regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici
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regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici
TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE MAZZOCCHI E CARLUCCI; MATTESINI ED ALTRI REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEI MATERIALI GEMMOLOGICI (A.C. 225-2274-A) approvato dalla Camera dei Deputati nella seduta del 30 novembre 2011 CAPO I DEFINIZIONI ART. 1. 1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle materie e ai prodotti di seguito elencati, utilizzati nella produzione di gioielli, di monili e di oggettistica in genere: a) minerali di origine naturale, formatisi in giacimenti naturali; b) minerali sintetici; c) prodotti artificiali; d) perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale, tradizionalmente utilizzati in gioielleria; e) perle coltivate o altrimenti denominate; f) imitazioni di perle. ART. 2. 1. Agli effetti della presente legge si intende: a) per «materiale gemmologico», una sostanza naturale, sintetica, di coltura o artificiale, adatta all’uso di adorno personale o di ornamentazione; b) per «materiale gemmologico naturale», una sostanza di origine inorganica od organica esistente in natura; c) per «materiale gemmologico trattato», un materiale gemmologico di origine naturale, artificiale o di coltura, modificato dall’uomo nelle proprietà chimiche e/o fisiche; d) per «materiale gemmologico sintetico», una sostanza inorganica od organica prodotta mediante procedimenti tecnologici, che possiede caratteristiche chimiche e fisiche simili a quelle dei corrispondenti materiali naturali; e) per «materiale gemmologico artificiale», una sostanza inorganica od organica prodotta mediante procedimenti tecnologici, le cui caratteristiche chimiche e fisiche non corrispondono a nessun materiale naturale noto; f) per «materiale gemmologico composito», un materiale costituito da poche parti distinte, di forma prestabilita, di natura uguale o diversa, di origine naturale, sintetica o artificiale, incollate a formare un’unica gemma; g) per «materiale gemmologico agglomerato o impastato», un materiale formato da un insieme di granuli irregolari di origine naturale, sintetica o artificiale, aggregati artificialmente con o senza l’ausilio di collanti o mediante riscaldamento o compressione; h) per «vetro artificiale», un materiale artificiale amorfo ottenuto per raffreddamento da un fuso di qualunque composizione chimica; i) per «perla o perla naturale», un materiale prodotto naturalmente da molluschi perliferi, senza l’ausilio dell’intervento umano; j) per «perla coltivata o di coltura, con o senza nucleo», un materiale prodotto da molluschi perliferi di acqua salata o dolce, in seguito a intervento dell’uomo; k) per «imitazione di perla o perla imitazione», un materiale di qualsiasi composizione costituito da una o più parti di origine naturale, sintetica o artificiale, prodotto dall’uomo per ottenere la forma e l’aspetto delle perle, senza possedere le loro proprietà fisiche o chimiche o la loro struttura cristallina. ART. 3. 1. La denominazione dei materiali gemmologici trattati deve essere completata dall’indicazione del trattamento cui essi sono stati sottoposti, in conformità a quanto stabilito dalla norma UNI 10245, e successivi aggiornamenti. 2. Le definizioni delle terminologie relative ai principali processi operati sulle gemme allo stato attuale dei procedimenti tecnologici sono le seguenti: a) per «diffuso o termodiffuso», si intende un materiale gemmologico che ha subìto un procedimento modificatore con apporto di elementi chimici all’interno del reticolo cristallino; b) per «impregnato», si intende un materiale gemmologico i cui pori sono stati riempiti con sostanze estranee non colorate; c) per «irradiato o irraggiato», si intende un materiale gemmologico che ha subito modificazioni mediante radiazioni non visibili, particelle atomiche o subatomiche; d) per «con riempimento di fessure e/o cavità» si intende un materiale gemmologico che ha subito il riempimento di cavità o di fessure con materiali fluidi che induriscono; e) per «ricoperto», si intende un materiale gemmologico che è stato rivestito totalmente o parzialmente da sostanze estranee; f) per «riscaldato», si intende un materiale gemmologico che ha subito un procedimento termico modificatore senza apporto di elementi chimici, salvo idrogeno od ossigeno, all’interno del reticolo cristallino; g) per «tinto», si intende un