regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici

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regolamentazione del mercato dei materiali gemmologici
TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE
MAZZOCCHI E CARLUCCI; MATTESINI ED ALTRI
REGOLAMENTAZIONE DEL MERCATO DEI MATERIALI GEMMOLOGICI
(A.C. 225-2274-A)
approvato dalla Camera dei Deputati
nella seduta del 30 novembre 2011
CAPO I
DEFINIZIONI
ART. 1.
1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle materie e ai prodotti di seguito
elencati, utilizzati nella produzione di gioielli, di monili e di oggettistica in genere:
a) minerali di origine naturale, formatisi in giacimenti naturali;
b) minerali sintetici;
c) prodotti artificiali;
d) perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale,
tradizionalmente utilizzati in gioielleria;
e) perle coltivate o altrimenti denominate;
f) imitazioni di perle.
ART. 2.
1. Agli effetti della presente legge si intende:
a) per «materiale gemmologico», una sostanza naturale, sintetica, di coltura o
artificiale, adatta all’uso di adorno personale o di ornamentazione;
b) per «materiale gemmologico naturale», una sostanza di origine inorganica od
organica esistente in natura;
c) per «materiale gemmologico trattato», un materiale gemmologico di origine
naturale, artificiale o di coltura, modificato dall’uomo nelle proprietà chimiche e/o
fisiche;
d) per «materiale gemmologico sintetico», una sostanza inorganica od organica
prodotta mediante procedimenti tecnologici, che possiede caratteristiche chimiche e
fisiche simili a quelle dei corrispondenti materiali naturali;
e) per «materiale gemmologico artificiale», una sostanza inorganica od organica
prodotta mediante procedimenti tecnologici, le cui caratteristiche chimiche e fisiche
non corrispondono a nessun materiale naturale noto;
f) per «materiale gemmologico composito», un materiale costituito da poche parti
distinte, di forma prestabilita, di natura uguale o diversa, di origine naturale,
sintetica o artificiale, incollate a formare un’unica gemma;
g) per «materiale gemmologico agglomerato o impastato», un materiale formato da un
insieme di granuli irregolari di origine naturale, sintetica o artificiale, aggregati
artificialmente con o senza l’ausilio di collanti o mediante riscaldamento o
compressione;
h) per «vetro artificiale», un materiale artificiale amorfo ottenuto per raffreddamento da
un fuso di qualunque composizione chimica;
i) per «perla o perla naturale», un materiale prodotto naturalmente da molluschi
perliferi, senza l’ausilio dell’intervento umano;
j) per «perla coltivata o di coltura, con o senza nucleo», un materiale prodotto da
molluschi perliferi di acqua salata o dolce, in seguito a intervento dell’uomo;
k) per «imitazione di perla o perla imitazione», un materiale di qualsiasi composizione
costituito da una o più parti di origine naturale, sintetica o artificiale, prodotto
dall’uomo per ottenere la forma e l’aspetto delle perle, senza possedere le loro
proprietà fisiche o chimiche o la loro struttura cristallina.
ART. 3.
1. La denominazione dei materiali gemmologici trattati deve essere completata
dall’indicazione del trattamento cui essi sono stati sottoposti, in conformità a quanto
stabilito dalla norma UNI 10245, e successivi aggiornamenti.
