Elettrosmog: aspetti sanzionatori. Il caso di Radio

Transcript

Elettrosmog: aspetti sanzionatori. Il caso di Radio
www.
t
ut
t
oa
mbi
e
nt
e
.
i
t
Elettrosmog: aspetti sanzionatori. Il caso di Radio Vaticana*
di Giovanni Bellenda e Maria Anna Labarile
------------------------------------------------* Tratto da Emissioni elettromagnetiche. Guida agli adempimenti, G. Bellenda – M. A. Labarile,
Irnerio Editore, 2011
Di fronte alla crescita dei fenomeni di inquinamento e alla loro sempre più diffusa conflittualità, la
giurisprudenza, nel corso degli anni, ha trovato nelle norme codicistiche una forma di tutela della
salute, amplificando in tal modo l’utilizzo di norme emanate in tempi in cui i fenomeni di
inquinamento (come p.es. quello elettromagnetico) non erano nemmeno lontanamente
immaginabili.
Il ricorso a tali norme, in particolare all’art. 674 c.p., Getto pericoloso di cose appare ancora attuale,
nonostante l’emanazione di normative speciali e particolarmente stringenti (quali la legge quadro
sull’elettrosmog ed ai relativi decreti di attuazione1), caratterizzantesi per la loro natura tipicamente
formale2, le quali non di certo vanificano o precludono l’applicazione della tutela penalistica, in
difesa di beni di rilevanza costituzionale3.
Il ricorso all’art. 674 c.p. è stato possibile soprattutto per l’elasticità tipica di tale norma che ha
quindi consentito di ipotizzare un’estensione interpretativa in grado di accogliere anche
l’inquinamento elettromagnetico nell’ambito della fattispecie. L’articolo indicato contempla la
fattispecie di reato “Getto pericoloso di cose”, comminando la sanzione dell’arresto fino a un mese
o l’ammenda fino a euro 206 a chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo
privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero,
nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare
tali effetti; essa si colloca tra le contravvenzioni concernenti l’incolumità delle persone nei luoghi di
pubblico transito o nelle abitazioni e proprio la protezione dell’incolumità delle persone, quale
oggetto giuridico della norma, ha indotto l’applicazione di tale fattispecie di reato anche in tema di
onde elettromagnetiche.
Ciò perché, laddove, a tale scopo si facesse riferimento solo ad elementi formali, tale difesa si
svuoterebbe di contenuti, perché prescinderebbe dall’elemento più strettamente sostanziale, legato
alla lesione del diritto alla salute e all’ambiente salubre, e le sanzioni applicabili per la mancata
ottemperanza ad un’autorizzazione, o per il superamento di soglie di “attenzione” prescinderebbero
dall’effettivo inquinamento prodotto e dalle sue inevitabili ripercussioni. In tal caso dunque,
laddove i valori tabellari fossero rispettati e le autorizzazioni risultassero in regola, l’evidenza del
1
D.P.C.M. 8 luglio 2003 (“Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la
protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze
comprese tra 100kHz e 300GHz”),e D.P.C.M. 8 luglio 2003 (“Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di
attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici
alla frequenza di rete (50Hz) generati dagli elettrodotti”).
2
Composta da due elementi fondamentali che le caratterizzano: il prioritario interesse al sistema autorizzatorio (per cui
– in base al principio di prevenzione – solitamente sono previste sanzioni più severe per chi opera senza – o non in
ottemperanza - ad una autorizzazione prevista, a prescindere dall’effettivo “inquinamento” prodotto) ed il “mito” del
sistema tabellare, fino a pochi anni fa sostanzialmente limitato ad una unica colonna di valori quali-quantitativi
insuperabili, ed ora integrato – nelle leggi più evolute – da colonne relative a valori di “qualità” e/o di “attenzione”
3
Si veda: S. MAGLIA, Diritto ambientale, Ipsoa Gruppo Wolters Kluwer, 2011, pagg.
www.
t
ut
t
oa
mbi
e
nt
e
.
i
t
caso richiede che, a fronte di una norma speciale il cui ambito di tutela appare limitato, si faccia
ricorso alle norme codicistiche che consentano agli organi di P.G. di intervenire, assicurando in tal
modo una più efficace risposta e salvaguardando beni fondamentali quali la salute.
Efficacia che è data anche dalla natura più afflittiva della sanzione penale rispetto alle sole sanzioni
amministrative previste dalle normativa speciale. La legge-quadro, infatti, non prevede alcuna
specifica sanzione penale da irrogarsi nel caso di superamento dei limiti legali, pur potendosi
ravvisare in tali ipotesi un reale pericolo per il bene primario salute.