materiale gemmologico i cui pori, interstizi, fratture naturali o indotte, sono stati permeati di sostanze coloranti; h) per «sottoposto a foratura laser», si intende un materiale gemmologico che ha subito la rimozione di inclusioni mediante azioni o modificazioni chimiche o fisiche; i) per «sottoposto ad alta pressione e ad alta temperatura», si intende un materiale gemmologico che ha subito un processo modificatore basato sull’utilizzo di variazioni di pressione e di temperatura; j) per «riscaldato con residui», si intende un materiale gemmologico che ha subito un procedimento termico modificatore con l’aggiunta di fondente; k) per «con riempimento di fessure con vetro al piombo», si intende un materiale gemmologico le cui fratture sono state permeate con vetro al piombo. 3. Ogni altro processo chimico o fisico cui sono sottoposti i materiali gemmologici, diverso da quelli indicati al comma 2, deve essere indicato in maniera sintetica e chiara sui documenti commerciali e pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nelle eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano nonché nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 10. 4. Qualora il o i trattamenti a cui sono state sottoposte le gemme non siano stabili nel tempo è necessario darne informazione chiara mediante una nota informativa che deve essere messa a disposizione e consegnata all’acquirente in cui sono descritti i trattamenti, i loro effetti, le precauzioni da prendere per l’uso e la conservazione del materiale. ART. 4. 1. È fatto obbligo di applicare le seguenti denominazioni ai materiali descritti all’articolo 2: a) «naturale», nel caso di materiale gemmologico naturale; b) «trattato», nel caso di materiale gemmologico trattato; c) «sintetico», nel caso di materiale gemmologico sintetico; d) «di coltura», nel caso di materiale gemmologico di coltura; e) «artificiale», nel caso di materiale gemmologico artificiale. 2. Nel caso di materiali gemmologici trattati, in sostituzione del termine «trattato», può essere indicato direttamente il processo a cui il materiale gemmologico è stato sottoposto, conformemente a quanto indicato dall’articolo 3, comma 2, preceduto o meno dalla dizione «sottoposto a processo di». 3. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali gemmologici naturali è riportata nel prospetto I della norma UNI 10245, e successivi aggiornamenti. 4. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali gemmologici sintetici è riportata nel prospetto II della norma UNI 10245, e successivi aggiornamenti. 5. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali gemmologici artificiali è riportata nel prospetto III della norma UNI 10245, e successivi aggiornamenti. 6. Per la nomenclatura dei tagli dei materiali gemmologici si applica la norma UNI 10173, e successivi aggiornamenti. ART. 5. 1. Per la denominazione dei materiali indicati all’articolo 2 è vietato l’uso dei termini «semiprezioso» e «fino». ART. 6. 1. Le perle naturali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), sono dette «perle naturali segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o molate. 2. Le perle coltivate o di coltura di cui all’articolo 2, comma 1, lettera j), sono dette «perle coltivate segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o molate. 3. Le perle coltivate di cui al comma 2 sono denominate «perle coltivate composite o mabe» quando sono il risultato dell’assemblaggio, a opera dell’uomo, di una parte superiore costituita da una bolla di coltura perlacea con una parte inferiore di madreperla e un riempimento interno di materiale vario. CAPO II DISPOSIZIONI GENERALI ART. 7. 1. È fatto divieto di importare, esporre, detenere a scopo di vendita, vendere o distribuire a titolo gratuito i materiali e i prodotti elencati al capo I, con una denominazione diversa da quelle previste dalla presente legge. 2. Le denominazioni previste all’articolo 4 devono essere indicate, su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano, e sono le uniche denominazioni che possono essere usate, anche verbalmente, per indicare i prodotti. 3. Le denominazioni previste all’articolo 4 devono essere, altresì, utilizzate per i prodotti esposti in manifestazioni espositive, in fiere e in mostre aventi carattere commerciale. ART. 8. 