2. Le definizioni delle terminologie relative ai principali processi operati sulle gemme allo
stato attuale dei procedimenti tecnologici sono le seguenti:
a) per «diffuso o termodiffuso», si intende un materiale gemmologico che ha subìto un
procedimento modificatore con apporto di elementi chimici all’interno del reticolo
cristallino;
b) per «impregnato», si intende un materiale gemmologico i cui pori sono stati riempiti
con sostanze estranee non colorate;
c) per «irradiato o irraggiato», si intende un materiale gemmologico che ha subito
modificazioni mediante radiazioni non visibili, particelle atomiche o subatomiche;
d) per «con riempimento di fessure e/o cavità» si intende un materiale gemmologico
che ha subito il riempimento di cavità o di fessure con materiali fluidi che
induriscono;
e) per «ricoperto», si intende un materiale gemmologico che è stato rivestito
totalmente o parzialmente da sostanze estranee;
f) per «riscaldato», si intende un materiale gemmologico che ha subito un
procedimento termico modificatore senza apporto di elementi chimici, salvo
idrogeno od ossigeno, all’interno del reticolo cristallino;
g) per «tinto», si intende un materiale gemmologico i cui pori, interstizi, fratture naturali
o indotte, sono stati permeati di sostanze coloranti;
h) per «sottoposto a foratura laser», si intende un materiale gemmologico che ha
subito la rimozione di inclusioni mediante azioni o modificazioni chimiche o fisiche;
i) per «sottoposto ad alta pressione e ad alta temperatura», si intende un materiale
gemmologico che ha subito un processo modificatore basato sull’utilizzo di
variazioni di pressione e di temperatura;
j) per «riscaldato con residui», si intende un materiale gemmologico che ha subito un
procedimento termico modificatore con l’aggiunta di fondente;
k) per «con riempimento di fessure con vetro al piombo», si intende un materiale
gemmologico le cui fratture sono state permeate con vetro al piombo.
3. Ogni altro processo chimico o fisico cui sono sottoposti i materiali gemmologici, diverso
da quelli indicati al comma 2, deve essere indicato in maniera sintetica e chiara sui
documenti commerciali e pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nelle eventuali
etichette o cartellini che lo accompagnano nonché nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi
dell’articolo 10.
4. Qualora il o i trattamenti a cui sono state sottoposte le gemme non siano stabili nel
tempo è necessario darne informazione chiara mediante una nota informativa che deve
essere messa a disposizione e consegnata all’acquirente in cui sono descritti i
trattamenti, i loro effetti, le precauzioni da prendere per l’uso e la conservazione del
materiale.
ART. 4.
1. È fatto obbligo di applicare le seguenti denominazioni ai materiali descritti all’articolo 2:
a) «naturale», nel caso di materiale gemmologico naturale;
b) «trattato», nel caso di materiale gemmologico trattato;
c) «sintetico», nel caso di materiale gemmologico sintetico;
d) «di coltura», nel caso di materiale gemmologico di coltura;
e) «artificiale», nel caso di materiale gemmologico artificiale.
2. Nel caso di materiali gemmologici trattati, in sostituzione del termine «trattato», può
essere indicato direttamente il processo a cui il materiale gemmologico è stato
sottoposto, conformemente a quanto indicato dall’articolo 3, comma 2, preceduto o
meno dalla dizione «sottoposto a processo di».
3. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali
gemmologici naturali è riportata nel prospetto I della norma UNI 10245, e successivi
aggiornamenti.
4. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali
gemmologici sintetici è riportata nel prospetto II della norma UNI 10245, e successivi
aggiornamenti.
5. La nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali
gemmologici artificiali è riportata nel prospetto III della norma UNI 10245, e successivi
aggiornamenti.
6. Per la nomenclatura dei tagli dei materiali gemmologici si applica la norma UNI 10173,
e successivi aggiornamenti.
ART. 5.
1. Per la denominazione dei materiali indicati all’articolo 2 è vietato l’uso dei termini
«semiprezioso» e «fino».
ART. 6.
1. Le perle naturali di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), sono dette «perle naturali
segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o
molate.
2. Le perle coltivate o di coltura di cui all’articolo 2, comma 1, lettera j), sono dette «perle
coltivate segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state
segate o molate.
3. Le perle coltivate di cui al comma 2 sono denominate «perle coltivate composite o
mabe» quando sono il risultato dell’assemblaggio, a opera dell’uomo, di una parte
superiore costituita da una bolla di coltura perlacea con una parte inferiore di
madreperla e un riempimento interno di materiale vario.