Tanto più che la fattispecie contravvenzionale de qua si configura come un reato di pericolo,
risultando perciò applicabile laddove la lesione del bene giuridico protetto non si sia ancora
manifestata e quindi idonea ad assicurare una tutela preventiva della salute. L’applicazione della
fattispecie in esame richiede pertanto l’accertamento da parte del giudice della reale idoneità lesiva
della cosa.4
Sull’applicazione dell’art. 674 c.p. al fenomeno dell’elettrosmog, non sembra sussistere più alcun
margine di dubbio da parte della giurisprudenza che ne ha individuato i presupposti di applicazione.
sin dal 1999, quando con una sentenza di grande rilievo5 (29 novembre 1999, n. 5626), la
Cassazione affermava che “L'apertura culturale mostrata dal codice Rocco nel dilatare la nozione
di cosa rilevante per il diritto penale (l’art. 624, comma 2, equipara l’energia alle “cose mobili”)
autorizza ad attribuire all'art. 674 una dimensione più ampia di quella originariamente conferitagli
e conforme ad una visione della legge in armonia con il marcato dinamismo dello Stato moderno.
Non sembra arbitraria, dunque, la conclusione che tra le "cose" di cui parla la norma
incriminatrice debbono farsi rientrare anche i campi elettromagnetici, per la loro stessa essenza
considerati da A. Einstein altrettanto reali "della sedia su cui ci si accomoda”. Così come “ancora
più agevole è ricondurre il fenomeno della propagazione delle onde elettromagnetiche nell’ambito
dell’amplissimo significato che ha nella nostra lingua il verbo “gettare”.Esso, infatti, non sta solo
a indicare l’azione di chi lancia…qualcosa nello spazio o verso un punto determinato,ma è anche
sinonimo di “mandar fuori, emettere” e, per estensione, come già in Dante Alighieri, di “produrre,
far nascere” Pertanto si riconosceva che “il fenomeno noto come inquinamento elettromagnetico
è astrattamente riconducibile alla previsione dell’art. 674 c.p.”6
A questa sentenza seguivano numerose altre decisioni sia della Suprema Corte sia della
giurisprudenza di merito in cui la tesi dell’astratta applicabilità dell’art. 674 c.p.7 veniva confermata
e nelle quali sia il concetto di "cose", sia quello di "getto" o "versamento" (fino a ricomprendervi
qualsiasi immissione nell'ambiente che possa riuscire molesta per le persone) sono stati intesi in
senso ampio.
4
Si veda L. RAMACCI, G. MINGATI, Inquinamento elettromagnetico, cit., pag. 41 e segg.
Si veda: S. MAGLIA, L’evoluzione giurisprudenziale in materia di inquinamento elettromagnetico, in Elettrosmog
Dalle origini alla legge quadro, di E. RONCHI, F. GIOVANELLI, S. MAGLIA, cit., pagg. 33 e segg.
6
In senso contrario una pronuncia della S.C. di pochi giorni prima (11 novembre 1999, n. 5592) aveva, al contrario
negato che i campi elettromagnetici potessero essere considerate “cose”. Posizione che è rimasta quasi del tutto isolata,
se non per una successiva sentenza (Cass. Pen., sez. 1, 30 gennaio 2002, n. 8102), , in cui si affermava che “l'azione del
"gettare in luogo di pubblico transito... cose atte ad offendere, o imbrattare o molestare persone" è ontologicamente,
oltre che strutturalmente, diversa dal generare campi elettromagnetici. Il gettare delle "cose" presuppone la preesistenza
di dette cose in natura, mentre la emissione di onde elettromagnetiche consiste nel "generare" (e, quindi, far nascere o
far venire ad esistenza) "flussi di onde" che prima dell'azione "generatrice" non esistevano. L’assumibilità delle onde
elettromagnetiche nel concetto di "cose" non può essere poi automatica, ma richiede, necessariamente una esplicita
previsione normativa, come è avvenuto, ad esempio, con la previsione di cui al secondo comma dell'art. 624 c.p.”
7
Ex multis Cass. Pen. Sez. III, 15 aprile 2009, n. 15707
5
www.
t
ut
t
oa
mbi
e
nt
e
.
i
t
A conferma di tale interpretazione estensiva, l’art. 624, co. 2, c.p. stabilisce che, agli effetti della
legge penale, si considerano cosa mobile l’energia elettrica ed ogni altra energia che abbia valore
economico.
Tra l’altro anche la giurisprudenza civile ha da tempo affermato il principio che è esperibile la tutela
possessoria con riguardo alle onde elettromagnetiche di cui si avvalgono le emittenti
radiotelevisive, in quanto dette onde costituiscono una forma di energia materiale e quantificabile,
da considerarsi pertanto come un bene mobile economico, che può essere utilizzato direttamente
dalla azienda produttrice e può essere anche ceduto a terzi (Cass. civ., Sez. II, l0 marzo 2005, n.
