliando” (maggio 2005); “Fedeltà e abbandoni nella Vita Consacrata” (novembre 2005);
“Per una Vita Consacrata fedele” (maggio 2006).
Come si può vedere dai temi, c’è stato lo sforzo di capire ed accompagnare meglio la novità
2
USG, Assemblea Novembre 1997
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 6 che sta vivendo la VC, in genere, e quella rappresentata dai giovani consacrati. Su questa, in
particolare, vorrei sintetizzare in tre tratti la novità dei giovani consacrati: la loro ricerca di una
profonda esperienza di Dio, la loro voglia di comunione anche se non sempre desiderio di
comunità, la loro dedizione alla causa dei più poveri ed emarginati.
Queste caratteristiche vanno accompagnate sovente da una fragilità psicologica, da
inconsistenza vocazionale, da un marcato soggettivismo. Questa triplice sfida può essere
positivamente risolta con una formazione che faccia della storicità tipica di ogni persona
orizzonte e cammino di autentica realizzazione umana; che collabori nella comprensione e
accettazione che la libertà è il valore supremo della realizzazione umana, in quanto “terminus a
quo”, come punto di partenza, ma non come “terminus ad quem”, perché alla fine l’unico
valore assoluto è l’amore, quello che realizza la meravigliosa opera della piena trasformazione
umana; che sappia demitizzare questa parola magica dell’esperienza, perché quello che conta
non è il valore dell'esperienza, bensì l'esperienza del valore ad interiorizzare ed assimilare.
Finalmente, bisogna parlare di una realtà che nel nostro tempo più che in qualunque altro,
implica l’andare “contro corrente”: la formazione alla rinuncia. Detto paradossalmente, bisogna
propiziare l'esperienza della rinuncia, abitando nel proprio cuore ‘deserto’. Anzi, giocando con
le parole direi che non bisogna soltanto propiziare l'esperienza della rinuncia, ma anche, in
molte situazioni, è necessaria la rinuncia all'esperienza, una delle cose più difficili da capire e
da accettare, oggi. Da qui il bisogno pressante di formare alla libertà interiore, quella che ti
permette fare delle scelte coraggiose ed evangeliche, e di ordinare la vita attorno ad esse.
9.
Multiculturalità della vita consacrata
La multiculturalità è un fatto globale. Nell’assemblea semestrale della USG di maggio del 2009
abbiamo appunto voluto dedicare la nostra riflessione a questo, con il titolo: “Cambiamenti
geografici e culturali negli Istituti di Vita Consacrata: sfide e prospettive”.
C’era una duplice giustificazione del tema, una per certi versi congiunturale e un’altra da
ritenersi sostanziale. La congiunturale era quella dei Sinodi Continentali, ad incominciare da
quello del Africa, che stanno per realizzarsi ancora una volta. Con la nostra riflessione abbiamo
espresso il nostro impegno a seguire da vicino il cammino attuale della Chiesa. La motivazione
sostanziale è quella del bisogno avvertito di riflettere su una nuova realtà, vale a dire, il
decentramento della Chiesa e della VC verso la periferia.
Il tema è particolarmente interessante, perché non sempre risulta chiaro definire quali
cambiamenti, spostamenti geografici ed equilibri culturali si stanno generando nella VC, e si
vede perciò più che mai necessario incominciare a descriverli ed a comprenderli. Si costata,
infatti, che non sempre gli Istituti sono consapevoli dei cambiamenti che stanno avvenendo. Ci
sono mutamenti demografici nei continenti che hanno delle conseguenze sulla crescita
vocazionale; c’è poi la realtà dell’invecchiamento, cui si aggiunge lo scarso flusso vocazionale
nei paesi tradizionalmente ricchi di vocazioni.
Non è facile neppure individuare le sfide che al riguardo si presentano alla VC. Un esempio
chiaro è rappresentato dal numero crescente di vocazioni tribali che arrivano alla VC. I
candidati hanno un background familiare e culturale debole e possono talvolta trovarsi a dover
lavorare in opere degli Istituti che si trovano nelle città, fuori dal loro contesto, senza la dovuta
preparazione o inculturazione.