CAPO II
DISPOSIZIONI GENERALI
ART. 7.
1. È fatto divieto di importare, esporre, detenere a scopo di vendita, vendere o distribuire
a titolo gratuito i materiali e i prodotti elencati al capo I, con una denominazione diversa
da quelle previste dalla presente legge.
2. Le denominazioni previste all’articolo 4 devono essere indicate, su tutti i documenti
commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle eventuali etichette
o cartellini che lo accompagnano, e sono le uniche denominazioni che possono essere
usate, anche verbalmente, per indicare i prodotti.
3. Le denominazioni previste all’articolo 4 devono essere, altresì, utilizzate per i prodotti
esposti in manifestazioni espositive, in fiere e in mostre aventi carattere commerciale.
ART. 8.
1. Le disposizioni di cui all’articolo 7 si applicano anche nei casi in cui i prodotti sono
proposti al consumatore in vendite all’incanto, anche se derivanti da operazioni di
credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza. In
questa ultima ipotesi, le denominazioni indicate al capo I devono essere riportate
anche sulla proposta di contratto o di vendita a distanza.
ART. 9.
1. Il Ministero dello sviluppo economico, nell’ambito delle risorse destinate ai sensi della
legislazione vigente alle iniziative di comunicazione di pubblica utilità, cura la
realizzazione di campagne di comunicazione pubbliche, con cadenza almeno annuale,
dirette a promuovere nei consumatori la conoscenza delle problematiche connesse alla
qualità delle gemme.
2. Le regioni possono promuovere corsi di qualificazione, con oneri ad esclusivo carico
dei soggetti partecipanti, per i soggetti che operano nel mercato gemmologico, volti alla
conoscenza dei materiali di cui alla presente legge, alla loro lavorazione e alla loro
commercializzazione. La partecipazione ai corsi di qualificazione è volontaria e si
conclude con il rilascio di un’attestazione di qualifica dell’operatore.
CAPO III
RESPONSABILITÀ DEGLI OPERATORI, CONTROVERSIE, LABORATORI DI ANALISI
ART. 10.
1. Il venditore deve rilasciare, a richiesta dell’acquirente, una dichiarazione in cui sono
descritti, ai sensi di quanto stabilito dalla presente legge, i materiali gemmologici
venduti, siano essi sfusi o montati.
2. La dichiarazione di cui al comma 1 deve essere rilasciata obbligatoriamente in caso di
vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali.
3. I contenuti della dichiarazione di cui al comma 1, che deve comunque sempre
contenere l’indicazione del paese dal quale è originata l’ultima importazione in Italia,
sono stabiliti dal regolamento di cui all’articolo 16.
ART. 11.
1. In caso di controversie relative al contenuto della dichiarazione di cui all’articolo 10, la
risoluzione delle stesse può essere demandata a un collegio arbitrale, istituito presso la
camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominata «
camera di commercio », nella cui circoscrizione ha sede l’acquirente, composto da tre
membri, di cui uno indicato da ciascuna delle parti e il terzo scelto tra i direttori dei
laboratori gemmologici di cui all’articolo 13. Gli oneri della procedura arbitrale sono a
carico dei soggetti interessati.
2. Il collegio di cui al comma 1 opera secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui
all’articolo 16.
ART. 12.
1. Qualora si renda necessario accertare la correttezza di quanto dichiarato,
relativamente ai materiali gemmologici, nei documenti commerciali o pubblicitari, nelle
proposte di contratto o di vendita a distanza, nelle eventuali etichette o cartellini che
accompagnano il prodotto o nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 10, sono
autorizzati a rilasciare le relative certificazioni esclusivamente i laboratori di cui
all’articolo 13.
2. Sono in tutti i casi esclusi dalle analisi gemmologiche e dalle certificazioni, i materiali
giacenti in magazzino alla data di entrata in vigore della presente legge.