5317; Sez. II, 11 settembre 1991, n. 9511; Sez. II, 19 aprile 1991, n. 4243).
Non sono mancate, tuttavia, pronunce che hanno escluso, proprio sulla base dell’intervenuta
regolamentazione del settore specifico dell’elettromagnetismo, l’applicabilità dell’art. 674.
La stessa sentenza della S.C. del 13 maggio 2008, n. 36845 (sulla vicenda Radio Vaticana) che,
annullando la sentenza della Corte di Appello con cui venivano assolti gli imputati e, rinviando ad
altra Sezione della stessa Corte di Appello, enunziava il principio di diritto secondo il quale l’ipotesi
contravvenzionale di cui all’art. 674 c.p. è configurabile solo se l’attività non è autorizzata e non
rispetta i limiti. Mentre non lo è neppure se, nel concreto, a prescindere dal superamento dei limiti,
si raggiungesse la prova oggettiva dell’attitudine molesta delle onde elettromagnetiche, la prova,
cioè, proprio della lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale.
Vicenda Radio Vaticana
La Corte di Cassazione Penale - IV sezione –, con la sentenza del 9 giugno 2011, n. 23262 segna
l’epilogo della lunga e tortuosa vicenda processuale iniziata negli anni ’90, promossa dai residenti
di Cesano di Roma, i quali lamentavano il verificarsi di fenomeni elettromagnetici riconducibili alla
presenza di numerosi e potenti ripetitori del Centro Trasmittente di Radio Vaticana, situati nella
zona di S. Maria in Galeria, vicino Roma.
La Corte riassume brevemente la vicenda. “Il capo di imputazione addebitava a un cardinale e a un
monsignore di avere, in concorso tra loro e quali responsabili della gestione e del funzionamento
della Radio Vaticana, diffuso tramite gli impianti di S. Maria in Galeria radiazioni
elettromagnetiche atte a offendere o a molestare le persone residenti nelle aree circostanti, e in
particolare a Cesano di Roma, arrecando alle stesse disagio, disturbo, fastidio, e turbamento così
violando l’art. 674 del codice penale” . Tale norma contempla la fattispecie di reato “Getto
pericoloso di cose”, comminando la sanzione dell’arresto fino a un mese o l’ammenda fino a euro
206 a chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o
di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti
dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti.
Il Tribunale di Roma, con sentenza del 19 febbraio 2005 dichiarava il difetto di giurisdizione del
giudice italiano, richiamando i Patti Lateranensi. La Corte di Cassazione annullava la declinatoria di
giurisdizione. Così, con sentenza del 9 maggio 2005, il Tribunale di Roma dichiarava i due imputati
responsabili della contravvenzione ad essi addebitata, condannandoli alla pena ritenuta adeguata,
nonché al risarcimento dei danni – da liquidare in separata sede - in favore delle parti civili
costituite. In secondo grado, la Corte di Appello di Roma, reputando che il Tribunale avesse
raggiunto la convinzione della consumata violazione dell’art. 674 c.p., in forza di una
interpretazione analogica non consentita per le norme incriminatrici, assolveva gli imputati “perché
il fatto non è previsto dalla legge quale reato” .
www.
t
ut
t
oa
mbi
e
nt
e
.
i
t
La Corte di Cassazione, su ricorsi proposti dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello,
dalla Associazione Vas Verdi ambiente e società, da Cittadinanza attiva Onlus, da Codacons
Coordinamento dei comitati e delle associazioni di tutela dei consumatori nonché da alcuni privati
cittadini, annullava, con sentenza n. 36845 del 13 maggio 2008, la sentenza impugnata, rinviando
ad altra Sezione della Corte di Appello di Roma, enunciando, quale misura di linea decisionale per
il giudice di rinvio, il principio di diritto per cui, “il fenomeno della emissione di onde
elettromagnetiche rientra, per effetto di interpretazione estensiva, nella previsione dell’art. 674 cp.