1. Le disposizioni di cui all’articolo 7 si applicano anche nei casi in cui i prodotti sono proposti al consumatore in vendite all’incanto, anche se derivanti da operazioni di credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza. In questa ultima ipotesi, le denominazioni indicate al capo I devono essere riportate anche sulla proposta di contratto o di vendita a distanza. ART. 9. 1. Il Ministero dello sviluppo economico, nell’ambito delle risorse destinate ai sensi della legislazione vigente alle iniziative di comunicazione di pubblica utilità, cura la realizzazione di campagne di comunicazione pubbliche, con cadenza almeno annuale, dirette a promuovere nei consumatori la conoscenza delle problematiche connesse alla qualità delle gemme. 2. Le regioni possono promuovere corsi di qualificazione, con oneri ad esclusivo carico dei soggetti partecipanti, per i soggetti che operano nel mercato gemmologico, volti alla conoscenza dei materiali di cui alla presente legge, alla loro lavorazione e alla loro commercializzazione. La partecipazione ai corsi di qualificazione è volontaria e si conclude con il rilascio di un’attestazione di qualifica dell’operatore. CAPO III RESPONSABILITÀ DEGLI OPERATORI, CONTROVERSIE, LABORATORI DI ANALISI ART. 10. 1. Il venditore deve rilasciare, a richiesta dell’acquirente, una dichiarazione in cui sono descritti, ai sensi di quanto stabilito dalla presente legge, i materiali gemmologici venduti, siano essi sfusi o montati. 2. La dichiarazione di cui al comma 1 deve essere rilasciata obbligatoriamente in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali. 3. I contenuti della dichiarazione di cui al comma 1, che deve comunque sempre contenere l’indicazione del paese dal quale è originata l’ultima importazione in Italia, sono stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 16. ART. 11. 1. In caso di controversie relative al contenuto della dichiarazione di cui all’articolo 10, la risoluzione delle stesse può essere demandata a un collegio arbitrale, istituito presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominata « camera di commercio », nella cui circoscrizione ha sede l’acquirente, composto da tre membri, di cui uno indicato da ciascuna delle parti e il terzo scelto tra i direttori dei laboratori gemmologici di cui all’articolo 13. Gli oneri della procedura arbitrale sono a carico dei soggetti interessati. 2. Il collegio di cui al comma 1 opera secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 16. ART. 12. 1. Qualora si renda necessario accertare la correttezza di quanto dichiarato, relativamente ai materiali gemmologici, nei documenti commerciali o pubblicitari, nelle proposte di contratto o di vendita a distanza, nelle eventuali etichette o cartellini che accompagnano il prodotto o nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 10, sono autorizzati a rilasciare le relative certificazioni esclusivamente i laboratori di cui all’articolo 13. 2. Sono in tutti i casi esclusi dalle analisi gemmologiche e dalle certificazioni, i materiali giacenti in magazzino alla data di entrata in vigore della presente legge. ART. 13. 1. I laboratori abilitati al rilascio di certificazioni dei materiali gemmologici in commercio devono essere iscritti in appositi elenchi tenuti dalle camere di commercio, ai sensi di quanto previsto dal regolamento di cui all’articolo 16. 2. I laboratori di cui al comma 1 devono offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico-professionale, volte in particolare al settore della gemmologia per la determinazione della categoria di appartenenza dei materiali gemmologi in commercio ed essere in possesso dei requisiti stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 16. 3. I laboratori devono essere iscritti nell’elenco tenuto dalla camera di commercio competente per territorio. A tale fine devono presentare apposita domanda corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti ai sensi del comma 2. 4. La vigilanza e il controllo sui laboratori iscritti nell’elenco di cui al comma 1, volti a verificare l’osservanza dei requisiti previsti dal presente articolo e dal regolamento di cui all’articolo 16, sono esercitati ai sensi di quanto stabilito dal medesimo regolamento. Gli oneri per la costituzione e la tenuta degli elenchi di cui al comma 1, nonché per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo, sono posti a carico dei soggetti richiedenti l’iscrizione ai medesimi elenchi sulla base di tariffe stabilite con il decreto di cui all’articolo 16, ed aggiornate periodicamente, almeno ogni due anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La determinazione e l’aggiornamento degli importi delle tariffe di cui al presente articolo avviene sulla base del costo effettivo delle prestazioni rese dalle amministrazioni pubbliche interessate. Le medesime tariffe devono essere versate dai soggetti a ciò obbligati prima di richiedere l’iscrizione nell’elenco. Alla domanda di iscrizione deve essere allegata la quietanza del relativo versamento. CAPO IV SANZIONI ART. 14. 