ART. 13.
1. I laboratori abilitati al rilascio di certificazioni dei materiali gemmologici in commercio
devono essere iscritti in appositi elenchi tenuti dalle camere di commercio, ai sensi di
quanto previsto dal regolamento di cui all’articolo 16.
2. I laboratori di cui al comma 1 devono offrire garanzie di indipendenza e di
qualificazione tecnico-professionale, volte in particolare al settore della gemmologia
per la determinazione della categoria di appartenenza dei materiali gemmologi in
commercio ed essere in possesso dei requisiti stabiliti dal regolamento di cui all’articolo
16.
3. I laboratori devono essere iscritti nell’elenco tenuto dalla camera di commercio
competente per territorio. A tale fine devono presentare apposita domanda corredata
della documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti ai sensi del
comma 2.
4. La vigilanza e il controllo sui laboratori iscritti nell’elenco di cui al comma 1, volti a
verificare l’osservanza dei requisiti previsti dal presente articolo e dal regolamento di
cui all’articolo 16, sono esercitati ai sensi di quanto stabilito dal medesimo
regolamento. Gli oneri per la costituzione e la tenuta degli elenchi di cui al comma 1,
nonché per lo svolgimento delle attività di vigilanza e controllo, sono posti a carico dei
soggetti richiedenti l’iscrizione ai medesimi elenchi sulla base di tariffe stabilite con il
decreto di cui all’articolo 16, ed aggiornate periodicamente, almeno ogni due anni, con
decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze. La determinazione e l’aggiornamento degli importi delle tariffe di cui al
presente articolo avviene sulla base del costo effettivo delle prestazioni rese dalle
amministrazioni pubbliche interessate. Le medesime tariffe devono essere versate dai
soggetti a ciò obbligati prima di richiedere l’iscrizione nell’elenco. Alla domanda di
iscrizione deve essere allegata la quietanza del relativo versamento.
CAPO IV
SANZIONI
ART. 14.
1. Salva l’applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto
costituisca reato, per le violazioni delle norme della presente legge si applicano le
seguenti sanzioni:
a) chiunque rilasci certificazioni dei materiali gemmologici in commercio senza essere
iscritto nell’elenco di cui all’articolo 13, comma 1, è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro;
b) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materiali gemmologici privi di
documenti ovvero accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da
quelle previste dalla presente legge o con indicazioni che possono essere confuse
con quelle previste dalla presente legge, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro. Si applicano inoltre il sequestro e la confisca
delle merci;
c) chiunque si rifiuta di rilasciare la dichiarazione di cui all’articolo 10 è punito con la
sanzione amministrativa pecuniaria da 600 euro a 6.000 euro.
2. Le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 1, lettere b) e c), sono
moltiplicate per dieci nel caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali.
3. In caso di reiterazione delle violazioni di cui al comma 1, lettere b) e c) alle sanzioni
amministrative pecuniarie consegue la sospensione dell’esercizio dell’attività per un
periodo da quindici giorni a sei mesi.
CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI
ART. 15.
1. I materiali gemmologici, sfusi o montati, legalmente prodotti o commercializzati in un
altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo possono
essere liberamente immessi sul mercato nazionale a condizione che sia garantito un
grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dalla
presente legge.
ART. 16.
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di
concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno,
previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentiti il Consiglio nazionale delle
ricerche, l’Istituto nazionale di ricerca metrologica e il Consiglio di Stato, è emanato il
regolamento di attuazione della medesima legge.
ART. 17.