Per il resto è ormai fuori dubbio che la comunità ha necessità di trovare nuovi modelli
d’incarnazione. La VC presenta sempre più situazioni multiculturali al suo interno. È un segno
della ‘vittoria del vangelo’ sull’umanità divisa. Ma è pure una sfida da affrontare con
discernimento. Il governo degli Istituti è alla ricerca di nuove vie che favoriscano, insieme agli
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 7 equilibri culturali, anche l’unità e la comunione. Anche a questo livello, si pongono nuovi
problemi di inculturazione del carisma e della formazione.
C’è da dire, poi, che i cambiamenti provocano scelte non sempre riflesse. Per mantenere
attività e opere o per sostenere i processi di evangelizzazione, per esempio, si prende la
decisione di importare vocazioni da altri continenti verso l’Europa, ma poi ci si accorge che la
soluzione risulta inadeguata. Anche le scelte di fronte ai cambiamenti hanno bisogno perciò di
essere meglio illuminate.
La nostra riflessione ha voluto centrare l’attenzione su due realtà, con le quali si misura oggi la
VC: lo spostamento dal centro alla periferia e l’interculturalità che caratterizza sempre più le
comunità religiose. Se il primo fatto fa riferimento alla universalità della Chiesa e dunque della
VC, chiamate ad inserirsi in tutte le culture, il secondo evidenzia un elemento non accidentale,
dal momento che il modo stesso di essere della VC porta a vivere insieme, uniti da un carisma
come segno e testimonianza di comunione al servizio di una missione condivisa.
La fede nel Signore Gesù che chiama a vivere il Vangelo, nella specificità del carisma e
missione degli Istituti, permette a persone così diverse, nei caratteri, nella formazione,
nell’età, nelle aspettative e, non ultimo, nelle culture, di formare una vera comunità di fratelli e
sorelle uniti dall’Amore. La “verità del vangelo” (Gal 2,5.14) è dunque la chiave di
interpretazione della VC nella diversità dei contesti e nella interculturalità delle comunità, il suo
criterio di verifica, l’autentica Regola di vita.
Infatti, l’amore fraterno in comunità non è il risultato della simpatia reciproca, ma è frutto di
un cammino di conversione in cui i religiosi e le religiose apprendono ad amare il Signore sopra
ogni cosa attraverso i segni visibili della comunione fraterna. Per questo essi si impegnano a
riconoscere il valore delle diversità che emergono nelle relazioni, coltivando insieme le qualità
che aiutano a realizzare “una sintesi concreta di che cosa sia non solo una evangelizzazione
della cultura ma anche un’inculturazione evangelizzatrice e una evangelizzazione inculturata”
(VFC 53).
10.
Vita consacrata al servizio della comunione
La VC nella Chiesa è convinta del suo servizio alla comunione, consapevole però che questa
comunione si realizza oggi in mezzo alla diversità ed attenta dunque a superare la tentazione
dell’uniformità.
In vista di una maggiore significatività sociale, politica e culturale e fecondità spirituale,
pastorale e vocazionale servire alla comunione è una missione che viene affidata ai consacrati
non solo attraverso la testimonianza silenziosa, ma attraverso un’azione mirata.
Forti di una esperienza personale di fraternità che è dono di Dio, i consacrati, come singoli e
comunità, sono chiamati a espandere, rafforzare o ricreare la comunione: diventano “esperti di
comunione” (VC 46), lievito di unità, operatori di riconciliazione.
Sovente tendiamo a sorvolare per troppo conosciuto il ruolo di comunione a cui i religiosi sono
chiamati nella Chiesa universale e in quelle particolari. Questo ruolo può avere nuove
espressioni in un inserimento più visibile in queste chiese mediante servizi specializzati e
nell'accentuare il senso di universalità che è congeniale agli istituti religiosi.
La missione di comunione riguarda i rapporti tra i consacrati. “Memori dell'amicizia spirituale
che spesso ha legato sulla terra i diversi Fondatori e Fondatrici, essi, restando fedeli all'indole
del proprio Istituto, sono chiamati ad esprimere una esemplare fraternità, che sia di stimolo
alle altre componenti ecclesiali nel quotidiano impegno di testimonianza al Vangelo” (VC 53).