1. Salva l’applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, per le violazioni delle norme della presente legge si applicano le seguenti sanzioni: a) chiunque rilasci certificazioni dei materiali gemmologici in commercio senza essere iscritto nell’elenco di cui all’articolo 13, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro; b) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materiali gemmologici privi di documenti ovvero accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da quelle previste dalla presente legge o con indicazioni che possono essere confuse con quelle previste dalla presente legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro. Si applicano inoltre il sequestro e la confisca delle merci; c) chiunque si rifiuta di rilasciare la dichiarazione di cui all’articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro. 2. Le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 1, lettere b) e c), sono moltiplicate per dieci nel caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali. 3. In caso di reiterazione delle violazioni di cui al comma 1, lettere b) e c) alle sanzioni amministrative pecuniarie consegue la sospensione dell’esercizio dell’attività per un periodo da quindici giorni a sei mesi. CAPO V DISPOSIZIONI FINALI ART. 15. 1. I materiali gemmologici, sfusi o montati, legalmente prodotti o commercializzati in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo possono essere liberamente immessi sul mercato nazionale a condizione che sia garantito un grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dalla presente legge. ART. 16. 1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentiti il Consiglio nazionale delle ricerche, l’Istituto nazionale di ricerca metrologica e il Consiglio di Stato, è emanato il regolamento di attuazione della medesima legge. ART. 17. 1. La presente legge entra in vigore decorsi sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. ORDINI DEL GIORNO La Camera, premesso che: sono circa 11.000 le imprese operanti nel comparto gemmologico impegnate nella produzione, insieme ad oltre 20.000 dettaglianti, cui corrisponde un fatturato annuo di circa 6,5 miliardi di euro; lo scorso 21 ottobre in occasione di un incontro a Palazzo Chigi dedicato al comparto orafo, sono state sollevate ventitré istanze dalle associazioni; particolare attenzione è stata rivolta a quelle del credito e del fisco con la definizione di due tavoli operativi sotto la regia della Presidenza del Consiglio: uno focalizzato sulla costituzione di un fondo di garanzia per le aziende del settore in difficoltà e sullo studio di nuovi strumenti finanziari, l’altro sulla regolamentazione dei «compro-oro» e della fiscalità dell’oro usato e sull’estensione del «reverse charge» anche per gli altri metalli preziosi e per i materiali gemmologici; sui dazi il Ministero degli affari esteri e quello dello sviluppo economico hanno confermato l’impegno per affrontare il tema nell’ambito del prossimo incontro USA-UE e nelle trattative bilaterali di libero scambio («0x0») in via di definizione con India, Canada, Giappone; le associazioni hanno segnalato l’ipotesi di includere almeno gli assegni e i bonifici bancari tra le operazioni esenti dal dispositivo riguardante la tracciabilità dei pagamenti. L’urgenza della modifica è stata giustificata in quanto tale restrizione ha già causato, ad esempio nella sola Lombardia, un’ulteriore riduzione dei consumi di gioielleria-orologeria del 20-25 per cento; inoltre, la «Convenzione sul controllo e la marchiatura degli oggetti in metalli preziosi» (Convenzione di Vienna) è un trattato internazionale che ha come scopo quello di «facilitare il commercio internazionale degli oggetti in metalli preziosi, garantendo, nel contempo, un’adeguata tutela del consumatore, considerata la particolare natura di tali prodotti»; il 15 luglio 2010 l’Italia ha manifestato formalmente l’intenzione di aderire alla convenzione e ha poi avviato l’iter; la ratifica della convenzione consentirebbe la libera circolazione dei nostri prodotti in metalli preziosi in numerosi mercati, alcuni