Detto reato è configurabile soltanto allorché sia stato, in modo certo e oggettivo, provato il
superamento dei limiti di esposizione o dei valori di attenzione previsti dalle norme speciali e sia
stata obbiettivamente accertata una effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad offendere o
molestare le persone esposte ravvisata non in astratto, per il solo superamento dei limiti, ma soltanto
a seguito di un accertamento, da compiersi in concreto, dell’effettivo pericolo oggettivo e non
meramente soggettivo. La Corte di appello nel procedimento di rinvio, ha “accertato un
superamento dei limiti e dei valori di attenzione delle emissioni addebitate, una consapevolezza
della intensità delle emissioni su onde corte e medie obbiettivata nella istituzione di una
commissione bilaterale tra Repubblica Italiana e Stato città del Vaticano, una oggettiva idoneità al
disturbo e alla produzione di pericolo obbiettivata nell’ordine di allontanamento (del 1987) dei
mezzadri dai terreni della Santa Sede, ordine dato dal concedente Pontificio Collegio Germanico e
Ungarico, a causa del pericolo per le persone derivante dall’aumento della intensità delle emissioni
della Stazione radio trasmittente, nonché obiettivata dalle testimonianze raccolte sui disturbi
radioelettrici registrati sugli apparecchi domestici della zona e sui timori di leucemia insorti tra la
gente”. Così la Corte, nonostante l’intervenuta prescrizione del reato addebitato, ha confermato le
statuizioni civili nei confronti del solo imputato vivente.
Ma ciò non è stato accettato dai responsabili del Vaticano che hanno promosso un nuovo ricorso per
Cassazione.
In particolare, i ricorrenti hanno avanzato richiesta di annullamento della sentenza di appello anche
per le statuizioni civili nei confronti dell’imputato medio tempore deceduto, lamentando, per il
secondo imputato in vita, nullità della sentenza per inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale, nonché per inosservanza delle statuizioni della sentenza della S.C. 13 maggio 2008 e da
ultimo, per difetto di motivazione.
Si rileva, nello specifico della doglianza, che la Corte di Appello non avrebbe motivato in ordine al
superamento dei limiti di esposizione e di attenzione previsti dalla legge e, per altro verso, avrebbe
apprezzato turbamenti e vissuti soggettivi invece che situazioni obiettivamente riscontrate.
La sentenza impugnata, secondo i ricorrenti, non solo non avrebbe dato prova dei dati concreti
caratterizzanti il fatto addebitato (integrante il reato ex art. 674 c.p.), ma non avrebbe neppure dato
risposta alle censure mosse con i motivi d’appello relativi alla verifica del tempo del verificarsi dei
fatti contestati e del tempo dei fatti provati e alla comparazione tra quel tempo e quello di incarico
del Cardinale nominato, così come non avrebbe dato prova dell’elemento soggettivo del reato.
Ribadita dalla Suprema Corte la piena riconducibilità dei fenomeni di propagazione di onde
elettromagnetiche alla fattispecie penale del getto di cose di cui all’art. 674 del codice penale, la
stessa Corte prosegue nel richiamare il percorso motivazionale seguito dalla Corte di Appello, in
ordine alla “consapevolezza” degli imputati ed alla sussistenza di circostanze oggettive suscettibili
di provare “il carattere indubitabile, intenso e disturbante delle emissioni di onde”.
La sentenza del giudice di secondo grado, a sua volta, richiamava principi enunciati dalla sentenza
della Corte di Cassazione n. 36845/2008, ai quali ha dovuto uniformarsi in sede di rinvio,
www.
t
ut
t
oa
mbi
e
nt
e
.
i
t
pronuncia, quest’ultima, che secondo la sentenza de qua “si colloca entro un indirizzo ben chiaro di
questa Corte di legittimità”.
In dottrina, non è mancato chi8 all’epoca della sentenza della S.C n. 36845/2008, rilevava che
seppure “il superamento dei limiti (punito con sanzione amministrativa “salvo che il fatto
costituisca reato”) è un elemento rilevante per valutare la esistenza del reato di cui all’art. 674 c.p.,
in quanto certamente, nella maggior parte dei casi, il rispetto dei limiti dovrebbe garantire l’assenza
di danni e molestie alla popolazione, altrettanto certamente non è sostenibile né che ogni
superamento dei limiti integri, di per sé, il reato di cui all’art. 674 c.p. (visto che è previsto come
illecito amministrativo) né soprattutto che, comunque, nel settore dell’inquinamento
elettromagnetico, tale reato debba necessariamente e rigidamente essere collegato alla prova di un
superamento”.
Inoltre, la medesima sentenza affermava, ai fini della ricorrenza del reato de qua, anche la necessità
della sussistenza di una prova certa e obiettiva dell’effettiva e concreta idoneità delle onde
elettromagnetiche a ledere o molestare i potenziali soggetti esposti, con ciò discostandosi da diverso
orientamento che aveva riconosciuto la rilevanza, ancorata ad una percezione di tipo soggettivo,
della lesività delle molestie.
8
G. AMENDOLA, Radio Vaticana, Elettrosmog, Cassazione: una sentenza molto discutibile, in Lexambiente.it, rivista
giuridica on-line.