1. La presente legge entra in vigore decorsi sessanta giorni dalla data della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
sono circa 11.000 le imprese operanti nel comparto gemmologico impegnate nella
produzione, insieme ad oltre 20.000 dettaglianti, cui corrisponde un fatturato annuo di
circa 6,5 miliardi di euro;
lo scorso 21 ottobre in occasione di un incontro a Palazzo Chigi dedicato al
comparto orafo, sono state sollevate ventitré istanze dalle associazioni;
particolare attenzione è stata rivolta a quelle del credito e del fisco con la
definizione di due tavoli operativi sotto la regia della Presidenza del Consiglio: uno
focalizzato sulla costituzione di un fondo di garanzia per le aziende del settore in difficoltà
e sullo studio di nuovi strumenti finanziari, l’altro sulla regolamentazione dei «compro-oro»
e della fiscalità dell’oro usato e sull’estensione del «reverse charge» anche per gli altri
metalli preziosi e per i materiali gemmologici;
sui dazi il Ministero degli affari esteri e quello dello sviluppo economico hanno
confermato l’impegno per affrontare il tema nell’ambito del prossimo incontro USA-UE e
nelle trattative bilaterali di libero scambio («0x0») in via di definizione con India, Canada,
Giappone;
le associazioni hanno segnalato l’ipotesi di includere almeno gli assegni e i bonifici
bancari tra le operazioni esenti dal dispositivo riguardante la tracciabilità dei pagamenti.
L’urgenza della modifica è stata giustificata in quanto tale restrizione ha già causato, ad
esempio nella sola Lombardia, un’ulteriore riduzione dei consumi di gioielleria-orologeria
del 20-25 per cento;
inoltre, la «Convenzione sul controllo e la marchiatura degli oggetti in metalli
preziosi» (Convenzione di Vienna) è un trattato internazionale che ha come scopo quello
di «facilitare il commercio internazionale degli oggetti in metalli preziosi, garantendo, nel
contempo, un’adeguata tutela del consumatore, considerata la particolare natura di tali
prodotti»;
il 15 luglio 2010 l’Italia ha manifestato formalmente l’intenzione di aderire alla
convenzione e ha poi avviato l’iter; la ratifica della convenzione consentirebbe la libera
circolazione dei nostri prodotti in metalli preziosi in numerosi mercati, alcuni dei quali
rilevanti per il nostro export,
impegna il Governo
a valutare l’opportunità di dare seguito alle istanze avanzate dalle rappresentanze del
comparto orafo che riscontra in questo particolare momento storico notevoli difficoltà
economiche;
a valutare l’opportunità di adottare adeguate iniziative volte a sostenere e sviluppare
maggiormente l’export dei prodotti made in Italy del settore gemmologico.
La Camera,
premesso che:
il comparto orafo-argentiero-gioielliero è uno dei settori del «made in Italy» che più
ha contribuito alla promozione dell’Italia nel mondo, conta 10.600 unità produttive e
occupa in modo diretto oltre 60.000 addetti, senza calcolare il valore delle filiera
distributiva (24.000 punti vendita in Italia) e dell’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni,
sistema di sicurezza e trasporto valori);
l’Italia è stata per molto tempo leader mondiale nella lavorazione e nel commercio
dei preziosi, ma tale primato è ormai insidiato nell’ambito dei processi di globalizzazione,
ma tale comparto rimane ancora oggi determinante per l’economia italiana; il comparto
infatti detiene ancora il 6° saldo commerciale attivo con l’estero e come saldo attivo è al 1°
posto tra quelli del comparto moda-accessori;
il mercato italiano costituisce ad oggi il principale polo mondiale per la lavorazione
di pietre tagliate, un patrimonio inestimabile dal punto di vista della storia, del design, oltre
che da un punto di vista strettamente economico;
il settore, già dal 2000, è entrato progressivamente in sofferenza e la crisi
economico-finanziaria di questi anni rischia di travolgerlo; sono necessarie per questo
comparto serie politiche di sostegno a partire dal miglioramento delle condizioni di
accesso dei gioielli sul mercato internazionale;
a causa dei dazi, i gioielli italiani non possono raggiungere il 60 per cento dei
consumatori mondiali, un gioiello italiano per entrare in Cina paga un dazio del 25-30 per
cento, un gioiello cinese per entrare in Europa paga il 2,5 per cento; occorre reciprocità ed