dei quali rilevanti per il nostro export, impegna il Governo a valutare l’opportunità di dare seguito alle istanze avanzate dalle rappresentanze del comparto orafo che riscontra in questo particolare momento storico notevoli difficoltà economiche; a valutare l’opportunità di adottare adeguate iniziative volte a sostenere e sviluppare maggiormente l’export dei prodotti made in Italy del settore gemmologico. La Camera, premesso che: il comparto orafo-argentiero-gioielliero è uno dei settori del «made in Italy» che più ha contribuito alla promozione dell’Italia nel mondo, conta 10.600 unità produttive e occupa in modo diretto oltre 60.000 addetti, senza calcolare il valore delle filiera distributiva (24.000 punti vendita in Italia) e dell’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni, sistema di sicurezza e trasporto valori); l’Italia è stata per molto tempo leader mondiale nella lavorazione e nel commercio dei preziosi, ma tale primato è ormai insidiato nell’ambito dei processi di globalizzazione, ma tale comparto rimane ancora oggi determinante per l’economia italiana; il comparto infatti detiene ancora il 6° saldo commerciale attivo con l’estero e come saldo attivo è al 1° posto tra quelli del comparto moda-accessori; il mercato italiano costituisce ad oggi il principale polo mondiale per la lavorazione di pietre tagliate, un patrimonio inestimabile dal punto di vista della storia, del design, oltre che da un punto di vista strettamente economico; il settore, già dal 2000, è entrato progressivamente in sofferenza e la crisi economico-finanziaria di questi anni rischia di travolgerlo; sono necessarie per questo comparto serie politiche di sostegno a partire dal miglioramento delle condizioni di accesso dei gioielli sul mercato internazionale; a causa dei dazi, i gioielli italiani non possono raggiungere il 60 per cento dei consumatori mondiali, un gioiello italiano per entrare in Cina paga un dazio del 25-30 per cento, un gioiello cinese per entrare in Europa paga il 2,5 per cento; occorre reciprocità ed una politica commerciale europea tesa a ridurre/azzerare le barriere che aumentano la concorrenza sleale ed il mercato nero; fonti indipendenti hanno calcolato che l’attuale aliquota daziaria, ad esempio in USA, incide in media per oltre il 40 per cento sui margini di profitto delle aziende italiane, ma su alcuni prodotti, le catene a macchina, dove l’Italia è sempre leader con grandi investimenti in termini di tecnologie e di innovazione di prodotto e di processo, la percentuale è ancora più elevata; nel comparto orafo-argentiero-gioielliero anche dazi non particolarmente elevati in senso assoluto hanno un’elevatissima incidenza sul price-competition, a causa del forte peso della materia prima sull’intero valore del prodotto; è necessaria una specifica politica della Unione Europea: verso gli altri Paesi OCSE per una eliminazione totale delle tariffe su base reciproca (0-0) e presso l’amministrazione USA affinché vengano azzerati i dazi applicati ai prodotti orafo-argentieri-gioiellieri europei e quindi italiani, soprattutto alla luce del regime doganale preferenziale di cui godono in questi mercati le aziende concorrenti localizzate in Paesi emergenti; verso i Paesi non OCSE (come la Russia, mercato che sta crescendo in importanza), sostenendo in ambito UE e WTO sia l’eliminazione dei picchi tariffari e delle barriere non tariffarie, sia l’utilizzo delle normali procedure per il trasferimento dei prodotti (carnet ATA); per accordi volti ad applicare il dazio solo sulla lavorazione, scorporando quindi dal calcolo il valore della materia prima; all’interno del comparto, esistono per le pietre preziose specifiche questioni, che necessitano di interventi legislativi europei e di specifici accordi internazionali che non possono esaurirsi nella normativa nazionale; in ordine alla necessità della garanzia della trasparenza/tracciabilità e garanzia del cliente finale: le «gemme» si stanno sempre di più affermando come «bene rifugio» e, lentamente, ma con gradualità, aumentano le richieste di «certificazione», a fronte del fatto che il mercato dei preziosi è invaso dai prodotti contraffatti, a causa della diffusione su scala mondiale di gemme trattate o totalmente realizzate in laboratorio; il business illegale consente ai trafficanti di realizzare guadagni enormi ai danni di grossisti, commercianti e acquirenti finali che non di rado acquistano inconsapevolmente prodotti senza alcun valore, al prezzo delle