E, grazie a Dio, non mancano nuove insistenze pratiche in merito. Alla partecipazione attiva
negli organismi di animazione, comunicazione e coordinamento, “per capire il disegno di Dio
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 8 nell'attuale travaglio della storia e rispondervi con iniziative apostoliche adeguate” (VC 53), si
aggiunge la possibilità di stabilire collaborazioni sistematiche e stabili tra diversi istituti per
determinate iniziative che richiedono convergenza di competenze e risorse. Lo si è provato già
con i centri di studio. La complessità del contesto attuale e le nuove esigenze
dell'evangelizzazione portano non solo a concordare le impostazioni e linee, ma anche a
pensare ad alcune iniziative in collaborazione.
Dentro ancora della comunione ecclesiale, ma anche oltre, i religiosi sono invitati a dare origine
a vasti “movimenti”, “aggregazioni” o “famiglie” di e con laici. Il fattore aggregante può essere
il desiderio di partecipare nello spirito e missione dell’Istituto nel caso dei “vicini e associati”
(cf. VC 54-56), un interesse culturale o sociale comune (pace, ecologia, diritti umani,
volontariati…), un'iniziativa concreta in cui si opera insieme. In tali aggregazioni, i religiosi
prendono parte sinceramente nell'azione in favore di cause giuste e danno un contributo
specifico di riflessione ed una testimonianza di solidarietà.
Da alcuni si auspica, inoltre, la costituzione di comunità internazionali ed interculturali che,
facendone esperienza, diventino laboratori di accoglienza e valorizzazione delle diversità.
L'Esortazione Apostolica Vita Consacrata ha visto poi la vita religiosa come spazio privilegiato
per il dialogo tra le grandi religioni (cf. VC 101-102), perché alla sua origine c’è una opzione
che, in termini generali, è condivisa da tutte le persone profondamente religiose. Questa
diventa dunque una mentalità da acquisire, una pratica da mettere in atto in tutte le presenze
ed uno spazio dove collocare comunità con finalità specifiche.
A modo di conclusione
La cultura odierna, in particolare il mondo della comunicazione e la globalizzazione, aprono
anche per noi nuove prospettive e presentano problemi inediti. Ciò esige da noi una
rinnovazione profonda della VC. Abbiamo bisogno di rilanciarne, con fedeltà creativa, la sua
memoria, la sua profezia, la sua diaconia affinché essa continui ad essere un segno della
presenza di Dio nel mondo, una espressione della santità luminosa della Chiesa, un lievito di
trasformazione della società.
Ogni Istituto di VC è profondamente consapevole che i processi di rinnovamento richiedono
risposte continue, che passano attraverso
1.
un ritorno continuo alle sorgenti di ogni vita cristiana;
2.
un ritorno continuo all’ispirazione originaria degli istituti;
3.
un adattamento degli istituti alle mutevoli condizioni dei tempi.
C’è però prima un criterio che diventa normativo, vale a dire, le tre richieste di questo
rinnovamento vanno prese insieme: simul!. Non ci può essere nessun rinnovamento adeguato
con una sola di tali prospettive.
In queste prospettive la VC è interpellata a rinascere, perché essa è un dono di Dio alla sua
Chiesa e al mondo. E lo è anche per questa Europa d’oggi tanto bisognosa di Gesù, del suo
Vangelo, della sua Chiesa. E’ nostra comune responsabilità, care sorelle, di riceverlo con
gratitudine e viverlo con responsabilità.
Ci guidi e aiuti Maria, “esempio sublime di perfetta consacrazione, nella piena appartenenza e
totale dedizione a Dio”; sia Lei chi ci comunichi “quell'amore che ci consente di offrire ogni
giorno la vita per Cristo, cooperando con Lui alla salvezza del mondo” (VC 28).
Grazie.
Padova, 18 settembre 2010
Una visione sulla Vita Consacrata (Padova, 18.09. 2010) Pagina 9 Don Pascual Chávez V., SDB
Rettor Maggiore
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