una politica commerciale europea tesa a ridurre/azzerare le barriere che aumentano la
concorrenza sleale ed il mercato nero;
fonti indipendenti hanno calcolato che l’attuale aliquota daziaria, ad esempio in
USA, incide in media per oltre il 40 per cento sui margini di profitto delle aziende italiane,
ma su alcuni prodotti, le catene a macchina, dove l’Italia è sempre leader con grandi
investimenti in termini di tecnologie e di innovazione di prodotto e di processo, la
percentuale è ancora più elevata;
nel comparto orafo-argentiero-gioielliero anche dazi non particolarmente elevati in
senso assoluto hanno un’elevatissima incidenza sul price-competition, a causa del forte
peso della materia prima sull’intero valore del prodotto;
è necessaria una specifica politica della Unione Europea:
verso gli altri Paesi OCSE per una eliminazione totale delle tariffe su base
reciproca (0-0) e presso l’amministrazione USA affinché vengano azzerati i dazi applicati
ai prodotti orafo-argentieri-gioiellieri europei e quindi italiani, soprattutto alla luce del
regime doganale preferenziale di cui godono in questi mercati le aziende concorrenti
localizzate in Paesi emergenti;
verso i Paesi non OCSE (come la Russia, mercato che sta crescendo in
importanza), sostenendo in ambito UE e WTO sia l’eliminazione dei picchi tariffari e delle
barriere non tariffarie, sia l’utilizzo delle normali procedure per il trasferimento dei prodotti
(carnet ATA);
per accordi volti ad applicare il dazio solo sulla lavorazione, scorporando
quindi dal calcolo il valore della materia prima;
all’interno del comparto, esistono per le pietre preziose specifiche questioni, che
necessitano di interventi legislativi europei e di specifici accordi internazionali che non
possono esaurirsi nella normativa nazionale;
in ordine alla necessità della garanzia della trasparenza/tracciabilità e garanzia del
cliente finale:
le «gemme» si stanno sempre di più affermando come «bene rifugio» e,
lentamente, ma con gradualità, aumentano le richieste di «certificazione», a fronte del fatto
che il mercato dei preziosi è invaso dai prodotti contraffatti, a causa della diffusione su
scala mondiale di gemme trattate o totalmente realizzate in laboratorio; il business illegale
consente ai trafficanti di realizzare guadagni enormi ai danni di grossisti, commercianti e
acquirenti finali che non di rado acquistano inconsapevolmente prodotti senza alcun
valore, al prezzo delle pietre autentiche;
la tracciabilità delle pietre, elemento di grande preziosità, il valore delle pietre
è legato anche alla loro provenienza geografica – i «rubini» che sono le pietre preziose dal
più alto costo per carato, ricercatissimi per il loro splendore e quindi di maggior qualità –
sono quelli provenienti dalla Birmania;
il 50 per cento circa delle pietre preziose in circolazione provengono da Paesi
in guerra e questo è un tema di grande rilievo, che deve trovare l’attuazione del Protocollo
di Kimberley;
il predetto protocollo, sotto le forti pressioni dell’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite, fu ratificato nel 2000 da sedici Stati africani coinvolti nel commercio dei
diamanti, e contiene una serie di misure contro l’estrazione e l’esportazione dei diamanti
dai luoghi di guerra;
scopo del protocollo è obbligare le compagnie diamantifere « a certificare » il
percorso di ogni singola pietra, una sorta di «carta di identità», dove viene indicato il luogo
di estrazione e di lavorazione;
la carta di identità serve a certificare che il diamante sia «conflict-free»,
ovvero esente dal conflitto. Il Protocollo è nato dalla consapevolezza che il commercio dei
cosiddetti «diamanti insanguinati» sia un grave problema internazionale, che contribuisce
ad alimentare direttamente i conflitti armati, il traffico illecito e la proliferazione degli
armamenti;
tali conflitti hanno effetti devastanti sulla pace e sulla sicurezza dei Paesi
colpiti, nonché comportano gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani (lavoro minorile,
lavoro forzato, stupri);
è noto, per esempio, che è stato per mettere le mani sul forziere diamantifero
congolese che dal 1998 è esplosa la prima guerra africana che ha coinvolto nove nazioni.