pietre autentiche; la tracciabilità delle pietre, elemento di grande preziosità, il valore delle pietre è legato anche alla loro provenienza geografica – i «rubini» che sono le pietre preziose dal più alto costo per carato, ricercatissimi per il loro splendore e quindi di maggior qualità – sono quelli provenienti dalla Birmania; il 50 per cento circa delle pietre preziose in circolazione provengono da Paesi in guerra e questo è un tema di grande rilievo, che deve trovare l’attuazione del Protocollo di Kimberley; il predetto protocollo, sotto le forti pressioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, fu ratificato nel 2000 da sedici Stati africani coinvolti nel commercio dei diamanti, e contiene una serie di misure contro l’estrazione e l’esportazione dei diamanti dai luoghi di guerra; scopo del protocollo è obbligare le compagnie diamantifere « a certificare » il percorso di ogni singola pietra, una sorta di «carta di identità», dove viene indicato il luogo di estrazione e di lavorazione; la carta di identità serve a certificare che il diamante sia «conflict-free», ovvero esente dal conflitto. Il Protocollo è nato dalla consapevolezza che il commercio dei cosiddetti «diamanti insanguinati» sia un grave problema internazionale, che contribuisce ad alimentare direttamente i conflitti armati, il traffico illecito e la proliferazione degli armamenti; tali conflitti hanno effetti devastanti sulla pace e sulla sicurezza dei Paesi colpiti, nonché comportano gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani (lavoro minorile, lavoro forzato, stupri); è noto, per esempio, che è stato per mettere le mani sul forziere diamantifero congolese che dal 1998 è esplosa la prima guerra africana che ha coinvolto nove nazioni. Guerre che hanno proprio l’obbiettivo del controllo del territorio, per permettere il saccheggio delle risorse. Per aggirare tale protocollo sono state create, nei Paesi confinanti con quelli ricchi di giacimenti di diamanti e che sono teatro di guerra, centinaia di false compagnie minerarie; oggi, circa il 50 per cento dei diamanti in circolazione sono provenienti da Paesi in guerra, e non si tratta solo di diamanti, ma di rubini, giada ed altre pietre preziose, basti pensare alla Birmania; nel 2008 il governo americano, ha introdotto l’embargo contro l’importazione di rubini e giada birmani; anche l’Unione europea ha approvato, a fine 2010, una risoluzione per garantire la tracciabilità delle pietre preziose; il tema della tracciabilità, quindi, contiene in sé non solo la garanzia dell’utente finale, ma tutto il tema dell’eticità dei rapporti internazionali e della legalità, tale questione necessita di una specifica normativa europea, impegna il Governo a istituire un tavolo interministeriale per il settore dei metalli e delle pietre preziose che affronterà anche la questione della tracciabilità dei minerali importati, come strumento per combattere l’utilizzo illegale delle pietre preziose provenienti dai Paesi in guerra e la questione della internazionalizzazione dell’oreficeria italiana ed europea con particolare riferimento alla questione dello squilibrio imposto dai dazi allo sviluppo di un mercato maggiormente basato sulla qualità dei prodotti e sulla concorrenza. La Camera, premesso che: il settore orafo-argentiero-gioielliero rappresenta uno dei comparti manifatturieri di eccellenza nella promozione del «made in Italy», che negli anni è riuscito a conquistarsi i primi posti nel mondo grazie alla creatività, al design, all’innovazione di prodotto e di processo, ed alla capacità di adottare sofisticate tecnologie assieme alla artigianalità dei prodotti manufatti; tale settore si concentra in alcuni distretti di punta, come Arezzo, Vicenza, Valenza Po, Napoli per l’oreficeria e la gioielleria in oro; Padova, Firenze e Palermo per l’argenteria, e conta circa 10.600 unità produttive in tutta Italia, dando lavoro diretto ad oltre 60.000 addetti, cui va aggiunto il valore della filiera distributiva (circa 24.000 punti in tutta Italia) e l’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni, sistemi di sicurezza e trasporto valori, ecc.); il mercato degli oggetti preziosi vive una prolungata fase di crisi, sui mercati internazionali si sono prodotti grandi cambiamenti e il nostro Paese, che sembrava leader indiscusso nel settore orafo, ha sperimentato, con la globalizzazione, la perdita di consistenti quote di mercato; all’inizio degli anni ’90 la posizione dell’industria italiana era molto solida nel panorama internazionale, non solo l’Italia si aggiudicava con largo margine il primato della produzione, ma rappresentava l’unica realtà, tra i Paesi di una certa consistenza in termini di offerta, capace di piazzare sui mercati esteri il grosso della produzione; la dipendenza dal mercato interno si fermava al 31,5 per cento del quantitativo prodotto, una posizione apparentemente inattaccabile, proprio perché mantenuta a lungo in un settore a tecnologia matura; tre erano i fattori di protezione dalla concorrenza dei Paesi emergenti: l a limitata incidenza del costo del lavoro sul prezzo finale del prodotto a causa dell’elevato valore della materia prima; il primato indiscusso in fatto di stile e di tecnologia; l’organizzazione finanziaria a supporto dell’approvvigionamento di metallo; a partire dalla seconda metà dello scorso decennio la situazione è però rapidamente mutata e sono intervenuti diversi fattori nuovi sia sul fronte del mercato sia su quello della produzione; il risultato per l’Italia è la perdita della leadership mondiale, la riduzione della produzione di gioielli è calata in modo drammatico, sia sul mercato interno che estero; negli USA, il principale mercato di sbocco, le esportazioni sono diminuite del 75 per cento in valore; parallelamente sono aumentate in modo impetuoso le quote di mercato dei nostri principali competitor (India, Cina, Thailandia, Turchia) sui nostri mercati di esportazione, ed anche in Italia il fatturato è sceso del 25 per cento; la crisi economico-finanziaria ha aumentato in modo esponenziale le difficoltà del comparto, infatti il continuo incremento delle materie prime, che da oltre due anni stabiliscono record nelle quotazioni, ha una ricaduta sulle imprese in termini di incertezze, di blocco degli ordini, riduzioni dei margini, maggiore esposizione nei confronti del sistema bancario; nel 2010 il valore dell’oro è aumentato di oltre il 32 per cento e di un ulteriore 35 per cento nel solo primo trimestre del 2011; l’argento è invece cresciuto del 45 per cento nel 2010 e del 90 per cento nei primi mesi del 2011; il compartoto orafo-argentiero-gioielliero necessita di specifiche e molteplici politiche di sostegno, a partire dal migliorare le condizioni di accesso dei gioielli sul mercato internazionale, infatti, a causa dei dazi, i gioielli italiani non riescono a raggiungere, a prezzi concorrenziali, circa il 60 per cento di consumatori mondiali; un gioiello italiano per entrare in Cina paga un dazio che va dal 25 al 30 per cento; un gioiello cinese per entrare in Italia/Europa paga il 2,5 per cento, si alimenta così solo la concorrenza sleale ed il mercato nero; per favorire l’internazionalizzazione dell’oreficeria italiana occorre supportare i progetti delle imprese, che vanno spinte ad associarsi; ogni impresa ha in media 4,5 dipendenti; deve essere rafforzata la capacità di analisi dei mercati esteri attraverso studi di fattibilità mirati all’ingresso ed al rafforzamento in mercati emergenti, così come sono indispensabili azioni innovative di promozione e commercializzazione, con la creazione di stabili organizzazioni all’estero; altra questione delicata è relativa al « prestito d’uso » e al cambiamento di atteggiamento delle banche che richiedono rientri immediati del metallo oggetto del prestito d’uso, creando serie difficoltà alle aziende; questione altrettanto essenziale è la tutela del prodotto «made in Italy» e la lotta contro la contraffazione che risulta essere in aumento e che necessita di un rafforzamento del monitoraggio, a livello doganale, sulle importazioni in Italia di prodotti realizzati in Paesi extra-UE, ma recanti il marchio di identificazione italiano; il settore orafo-argentiero-gioielliero rimane tuttavia un settore determinante per la nostra economia, il comparto infatti detiene ancora il 6° saldo commerciale attivo con l’estero, e come saldo attivo è al 1° posto tra quelli del comparto moda-accessori, impegna il Governo a istituire un tavolo interministeriale per il settore dei metalli e pietre preziose, sulla falsariga dell’analogo organismo esistente per il computo tessile-abbigliamento-calzature, per affrontare complessivamente ed unitariamente le problematiche del comparto, come ripetutamente richiesto dalle categorie economiche interessate, al fine di salvaguardare e non disperdere un patrimonio di conoscenze produttive, tecnologiche e commerciali faticosamente accumulate nel tempo e per garantire l’occupazione nel settore.