Guerre che hanno proprio l’obbiettivo del controllo del territorio, per permettere il
saccheggio delle risorse. Per aggirare tale protocollo sono state create, nei Paesi
confinanti con quelli ricchi di giacimenti di diamanti e che sono teatro di guerra, centinaia
di false compagnie minerarie;
oggi, circa il 50 per cento dei diamanti in circolazione sono provenienti da
Paesi in guerra, e non si tratta solo di diamanti, ma di rubini, giada ed altre pietre
preziose, basti pensare alla Birmania;
nel 2008 il governo americano, ha introdotto l’embargo contro l’importazione
di rubini e giada birmani; anche l’Unione europea ha approvato, a fine 2010, una
risoluzione per garantire la tracciabilità delle pietre preziose;
il tema della tracciabilità, quindi, contiene in sé non solo la garanzia dell’utente
finale, ma tutto il tema dell’eticità dei rapporti internazionali e della legalità, tale questione
necessita di una specifica normativa europea,
impegna il Governo
a istituire un tavolo interministeriale per il settore dei metalli e delle pietre preziose che
affronterà anche la questione della tracciabilità dei minerali importati, come strumento per
combattere l’utilizzo illegale delle pietre preziose provenienti dai Paesi in guerra e la
questione della internazionalizzazione dell’oreficeria italiana ed europea con particolare
riferimento alla questione dello squilibrio imposto dai dazi allo sviluppo di un mercato
maggiormente basato sulla qualità dei prodotti e sulla concorrenza.
La Camera,
premesso che:
il settore orafo-argentiero-gioielliero rappresenta uno dei comparti manifatturieri di
eccellenza nella promozione del «made in Italy», che negli anni è riuscito a conquistarsi i
primi posti nel mondo grazie alla creatività, al design, all’innovazione di prodotto e di
processo, ed alla capacità di adottare sofisticate tecnologie assieme alla artigianalità dei
prodotti manufatti;
tale settore si concentra in alcuni distretti di punta, come Arezzo, Vicenza, Valenza
Po, Napoli per l’oreficeria e la gioielleria in oro; Padova, Firenze e Palermo per
l’argenteria, e conta circa 10.600 unità produttive in tutta Italia, dando lavoro diretto ad
oltre 60.000 addetti, cui va aggiunto il valore della filiera distributiva (circa 24.000 punti in
tutta Italia) e l’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni, sistemi di sicurezza e trasporto valori,
ecc.);
il mercato degli oggetti preziosi vive una prolungata fase di crisi, sui mercati
internazionali si sono prodotti grandi cambiamenti e il nostro Paese, che sembrava leader
indiscusso nel settore orafo, ha sperimentato, con la globalizzazione, la perdita di
consistenti quote di mercato;
all’inizio degli anni ’90 la posizione dell’industria italiana era molto solida nel
panorama internazionale, non solo l’Italia si aggiudicava con largo margine il primato della
produzione, ma rappresentava l’unica realtà, tra i Paesi di una certa consistenza in termini
di offerta, capace di piazzare sui mercati esteri il grosso della produzione; la dipendenza
dal mercato interno si fermava al 31,5 per cento del quantitativo prodotto, una posizione
apparentemente inattaccabile, proprio perché mantenuta a lungo in un settore a tecnologia
matura;
tre erano i fattori di protezione dalla concorrenza dei Paesi emergenti:
l
a limitata incidenza del costo del lavoro sul prezzo finale del prodotto a causa
dell’elevato valore della materia prima;
il primato indiscusso in fatto di stile e di tecnologia;
l’organizzazione finanziaria a supporto dell’approvvigionamento di metallo;
a partire dalla seconda metà dello scorso decennio la situazione è però
rapidamente mutata e sono intervenuti diversi fattori nuovi sia sul fronte del mercato sia su
quello della produzione;
il risultato per l’Italia è la perdita della leadership mondiale, la riduzione della
produzione di gioielli è calata in modo drammatico, sia sul mercato interno che estero;
negli USA, il principale mercato di sbocco, le esportazioni sono diminuite del 75 per cento
in valore; parallelamente sono aumentate in modo impetuoso le quote di mercato dei
nostri principali competitor (India, Cina, Thailandia, Turchia) sui nostri mercati di
esportazione, ed anche in Italia il fatturato è sceso del 25 per cento;
la crisi economico-finanziaria ha aumentato in modo esponenziale le difficoltà del
comparto, infatti il continuo incremento delle materie prime, che da oltre due anni
stabiliscono record nelle quotazioni, ha una ricaduta sulle imprese in termini di incertezze,
di blocco degli ordini, riduzioni dei margini, maggiore esposizione nei confronti del sistema
bancario;
nel 2010 il valore dell’oro è aumentato di oltre il 32 per cento e di un ulteriore 35 per
cento nel solo primo trimestre del 2011; l’argento è invece cresciuto del 45 per cento nel
2010 e del 90 per cento nei primi mesi del 2011;
il compartoto orafo-argentiero-gioielliero necessita di specifiche e molteplici politiche
di sostegno, a partire dal migliorare le condizioni di accesso dei gioielli sul mercato
internazionale, infatti, a causa dei dazi, i gioielli italiani non riescono a raggiungere, a
prezzi concorrenziali, circa il 60 per cento di consumatori mondiali;
un gioiello italiano per entrare in Cina paga un dazio che va dal 25 al 30 per cento;
un gioiello cinese per entrare in Italia/Europa paga il 2,5 per cento, si alimenta così solo la
concorrenza sleale ed il mercato nero;
per favorire l’internazionalizzazione dell’oreficeria italiana occorre supportare i
progetti delle imprese, che vanno spinte ad associarsi; ogni impresa ha in media 4,5
dipendenti;
deve essere rafforzata la capacità di analisi dei mercati esteri attraverso studi di
fattibilità mirati all’ingresso ed al rafforzamento in mercati emergenti, così come sono
indispensabili azioni innovative di promozione e commercializzazione, con la creazione di
stabili organizzazioni all’estero;
altra questione delicata è relativa al « prestito d’uso » e al cambiamento di
atteggiamento delle banche che richiedono rientri immediati del metallo oggetto del
prestito d’uso, creando serie difficoltà alle aziende;
questione altrettanto essenziale è la tutela del prodotto «made in Italy» e la lotta
contro la contraffazione che risulta essere in aumento e che necessita di un rafforzamento
del monitoraggio, a livello doganale, sulle importazioni in Italia di prodotti realizzati in Paesi
extra-UE, ma recanti il marchio di identificazione italiano;
il settore orafo-argentiero-gioielliero rimane tuttavia un settore determinante per la
nostra economia, il comparto infatti detiene ancora il 6° saldo commerciale attivo con
l’estero, e come saldo attivo è al 1° posto tra quelli del comparto moda-accessori,
impegna il Governo
a istituire un tavolo interministeriale per il settore dei metalli e pietre preziose, sulla
falsariga dell’analogo organismo esistente per il computo tessile-abbigliamento-calzature,
per affrontare complessivamente ed unitariamente le problematiche del comparto, come
ripetutamente richiesto dalle categorie economiche interessate, al fine di salvaguardare e
non disperdere un patrimonio di conoscenze produttive, tecnologiche e commerciali
faticosamente accumulate nel tempo e per garantire l’occupazione nel settore.